NOTE: dovrebbe essere un 'seguito' di Fili
Intrecciati, spero che sia abbastanza comprensibile anche per chi non l'ha
letto. Se volete un riassunto sono a disposizione.
E poi i personaggi non sono miei, non mi appartengono, e mi diverto solo un
sacco a infilarli in queste situazioni assurde!
Fuoco oscuro
di Dhely
Parte 2/?
La
cena fu una tortura inimmaginabile. Ryo per tutto il tempo non sollevò il
capo dal piatto dove affrontava il cibo come se quest'ultimo gli avesse
fatto un affronto personale; Touma aveva uno sguardo pieno di cupe ombre
irritate che, a momenti alterni, si smarriva dietro pensieri lontani per poi
ritornare a mettersi a fuoco su Seiji; Shuu borbottava infelice e
innervosito da quella strana atmosfera che lo circondava e Shin provava
tutta quell'agitazione direttamente sull'anima sentendosi come su una
graticola.
L'unico da cui non riceveva nulla che si potesse anche solo lontanamente
collegare al nervosismo era Seiji . . da lui spirava, in onde concentriche,
un gelido riserbo, un'algida indifferenza nei confronti del resto del mondo
come se fosse tutto concentrato su se stesso. Non che Shin fosse certo che
quella fosse una buona cosa . . quando gli avevano domandato di come fossero
i suoi esami medici, aveva risposto con la pacata, condiscendente
indifferenza con cui chiunque altro avrebbe risposto a un saluto tiepido da
parte di un lontano conoscente, niente di più, né una parola, né un
gesto, né un accenno, solo un: "tutto bene, grazie."
Shin si domandò se avrebbe dovuto iniziare a preoccuparsi davvero quando lo
vide alzarsi in piedi con ancora quasi tutto il cibo nel piatto affermando
che aveva finito ma si strinse nelle spalle sentendo il respiro tremolante
che sfuggì dalle labbra di Ryo. Anche in lui c'era qualcosa che non andava
e, vista la fretta di Touma nel seguire Seiji decise che era meglio che
prima risolvesse i problemi che gli mordevano il cuore e poi, magari dopo,
avrebbe chiesto spiegazione a loro.
Sparecchiò scuotendo appena il capo rispondendo con un piccolo sorriso allo
sguardo contrito di Shuu. Era da settimane che lui e Ryo dovevano parlare,
era inutile continuare a prendersi in giro . .
^^^^^
Per tutto il tempo che avevano trascorso da soli in macchina non aveva
aperto bocca e a tavola non era stato da meno. Touma aveva ben chiaro che
Seiji non fosse quello che si potesse considerare un tipo molto loquace, ma
era ovvio che ci fosse qualcosa che non andava. E non riusciva a pensare
nulla di buono.
Lo guardava dallo stipite della porta, mentre il suo compagno era in stanza,
fermo davanti alla finestra, le mani affondate in tasca, le spalle ritte
come se stesse per affrontare un mortale nemico. I suoi capelli chiari
scintillavano in maniera incredibile in quella luce sbieca che a Touma quasi
feriva gli occhi.
"Seiji . . "
Lo vide annuire in silenzio.
"Sì, dobbiamo parlare. - la sua voce era appena un sussurro ma salda e
dura come un diamante. Era da . . da un sacco di tempo che non lo sentiva
così - Ti spiace chiudere la porta?"
Touma fece come gli era stato detto con il fiato che faticava ad uscirgli
dalla gola. Sentiva pensieri di malattie, infermità, ricordi di ospedali e
il suo viso, quel viso bellissimo, bianco e perfetto nascosto sotto una
maschera da ossigeno salirgli alla mente ma riuscì a scacciarli
rapidamente.
Non era quello il momento né il luogo adatto per piombare nella malinconia.
Si sedette con un sospiro sul letto che dividevano da . . da abbastanza
tempo per dirlo davvero 'loro' e cercò di mostrarsi tranquillo.
"Allora, cosa non mi hai detto?"
Seiji non si mosse, non sembrava l'avesse neppure sentito.
"Martedì prossimo alle due del pomeriggio hai un appuntamento con il
dottore che hai visto oggi."
Touma saltò a sedere.
"IO?! Ma che centro . . "
Gli occhi di Seiji che si piantarono nei suoi gli fecero smorzare tutta
l'energia che aveva in corpo. Erano . . due superfici riflettenti.
