NOTE: dovrebbe essere un 'seguito' di Fili
Intrecciati, spero che sia abbastanza comprensibile anche per chi non l'ha
letto. Se volete un riassunto sono a disposizione.
E poi i personaggi non sono miei, non mi appartengono, e mi diverto solo un
sacco a infilarli in queste situazioni assurde!
Fuoco oscuro
di Dhely
Parte 4/?
Ryo si
lasciò cadere a peso morto sul letto con un terribile sospiro che ad
uscire gli ferì quasi il cuore. Com'era potutto succedere? Come . . e
perché
mai era successa una cosa del genere? Che maledizione stavano scontando,
tutti loro?
Chiuse gli occhi affondando il capo nel cuscino, aspettando di svegliarsi,
perchè quello non poteva che essere un incubo. Certo, si era solo
addormentato e presto sarebbe arrivato Shin a svegliarlo, dicendo che era il
solito pigrone, e gli sarebbe saltato al fianco e gli avrebbe sorriso e
l'avrebbe baciato e . . Un'alba violetta solcò come un lampo quell'immagine
e Ryo si sentì male come non mai.
Non era un sogno. Non era un incubo. Era successo tutto davvero.
Shin. Se allungava una mano sulle lenzuola al suo fianco avrebbe dovuto
sentire il corpo sottile del suo amico, del suo . . amante, invece l'aveva
allontanato. Gli aveva detto quello che anche lui sapeva, che non riusciva a
continuare così, la verità così aliena e così dannatamente dolorosa da
essere incredibile anche per lui. D'accordo, lo sapeva che nessuno era
davvero padrone dei propri sentimenti, ma quello era assurdo . . anzi
peggio, era quasi blasfemo! Era il loro capo, si fidavano di lui, gli
avevano messo più di una volta la loro vita fra le mani e lui che faceva?
Aveva distrutto tutto.
Era partito tutto da lui, tutto da quella oscura brama, da quel desiderio
impossibile che gli mordeva le viscere. Seiji che diventava lentamente la
sua ossessione, il suo pensiero fisso, il suo sogno, il continuare a
immaginarlo e a desiderarlo non suo pari, come ora, come sempre, ma ai suoi
piedi, gli occhi pieni di stelle, il corpo flessuoso e bianco che gli si
offriva senza un tentennamento, senza un dubbio, chiedendogli di spezzarlo,
di fargli male, di fargli qualunque cosa volesse . . 'Ryo . . fai di me quel
che vuoi . . ' . . lo sognava e lo vedeva e sentiva la consistenza della sua
pelle sotto le dita, e la setosità dei suoi capelli scivolargli sul collo.
Voleva incatenarlo con un pesante guinzaglio di ferro intorno al collo, appesantirgli
i polsi con ceppi arrugginiti, legargli alle caviglie lacci
di cuoio che lo tenessero immobile, voleva vedere la sua schiena arrossarsi
ai colpi di una frusta e sentire la consistenza della sua carne che si
lacerava mentre lo inchiodava a una croce d'ossidiana con chiodi fatti di
schegge di quarzo. Voleva sentirlo urlare e piangere, voleva sentirlo
supplicare e singhiozzare, voleva distruggere quel controllo di ghiaccio,
quella perfetta coscienza di sé che lo faceva risplendere in quel modo . .
voleva . .
Oh, dannazione!
Che schifoso animale era diventato? Ryo si scoprì ricoperto da sudore
gelido, ed . . eccitato . . deglutì il disgusto evitando di affondare il
capo fra le mani. Quelle mani che l'avevano *appena* toccato. Quelle mani
che avevano ancora addosso il suo odore, che si ricordavano ancora
perfettamente del suo calore.
Gli aveva sfiorato il capo, l'aveva consolato, era stato la sua spalla, si
era mostrato amico, comprensivo, gentile, preoccupato, aveva fatto di tutto
per non prestare ascolto a quello che il suo sangue gli urlava e fose ci era
pure riuscito ma ora, al posto di preoccuparsi di lui, continuava a pensare
a quelle *cose*!
E poi, comunque, come aveva potuto metterci così tanto tempo a lasciare
Shin? E possibile che la terribile mancanza della persona che amava non era
servita a farlo ritornare in sé? Lo amava davvero? Era davvero innamorato
di
Shin o le sue erano tutte parole prive di un senso? Ryo non riusciva ad
esserne certo. Il cuore gli aveva pianto lacrime di sangue quando avevano
parlato, dopo mesi in cui entrambi avevano finto che tutto fosse normale, in
cui il desiderio di entrambi di continuare, di non perdersi, era stato più
forte di tutto. Ryo si scoprì ad avere un estremo bisogno del piccolo Shin.
