NOTE: dovrebbe essere un 'seguito' di Fili Intrecciati, spero che sia abbastanza comprensibile anche per chi non l'ha letto. Se volete un riassunto sono a disposizione.
E poi i personaggi non sono miei, non mi appartengono, e mi diverto solo un sacco a infilarli in queste situazioni assurde!


Fuoco oscuro

di Dhely

Parte 6/?


Ryo si lasciò cadere seduto sul bordo del letto della stanza che era stata assegnata loro. Per un crudele scherzo del destino, oppure per fortuna, non sapeva ancora, un'ala dell'albergo era in ristrutturazione e al posto delle due camere singole prenotate era rimasta solo una doppia. Due giorni e tre notti in camera con Seiji . . fantastico . . o terribile, a seconda dei casi. Si sentiva lo stomaco chiuso in un nodo, e pensare che non stava facendo altro che guardare il suo compagno che, silenzioso, toglieva le poche cose dalla valigia e le sistemava nel piccolo armadio. 
Era ormai sera, erano arrivati a destinazione più tardi di quanto avessero progettato visto quell'inattesa fermata lungo la strada. Seiji aveva *pianto*. Non una bazecola, aveva pianto! E sulla sua spalla, lì, poteva indicare il punto preciso, non doveva neppure concentrarsi molto per riportare alla mente il calore e la consistenza della pelle della sua fronte contro il proprio collo, e il suo profumo. Com'era avere le braccia strette al suo corpo? Mille brividi di eccitazione gli squassarono tutti i nervi concentrandosi in un nucleo di fuoco bianco nel basso ventre. Aveva passato il pomeriggio a combattere contro il rischio di un'erezione improvvisa e ora che si poteva tranquillamente fiondare sotto una doccia gelata si scopriva
bloccato lì a fissare quella schiena coperta solo dalla sottile camiciachiara che si muoveva piano, preciso, aggraziato e attento come se stesse facendo una cosa di capitale importanza per l'universo. Come faceva ogni cosa.
Ryo sapeva che era stato quel particolare modo di muoversi ad averlo colpito, fin dall'inizio. Era per quello che non lo sopportava, sembrava così . . perfetto. Ed era stato convinto per mesi che quel suo atteggimaneto scostante e superiore era assolutamente da stronzo, era certo che lui si credesse migliore di tutti loro, che li guardasse con disprezzo dall'alto del suo esilio dorato e auto imposto. Ci aveva messo un po' a capire che non lo faceva apposta, che mantenere le distanze, non entrare nelle loro vite, nei loro discorsi, che limitarsi a guardarli un passo indietro gli veniva molto più naturale che aprirsi e parlare. E aveva anche scoperto di trovarlo irresistibile.
Oddio, non è che gli fissasse proprio *solo* la schiena . . Insomma, Seiji aveva quel meraviglioso sedere infilato in quel fantastico paio di pantaloni che se solo avesse potuto avrebbe fatto a brandelli nel giro di due secondi! 
Ovviamente prima avrebbe dovuto saltargli addosso, ma non è che ci mancava molto, ormai, la soglia di sopportazione era vicina e la quantità di ormoni che gli giravano nel sangue era a livelli preoccupanti. Era certissimo di non aver smesso di sbavare da almeno due ore. Ma come poteva fare? C'era Seiji . . il sedere di Seiji lì a pochi passi e . .
Ryo chiuse gli occhi cercando di calmarsi, eppure sapeva bene dove il filo dei suoi pensieri lo stava portando. Lo sapeva e non era certo di volersi opporre con forza. Come poteva provare piacere nel pensare di infrangere lo spirito di una persona? Eppure era questo che l'attraeva in lui, come una falena e la fiamma, non riusciva a non ronzargli intorno e sognare, pensare, immaginarlo con quell'armatura di ghiaccio spezzata, in frantumi ai suoi piedi, il suo controllo evaporato, i suoi freni annullati. Che persona avrebbe avuto davanti? Perché era bello, sì, il suo corpo invitante, la sua grazia, i suoi movimenti, ma ciò che era attraente, in lui, proveniva da una fonte ben più profonda, e Ryo se ne era accorto in qualche maniera incosapevole. Possedere quel corpo di marmo sarebbe stato il primo passo verso qualcos'altro, verso la sua anima, che da qualche parte, nascosta e mascherata e seppellita doveva pur esserci.
