NOTE: dovrebbe essere un 'seguito' di Fili Intrecciati, spero che sia abbastanza comprensibile anche per chi non l'ha letto. Se volete un riassunto sono a disposizione.
E poi i personaggi non sono miei, non mi appartengono, e mi diverto solo un sacco a infilarli in queste situazioni assurde!


Fuoco oscuro

di Dhely

Parte 4/?


Ryo si lasciò cadere a peso morto sul letto con un terribile sospiro che ad uscire gli ferì quasi il cuore. Com'era potutto succedere? Come . . e perché mai era successa una cosa del genere? Che maledizione stavano scontando, tutti loro?
Chiuse gli occhi affondando il capo nel cuscino, aspettando di svegliarsi, perchè quello non poteva che essere un incubo. Certo, si era solo addormentato e presto sarebbe arrivato Shin a svegliarlo, dicendo che era il solito pigrone, e gli sarebbe saltato al fianco e gli avrebbe sorriso e l'avrebbe baciato e . . Un'alba violetta solcò come un lampo quell'immagine e Ryo si sentì male come non mai.
Non era un sogno. Non era un incubo. Era successo tutto davvero. 
Shin. Se allungava una mano sulle lenzuola al suo fianco avrebbe dovuto sentire il corpo sottile del suo amico, del suo . . amante, invece l'aveva allontanato. Gli aveva detto quello che anche lui sapeva, che non riusciva a continuare così, la verità così aliena e così dannatamente dolorosa da essere incredibile anche per lui. D'accordo, lo sapeva che nessuno era
davvero padrone dei propri sentimenti, ma quello era assurdo . . anzi peggio, era quasi blasfemo! Era il loro capo, si fidavano di lui, gli avevano messo più di una volta la loro vita fra le mani e lui che faceva?
Aveva distrutto tutto.
Era partito tutto da lui, tutto da quella oscura brama, da quel desiderio impossibile che gli mordeva le viscere. Seiji che diventava lentamente la sua ossessione, il suo pensiero fisso, il suo sogno, il continuare a immaginarlo e a desiderarlo non suo pari, come ora, come sempre, ma ai suoi piedi, gli occhi pieni di stelle, il corpo flessuoso e bianco che gli si offriva senza un tentennamento, senza un dubbio, chiedendogli di spezzarlo, di fargli male, di fargli qualunque cosa volesse . . 'Ryo . . fai di me quel che vuoi . . ' . . lo sognava e lo vedeva e sentiva la consistenza della sua pelle sotto le dita, e la setosità dei suoi capelli scivolargli sul collo. 
Voleva incatenarlo con un pesante guinzaglio di ferro intorno al collo, appesantirgli i polsi con ceppi arrugginiti, legargli alle caviglie lacci di cuoio che lo tenessero immobile, voleva vedere la sua schiena arrossarsi ai colpi di una frusta e sentire la consistenza della sua carne che si lacerava mentre lo inchiodava a una croce d'ossidiana con chiodi fatti di schegge di quarzo. Voleva sentirlo urlare e piangere, voleva sentirlo supplicare e singhiozzare, voleva distruggere quel controllo di ghiaccio, quella perfetta coscienza di sé che lo faceva risplendere in quel modo . . voleva . .
Oh, dannazione!
Che schifoso animale era diventato? Ryo si scoprì ricoperto da sudore gelido, ed . . eccitato . . deglutì il disgusto evitando di affondare il capo fra le mani. Quelle mani che l'avevano *appena* toccato. Quelle mani che avevano ancora addosso il suo odore, che si ricordavano ancora perfettamente del suo calore.
Gli aveva sfiorato il capo, l'aveva consolato, era stato la sua spalla, si era mostrato amico, comprensivo, gentile, preoccupato, aveva fatto di tutto per non prestare ascolto a quello che il suo sangue gli urlava e fose ci era pure riuscito ma ora, al posto di preoccuparsi di lui, continuava a pensare a quelle *cose*!
E poi, comunque, come aveva potuto metterci così tanto tempo a lasciare Shin? E possibile che la terribile mancanza della persona che amava non era servita a farlo ritornare in sé? Lo amava davvero? Era davvero innamorato di Shin o le sue erano tutte parole prive di un senso? Ryo non riusciva ad esserne certo. Il cuore gli aveva pianto lacrime di sangue quando avevano parlato, dopo mesi in cui entrambi avevano finto che tutto fosse normale, in cui il desiderio di entrambi di continuare, di non perdersi, era stato più forte di tutto. Ryo si scoprì ad avere un estremo bisogno del piccolo Shin. 