Gli mancava la sua lieve presenza, il suo sorriso, le sue carezze, e anche
il suo corpo fra le braccia. Ma . . ma nei suoi pensieri . . c'erano sempre
*quei* pensieri anche quando era al fianco di Shin. Come poteva? Come poteva
continuare così? A mentirsi e a mentirgli?
Shin non aveva pianto quando gliel'aveva detto. Dopo tutto era, non per
altro, il più sensibile di tutti loro. Gli disse che li aveva 'visti', ogni
tanto, mentre erano insieme, quei pensieri, quelle immagini . . quando gli
aveva chiesto perchè non si era allontanato disgustato aveva visto quegli
occhi verdi come due smeraldi farsi liquidi e morbidi. 'Perché ti amo. E
perché . . neanch'io sono esente da colpe.'
Colpe.
Se si poteva parlare di colpe . . Ryo lo sapeva che Shin era andato a letto
con Seiji e sapeva anche che aveva continuato a vivere il ricordo come una
mancanza impossibile da tollerare, ma allora cosa avrebbe dovuto dire lui?
Aveva fatto crollare tutto il loro gruppo come un castello di carte . .
aveva baciato Touma in preda a una vertigine di desiderio nei confronti di
Seiji, e aveva istintivamente sperato che il loro biondo compagno li vedesse
rotolarsi nel fango . . era successo, Seiji li aveva visti e . . e da lì
per
poco una concatenazione d'eventi l'aveva portato a un passo dal morire.
L'avevano quasi perso, e tutto perché lui era un . . un . .
Byauken gli ronfò complice dal tappeto contro il muro e Ryo sentì le
lacrime
pungergli gli occhi. Riuscì solo a inginocchiarsi al suo fianco,
appoggiando
la fronte sul suo manto morbido e denso e pianse mentre sentiva la tigre
ronfare conciliante, cercando di consolarlo a modo suo, come solo un'animale
saggio e potente come lei poteva.
Consolazione? C'era consolazione per lui? Sentì le lacrime tiepide
accarezzergli al pelle. Era uno schifoso, come poteva anche solo . . si
strinse con più forza al collo della tigre mentre i singhiozzi gli
squassavano il petto e il fiato gli si incastrava in gola come un coltello e
a chiudere le palpebre con più forza non riusciva a cancellare l'immagine
che aveva dentro, un corpo bianco e morbido fra le braccia, quella pelle che
doveva essere di velluto . . no, seta, fredda e liscia come seta, come quel
cobra albino che gli si era arrotolato intorno a un sogno e l'aveva quasi
fatto morire. E ora ce l'aveva ancora lì . . un suono, tintinnare di
metallo, come anelli di una catena che gli si srotolavano fra le dita e
affondavano nel pesante collare che stringeva quel collo di cigno, i capelli
biondi come raggi di sole dietro cui si nascondevano quegli occhi dalle
ciglia troppo lunghe, occhi socchiusi, appena velati da quella cortina
luminosa in cui era piacevole affondare le mani e stringere il pugno e
obbligarlo a sollevare il volto. E vedere quelle labbra simili a petali di
rosa dischiudersi appena quando la stretta si fa più salda, il collare
iniziare a pesare e la pelle troppo sottile iniziare a tagliarsi, piccoli
graffi stillanti gocce color rubino e il suo fiato che si fa più ansante e
una preghiera dipinta su quel volto di marmo, una richiesta leggera,
impalpabile, che la cinghia sulla gola gli rende impossibile da formulare ad
alta voce. E Seiji ai suoi piedi, piccola creatura sottile e flessuosa,
incatenato alla volontà di Ryo, ai suoi ordini, piegato ai suoi desideri,
il
suo schiavo, il suo servo, senza altro scopo che ubbidirgli, senza altra
meta che giacere prostrato, lo spirito spezzato, il corpo perfetto come un
semplice burattino e quegli occhi pieni di . . accettazione. L'orgoglio
spento, il riserbo spazzato, il granitico gelo che lo avvolgeva evaporato
come nebbia al sole per lasciare libero un ragazzo bellissimo e indifeso.
Indifeso . .