Era semplice rispondersi alla domanda su cosa avesse lui che nessun'altro possedeva, e nessuno avrebbe potuto non accorgersene. Era invidia, la sua?
Invidia perché quella freddezza, quell'autocontrollo per uno come lui erano solo dei sogni, delle parole a cui non avrebbe mai potuto dare corpo. 
Invidia perché, caspita, a guardarlo . . a guardare come si comportava, come combatteva, come non perdeva mai la calma, come analizzava le situazioni, la sua rapidità nel decidere la mossa più giusta, la sua freddezza, il suo non mettere mai da parte il loro scopo, a guardarlo sembrava . . era perfetto per essere il capo. Eppure non aveva mai avanzato nessuna proposta in tal senso. Anzi, quello che era successo durante gli ultimi giorni, il suo chiedergli di 'disporre di lui', di dirgli cosa avrebbe dovuto fare, che posto occupare, ecco, era un accettare senza riserve il ruolo di Ryo. Cosa avesse fatto per meritarsi questo proprio non riusciva a capirlo. Era vero, all'inizio non era certo di essergli andato a genio, anzi era certo che non fosse affatto entusiasta del fatto che gli altri l'avessero accettato come capo al posto suo, ma le cose si erano ricomposte in fretta, non era da Seiji mettersi a fare storie su certe cose.
Lo fissò chiudere la piccola valigia e metterla in una rientranza del muro, dopo aver gettato il pigiama sul cuscino. Il pigiama . . non riuscì subito a capire perché vedere quella pigna ordinata di stoffa gli trasmettesse delle sensazionì così . . santo cielo, era un *pigiama*! E vederlo in pigiama non era mica come vederlo nudo! No, no certo che no . . ma per . . iniziò a non udire più nulla, qualunque altro suono sommerso dal battere furioso del suo cuore che gli ronzava e rimbombava nelle orecchie visto che, chissà come, gli era balzato in gola. Per infilarsi il pigiama avrebbe dovuto spogliarsi!
La scoperta lo fulminò sul posto, e anche se gli sarebbe dovuta parere una grandissima stupidaggine in quel momento si sarebbe messo a saltare e a ballare per la felicità di averci *pensato*.
In quella stanza stava iniziando a fare caldo.
Avrebbe potuto chiedergli se poteva aiutarlo a spogliarsi?
Avrebbe potuto togliergli i vestiti con i denti?
Avrebbe potuto morderlo?
Avrebbe potuto *scoparlo*?
Oh . . bhè, certo che sì dopo tutto . . faceva così dannatamente caldo in quella cazzo di stanza che non avrebbe assolutamente *potuto* dormire vestito! E poi . .
Ci fu un occhiata. Gelida. Limpida e luminosa, sembrava il sole che si rifletteva su un ghiacciaio e trasmetteva la stessa mancanza di calore. Ryo deglutì a vuoto, avvampando dalla vergogna anche se Seiji non sembrava aver percepito neppure lontanamente uno a caso dei pensieri che gli avevano solcato la mente. Strano, di solito era molto . . ricettivo . . Ryo si passò una mano fra i capelli, sbuffando e distogliendo lo sguardo da quello impassibile del suo compagno che non riusciva più a sostenere.
