NOTE: dovrebbe essere un 'seguito' di Fili
Intrecciati, spero che sia abbastanza comprensibile anche per chi non l'ha
letto. Se volete un riassunto sono a disposizione.
E poi i personaggi non sono miei, non mi appartengono, e mi diverto solo un
sacco a infilarli in queste situazioni assurde!
Fuoco oscuro
di Dhely
Parte 11/?
Shuu
aprì la porta d'ingresso con un gran sorriso e si stupì nel trovare tutte
le luci spente. Certo, non si aspettavano che ritornasse a casa così
presto, doveva stare via altri due giorni, ma quella era l'ora in cui Shin
lavava i piatti e Touma e Ryo litigavano sempre per il telecomando. Dove
diavolo erano tutti?
"Heiiii! C'è nessuno?"
Urlò ma la sua voce si perse nell'oscurità. Nessuno rispose. Strano,
potevano essere usciti, ma anche Seiji? Che si fosse messo a stare meglio?
Lo sperò intensamente. Comunque, qualunque cosa fosse successa avrebbero di
certo lasciato un messaggio attaccato al frigo, Shin non se lo sarebbe mai
dimenticato.
Accese la luce dell'ingresso e si tolse la giacca prima di dirigersi in
cucina. Per fortuna che aveva mangiato a casa dai suoi, aveva trovato un
traffico terribile per la strada! Bhè, certo, era sabato, e tutti i ragazzi
normali uscivano a divertirsi. Sbuffò seccato: lui non aveva nulla contro i
suoi coetanei che andavano a caccia di sottane al posto di combattere contro
l'Impero del Male per salvare il mondo, per carità, solo che, almeno, non
uscissero tutti insieme!
Sul frigo non c'era nulla. Né un post it, né un foglietto strappato, né
un pezzo della gazzetta dello sport scribacchiato. Niente. Fossero usciti di
corsa? Però se ci fosse stata qualche emergenza l'avrebbero contattato. E
per rimanere imbottigliati nel traffico durante la spesa era decisamente
troppo tardi.
Ma cosa . .
Un'ombra scura si allungò dall'ingresso, scendendo piano le scale. Non
faceva quasi rumore. Shuu sorrise, riconoscendo il proprietario.
"Seiji! Ma dove sono tutti?"
Uscì dalla cucina e se lo trovò davanti. Lo spadaccino scosse il capo.
"Sono usciti a fare la spesa poi mi hanno telefonato dicendo che
sarebbero stati fuori a cena."
Shuu sbigottì.
"Tutti e tre?"
Seiji annuì piano.
"Sembra. Se non hai ancora mangiato, Shuu, mi spiace ma dovrai
accontentarti, non c'è molto."
"No, no, ho mangiato a casa prima di partire. Ma tu . . tu sei . . - lo
guardò, gli sembrava più pallido del solito, e sicuramente aveva indosso
un'espressione infelice che non riusciva a nascondersi abbastanza bene
dietro la maschera di educata indifferenza che gli stava ritornando solita -
hai mangiato qualcosa?"
Si sentiva stranamente stupido, era come se stesse rubando il 'lavoro' a
Shin. Era lui quello che si preoccupava in quel modo!
"Non preoccuparti per me. Tu piuttosto, avevo capito che saresti stato
via per qualche giorno."
Shuu scosse il capo sentendosi stranamente in imbarazzo. Era nell'ingresso
della casa che divideva con i suoi amici, stava parlando con uno di loro, in
piedi, come se fossero due estranei a disagio, di passaggio. Arrivò a
chiedersi se non avesse dovuto invitarlo a sedersi. Ovviamente era assurdo,
Seiji era a casa propria tanto quanto lo era lui, eppure . .
"Mhm . . bhè, ho notato che a casa mi annoiavo e ho pensato che, visto
che i miei non avevano bisogno di me,sarebbe stato meglio tornare qui .
."
Seiji annuì in silenzio, poi si voltò con eleganza.
"Ritorno nella mia stanza. So che Ryo ha portato via il cellulare, se
vuoi raggiungerli basta che telefoni."
Scomparve in corridoio senza più una parola, senza più un gesto, Shuu sentì
freddo.
