Declaimers: i pg sono miei! Questa è la mia prima original! Me voleva provare, perciò se non vi sta bene, pazienza! ^o^
Note: vi prego di scusare il linguaggio, ma è crudo quanto la storia. Il nome del protagonista si pronuncia ebil, con la “e” accentuata.


Fuoco

parte I

di Soffio d'Argento

DISCESA AGLI INFERI

Risalire la parete ripida della vita non è facile. Ti graffi le mani e i piedi, sputi sangue ad ogni passo, sei sempre sul punto di cedere, eppure non lo fai, perché sai che, prima o poi, arriverà la cima. La sofferenza non mi spaventa, ci sono abituato. Ho paura solo di me stesso.

Il padrone del locale mi guarda da dietro i suoi piccoli occhiali scuri. Ha i capelli bianchi, ma due occhi svegli. La sua voce è rauca e l’alito gli puzza di fumo. Tutto intorno puzza di qualche cosa d’inspiegabile, come se vi fosse qualcosa di marcio, putrescente e decomposto.
<< Ti chiami? >>
<< Abil. >> il nome del mio aguzzino.
<< Abil? E che nome è? >> mi chiede lui masticando del tabacco.
<< Quello che mi ha dato mia madre. >>
<< Straniero? >>
<< Qualcosa contro? >>
Si risistema gli occhiali e scrive qualcosa in un vecchio libro ingiallito.
<< Nulla. La paga la conosci... >> mi dice senza guardarmi negli occhi: << Qualche problema con la giustizia? >>
<< Forse. >>
<< Potrai stare al piano di sopra, nella stanza con Kain, l’altro barista. >> e detto questo esce.
Mi guardo attorno. La mia nuova vita nasce in una bettola che si ostinano a chiamare nightclub. Non c’è che dire come inizio! Prendo le chiavi che ha appoggiato sulla scrivania. La mia risalita è solo cominciata. Non ho nome, documenti, passato o famiglia, ma so che posso farcela.

La stanza è piccola. Ci sono due letti alle due estremità. Un piccolo comò e un armadio malmesso. Ovunque regna un profumo leggero di rosa. Appoggio sul letto il fagotto con i miei nuovi vestiti, comprati al market all’angolo e mi butto sbuffando sul letto senza lenzuola. Mi volto verso quello del mio fantomatico inquilino. Il suo angolo di purgatorio è pulito e ordinato. C’è una foto sopra il comò, ma non riesco a vederne i soggetti.
Mi addormento immediatamente, con le lenzuola, profumate di detersivo economico, ancora al mio fianco e il profumo di acqua di rose nell’aria. E’ strano quest’odore di casa, così in contrasto con la pattumiera di camera in cui passerò le mie giornate. Per un attimo mi sembra d’essere lontano da lì, prima di perdere i sensi e addormentarmi.
Mi sveglia un rumore di passi, leggeri, quasi non udibili, ma io, abituato a svegliarmi al rumore silenzioso della porta che cigola, mi sveglio di soprassalto. Apro gli occhi lentamente e vedo un ragazzo dai corti capelli scuri fissarmi sorridendo. È seduto sul letto, la gamba destra piegata sul bordo e il mento sul ginocchio. Ha gli occhi azzurri, di una gradazione molto chiara. La pelle è abbronzata e indossa una semplice magliettina rossa, che non riesco a vedere bene, e dei jeans chiari stracciati in più punti.
<< Cos’hai da guardare? >> gli chiedo con la voce roca.
<< Il mio compagno di stanza. Piacere sono Kain. E tu? >> mi dice avvicinandosi e allungando una mano.
Sbadiglio stanco, mi alzo a sedere e lo guardo scettico. Lui non demorde, continua a porgermi la mano con quel sorriso che mi da tanto fastidio, nonostante non ne capisca il motivo. Alla fine decido di accontentarlo e gli porgo la mano, dicendogli il mio nome. Lui me la stringe, ma non tanto da farmi male. La sua è una presa sicura.
<< Piacere di conoscerti Abil. Come mai in questa fogna? >>
<< E tu? >>
<< Sei solito rispondere con altre domande? Comunque io ci sono per scelta, ma non per molto. Ho intenzione di andarmene presto. La mia risalita alla vita non si è fermata. >>
L’accendino fatica ad accendersi. Resto con la sigaretta in bocca, bloccata dalle mie labbra secche. Un altro angelo decaduto. Se lo osservo attentamente posso vedere le sue ali rosse.
Kain mi dà le spalle, mentre sistema degli abiti nell’armadio e solo dopo mi accorgo che sono i miei.
<< Non dovevi… >> 
Lui mi guarda non riuscendo a capire, così gli indico gli abiti. Lui si volta verso l’armadio, solleva le spalle e si risiede sul letto.
<< Hai intenzione di rimanere così a lungo? >> e stavolta sono io a non capire e lui ad indicarmi il letto ancora sfatto.
<< E tu hai intenzione di farti sempre gli affari miei? >>
Kain scoppia a ridere, riversandosi sul letto. Ha gli occhi chiusi e il petto si muove velocemente.
<< Certo che se iniziamo così >> mi dice cercando di trattenersi: << allora ci sarà da divertirsi, non pensi? >>
Annuisco senza rendermene conto, dopo di che mi alzo ed esco dalla camera. Lo vedo guardarmi, sollevarsi dal letto e guardare fuori dalla finestra. Che strano ragazzo, penso. È così diverso da ciò che lo circonda. Deve aver studiato in qualche college. Doveva essere uno studioso, ammirato dalle ragazze e odiato dai ragazzi. Lo immagino con la giacca della squadra di football o magari di baseball, mentre sfoggia la più carina della scuola.