Si fissava le mani, ferme sulle ginocchia, o i piedi, tanto erano sempre sulla stessa linea. Non riusciva a sollevare la testa, non riusciva a guardarlo. Sentiva chiaramente che aveva spostato lo sguardo, quegli occhi terribili riuscivano a dare sensazioni tattilli addosso, non era possibile sbagliarsi su quello. Udì come un fruscio, poi dei passi. Sembrava . . della stoffa sulla pelle. Improvvisamente gli ritornò alla mente quel sogno. Seiji che si sfilava la camicia, che rimaneva lì a torso nudo . . vuoi vedere che gli si stava spogliando di fronte? Ryo iniziò a sudare. 
Letteralmente.
Caspita che caldo. Quasi quasi si spogliava anche lui. . oh, bhè, non che ci avrebbe messo più che qualche frazione di secondo non appena avesse racimolato abbastanza forza per guardarlo. Caspita, era lì a due passi! Era lì in piedi a due passi e probabilmente si stava spogliando e lui stava lì come un . . un ebete! In più . . in più erano in un albergo, non erano alla villa. Bastava appendere fuori dalla porta il cartellino 'non disturbare' e nessuno sarebbe venuto a rompere le scatole. Due giorni e tre notti di sesso! Sfrenato! Assoluto! Giurò su dio che gli avrebbe fatto passare un fine settimana indimenticabile, dopo il quale, il loro orgogliosissimo, terribile Seiji Date avrebbe pianto pregandolo di tenerlo al guinzaglio per il resto della sua vita, gli avrebbe chiesto di fargli qualunque cosa volesse, ma proprio *di tutto*, l'avrebbe ridotto a uno straccio e poi ci si sarebbe pulito le scarpe e poi . .
"Ryo."
Fu come una secchiata d'acqua gelida in pieno volto. Ryo scattò in piedi, gli occhi spalancati e stupito e deluso dal *non* trovarsi di fronte nessun Seiji Date nudo o quasi. Si dovette voltare di tre quarti per vedere il suo compagno, in piedi, perfettamente vestito, con in mano il pigiama che lo stava osservando come se fosse stato trasparente, quasi. Deglutì con forza cercando di capire *perché* fosse vestito e *perché* avesse il pigiama in mano. Ci mise qualche secondo a rimettere insieme i pezzi, soprattutto a ricordarsi che la porta di fronte a cui stava era la porta del bagno. 
"Ryo, quando siamo arrivati avevi detto che non vedevi l'ora di farti una doccia. - un invito! Un invito a farsi una doccia insieme! Che cosa meravigliosa! Anche se non si era aspettato che sarebbe stato lui a farsi avanti per primo non aveva nessuna intenzione di rifiutare, mica era scemo! 
Nel frattempo l'espressione di Seiji mutò appena. In maniera quasi impercettibile ma bastò per bloccare Ryo, impedendogli di dire o fare qualunque cosa avesse in mente, come se tutto fosse evaporato, scomparso sotto quello sguardo assassino. La sua voce non aveva la pur minima inflessione, e non aveva alzato il tono, eppure a Ryo parve che stesse urlando - Ma visto che non ti muovi ne approfitto prima io."
Lo guardò quasi sparire dietro la porta. Il clik della serratura lo fece riprendere a respirare e il suono secco della chiave che girava nella toppa gli fece venire il dubbio che quello non fosse *affatto* un invito. Sospirò prendendosi la testa fra le mani. Doveva piantarla di fare quei pensieri e . . e tutte quelle cose lì! Si guardò con sguardo accigliato una parte del corpo nascosta dietro la cerniera dei jeans e grugnì una maledizione.
"Hey! - sibilò furioso e a bassissima voce - Vediamo di piantarla di farmi questi scherzi, ok? Siamo quasi sempre riusciti a convivere civilmente io e te ma se andiamo avanti così io . . io mi voto a castità forzata, siamo d'accordo?"
Non ricevette ovviamente risposta ma riuscì a prendere un profondo respiro e si lasciò crollare a peso morto sul letto. Si prospettava un fine settimana terribile.
#Ah, Ryo?#
Chi? Cosa? Il contatto mentale!