Ryo aprì con forza gli occhi. Tremava da capo a piede con una forza da
ferirgli anche l'anima. Era terrorizzato a chinare il capo. Se avesse visto
quell'erezione gonfiargli i jeans non era certo di come avrebbe reagito.
Almeno così poteva fingere di non . . che non era successo *nulla* . .
perché cos'era mai successo? Non era degno di essere il capo, non era
*degno* dannazione!
Avrebbe voluto mettersi in piedi e urlare la sua frustrazione e incazzarsi e
magari buttare per aria tutta la stanza e sbattere la testa contro il muro
ma non ci riuscì. Riuscì solo a staccarsi dalla tigre scivolando appena
sulle ginocchia, voltandogli la schiena e trattenne un singhozzo facendosi
scivolare le mani tra le cosce.
Pochi atttimi dopo, però, il gemito di piacere non riuscì a trattenerlo,
proprio come non riuscì a trattenere le lacrime.
^^^^^
Aveva iniziato a piovere da mezz'ora e Shin aveva sentito rientrare Touma di
corsa da chissà dove. Si era allontanato per tutto il pomeriggio con arco e
faretra, per allenarsi, aveva mormorato appena, rispondendo a una domanda di
Shuu. Chi gli aveva creduto? Di certo non lui.
Shin si passò una mano fra i capelli scuotendo con forza il capo mentre si
avvicinava in silenzio alla porta del bagno, aperta, da cui usciva una
nuvola di vapore che si spandeva per tutto il corridoio insieme al profumo
del bagnoschiuma.
"Touma? Posso entrare?"
Si fermò di lato alla porta, in modo da non guardare dentro la stanza, in
fondo avevano tutti diritto alla propria intimità. Ma una maledizione
appena
soffocata gli giunse da dentro poi uno sbuffo.
"Shin? Sì vieni, vieni, sto litigando con . . con questo . . coso . .
"
Un piccolo cilindro bianco gli rotolò fra i piedi. Della . . della garza
che
si stava srotolando allegramente per il pavimento. Si chinò a raccoglierla
e
prese meccanicamente a riavvolgere il tutto mentre entrò in bagno. Touma
era
alle prese con altri due oggetti identici al suo, lo sportello dei
medicinali aperto.
"Ti sei fatto male?"
"No, no, non preoccuparti. - scosse il capo con fare leggero nell'aria
mentre continuava il suo lavoro. Si era asciugato dopo la doccia e adesso
indossava solo un paio di boxer ridicoli, glieli aveva regalati Shuu per un
compleanno o qualcosa del genere, erano blu con il disegno di Enrico la
talpa di Lupo Alberto vestito da astrologo che con un cannocchiale osservava
le stelle - Ho solo bisogno di un po' di garza . . ma non è necessario che
se ne srotolino chilometri per il pavimento!"
Shin pose al suo posto l'involto che aveva fra le mani.
"Sei stato ad . . allenarti?"
Per la prima volta dall'inizio di quell'incontro Touma sollevò lo sguardo e
lo piantò nel suo. Aveva gli occhi arrossati, ma non sembrava avesse
pianto,
no, era come quando si legge troppo e troppo a lungo, o si fissa
intensamente qualcosa. Un bersaglio, magari.
"Sì, ero giù al lago. Era da un po' che non mi allenavo più in
maniera
decente ma non faccio così schifo. Se non fosse cominciato a piovere in
questo modo sarei stato via ancora un po' ma a quanto pare il tempo aveva
deciso altrimenti."
Shin gli sorrise prendendogli la garza che aveva fra le mani con un gesto
quasi seccato: la stava avvolgendo tutta storta! E poi non aveva pazienza.
"Il tempo ha avuto più buon senso di te. Ti sei allenato per tre ore
abbondanti se hai iniziato subito appena uscito di casa, non ti sembra
sufficiente? Adesso capisco come fai ad essere così bravo con l'arco."
Lui sorrise appena.
"Un allenamento costante è la base di qualunque attività e di
qualunque
abilità. Ma sinceramente non mi ero accorto che fosse passato così tanto
tempo."
Un sospiro, poi Shin indicò la garza.
" E adesso mi dici a che ti serviva questa?"
Si strinse nelle spalle.
"Soffro di una congenita tendenza all'infiammazione dei tendini. Se non
mi
bendo i polsi con una pomata apposta, stanotte la faccio in bianco per il
male, tutto qui. Ma l'ha . . l'ho sempre fatto."
