DISCLAIMER: i personaggi appartengono al sensei Takehiko Inoue

NOTA: Hanamichi è OOC ma... poveretto é.è
RINGRAZIAMENTI: un grazie al cubo alla mia beta_capo. Sil sei davvero insostituibile!! ^^



Friends

parte 1

di Chikara




The First One


Lo stridio prolungato dei freni attirò l'attenzione di tutti i ragazzi fuori della scuola, che restarono completamente paralizzati quando, davanti ai loro occhi, videro un'auto perdere il controllo e investire in pieno uno di loro.
Ci fu a lungo un silenzio irreale, fatto di shock e sconvolgimento totale, poi un urlo disperato squarciò improvvisamente l'aria, risvegliando tutti dall'orrore in cui erano sprofondati.
Fra di loro c'erano anche i ragazzi del club di basket che, come ogni mattina, si erano incontrati prima delle lezioni.
"Hana…" ansimò disperato Kogure.
Il compagno più giovane era a terra, completamente insanguinato e in profondo stato confusionale mentre cullava, stringendolo forte al petto, il corpo privo di sensi del suo migliore amico.
"Kami Sama, hanno investito Mito" osservò incredulo Mitsui, prima di urlare con tutto sé stesso "Presto chiamate un'ambulanza!"
I soccorsi arrivarono tempestivamente, purtroppo però per il giovane non ci fu niente da fare.
Yohei Mito morì a sedici anni per una sfortunata coincidenza: il conducente della macchina era morto di infarto e nella sua folle corsa aveva incrociato la vita del ragazzo, portandola con sé.



"Basta così Sakuragi, vai pure a fare la doccia" disse il capitano, decretando la fine degli allenamenti supplementari del kohai.
Hanamichi fermò la palla con entrambe le mani, la depose nella cesta con le altre e si incamminò verso gli spogliatoi senza dire niente, come se fosse un automa.
Akagi guardò sconsolato il compagno allontanarsi, non riuscendo a trattenere un sospiro colmo di tristezza.
"Sono trascorsi tre mesi, ma lui non si è ancora ripreso" affermò il vice-capitano, dando voce ai pensieri dell'amico.
Takenori fissò gli occhi sulla sfera arancione che teneva in mano e la sua mente si perse nel ricordo del compagno pochi mesi prima. Un ragazzo problematico, certo, ma indiscutibilmente pieno di vita e carismatico: bastavano un gesto, un discorso strampalato, una sua battuta sciocca per risollevare il morale di tutta la squadra e incoraggiarla a dare il meglio. Gli allenamenti e le partite con lui erano uno spasso assicurato… e adesso, dopo quel brutto giorno di metà primavera, del rossino esplosivo e travolgente era rimasto solo un pallido ricordo.
Hanamichi non rideva più, non parlava più, faceva tutto quello che gli veniva chiesto di fare come un burattino senza sentimenti; era migliorato incredibilmente nel basket e persino il suo profitto a scuola era aumentato, ma a nessuno stava bene che fossero state la sua allegria e la vitalità il prezzo da pagare.
"Non ha sbagliato nemmeno un tiro…" dichiarò con apparente incoerenza il centro dello Shohoku, prima di spiegare "Vorrei arrivare all'ultimo posto degli interscolastici, se ciò bastasse a ridargli il sorriso".
"Capitano?!" esclamò incredulo Kogure.
"È il mio sogno da sempre arrivare al campionato nazionale, ma non lo voglio raggiungere così!"
"Mancano a tutti i suoi sorrisi e le sue battute, mancano persino i suoi proclami da grande genio…" il vice-capitano espresse il suo parere senza farsi problemi "Ma non servirebbe a niente arrenderci adesso. L'unica cosa che possiamo fare è stargli vicino e dimostrargli che, nonostante il suo migliore amico non ci sia più, lui non è solo".
"Ma in realtà lo è" lo contraddisse subito l'altro "Voglio dire, cosa sappiamo di lui, della sua vita privata, tu sai dove abita o cosa fa fuori della scuola? Finora era solo il buffone che ci faceva ridere, che ci tirava su il morale o ci faceva saltare i nervi, gli abbiamo appiccicato addosso questo personaggio senza interessarci di altro e ora che non recita più la sua parte ci sentiamo completamente spiazzati. Tu sai cosa fare o cosa dire per farlo reagire?"
Kogure abbassò lo sguardo imbarazzato, scuotendo la testa in risposta.
"Nemmeno io".