#Sì Seiji?#
#Potresti evitare di pensar*mi* così forte? Mi fai venire mal di testa.#
Ryo singhiozzò penosamente affondando la testa nel cuscino. Ma *perché* aveva fatto venire Seiji? Perché! Sarebbe stato meglio se l'avesse chiesto a Touma, almeno avrebbero passato due giorni e tre notti a parlare di Seiji, a pensare a Seiji, a masturbarsi pensando a . . 
#RYO!#

^^^^^

Shin socchiuse gli occhi, lentamente, sospirando a ritmo del lieve tocco tra i capelli che, con la sua cadenza regolare, pareva avere il potere di appianare ogni pensiero. Il silenzio era lieve, confortevole ora, sollevò appena il capo per vedere Touma e lo trovò con lo sguardo perso da qualche parte fuori dalla finestra, cupo. Sapeva benissimo a cosa stesse pensando, non c'era bisogno di essere particolarmente sensibili o di possedere chissà che legame mentale per leggerglielo in faccia. Sfregò delicatamente il capo contro la spalla nuda cercando di farlo sorridere, riuscì solo ad attirare la sua attenzione.
"Ti ho svegliato, Shin?"
Cercò di sorridergli. Aveva degli occhi davvero molto belli, non si era mai accorto che fossero così profondi. Sembravano neri, e invece erano blu, di un blu cupo ma corposo, era gradevole farsi accarezzare da quello sguardo. 
"No. Io invece ti ho distolto da . . pensieri."
Non era una domanda, non ce n'era bisogno. Touma sospirò riprendendo a fissare il cielo che si stava rischiarando.
"Shin, non mi va di prenderti in giro, io non sono innamorato di te, lo sai?"
Shin si puntellò su un gomito, appoggiandosi appena al suo petto, lievemente accigliato.
"Credi che sia uno stupido? O peggio, mi credi tanto volubile che mi bastino neppure un paio di settimane perché cancelli Ryo dal mio cuore e che creda che per te sia lo stesso? Andiamo, lo so bene, non hai fatto altro che pensare a Seiji, per tutta la notte."
Il volto di Touma si animò, allarmato.
"No. Non . . non è vero. - chiuse gli occhi - Sei molto . . diverso da lui.
Non credevo che . . bhè, comunque non è vero!"
Shin sorrise appena.
"Ti arrabbi se ti dico che io pensavo a Ryo?"
Lo vide scuotere il capo quasi rassegnato.
"No. Credo che sia naturale."
Silenzio. Shin si stese di nuovo, lasciandosi abbracciare gentilmente mentre si avvolgeva nelle lenzuola. Era vero, Touma era molto diverso da Ryo, le sue braccia non erano strette intorno al suo corpo, era più . . leggero. Non che Ryo non fosse attento, ma . . era diverso. Esattamente come doveva essere diverso lui da Seiji. Si corrucciò un po': quella era stata come una profanazione, lo sapeva bene. Si guardò intorno, le mura di quella stanza, quel letto . . era il 'loro' letto, lui era un estraneo, lui non centrava. 
Touma ne era consapevole? Sperava e credeva di sì, non era stupido ma a volte, con il cuore che sanguina, era semplice compiere degli errori di valutazione. Sospirò amaro.
"Ti manca?"
Non servì specificare null'altro.
"Sì. Vorrei . . vorrei odiarlo davvero. Sarebbe più facile. Invece così . . non posso che aspettare che mi passi."
Shin sollevò una mano seguendo gentilmente i contorni di quel viso pallido e tirato, gli zigomi alti, il naso, la linea delle sopraciglia, il profilo fine e gli sorrise.
"Ti sei innamorato forte, vero?"
Il sorriso che gli regalò Touma in cambio fu amaro.
"Non c'ero mai andato giù così pesante, da questa cosa uscirne a pezzi mi sembrerebbe già un risultato. Almeno ne sarei uscito."
Un sospiro poi strinse un poco di più il suo braccio attorno alle spalle sottili di Shin e si rinchiuse dietro un silenzio sconfortato. Cosa dire? 