Era vero, avrebbe potuto telefonare, avrebbe potuto uscire. Avrebbe potuto
passare un po' di tempo sistemando la sua stanza che era un disastro oppure
coricarsi in sala a guardare la tv o giocare con la playstation, però Seiji
. . si passò una mano fra i capelli, sbuffando.
Da pochi giorni Shin gli aveva detto una cosa a cui non riusciva a non
pensare: Touma continuava ad avere incubi riguardanti Seiji che si suicidava
e, a sentire Shin, poteva darsi che il loro legame trasmettesse da uno
all'altro i pensieri che più lo tormentavano. Davvero Seiji stava
accarezzando l'ipotesi del suicidio? Ma andiamo! Seiji! Non stavano parlando
di . . bhè, insomma . . e adesso con che cuore lo lasciava da solo?
Ma perché dannazione gli altri se n'erano andati? A che pensavano? Seiji
non era in grado . . bhè, non sapeva se non fosse *in grado*, ma non gli
sembrava giusto. Erano diventati tutti matti, ecco.
Sospirò prendendo il coraggio per fare le scale e, ancor di più, per
bussare alla sua porta. Quando fu invitato ad entrare si chiese cosa avrebbe
mai potuto fare. Non era lui quello bravo a parlare, tanto meno a capire le
emozioni e l'umore degli altri. Soprattutto di Seiji! All'inizio, appena
conosciuti, non si sopportavano. L'aveva detestato a morte, lo poteva dire
senza problemi, quel suo modo di fare arrogante e saccente, quel suo
sguardo, quel suo continuo rinfacciargli di essere troppo impulsivo. . quei
suoi *cazzo* di occhi! Li odiava e odiava lui che si metteva addosso
quell'espressione!
Un'espressione simile a quella che aveva in quell'esatto momento. Ma solo
simile, non identica. C'era ora una stanchezza in lui, un'ombra che non
riusciva a nascondere, una spossatezza profonda, una tristezza che parve a
Shuu di riuscire a smorzare anche la luce che entrava dalla finestra.
Shuu ebbe improvvisamente paura.
"Cosa c'è Shuu?"
"Volevo . . parlarti."
Seiji chiuse il libro che aveva aperto sulla scrivania e gli indicò con un
gesto elegante della mano di venire pure avanti. Chiuse la porta alle spalle
con un sospiro abbastanza strozzato. In che casino si era ficcato?
"Prego."
"Senti, lo so che è strano, dopo tutto io e te non abbiamo mai parlato
tanto . . anzi, non abbiamo mai parlato, ma . . bhè . . volevo solo sapere
come . . come stavi e se c'era qualcosa che potevo fare . . per te . . o che
volessi dire a . . a qualcuno ma non sapevi . . "
Prese un respiro e si lasciò andare sulla sedia. Bene, era pur sempre un
inizio. L'importante era rompere il ghiaccio, no? Certo che con Seiji di
fronte, quello era un modo di dire piuttosto ambiguo, e anche piuttosto
forte . .
"Sto bene e, anche se è vero che io e te non abbiamo mai parlato, ti
ringrazio per il tuo interessamento. Non preoccuparti per me. Non ti starai
facendo scrupolo di uscire per colpa mia, vero? Ti assicuro che non ne vedo
alcun motivo."
Shuu intrecciò le mani in grembo con fare battagliero.
"Seiji, senti . . lo so che è una domanda stupida ma . . hai mai
pensato di . . ucciderti?"
Non avrebbe dovuto metterglielo giù in quella maniera! Oh dannazione che
casino! Seiji era il filosofo del gruppo, non avrebbe dovuto dargli un
argomento simile, per lui sarebbe stato facile confonderlo cercando di
convincerlo che, alla fine, stava rispondendo ad una sua domanda! Digrignò
appena i denti ma il suo amico stette in silenzio. I minuti passarono piano,
lentamente, scivolando tra di loro, mentre Shuu si sentiva sempre più
inquieto. Avrebbe voluto poter alzarsi e uscire sbattendo la porta dicendo
che si stava rompendo . . perché in effetti si stava rompendo, ma c'era
solo lui . . una terribile ondata di solitudine quasi lo fece affogare.
Seiji era da *solo* e aveva solo *lui* in quel momento . . perché gli altri
erano andati?
Seiji prese un profondo respiro prima di rispondere con tono elegante e
tranquillo, come se stesse raccontando delle vacanze lontane.