Il fiato gli morì in gola. La frase corretta era: 'l'ha sempre fatto Seiji
per me' ma ovviamente non riuscì a dirla. Shin cercò di sorridergli
fingendo
di non aver capito.
"Andiamo, mettiti su qualcosa e vieni in sala. Credo che sia più
facile se
te li bendo io, no? Se no rischi di avvolgere tutta casa!"
Touma gli sorrise infilandosi al volo una maglietta e lo seguì poco dopo,
vestito con le prime cose che aveva sotto mano. Gli si sedette al fianco sul
divano porgendogli il tubetto di pomata.
"Ti sei scordato di questa! - rise, un sorriso pallido, un po' falso.
Shin
sentì freddo al cuore - Ma non importa, tu occupati della fasciatura, al
resto penso io. Questa dannata puzza come se fosse una carogna in
putrefazione!"
"No, no, lascia fare a me, dai! C'è un modo particolare di massaggiare
i
polsi?"
"No, basta che spalmi e ne lasci un po' non assorbita, poi ci avvolgi
intorno al garza. - lo guardò con un'espressione strana - Comunque grazie.
E' un casino cercare di farlo da . . da soli . . "
Di nuovo la voce lo tradì, scendendo di un tono, tremolandogli in gola e di
nuovo Shin tacque, abbassando il capo.
Era incredibile di quanto fossero sottili i polsi di Touma, nonostante fosse
un arcere e nonostante la forza che riuscisse a sprigionare da essi. Eppure
erano dannatamente sottili. Sentiva sotto le dita i tendini duri come
l'acciaio e poteva anche intuire il loro lieve tremito. Era normale che si
infiammassero, li aveva decisamente maltrattati e poi se pure erano un suo
punto debole . . prese un profondo respiro tendendosi verso la garza.
"Touma io . . l'ho saputo. Sono . . sono davvero dispiaciuto . . "
Questa volta Touma non sollevò il capo. Pareva incantato dal lavoro che
stava avvenendo intorno ai propri polsi. Lo vide stringersi nelle spalle e
tacere senza una qualche espressione sul viso.
Lunghi minuti passarono, si svolsero tra di loro come quella garza bianca,
cadenza regolare, tranquilla, simile a quella delle gocce sul vetro della
finestra a pochi passi da loro.
"Sai cosa si dice? - la voce di Touma era molto bassa ma nel silenzio
spettrale che era sceso tra di loro Shin non fece fatica a udirla - Chi non
mi ama non mi merita. Mi sono solo innamorato di un coglione, tutto qui. Fra
un po' mi passa. Ho solo bisogno di un po' di tempo."
Shin annuì piano col capo.
"Shuu mi ha anche detto . . l'altra . . l'altra cosa. Come stai, Touma?"
Tenne ostinatamente il capo basso.
"In questo momento . . bhè, può andare all'inferno per quel che mi
riguarda.
E può anche andarci adesso."
Shin scosse il capo.
"Io parlavo di *te*, Touma, non di Seiji."
"Perché dovrei stare male? - sollevò lo sguardo e si sforzò di
sorridere ma
i suoi occhi erano pieni di ombre amare e di dolore - Guardami, ti sembro
stare male? Io direi di no. Sono sopravvissuto a cose ben peggiore di
questa, sopravviverò anche ora."
Aprì e chiuse un paio di volte le dita come a controllare la fasciatura poi
si strinse nelle spalle.
"Touma, so che non sei un bambino a cui vadano fatte raccomandazioni,
ma . .
"
"Allora non farmele!"
Scattò in piedi con un gesto brusco, chiuse il tubetto di crema con gesti
precisi e secchi e si diresse verso le scale. Shin si tormentò le mani
prima
di trovare il coraggio di dire qualcosa. Quando lo fece il suo compagno era
quasi arrivato alle scale.
"Touma, senti . . se volessi . . se avessi bisogno di . . parlare, io .
. "
"Hey, non farla più tragica di quel che è, ok? Ho vissuto anni senza
di lui,
posso riprendere a farlo, ti pare?"
Shin sbattè un paio di volte le palpebre. Era come se parlassero di due
cose
diverse. Lo vide scomparire nel corridoio in cima alle scale. Touma non
faceva altro che a riferirsi a Seiji mentre lui voleva parlargli di . . bhè,
poteva essere malato anche lui, no? Eppure non ne faceva mai cenno, come se
il suo problema non fosse quello. Shin chinò lentamente il capo. Ovvio. Il
suo problema non era la presunta malattia, il suo problema era ben altro,
nonostante tutti gli sforzi che faceva per dimostrare a se stesso il
contrario. Perché quei due erano così dannatamente *stupidi*?
