I personaggi di Slam Dunk appartengono, purtroppo, a Takehiko Inoue, alla I.T. Planning e a tante altre persone ancora. Questa fic è scritta per puro divertimento personale e non a scopo di lucro, ecc. ecc. ecc.
FROZEN
5.
Jagged Little Feels
by Sanae
Una strada.
Vuota.
Silenziosa
Due ragazzi.
Finalmente soli.
Un ragazzo. Akira Sendo.
Perso nei suoi sogni, nei suoi occhi e in quegli stessi
silenzi. In quella strada vuota e silenziosa di fronte al centro dei suoi
desideri, che in quel preciso istante aveva deciso di prendersi.
Ad ogni costo.
Senza pensare.
Senza parlare.
Con un rapido movimento si portò di fronte a
Rukawa, e lo strinse con forza tra le braccia, bloccando quelle del ragazzo
lungo il suo stesso corpo.
Non un solo attimo di esitazione prima di premere con
forza la bocca contro quella del compagno.
E il labbro prese a bruciare ancora più intensamente,
schiacciato contro quella bocca morbida e sorpresa, appena dischiusa.
Ma non riusciva a sentire quel dolore.
Sentiva solo la morbidezza, e il calore. Imprigionati tra
le sue labbra.
Adrenalina.
Una scarica intensa.
Lungo la schiena, e poi sul collo. Fin sulla punta delle
dita che affondavano febbrilmente nella stoffa leggera della sua maglietta. E
sotto quella stoffa avvertivano il calore della sua pelle…..
Poi uno scatto improvviso, all' indietro, di quella chioma
nera e di quella bocca afferrata ancora una volta senza il suo permesso. E il
contatto svanì per qualche istante.
Quel corpo stretto addosso al suo tentò di divincolarsi con uno
strattone deciso. Ma le
braccia si serrarono con più forza attorno a quei movimenti convulsi, con un
vigore che non sapevano ancora di possedere.
Adrenalina.
-Non ti lascio andare…-
Le labbra si spingono in avanti, a cercare il contatto
perduto. Il calore del suo respiro
le sfiora, e loro si avvicinano un po' di più, tornando ad accarezzare quel
tepore, e quella morbidezza.
Solo una carezza, fino a quando iniziano a muoversi.
Lentamente. Sfiorando
le sue.
” Perché mi piaci da morire…..”
Un sussurro. Ad occhi chiusi.
Che scivola dolcemente sulla sua bocca.
E lui si ferma.
Niente più strattoni, o tentativi di liberarsi.
Niente più scatti all' indietro, per allontanarsi.
Le sue labbra rimangono lì, a sfiorare il calore
insopportabile di quella ferita, che brucia sempre più forte. Ma non di dolore.
Lo sta guardando sicuramente. Con quei suoi occhi così
neri e così freddi.
Oh sì, anche adesso sono freddi; lui lo sa, ma non gli
importa. Non vuole aprire i
suoi per controllare. Gli
basta il calore dei loro respiri, che sfiorano le labbra e le narici con un
ritmo regolare. Mescolati
assieme.
Gli basta il calore del suo corpo stretto tra le braccia.
Fermo.
Ancora pochi istanti, e già non basta più.
Il viso si spinge più avanti, chiudendo quel respiro
ancora una volta tra le labbra. E poi la bocca si schiude, e i denti si
stringono dolcemente su quella carne morbida e invitante.
Un morso delicato, sul suo labbro inferiore. Allenta la
presa per poi riprenderla in un istante, qualche millimetro più avanti.
La lingua scorre lungo quel fresco ed umido lembo di pelle
prigioniero, impadronendosi del suo sapore. Amaro, eppure dolce, fresco, pungente. Poi scivola in avanti di colpo, affondando
con avidità nel piccolo varco concesso dalla sua bocca appena dischiusa.
Accarezza con avidità quelle pareti umide e fresche,
esplorando ogni pertugio, assaporando ogni millimetro con la punta della lingua.
Il sapore aspro del sangue che esce dal taglio ancora
fresco si mescola a quello intenso e sconosciuto che emana ogni angolo della sua
bocca.
Stordente.
Ruvido.
Intossicante.
Le unghie affondano nella sua schiena.
Le mani la percorrono con foga, su e giù lungo quel cotone leggero, che
lascia al tatto la gioia completa di ogni più piccola curva.
Nella sua bocca movimenti sempre più rapidi, impazienti.
Alla ricerca disperata ed istintiva di un contatto tra le loro lingue.
Il respiro sempre più affannoso.
E la mente sempre più leggera, mentre lo stomaco si
stringe in una morsa dolorosa di piacere, propagando in tutto il corpo un'
intensa ondata di calore.
La testa è vuota.
Solo sensazioni la attraversano, rapide ed intense come
lampi.
Il suo respiro, e il suo sapore, le sue labbra umide e la
sua schiena liscia ed ampia, tutta da accarezzare.
Poi un nome, come un flash, davanti ai suoi occhi chiusi.
E le corde vocali vibrano in un sussurro involontario, senza allontanarsi
dalla sua bocca.
" Rukawa…"
Già… Rukawa.
Che era rimasto immobile.
Fino a quel momento.
Le braccia ferme lungo i fianchi,imprigionate in quell'
abbraccio soffocante.
Gli occhi aperti, fissi in quelli chiusi ed abbandonati
che sfioravano delicatamente le sue ciglia ad ogni movimento. Come incollati ai
suoi.
Il petto schiacciato contro quello del compagno, avvertiva
i suoi battiti sempre più intensi, sempre più veloci, che scaldavano la pelle
e smorzavano quel respiro.