"Shuu, credo che esistano due specie di modi di rapportarsi alla morte.
Ci sono le persone che la allontanano dai propri pensieri per poter vivere
più felicemente e altri che, al contrario, si sentono più vivi e saggi
nello spiarla in ogni segnale che essa invia loro attraverso le sensazioni
del corpo o le fatalità del mondo esterno. Nessuno dei due credo che sia un
modo 'sbagliato' di rapportarsi con essa, e non vedo che problema ci possa
essere."
Shuu deglutì.
"Non è che mi frega se è giusto o no! Solo che sono . . siamo
preoccupati . . "
Incredibilmente lo sguardo di Seiji tremolò per un attimo come una candela
sottoposta a una corrente d'aria e poi abbassò lo sguardo. Non l'aveva mai
visto in una situazione simile. Non si era mai fatto vedere fragile.
"Non dovresti. E non dovreste. Vi ho mai dato un motivo serio per
preoccuparvi di me?"
Gli venne istintivo il desiderio di mettersi in piedi e dargli due sberle,
solo che, proprio in quel momento Seiji parve ritornare padrone di sé in
maniera perfetta, lo fissò asciutto e amaro e anzi, anche un po' seccato.
Di fronte a un Seiji così Shuu non sapeva in coscienza cosa fare.
"Non è la questione! E' che tu non mi hai risposto!"
La tecnica diretta era quella che gli veniva meglio . .
"Sì, Shuu, ho pensato al suicidio rituale. Ho pensato a come sarebbe
morire, cosa potrebbe esserci dopo la vita. Ho pensato al freddo e al vuoto.
Ho pensato a cosa avrei mai potuto percepire, *se* ci fosse la possibilità
di percepire qualcosa. Ti basta come risposta?"
Seiji non sembrava neanche un po' seccato. Andiamo, una minima traccia di
sentimento . . qualcosa . . dannazione, qualsiasi cosa!
"Tu . . hai *davvero* pensato ad ammazzarti?"
Seiji lo guardò e gli sorrise appena, gelido.
"Ti ho detto che ho pensato di morire. In fondo sono un samurai,
combatto, combattiamo . . tu non hai mai pensato a quello che succederebbe
se uno di noi portasse malamente un attacco? O se non alzassimo abbastanza
la difesa di fronte a un nemico?"
Lo fissò cercando di non mostrare quanto fosse preoccupato. Quanto fosse
terribilmente preoccupato. Seiji stava giocando con lui, gli diceva una cosa
e ne nascondeva cento, manipolava le parole, mascherava . . no, nessuna
maschera. Seiji era così. Almeno, appena conosciuti era così. Chi diavolo
era lui per pretendere che cambiasse? Come poteva esigere che gli dicesse
certe cose? Bastava la sua preoccupazione, alimentata da un sospetto di Shin,
per fargli certe domande?
"Non . . non ci farai una cosa del genere, vero? Voglio dire . . "
Seiji era serio. Il suo volto era assolutamente immobile, niente ad
attraversarlo, una porta su cui fosse scritto a caratteri cubitali 'vietato
entrare'. Shuu aveva paura.
"Non preoccuparti, non verrò meno al mio impegno con voi."
Shuu sentì crollare ogni velleità combattiva, non ce la faceva. Era certo
di stare fissandolo come se avesse avuto di fronte un marziano e che avesse
parlato in chissà che lingua. Non lo capiva. Avrebbe dovuto saperlo, lui e
Seiji erano sempre stati su due pianeti ai margini opposti della galassia .
. in fondo gli aveva detto che non si sarebbe ammazzato, no? Eppure perché
non riusciva a tranquillizzarsi? Perche non . . oh dio . . non si fidava!
Seiji era un suo compagno. Gli aveva messo innumerevoli volte la propria
vita fra le mani ed era certo che avrebbe continuato a farlo ma ora, al di
fuori del campo di battaglia si scoprì a non fidarsi delle sue parole. Era
sbagliato. Era tutto dannatamente sbagliato. Perché non c'era Shin, lì?
Lui avrebbe saputo cosa dire, di certo! Anche Ryo, sì, per non parlare di
Touma, ma lui . . lui non lo sapeva.
Si strinse le mani scuotendo il capo, avvilito.
