Disclaimers. I personaggi di SD appartengono a Takehiko Inoue ecc. ecc.
Fuoco
parte II di
Kinuko
Pioveva
a dirotto, quella sera, Sakuragi girovagava per la città senza una meta
precisa, non sapeva cosa fare, andare da Yohei era fuori discussione,
ormai lui stava con Haruko, e non aveva più molto tempo da dedicargli.
All’inizio,
non era stato molto contento della loro relazione, in fin dei conti era
stato dietro a quella ragazza per quasi un anno, e forse inconsciamente,
se l’era presa con Yohei per questo, lo considerava un tradimento, ma
ora no.
Ora
era felice per loro, se lo meritavano.
Yohei
se lo meritava, era sempre stato un buon amico, l’unico che sapeva…
l’unico che gli era stato vicino quando tempo prima era morto suo padre.
Sperava
che fossero felici, almeno loro….
Decise
che sarebbe andato al parco, poteva stare fuori anche tutta la notte,
tanto non sarebbe importato a nessuno.
Nessuno
a casa ad aspettarlo….
Sua
madre aveva altro cui pensare, dopo la morte del marito, si era data alla
pazza gioia, nel vero senso del termine, usciva tutte le sere, per
ritornare all’alba, se tornava.
In
casa non c’era praticamente più, ora si tenevano in contatto, con
messaggi lasciati qua e là per la casa.
“il
mangiare è nel frigo” oppure “torno domani.”
Messaggi
freddi e vuoti, che lasciavano a Hanamichi l’amaro in bocca.
Sua
madre lo riteneva responsabile della morte di suo padre, per questo lo
evitava, e anche lui si riteneva responsabile.
Al
momento del bisogno lui non c’era stato, era in giro a fare a pugni con
un gruppo di teppisti, lui stesso era stato un teppista, ma dopo
l’incidente aveva giurato che mai più avrebbe colpito qualcuno, senza
un motivo plausibile, mai più….
Anche
se ormai era tardi…
Il
senso di fallimento e d’impotenza, la delusione, il sapere che forse
avrebbe potuto salvarlo….
Che
forse avrebbe potuto fare qualcosa… stritolavano il suo cuore in una
morsa d’acciaio e lo facevano sanguinare.
Inoltre
si aggiungeva lo sguardo accusatore di sua madre, un accusa inespressa a
parole, ma che lo investiva, ogni volta, che i suoi occhi si posavano su
di lui, sfuggevoli ma intensi, che sembravano voler dire ogni volta “E'
colpa tua! È colpa tua! Solo colpa tua!”
E
questa consapevolezza lo stava uccidendo, a poco a poco, era uno
stillicidio lento ed inesorabile.
Era
un vicolo cieco dal quale non riusciva ad uscire, o forse non voleva….
Così
pensando era finalmente giunto al parco, sapeva che era pericoloso
vagabondare, da solo di notte, pioveva a dirotto e non aveva nemmeno
l’ombrello, ma non gli importava, non era la prima volta che rimaneva
sotto la pioggia, senza ombrello, gli piaceva la pioggia, lo rilassava,
lavava via i suoi timori, le sue paure, o almeno così, a lui, piaceva
pensare.
La
pioggia era purificazione….
Era
uscito da casa senza nemmeno mangiare, da qualche tempo non aveva più
molto appetito, era già calato d’alcuni chili, prima o poi qualcuno se
ne sarebbe accorto, ma ci avrebbe pensato al momento opportuno, per ora
voleva restare solo con i suoi pensieri.
Solo….
Sentiva
che ora mai qualcosa in lui si era spento, forse irrimediabilmente, e non
sapeva come porvi rimedio.
Lacrime
amare scesero sul suo viso, andando a confondersi con la pioggia.
Poi
lo vide… Rukawa… stava seduto su di una panchina del parco, perso in
chissà quali pensieri, l’aria triste, guardava in alto verso il cielo,
la pioggia gli batteva sul volto, anche a lui sembrava non importare.
Anche
lui sembrava solo…
Rukawa….
Si
era ritrovato spesso a pensare a lui, senza motivo, pensieri incoerenti, a
volte imbarazzanti, che lo lasciavano spiazzato e confuso.
Anche
ora, mentre l’osservava, non poteva fare a meno di pensare a quanto
fosse bello.
Sotto
la pioggia poi… con l’acqua che gli scivolava sul viso pallido, sul
collo…. Non sembrava nemmeno il solito freddo, gelido Rukawa.