Gli mancava la sua lieve presenza, il suo sorriso, le sue carezze, e anche il suo corpo fra le braccia. Ma . . ma nei suoi pensieri . . c'erano sempre *quei* pensieri anche quando era al fianco di Shin. Come poteva? Come poteva continuare così? A mentirsi e a mentirgli? 
Shin non aveva pianto quando gliel'aveva detto. Dopo tutto era, non per altro, il più sensibile di tutti loro. Gli disse che li aveva 'visti', ogni tanto, mentre erano insieme, quei pensieri, quelle immagini . . quando gli aveva chiesto perchè non si era allontanato disgustato aveva visto quegli occhi verdi come due smeraldi farsi liquidi e morbidi. 'Perché ti amo. E perché . . neanch'io sono esente da colpe.' 
Colpe.
Se si poteva parlare di colpe . . Ryo lo sapeva che Shin era andato a letto con Seiji e sapeva anche che aveva continuato a vivere il ricordo come una mancanza impossibile da tollerare, ma allora cosa avrebbe dovuto dire lui? 
Aveva fatto crollare tutto il loro gruppo come un castello di carte . . aveva baciato Touma in preda a una vertigine di desiderio nei confronti di Seiji, e aveva istintivamente sperato che il loro biondo compagno li vedesse rotolarsi nel fango . . era successo, Seiji li aveva visti e . . e da lì per poco una concatenazione d'eventi l'aveva portato a un passo dal morire.
L'avevano quasi perso, e tutto perché lui era un . . un . .
Byauken gli ronfò complice dal tappeto contro il muro e Ryo sentì le lacrime pungergli gli occhi. Riuscì solo a inginocchiarsi al suo fianco, appoggiando la fronte sul suo manto morbido e denso e pianse mentre sentiva la tigre ronfare conciliante, cercando di consolarlo a modo suo, come solo un'animale saggio e potente come lei poteva.
Consolazione? C'era consolazione per lui? Sentì le lacrime tiepide accarezzergli al pelle. Era uno schifoso, come poteva anche solo . . si strinse con più forza al collo della tigre mentre i singhiozzi gli squassavano il petto e il fiato gli si incastrava in gola come un coltello e a chiudere le palpebre con più forza non riusciva a cancellare l'immagine che aveva dentro, un corpo bianco e morbido fra le braccia, quella pelle che doveva essere di velluto . . no, seta, fredda e liscia come seta, come quel cobra albino che gli si era arrotolato intorno a un sogno e l'aveva quasi fatto morire. E ora ce l'aveva ancora lì . . un suono, tintinnare di metallo, come anelli di una catena che gli si srotolavano fra le dita e affondavano nel pesante collare che stringeva quel collo di cigno, i capelli biondi come raggi di sole dietro cui si nascondevano quegli occhi dalle ciglia troppo lunghe, occhi socchiusi, appena velati da quella cortina luminosa in cui era piacevole affondare le mani e stringere il pugno e obbligarlo a sollevare il volto. E vedere quelle labbra simili a petali di rosa dischiudersi appena quando la stretta si fa più salda, il collare iniziare a pesare e la pelle troppo sottile iniziare a tagliarsi, piccoli graffi stillanti gocce color rubino e il suo fiato che si fa più ansante e una preghiera dipinta su quel volto di marmo, una richiesta leggera, impalpabile, che la cinghia sulla gola gli rende impossibile da formulare ad alta voce. E Seiji ai suoi piedi, piccola creatura sottile e flessuosa, incatenato alla volontà di Ryo, ai suoi ordini, piegato ai suoi desideri, il suo schiavo, il suo servo, senza altro scopo che ubbidirgli, senza altra meta che giacere prostrato, lo spirito spezzato, il corpo perfetto come un semplice burattino e quegli occhi pieni di . . accettazione. L'orgoglio  spento, il riserbo spazzato, il granitico gelo che lo avvolgeva evaporato come nebbia al sole per lasciare libero un ragazzo bellissimo e indifeso. 
Indifeso . .