Cosa fare? Erano due poveri infelici che stavano cercando di recuperare dalla polvere un po' di . . felicità? Si poteva chiamare felicità, quella?
No, un po' di piacere, qualcosa da rimettere insieme, qualche coccio della loro vita precedente. Nient'altro. Non era pretendere chissà che, no? Era sperare di riuscire a tirarsi in piedi e tirarsi via un po' di polvere di dosso e provare a restare di nuovo dritti di fronte alla vita. Niente manti ricamati d'orgoglio, o il bisogno di non mostrarsi fragili o tutte quelle cose così 'nobili' e nobilitanti che di solito si leggevano sui libri. No, semplicemente riprendere a vivere, respirare, magari piangere ma almeno non più prostrati per terra. Sarebbe già stato qualcosa.
Shin premette un po' di più il capo sulla sua spalla e, quando si chinò a guardarlo, vide il suo sguardo reso lucido da troppe lacrime trattenute. Gli passò delicatamente una mano tra i capelli castani e morbidi, che improvvisamente gli parvero troppo scuri e troppo corti, cercando di consolarlo, in qualche modo.
"Secondo . . secondo te - la sua voce gli usciva strozzata dalla gola, era come se facesse fatica a parlare - hanno . . dormito insieme stanotte?" 
Touma si sentì tremare fin nelle ossa. Ryo non vedeva l'ora di saltargli addosso, non credeva si sarebbe attardato molto! E Seiji . . Seiji era . . deglutì qualcosa di strano, un misto di amarezza e consapevolezza. Una specie di speranza? Seiji non era come Shin. Soprattutto a letto. 
*decisamete* soprattutto a letto! Se Ryo era abituato alla spontanea vitalità di Shin, come si sarebbe comportato di fronte a Seiji che riusciva ad essere composto anche quando scopava? E che 'pretendeva' ogni volta di essere conquistato, di nuovo e di nuovo da capo ogni notte, ogni bacio, ogni carezza come qualcosa da meritare, da dover suscitare in qualche modo . .
Shin era stato davvero una scoperta per lui, non aveva mai pensato che un ragazzo potesse darsi così, tranquillamente, senza . . senza cosa? Non che Seiji facesse o volesse qualcosa di particolare solo che . . che ogni volta che facevano l'amore era una fatica psicologica, oltre che fisica, non indifferente. Seiji era difficile, ecco. Non cedeva subito, bisognava essere gentili ma insistenti, abbastanza passionali ma non troppo, bisognava scavalcare tutte le volte il muro di cinta che si era costruito intorno, e ogni mattina si veniva immancabilmente risbattuti fuori. 
Ryo avrebbe avuto la costanza di conquistare Seiji? O forse Seiji a lui si sarebbe concesso molto più semplicemente? Come aveva fatto Shin? Perché non riusciva proprio ad immaginarsi Seiji languido e abbandonato davvero, davvero rilassato? Solo perchè con lui non lo era non significava che qualcun altro non avrebbe potuto riuscire dove lui aveva fallito, no?
"Non lo so. Shin, non lo so."
Era disperato.
"Non potresti . . mentirmi?"
"Potrei. - chinò lo sguardo su di lui e gli asciugò le lacrime con la punta delle dita, gentilmente - Ma mi chiedo se basterebbe."
Shin chiuse gli occhi.
"Sono così . .arrabbiato, Touma!"
"Lo so. Come può l'amore essere così simile e così vicino all'odio?"
Shin scosse il capo, stringendosi a lui, Touma sospirò tirandoselo più vicino. Gliele avrebbe fatte pagare tutte, una per una . . il fatto che non aveva ancora pensato al come non sarebbe stato un grave problema, l'avrebbe risolto, e quando l'avesse fatto . . 
Le spalle di Shin gli tremarono fra le braccia, con forza.
"Tu credi che . . che noi . . lo rifaremo?"
La voce era ancora incrinata, soffocata, come se avesse qualcosa di incastrato in gola ma il tono era lievemente diverso. Touma stette un attimo in silenzio, come a riflettere sulla cosa poi annuì.