Un respiro spezzato, ansante. Che sfiorava il palato con
un ritmo intenso e regolare, mischiato al sapore amaro del suo sangue.
E Rukawa lasciava che quella lingua calda e invadente
esplorasse la sua bocca. Sempre immobile.
Senza rispondere a quei tocchi prima delicati, ora sempre
più intensi e frementi, che imploravano le sue carezze…..
Anche una sola.
Anche un solo guizzo, in risposta a quei movimenti scossi
di desiderio.
Ma lui rimase immobile.
Ancora per qualche istante.
Qualche istante di sospiri, calore e battiti.
Stretti addosso a lui.
Qualche istante di quel sapore nuovo, e di quel gusto di
sangue nella bocca. Qualche istante di una frenesia e di una forza sconosciute
in qualsiasi altro bacio.
Qualche istante ancora.
E poi le sue labbra si chiusero, di scatto.
I denti si serrarono con forza su quella lingua che
incautamente e febbrilmente continuava a scivolare all' interno della sua bocca.
ZACK.
E il sapore di sangue si fece più intenso.
Il volto di Sendo si allontanò con uno scatto doloroso,
mostrando nei lineamenti una smorfia di sofferenza ed insieme di sorpresa.
"Ahi…" mugolò
con voce roca, stupita; muovendo con un gesto convulso la lingua ferita e
sanguinante all' interno della bocca.
Non se lo aspettava….
Non così.
Non adesso.
Eppure le braccia non allentarono la presa.
Rimasero strette attorno a quel corpo ancora immobile,
mentre i suoi occhi vagavano incerti lungo il volto impassibile del suo
prigioniero, alla ricerca di una qualche espressione; un segno…
un qualsiasi motivo.
La lingua gonfia pulsava contro il palato, lasciando
scivolare un acido sapore di ferro giù fino allo stomaco, e
le pareti della bocca percepivano al tatto quei piccoli solchi lasciati
nella carne dai suoi incisivi.
Piccoli, piccolissimi taglietti.
Quasi impercettibili.
Un morso leggero.
Sulle labbra doloranti di Sendo comparve un sorriso
involontario.
Adesso non riusciva a pensare se non che Rukawa avrebbe
potuto fargli male sul serio, con quei denti sottili e bianchi che così
raramente apparivano tra le pieghe tentatrici delle sue labbra sempre serrate.
E invece non era stato che un morso leggero.
E quel bastardo continuava a rimanere immobile, fissandolo
con i suoi occhi neri ed impenetrabili; come se si stesse divertendo a lasciarlo
lì in sospeso, con quella bocca socchiusa, quelle ciglia lunghe e scure, e quel
viso stupendo sempre fermo a pochi centimetri dal suo.
Come una sfida. Una tentazione ancora irresistibile…..
:"Lasciami."
Come di riflesso le sue braccia si serrarono con più
forza attorno al corpo del ragazzo.
I loro petti schiacciati l' uno contro l' altro in quell'
abbraccio soffocante, che sembravano quasi come volersi scambiare i ritmi
alterati dei loro cuori.
Dalla bocca sempre più gonfia usciva un ansito delicato,
che arrossava le guance e il naso di Akira come quelli di un ragazzino.
Ma nonostante il calore che saliva lungo il viso i suoi
occhi non riuscivano a staccarsi da quelli magnetici e scuri del compagno, sopra
ai quali le folte sopracciglia
avevano formato una lieve curva verso il basso, donando a quello sguardo fino ad
ora inespressivo un atteggiamento quasi minaccioso.
Finalmente….
Di nuovo un sorriso comparve sulle sue labbra sanguinanti,
alla vista di quel bagliore conosciuto negli occhi di Rukawa.
Un bagliore di sfida che aveva visto solo in campo.
Fino ad ora…..
:" Lasciami."
Il tono più secco, deciso. La voce più alta. Dalla gola
una vibrazione quasi irritata.
E Sendo strinse ancora più forte. Semplicemente.
Chinò la testa in avanti, appoggiando la fronte sulla sua
spalla ampia, per poi lasciarla scivolare dolcemente sulla stoffa
fino a toccare il suo collo chiaro, e fresco.
Quasi gelido rispetto alla fronte che scottava, come se avesse la febbre.
L' odore umido della sua maglietta e della sua pelle
lievemente accaldata gli sfiorò le narici, e le mani affondarono con un fremito
ancora una volta lungo quella schiena liscia.
Per un istante lasciò andare il suo equilibrio,
abbandonandosi addosso a lui.
Per un istante.
:" Non
ti lascio andare… No…"
Rimase immobile.
Pochi secondi ancora.
Senza pensare a quello che aveva fatto, e detto.
Solo fermo a constatare ed assaporare la sensazione di quel contatto.
Poi allargò le braccia, sollevò la testa, fece un passo
all' indietro, barcollando leggermente, alzò lo sguardo verso di lui.
E sorrise.
:" Non posso."
Guardò ancora per qualche istante il viso di Rukawa,
assaporando quell' espressione sempre leggermente irritata, ma ora anche
stupita.
Era una sensazione elettrizzante sapere di essere la causa
di quelle emozioni su un volto sempre così impassibile…
E così irrimediabilmente bello.
Poi vide le labbra del ragazzo schiudersi. Muoversi per
iniziare, forse, a dire qualcosa.
E si accorse che non voleva sentirla.
Non voleva saperlo adesso, che cosa sarebbe stato di lui e
della sua sfacciataggine, della sua pazzia, delle sue labbra doloranti e della
sua lingua gonfia. Del suo desiderio e della sua testardaggine….
Non era pronto a sapere adesso se avrebbe potuto ancora
affondare il viso nell' incavo di quel collo bianco, oppure no…….