Ryo aprì con forza gli occhi. Tremava da capo a piede con una forza da ferirgli anche l'anima. Era terrorizzato a chinare il capo. Se avesse visto quell'erezione gonfiargli i jeans non era certo di come avrebbe reagito. 
Almeno così poteva fingere di non . . che non era successo *nulla* . . perché cos'era mai successo? Non era degno di essere il capo, non era *degno* dannazione!
Avrebbe voluto mettersi in piedi e urlare la sua frustrazione e incazzarsi e magari buttare per aria tutta la stanza e sbattere la testa contro il muro ma non ci riuscì. Riuscì solo a staccarsi dalla tigre scivolando appena sulle ginocchia, voltandogli la schiena e trattenne un singhozzo facendosi scivolare le mani tra le cosce.
Pochi atttimi dopo, però, il gemito di piacere non riuscì a trattenerlo, proprio come non riuscì a trattenere le lacrime.

^^^^^

Aveva iniziato a piovere da mezz'ora e Shin aveva sentito rientrare Touma di corsa da chissà dove. Si era allontanato per tutto il pomeriggio con arco e faretra, per allenarsi, aveva mormorato appena, rispondendo a una domanda di Shuu. Chi gli aveva creduto? Di certo non lui.
Shin si passò una mano fra i capelli scuotendo con forza il capo mentre si avvicinava in silenzio alla porta del bagno, aperta, da cui usciva una nuvola di vapore che si spandeva per tutto il corridoio insieme al profumo del bagnoschiuma.
"Touma? Posso entrare?"
Si fermò di lato alla porta, in modo da non guardare dentro la stanza, in fondo avevano tutti diritto alla propria intimità. Ma una maledizione appena soffocata gli giunse da dentro poi uno sbuffo.
"Shin? Sì vieni, vieni, sto litigando con . . con questo . . coso . . " 
Un piccolo cilindro bianco gli rotolò fra i piedi. Della . . della garza che si stava srotolando allegramente per il pavimento. Si chinò a raccoglierla e prese meccanicamente a riavvolgere il tutto mentre entrò in bagno. Touma era alle prese con altri due oggetti identici al suo, lo sportello dei medicinali aperto.
"Ti sei fatto male?"
"No, no, non preoccuparti. - scosse il capo con fare leggero nell'aria mentre continuava il suo lavoro. Si era asciugato dopo la doccia e adesso indossava solo un paio di boxer ridicoli, glieli aveva regalati Shuu per un compleanno o qualcosa del genere, erano blu con il disegno di Enrico la talpa di Lupo Alberto vestito da astrologo che con un cannocchiale osservava le stelle - Ho solo bisogno di un po' di garza . . ma non è necessario che se ne srotolino chilometri per il pavimento!" 
Shin pose al suo posto l'involto che aveva fra le mani. 
"Sei stato ad . . allenarti?"
Per la prima volta dall'inizio di quell'incontro Touma sollevò lo sguardo e lo piantò nel suo. Aveva gli occhi arrossati, ma non sembrava avesse pianto, no, era come quando si legge troppo e troppo a lungo, o si fissa intensamente qualcosa. Un bersaglio, magari. 
"Sì, ero giù al lago. Era da un po' che non mi allenavo più in maniera decente ma non faccio così schifo. Se non fosse cominciato a piovere in questo modo sarei stato via ancora un po' ma a quanto pare il tempo aveva deciso altrimenti."
Shin gli sorrise prendendogli la garza che aveva fra le mani con un gesto quasi seccato: la stava avvolgendo tutta storta! E poi non aveva pazienza.
"Il tempo ha avuto più buon senso di te. Ti sei allenato per tre ore abbondanti se hai iniziato subito appena uscito di casa, non ti sembra sufficiente? Adesso capisco come fai ad essere così bravo con l'arco."
Lui sorrise appena.
"Un allenamento costante è la base di qualunque attività e di qualunque abilità. Ma sinceramente non mi ero accorto che fosse passato così tanto tempo."
Un sospiro, poi Shin indicò la garza.
" E adesso mi dici a che ti serviva questa?"
Si strinse nelle spalle.
"Soffro di una congenita tendenza all'infiammazione dei tendini. Se non mi bendo i polsi con una pomata apposta, stanotte la faccio in bianco per il male, tutto qui. Ma l'ha . . l'ho sempre fatto."