Il vento pungente del mattino mi colpisce il volto come uno schiaffo. Mi accendo una sigaretta. La fiammella arancio dell’accendino tremola come spaventata. Alla fine la carta si accende, bruciando con il tabacco e resto a guardarla affascinato.
Alzo lo sguardo verso la finestra e lo vedo lì, appoggiato con i gomiti sul davanzale, mentre osserva con un’espressione felice tutto ciò che lo circonda. Proprio uno strano ragazzo.
Infilo le mani nelle tasche e percorro quella strada al sole, sporca e affollata. Sento gli sguardi di tutti su di me, mentre cammino fra la folla che si dischiude come il Mar Rosso al passaggio degli ebrei. Cammino a testa alta, nei miei abiti stropicciati che sanno di nuovo, di magazzino.
Mi fermo a comprare delle sigarette in un chiosco all’angolo della strada principale. Entro nel bar vicino e chiedo una tazza di caffè italiano. Gli americani fanno un pessimo caffè.
La cameriera con il trucco pesante appoggia con poca delicatezza la tazza di caffè sul tavolo. Piccole gocce marroni cadono sul tavolo bianco. Alzo lo sguardo verso la cameriera dal vestitino rosa. Hai i capelli rossi cotonati e mastica una gomma da masticare. Ha una mano appoggiata al fianco e mi guarda con sfida, mentre con l’altra mano sbatte il libretto sull’altro fianco. Avrà 50 o forse 60 anni.
<< Qualcosa non va, ragazzino? >> mi chiede.
<< Sì. Non mi piace farmi le vecchie, ma se insisti posso accontentarti. Ho una parcella alta, però. Spero che tu possa permettertela…. >>
I suoi occhi si spalancano di paura, fa qualche passo indietro e se ne va al bancone, mentre il mio sguardo non l’abbandona. Mi piace spaventare le persone, mi da potere.
<< Se continui così la terrorizzerai. >>
Questa voce conosciuta. Mi volto e lo trovo davanti a me, con una giacca nera e il solito sorriso che mi da i nervi. Sembra quello dipinto nei cartelloni pubblicitari delle serie televisive degli anni 60.
<< Che le hai detto? >> mi chiede sedendosi.
<< Che non mi piacciono le vecchie, ma se insisteva potevo darle un po’ di piacere. >>
Kain sogghigna soddisfatto. Apre il menù che la cameriera ha lasciato cadere sul tavolo e scorre, con lo sguardo, tutti i nomi. Io sorseggio piano il mio caffè, guardando distrattamente la gente fuori del bar, che si affretta e che corre, senza una meta vera. Lo vedo alzarsi e raggiungere il bancone. Fa un sorriso alla cameriera che dimentica tutta la sua paura e gli sussurra qualcosa. Lui continua a sorriderle e mette in un vassoio due fette di torta al cioccolato e un bicchiere di latte. Ringrazia la cameriera e si risiede al posto di prima. Il bar è vuoto. Mi sorride e mi porge un piattino con sopra una fetta di torta. E’ per festeggiare, mi dice. Che cosa, gli domando.
<< Un nuovo giorno. >>
<< Senti tu non mi piaci… >> cerco di dire.
<< Ma tu piaci a me. >> e non capisco se sia sincero o se si stia prendendo gioco di me, ma non ho il tempo di domandarglielo che torna a parlare: << Era da tempo che non parlavo con qualcuno, a parte qualche cliente del club, che non perde occasione di mettermi le mani nei pantaloni, ma adesso ho te… risaliremo insieme la china. >>
Affonda il cucchiaino nella fetta marrone, come il mio caffè amaro, e gusta il dolce.
<< Sei un tipo strano. >> è l’unica cosa che riesco concretamente a pensare su di lui.
<< Quel che pensi è irrilevante. Io ho già deciso e non ti resta che abituarti. So essere molto testardo quando voglio. >>