^^^^^
Freddo. Aveva sempre freddo in quel periodo. Strano, vedeva la gente intorno
iniziare ad andare in giro con la giacca semplicemente appoggiata alla
spalla, le prime maniche corte stavano comparendo negli armadi, eppure lui
aveva freddo.
Scosse il capo. Era tutta una questione di testa, poteva sopportare il gelo,
nudo, senza sentire dolore, poteva benissimo fingere di stare bene. Fingere,
già. Nessuno se ne accorgeva quando mascherava i suoi pensieri e le proprie
emozioni, gli credevano sempre, a parte i suoi compagni. Loro lo conoscevano
da anni . . anni in cui avevano condiviso così tanto che era difficile far
credere loro qualcosa che non c'era.
Ma ora era da solo, non doveva preoccuparsi di nessuno di loro, non doveva
preoccuparsi del fatto che, forse, loro lo conoscessero meglio di quanto si
conoscesse lui stesso. Stava bene così, distante, lontano da tutti, stava
bene, sì.
Gliel'aveva detto anche il medico, gli esami andavano bene. Poi le solite
raccomandazioni. Chissà cosa avrebbe detto se avesse saputo che non si
metteva neppure più a *parlare* con qualcuno? Avrebbe riso? O forse gli
avrebbe detto che era esagerato? La sua psichiatra gli avrebbe detto che era
depresso e gli avrebbe prescritto degli altri psicofarmaci. Ma non aveva
tempo, né voglia per questi. Aveva mentito anche lì, e aveva mentito tanto
bene che gli avevano diradato le visite.
Stava bene. Aveva solo freddo.
Il trucco? Convincersi davvero di stare bene, non comportarsi come se gli
altri dov'essere credere a un qualcosa che si sapeva menzogna, no, ma
crederci. Seiji ci credeva?
Non lo sapeva. Aveva freddo.
La carta su cui erano stampati gli esiti dei suoi esami gli premeva sulla
mano in tasca e si rifiutò di pensare ad altro. A qualsiasi altra cosa.
Concentrò la sua attenzione sul gelo che sentiva dentro, finchè non diventò
un nucleo di dolore mordente, un qualcosa che raggiungeva la soglia
dell'insopportabile. Sospirò sollevato. Contro quello riusciva a uscire
vittorioso. Con quello sapeva come comportarsi.
Immerso in quei pensieri non si accorse del ragazzo che veniva lungo il
corridoio, nel senso opposto al suo. Lo vide solo quando l'altro,
incrociandolo, gli urtò malamente la spalla.
Seiji si scosse cercando di recuperare una specie di sollecito interesse
preoccupato.
"Mi scusi. Ero sovrappensiero."
Si ritrovò di fronte un ragazzo, i capelli neri come ali di corvo, occhi
scuri, profondi come due pozzi senza fondo, il fisico perfettamente scolpito
da ore in palestra e un viso forte, gli zigomi alti e un'espressione torva e
tormentata. Qualcosa scattò dentro la mente di Seiji. Lo conosceva? Bhè,
quell'ala della clinica era riservata alle malattie abbastanza poco diffuse,
e croniche, era facile che l'avesse incrociato in corridoio, non aveva
voglia di riflettere troppo su . .
"Mi scusi lei, non guardavo dove mettevo i piedi."
Anche lui si fermò a fissarlo. Strano. Seiji distolse lo sguardo,
voltandosi. Non aveva null'altro da dirgli. Lo sconosciuto gli sfiorò una
spalla.
"Seiji? Seiji Date? Sei davvero tu?!"
Si voltò di colpo. Chi diavolo . . poi come uno squarcio. Un tipo che aveva
conosciuto un pomeriggio mentre era fuori con Touma. Un qualcosa gli fece
sanguinare il cuore ma fece finta di nulla.
"Sì . . ma il tuo nome . . "
"Nik, mi chiamo Nik. Da quanto tempo. E che posto poco . . gradevole
per reincontrarci!"
Lo vide sorridere, lui si limitò a scuotere il capo. Non aveva proprio
voglia di lasciarsi andare alle pubbliche relazioni, tanto meno con uno che
continuava a fargli ritornare in mente Touma.
"Già. - si guardò le spalle con un sospiro - Devo andare, Nik. Mi
spiace ma mi stanno aspettando . . "
Lo vide annuire in silenzio, poi un altro sorriso.