"Bhè, dopo tutto se si divertono loro, non vedo perché non potremmo fare lo stesso anche noi, no?"
Chinò il capo aspettandosi di trovarlo in lacrime, invece . . invece Shin stava ridendo? Seguì il suo sguardo che si perdeva tra le ombre della stanza e capì.
"Secondo te, Shuu se l'è presa a male?"
Touma ridacchiò sotto i baffi.
"Non credo. Ma . . bhè, la prossima volta sarà meglio chiuderla, la porta!"

^^^^^

Quando Ryo si svegliò non trovò Seiji in camera. L'istinto era quello di correre a cercarlo, ma sapeva che non gliel'avrebbe perdonata, per cui si limitò a vestirsi a velocità sufficientemente sostenuta per scendere a colazione. L'albergo era piccolo e ora solo una decina di stanze erano praticabili. Doveva essere pieno, eppure Ryo non incrociò che un paio di persone, una coppia di anziani che lo salutarono sorridendo uscendo dalla hall. Bhè, non è che la gente normale andasse un fine settimana alle terme per starsene a dormire fino a tardi! Era più normale uscire presto, ossigenarsi i polmoni, calarsi nel verde, godersi la pace e la tranquillità . . il fatto che *lui* si sarebbe volentieri chiuso a chiave in stanza insieme a Seiji a fargli di tutto non . . no no no, non erano pensieri da farsi, quelli! Assolutamente!
Ok, Seiji, dopo quel secco comunicato mentale non era più ritornato sull'argomento, se era imbarazzato non l'aveva assolutamente dato a vedere, si era semplicemente rifiutato di rivolgergli ancora la parola, se si escludeva un asciutto 'buona notte', ma la cosa non era un gran male, no? 
Ryo sospirò, sconfitto. No, era vero, non era un gran male, dopo tutto aveva la certezza che peggio di così non potesse assolutamente andare. Eppure cosa aveva fatto di sbagliato? Oltre a obbligarlo a venire? Oltre a avergli fissato il sedere tutte le volte che aveva potuto? Oltre che continuare a pensare di scoparlo? Oltre che . . oh, ma si era anche fermato in tempo un paio di volte! Dal toccargli il sedere *e* dal saltargli addosso! Perché non erano cose da farsi, quelle, non con un suo amico, con un suo compagno d'armi. Si strattonò irritato una ciocca di capelli.
Trovò Seiji quasi un'ora dopo seduto su un prato, ai piedi di un pino, di lato al sentiero che portava alle terme. Stava leggendo un libro, tranquillo e impassibile come se non fosse successo nulla. In effetti, dovette ricordarsi Ryo, *non* era successo nulla. Prese un profondo respiro e gli si avvicinò.
"Seiji! Ti sei alzato presto! Non ti ho neanche sentito uscire."
L'unico muscolo che si mosse fu quello che gli consentì di alzare un occhio su di lui, per il resto la sua espressione poteva benissimo essere intagliata nel marmo. Non l'aveva sentito uscire. Ovvio. Dopo aver imparato a non svegliare Touma, che aveva il sonno leggero come quello dei gatti, con Ryo era una bazecola. Si sforzò di sorridergli in risposta ma non ci riuscì. 
"Mi sono alzato alla solita ora."
Alle 4 e 45 del mattino, come *tutte* le mattine della sua vita, si svegliava. Raramente si era concesso di rimanere a poltrire sotto le coperte. Ultimamente era capitato decisamente più spesso, ma ora non c'era più Touma. . aveva pensato la parola sbagliata. Gli si velarono gli occhi, e dovette passarsi una mano sulla fronte per riuscire a far ritornare a fuoco il mondo che lo circondava. Il suo controllo, di cui era sempre stato così orgoglioso, lo stava tradendo con una frequenza che stava diventando allarmante. Rafforzò immediatamente le difese, come reagendo a uno stimolo automatico, tagliando fuori qualunque tipo di pensiero che potesse provenirgli da Ryo in maniera inconsapevole. Non che la cosa fosse poi una grave perdita, in poche ore si era visto in qualunque posizione credeva si potesse utilizzare per fare sesso, e anche un paio che non avrebbe mai osato immaginare, e aveva deciso di averne decisamente abbastanza.