Finiamo le nostre consumazioni ed usciamo dal bar. Lui mi segue docilmente e in silenzio. Potrei fargli qualsiasi cosa in questo momento e lui me lo permetterebbe, lo sento. Potrei sbatterlo contro un muro e farmelo, sentendolo gridare dal dolore. Potrei fargli molto male. Potrei affondare dentro il suo corpo con tutta la mia forza e rabbia eppure non lo faccio.
Rientriamo in quella camera e noto il letto sistemato, come il resto.
<< Perché? >>
<< Mi andava di farlo e l’ho fatto. >>
<< Che ti ha detto quella del bar? >> gli chiedo mentre mi stendo sul letto e lui prende un libro in mano.
<< Di starti lontano, che sei un tipo pericoloso. >>
<< Hn. >>
Vorrei dirgli che aveva ragione. Che sono pericoloso. Più di quello che pensa, ma mi addormento di nuovo, vegliato da un altro angelo decaduto.

Vengo risvegliato qualche ora dopo dal mio compagno di stanza. Indossa un paio di pantaloni neri e un gilet dello stesso colore sopra una camicia blu. Mi alzo di malavoglia, non facevo un sonno così rilassato da molto tempo. Kain mi mostra la mia uniforme e le scarpe, rigorosamente nere, ai piedi del letto. Mi cambio con una lentezza esasperante, mentre Kain, che ha finito da tempo di cambiarsi, mi aspetta seduto sul letto.
<< Non ho bisogno di balie. >>
<< Ma di una guida sì. Quando Dante scese all’inferno, trovò Virgilio ad attenderlo. Lui gli fece vedere l’inferno e lo guidò per buona parte del Purgatorio. Era la sua guida e io sarò la tua. Sarò il tuo Virgilio nella tua discesa agli inferi. >> dice, per poi uscire e tornare poco dopo.
Il locale è ancora chiuso e quindi vuoto. Vi lavorano parecchi ragazzi, molti minorenni e con qualche problema di alcol. Kain mi fa vedere tutto il locale e, nonostante, il profumo di incensi e liquidi alcolici, c’è sempre quell’odore di morte che mi pervade il corpo.
Ci sono altri due barman, dei camerieri e delle cameriere in abiti succinti, e poi dei ragazzi il cui ruolo non riesco a capire. Alcuni indossano degli abiti di pelle nera, pantaloni stretti e microscopico gilet aperto; altri indossano gli stessi abiti ma di colore diverso, rosso broccato.
<< Dominatori e dominati. >> mi spiega il mio Virgilio: << Molti di essi non hanno ancora compiuto la maggiore età. Sono ragazzi di strada che rubavano per mangiare. Alcuni di loro subivano abusi da parte dei genitori e gli assistenti sociali chiudevano un occhio. Altri sono qui per libera scelta. Facevano la vita sulla strada, qui almeno hanno del cibo caldo, tanti soldi e un tetto sopra la testa. Alcuni usciranno dall’inferno, altri invece vi si perderanno. Dominatori e dominati sono i ruoli. Alcuni hanno un ruolo attivo, quelli in rosso, altri un ruolo passivo, quelli in nero. >>
<< Si prostituiscono? >>
<< Hai mai avuto fame? Loro ne hanno avuto tanta. >>
Ripenso alla mia fame e a quello che ho fatto. Se tornassi indietro lo rifarei ancora e ancora, all’infinito. La mia ascesa alla vita non si può fermare.
Vedo un ragazzino vestito di nero. Avrà sì o no 15 anni. E’ piccolo, gracile.
<< Lui è Jo, il più ricercato. Per lui pagherebbero milioni. Lui appartiene a quelli che si perderanno in quest’inferno. >>
Le luci del locale sono alte, fra poco si abbasseranno, quando entreranno i demoni. Non posso fare a meno di guardare Jo e di ricordare me stesso, nelle mani del mio carnefice.
Per un attimo vedo sui suoi polsi delle catene di ferro e al suo collo un collare con una piccola ma resistente catena. Rivedo la cucina, il salotto, le scale di quella casa degli orrori. Rivedo i muri bianchi come i miei occhi. Rivedo il rosso del mio sangue colarmi lungo le gambe. Sento il suo respiro pensante sul mio collo, mentre entra ed esce dal mio corpo. Sento il dolore, le mie urla riecheggiare nella mia mente. Vedo le sue mani bianche percorrere il mio corpo e tirare la catena del mio collo. Rivedo la camera buia in cui mi aveva chiuso, quando avevo tentato di fuggire. Rivedo i suoi pugni che tempestano il mio volto, rivedo le sue scarpe con la punta di metallo, quelle che facevano un male insopportabile quando ti colpivano. Il dolore incontrollabile che si diffondeva in tutto il resto del corpo. Il sangue che mi usciva dalla bocca. Vedo e sento le sue mani giocare con le ferite che lui stesso mi ha provocato, muoversi all’interno della carne scoperta, la sua lingua leccare il mio sangue e la voce farsi sempre più roca ed esplodere insieme al suo sperma che si sparge sul mio viso. Lo vedo abbassarsi e leccarmelo, poi sedersi sul mio viso e mettermelo in bocca. Mi sento quasi soffocare.
Guardo Jo e vedo me. Guardo la mia immagine riflessa nello shaker e vedo Jo. 

