Frozen

parte VI - Do'ahou

di Sanae


Fuori.

Ancora una volta.

Un impatto violento contro il ferro arrugginito, accompagnato dagli acuti scricchiolii del legno umido del tabellone, mentre la palla rimbalzava lontano dalla lunetta, ai bordi del campo.

Ormai non ne centrava più neanche uno, di canestri.

Continuava a lanciare quella palla.

Ancora.

E ancora.

Senza neanche guardare.

Un tiro dietro l' altro, cercando di non pensare a niente.

Pochi passi in avanti, per chinarsi a raccogliere la sfera da terra, e poi un nuovo tiro.

Ancora fuori.

Questa volta non aveva nemmeno sfiorato l' impalcatura.

Il pallone era voltato alto sopra il rettangolo di legno sbiadito che un tempo forse era stato bianco, contornato da una spessa linea nera che ancora resisteva all' usura del tempo, e alla foga agonistica dei ragazzi del quartiere.

Lo sentì colpire con un tonfo sordo l' alto reticolato di recinzione, per poi rimbalzare al suolo, e fermarsi a pochi metri dalla linea di fondo.

Gran bel tiro, sì.......

Chiuse gli occhi qualche istante, sollevando il volto verso l' alto e scuotendo leggermente la testa per liberare la fronte dalle ciocche rosse ormai intrise di sudore.

E sospirò.

- Cosa diavolo ci faccio ancora qui?..-


Quanto tempo era passato?

Non lo sapeva.

Con passo stanco e malfermo si avvicinò al pallone ancora immobile ai bordi del campetto, chinandosi lentamente a raccoglierlo per l' ennesima volta.

Solo in quel momento si accorse che quasi non riusciva più a distinguere di che colore fosse, lontano dal centro illuminato del campo.

Sollevò gli occhi al cielo, quasi stupito.

Nero. Senza neanche una piccolissima luce.

La sera era già calata da un pezzo.

Tornò stancamente al centro della lunetta, fissando lo sguardo verso il canestro e stringendo per qualche istante le dita sulla superficie ruvida della sfera.

Eh già.... Era proprio tardi.

Solo un fioco lampione dalla luce giallognola riusciva malamente ad illuminare il tabellone, proiettando ai suoi piedi una lunga ombra scura, che si perdeva oltre i confini della rete, nel buio circostante.

Prese a palleggiare, senza staccare gli occhi da quel ferro scuro e arrugginito.

La sfera rimbalzava tra la sua mano ed il cemento, con un ritmo regolare, .monotono.

Era piacevole ascoltarlo. 

La testa si concentrava su quel suono, lo anticipava, lo calcolava......Senza pensare......

.

-Chissà cosa ci trova di così interessante in questo stupido sport-

In fondo era una vera noia.

Palleggiare e tirare, tirare e palleggiare. Scartare e segnare, saltare e passare.

Tutto qui.

Sai che divertimento.

Chissà se una persona con un pizzico di sale in zucca perderebbe mai tutto il suo tempo a cercare di infilare una palla in un cesto.

Probabilmente no.

E meno male che doveva essere lui, l' idiota.

Se lo era sentito ripetere tante di quelle volte al giorno che se lui avesse improvvisamente smesso di chiamarlo in quel modo ne avrebbe sentito la mancanza, di quell' insulto.


L' aveva mai chiamato per nome?.....


Sakuragi. 

Ha-na-mi-chi Sa-ku-ra-gi.

Non era poi così difficile da dire, in fondo.

L' aveva mai pronunciato?

Strinse le palpebre serrando le mascelle per qualche secondo, nel tentativo di ricordare il suo nome pronunciato da quella voce. Dalla sua voce.


No.

Probabilmente no.

Idiota era più corto, e molto più esplicativo.

Strano modo di chiamare la gente per uno che aveva fatto di una palla arancione e puzzolente lo scopo della sua vita.....


Cribbio.

Ci era cascato di nuovo.

Pensare era l' azione peggiore che potesse fare, in quel momento.

Tanto era inutile, qualsiasi cosa gli entrasse in testa andava a finire sempre dalla stessa, identica parte... 

-Era al basket che stavo pensando,questa volta!!!-


Sì, certo.

:"Quello stupido volpino non è degno dell' attenzione di un genio come me! " 

Certo.