Hanamichi era appena tornato dal lavoro, era mezzanotte passata ma lui non aveva sonno, come ogni altra sera del resto. La mattina dopo sarebbe dovuto andare a scuola, ma non aveva importanza: prese la palla da basket e uscì di nuovo, dirigendosi verso il campetto sulla spiaggia.
Rimase a lungo ad allenarsi, a provare tiri su tiri, schiacciate, finte e tutto quello che gli veniva in mente, comprendendo finalmente ciò che provava Rukawa quando si esercitava allo sfinimento. Con quella palla in mano e il corpo oppresso dalla stanchezza la mente era occupata solo dal canestro e dall'avversario, senza spazio per nient'altro; perciò solo nel rettangolo del campo riusciva a trovare un po' di sollievo.
Quando si sedette sotto il canestro, ormai stremato, per riprendere fiato, scivolò in un sonno profondo senza rendersene conto.


Sakuragi si svegliò lentamente quando sentì una mano scuoterlo con poca grazia per una spalla. Si sollevò con il corpo trafitto da dolori lancinanti ai quali non prestò attenzione - ormai non faceva più caso a niente - guardandosi in giro spaesato, poi una voce profonda e conosciuta parlò di fronte a lui: "Sei al campetto sulla spiaggia Do'aho".
Rukawa, era stato lui a svegliarlo.
Hana guardò l'orologio - erano le cinque e mezzo - e finalmente si rese conto di essersi addormentato dopo il suo allenamento. Si tirò in piedi lentamente, non riuscendo tuttavia a trattenere un flebile gemito provocatogli dal dolore che aveva sentito alla schiena.
"Do'aho, che ci facevi addormentato in un posto simile?" domandò subito Rukawa.
Sakuragi guardò la Volpe, ma i suoi occhi sembrarono trapassarlo, indifferenti, come se il suo corpo fosse stato fatto d'aria.
"Sta notte sono venuto qua ad allenarmi" rispose il numero dieci dello Shohoku con noncuranza, come se fosse stata la cosa più normale del mondo addormentarsi in un campo da basket.
"Ti va una partita?" gli propose allora Kaede, fermandolo mentre stava recuperando il suo pallone per andarsene.
Era la prima volta che la Volpe gli chiedeva una cosa simile e per un istante Rukawa nutrì la speranza che il rossino partisse con una delle sue solite sparate, ma naturalmente ciò non avvenne; al contrario, Hana si portò al centro del campo, aspettando in silenzio che il compagno lo raggiungesse.

Era incredibile come le cose fossero cambiate in maniera così drastica. Quando lo aveva conosciuto Kaede era rimasto enormemente infastidito dal suo comportamento casinista e perditempo, però con il passare del tempo si era abituato a quello sbruffone e anche per lui era diventato piacevole allenarsi e giocare con il rossino.
E adesso che Hana non era più il solito sentiva in maniera indicibile la sua mancanza, forse anche più degli altri, perché in fondo era stato l'unico capace di trovare l'interruttore che spegneva la noia e la solitudine, e di fargli provare sensazioni nuove anche fuori del campo. Senza i loro battibecchi o le loro risse si sentiva nuovamente isolato dal resto del mondo.
Era perfettamente conscio che il suo fosse un atteggiamento egoistico, ma Rukawa era in ogni caso arrabbiato: quel rossino non aveva alcun diritto di tirarlo fuori a forza dal suo guscio e poi lasciarlo di nuovo in balia della propria solitudine.

La sfida durò più a lungo del previsto e solo allora l'asso dello Shohoku si rese conto degli effettivi miglioramenti del compagno: avevano giocato per quaranta minuti ed era riuscito a batterlo con solo tre punti di vantaggio.
Rukawa si sedette su una panchina per riposasarsi mentre il rossino se ne stava andando dopo aver raccolto la giacca della tuta.
"Ehi aspetta!" lo fermò ancora una volta il volpino.
Hana si voltò per sentire quello che l'altro aveva da dirgli, ma riprese la sua strada quando Kaede scosse la testa, sostenendo che non era importante.