"Posso accompagnarti alla macchina? E' da così tanto che . . bhè, . .
non vorrei darti fastidio . . "
Seiji sorrise, freddo, distante. Avrebbe voluto mandarlo a quel paese. Non
voleva *parlare* con nessuno, dannazione, e non voleva neppure vedere
nessuno, non gliene fregava niente di quel Nik e . .
"Nessun fastidio."
S'incamminarono piano, Seiji avvolto nel suo solito silenzio addizionato a
un'indifferenza fredda venata di fastidio. Voleva restare solo, e non voleva
che quel tizio iniziasse a parlare di . .
"Pochi giorni fa ho incontrato Touma in un ristorante, te l'ha
detto?"
Appunto.
"No, non lo sapevo."
"Mi ha detto che vi siete lasciati. Mi spiace molto."
Seiji sollevò appena un sopraciglio scuotendo appena il capo. Ma perché si
era messo a raccontargli gli affari suoi? Touma era forse impazzito? Non gli
pareva che si fossero stati immediatamente simpatici, quei due, eppure, a
quanto pareva, l'aveva fatto partecipe di una notizia molto privata. A meno
che Touma non la vedesse così, a meno che per lui non fosse importante . .
come poteva crederci?
"Già. - gli scoccò un'occhiata vuota - E Tokichi? Il tuo amico?"
Lo avvolse un sorriso trionfante, che in un attimo si ruppe, diventando
amaro, soffuso di . . di qualcosa di strano, qualcosa di viscido e
fastidioso.
"Tokichi . . - un sospiro, s'infilò le mani in tasca - Tokichi è
morto due settimane fa."
Seiji si trovò a registrare la notizia con una strana angoscia nel cuore.
Nik stava parlando come se dovesse stare male, ma c'era qualcosa che non
andava . . Seiji si strinse nella giacca. Il freddo era improvvisamente
aumentato.
"Mi spiace. Non ne avevo idea, non sembrava malato."
Lo vide scuotere il capo poi gli passò una mano su un braccio,
trattenendolo.
"Già, è sempre stato così forte . .- chinò il capo lasciando che un
ciuffo di capelli gli nascondesse gli occhi. - E' sempre stato il più forte
fra i due . . "
Un suono strano, un singhiozzo, forse, e Seiji sentì quel corpo sconosciuto
premuto contro il suo, quel capo premuto sulla sua spalla, quella schiena
che tremava. Odiava essere toccato! Riuscì, solo grazie al suo
autocontrollo, a trattenersi dallo scrollarselo via di dosso. Mosse appena
un mezzo passo indietro e lo allontanò gentilmente.
Era morto il suo compagno e lui lo trattava così . . avrebbe dovuto essere
più tenero. Non tutti potevano essere impassibili di fronte al dolore, non
tutti potevano credere che sarebbe stato meglio morire prima di mostrarsi
così deboli di fronte al mondo.
"Nik sono mortificato, non volevo . . "
Lo vide scuotere il capo.
"Non lo sapevi, solo che . . bhè, se sei qui, lo sai come funzionano
certe cose."
Seiji si sentì la gola stringersi come in un nodo.
"Era malato di . . "
La sua voce inciampò di fronte al silenzioso annuire di Nik. Quando quegli
occhi neri si piantarono nei suoi erano stranamente luminosi, ma Seiji non
ci fece troppo caso, era ghiacciato dal terrore. Un terrore che gli
sussurrava dentro parole allucinanti.
"Sì . . lui . . è stato lui . . "
*E' stato lui*. Seiji si sentì morire. Quella frase gli rimbalzò dentro
confondendogli tutti i sensi, prima che riuscisse davvero a capirlo, la sentì
nel cuore, fredda, ghiacciata, con terribili artigli che affondavano
nell'anima. Nik . . Nik era come Touma.
Cosa rispondergli? Che parole tirare fuori dalle labbra per uno in una
situazione simile? Come poteva anche solo pensare di potergli dire qualcosa?
Scosse il capo.
"Non posso dire di sapere cosa stai provando, io . . "
Silenzio, di nuovo. Di nuovo quella mano addosso, la sensazione folle di
scappare, di andarsene poi il dolore estremo, lancinante che per un attimo
gli tolse addirittura la vista.