Il fiato gli morì in gola. La frase corretta era: 'l'ha sempre fatto Seiji per me' ma ovviamente non riuscì a dirla. Shin cercò di sorridergli fingendo di non aver capito.
"Andiamo, mettiti su qualcosa e vieni in sala. Credo che sia più facile se te li bendo io, no? Se no rischi di avvolgere tutta casa!"
Touma gli sorrise infilandosi al volo una maglietta e lo seguì poco dopo, vestito con le prime cose che aveva sotto mano. Gli si sedette al fianco sul divano porgendogli il tubetto di pomata.
"Ti sei scordato di questa! - rise, un sorriso pallido, un po' falso. Shin sentì freddo al cuore - Ma non importa, tu occupati della fasciatura, al resto penso io. Questa dannata puzza come se fosse una carogna in putrefazione!"
"No, no, lascia fare a me, dai! C'è un modo particolare di massaggiare i polsi?"
"No, basta che spalmi e ne lasci un po' non assorbita, poi ci avvolgi intorno al garza. - lo guardò con un'espressione strana - Comunque grazie. 
E' un casino cercare di farlo da . . da soli . . "
Di nuovo la voce lo tradì, scendendo di un tono, tremolandogli in gola e di nuovo Shin tacque, abbassando il capo.
Era incredibile di quanto fossero sottili i polsi di Touma, nonostante fosse un arcere e nonostante la forza che riuscisse a sprigionare da essi. Eppure erano dannatamente sottili. Sentiva sotto le dita i tendini duri come l'acciaio e poteva anche intuire il loro lieve tremito. Era normale che si infiammassero, li aveva decisamente maltrattati e poi se pure erano un suo punto debole . . prese un profondo respiro tendendosi verso la garza.
"Touma io . . l'ho saputo. Sono . . sono davvero dispiaciuto . . "
Questa volta Touma non sollevò il capo. Pareva incantato dal lavoro che stava avvenendo intorno ai propri polsi. Lo vide stringersi nelle spalle e tacere senza una qualche espressione sul viso.
Lunghi minuti passarono, si svolsero tra di loro come quella garza bianca, cadenza regolare, tranquilla, simile a quella delle gocce sul vetro della finestra a pochi passi da loro.
"Sai cosa si dice? - la voce di Touma era molto bassa ma nel silenzio spettrale che era sceso tra di loro Shin non fece fatica a udirla - Chi non mi ama non mi merita. Mi sono solo innamorato di un coglione, tutto qui. Fra un po' mi passa. Ho solo bisogno di un po' di tempo."
Shin annuì piano col capo.
"Shuu mi ha anche detto . . l'altra . . l'altra cosa. Come stai, Touma?"
Tenne ostinatamente il capo basso.
"In questo momento . . bhè, può andare all'inferno per quel che mi riguarda.
E può anche andarci adesso."
Shin scosse il capo.
"Io parlavo di *te*, Touma, non di Seiji."
"Perché dovrei stare male? - sollevò lo sguardo e si sforzò di sorridere ma i suoi occhi erano pieni di ombre amare e di dolore - Guardami, ti sembro stare male? Io direi di no. Sono sopravvissuto a cose ben peggiore di questa, sopravviverò anche ora." 
Aprì e chiuse un paio di volte le dita come a controllare la fasciatura poi si strinse nelle spalle.
"Touma, so che non sei un bambino a cui vadano fatte raccomandazioni, ma . . "
"Allora non farmele!"
Scattò in piedi con un gesto brusco, chiuse il tubetto di crema con gesti precisi e secchi e si diresse verso le scale. Shin si tormentò le mani prima di trovare il coraggio di dire qualcosa. Quando lo fece il suo compagno era quasi arrivato alle scale.
"Touma, senti . . se volessi . . se avessi bisogno di . . parlare, io . . "
"Hey, non farla più tragica di quel che è, ok? Ho vissuto anni senza di lui, posso riprendere a farlo, ti pare?"
Shin sbattè un paio di volte le palpebre. Era come se parlassero di due cose diverse. Lo vide scomparire nel corridoio in cima alle scale. Touma non faceva altro che a riferirsi a Seiji mentre lui voleva parlargli di . . bhè, poteva essere malato anche lui, no? Eppure non ne faceva mai cenno, come se il suo problema non fosse quello. Shin chinò lentamente il capo. Ovvio. Il suo problema non era la presunta malattia, il suo problema era ben altro, nonostante tutti gli sforzi che faceva per dimostrare a se stesso il contrario. Perché quei due erano così dannatamente *stupidi*? 