Era l' unico modo che conosceva per attenuare al meno un po' quelle morse allo stomaco.... Quella frenesia inspiegabile che lo tormentava dall 'istante in cui lo aveva lasciato lì, su quel marciapiede, accanto alla faccia pesta di quel maledetto Sendo, urlandogli che finalmente lo avrebbe lasciato in pace.....


:" Ufff......".

Le sue labbra si schiusero da sole, lasciando uscire dell' aria orami divenuta troppo pesante per i suoi polmoni.

Socchiuse gli occhi con un fremito, mentre la sua mano mimava a vuoto i movimenti del palleggio su una sfera che già da tempo giaceva in un angolo della recinzione, immobile e scura come la sua ombra.

L' aria della sera si era fatta pungente, ed una lieve brezza sfiorò la sua pelle accaldata, passando attraverso il sottile strato di stoffa blu che gli copriva il petto.



-Saranno ancora insieme?....-


Non aspettò la risposta.

I pugni si serrarono di scatto lungo i fianchi. Gli occhi si sbarrarono verso quel cielo sempre più nero e sempre più vuoto. 

Non era possibile.....


Prima ancora di averlo pensato era già uscito dal campetto, quasi di corsa, dirigendosi verso il primo semaforo sulla sinistra.

Non sapeva più dove era.

Né perché c' era.

Sapeva solo dove stava andando. E che doveva arrivarci il più presto possibile..

A destra.

Poi la seconda a sinistra. 

Poi ancora dritto per due isolati, fino al passaggio a livello.

Sinistra.

Un altro semaforo.

Rosso.

Chissenefrega.


Stava ancora camminando, ma era come se corresse.

Una Subaru grigia gli sfrecciò davanti con i fari spenti, diffondendo nell' aria lo stridulo suono del suo clacson, mentre l 'urlo roco ed irritato del proprietario si sporgeva dal finestrino ad inveire contro di lui.

E Sakuragi continuava a camminare. Veloce come non sembrava possibile.

Senza sentire nulla.

Senza pensare nulla.

Senza vedere nulla.

Se non la sua meta.

Finalmente.

Il terzo villino sulla destra.


Si trovò di colpo davanti a quel cancello grigio, basso, pulito. Dipinto di fresco. L' odore della vernice nuova aleggiava ancora attorno all' ingresso.

Senza esitare un solo istante lo afferrò con entrambe le mani, tirandolo con forza verso di se.

Per quale assurdo motivo stava pensando che non fosse chiuso?

Era aperto.


Si diresse con passo deciso verso il portone d' ingresso, mentre il suo sguardo scrutava con rabbia attraverso le tende tirate della finestra al primo piano.

Non poteva sapere di chi fosse quella stanza.

Tantomeno poteva sapere se fosse la sua.

Quella casa l' aveva vista di sfuggita solo una volta, dietro allo stesso cancello allora lievemente sbiadito, e un po' incrostato, allungando appena la testa oltre la sbarra metallica con circospezione, per paura di essere visto.

Da chi?

Da sua madre?

O da suo padre?

Non sapeva nemmeno se li avesse, i genitori.

Non sapeva nulla di lui.

Forse per questo quando un mese fa si era ritrovato per sbaglio tra le mani le richieste di ammissione al club di basket, le sue dita si erano mosse da sole in mezzo a quei fogli ordinati, scrutando con inspiegabile frenesia ogni nome scritto in alto a destra di ciascuna pagina.

-Accidenti! Con che cavolo di kanji si scrive Rukawa??!!-

Mentre gli occhi scorrevano sempre più impazienti su quei simboli sconosciuti la sua testa cercava di ricacciare indietro la domanda che gli martellava nella gola secca dall' istante in cui aveva posato lo sguardo su quella cartella.


....'Perché?'...

Cosa avrebbe dovuto interessargli di dove abitava quella stupida volpe?...

In fondo di lui non-

:"Eccola!"

Il cuore ebbe un improvviso guizzo nel petto, e si fermò, assieme al respiro.

Che deficiente che si sentiva.....

Una scena così ridicola per uno stupidissimo indirizzo!

Scuotendo seccamente la testa si era sfilato dalla tasca una penna a sfera tutta mangiucchiata, guardandosi intorno alla ricerca di un pezzo di carta su cui scrivere.

Si stava quasi sentendo una specie di agente segreto in missione per il recupero di informazioni vitali per la sopravvivenza dell' intero globo terrestre.

Che idiota.....

