Nota dell’autrice

I personaggi di questa storia sono di mia invenzione.

I pensieri sono indicati tra le virgolette, mentre i ricordi sono in corsivo

French Kiss

di Minako


Alekos guardò distrattamente il panorama che il finestrino dell’aereo gli offriva; il bel mare azzurro sotto di lui si faceva sempre più vicino, stavano atterrando all’aeroporto di Tokyo.

Sorrise sistemandosi i bei capelli rossi con una mano.

Si era messo in viaggio subito dopo il funerale di suo padre.

“Alekos…” gli aveva detto suo padre in letto di morte “Io ti ho sempre mentito. Tua madre non è morta quando tu avevi cinque anni… se ne è andata…” a quel punto il ragazzo aveva creduto che il padre vaneggiasse “E’ tornata nella sua terra… in Giappone… Non ho più notizie di lei da molto tempo ormai… Ma non posso lasciarti da solo… hai solo diciotto anni!”

“Cosa vuoi dire papà?”

“Trova tua madre! Questo è l’ultimo indirizzo suo che ho avuto..” il ragazzo tirò fuori dalla tasca la lettera sgualcita, si poteva ancora leggere l’indirizzo del mittente… Naomi Yuki… pensò, poi avvicinò la lettera al naso e gli parve di sentire il profumo che la madre usava quando lui era piccolo…

Sapeva bene che era tutta un’illusione, ma la sua mente desiderava crederci ardentemente! Rimise in tasca la lettera e si appoggiò allo schienale della poltroncina… ormai era arrivato.

Scese con calma ed andò a ritirare la piccola valigia che si era portato, dopotutto non pensava di rimanere molto in quel paese.

Uscì dall’aeroporto e s’incamminò senza accorgersene…

Man mano la strada si fece piena di quelle strani voci che sembravano cantilenare una canzone a lui sconosciuta e l’aria odorosa di spezie. Chiuse gli occhi e inspirò un po’ di quella magia… quando li riaprì scoprì d’essere entrato in un mercato.

Intorno a lui tutti contrattavano suoi prezzi e analizzavano la merce… sorrise nuovamente, come gli era estraneo quel mondo…

Notò un taxi fermo poco più in là e vi salì, dando all’autista il depliant dell’albergo.

Pochi minuti dopo solcava la hall dell’albergo.

- Welcome!- gli disse una ragazzina di bassa statura con dei lunghi capelli neri.

- Thank you.- rispose Alekos. – Ho prenotato una stanza singola per una settimana…

- Nome?

- Alekos Lee.

- Ecco. Stanza 534, al quinto piano. - disse porgendogli le chiavi - Tatsumi, porta il bagaglio del signore alla 534. - aggiunse poi rivolto ad un ragazzino di circa dodici anni.

- Mi segua- disse quest’ultimo prelevando il leggero bagaglio dalle mani del ragazzo dai capelli rossi.

La stanza aveva una magnifica vista sulla città e Alekos rimase incantato a guardarla, quasi non sentì il ragazzino che si congedava.

- Fantastico…- mormorò guardando quel brulicare di vita.

Si distese sul letto e si addormentò, stanco per il viaggio.

Si svegliò verso sera e osservò le luci della città. Era vero che per colpa dell’inquinamento luminoso le stelle si scorgevano a fatica, ma era uno spettacolo anche osservare quelle luci colorate…

Guardò l’orologio, erano le 21: 30 e lui voleva vedere quella città.

Scese alla hall e chiese consigli su un posto dove andare a mangiare.

Poi, dopo essersi più volte fatto spiegare la strada, si avviò.

Il ristorante offriva cibi tradizionali giapponesi e cibi occidentali, Alekos scorse l’elenco dei nomi e fu tentato di prendere una normalissima pizza, poi pensò “Papà diceva sempre paese che vai usanze che trovi! Non è stupido venire in Giappone per mangiare ciò che puoi mangiare a casa tua!”. Nuovamente scorse l’elenco, poi ordinò:

- Desidera?- domandò il cameriere in inglese

- Uhm… Sakana no guriru (NdM pesce alla griglia) e yokan (dolce giapponese).- non aveva molta fame.

Poco dopo gli fu portato ciò che aveva ordinato, si alzò, pagò e uscì.

Non era molto tardi, avrebbe potuto fare un giro nei locali, ma non ne aveva voglia; si diresse verso il parco che aveva visto poco prima.

Il parco era pressoché deserto, poteva vedere alcune coppiette appartate, ma a lui non interessava quello.

Si sedette su di una panchina sotto un lampione, appoggiò le braccia allargate sulla panchina e voltò il capo all’indietro.

Sentiva la luce del lampione colpirgli il viso e sapeva che stava mettendo in evidenza i riflessi ramati dei suoi capelli rossi.

Sobbalzò quando qualcuno inciampò nelle sue gambe stese.

Si alzò di scatto:

- Stai bene?- domandò d’impulso nella sua lingua natia, poi lo ripeté in inglese.

- Si… mi scusi…- rispose alzandosi un ragazzino dai capelli neri come la notte che li circondava pian piano.

- Sei sicuro?- indagò nuovamente.

- Sì…- poi si asciugò le lacrime con un braccio- Mi scusi se l’ho disturbata…

Alekos lo guardò asciugarsi gli occhi e costatò che doveva avere la sua età.

- Come ti chiami?- la domanda sembrò stupire il ragazzo moro, ma rispose comunque.

- Takuya…

- Io mi chiamo Alekos…- disse asciugandogli gli occhi con una mano - Mi vuoi dire che è successo?- il moro lo guardò stupito, come mai un estraneo si preoccupava per lui?