Rukawa ebbe occasione di parlare seriamente con il rossino solamente qualche settimana dopo, durante il ritiro che Anzai aveva organizzato per le vacanze natalizie.
Kaede si svegliò a notte fonda e, voltandosi d'istinto verso il letto del suo malinconico compagno, rimase sconcertato nel trovarlo vuoto.
Accese la piccola lampada sul comodino per guardarsi attorno e, vedendolo seduto sul davanzale della finestra con gli occhi persi in chissà quale ricordo e le guance completamente infradiciate dalle lacrime, pensò: 'Non è normale, dopo sette mesi non si può piangere così disperatamente la morte di un amico'.
"Do'aho perché piangi?" gli domandò con rabbia mal trattenuta.
Ovviamente il rossino non rispose così Kaede, esasperato da quella situazione, si alzò per raggiungerlo e scuoterlo con forza.
"Insomma, Do'aho, si può sapere perché piangi?" ripeté la sua domanda con insistenza "Non sei il primo uomo su questa terra che perde un amico"
Sakuragi si limitò ad alzarsi e dirigersi verso la porta.
"Dove stai andando?"
"Fuori, così puoi tornare a dormire" fu la semplice risposta di Sakuragi.
Quelle parole fredde e remissive fecero infuriare ancora di più il volpino, che strattonando il compagno lo fece cadere sul letto.
"Ma che mi frega di dormire, voglio sapere perché piangi!" lo aggredì Kaede senza controllo.
"Che t'importa Rukawa? Lasciami in pace".
"Ma si può sapere che ti prende, perché non reagisci? Cazzo Do'aho, ti rendi conto che da quel maledetto giorno tu hai smesso di vivere?!"
Hana sollevò la testa, fissando gli occhi scuri di Kaede.
"Spiegami Rukawa" sibilò inchiodando il compagno con il suo sguardo "Tu come faresti a vivere senza cuore?"
Rukawa lasciò il polso del rossino come se avesse preso improvvisamente a scottare e fece qualche passo indietro, boccheggiando, prima di cadere a sedere sul suo letto.
"Tu… tu… …Mito…" ansimò il moro incredulo.
"Sì Rukawa, Yohei era il mio ragazzo" ammise tranquillamente Sakuragi "Ed era l'unica cosa bella che mi fosse rimasta. Dal momento in cui lui se n'è andato la mia vita non ha avuto più scopo, non lo ha e non lo avrà mai più".
"Ma la tua famiglia?" si informò Kaede.
"Non ho una famiglia" confessò il rossino, abbassando lo sguardo come se quello che aveva appena detto fosse una sua colpa "La mia esistenza è una continua, patetica tragedia ed io non ce la faccio più a combatterla. Hai capito adesso perché piango?! Non mi importa quello che pensi di me, quello che la gente pensa di me, io voglio solo riuscire ad addormentarmi la notte per non risvegliarmi mai più".
La rabbia di Kaede scemò all'istante e all'improvviso si sentì cattivo e insensibile.
Come avevano potuto pretendere che Hanamichi tornasse quello di prima, come avevano potuto essere così ciechi!
In tutto quel tempo lui e i suoi compagni si erano scervellati per cercare il sistema per far tornare il rossino il buffone spensierato di una volta e non si erano minimamente chiesti se era quello che Sakuragi volesse; tanto meno si erano sforzati di imparare ad accettarlo così com'era diventato.