Si voltò di scatto, abbassando la testa sul marciapiede,
ed iniziando a camminare velocemente, lontano da lui e dalla sua voce. Per chissà
dove, poi….
Nessun suono arrivò alle sue spalle. Nessuna parola.
E allora Sendo si fermò un istante, sollevò un braccio
verso l' alto e lo scosse con forza sopra la testa, in segno di saluto, senza
voltarsi.
Poi riprese a camminare spedito verso il nulla. Senza
nemmeno guardare dove metteva i piedi.
Cinque, sei, otto, dieci, venti passi. Uno più lungo
dell' altro. Uno più barcollante dell' altro.
La strada si divideva. Un incrocio.
Senza avere il tempo di pensare il corpo svoltò a
sinistra, d' istinto. E poi ancora sette, otto passi senza l' ausilio della
ragione., fino a quando lentamente il cervello tornò padrone delle sue azioni.
La memoria ripercorse rapidamente gli ultimi dieci minuti della sua vita.
E Sendo si fermò.
Si volse indietro, poi di nuovo avanti.
Immobile a guardare fisso davanti a se poggiò la schiena
sul muro con un tonfo, mentre sul suo volto comparve un sorriso sempre più
divertito, che si trasformò rapidamente in una risata sconvolta, quasi
isterica.
Posò una mano sulla bocca, per bloccare i singhiozzi
involontari, premendo con forza le dita sul taglio che solo ora si stava
ricordando di avere.
E faceva pure
male….
Rovesciando la testa all' indietro emise un profondo
sospiro, calmando le risa e rimanendo immobile appoggiato alla parete, con un
sorriso idiota sulle labbra.
Ancora senza riuscire a crederci.
Assurdo.
Impensabile.
_Io devo essere completamente impazzito…...-
Ancora una volta.
Come in una specie di copione che neanche il caso riesce a
modificare.
Ancora una volta Rukawa si ritrovava a fissare la schiena
di qualcuno che si allontanava di corsa, senza una spiegazione, senza una
parola.
Come al solito.
Ma forse la colpa era sua.
Era lui che non riusciva mai a capire.
Non si sforzava mai di farlo, in genere….
Però adesso…..
Akira Sendo.
Secondo anno al liceo Ryonan. Playmaker, ala piccola, ala
grande. Ruolo sostanzialmente indifferente, dato il talento.
Un vero talento.
Ogni volta che scendeva in campo contro di lui si chiedeva
cosa diavolo aveva aspettato fino ad ora il destino a farglielo incontrare.
Se solo avesse potuto battersi con un avversario così
anche alle scuole medie…
Agile.
Non aveva mai visto prima d' ora un giocatore che sapesse
liberarsi tanto facilmente da una marcatura.
Veloce.
Era un impresa seguirlo anche quando correva con la palla
in mano.
Astuto.
Era dura da ammettere ma… le sue finte lo ingannavano quasi sempre.
Preciso.
Ogni volta che si alzava da terra per lanciare era un
canestro sicuro.
Maledetto.
Probabilmente fin dal giorno in cui era nato Kaede aveva
desiderato trovarsi di fronte ad un avversario come quello.
Averlo di fronte. Incrociare il suo sguardo serio e
divertito allo stesso tempo mentre il pallone tra le mani scandiva contro il
legno il trascorrere rapido dei secondi. Saltare qualche istante prima di lui
nel tentativo spesso inutile di stoppare qualcuno dei suoi tiri perfetti.
Seguirlo con lo sguardo e con il corpo in ogni più innsignificante movimento,
per poter prevedere ogni sua azione….
Sin dalla prima amichevole che avevano giocato non era più
riuscito a pensare ad altro se non al modo di giocare di quel bastardo.
Al suo talento straordinario.
Un talento che forse qualcuno avrebbe potuto anche
considerare….. superiore al
suo?…..
Impossibile.
Non lo avrebbe mai permesso.
Lo avrebbe battuto qualsiasi costo. Superato con
qualsiasi mezzo.
Akira Sendo….
Probabilmente era proprio quel ragazzo dalla buffa
pettinatura e dal sorriso sempre stampato sul volto l' avversario che stava
cercando da tanto tempo.
Nessuno prima di lui era riuscito a metterlo in difficoltà
fino a quel punto.
Nessuno era mai riuscito a farlo correre tanto, sudare, e
addirittura sbagliare….
Con il dubbio insopportabile conficcato nel petto che forse quel ragazzo
era in grado di…. batterlo.
Nessuno prima di lui era mai riuscito a farlo eccitare
tanto…..
Eccitare, sì…..
Termine decisamente poco appropriato da farsi venire in
mente in una situazione simile.
La lingua di Rukawa si mosse lentamente all' interno della
sua bocca, assaggiando ancora una volta il sapore amaro misto di ferro e sangue
che le labbra di Sendo vi avevano lasciato.
Un bacio.
In mezzo alla strada.
Sulla bocca.
Nella bocca.
Akira Sendo.
-Ma tu guarda cosa doveva……-
Un ragazzo.
Non una femmina, bella o brutta, alta o bassa, magra,
giovane, timida o sfacciata, dai lunghi capelli neri o dal taglio corto e
chiaro.
Aveva smesso da tempo di tenere il conto di tutte le
ragazze che nei modi più strani cercavano di attirare la sua attenzione, di
corteggiarlo, di fidanzarsi con lui o anche solo di farsi baciare una volta.
Farsi scopare una volta.
Di alcune ricordava perfino il nome, e il sapore della
pelle.
Le donne hanno spesso un buon sapore…..
chissà perché…..
Però il sapore di un ragazzo non lo aveva mai sentito.
Prima d' ora.
D' improvviso un lampo.