Ryo si mosse a disagio.
"Ah . .mhm . . senti, io . . bhè, pensavo che forse . . forse dovremmo parlare."
Seiji si limitò a infilare un dito fra le pagine del libro, chiudendolo piano, prima di sollevare il capo.
"Della mia posizione nel gruppo?"
Posizione? Gruppo? Che grup . . ah, già, la storia della guerra. Ryo scosse il capo con veemenza.
"No, intendevo di ieri."
L'espressione di Seiji divenne, se possibile, ancor più scostante. 
"Non c'è nulla di cui desidero parlare riguardo a ieri."
Abbassò lo sguardo, aprì il libro e si rimise a leggere. In effetti il suo tono non dava adito a dubbi, era come se chiunque altro avesse urlato a pieni polmoni 'vattene!'. Seiji non era chiunque altro e aveva quel suo cazzo di comportamento da psicopatico che Ryo detestava a morte ma non per questo si sarebbe lasciato scoraggiare per così poco. Gli si sedette al
fianco, saldo e deciso. 
"Ieri abbiamo 'parlato', Seiji. Forse per te non vale niente ma per me . . voglio dire, non mi avevi mai fatto confidenze, prima d'ora e da quel che ne so non ne avevi mai fatte a nessuno. Credo che questo significhi che stai *davvero* male. E io sono tuo amico e mi preoccupo . . voglio dire, se credi che io possa fare . . qualcosa . . qualsiasi cosa . . "
Seiji non alzò il capo dalla pagina.
"Nessuna 'confidenza', Ryo, solo una debolezza mia che spero riuscirai a dimenticare."
"Debolezza? Andiamo, Seiji! - non poteva chiudergli tutte le porte in faccia in quel modo! Doveva esserci un modo per riuscire a sfondare quel muro, non riusciva a crederci che pensasse davvero certe cose. - Essere umani non è una debolezza, è normale che tu ti senta giù." 
"Abbiamo una perpetua divergenza d'opinioni sull'argomento, Ryo. Per quel che mi riguarda sai come la penso, non ho altro da aggiungere." 
Ryo ringhiò, frustrato.
"Dannazione! Lo sai quanto mi fa incazzare quando ti comporti così? Ma cosa diamine devi dimostrare? A *chi* devi dimostrare qualcosa? Guardati intorno, non c'è nessuno da impressionare! Io lo so che sei forte, che non ti fai fregare dalle cazzate, che . . che . . bhè, hai capito, no? Io non capisco perché ti comporti così! Perché fai lo stronzo, perché fai *apposta* a . . "
Ryo aveva alzato la voce senza accorgersene, Seiji si limitò a stringersi nelle spalle.
"Ryo. Ti ricordi cosa pensavi di me tre anni e mezzo fa? Che ero un egocentrico bastardo. Puoi tranquillamente continuare a vedermi così, non farò nulla per smentire la tua prima impressione."
"Non *sei* un egocentrico bastardo! - Ryo strinse i pugni con forza - Sei un deficiente che crede di poter far credere agli altri di non aver bisogno di nessuno fra i piedi quando è palese che ti stai consumando dal dispiacere per aver lasciato Touma!"
Seiji rimase fermo, immobile, neppure allora la sua voce tremò.
"Non parlare di Touma."
"E perché no? Credi di riuscire a convincermi che tu lo vedi come una debolezza? Ma non sono così scemo. Non avresti pianto per una sciocchezza, non staresti così male se lui non fosse importante!"
Dannatamente importante.
"Non parlare di Touma."