Perché *tutti* loro erano così stupidi? Shin ritornò in sala sedendosi
con
un profondo sospiro sul divano e si prese la testa fra le mani. Non voleva
pensare perché se si fosse messo a farlo non sapeva dove i pensieri
l'avrebbero portato e quello non era il momento giusto . .
^^^^^
Seiji sentiva il peso tranquillizzante della spada tra le mani e
dell'armatura sulle spalle e prese un profondo respiro per chiarirsi le
idee, per aumentare ancora il controllo, la consapevolezza. Un combattimento
che, come altri prima di questo, poteva fare la differenza fra un mondo in
cui la luce potesse continuare a sopravvivere e un altro tutto di tenebra.
Seiji lo sapeva, Seiji era pronto per questo, era addestrato a combattere e
a rischiare la vita in battaglia. Suo nonno l'aveva cresciuto in quel modo,
insegnandogli il dovere, il controllo, l'onore. Quello era ciò che doveva
fare, era l'incarico che gli era stato affidato, combattere e sconfiggere i
demoni, e doveva farlo sempre al meglio, doveva essere sempre il suo primo
pensiero, il suo primo fine, l'unico scopo della sua vita. Tutte le altre
cose che lo circondavano avrebbero sempre dovuto essere un passo indietro
rispetto a questo.
Da quanto tempo non era più così? Con la coda dell'occhio intuì appena il
scintillare dorato di un arco dall'altra parte del campo di battaglia, il
cuore gli si strinse per un attimo e quasi si dimenticò di muoversi per
parare il colpo. Fortunatamente il suo addestramento era più forte di tutti
i suoi pensieri e i suoi problemi, si limitò a muovere un passo di lato,
bilanciandosi diversamente sulle gambe e la lama del suo avversario scivolò
sul piatto della propria spada fino a riuscire a fargli perdere
l'equilibrio, fino a farlo scoprire, fino a fagli mostrare un fianco.
Il movimento secco, deciso, fluido e bellissimo ghiacciò Ryo, a due passi
da
lì.
Ryo sapeva di non stare combattendo come di solito, sapeva che *nessuno* di
loro stava combattendo come sapevano. Erano tutti come distratti, solo Seiji
era implacabile e meraviglioso come sempre. Mai un movimento superfluo, mai
una sbrodolatura, mai un eccesso, ma . . ma come faceva a combattere così?
Con tutti i pensieri che poteva avere in testa? Eppure, a guardarlo con
attenzione si vedeva bene quanto fosse teso. Teso non solo a vincere, ma
anche a non farsi ferire. Non era mai stato un avversario semplice, neppure
per i demoni più forti, ma qualche graffio era normale . . invece questa
volta era assolutamente immacolato. Poteva immaginare benissimo il motivo.
Lo 'sentì' prima di vederlo davvero, una figura di tenebra comparsa come
dal
nulla di fronte a Seiji. Vide il suo compagno non modificare di una virgola
la sua espressione durante il combattimento che si faceva più pericoloso,
più veloce. Udì stralci di frasi urlate dal nemico che come unica risposta
ebbero il ghiacciato silenzio solito di Seiji.
In più *sapeva* bene come combatteva Seiji. Seiji non era indifeso, Seiji
era nato con una spada in mano, era nato per essere un guerriero, Seiji era
tecnicamente il più preparato di loro, non si sarebbe mai fatto sorprendere
da *quella* finta.
Ryo lo sapeva. Eppure non riuiscì a fermarsi. Vide il colpo di Anubis
partire, vide gli occhi di Seiji brillare, aspettando a muoversi, aspettando
il momento giusto, aspettando l'attimo perfetto, con l'espressione di chi
fosse assolutamente padrone della situazione eppure non riuscì a fermarsi.
Si intromise fra di loro, piazzandosi sulla traiettoria dei colpi,
obbligando Seiji a un brusco ribilanciamento all'ultimo istante per
evitargli di staccargli la testa dal collo. Lo sentì sibilare inviperito
qualcosa mentre parò il colpo col suo corpo, qualcosa che suonò molto
tipo: 'Ryo, dannazione, togliti dai piedi!' detta alla sua maniera. E poi ci fu
solo l'oscurità a sommergerlo.