Al diavolo il pezzo di carta. Aprì la mano sinistra e rapidamente vi appuntò la via e il numero, bestemmiando un paio di volte contro quella stupida penna che sembrava avere serie difficoltà di scrittura sulla pelle sudata e umida del suo palmo.

Con un gesto altrettanto rapido fece per rimettersi la penna in tasca ed allontanarsi il più velocemente possibile, quando i suoi occhi si posarono ancora una volta su quella richiesta di ammissione.

In alto a destra.


-E' così che si scrive...-


Sollevò di nuovo la mano, aprendola lentamente. E copiò con silenziosa attenzione ognuno dei simboli che componevano il suo nome.

Trattenendo il fiato.

Poi chiuse la mano di scatto, avvicinandola istintivamente allo stomaco. Come se stesse stringendo in quel pugno la cosa più preziosa che avesse al mondo....

E corse via.



Non riuscì neanche a resistere alla voglia di vederla subito. Quel pomeriggio stesso.

La casa dove viveva Rukawa.

Chissà cos' aveva sperato di capire di quel ragazzo così taciturno e scontroso sbirciando per qualche secondo tra le sbarre di ferro della sua bella villetta, dopo aver vagato per tutta la serata alla ricerca di un numero civico che poteva essere un 122.. Oppure un 188... O anche un 198.

Non ci leggeva quasi più nulla.

Accidenti alle sue mani sempre sudate!



E adesso era di nuovo lì. Davanti a quell' ingresso di ciliegio verniciato.

Questa volta oltre le sbarre.

Proprio sotto quella finestra.

Non poteva sapere di chi fosse.


Eppure era la sua.


: "......."


I suoi passi rallentarono. 

Progressivamente. 

Si fermarono del tutto a metà del vialetto che conduceva all' entrata.

Ansimava leggermente. 

A bocca aperta.

Con gli occhi fissi nel buio di quella finestra chiusa.

E all' improvviso serrò i pugni di fronte al petto, inspirando profondamente e trattenendo il fiato.

Per qualche secondo.




:" COME DIAVOLO FAI A DORMIRE LA NOTTE SAPENDO CHE MI STAI FACENDO IMPAZZIRE ??!!!"




Ecco......

Quel minimo di cervello che pur doveva avere smetteva completamente di funzionare

quando si trattava di lui.........


Maledetto!

Era sempre colpa sua!

Ogni volta che faceva qualcosa di stupido era per colpa sua!!

E di quel groviglio.....


Un groviglio di sentimenti contrastanti. Violenti. Insopportabili. Soffocanti.

Che si accavallavano nella sua testa ogni volta che lì dentro c' era anche lui.




-.......Che accidenti ho detto?.......-



L' eco di quell' urlo fortissimo rimbombava ancora lungo la strada quando una luce illuminò improvvisamente la finestra al secondo piano.

Poi le sue orecchie captarono una serie di piccoli rumori appena percettibili.

Come di movimento.

Di passi.

Da quella finestra.


Il cuore prese a battere da solo. Sempre più forte. Rimbombando nella gola e nelle orecchie, impedendogli di sentire altro se non quei battiti sempre più vicini. Veloci. 

Le tempie pulsavano.

Il volto scottava come di fiamma.

La testa vuota.

E le gambe non si muovevano più.

Inutile ogni sforzo di spostare indietro il peso, anche solo di qualche misero passo, mentre gli occhi sgranati ed increduli fissavano quel legno scuro e pesante attorno alla maniglia dorata dell 'ingresso.


Passi.

Sempre più vicini.

E il cuore con colpi sempre più forti, come se volesse scappare dal petto. 

Era come paralizzato.

Sopra le pulsazioni il suono di una chiave che girava nella serratura, e la maniglia ruotare lentamente verso il basso.

Gli occhi ipnotizzati da quel movimento. Sbarrati.

Il fiato bloccato nei polmoni da quasi un minuto.


E poi il portone si aprì di scatto, e Sakuragi si trovò semplicemente ad un paio di metri da lui.


Alto come sempre.

Pallido come sempre.

Solo come sempre.

Bello come sempre...

Lo stava fissando a sua volta, con uno sguardo irato ed insonnolito allo stesso tempo.


:" Ma ti sei completamente rimbecillito?!!" 

La bocca ancora impastata dal sonno. Gli occhi semichiusi. Nerissimi.

:" Lo sai che ore sono?!!!".


Non lo sapeva.

L' unica cosa che la sua mente riusciva a mettere a fuoco in quel momento era lui.