Bellissimi, dal colore cangiante, profondo, limpido, ma non permettevano di
vedere cosa ci fosse sotto. Cosa . . cosa era successo a quelle meravigliose
ametiste piene di vita che lo avevano sempre incantato? Una mano bianca,
diafana, sottile si sollevò nell'aria, tra le dita teneva un foglio di
carta che appoggiò sul comodino, l'unico oggetto a metà strada fra di
loro, fra la finestra e il letto.
"Per quello."
Seiji lo fissò tendersi piano verso il referto medico e lo vide leggere e
rileggere e leggere di nuovo come se le lettere non formassero delle parole
che era in grado di capire. Quando sollevò il volto verso di lui, Touma era
assolutamente confuso.
"Scusa se non capisco . ."
"Sono io quello che deve chiedere scusa, Touma. - Chinò il capo per
poi voltarsi di nuovo verso la finestra. - Io . . potrei essere malato, lo
sai?"
Touma strinse quel foglio di carta fra le mani.
"E' per questo che continuano a tenerti sotto controllo, lo so bene!
Solo che non . . "
Silenzio. La voce di Touma si ruppe.
Silenzio. Seiji poteva sentire il battito impazzito del cuore del suo
compagno tra di loro. Lui . . bhè, lui se mai aveva avuto un cuore, da
qualche parte, adesso era di certo immobile in una teca di ghiaccio. Doveva
dirlo . . *doveva* trovare il coraggio, era suo dovere, non poteva
comportarsi come un vigliacco, non . . Socchiuse gli occhi alla luce che
entrava sempre più pallida dal vetro che aveva di fronte.
"Sono stato un idiota. Dopo tutto quello che ho fatto non ho preso
alcuna precauzione nello stare con te. Devi fare quegli esami, Touma."
Touma sbattè un paio di volte le palpebre. Non è che non avesse sentito,
solo che comprendere quelle parole, in quel momento, gli parve decisamente
difficile. Seiji aveva utilizzato il suo tono glaciale da libro stampato,
non aveva avvertito nulla nella sua inflessione, né passione, né
tenerezza, né un'ombra di affetto . . e neppure . . preoccupazione. Niente.
E lui, quando voleva, sapeva trasmettere così tanto con la voce! Touma lo
sapeva bene. Di solito Seiji gli faceva dei lunghissimi, profondi discorsi
solo sillabando il suo nome, con l'inflessione, con il tono, con il modo con
cui accarezzava il palato nello scandire le lettere. Aveva imparato a
comunicare e a comprenderlo attraverso quei silenzi enormi che gli erano
propri, attraverso quelle piccole cose, quei minuscoli gesti, quei respiri,
quei movimenti . . che ora non c'erano.
"Ma tu . . tu stai bene!"
Non riusciva a pensare ad altro che Seiji magari era malato e non voleva
dirglielo, il resto . . bhè, del resto non gl'importava un accidente.
"Touma."
Basta. Nient'altro. Silenzio. Freddo. Vuoto.
"Io non . . non capisco . . "
"Hai in mano i miei esami, Touma. Lo *vedi* che non ho nulla, no?"
Solo una lieve inflessione di fastidio. Touma non riusciva a trovare la
forza per mettersi in piedi.
"E allora perché tutto questo . . casino?! Per degli esami che vanno
bene?!"
Seiji sospirò, chiudendo con forza gli occhi, cercando di escludere il
mondo, concentrandosi solo su quello che *doveva* dire.
"Certe malattie hanno tempi di incubazione abbastanza dilatati nel
tempo. E io *potrei* essere malato. Se lo fossi . . potresti essere malato
anche tu."
Touma cercò di deglutire ma i muscoli della gola non sembravano per nulla
intenzionati ad ubbidirgli. La faccenda era abbastanza chiara: tre frasi,
una principale, una correlativa e una ipotetica. Si sarebbe potuto
lanciare nell'analisi logica delle parole o delle frasi, avrebbe potuto
sillabarle o metterle in rima o farci un cruciverba o . . ma l'idea che
Seiji, in qualche strano, arcano modo potesse essere *malato*, no, quello
non riusciva ad assimilarlo.