Mi volto verso Kain. Anche lui guarda gli occhi spenti di Jo. Si volta verso di me. Mi sorride. Prende lo shaker dalle mie mani. Lo sento sussurrare che la sua scalata comincerà dalla libertà di Jo.

Kain è uno strano ragazzo, sembra un angelo, ma forse è solo un demone come me, con la mia stessa anima buia. Mi guarda per un attimo e mi dice di non bere nulla che offerto dai clienti e non solo.

Il locale viene aperto. Come guidati da un istinto primordiale, degli esseri bestiali, nei loro abiti eleganti, con i loro portafogli pieni dei sogni che rubano, entrano cercando sangue e carne. Cerco Jo e lo vedo seduto su una poltrona, al suo posto. Ha le spalle curve, i capelli biondi che gli ricadono sul viso, l’espressione rassegnata di chi non vede che l’inferno. Vedo degli uomini parlare con il padrone del night. Vedo i dominati aspettare sulle loro poltrone e i dominatori avvicinarsi alle prede. Molti sono clienti abituali, mi dice Kain. Altri sono padri di famiglia con il gusto del proibito, quelli che vogliono assaggiare un sogno, che se ne vogliono nutrire fino a ridurlo al nulla. Uomini rispettabili, che vanno in chiesa tutte le domeniche, che portano il figlio allo stadio a vedere la squadra del cuore, che si incontrano il sabato pomeriggio con gli amici e fanno un picnic almeno una volta la mese, sui prati verdi del parco di Yellowstone. Mi sembra di vederli, nelle loro vite perfette e irreprensibili.
I clienti e i ragazzi si siedono attorno ai tavoli. Qualcuno viene ad ordinare da bere, roba forte che fa perdere i sensi. Sui tavoli fanno bella vista specchietti con polvere bianca che i clienti e i ragazzi sniffano velocemente.
La musica è bassa e le luci producono un effetto ombra che impedisce allo sguardo di vagare in profondità. Chissà se Dante avrà visto questo, quando è sceso agli Inferi…. Le fiere facevano così paura? La risalita lungo l’Inferno aveva lo stesso odore di marcio e morte? Chissà se gli occhi dei diavoli erano così neri, chissà se gli angeli sono mai scesi all’inferno.
Guardo Jo sorseggiare una cola fresca. Muove il bicchiere giocando con i cubetti di ghiaccio e mi sembra di sentire il tintinnio che producono i cubetti sulle pareti del bicchiere. Stranamente non ci sono clienti per lui.
Jo si stringe nelle spalle e sospira. Alza lo sguardo un attimo, come a verificare che quello sia davvero il luogo del suo incubo. Guarda tutti gli altri ragazzi darsi da fare con i clienti e anche io seguo il suo sguardo. Alcuni tavoli sono già vuoti, probabilmente saranno già saliti nelle camere al piano di sopra. Alcuni dominati sorseggiano, con sguardo lascivo, un cocktail mentre le mani del cliente risalgono il corpo. Vedo altri dominati in ginocchio, una mano del cliente sulla loro testa a segnarne il ritmo. Vedo alcuni clienti stringersi contro le spalliere dei divanetti in pelle nera e lasciare il campo ai dominatori. Ci sono clienti famosi, politici, giornalisti, scrittori… gente irreprensibile. Dalle famiglie immacolate, i figli nei college più famosi, le mogli sempre belle e sorridenti. La famiglia americana delle foto imprigionate in una cornice d’argento.