Era come se gli avesse risposto un automa. Le sue parole non avevano alcuna inflessione, la cadenza era pacata, perfetta, il suo volto non aveva tradito un qualsiasi sentimento . . sempre che ne avesse provato qualcuno. Ogni tanto Ryo si domandava se non fosse *davvero* così, se non fossero i momenti di crollo quelli falsi e artefatti e poi si rendeva conto che quello era proprio ciò che Seiji voleva che pensasse. Per sollevare un altro muro, per mettere gli altri a un passo ulteriore da lui. A costo di prenderlo a cazzotti, non gliel'avrebbe permesso!
"Non parlerò più di Touma solo se tu riuscirai adesso a guardarmi in faccia e a dirmi che lo consideri una debolezza e nient'altro!"
Immobile, bello, prefetto, non una ruga o una grinza. Niente. Vuoto. Gelo. 
Ryo deglutì, aveva l'orribile sensazione che se non fosse riuscito a tenerlo lì in qualche modo se ne sarebbe andato, sarebbe come . . evaporato, scomparso, senza lasciare alcuna traccia. E poi . .
"L'amore è una debolezza."
Era sempre immobile, sempre bello, sempre perfetto. Ma la *dolcezza* del suo tono, il suo dolore, la sua passione . . Ryo rimase senza parole per un lungo, lunghissimo attimo. Non avrebbe mai creduto possibile che Seiji potesse parlare in quel modo, non le parole, no, ma la convinzione e tutte le sfumature che era riuscito a metterci dentro. Era davvero *innamorato*! 
Lo era sempre staton non aveva mai smesso di esserlo . .
"An . . anche se fosse? - non si accorse neppure di stare parlando se non quando le parole gli erano già scappate dalle labbra - E' una bellissima debolezza, Seiji. Per amore rinunciamo a tutto, c'è anche chi riesce, per amore, a rinunciare alla propria felicità, alla propria vita, al proprio onore e ne è comunque completamente appagato. Io credo che si possono prendere un sacco di decisioni, ma il cuore non lo puoi convincere, e non c'è cazzata più grossa che non dargli retta. Di solito vede più lontano di noi."
Silenzio. Poi un sospiro e un mezzo sorriso che increspava quelle labbra perfette.
"Se tu sei l'esempio di questo teorema, Ryo, non puoi pretendere che ti creda."
"Io . . - arrossì, avvampando - non pretendo che mi creda perché lo so che lo sai già. Solo che . . non devi pensare che noi . . che noi avremmo qualche problema se tu non fossi più sempre perfetto come sei ora. Perché lo sappiamo che fai finta, che non è vero che non te ne frega niente di quello che pensiamo di te, che soffri e stai male come . . come tutti. Che puoi avere i giorni che non vanno, che puoi sentirti solo, che puoi aver *bisogno* di noi. - prese un profondo respiro e aggiunse, sorridendo - Solo che sei un dannato, stronzo egocentrico pieno di boria che si farebbe ammazzare prima di dircelo!"
Seiji aprì la bocca per parlare ma non trovò il fiato, e non trovò neppure le parole per rispongergli. Sollevò lo sguardo alle cime degli alberi sopra di loro, che stormivano svettando in quel cielo azzurro, e si scostò una ciocca di capelli dal viso.
Era un posto perfetto per meditare.
Gli mancava Touma. Gli mancava da impazzire.
Avrebbe voluto avere il coraggio di spiegargli che la vera forza era condividere e che lui non era *così* forte come tutti loro pensavano. Che si faceva molta più fatica a mettersi in gioco sempre, ogni volta, svelando il proprio cuore, seguendolo, lottando per concretizzare i suoi sogni piuttosto che nascondersi dietro perfetti paraventi che elevavano l'apparenza a perfezione lasciando tutto il resto nell'ombra. Ma ci voleva coraggio per dirlo, appunto. E Seiji, quel coraggio non sentiva di possederlo. 
Era perduto in un labirinto di specchi che lui stesso aveva eretto e da cui, forse, non sapeva davvero più come uscire.

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