^^^^^
Ryo si ritrovò a fissare il soffitto della sua stanza da letto nella
penombra di una notte che sembrava stare per finire. Aveva un terribile mal
di testa, un fianco in fiamme e una spalla mal messa. Dopo averci messo
qualche attimo a ricordare cosa fosse successo, si rese conto che quello era
il minimo che si meritasse. Si era comportato come un idiota.
"Per una volta siamo perfettamente d'accordo, io e te."
La voce era sorta al suo fianco come dal nulla, fredda, tagliente. Una voce
che avrebbe riconosciuto fra mille.
"Seiji . . voi . . state tutti bene? L'attacco è stato . . "
" Respinto? - lo vide alzarsi dalla sedia avvicinata al suo letto per
dargli
la schiena e appoggiarsi allo stipite della finestra, a guardare fuori -
Certo, Ryo, e di certo *non* grazie a te. Quel gesto sconsiderato quasi c'è
costato la partita."
Ryo ringhiò obbligandosi a mettersi seduto. Gli girava solo un po' la testa
ma il resto era sopportabile.
"Gli altri . . come state?"
"Sei riuscito a essere l'unico caduto sul campo, se è questo che vuoi
sapere. - si voltò verso di lui, Ryo si sentì trafiggere da uno sguardo
così
penetrante come non credeva fosse possibile. Era gelido, ghiacciato ma anche
. . furioso. Seiji era arrabbiato, e nessuno di loro l'aveva mai visto così
- E ringrazia il cielo che ti sei potuto rialzare, dannazione a te. Non
permetterti mai più una cosa del genere!"
Troneggiò su di lui, Ryo riuscì appena a deglutire anche perché non
poteva
non sentirsi .. 'felice'? Sì, era assurdamente felice. Avrebbe voluto
abbracciarlo, e toccarlo e assicurarsi che davvero non si fosse fatto
niente. Avrebbe voluto baciare quella pelle immacolata e cancellare la furia
da quegli occhi con la passione . . dovevano brillare come stelle mentre
aveva un orgasmo. Doveva essere uno spettacolo da mozzare il fiato in gola
farlo godere e sentire la sua voce diventare roca e farsi di velluto e la
sua pelle scaldarsi per un attimo sotto le dita. Ryo riuscì appena a
schiarirsi la gola.
"Seiji, io . . "
"Ryo, chiariamo la cosa, e chiariamola fra noi una volta per tutte. Ti
ho
parlato della mia malattia perché era giusto che lo sapessi, perché siamo
una squadra, perché era una cosa che riguardava anche voi, ma questo non
significa affatto che tu mi debba trattare così. Non ho bisogno che tu mi
protegga. So combattere."
"Lo so, ma . . "
"Niente ma, Ryo. - la voce di Seiji era dura, la rabbia era diventata
schegge di ghiaccio sottili e mortali - Se come capo credi che la mia
presenza in squadra sia un intralcio, dimmelo in faccia e ordinami di stare
fuori dal campo. Ma se mi lasci scendere nell'arena al vostro fianco, esigo
che mi sia concessa la fiducia che merito. Come guerriero, almeno, non ho
mai deluso nessuno di voi."
Ryo fissò quegli occhi che, chissà come, anche nel buio della stanza,
riuscivano a brillare. Era il *capo* . . il capo . . il capo . . Si passò
una mano fra i capelli cercando di annullare le strane emozioni che gli dava
il suo corpo così vicino, il profumo della sua pelle, il suo tepore . .
"De . . deluso? No, Seiji, è che . . bhè . . - che avrebbe potuto mai
dirgli? Che per quel che lo riguardava Seiji era un invito allo stupro
vivente? Che non riusciva a guardarlo senza pensare di scoparlo? Che il
giorno precedente non era stato affatto concentrato sul combattimento ma che
voleva solo proteggere la cosa che bramava di più al mondo? Che non avrebbe
mai più voluto che si mettesse in pericolo, che combattesse, che rischiasse
la vita? L'avrebbe ucciso seduta stante, e avrebbe fatto bene. - Non so cosa
stessi pensando. Solo che ti ho visto e credevo che . . che . . "
'Fossi in pericolo'. Seiji non disse nulla, Ryo abbassò il capo.
Palle! L'aveva visto bene il suo sguardo, aveva ancora stampata davanti agli
occhi la sua espressione, il suo volto, e poi l'attacco. *Quell' attacco*
l'avevano provato centinaia di volte, era la tecnica preferita di Seiji,
nessuno riusciva a bloccare la sua stoccata quando era portata in quel modo.