"Tu . . la tua armatura ha poteri taumaturgici! Nelle battaglie contro
i demoni bastava che imponessi le mani e le nostre ferite . . "
Il capo biondo si chinò un poco, annuendo in maniera elegante. Perché dire
quello che andava detto era così difficile?
"Sì. Ma non posso curare me stesso."
Silenzio. Touma sentiva freddo e anche se a Seiji piaceva che nella propria
stanza non ci fosse una temperatura troppo alta sapeva che non avrebbe
dovuto sentire i brividi nelle ossa. Non faceva *così* freddo. E poi gli
faceva male un punto preciso nel costato, abbastanza sulla sinistra,
sembrava che il cuore avesse un crampo. Il cuore è un muscolo, può avere
un crampo?
"Seiji . . "
Era solo . . quello che *doveva* dire.
"Touma, pensavo che forse sarebbe meglio che io ritornassi a dormire
nella mia vecchia camera."
Punto.
Touma ringraziò il cielo di essere già seduto perché era certo che,
altrimenti, sarebbe piombato lungo disteso sul pavimento. Anche questa volta
il significato gli sfuggiva ma il tono . . dio il tono! Era come una
fucilata in pieno petto, una scudisciata sul viso. Nessuna esitazione,
niente crudeltà, il lavoro di un professionista: morte rapida e nessuna
agonia.
Ci mise quel che gli parve una mezza eternità a rimettere insieme i
pensieri e uno straccio di capacità di esprimersi ma quando lo fece si
accorse che Seiji non era più di fronte alla finestra. Stava aprendo
l'armadio. Chissà per fare che? La risposta che stesse prendendo i suoi
abiti per andarsene davvero lo sfiorò ma lui la cacciò via come una mosca
molesta. Non poteva!
Insomma erano . . erano insieme! Era il suo ragazzo, si amavano . . e
dannazione poteva cascare il mondo ma di questo era certo! Era assolutamente
certo che Seiji l'amasse . . e allora perchè quello sembrava tanto un
addio?
Sembrava un addio semplicemente perchè aveva a che fare con uno come Seiji,
con uno che per dire quel che pensava di una cosa doveva essere torturato a
morte, e a volte, non bastava neppure quello . . perché Seiji l'amava . .
vero che l'amava? Oh, certo, certo! Touma si corrucciò, più spaventato di
quanto riuscisse ad ammettere anche a se stesso e gli pose una mano sul
braccio.
Lo vide appena voltare il capo, sotto le dita la stoffa della camicia gli
faceva quasi il solletico, ma quel volto immobile e inespressivo gli bruciò
l'anima.
"Seiji, non dire sciocchezze."
Abbassò il capo a fissare l'interno del suo cassetto, immacolato in quel
suo solito perfetto ordine, senza tradire una qualsiasi altra emozione.
"Non è una sciocchezza."
Touma lo obbligò a voltarsi.
"Guardami in faccia, Seiji. - cercò di essere duro, cercò
disperatamente di suonare convinto, deciso, si sforzò di comportarsi come
se gli stesse urlando che, comunque, non gli avrebbe mai permesso di
andarsene. - Hai ragione, non è una sciocchezza, è una stronzata. Cosa
cambierà se te ne vai a dormire da qualche altra parte? O credi che . .
basti al tua sola vista per . . per attaccarmi chissà cosa! Non fare il
bambino!"
Seiji non mutò espressione. Granitica, indecifrabile, impossibile.
"Ho già fatto l'irresponsabile, Touma, peggio di così non potrei
fare."
Peggio? Peggio! Certo che puoi fare 'peggio', brutto coglione senza cuore!
Potresti farmi *questo*! Potresti lasciarmi! Non credi che questo sia
peggio?!
Touma lo pensò con tanta foga che per un attimo si domandò se non
l'avessero sentito tutti quanti, tramite il legame che li univa. Anche se
così fosse stato Seiji non diede segno di essersi accorto di quei pensieri.
Non che Seiji non si fosse reso conto di nulla. In tanti e per molto tempo
l'avevano accusato di essere un insensibile, un bastardo dal cuore di
pietra, un egocentrico. Questo non significava che non si scorgesse delle
cose, significava solo che si comportava come uno stronzo. Avrebbe sorriso
se avesse potuto permetterselo . . e non poteva perché, se l'avesse fatto,
sarebbe crollato tutto. *Lui* sarebbe crollato, e si sarebbe buttato fra le
braccia di Touma e avrebbe pianto fino a sentirsi male, fino a svenire, e lo
avrebbe sommerso con la sua paura, con la sua angoscia, con il suo terrore .