Illuminato alle spalle dalla debole luce gialla dell' ingresso, che delineava con riflessi quasi iridescenti i contorni della sua figura, stagliandola contro i contorni scuri della porta nel buio circostante. 

Gli occhi si strinsero, come feriti da quella luminosità inattesa, continuando a fissarlo.

La leggera canottiera bianca che indossava sopra al petto, abbastanza aderente da lasciar intuire ogni curva ed ogni forma, sotto la stoffa. 

Quel paio di calzoni lunghi di cotone ugualmente candido, arrotolati un paio di volte sui fianchi, e nonostante questo ancora un po' lenti sul suo fisico snello e slanciato.

Le sue mani grandi e chiare poggiate ai lati della porta; una in alto vicino alla sua testa corvina, e l' altra lontano, lungo i fianchi, a stringere ancora tra le dita quel pomello dorato.

Le palpebre semichiuse, stanche, che riuscivano a mala pena a rimanere aperte sotto la cascata disordinata dei ciuffi scuri ed arruffati che ricadevano con naturalezza sulla sua fronte e sulle orecchie con guizzi quasi vitali.

Rukawa li tirò indietro con un gesto della mano, come infastidito.


E Hanamichi era ancora immobile a guardarlo.

Forse per la prima volta.

Senza timore.

Senza distogliere lo sguardo, come ogni volta che negli spogliatoi per qualche breve istante gli occhi si erano scontrati con uno sprazzo di quella pelle chiara. E liscia.

Chissà poi se era davvero liscia come sembrava a vederla.....


Mai fino a quel momento, lo aveva guardato così a lungo.

Era sempre fuggito da quelle forme, da quelle mani, da quei capelli e da quella pelle.

Terrorizzato.

Come se i suoi occhi lo avessero già intuito, che se si fossero fermati solo qualche istante di più addosso a quel corpo ne sarebbero rimasti prigionieri. Per sempre.


Già.


Non c' era un millimetro. 

Non c' era una forma.

Non c' era una sola curva di quel maledetto volpino che avesse anche un unico, dannatissimo difetto.

E il suo sguardo vagava perso tra quelle stupide pieghe di stoffa che tentavano inutilmente di nascondere il susseguirsi della perfezione ipnotizzante delle sue forme sotto al sottilissimo strato di pelle chiara. 

Ne divorava ogni angolo. Ogni anfratto più nascosto. 

Saziandosi finalmente di una vista che solo in quel momento si rendeva conto di aver sempre cercato disperatamente di evitare.


Sì.

Solo ora riusciva a capire tutti quegli sguardi adoranti che lo accompagnavano dovunque andasse.

E quei sospiri.

E quelle grida isteriche da galline.


Perché dire che Rukawa fosse bello era quasi un insulto.


Ogni forma di quel corpo. Ogni angolo di quel viso. Ogni linea che disegnava i contorni dei suoi selvatici occhi scuri... Era tanto splendida da sembrare irreale.

Inarrivabile.

Intoccabile.

Per chiunque.

O forse no....


-Sendo...-

Improvvisamente una rabbia sorda ed incontrollabile, mentre gli occhi continuavano a divorare, e la testa continuava ad essere vuota.

Non aveva il diritto di toccarlo!! Non aveva il diritto di parlargli! Non aveva il diritto nemmeno di guardarlo!!

Non come lo stava facendo lui in quel momento. Col respiro corto e la gola secca. Il volto in fiamme e le pupille dilatate, nonostante la luce che continuava a ferirle. 

Non avrebbe permesso mai a nessun altro di guardarlo così.....

E non riusciva più a pensare. 


Sentiva solo quel dolore, ogni istante più forte.

E quella rabbia, ogni istante più soffocante. 

Ogni istante più insopportabile, ora che si ritrovava a pochi passi da lui.


Chissà quante volte qualcuno aveva desiderato avvicinarsi a quel viso. Fino a sfiorarlo.

E chissà quante volte quel qualcuno si era preso il coraggio di farlo....


Sendo.

Maledetto.


:" YAWHNNNN.........".

Il suono sommesso di uno sbadiglio uscì dalle labbra di Rukawa, mentre sollevava una mano davanti al viso stringendo le palpebre e scuotendo leggermente la testa.

E maledetto anche lui!

Sempre così schifosamente impassibile! 

DANNAZIONE!