Perché *tutti* loro erano così stupidi? Shin ritornò in sala sedendosi con un profondo sospiro sul divano e si prese la testa fra le mani. Non voleva pensare perché se si fosse messo a farlo non sapeva dove i pensieri l'avrebbero portato e quello non era il momento giusto . .

^^^^^

Seiji sentiva il peso tranquillizzante della spada tra le mani e dell'armatura sulle spalle e prese un profondo respiro per chiarirsi le idee, per aumentare ancora il controllo, la consapevolezza. Un combattimento che, come altri prima di questo, poteva fare la differenza fra un mondo in cui la luce potesse continuare a sopravvivere e un altro tutto di tenebra. 
Seiji lo sapeva, Seiji era pronto per questo, era addestrato a combattere e a rischiare la vita in battaglia. Suo nonno l'aveva cresciuto in quel modo, insegnandogli il dovere, il controllo, l'onore. Quello era ciò che doveva fare, era l'incarico che gli era stato affidato, combattere e sconfiggere i demoni, e doveva farlo sempre al meglio, doveva essere sempre il suo primo pensiero, il suo primo fine, l'unico scopo della sua vita. Tutte le altre cose che lo circondavano avrebbero sempre dovuto essere un passo indietro rispetto a questo.
Da quanto tempo non era più così? Con la coda dell'occhio intuì appena il scintillare dorato di un arco dall'altra parte del campo di battaglia, il cuore gli si strinse per un attimo e quasi si dimenticò di muoversi per parare il colpo. Fortunatamente il suo addestramento era più forte di tutti i suoi pensieri e i suoi problemi, si limitò a muovere un passo di lato, bilanciandosi diversamente sulle gambe e la lama del suo avversario scivolò sul piatto della propria spada fino a riuscire a fargli perdere l'equilibrio, fino a farlo scoprire, fino a fagli mostrare un fianco.
Il movimento secco, deciso, fluido e bellissimo ghiacciò Ryo, a due passi da lì.
Ryo sapeva di non stare combattendo come di solito, sapeva che *nessuno* di loro stava combattendo come sapevano. Erano tutti come distratti, solo Seiji era implacabile e meraviglioso come sempre. Mai un movimento superfluo, mai una sbrodolatura, mai un eccesso, ma . . ma come faceva a combattere così? 
Con tutti i pensieri che poteva avere in testa? Eppure, a guardarlo con attenzione si vedeva bene quanto fosse teso. Teso non solo a vincere, ma anche a non farsi ferire. Non era mai stato un avversario semplice, neppure per i demoni più forti, ma qualche graffio era normale . . invece questa volta era assolutamente immacolato. Poteva immaginare benissimo il motivo.
Lo 'sentì' prima di vederlo davvero, una figura di tenebra comparsa come dal nulla di fronte a Seiji. Vide il suo compagno non modificare di una virgola la sua espressione durante il combattimento che si faceva più pericoloso, più veloce. Udì stralci di frasi urlate dal nemico che come unica risposta ebbero il ghiacciato silenzio solito di Seiji.
In più *sapeva* bene come combatteva Seiji. Seiji non era indifeso, Seiji era nato con una spada in mano, era nato per essere un guerriero, Seiji era tecnicamente il più preparato di loro, non si sarebbe mai fatto sorprendere da *quella* finta.
Ryo lo sapeva. Eppure non riuiscì a fermarsi. Vide il colpo di Anubis partire, vide gli occhi di Seiji brillare, aspettando a muoversi, aspettando il momento giusto, aspettando l'attimo perfetto, con l'espressione di chi fosse assolutamente padrone della situazione eppure non riuscì a fermarsi. 
Si intromise fra di loro, piazzandosi sulla traiettoria dei colpi, obbligando Seiji a un brusco ribilanciamento all'ultimo istante per evitargli di staccargli la testa dal collo. Lo sentì sibilare inviperito qualcosa mentre parò il colpo col suo corpo, qualcosa che suonò molto tipo: 'Ryo, dannazione, togliti dai piedi!' detta alla sua maniera. E poi ci fu solo l'oscurità a sommergerlo.