Kaede si alzò dal letto e d'istinto fece una cosa che non aveva mai fatto in tutta la sua vita, abbracciò un'altra persona e chiese perdono.
"Piangi pure tutte le lacrime che hai…" mormorò flebilmente Kaede.
A quelle parole Hanamichi sollevò il capo sorpreso, rimanendo ancora più perplesso quando vide i profondi occhi impassibili del volpino pieni di lacrime che, piano, cominciavano a scendere rigando le sue guance arrossate.
Il rossino sollevò tremante una mano e, incredulo, bisbigliò: "Ka… Kaede?!"
Era la prima volta che Sakuragi lo chiamava per nome e il moro sentì la colonna vertebrale percorsa da uno strano brivido, che si trasformò in morbidissimo calore quando quella mano, profondamente dimagrita, si posò sulla sua guancia levigata.
"Perché?" domandò piano Hana.
"Perché sono stato uno stronzo" confessò senza esitazioni il compagno "Ero arrabbiato con te perché avevi smesso di combattere la mia solitudine e non pensavo a quanto grande potesse essere il tuo dolore. Per questo motivo ti ho detto quelle cose cattive, volevo provocarti, farti arrabbiare, fare in modo che tutto tornasse come prima… Ma questo non può succedere".
Hanamichi fu scosso da un singulto e quasi inconsciamente si strinse alla maglia del volpino.
"Hana ti giuro che non pretenderò più una cosa del genere" lo rassicurò allora il volpino, facendo piangere di nuovo Sakuragi, che riuscì a ringraziarlo solamente con un sussurro spezzato.
Il moro rimase a confortarlo finché i singhiozzi non si furono placati poi, senza lasciarlo per un solo istante, lo costrinse a distendersi e lo avvolse in maniera protettiva da dietro.
"Ti va di parlarmi di lui?" propose Kaede titubante.
Per un attimo il rossino si irrigidì e Rukawa temette di essersi spinto oltre, ma improvvisamente Hana tornò a rilassarsi e tentò di parlare con voce rotta dai singhiozzi, calmandosi solo quando la dolcezza dei ricordi lo invase completamente, portandolo indietro nel tempo.
Kaede allora lo fece voltare verso di sé per guardarlo negli occhi, rimanendo colpito dal sorriso che piegava in maniera meravigliosa le labbra del compagno.
"Come vi siete conosciuti?"
"Yohei era il figlio di un'educatrice dell'istituto dove sono cresciuto" cominciò il suo racconto Hanamichi "Spesso la signora Mito lo portava al lavoro con sé così diventammo subito amici. Anche lei si affezionò molto a me, per questo motivo, grazie alla sua influenza, riuscì a farmi affidare ad un suo carissimo amico, un vicino di casa che si prese cura di me come se fossi veramente suo figlio".
Kaede provò il forte desiderio di chiedergli che fine avesse fatto quell'uomo, ma si trattenne poiché aveva la sicurezza che anche quello non fosse un argomento piacevole.
Fu tuttavia il compagno a fornirgli la risposta che cercava, continuando a riferire di sua spontanea volontà: "Purtroppo anche papà è morto, la sua vita è stata stroncata da un infarto. Io avevo da poco compiuto quattordici anni e gli assistenti sociali piombarono a casa mia come avvoltoi il giorno dopo il suo funerale, con l'assurda pretesa di trascinarmi di nuovo in quell'orfanotrofio".
Il corpo di Sakuragi tremò ancora una volta di dolore e di rabbia a quel ricordo e riprese a parlare solo diversi minuti dopo, quando si sentì nuovamente padrone di sé.
"Anche se mio padre mi aveva lasciato, vivevo in quella casa e in quel quartiere da più di otto anni, lì avevo tutti i miei amici, le persone a cui volevo più bene, non avevo la minima intenzione di perdere tutto per ritrovarmi di nuovo solo. Per questa convinzione ero disposto anche a scappare o a commettere qualche altra sciocchezza, ma per fortuna intervenne di nuovo la famiglia Mito che, assumendosi la mia responsabilità, convinse quella gente a lasciarmi dove ero".
"Ma non avevi paura a stare da solo?" domandò incredulo il moro.
"Yo non mi lasciava molto solo" confessò il ragazzo con un tenue sorriso "E quando non c'era lui, c'erano i suoi genitori. Sono stati… non saprei davvero come descriverti tutto quello che hanno fatto per me!"
"Lo posso immaginare…" bisbigliò l'altro, accarezzandogli distrattamente la schiena.
"Quand'è che vi siete accorti di essere più che amici?" chiese poi il volpino, interrompendo il silenzio che era calato da diversi minuti nella stanza.
"All'inizio della terza media. Una ragazzina iniziò a fargli una corte spietata ed io mi sentivo tremendamente geloso. Quando successivamente scoprii che c'era uscito assieme smisi addirittura di parlargli, lo so che è stupido, ma mi dava fastidio che lui rivolgesse così tanta attenzione ad un'altra persona. Yohei si arrabbiò tantissimo a causa del mio atteggiamento e mi rifilò tante di quelle botte che, se ci penso, sento ancora male!"
"Hm, Do'aho, ti facesti mettere sotto!" lo prese in giro Rukawa.
"Baka Kitsune io ero troppo sconvolto" si difese prontamente l'altro, facendo sussultare Kaede per l'appellativo con cui era stato chiamato: erano secoli che Hanamichi non pronunciava quello stupido soprannome accompagnato dal solito insulto.
"E come andò a finire?" continuò con le sue domande il volpino.
"Beh ci mettemmo insieme…" rispose vagamente Hana.
"Voglio i dettagli!" ordinò il moro con un sorrisetto sornione.
"Scordatelo, sono imbarazzanti" protestò il compagno impacciato, mentre il suo volto cominciava a diventare di un bel rosso ardente.
"Do'aho!"
"Uffa come sei insistente!" si arrese infine l'ala grande "Dopo la rissa, in cui lui ebbe la meglio, mi bloccò sul letto di camera mia e baciandomi mi confessò i suoi sentimenti".
"Tutto qui Do'aho?"
"Beh, veramente la cosa non finì lì perché, per dimostrarmi che aveva detto la verità, io gli chiesi… gli chiesi… Ooh insomma gli chiesi di fare l'amore con me!" confessò tutto d'un fiato Sakuragi.
Kaede a quelle parole spalancò gli occhi e ansimò sorpreso: "Aspetta, intendi fino in fondo?"
Hana, raggiunta la tonalità rosso vermiglio, annuì, andando avanti con titubanza nella sua narrazione: "Ad essere sinceri i preliminari somigliarono molto di più ad una rissa che ad altro, perché nessuno dei due aveva intenzione di essere… beh ecco, di stare sotto".
Il rossino si prese di nuovo una pausa, prima di continuare con un tono di voce ammorbidito dalle immagini e dalle sensazioni impresse indelebili nella sua memoria: "Poi Yo riuscì a bloccarmi di nuovo sul letto e guardandomi fisso - sai, lui aveva quegli occhi così neri e profondi - mi chiese di avere fiducia in lui e di lasciarlo fare perché soltanto in quel modo mi avrebbe dato la più bella dimostrazione che avessi desiderato… Ed io, a quel punto, non potei fare altro che credergli".
"Vuoi… Do'aho, mi stai dicendo che fu Mito ad avere…"
"Lo so che può sembrarti strano!" non lo lasciò finire Sakuragi per evitare di bruciare completamente dall'imbarazzo "Ma fidandomi ciecamente di lui, anch'io volevo dargli una prova degna di questo nome. E come sempre Yo non mi deluse, la mia prima volta fu un'esperienza meravigliosa e il merito fu tutto suo!"
"Accidenti! Mi domando…" ma Kaede si fermò bruscamente.
"Cosa?" lo spinse a continuare Hana.
"Niente"
"Dai!"
"Davvero, non importa" affermò con decisione il volpino. Di sicuro, in un momento simile e conoscendo il carattere tutto sommato innocente del rossino, non poteva confessargli l'interrogativo che gli aveva attraversato la mente: 'Mi domando quanto sia stato eccitante per Mito!"
Possedere ogni volta un metro e ottantanove centimetri di forza, di orgoglio, di ingenuità e di vita doveva essere come morire, toccare il paradiso e poi tornare indietro per poterlo ricordare in eterno.