Nessuno. Seiji non era affatto in pericolo.
Seiji si sedette lentamente sulla sedia, intrecciando le dita in grembo.
"E' questo, allora. Sono *io* che sto facendo crollare il gruppo, non
è
vero? - Ryo sollevò il capo di scatto e fece per rispondere qualcosa ma non
fece in tempo - Hai visto come abbiamo combattuto? Io sì. E non è così
che
si combatte, Ryo. Dopo tutto lo sai anche tu, non hai bisogno che te lo dica
io. Bisogna . . prendere provvedimenti."
Ryo scosse il capo posandosi una mano sulla fronte.
"Seiji, che provvedimenti? Andrà tutto bene. Basterà solo darci
tempo."
Lo sentì scuotere il capo ma non ebbe il coraggio di guardarlo. La sua voce
era pragmatica, secca.
"Potrebbe darsi che non avremo il tempo. Non possiamo essere deboli,
non
nella nostra posizione. Non voglio essere causa di tutto questo per voi.
Stavi per rimetterci la pelle e non possiamo permetterci di perdere il
nostro capo durante una guerra così importante."
Ryo sbuffò, seccato.
"Ma possibile che non pensi ad altro che a questo! Seiji siamo uomini .
.
ragazzi! Possiamo mostrarci deboli ogni tanto! *Siamo* deboli!"
Lo sentì sospirare.
"Sei decisamente stanco e non comprendi bene di cosa si sta parlando.
Ho
voluto fare questo discorso adesso perchè non volevo che gli altri
sentissero. Il capo non dovrebbe mai essere messo sotto accusa apertamente
di fronte al resto del gruppo. - un sospiro, come se avesse ripetuto una
frase imparata a memoria, poi ritornò a ripararsi dietro il suo solito tono
distante, educatamente distaccato - Cerca di riflettere su quel che ti ho
detto e cerca anche di . . decidere per la mia posizione. Non possiamo
continuare così, io ne sono consapevole e non ti biasimerò, qualunque
decisione tu prenderai a riguardo."
^^^^^
Seiji entrò in casa sbattendo la porta.
Shuu si guardò intorno con fare allarmato mentre Shin si sbrigò a riporre
di
fretta la spesa che avevano appena fatto per vedere cosa fosse successo.
Quello non era normale. Anzi, era decisamente preoccupante.
Ryo infilò il capo nel corridoio per cercare di capirne di più ma, quando
lo
fece, l'ingresso era già vuoto. C'era solo il cappotto di Seiji
sull'attaccapanni che denotava il suo passaggio.
Due colpi secchi sulla porta di quella stanza. Seiji si scoprì a compiere
uno dei gesti più difficili di tutta la sua vita in uno stato tale di
confusione da non accorgersene quasi. Quei lunghi secondi che attese lì
fuori furono miracolosi, riuscirono a farlo ritornare padrone di sé, almeno
abbastanza per cercare di avere una discussione civile con Touma al posto di
prenderlo a schiaffi.
"Avanti."
Touma era seduto sul letto e stava sitemando le frecce. Una per una le
ispezionava con attenzione, si concentrava sulle ali della coda, sistemava o
cambiava le piume rovinate e poi controllava la punta. Era un lavoro lungo e
attento, durante il quale il suo volto assumeva un'espressione meravigliosa,
attenta ma in un certo qual modo rilassata. Un'espressione che aveva
imparato a conoscere e ad amare, un'espressione che ora non c'era.
Sollevò appena una rapida occhiata su di lui poi infilò la freccia nella
faretra e allungò una mano verso l'arco, pizzicando appena la corda. Ne
uscì
un suono dissonante, sgradevole. Gli aveva detto una volta che un arco
doveva essere accordato come una lira perché fosse un'arma degna di tale
nome e che nessun arcere almeno più che mediocre avrebbe lasciato cantare
la
propria arma con una voce sgraziata.
"Che vuoi? Oltre a graziarmi della tua splendida vista, ovvio."
Sarcasmo. Ma a questo era abituato, a questo era pronto. Lo ferì
l'amarezza,
la solitudine che lesse dietro a quelle parole, ma ora . . ora non aveva
tempo per *quello*.
"Sono stato in ospedale."
Non riusciva neppure a farsi uscire la voce per parlare. Dovette prendere un
lungo respiro per cercare di calmarsi.
"E allora? Dovrei ancora preoccuparmi per la tua salute? Non mi avevi
lasciato?"