^^^^^

Ryo si ritrovò a fissare il soffitto della sua stanza da letto nella penombra di una notte che sembrava stare per finire. Aveva un terribile mal di testa, un fianco in fiamme e una spalla mal messa. Dopo averci messo qualche attimo a ricordare cosa fosse successo, si rese conto che quello era il minimo che si meritasse. Si era comportato come un idiota.
"Per una volta siamo perfettamente d'accordo, io e te."
La voce era sorta al suo fianco come dal nulla, fredda, tagliente. Una voce che avrebbe riconosciuto fra mille.
"Seiji . . voi . . state tutti bene? L'attacco è stato . . "
" Respinto? - lo vide alzarsi dalla sedia avvicinata al suo letto per dargli la schiena e appoggiarsi allo stipite della finestra, a guardare fuori - 
Certo, Ryo, e di certo *non* grazie a te. Quel gesto sconsiderato quasi c'è costato la partita."
Ryo ringhiò obbligandosi a mettersi seduto. Gli girava solo un po' la testa ma il resto era sopportabile.
"Gli altri . . come state?"
"Sei riuscito a essere l'unico caduto sul campo, se è questo che vuoi sapere. - si voltò verso di lui, Ryo si sentì trafiggere da uno sguardo così penetrante come non credeva fosse possibile. Era gelido, ghiacciato ma anche . . furioso. Seiji era arrabbiato, e nessuno di loro l'aveva mai visto così - E ringrazia il cielo che ti sei potuto rialzare, dannazione a te. Non permetterti mai più una cosa del genere!"
Troneggiò su di lui, Ryo riuscì appena a deglutire anche perché non poteva non sentirsi .. 'felice'? Sì, era assurdamente felice. Avrebbe voluto abbracciarlo, e toccarlo e assicurarsi che davvero non si fosse fatto niente. Avrebbe voluto baciare quella pelle immacolata e cancellare la furia da quegli occhi con la passione . . dovevano brillare come stelle mentre aveva un orgasmo. Doveva essere uno spettacolo da mozzare il fiato in gola farlo godere e sentire la sua voce diventare roca e farsi di velluto e la sua pelle scaldarsi per un attimo sotto le dita. Ryo riuscì appena a schiarirsi la gola.
"Seiji, io . . "
"Ryo, chiariamo la cosa, e chiariamola fra noi una volta per tutte. Ti ho parlato della mia malattia perché era giusto che lo sapessi, perché siamo una squadra, perché era una cosa che riguardava anche voi, ma questo non significa affatto che tu mi debba trattare così. Non ho bisogno che tu mi protegga. So combattere."
"Lo so, ma . . "
"Niente ma, Ryo. - la voce di Seiji era dura, la rabbia era diventata schegge di ghiaccio sottili e mortali - Se come capo credi che la mia presenza in squadra sia un intralcio, dimmelo in faccia e ordinami di stare fuori dal campo. Ma se mi lasci scendere nell'arena al vostro fianco, esigo che mi sia concessa la fiducia che merito. Come guerriero, almeno, non ho mai deluso nessuno di voi."
Ryo fissò quegli occhi che, chissà come, anche nel buio della stanza, riuscivano a brillare. Era il *capo* . . il capo . . il capo . . Si passò una mano fra i capelli cercando di annullare le strane emozioni che gli dava il suo corpo così vicino, il profumo della sua pelle, il suo tepore . . 
"De . . deluso? No, Seiji, è che . . bhè . . - che avrebbe potuto mai dirgli? Che per quel che lo riguardava Seiji era un invito allo stupro vivente? Che non riusciva a guardarlo senza pensare di scoparlo? Che il giorno precedente non era stato affatto concentrato sul combattimento ma che voleva solo proteggere la cosa che bramava di più al mondo? Che non avrebbe mai più voluto che si mettesse in pericolo, che combattesse, che rischiasse la vita? L'avrebbe ucciso seduta stante, e avrebbe fatto bene. - Non so cosa stessi pensando. Solo che ti ho visto e credevo che . . che . . "
'Fossi in pericolo'. Seiji non disse nulla, Ryo abbassò il capo.
Palle! L'aveva visto bene il suo sguardo, aveva ancora stampata davanti agli occhi la sua espressione, il suo volto, e poi l'attacco. *Quell' attacco* l'avevano provato centinaia di volte, era la tecnica preferita di Seiji, nessuno riusciva a bloccare la sua stoccata quando era portata in quel modo.