Kaede rialzò lo sguardo lentamente, fissando poi con aria sonnolenta gli occhi roventi e vuoti di Sakuragi.

:" Allora?"

Il suono della sua voce. Calmo. Profondo. Insonnolito.


:"ALLORA COSA?!!"

Non capiva più niente.....

Assolutamente niente.

:" VI SIETE DIVERTITI OGGI??!!!!"

Ansimando.

Fremendo.

Vibrando dalla testa ai piedi.

Non aveva la minima idea di quello che stava dicendo.

E nemmeno Rukawa. Il quale fissò stupito per qualche istante quel volto adirato, rosso, inspiegabilmente sconvolto.

:" Ma di che stai-?......"

:" E NON TI AZZARDARE A RISPONDERE QUANDO TI FACCIO UNA DOMANDA, SAI?!!?!!".


Al suono di quelle parole Kaede sgranò di colpo gli occhi, incredulo, risvegliandosi completamente dalla sonnolenza che fino a quel momento gli aveva annebbiato la vista.

Ma cosa..... diavolo stava dicendo?.....

Era completamente impazzito??!!


Già.

Completamente.

Immobile. Rigido e duro mentre un fiotto di fremiti sconvolgeva ogni angolo del suo corpo. E la testa folle che vomitava parole una dietro l' altra, senza controllarne il senso, nel tentativo rabbioso e disperato di ottenere una qualsiasi reazione da quegli occhi sempre così freddi. Sempre così impassibili. Sempre così lontani da lui.... 

Anche adesso!

Anche adesso che se ne stava lì come un imbecille, a urlare frasi senza senso nel bel mezzo della notte. Sudato, ansimante e tremolante come il più idiota degli idioti.

Completamente incapace di controllare le sue azioni.

Come sempre.

Quando si trattava di quella stupida STUPIDA volpe!! 



:"DANNATO VOLPINO!! Mi vuoi rispondere quando ti faccio una domanda?!!!".



Scuotendo lentamente la testa Rukawa sospirò, sollevando le braccia al cielo con rassegnazione.

Era impossibile capire cosa stesse passando per la testa a quello scemo.


:"Idiota."


Ancora una volta.

Sempre la stessa identica parola, come un rituale.

Ormai era abituato a sentirlo.


Idiota.

Cosa c' era di nuovo?

Nulla.

Ancora. E ancora. E ancora idiota..

Sempre e soltanto idiota.


Ma questa volta fece più male.

Questa volta lo stomaco si strinse in uno spasmo convulso, i pugni si chiusero lungo i fianchi con uno scatto deciso, e i lati delle palpebre iniziarono a bruciare....

Faceva male.

Male più di ogni altra volta.


:" NON SONO UN IDIOTA!!"


Le mascelle si serrarono con forza nel tentativo di frenare il bruciore sempre più intenso che stava arrossando i suoi occhi, costringendolo a sbatterli ripetutamente, velocemente....

:" IO NON SONO UN IDIOTA!! NON SONO UN IDIOTA!! NON-!!..."

La voce rotta, tremolante. Eppure violenta. Decisa.


Sempre.

Era sempre così.

Nient' altro che quell' insulto. Niente più che un' occhiataccia e una battutina sarcastica.

Qualsiasi cosa lui facesse.

Qualsiasi stupidaggine. Qualsiasi scemenza. Qualsiasi sciocchezza.

Qualsiasi follia.....

Il risultato era lo stesso, identico, maledettissimo insulto.


Idiota.


:" N-Non sono un idiota.... Dannazione...."

Questa volta un sibilo, stretto tra i denti con quello sguardo furioso e umido, che si fissò con un fremito di rabbia ancora una volta sul suo viso.

Ancora calmo.

Leggermente sorpreso.


E poi la sua bocca. 

Dischiusa. Sottile. Morbida.

D' un tratto non riuscì a vedere altro che quella.

Lì, davanti ai suoi occhi. A pochi metri da lui. Ferma in mezzo a quella carne chiara, quasi diafana.


La bocca di Rukawa...


Quelle labbra di solito sempre serrate, ora appena schiuse come a pronunciare silenziosamente una muta domanda.



:" Perché glielo hai lasciato fare?..."


Un filo di voce, appena percettibile. Come un soffio, che non riuscì ad arrivare alle orecchie di Kaede in maniera distinta.

Il ragazzo si sollevò leggermente sulla soglia della porta, con uno sguardo serio e sorpreso rivolto verso quelle guance in fiamme e quegli occhi rossi e umidi.