. poteva sopportare tutto. Era stato cresciuto e preparato per essere pronto
a fronteggiare qualunque cosa, anche una malattia cronica, dolorosa, atroce,
mortale, ma non avrebbe mai potuto sopportare l'idea di aver condannato la
persona che amava per una sua mancanza. E mostrargli la sua debolezza, ora,
era caricarlo di un peso ulteriore, dopo tutto quello che gli aveva fatto.
Non gli serviva molto tempo per capire cosa stava pensando e provando Touma;
non era mai stato difficile, per nessuno dei due, sapere cosa stesse
passando nella testa e nel cuore dell'altro, c'era sempre stata una naturale
sintonia, una trasperenza che Seiji non aveva mai provato nei confronti di
nessun altro. Aveva degli occhi così belli . . si chiese se gliel'avesse
mai detto, quanto quegli occhi che sembravano le remote profondità dello
spazio gli piacessero. Credeva sinceramente di no, era sempre stato
difficile per lui dire quello che vedeva chiaramente dentro di sé. E ora
quegli occhi profondi erano tormentati, pieni di paura, e gli stavano
chiedendo . . un gesto, di dimostrargli che l'amava, nient'altro . . Touma
era sempre stato così incredibilmente fragile, così insicuro sotto quella
sua scorza di cinica sicurezza che mostrava al mondo. Un gesto? Ma certo che
ti amo, Touma, solo che . . Seiji piegò appena un poco le labbra in un
gesto amaro.
"Seiji, smettila!"
Touma l'aveva preso per le spalle in un moto d'ira, ora lo teneva ancora così,
ma il suo tocco si era fatto più gentile anche se la stretta era sempre
forte. Lo tirò vicino, lo vide socchiudere gli occhi, dischiudere appena le
labbra, il suo profumo lo avvolse, il battito del suo cuore era un rumore
gentile di sottofondo come meraviglioso era l'affetto che si spandeva da
lui. Se si fosse permesso di chiudere gli occhi, se si fosse permesso di
lasciarsi andare sarebbe stato così bello farsi consolare in
quell'abbraccio e in quel bacio che sembrava poter cancellare ogni cosa solo
con la sua promessa . . ma . .
"Non baciarmi."
Ma lasciarsi andare era crollare. Lasciarsi andare era cedere. Lasciarsi
andare era . . lui non ne era capace.
Vide Touma spalancare gli occhi, sbigottito, spaventato, preoccupato, mille
pensieri solcargli al mente e la pelle poi un'espressione ferita sul fondo
di quegli occhi.
"Cosa . . "
Seiji si scosse dal suo abbraccio, troppo caldo, troppo invitante.
"Non toccarmi Touma."
Un passo indietro. Potè sentire chiaramente il cuore di Touma creparsi come
un cristallo troppo fragile. Il suo, invece . . bhè, di solito i blocchi di
ghiaccio non è che possano soffrire più di tanto.
Un altro passo. Si voltò verso l'armadio, in silenzio e affondò le dita
nelle sue cose. Non voleva che vedesse che gli tremavano le mani. Che il suo
controllo stava per tradirlo. Che . .
Un ringhio alle sue spalle e, quando Touma riprese a parlare, il suo tono
sferzante e cinico fu quasi benvenuto.
"Bene, allora è così? Tu potresti aver preso dio-solo-sa-cosa e
continui a fare il sostenuto e sei pure infastidito perchè io sono
preoccupato? Scusa se dimenticavo che il superuomo qui non ha mai avuto
bisogno di uno come me!
Bhè, lo sai una cosa, spero che ti troverai bene a ritornare nella tua
stanza pidocchiosa! Chi diavolo ha bisogno di te, se non per prendersi
l'AIDS?"
La porta della stanza si schiantò letteralmente sui cardini, sbattuta con
una forza tale che nella villa tremarono anche le mura portanti. Seiji
chiuse gli occhi, inghiottendo le lacrime, cercando di trattenere il dolore,
la compassione, la solitudine, la paura, la tentazione di corrergli dietro
chiedendogli scusa . . scusa perché ti amo e non lo so dimostrare e non te
lo so mai dire e non riesco mai a spiegarti che se faccio certe cose è
perché voglio proteggerti da *me* . .