Nessuno. Seiji non era affatto in pericolo.
Seiji si sedette lentamente sulla sedia, intrecciando le dita in grembo.
"E' questo, allora. Sono *io* che sto facendo crollare il gruppo, non è vero? - Ryo sollevò il capo di scatto e fece per rispondere qualcosa ma non fece in tempo - Hai visto come abbiamo combattuto? Io sì. E non è così che si combatte, Ryo. Dopo tutto lo sai anche tu, non hai bisogno che te lo dica io. Bisogna . . prendere provvedimenti."
Ryo scosse il capo posandosi una mano sulla fronte.
"Seiji, che provvedimenti? Andrà tutto bene. Basterà solo darci tempo."
Lo sentì scuotere il capo ma non ebbe il coraggio di guardarlo. La sua voce era pragmatica, secca.
"Potrebbe darsi che non avremo il tempo. Non possiamo essere deboli, non nella nostra posizione. Non voglio essere causa di tutto questo per voi. 
Stavi per rimetterci la pelle e non possiamo permetterci di perdere il nostro capo durante una guerra così importante."
Ryo sbuffò, seccato.
"Ma possibile che non pensi ad altro che a questo! Seiji siamo uomini . . ragazzi! Possiamo mostrarci deboli ogni tanto! *Siamo* deboli!"
Lo sentì sospirare.
"Sei decisamente stanco e non comprendi bene di cosa si sta parlando. Ho voluto fare questo discorso adesso perchè non volevo che gli altri sentissero. Il capo non dovrebbe mai essere messo sotto accusa apertamente di fronte al resto del gruppo. - un sospiro, come se avesse ripetuto una frase imparata a memoria, poi ritornò a ripararsi dietro il suo solito tono distante, educatamente distaccato - Cerca di riflettere su quel che ti ho detto e cerca anche di . . decidere per la mia posizione. Non possiamo continuare così, io ne sono consapevole e non ti biasimerò, qualunque decisione tu prenderai a riguardo."

^^^^^

Seiji entrò in casa sbattendo la porta.
Shuu si guardò intorno con fare allarmato mentre Shin si sbrigò a riporre di fretta la spesa che avevano appena fatto per vedere cosa fosse successo. 
Quello non era normale. Anzi, era decisamente preoccupante. 
Ryo infilò il capo nel corridoio per cercare di capirne di più ma, quando lo fece, l'ingresso era già vuoto. C'era solo il cappotto di Seiji sull'attaccapanni che denotava il suo passaggio.
Due colpi secchi sulla porta di quella stanza. Seiji si scoprì a compiere uno dei gesti più difficili di tutta la sua vita in uno stato tale di confusione da non accorgersene quasi. Quei lunghi secondi che attese lì fuori furono miracolosi, riuscirono a farlo ritornare padrone di sé, almeno abbastanza per cercare di avere una discussione civile con Touma al posto di prenderlo a schiaffi.
"Avanti."
Touma era seduto sul letto e stava sitemando le frecce. Una per una le ispezionava con attenzione, si concentrava sulle ali della coda, sistemava o cambiava le piume rovinate e poi controllava la punta. Era un lavoro lungo e attento, durante il quale il suo volto assumeva un'espressione meravigliosa, attenta ma in un certo qual modo rilassata. Un'espressione che aveva imparato a conoscere e ad amare, un'espressione che ora non c'era. 
Sollevò appena una rapida occhiata su di lui poi infilò la freccia nella faretra e allungò una mano verso l'arco, pizzicando appena la corda. Ne uscì un suono dissonante, sgradevole. Gli aveva detto una volta che un arco doveva essere accordato come una lira perché fosse un'arma degna di tale nome e che nessun arcere almeno più che mediocre avrebbe lasciato cantare la propria arma con una voce sgraziata.
"Che vuoi? Oltre a graziarmi della tua splendida vista, ovvio."
Sarcasmo. Ma a questo era abituato, a questo era pronto. Lo ferì l'amarezza, la solitudine che lesse dietro a quelle parole, ma ora . . ora non aveva tempo per *quello*.
"Sono stato in ospedale."
Non riusciva neppure a farsi uscire la voce per parlare. Dovette prendere un lungo respiro per cercare di calmarsi.
"E allora? Dovrei ancora preoccuparmi per la tua salute? Non mi avevi lasciato?"