Un ricordo lontano si fa strada nella sua mente.
Il ricordo di un altro marciapiede, un' altro pomeriggio
assolato e deserto, e la stessa strana atmosfera silenziosa.
Il ricordo di un' andatura lenta e assonnata, rallentata
da quella maledetta cartella di pelle marrone, così terribilmente pesante anche
se vuota, che papà ci teneva così tanto a fargli usare per una qualche sua
oscura ragione. E il caldo
che diventava quasi soffocante dentro a quelle stupide divise scolastiche.
Era trascorso ormai quasi un anno da quando aveva iniziato
a frequentare le medie, e non riusciva ancora ad abituarsi a quell'
abbigliamento obbligatorio.
E poi il ricordo di quella voce alle sue spalle, forte e
allo stesso tempo tremolante, che lo richiamò proprio in mezzo alla strada.
:" R-Rukawa-san!"
Non era una voce di donna, fortunatamente.
Al meno per oggi forse l' aveva scampata.
Era una voce sconosciuta.
Rukawa si volse lentamente in risposta a quel richiamo.
Rammentava ancora piuttosto bene i lineamenti del ragazzo
che si trovò di fronte allora, ad una decina di metri da lui.
Immobile, con la testa bassa e visibilmente imbarazzato. I
capelli neri tagliati con precisione millimetrica ricadevano appena fin sotto l'
orecchio ai lati del suo viso, lasciando libera la fronte non troppo ampia.
Un paio di occhiali dalla montatura scura poggiavano sul suo naso
sottile, in quel momento leggermente arrossato.
Era piuttosto bassino, sul metro e sessantacinque così a
occhio.
Non lo conosceva.
Non lo aveva mai visto prima d' ora, ma dalla divisa
uguale alla sua dedusse molto argutamente che doveva essere un suo compagno di
scuola. Magari uno di quelli dell' ultimo anno.
Di sicuro era più grande di lui, comunque.
Che cosa voleva?
Dalle labbra gli uscì un involontario sospiro di
rassegnazione all' idea di dover sopportare l' ennesima sfuriata da parte di un
fidanzato geloso.
Era stanco, assonnato, stufo di stare stretto in quella
stupida camicia sudata, e non aveva la minima voglia di perder tempo dietro a
quell'idiota; ma il ragazzo dopo averlo chiamato sembrava aver perso l' uso
della parola…. Rimaneva fermo di
fronte a lui, con le braccia dritte lungo il corpo, senza neanche alzare la
testa.
Forse era solo una sua impressione, ma gli parve per un
istante che stesse tremando….
-Voglio andarmene a casa-
Con in testa
l' immagine del suo bel letto fresco appena rifatto Rukawa parlò senza pensarci
due volte.
:" Che cosa vuoi?"
Il suono di quelle parole scosse il suo interlocutore come
un colpo di pistola vicino all' orecchio.
Barcollò leggermente all' indietro, per poi riprendersi
con un maldestro colpo di reni. Il
suo sguardo si alzò lentamente a scrutare per qualche istante il viso del
compagno di scuola, lasciando intravedere sotto le lenti degli occhiali due
guance rosse e due occhi scuri impauriti e imbarazzati.
La testa si abbassò di nuovo di scatto, quasi che avesse
timore di rimanere troppo a lungo in posizione verticale.
Poi un sospiro profondo riempì il petto del ragazzo, e
quello che ancora una volta sembrò un forte tremolìo percorse tutto il suo
corpo, prima che prendesse a parlare con voce spezzata, tutto d' un fiato come
se avesse paura di non riuscire ad arrivare in fondo .
:" S-scusami se ti disturbo…
Ecco io-…. Io mi
chiamo Shinji Murata, della sezione C. Io-… Noi non c-ci siamo mai parlati ma… ti ho visto spesso nei corridoi, e anche il giardino, e
anche…. ti ho guardato giocare un sacco di volte e…. sei bravissimo, davvero. Ti
ammiro tantissimo…. Tu sei…
N-non ho mai incontrato nessuno come te… "
Il fiato gli morì in gola e un singhiozzo soffocato bloccò
il suo fiume di parole per qualche secondo.
Mi
chiedevo se p-per caso tu qualche volta non avessi voglia magari di-….
non so, uscire a bere qualcosa….c-con me….
O m-magari solo due passi… Ti
accompagno a casa magari….. M-magari
soltanto un-…."
Non riuscì a finire nemmeno quella frase. Un singhiozzo
più forte, che non fu capace di trattenere, gli strozzò il respiro in gola, mentre le sue spalle iniziarono a tremare vistosamente, muovendosi su e giù a
un ritmo irregolare, improvviso.
:" M-mi piaci….."
La voce roca, bassa,
impastata delle lacrime che ormai scendevano copiose sul suo viso, ed
apparivano ormai evidenti anche tra i ciuffi di capelli che ricadevano sulla sua
fronte china.
Stava piangendo.
Disperato.
E Kaede ricordava ancora aggi la sensazione che aveva
provato allora vedendo quel pianto.
- Mi piaci….- per
la prima volta una frase del genere che usciva dalle labbra di un ragazzo,
rivolta a lui.
Prima di allora non ci aveva mai pensato…..
Prima di quel preciso istante, e di quelle parole gonfie
di lacrime, la sua mente semplicemente aveva sempre dato per scontato che agli
uomini piacessero le donne, e alle donne gli uomini.
Stop.
Si ritrovò a vergognarsi delle sue idee così misere, e
ristrette.
E soprattutto
si vergognò del moto istintivo di diffidenza e di ribrezzo che gli percorse la
schiena al momento in cui comprese che quel ragazzo…..lo desiderava.
Un ragazzo.
Un maschio.