Si voltò verso il letto su cuoi appoggiò un paio di magliette chiare.
"Ti prego, Touma, ti prego . . vai a farli, gli esami . . ti prego . .
"
^^^^^
Ovviamente l'urlo mentale di Touma fu udibilissimo per tutti gli altri tre
suoi amici, ma lo schianto della porta, vista l'intensità e la forza
messaci, si sentì fin giù in città. Shuu non si stupì neppure un po' a
vedere Touma fare le scale due gradini per volta, strappare la giacca
dall'attaccapanni e grugnire un qualcosa di inintellegibile prima di
catapultarsi fuori da casa. Pensò che forse sarebbe stato meglio se avesse
cercato di fermarlo, dopo tutto l'idea che si mettesse a cavallo della sua
moto in quello stato non era delle immagini più rassicuranti che potessero
solcargli la mente, ma era decisamente una cosa più grande di lui,
probabilmente più grande di tutti loro. Incrociò le braccia sul petto.
Erano amici, e sperava che per loro fosse chiaro che lui era sempre lì a
disposizione, anche se non possedeva l'intuito sottile di Shin, o
l'intelligenza di Touma, la rettitudine di Seiji, la spontanea bontà di Ryo
. . bhè, l'unica cosa che sapeva di poter fare era esserci. E si augurò
che fosse abbastanza.
Vide Shin stringersi appena nelle spalle, un visino così spaurito che
sembrava quello di un cucciolo smarrito in mezzo a un uragano, alle sue
spalle Ryo era appoggiato allo stipite della porta della cucina da cui erano
appena usciti, e aveva un'espressione tanto tormentata che Shuu iniziò a
sentirsi davvero frustrato.
Cosa diavolo stava succedendo a tutti?
Ryo scomparve al piano di sopra, dopo pochi minuti l'acqua della doccia
iniziò a correre sopra le loro teste e Shin si permise di scivolare sul
divano al suo fianco. Era sul punto di piangere, si vedeva lontano un miglio
. . Shuu si voltò verso di lui, abbassando i toni del televisore e iniziò
a sfiorargli il capo.
"Shin?"
Il ragazzo strinse gli occhi con forza, poi cercò di soffocare un
singhiozzo, e un altro, e un altro . . Fino a che non si lasciò sprofondare
nell'abbraccio del suo amico. I singhiozzi erano bassi e ritmati, quasi
gentili. Non disse niente, era semplicemente agrappato a lui come se fosse
la sua unica ancora di salvezza. Tremava in maniera così violenta che Shuu
pensò sarebbe morto . . gli si sarebbe infranto fra le braccia e lui non
avrebbe potuto farci nulla . .
Lunghi, interminabili minuti, fino a che il ragazzo si calmò un poco e,
anche se continuava a singhiozzare col capo affondato nella maglietta
dell'altro, parve almeno riprendere a respirare.
"Scu . . scusami Shuu . . "
Il suo vocino suonava così afflitto che Shuu ebbe chiarissimo il desiderio
di salire le scale di corsa e spaccare la faccia a quel coglione di Ryo per
aver fatto a Shin una cosa del genere. Non seppe mai dire grazie a chi o a
cosa, ma si fermò in tempo. Si limitò a sorridere.
"Scusarti per cosa, scricciolo? Siamo amici io e te, se sei giù e hai
bisogno di me io sono qui. Non devi avere paura. Sono qui."
Vide quegli occhi verdi cerchiati pesantemente di rosso sollevarsi verso di
lui ed un'enorme gratitudine esplodergli dentro. Si mise a sedere passandosi
il dorso della mano sulle guance e accettò il fazzoletto di Shuu con lo
spettro di un sorriso.
"Lo so . . e non ti ho mai . . ringraziato per questo."
Sembrava sempre triste, ma molto meno disperato di prima, la cosa gli parve
già un passo avanti. Shuu sapeva di essere quello che si poteva definire
una persona semplice. Lui amava i suoi amici e voleva che fossero felici,
quando qualcuno faceva loro del male era sempre fortemente tentato
dall'eliminare la causa di quel dolore. Aveva imparato che, a volte, ci si
faceva male anche per troppo amore e che non poteva uccidere la persona che
aveva ferito Shin se quella persona era Ryo, visto che anche a lui voleva
bene. Ogni tanto, però, il desiderio di spaccare la faccia al loro
'intrepido capo' ce l'aveva . . eccome se ce l'aveva!