Seiji chiuse gli occhi poi eliminò i due passi che lo separavo dal luogo in cui stava seduto Touma. Lo fissò cercando di sembrare duro, deciso, anche se il cuore gli faceva male, ed era pesante come un macigno. Quanto avrebbe voluto abbracciarlo, e farsi consolare, quanto avrebbe voluto sentire il suo calore, e le sue braccia che lo stringevano come sempre, confortandolo, tenendolo al riparo da tutto. Quanto avrebbe voluto essere al suo fianco . . deglutì l'amarezza. Non era il momento di farsi prendere dallo sconforto. Si drizzò lasciando che la paura prendesse un po' più piede dentro di se'. 
"Non della mia salute, ma della *tua*! Non sei andato a fare gli esami." 
La sua espressione era divertita ma salda, dura. Era furioso, Seiji lo poteva sentire sulla pelle e nell'aria che respirava.
"E a che nome vieni a chiedermelo? A te che importa?" 
"Non essere stupido, Touma. M'importa, certo che mi . . "
"Taglia corto, bello! - si alzò in piedi dandogli al schiena. - Il fatto che molto probabilmente *tu* mi abbia trasmesso chissà cosa non ti da il diritto di infilare il naso nei miei affari, ok? Gli esami non li ho fatti perché non avevo voglia di farli, e non li farò. Punto. Se la cosa ti garba, bene, se no adeguati perché è così comunque."
Seiji si sentì ghiacciare il sangue nelle vene. Fu come se qualcosa gli si rompesse dentro, un argine che aveva sempre creduto invalicabile ora si ruppe, il terrore lo avvolse in ondate dense e oscure, la colpa e la pena e la paura per lui divennnero un tutt'uno, mischiandosi in un immenso gorgo dalle acque malsane che gli impedivano anche di respirare.
"Non . . non puoi comportarti così per . . per ferirmi, Touma. Stai facendo del male a te stesso."
"Ferirti? - il suo ghigno era un taglio sbieco su un volto pallido - Ma chi ti credi di essere? Non sei il centro del mondo, sai? Scendi dal tuo piedistallo, per prima cosa. Non sono un bambino, quando scopavamo sapevo come funzionavano le cose e avrei potuto fare attenzione anch'io. Se non l'ho fatto . . bhè, tutto quello che mi sono preso vuol dire che me lo meritavo per essere stato tanto coglione."
Si diresse verso al porta aprendola di colpo. A Seiji pareva di stare vivendo un incubo, era come se Touma fosse in piedi su di un crepaccio e stesse per buttarsi giù e lui, per quanto facesse o dicesse, non riusciva non solo a dissuaderlo, ma anche a trattenerlo. Gli scivolava via dalle dita come se fosse stato di nebbia.
"Dannazione, Touma, aspetta! Non puoi . . "
"Non posso cosa? Ok, damerino, allora finiamo il discorso. Quello che ti ho detto era quello che riguardava me, per quel che riguarda *te* . . - gli piantò gli occhi nei suoi artigliandogli una spalla e sibilandogli le parole direttamente nell'orecchio- . . per quel che riguarda *te*, Seiji, mi auguro davvero che tu ti sia preso qualcosa di abbastanza grave che ti faccia crepare nel giro di uno o due mesi, perché se così non fosse, perché se mi avessi fatto *questo* per una stronzata, ti giuro che rimpiangerai di non essere malato. E adesso esci dalla *mia* stanza!"
La mossa fu brusca e inaspettata. Seiji aveva ancora il cervello ghiacciato su quello che Touma gli aveva detto e quasi cadde lungo il corridoio quando l'altro ve lo spinse di malagrazia, chiudendolo fuori con una porta sbattuta e null'altro che un'occhiata carica d'odio. Razionalmente se l'era aspettato. Era abbastanza ovvio intuire che Touma non avrebbe *capito*, avevano un modo di amare molto diverso l'uno dall'altro per cui era semplice non accorgersi . . non interpretare i comportamenti dell'altro in maniera corretta . . Seiji si chiese se anche le parole di Touma avessero nascosto, da qualche parte un nocciolo d'amore, proprio come le sue, tempo prima, quando avevano parlato. Era probabile di sì, solo che . . solo che dannazione, ora riuscivano solo a fare del male. E l'idea che, probabilmente, facevano più male a Touma che a lui non riuscì a consolarlo.

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