Seiji chiuse gli occhi poi eliminò i due passi che lo separavo dal luogo in
cui stava seduto Touma. Lo fissò cercando di sembrare duro, deciso, anche
se
il cuore gli faceva male, ed era pesante come un macigno. Quanto avrebbe
voluto abbracciarlo, e farsi consolare, quanto avrebbe voluto sentire il suo
calore, e le sue braccia che lo stringevano come sempre, confortandolo,
tenendolo al riparo da tutto. Quanto avrebbe voluto essere al suo fianco . .
deglutì l'amarezza. Non era il momento di farsi prendere dallo sconforto.
Si
drizzò lasciando che la paura prendesse un po' più piede dentro di se'.
"Non della mia salute, ma della *tua*! Non sei andato a fare gli
esami."
La sua espressione era divertita ma salda, dura. Era furioso, Seiji lo
poteva sentire sulla pelle e nell'aria che respirava.
"E a che nome vieni a chiedermelo? A te che importa?"
"Non essere stupido, Touma. M'importa, certo che mi . . "
"Taglia corto, bello! - si alzò in piedi dandogli al schiena. - Il
fatto che
molto probabilmente *tu* mi abbia trasmesso chissà cosa non ti da il
diritto
di infilare il naso nei miei affari, ok? Gli esami non li ho fatti perché
non avevo voglia di farli, e non li farò. Punto. Se la cosa ti garba, bene,
se no adeguati perché è così comunque."
Seiji si sentì ghiacciare il sangue nelle vene. Fu come se qualcosa gli si
rompesse dentro, un argine che aveva sempre creduto invalicabile ora si
ruppe, il terrore lo avvolse in ondate dense e oscure, la colpa e la pena e
la paura per lui divennnero un tutt'uno, mischiandosi in un immenso gorgo
dalle acque malsane che gli impedivano anche di respirare.
"Non . . non puoi comportarti così per . . per ferirmi, Touma. Stai
facendo
del male a te stesso."
"Ferirti? - il suo ghigno era un taglio sbieco su un volto pallido - Ma
chi
ti credi di essere? Non sei il centro del mondo, sai? Scendi dal tuo
piedistallo, per prima cosa. Non sono un bambino, quando scopavamo sapevo
come funzionavano le cose e avrei potuto fare attenzione anch'io. Se non
l'ho fatto . . bhè, tutto quello che mi sono preso vuol dire che me lo
meritavo per essere stato tanto coglione."
Si diresse verso al porta aprendola di colpo. A Seiji pareva di stare
vivendo un incubo, era come se Touma fosse in piedi su di un crepaccio e
stesse per buttarsi giù e lui, per quanto facesse o dicesse, non riusciva
non solo a dissuaderlo, ma anche a trattenerlo. Gli scivolava via dalle dita
come se fosse stato di nebbia.
"Dannazione, Touma, aspetta! Non puoi . . "
"Non posso cosa? Ok, damerino, allora finiamo il discorso. Quello che
ti ho
detto era quello che riguardava me, per quel che riguarda *te* . . - gli piantò gli occhi nei suoi artigliandogli una spalla e sibilandogli le
parole
direttamente nell'orecchio- . . per quel che riguarda *te*, Seiji, mi auguro
davvero che tu ti sia preso qualcosa di abbastanza grave che ti faccia
crepare nel giro di uno o due mesi, perché se così non fosse, perché se
mi
avessi fatto *questo* per una stronzata, ti giuro che rimpiangerai di non
essere malato. E adesso esci dalla *mia* stanza!"
La mossa fu brusca e inaspettata. Seiji aveva ancora il cervello ghiacciato
su quello che Touma gli aveva detto e quasi cadde lungo il corridoio quando
l'altro ve lo spinse di malagrazia, chiudendolo fuori con una porta sbattuta
e null'altro che un'occhiata carica d'odio. Razionalmente se l'era
aspettato. Era abbastanza ovvio intuire che Touma non avrebbe *capito*,
avevano un modo di amare molto diverso l'uno dall'altro per cui era semplice
non accorgersi . . non interpretare i comportamenti dell'altro in maniera
corretta . . Seiji si chiese se anche le parole di Touma avessero nascosto,
da qualche parte un nocciolo d'amore, proprio come le sue, tempo prima,
quando avevano parlato. Era probabile di sì, solo che . . solo che
dannazione, ora riuscivano solo a fare del male. E l'idea che,
probabilmente, facevano più male a Touma che a lui non riuscì a
consolarlo.
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