Umidi?...

Rukawa sbatté ripetutamente le palpebre per mettere a fuoco con più precisione il volto del compagno, sporgendosi leggermente in avanti.

Ma dai. Che sciocchezza.

Con tutto quel buio e il sonno che si ritrovava sulle palpebre, di sicuro doveva aver visto male. 

Chiudendo gli occhi per qualche istante scosse leggermente la testa, nel tentativo di ricostruire il senso di al meno una delle frasi che quel pazzo gli aveva vomitato addosso fino a quel momento. Urlando. Sussurrando. E poi di nuovo urlando.

Inutile.

Niente di ciò che le sue orecchie avevano recepito riusciva ad assumere la forma di un discorso logico nella sua mente.

Era stanco.

Assonnato.

Infreddolito.

Le sue braccia si strinsero istintivamente attorno al corpo che rabbrividiva al contatto con una lieve ma fredda folata di brezza notturna.

E nella testa rimbombavano ancora quelle urla senza senso.

Solo il suono della sua voce. Acuto. Violento.

Privo di qualsiasi significato.



Cosa diavolo ci faceva lì quell' idiota?!! Che voleva da lui?! 

Litigare?

Fare a botte?

Dirgli che lo detestava per l' ennesima volta?

Ma proprio a quell' ora di notte lo doveva fare??!!


Che seccatura.


Poggiando nuovamente la spalla allo stipite della porta tornò a fissare con sguardo definitivamente infastidito il volto del ragazzo che continuava a rimanere immobile di fronte a lui.


Ma Hanamichi non poteva vedere l' espressione dei suoi occhi.

Perché il suo sguardo era rimasto incatenato addosso al suo viso. 

Imprigionato tra le sue labbra.

Senza più riuscire a smettere di fissarle. 

Come un assetato.


Senza rendersene conto fece un passo verso di lui. 

No, anzi.

Verso la sua bocca.


:" Perché non lo hai riempito di botte?......."

Un altro sospiro.

Impercettibile.

Rukawa incrociò lentamente le braccia, continuando a fissarlo.

In silenzio..

:" . . . . . . "


Osservando quelle labbra serrate che non accennavano minimamente ad emettere alcun suono Hanamichi smise di capire qualsiasi cosa.

Qualsiasi cosa avrebbe potuto sopportare.

Ma non la sua indifferenza. 

Non adesso.


:" E se fosse stato chiunque altro a farlo?......"

Un altro passo avanti. Come ipnotizzato. Mentre per tutto il corpo scorrevano brividi incontrollabili, i battiti in mezzo al petto erano forti da far male, e gli occhi non si allontanavano un istante da quel morbido rilievo ancora dischiuso.

:"E se fossi stato-...."


io?......


Le sue mani si mossero da sole.

Le vide allungarsi di scatto verso Rukawa ed afferrare i suoi capelli corvini ai lati della testa, appena dietro le orecchie.

Una presa così morbida, così liscia, le sue dita non l' avevano mia assaggiata.

E poi sentì le sue braccia attirare con forza quel viso verso il suo. 

E gli occhi ancora fissi sulle sue labbra.

Sempre più aperte.

Più sorprese.

Più vicine...




STONK




Fu una bella botta. 


Secca.

Forte.

Decisa.

Le loro fronti si scontrarono con un impatto violento, ed entrambi sobbalzarono per il contraccolpo, socchiudendo istintivamente gli occhi nell' istante del doloroso contatto.

Ma avevano tutti e due la testa troppo dura per farsi veramente male con una semplice testata.

Già.

Una testata.


Rimasero fermi sull' ingresso.

Le fronti doloranti poggiate una contro l' altra.

In silenzio.


Un brivido sconosciuto lungo la pelle di Hanamichi, che stava assaporando il contatto con quella fresca e liscia del compagno.

Era.....piacevole il calore della sua fronte.

Mischiato al lieve solletico provocato dal contatto con quei ciuffi scuri che ricadevano disordinatamente anche sulla sua testa, sfiorandogli le sopracciglia, le palpebre socchiuse, il naso e le guance infuocate.

Una morbida carezza che toglieva il fiato.


E poi di nuovo quell' odore indefinibile, dolce e aspro allo stesso tempo, che tornava ad invadere le sue narici e ad annebbiargli la mente. 

L' odore dei suoi capelli. E della sua pelle.