Rukawa era abituato a sentirsi desiderato, amato,
corteggiato. Fino alla nausea.
Ma non certo da un…..
….ragazzo.
Semplicemente non lo aveva mai considerato possibile,
prima d' ora.
Semplicemente non ci aveva mai pensato…..
Di sicuro il suo stomaco avrebbe accolto quella
rivelazione con un istintivo senso di nausea, se Kaede non avesse visto prima di
ogni altra cosa quelle lacrime scorrere sul viso del compagno, e quei singhiozzi
scuotergli il petto.
Conosceva così bene quel pianto….
Il pianto di chi sa che non potrà mai essere accettato
per quello che è, e per quello che ama.
Di chi nonostante gli sguardi di derisione, di diffidenza, e qualche
volta anche di schifo degli altri, non riesce a fare a meno di continuare a
percorrere la sua strada, anche contro tutto e tutti.
:" Mi piaci tantissimo….. L-lo so che ti fa… schifo…..
Non sei il primo, n-non sei il solo….
Non è normale, lo so….. p-però-…….."
Singhiozzi sempre più forti.
Rukawa posò a terra la cartella, e si avvicinò
lentamente a quelle spalle tremanti, cercando di intravedere i suoi occhi sotto
le lenti, e i capelli, e la testa china, e le lacrime….
:" N-non mi importa se agli altri faccio schifo…
Non mi interessa se mi prendono in giro!!
Mi basta….. M-mi
basterebbe soltanto che tu…… "
Non riusciva a vederlo in volto. Udiva solo quelle parole
sconnesse, ansanti e appena sussurrate.
Ora era ad un passo da lui. Fissava la sua testa bruna
china in avanti, che gli arrivava appena all' altezza delle spalle.
Si chinò di colpo sulle ginocchia, di fronte a lui,
sollevando lo sguardo verso quel viso nascosto. E finalmente lo fissò negli
occhi. Prima socchiusi, poi di
colpo spalancati alla vista del ragazzo accovacciato che lo stava guardando da
terra, con espressione seria.
Il respiro, le parole, il pianto….
Tutto si bloccò nei polmoni appena il loro sguardi si incrociarono.
E il ragazzo rimase a bocca aperta, a fissare così da
vicino quel viso che da mesi rincorreva per i corridoi della scuola, si
accontentava di intravedere da lontano dagli spalti della palestra, sognava
tutte le notti di poter sfiorare al meno una volta….. Al meno una…..
E adesso non riusciva a muovere un muscolo.
Rimase immobile osservando il dito indice di quelle mani
così grandi e così chiare, così belle… che si sollevava verso l' alto,
puntando dritto verso il suo naso bagnato di lacrime.
:" Non permettere mai a nessuno di deriderti per
quello che ami. A
nessuno."
Chissà perché lo aveva detto.
Chissà perché in quel posto, e a quel ragazzo.
Forse non era il momento giusto, e come al solito non
aveva capito nulla.
Eppure…
Dopo un attimo di smarrimento un sorriso disperatamente
felice spuntò sulle labbra umide di pianto del suo senpai, che con un gesto
rapido si asciugò il viso, per poi tornare a fissare affamato quegli occhi neri
ancora così seri, e così vicini…..
:" S-sì…. Hai
ragione…. Io-…
Il sorriso sempre più radioso, quasi ebete.
Che buffo che era.
Solo un secondo prima piangeva come un disperato…..
:" Nessuno ne ha il diritto, ricordalo."
Già…
Si stava sentendo quasi ridicolo, a fare discorsi così
seri con uno che neanche conosceva, accovacciato in mezzo ad una strada,
per giunta sudato fradicio….
Ma il volto felice di quel ragazzo lo faceva sentire un
po' meno idiota.
: " S-stai con qualcuno… adesso?……
"
Che domanda stupida… Lo sapeva tutta la scuola che si
era messo con quella brunetta della seconda F… Ayako.
Una tipa davvero niente male.
Fissò per qualche secondo quelle guance sempre più
arrossate, e quelle spalle ancora tremolanti,
:" Sì;"
:" Non importa… Lo sapevo, sai?….
Volevo solo che tu sapessi che……
sei fantastico. "
Che buffo che era.
D' improvviso il ragazzo sollevò in alto la testa, e si
allontanò di qualche passo per poterlo guardare ancora negli occhi.
Non c' erano più tristezza, o timore nel suo sguardo,
solo un imbarazzo sempre più evidente.
Chissà… forse si stava rendendo conto solo in quel
momento di ciò che aveva appena fatto.
:" Grazie…."
Quella voce rotta dall' emozione giunse a mala pena alle
orecchie di Kaede mentre si stava lentamente rialzando dalla sua scomoda
posizione.
:" Scusami ancora se ti ho disturbato e….
Grazie….. Rukawa-san…."
E poi?…..
Cos' era successo?
Anche quel ragazzo era corso via dandogli le spalle? O per
una volta era riuscito a terminare una conversazione in modo civile?
Non lo ricordava.
Ricordava bene solo quel pianto.
Anche adesso.
Quelle lacrime che i suoi occhi avevano conosciuto così
bene, fin da piccolo… E
quegli sguardi di derisione e di scherno, da parte dei suoi coetanei.
:" Come hai detto che si chiama lo sport che fai?
Basket?…. "
Io…
:" Mi spieghi che gusto ci provi a correre dietro a
quella palla tutto il giorno? Mi
sembri scemo…"
No.
:" Perché diavolo non ti sei messo con la Yoshizuki??
Tu sei tutto matto! Scommetto che da grande vorresti sposarti con quello
stupido pallone. Hahaha"
Basta.