Sembrava
molto più dolce, più triste, più vulnerabile…. Forse stava piangendo?
Rukawa
che piangeva? Impossibile…. Probabilmente era solo un illusione ottica
legata alla pioggia, comunque, provò l’impulso quasi irrefrenabile
d’abbracciarlo, di consolarlo.
Non
lo fece… rimase fermo sul posto, immobile, fino a quando non lo vide
alzarsi, e dirigersi velocemente verso l’uscita del parco.
“Chissà
a cosa stava pensando….”
Si
diresse verso la panchina dove poco prima stava seduto Rukawa, sedendosi a
sua volta riprese il corso dei suoi pensieri.
Da
quando non era più innamorato di Haruko, pensava sempre più spesso, che
gli sarebbe piaciuto molto, diventare amico di quello strano ragazzo.
Non
lo capiva, non lo aveva mai capito, sempre serrato dietro quella maschera
d’indifferenza, che ostentava in ogni occasione, perché di una maschera
si trattava, di questo Hanamichi n’era più che sicuro.
Ma
non sapeva come fare, ormai era entrato troppo nella parte dell’eterno
nemico, e di certo non poteva presentarsi a lui dicendogli “Ciao come
va, ora che Haruko sta con Yohei e io non ho più nulla contro di te,
perché non diventiamo amici?”
Ridicolo….
Rukawa
non l’avrebbe degnato nemmeno di uno sguardo, o forse chissà, magari si
sarebbe anche messo a ridere…
Rukawa
che rideva? Un'altra cosa impossibile….
Da
quando lo conosceva non l’aveva mai visto ridere una volta, non capiva
come ci riuscisse, come si potesse passare la vita, senza ridere mai….
Senza piangere mai… senza mostrare mai la minima emozione.
Possibile
che non ne avesse? Che non
avesse nient’altro che il basket, a renderlo vivo? Non ci credeva.
Forse
si sentiva solo…. Forse era semplicemente tanto triste….
Fin
dal primo momento in cui lo aveva visto, beh, più che visto, lo aveva
letteralmente preso a pugni…. Gli era sembrato infelice, non sapeva
perché, in fin dei conti quella stupida kitsune, non aveva mai dato adito
a nulla, se ne stava semplicemente per conto suo, da solo…
Non
parlava mai con nessuno, forse solo con lui.
Per
insultarlo naturalmente….
Stupida
volpe….
Non
sapeva nulla della sua vita, se avesse amici, una ragazza, (questo non lo
riteneva possibile), chi erano i suoi genitori…. Nulla di nulla.
Sapeva
solo che doveva essere molto ricco, questo lo aveva dedotto, osservando
gli indumenti con cui si vestiva, tutti firmati.
Hanamichi
avrebbe dovuto lavorare un intero mese solo per comperarsi una tuta come
la sua….
Che
rabbia…
Gli
faceva una rabbia, con quella sua aria di superiorità, quella freddezza
da ghiacciolo ambulante.
Ma
nello stesso tempo provava tenerezza…. sì… doveva essere molto
solo…. e triste….
Ma
che cavolo gli prendeva…. Che cavolo gli fregava di come potesse
sentirsi la volpe?
E
poi cosa cavolo ne sapeva lui di come era la volpe in realtà? Magari
fuori della scuola, fuori della palestra, aveva milioni di amici, rideva a
crepapelle e non era per nulla indifferente.
Lui
non lo sapeva, e non gli interessava saperlo.
Bugiardo…
Lui
era la kitsune, il suo nemico per antonomasia…. Chi se ne frega se è
triste e solo….
Bugiardo…
Ho
altri problemi cui pensare, chi se ne frega se è solo come me….
Bugiardo…
Bugiardo…
Bugiardo…
Non
lo conosceva…. ma avrebbe voluto…..
Aveva
smesso di piovere già da un po’, ormai si era fatto veramente tardi,
domani doveva andare a scuola, aveva anche il compito d’inglese la prima
ora.
Non
poteva assolutamente mancare, se lo avesse saltato, avrebbe compromesso
tutto l’anno scolastico.
Aveva
già molti problemi, ci mancava solo una bocciatura.
Fece
per alzarsi, ma qualcosa non andò per il verso giusto.
Le
gambe non lo ressero, cadde a terra e tutto intorno a lui si fece nero e
freddo, l’ultimo pensiero cosciente, fu per sua madre….
Probabilmente
sarebbe stata contenta se fosse morto…..
Poi
il nulla.
***
Fine seconda parte.
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