Così vicina. 


D' un tratto il tocco involontario tra i loro nasi, che si sfregarono l' uno contro l' altro. Delicatamente.

E un fremito sempre più intenso corse lungo la schiena, costringendo le sue labbra a serrarsi per smorzare un gemito soffocato. 

:" NNnhh....."


Gli occhi si chiusero qualche istante, per allontanare la vertigine che si era impadronita di tutto il suo corpo a quell' involontario contatto.

Poi si riaprirono lentamente, senza avere il coraggio di sollevarsi verso l'alto a incrociare quelli vicinissimi del compagno. 

Li sentiva addosso.

Neri.

Freddi.


Mentre i suoi continuavano a fissare i contorni vicinissimi e sfocati delle sue guance, del suo mento chiaro, del suo naso sottile.

E della sua bocca morbida.


:" Stupido..."

Le sue labbra si mossero da sole, ancora una volta, in un sospiro smorzato e tremante che sfiorò delicatamente il volto di Rukawa.

Le mani si strinsero attorno alle ciocche lisce e setose che avevano imprigionato tra le dita, assaporando con un fremito la sensazione di quei capelli morbidi premuti contro la pelle sensibile del suo palmo.

Il volto del compagno bloccato addosso al suo, con una stretta ogni istante più decisa. 


:" Stupido..."

Lo sguardo perduto che scivolava ancora una volta su quelle labbra. La voce sempre più flebile e incerta che usciva a fatica dalla gola secca.

Poi gli occhi si chiusero ancora, per cancellare dalla mente quella vista divenuta d' improvviso insopportabile.

Irresistibile.


E come di riflesso le sue mani allentarono dolcemente la presa, affondando con una lieve carezza in quella selva morbida e liscia. Accarezzando, toccando, sfiorando quanta più pelle potevano nel loro lento percorso lungo la sua nuca fresca, per poi andare ad intrecciarsi dietro alla sua testa. 

In un timido abbraccio tremolante.


:" Stupida volpe..."


E mentre quel contatto gli toglieva il fiato.

Il cuore gli scoppiava in petto.

La fronte scottava a contatto con la sua.

Le mani tremavano serrate intorno a quel capo corvino.

Le gambe riuscivano a mala pena a reggerlo in piedi, e il corpo era percorso in ogni angolo da fremiti incontrollabili.

Hanamichi chiuse gli occhi lentamente, senza più muovere un muscolo.....


Stringendo finalmente tra le dita il suo Rukawa.





:" N-Non capisci niente..... stupida volpe....."




Già....

Non capiva niente, la stupida volpe.

Rimase immobile come lui, lasciando ancora per qualche istante quelle grandi mani tra i suoi capelli, quella fronte così calda premuta contro la sua, e quel respiro affannoso a solleticargli le guance.

Fissando solo gli occhi chiusi di fronte ai suoi, e quel viso arrossato.

Perché non capiva.

E non aveva mai capito.


A volte sguardi colmi d 'odio e di risentimento, altre volte invece in quegli stessi occhi qualcosa che chiunque avrebbe potuto chiamare solo ammirazione.... Eppure da quella bocca solo insulti, e da quelle mani sempre e solo una gran voglia di prenderlo a pugni.
E poi c' erano anche gli altri sguardi, quelli furtivi, rapidi e quasi impercettibili, a cui non era mai riuscito a dare un nome.

Perché non capiva.

Non capiva come mai quel buffo ragazzo dal grande talento e dalla smisurata ingenuità ce l' avesse tanto con lui.

Era più bravo, è vero.

Molto più bravo di lui.

E allora?

Chiunque nella loro squadra avrebbe potuto batterlo, per adesso.

Grande talento, ma enorme inesperienza.

Chissà, forse lo detestava tanto perché era una matricola come lui, oppure per colpa di quel loro iniziale litigio sulla terrazza, del quale onestamente stava ancora tentando di capire la dinamica.

Oppure....

Chissà.


La verità era che non ci aveva mia riflettuto più di tanto.

Si era semplicemente limitato a sopportare quella valanga di insulti per lui privi di qualsiasi senso con la sua abituale indifferenza, cercando di reagire solo il minimo indispensabile.

Del resto, cos' altro avrebbe mai potuto fare?.... se non riusciva a capire?....


Quella sera poi....

Ancora più incomprensibile.

Ancora più folle, sconclusionato e casinista.

Ancora più contraddittorio.