:" Suo figlio mi preoccupa, signora Rukawa…
sembra interessato unicamente a divertirsi nei campetti da basket, piuttosto
che mettersi sul serio a studiare."
Smettetela.
:" Lascialo perdere quello…
Si diverte solo a lanciare in quel cesto tutto il giorno…."
Perché?
:" Che sport idiota! Dieci scemi in calzoncini che rincorrono una palla
arancione. Mi domando come possa esistere della gente a cui interessi una cosa
simile."
PERCHE'?
Era passato tanto tempo dall' ultima volta in cui i suoi
occhi avevano versato lacrime di rabbia per una frase del genere.
Eppure il ricordo di quell' orribile sensazione riusciva
ancora a scottarlo.
Era davvero così difficile da capire?…..
Davvero per gli altri era una cosa così assurda amare uno
sport come il basket?
Per lui era tutta la vita….. La ragione per cui si alzava al mattino, si
vestiva, si lavava, mangiava un boccone e andava a scuola.
Solo per poter scendere in campo per l' allenamento
pomeridiano. Un paio d' ore.
Si sentiva bene quando era in campo.
Era completamente felice solo quando sentiva tra le dita
la gomma ruvida e spessa del pallone, e poteva guidarlo verso il canestro
superando uno ad uno tutti gli avversari.
E poi un lancio dietro l' altro. Dai cinque metri.
Dieci, cento, mille volte. Per ore. Fino a quando il tiro non era
perfetto. Fino a quando l' unico suono che accompagnava il pallone all' interno
del cerchio metallico era il lieve fruscio della rete bianca.
Ogni fruscio era un brivido. Di soddisfazione, orgoglio,
appagamento.
Di felicità.
E per gli altri rimaneva solo uno stupido gioco da
ragazzini….. Un passatempo.
Gingillarsi con un pallone arancione non poteva certo
essere il sogno di una vita….
:" Vedrai che è solo l' età, poi gli passa."
:" Poverino quel ragazzo, chissà quali terribili
carenze affettive deve avere per buttarsi così disperatamente su uno sport come
il basket…"
:" Sempre attaccato a quel canestro… deve aver
sofferto molto nella vita…."
:" E' così scontroso, e taciturno….
Come se odiasse il resto del mondo…"
Era colpa loro!!
Erano i loro sguardi stupiti e diffidenti che lo
allontanavano, che lo turbavano , che non volevano capirlo….
Che preferivano immaginare chissà quale terribile sofferenza nel suo
animo, piuttosto che considerare la sua passione per il basket semplicemente per
quella che era:
Una passione.
Che bisogno avevano di trovare mille scuse e mille
motivazioni per la sua voglia di giocare?
Era veramente così incomprensibile che un uomo potesse
vivere per uno sport?
Rukawa lo sapeva che il suo posto era in campo.
Lo sapeva dal giorno in cui era nato.
Lo sapeva perché era solo là che si sentiva veramente
vivo. Da sempre. Senza un motivo.
Semplicemente perché era lui, ed era lì, ed era il suo destino.
E avrebbe tanto voluto….. sì, tempo fa avrebbe dato qualsiasi cosa
per poter condividere con qualcuno -anche solo UNA persona- i suoi desideri, le
sue aspirazioni….. i suoi
sogni…..
Anche un solo, dannatissimo essere umano che sentisse ciò
che sentiva lui calcando con le scarpe da ginnastica un pavimento di teck appena
lucidato, e serrando le dita umide di sudore sulla superficie sferica e ruvida
di un pallone da basket.
Invece per gli altri- anche per i suoi compagni di
squadra, alle medie- il basket rimaneva sempre e soltanto un gioco, in fondo.
Lo ammiravano, lo invidiavano, lo lodavano.
E non lo capivano.
Lo guardavano storto se rifiutava di uscire con loro
preferendo passare un pomeriggio al campetto, ad allenarsi, e lo prendevano in
giro perché stava meglio tenendo tra le braccia una palla, piuttosto che una
bella ragazza…..
Ne aveva sofferto.
Cavoli, era fastidioso ricordarlo, ma ne aveva sofferto
così tanto…..
Tanto che alla fine si era guardato intorno e si era detto
'Basta'.
Basta sguardi di scherno, di diffidenza e di stupore.
Basta tentativi di far capire agli atri qualcosa che non potevano
comprendere. Basta lacrime. Basta tristezza. Basta rabbia.
Basta.
Era completamente inutile.
Certo… sarebbe stato meglio non essere solo lungo la
strada che aveva scelto…. sarebbe stato più bello avere qualcuno con cui
condividere i proprio sogni, ma evidentemente questo non era possibile.
Beh, pazienza.
In fondo si era accorto di non averne veramente bisogno.
Si era accorto che lui… non aveva bisogno dell'
approvazione di nessuno.
Il basket per lui era sufficiente.
Anche se nessuno riusciva a capirlo, questo.
E così aveva semplicemente smesso di preoccuparsi per gli
altri, e di cercare la loro comprensione, dato che nessuno aveva mai fatto lo
sforzo di concedergliela.
Lo aveva fatto volontariamente?
Forse…
Tanto ogni volta che aveva provato a condividere con
qualcuno le sue vere emozioni, e la sua passione, il massimo che aveva ricevuto
in cambio era stato un sorriso dolce, stupito, e un po' deluso……
Pazienza.
Anche se all' inizio si era sentito davvero un po' solo.
Poi ci aveva fatto l' abitudine a tenere a distanza il
mondo, e si era accorto che aveva i suoi vantaggi.
Non era poi tanto terribile, così come la maggior parte
della gente tende a pensare. Star
soli era forse un po' noioso a volte, ma rilassante, e soprattutto gli
permetteva di dedicare tutto se stesso ai suoi ideali, senza doversi preoccupare
di altro.