Chissà come si sente il piccolo Jo…. Chissà cosa sogna il piccolo Jo…. Hai ancora sogni piccolo Jo o qualcuno te li ha strappati?

<< E’ arrivato. >> mi dice Kain: << Quello è il capo dei demoni. Uno yakuza di una cosca mafiosa del quartiere cinese. Jo è il suo territorio di caccia. Chi ha provato a portarglielo via è morto. >>
Lo yakuza gli si siede accanto. Jo trema impercettibilmente, ma il suo aguzzino lo nota e si eccita di più. Passa una mano fra i capelli di Jo e gli tira indietro la testa, baciandolo con forza. Jo si aggrappa alla sua giacca per non cadere e la mano dello yakuza gli tormenta un capezzolo. Quando il bacio termina, Jo annaspa alla ricerca d’aria. Lo yakuza fa cenno ai suoi uomini di ordinare qualcosa al bancone, poi mette una mano in tasca e ne esce una piccola cintura di cuoio con la quale serra il suo sottile collo. Infila un dito nel gancio e trascina Jo, probabilmente ai piani superiori.
Cerco di raggiungerli, ma una mano mi blocca. Kain mi guarda severo e mi indica i due yakuza che si avvicinano al bar chiacchierando.
<< Se lo fai ti ammazzeranno. >> mi dice tranquillamente, mentre Jo e il suo aguzzino scompaiono dalla mia vista.
<< Sei un pusillanime! E’ con lui che vuoi iniziare la tua ascesa, vero? >> gli ringhio.
Lui all’inizio non mi risponde. Lo vedo sorridere ai due yakuza e preparare i cocktail richiesti. Quando i mafiosi si allontanano, chiede agli altri due ragazzi di sostituirci un attimo e mi trascina nei bagni. Mi sbatte contro il muro e mi punta contro il suo sguardo di fuoco.
<< Se solo quello scoprisse il tuo interesse per Jo, lo ammazzerebbe. Per quale motivo credi che Ed impedisca a tutti di avvicinarsi a Jo? Eh? Quell’uomo è avido di soldi. Se lo mettesse all’asta guadagnerebbe milioni di dollari. Ma sai perché non lo fa? Perché l’ultimo uomo che si è avvicinato a Jo è stato fatto a pezzi e lanciato ai pescicani. E sai che ha detto quel verme a Jo? Gli ha detto che il prossimo sarebbe stato lui, se solo qualcuno lo avesse guardato. Quindi se vuoi che Jo muoia, allora fatti avanti, ma prima dovrai passare sul mio cadavere. >>
Mi guarda con sfida, spingendolo con forza. Lo scosto brutalmente da me e lui indietreggia barcollando, ma non demorde. Si ferma davanti alla porta del bagno.
<< Non dirmi cosa posso e non posso fare. Non lo permetto a nessuno. >> poi lo supero ed esco dal bagno, seguito da lui che controlla ogni mio movimento.

Riprendo il mio posto dietro il bancone, ma questa sconfitta mi brucia, è inutile negarlo. Afferro lo shaker e inizio a farlo roteare fra le mani, metto altro ghiaccio, lo rifaccio roteare e verso il liquido nei bicchieri, che servono al tavolo 5, di un Dominatore.
Il tavolo di Jo è ancora vuoto. Gli yakuza si stanno dando da fare con alcuni Dominati. Li vedo mentre li trascinano nei bagni. Kain ha lo sguardo basso e taglia due sottili fette di limone che mette in due bicchieri di birra fresca. Me ne porge uno e sorseggia l’altro. Prendo il bicchiere e butto giù come fosse veleno. L’alcol forse abbasserà i miei sensi quel tanto che mi permetterà di dimenticare e mentre butto giù l’ultimo sorso, penso che la mia risalita ha solo subito una sosta.
Vedo Kain sorridere e bere tutto d’un fiato l’ultimo sorso.
La notte è ancora lunga e piena di demoni, ma prima o poi sorgerà l’alba.

 FINE PRIMA PARTE

Autrice: il primo capitolo si è concluso. È amaro e violento come la discesa alle tenebre. Spero non vi siate persi in questo piccolo giro all’Inferno, perché i gironi sono tanti e noi solo all’inizio. Non so se vedremo mai la luce del Paradiso o ci fermeremo al Purgatorio, tutto ciò che posso dirvi è che lasceremo le tenebre alle nostre spalle. La vita non è forse un eterno Purgatorio? O è solo l’anticamera dell’Inferno? Ad ogni lettore la sua risposta.


Fictions Vai all'Archivio Fan Fictions Vai all'Archivio Original Fictions Original Fictions