Quelle urla, e poi quelle domande assurde, quelle frasi incomprensibili e quella rabbia così cupa.

Quella testata così strana, quel viso ancora arrossato, quel respiro affannoso, e quella stretta sempre più forte che continuava ad affondare dietro la sua nuca, premendo le loro fronti una contro l' altra in modo quasi doloroso.


Cosa diavolo avrebbe dovuto capire da tutto questo?


:" Lasciami."


Il suono freddo e basso della voce di Rukawa fece sussultare Hanamichi di colpo, risvegliandolo dallo stato di torpore che lo aveva avvolto in quei brevi istanti.

Si allontanò di scatto, allargando le mani e barcollando malamente all' indietro fin quasi a cadere.

Gli occhi bassi, e il volto infiammato da una vampata improvvisa, accompagnata dalle pulsazioni forti ed irregolari del suo petto.

Imbarazzato.

Ancora completamente intontito dall' odore della pelle di Rukawa. 

Rimase in piedi a pochi passi da lui, in equilibrio precario sulle gambe malferme, incapace di sollevare lo sguardo, per il terrore che il compagno potesse scorgervi il turbamento che quel contatto gli aveva provocato. 

La mente confusa, assordata dal battito frenetico del suo cuore. Incapace di mettere in fila un unico pensiero logico, mentre le narici si dilatavano inspirando con forza, come incredule di non riuscire più ad assaggiare il sapore che fino a qualche attimo prima le aveva invase, e le mani si stringevano sulla stoffa dei pantaloni alla ricerca del morbido contatto appena perduto. 


:" Ah.... i-io.....Non....."

Parole senza senso uscirono d' istinto dalle sue labbra secche, nel disperato tentativo di dare una parvenza di logica alle sue azioni.



:" Ho capito."



-C-come?...-

Gli occhi di Hanamichi si spalancarono, sollevandosi increduli nella direzione della voce bassa e sensuale che aveva pronunciato quella frase. 

Il suo viso sempre più rosso si fissò terrorizzato su quegli occhi neri e ancora così tranquilli.

-Capito cosa?.... C-capito cosa?!! ....-


:" No!! Non.. Non è quello che-.... Non è come sembra!!! Io non-..... Tu non-! ...."

Nient' altro che terrore nel suo sguardo, e nelle parole sconnesse che uscivano dalla sua bocca.

Il terrore istintivo di un insulto, di uno sguardo schifato, o di una risata ironica e sprezzante in risposta a tutte le dannatissime stupidaggini che aveva appena fatto, ed ai cui in quel momento non riusciva a dare che un unico significato...


:" G-guarda che non-!!"


: Lo so."


Occhi sempre più terrorizzati contro quel volto impassibile.

E Hanamichi si sentì perduto...

Per qualche brevissimo istante avvertì il terreno come mancargli sotto i piedi, e il cuore fermarsi nel petto, prima che la voce di Rukawa tornasse ad infiltrarsi nelle sue orecchie. 

Per l' ultima volta.
.


:" Lo so. L' ho capito che mi odii, mi detesti, mi vorresti uccidere eccetera eccetera eccetera. Ho capito. Hai reso bene il concetto, ok? Adesso lasciami tornare a dormire. E tornatene a letto anche tu, che non è l' ora per mettersi a fare a botte."

Nel pronunciare quella frase Kaede sì fece indietro di qualche passo, tirandosi dietro il portone con un rapido gesto.

.Senza neanche sollevare lo sguardo sul compagno.


E Hanamichi rimase fermo a fissare quella pesante anta di legno che lentamente oscurava la luce dell' ingresso, costringendo i suoi occhi a socchiudersi nel tentativo di abituarsi alla crescente oscurità.

Neanche il tempo di pensare.

O di reagire.

Neanche il tempo di farsi uscire il fiato dalla gola, e quella porta era già chiusa.

Con un rumore secco. Nemmeno troppo forte.


E ancora la testa non riusciva a funzionare.

Ancora non si era nemmeno reso conto di non averlo più tra le dita che già quel volpino gli sfuggiva di nuovo.

Ignorando ogni sua follia, e rispondendo ad ogni suo gesto con quello sguardo sempre così freddo.... Che più era freddo e più riusciva a far divampare in lui un calore ogni volta più intenso, e doloroso.....


E come sempre....

Quella stupida..... stupida volpe....



Non aveva proprio capito un accidente di niente.



SBAM.











 



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