Chissà…. Forse inconsciamente era anche per questo che
allontanava tutti.
Sentiva di non essere in grado di dare a nessuno un'
attenzione sufficiente. Perché
quasi tutto il suo cuore era già prenotato… da tanto tempo.
E ci aveva rinunciato.
Aveva perso la speranza di poter trovare un giorno quella
famosa persona. Anche quella sola,
unica persona capace di comprendere la sua passione , e di viverla assieme a
lui.
Aveva smesso di sperare.
Si era abituato a camminare solo.
E stava anche bene.
Fino ad oggi…..
Cioè… forse non proprio in quel momento.
Non era stato il bacio.
No.
Quello era servito solo a fargli realizzare con esattezza
ciò che fino ad ora si era rifiutato di pensare, per evitare di illudersi.
Pensare che forse… cavoli….. l' aveva davvero trovata.
Proprio quando ormai non ci sperava neanche più, che
potesse esistere. Non lì. Non da poterla incontrare adesso, in Giappone, a
Kanagawa.
Beh, non l' aveva certo immaginato così….
Un bacio.
Di tutte le cose che avrebbe potuto dirgli, chiedergli,
fargli.
Un bacio.
L' unica cosa di cui in quel momento non aveva bisogno.
Ma questo adesso non aveva la minima importanza.
Sentiva che era lui.
Lui che provava le sue stesse emozioni. Lui che vibrava
con le sue stesse scariche elettriche. Lui che aveva il suo stesso sguardo
determinato. Lui che si alzava, dormiva, respirava e viveva per una cosa
soltanto.
L' aveva trovata.
La persona con cui avrebbe potuto percorrere la sua
strada.
E aveva anche un buon sapore…..
Akira Sendo….
***
”
Senti piccolo, me la presti quella palla? Ti prometto che domani mattina te la
riporto.”
Sollevando
i suoi grandi occhi neri verso l' alto, il ragazzino rimase immobile, stringendo
con un fremito tra le sue piccole dita sottili quell' enorme pallone da basket.
Spaventato.
Improvvisamente
le sue labbra cominciarono a tremare, mentre due grossi lacrimoni presero a
scorrere rapidamente giù lungo le sue morbide guance arrossate.
Preavviso
di una catastrofe.
”
BUAAAAAAAAHH!!!”
”
E-ehi ! C-calma! Non ti faccio
niente! Io………occavoli !……. N-NON PIANGERE ACCIDENTI!!!! EHI!!! Mapporc-…..!!!!!!!”
Lasciando
cadere la sfera sul marciapiede e portandosi le mani davanti agli occhi ormai
inondati di pianto, quel povero bambino scappò via terrorizzato correndo alla
velocità massima che gli consentivano le sue corte gambette fasciate in due
vistosi calzettoni verdi, come se avesse visto il mostro più raccapricciante
dei suoi peggiori incubi…..
Hanamichi
rimase di sasso, in uno stato d’ animo a metà tra l’ offeso e il
mortificato.
”
……….N-non volevo spaventarlo, accidenti .”
Un
profondo sospiro sconsolato uscì dalle sue labbra mentre si chinava a
raccogliere il pallone, sollevandolo da terra con una mano sola e lasciando l’
altra infilata nella tasca.
Si
diresse poi a testa china verso l’ ingresso del campetto.
Era
vuoto, per fortuna……
O
forse per sfortuna.
Se
quei due non erano venuti qui a giocare a basket…… non voleva neanche immaginare dove potessero essere andati
insieme.
Già…
Perché
era sicuro che fossero ancora insieme in quel momento.
Finalmente
soli.
”
Maledizione!”
Una
breve rincorsa. Rapida. Violenta.
Poi
un salto.
Un
salto di quelli che solo lui sapeva fare. Sempre
più in alto di tutti.
Schiacciò
con rabbia il pallone dentro al canestro, con entrambe le mani, stringendo
immediatamente le dita con forza contro quel ferro gelido e vibrante.
E
rimase a penzolare lì immobile, senza muovere più un muscolo, con gli occhi
fissi sull’ asfalto del campo.
-Accidenti
a lui…….
Accidenti
a lui !!
Stupido!!
E accidenti a me…
Accidenti
a questa-……. -
sciocca gelosia?
-SCIOCCA?!! Come può essere sciocca?!!!
Stanno sempre insieme dal giorno di quella dannata partita!!
Appiccicati come due-… due maledetti bastardi
imbecilli!!!!
Come-!!……….. Come
diavolo faccio a non essere geloso?!!
-
:". . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
."
Spalancò gli occhi.
Lasciò
di scatto la presa, ed i suoi piedi toccarono il suolo con un tonfo sordo.
-Non
sono geloso….
D-di quella stupida volpe?! Ma figurati !!
E’ assurdo. -
Assurdo,
sì.
Assurdo
che ogni volta che si trattava di Rukawa lui dovesse sempre perdere la calma in
quel modo, sbraitare e urlare come il più pazzo dei pazzi.
Quello
strafottente, stupido, addormentato bastardo!
Ma chi cavolo si credeva mai di essere sempre con quello sguardo di
superiorità stampato sulla sua faccia da sberle???
Era
impossibile non perdere la calma ogni volta che se lo ritrovava di fronte!
Lo
odiava.
Lo
detestava.
L’
aveva sempre detestato quel volpino.
Già
prima di conoscerlo solo a sentir pronunciare il suo nome andava in bestia!
Era
così no?….
DOVEVA
essere così. Era
sempre stato così, dal primo giorno in cui lo aveva incontrato.
Lo
odiava…. No?….