In battaglia era un dio, lo seguiva con fiducia e rispetto, credeva fosse
una persona buona, ma a volte era proprio un coglione! Ryo era riuscito a
far innamorare di sé Shin e adesso . . adesso . . lo faceva piangere in
questo modo? Shuu non riusciva a capire come qualcuno potesse fare di
proposito del male a Shin, eppure non riusciva a immaginarsi che Ryo non si
fosse accorto che lo stava facendo soffrire. Gli passò una mano gentile fra
quei riccioli folti.
"Oh sì che mi hai ringraziato, Shin, non sono così cieco da non
accorgermi di quando mi dici grazie senza parlare! - gli sorrise cercando di
essere tranquillizzante. - Se me ne vuoi parlare . . adesso o anche un altro
giorno. O anche mai, se non vuoi. Sarò sempre qui."
Si mise comodo al suo fianco e socchiuse appena gli occhi mentre appoggiava
il capo alla sua spalla con un sospiro profondo.
"Shuu . . sono stato fortunato . . sei . . sei il miglior amico che
avrei potuto desiderare . . - un sospiro, ma la sua voce non tremava più.
Pareva che il peggio fose passato - E' per Ryo che sto così. Ma credo che
l'avessi già capito."
Shuu annuì sorridendo.
"Bhè, non sono così scemo!"
La cosa riuscì a strappare una lieve risata a Shin.
"Non intendevo questo, Shuu, non l'ho mai pensato!"
"Lo so, lo so scricciolo. Ma adesso dimmi, devo andare su a dargliele o
è una di quelle situazioni in cui preferisci parlare a una persona ancora
tutta intera piuttosto che a una massa informe e sanguinolenta?"
Shin sollevò il capo di scatto, un'espressione così assolutamente
spiazzante che per poco Shuu non gli scoppiò a ridere in faccia, era a metà
fra lo stupito, l'indignato e il divertito.
"Sei sempre il solito!"
Lui si strinse nelle spalle, il fatto di sentire il suo amico rilassato e
quasi tranquillo fra le sue braccia per ora gli bastava. Fu stupito quando
lo sentì riprendere a parlare.
"Sì, è per Ryo . . credo che . . credo che abbiamo bisogno di una
pausa, io e lui. Lo sapevo da tempo solo che non avevo il coraggio . . di
parlargli intendo. Lui è sempre stato il più onesto e franco di noi."
Shuu corrugò la fronte.
"Forse siamo *tutti* un po' troppo sotto pressione, in questo periodo.
Prima tu e Ryo e insieme . . Non so cos'è successo su, prima, ma . . bhè,
avrai sentito anche tu. Non avrei voluto essere in quella stanza per nulla
al mondo. E se anche non sono mai riuscito a capire come quei due potessero
stare insieme, dall'altra parte non riesco a immaginarmeli separati. Se
capisci cosa voglio dire . . mi spiace, vorrei fare qualcosa . . "
Shin gli si accoccolò fra le braccia tirando su col naso per un'ultima
volta.
"Ma fai già tantissimo. Noi . . io . . ti vogliamo bene. Non so cosa
farei senza . . senza di te. ."
Shuu sospirò. Se non fosse stato tutto così dannatamente complicato! Ryo
che si era messo insieme a Shin e poi c'era stato quel bacio con Touma a
causa di Seiji e Shin che se n'era accorto ed era andato a letto con lo
spadaccino che poi era finito in ospedale e c'era mancato un pelo che lo
perdessero . . anche se non ci fossero stati i demoni da combattere
sarebbero riusciti a complicarsi al vita benissimo da soli, pareva.
Chinò appena il capo per aggiungere qualcosa, forse, o forse solo per
guardarlo, ma si accorse che s'era addormentato. Gli sorrise, gentile,
prendendolo fra le braccia.
"Non pesi proprio niente, scricciolo. E sarà ora che vai a dormire. Mi
sembri stanco e l'ultima cosa che ci manca è che si ammali il nostro cuoco
preferito."
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