Perso in quei strani pensieri, Rukawa non si era accorto che l'amico aveva ripreso a tremare e a singhiozzare, ma anche quando riuscì a sentirlo non lo fermò, limitandosi invece ad accarezzargli la schiena per fargli percepire la sua presenza.
"Kami quanto mi manca" dichiarò il rossino affranto, nascondendo il volto sulla spalla dell'amico "Mi manca la sua dolcezza e la sua passione nel fare l'amore, mi mancano le sue coccole, il modo protettivo con cui mi abbracciava, mi manca la sua saggezza, la sua razionalità per risolvere le cose, mi manca perfino il modo che aveva di prendermi in giro per farmi arrabbiare… Mi manca tutto di lui e quando penso alle cose che non potrò più avere mi sento soffocare. È come se qualcuno mi prendesse ripetutamente a calci sullo stomaco da sette mesi, senza la minima interruzione".
Sakuragi smise di parlare e il silenzio piombò nella stanza, infranto solo diversi minuti dopo da Kaede.
"Sei così forte Hana! Tutti - compreso me fino a poche ore fa - credono che ti sia lasciato sconfiggere dal dolore e giudicano il tuo comportamento esagerato, senza sapere nemmeno una piccola parte della verità".
"È così, Kaede, il dolore mi sta distruggendo…"
"No, non è vero" lo interruppe subito il compagno "Stai lottando disperatamente contro di esso e sono sicuro che stai vincendo, perché altrimenti saresti morto davvero".
Ancora una volta il corpo di Hanamichi sussultò fra le braccia del volpino.
"Non sai quante volte abbia pensato di farla finita!" rivelò con un profondo sospiro.
"Ma non l'hai mai fatto, non ci hai mai nemmeno provato, vero Do'aho? Perché in fondo sai che la morte sarebbe una sconfitta, la fine di tutte le speranze, e tu non vuoi darla vinta a tutte le ingiustizie del tuo destino".
Hanamichi guardò intensamente il suo compagno, passandogli poi una mano fra i morbidi capelli neri.
"Sapevo che non eri la persona gelida, boriosa e menefreghista che tutti dicono" dichiarò lievemente sollevato il rossino "In tutto questo tempo sei l'unico che mi abbia capito veramente… Non so se sto reagendo o meno al dolore. Quello che so, è che adesso non voglio assolutamente andare avanti, mettendo una pietra sopra al mio passato, è l'unica cosa bella che mi rimane, senza di esso impazzirei veramente".



*Tsuzuku*