Non
poteva spiegarsi altrimenti… tutta quella rabbia che aveva in corpo….
Una
rabbia talmente forte da fargli venire i crampi allo stomaco, e i brividi, e la
voglia di spaccare qualsiasi cosa si fosse trovato davanti !!
Maledizione!!
Era
sempre così dannatamente indifferente! Freddo!
Distante!
Bastardo
insensibile!!
Stupido!!
Però
a spasso con Sendo ci andava volentieri quel pezzo di stronzo che non era altro,
vero?!! Era sufficiente che
qualcuno gli sventolasse in faccia il suo gran talento nel basket e lui subito
dietro come un cagnolino!!
Imbecille!
Se
solo lo avesse avuto tra le mani in quel momento, quel maledetto volpino!!
Glielo avrebbe fatto capire lui chi era il numero uno!! Il vero genio!
Riempirlo
di botte, ecco cosa voleva fare! E insultarlo. E prenderlo a testate, a
cazzotti, a pugni. Urlare di odiarlo fino a esaurire la voce!
Perché
non riusciva a fare altro….
Quando
l' aveva davanti…. con quegli
occhi neri e freddi, sempre così indifferenti, non riusciva più a pensare.
Non
riusciva più a capire niente, se non che voleva una reazione da quegli occhi.
Anche una sola, breve, stupida e seccata reazione alle sue provocazioni e alle
sue urla da pazzo.
Che
cos' altro doveva fare per attirare la sua attenzione??!
Il
suo interesse.
Al
meno un briciolo di considerazione…
Parlare?
Con
lui?
Per
dirgli cosa??! Che lo ammirava??!
Che lo invidiava??! Che avrebbe voluto riempirlo di botte ogni secondo della sua
vita??! Che avrebbe dato
qualsiasi cosa pur di ricevere un passaggio da lui??! Che lo detestava??! Che
voleva quegli occhi solo e soltanto su di se ??!!
Che
era geloso pazzo di lui?….
BALLE!!!
Tutte
balle! Erano cazzate!
DOVEVANO
essere cazzate!
Nient'
altro che balle…..
:"
Merda….."
Strinse
i pugni, battendoli con forza sulla fronte, come nel tentativo disperato di
buttar fuori dalla testa tutta quella confusione, e quella rabbia, e creare il
vuoto. Al meno per qualche istante.
Smettere
di pensare.
A
lui.
A
Sendo.
E
poi di nuovo a lui.
E
al basket.
E
allora di nuovo lui.
Ad
Haruko.
E
quindi anche a lui.
Alla
fine sempre e soltanto a lui….
Stupida
volpe…
In
ogni suo pensiero alla fine. Contro
ogni sua volontà. Contro ogni previsione ed ogni logica.
Perché
quando provava odio, era per lui.
E
quando provava ammirazione, era sempre per lui.
Rivalità.
Per lui.
Invidia.
Per lui.
Rabbia.
Sempre a causa sua.
Voglia
di vincere. Contro di lui. Solo e soltanto.
Gelosia.
Attrazione
e antipatia.
Sdegno
e desiderio….
Tutto
per lui.
Solo
e soltanto.
Per
lui.
Per
quell’ insolente ragazzo dai capelli neri che aveva invaso ogni angolo della
sua mente, senza che lui neanche avesse il tempo di accorgersene…..
Divenendo il padrone assoluto di tutte le sue azioni……
:"
Maledetto!! Maledetto stupido volpino insolente!!!!
TI ODIO!!!!!"
Prese
fiato, inspirando con forza per alcuni secondi e serrando le braccia lungo i
fianchi.
:"
IO TI ODIOOOOOOO!!!!!!"
Ad
occhi chiusi. Lo urlò con quanta voce aveva in gola. Con tutta la rabbia che
aveva dentro.
E
si sentì un po' meglio.
Con
un calcio lanciò il pallone contro la recinzione, riempiendosi la testa del
rumore secco e metallico dell' impatto, e ascoltando i rimbalzi sempre più
brevi e leggeri della sfera che lentamente arrestava la sua corsa sull' asfalto.
Con
passo lento si avvicinò alla rete, andando a poggiarsi con la schiena su di
essa, a testa bassa.
Chiuse
ancora gli occhi, concentrandosi sui rumori che riusciva a percepire lì
intorno. Una macchina che passava
sulla strada a fianco. Poi il
campanello di una bicicletta, e la voce lontana di una donna, che chiamava
qualcuno.
E
poi il suo orecchio colse una melodia.
Dallo
sportello di un’ auto posteggiata accanto al marciapiede provenivano le note
appena percettibili di una canzone.
Era
bassa, ma non troppo distante. Sembrava…
una fisarmonica, sì….
Una
melodia strana, dolce e stridente allo stesso tempo.
Piacevole.
Non
aveva mai sentito quella canzone prima d' ora. Era in inglese.
Cantata da una donna.
Aveva
una voce molto particolare, anch' essa dolce e ruvida allo stesso tempo.
Si
concentrò sulle parole, cercando di capire il senso.
Non era difficile….
You’ ve already won me over
In spite of me
Don’ t be allarmed if I fall
Head over feet
Don’ t be surprised if I love you
For all that you are
I couldn’ t help it
It’ s all your fault
”
Spegni
quella radio! IMBECILLE!!”
PS
Mi sembra quasi inutile specificare che sia il titolo del capitolo che la
canzone che il nostro rossino ascolta sono riferiti e ripresi dall' album di
Alanis Morissette "Jagged little pill". ^___^
Da
tempo amo questa cantante, e sono felice che proprio in questi giorni sia
tornata a stupirci ed emozionarci con il suo nuovo (bellissimo, secondo me…)
singolo. @^____^@
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