"Ehi, fa niente . . solo che . . sei qui per . . per qualcuno o per
te?"
Seiji scosse le spalle, questo era facile, per sé non aveva alcuna paura,
non gl'importava nulla.
"Per me."
"Oh. - lo sentì dondolare appena sulle gambe, poi sfiorargli una
guancia. - Dio, mi dispiace. E' stato . . è stato Touma?"
Seiji si ritrovò a sorridere, freddissimo, scostando il volto da quel
contatto.
"No. Touma non centra."
Vide quello sguardo letteralmente addosso, e il fastidio ritornò, il freddo
scomparve per lasciar spazio a qualcosa di . . appiccicoso, malsano.
"Capito. Allora è per questo che l'hai mollato?"
Seiji scosse il capo, seccato. Non aveva nessuna intenzione di parlare con
lui di certe cose.
"Non credo che sia un argomento gentile da toccare con te."
"Non preoccuparti. A parte il fatto che sarei curioso, poi . . voglio
dire, magari hai bisogno di . . una mano . . un punto di vista spassionato
ed esterno. Insomma, per me hai fatto bene."
Seiji sbuffò.
"Può darsi. - poi lo guardò. Tokichi l'aveva fatto ammalare, e lui .
. lui gli era stato vicino? L'aveva visto morire? Come si era sentito?
Troppe domande, domande a cui non avrebbe dovuto pensare, problemi assurdi .
. dolorosi. - Quanto tempo ci ha messo a . . "
Morire. Non gli venne la parola.
Nik sospirò un sorriso.
"Poco. Ha rifiutato le medicine. Ha detto che . . che era meglio così."
Seiji distolse lo sguardo. Cosa si poteva provare ad assistere a una morte
simile, sapendo che prima o poi sarebbe toccata anche a se stessi? Guardò
Nik con un'ombra di dolcezza.
"Non dev'essere stato facile per te."
"Forse dovrei odiarlo, ma . . bhè, ci siamo amati fino all'ultimo.
Sai, quando trovi una persona che credi sia . . la tua perfetta metà . .
"
Seiji sentì il proprio cuore perdere un battito, e poi un altro, e un altro
ancora. Sarebbe presto svenuto se non si fosse imposto di calmarsi. Non si
accorse quasi di quelle mani che gli circondavano le spalle, di
quell'abbraccio, finchè non divenne troppo stretto.
Fastidio.
Fastidio. Qualcuno lo stava toccando . . lui *odiava* essere toccato. C'era
una sola persona tra le cui braccia adorava affogare. E non era Nik. Se lo
scrollò di dosso cercando di essere gentile.
"Sì, capisco . . adesso devo . . "
"Andare? Di già? Oh, bhè, mi sarebbe piaciuto parlare un po'. Sai
com'è sono un po' . . giù di morale. Ma se proprio devi . . "
Seiji si strinse nelle spalle. Stava cercando di auto giustificarsi
rispecchiandosi in Tokichi? Stava guardando Nik dicendosi che lui, questo
dolore non l'avrebbe fatto provare a Touma? Era questo che stava pensando?
Era confuso. E il freddo era ritornato con una forza quasi fisica facendogli
rattrappire anche l'anima.
"Già. Devo proprio andare."
Lo sentì premergli qualcosa nel palmo della mano dopo aver fatto un passo
indietro.
"E' il mio numero di telefono, se ti va, qualche volta puoi farmi uno
squillo, che ne dici?"
La sensazione di fastidio tornò fortissima, un qualcosa di viscido gli colò
sul cuore. Voleva andarsene . . voleva tornare da Touma, voleva abbracciarlo
. . gli faceva male il cuore da quanto voleva sentirselo fra le braccia.
Strinse il biglietto con il numero di telefono scuotendo il capo.
Sarebbe andato a casa e basta. Sarebbe bastato quello, a casa, lontano dal
mondo, al riparo, senza nessuno intorno.
"Va bene, grazie. In bocca al lupo per tutto."
"Anche a te!"
Non lo vide sorridere e la cosa non gli sarebbe importata, ma forse, se
avesse sollevato il capo avrebbe notato che, per essere una persona a cui
era morta la 'perfetta metà' una settimana prima, stava sorridendo con
un'aria un po' troppo trionfale.
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