- Non ho cattive intenzioni, non preoccuparti! Sono arrivato a Tokyo oggi e non conosco nessuno… così mi domandavo se ti andasse di diventare amici…- Takuya lo guardò ancora per un attimo e poi annuì sedendosi accanto al rosso.

- Allora… che ti è successo?

- Ho litigato con mia madre…

- Eh?

-  Mi tratta ancora come se fossi un bambino! Mi segue tutte le sere e mi telefona se per le nove e mezza non sono a casa…! Non lo sopporto! Ormai ho diciassette anni!- poi fece una pausa- … E poi… poi porta degli uomini a casa nostra dicendo che vuole che io abbia un padre… Sono più di dieci anni che lui è morto, però… lei ha continuato dicendo ogni volta che quello era quello giusto! Che era l’ultimo… eppure questa storia non ha mai avuto fine!

-  Mi dispiace…- mormorò il ragazzo dai capelli rossi stringendo un braccio intorno alle esili braccia di Takuya.

Il giapponese si lasciò confortare da quell’abbraccio, sentiva provenire da Alekos qualcosa di speciale… si fidava di lui come non si era più fidato di nessuno da tempo.

Rimasero a lungo abbracciati come due fratelli, poi Alekos sollevò lo sguardo all’orologio alla sua destra.

- È tardi…- sussurrò- Cenerentola deve tornare a casa…

-  … sì…- rispose Takuya sistemando con la mano un ciuffo ribelle che gli copriva gli occhi.- Ci vediamo domani?- domandò poi, cogliendo di sorpresa il francese.

- Certo!- rispose poi, contendo d’aver qualcuno d’amico in quella città straniera e sconosciuta.

Alekos gli diede il nome del suo hotel e si ripromisero di rivedersi all’indomani.

Il giorno dopo Takuya andò a prendere Alekos e lo portò a visitare la Torre di Tokyo.

- È veramente magnifica!- esclamò Alekos vivamente impressionato.

- Già, non è affatto male.- commentò il suo compagno.

- Affatto male?! Ma è stupenda! E poi guarda il panorama!

- Possibile che tu ti ecciti per tutto?

- Per forza! È tutto talmente favoloso!- disse allargando le braccia.

- Va bene, va bene, ma ora andiamo che ho fame.

- Oh, certo.

Scesero chiacchierando e si diressero ad un fastfood:

- Che?!- esclamò deluso.

- Non ti va bene?

- Bhe… pensavo di mangiare qualcosa di tradizionale…

- Tranquillo! Sta sera mangerai tutte le cose tradizionali che vuoi.

- Dove andiamo?

- A casa mia. Mia mamma non vede l’ora di conoscerti.

- Ma… non disturbo?

- Non preoccuparti, anch’io ho il diritto di portare a casa qualcuno dei miei amichetti... – rispose Takuya facendo l’occhiolino.

Alekos s’irrigidì.

“Calmati Alekos! È chiaro che sta scherzando! si disse.

- C’è qualcosa che non va?- domando Takuya preoccupato.

- No, no.. niente!- rispose sorridendo, ma sotto sotto provava una grande confusione.

Si era accorto, la sera prima, che stringere quello sconosciuto non gli era del tutto differente… anzi!

Si domandava se anche Takuya provasse i suoi stessi sentimenti o avesse solo fatto una battuta.

- Andiamo?- domandò dirigendosi verso l’entrata del fastfood.

- Arrivo!

Il pomeriggio era passato velocemente e Alekos aveva goduto infinitamente di quella compagnia insperata.

Poi guardò il viso del compagno rattristirsi.

- Cosa c’è?

- Niente!- e anche li sorrise con o stesso sorriso falso che Alekos gli aveva rivolto poco prima.

- Non m’inganni.

- Neanche tu.- rispose con franchezza. Alekos rimase congelato da quelle parole.

- Pe… perché dovrei ingannarti?- domandò sbiancando.

- Non ne ho idea… dimmelo tu.

- Io…? Ma io…?

- Sei sbiancato come adesso davanti al fastfood…

- … ecco io…- perché gli stava facendo tutte quelle domande? Sapeva di non poter resistere a quegli strani occhi a mandorla che un po’ ridevano ed un po’ erano tristi.

-  Avanti…- lo incoraggiò ancora. Cosa sarebbe successo se Alekos avesse confessato d’essere attratto da lui?

- Lasciamo perdere, va bene?

- No che non va bene. Se vuoi essere mio amico devi essere sincero con me.- il suo tono solitamente dolce e comprensivo si fece duro e tagliente tutto d’un tratto.

- …- Alekos non sapeva cosa rispondere, stava giusto per confessare quando… la sua mano toccò qualcosa che era nella tasca… carta?! Ma certo! La lettera di sua madre! La tirò fuori con lentezza e la mostrò al compagno.

- Cos’è?

- È l’ultimo indirizzo di mia madre. Mio padre è morto poco fa e mi ha detto che lei non era morta, ma era tornata qui e che io dovevo cercarla… parlando di tua madre me l’hai ricordata e…

- Scusami…- mormorò abbracciandolo- Scusami per aver dubitato di te e per aver riaperto un’antica ferita… Per farmi perdonare ti aiuterò a trovarla!- concluse sorridendo sempre abbracciato all’amico.

“Sono uno squallido bugiardo!” si maledì il francese “Come posso mentirgli così? È vero che mi è tornata alla mente mia madre, ma non è certo per quello che sono sbiancato!” si strinse maggiormente all’amico.

Si sentiva un verme!

- Allora ti passo a prendere tra un’ora!

- Sì.

Alekos e Takuya si separarono e Alekos andò a cambiarsi.

Takuya si diresse con molta calma verso casa, continuava a ripensare al suo nuovo amico…

“Alekos è così dolce e forte… Così simile a me… Ma è un ragazzo! A lui piaceranno sicuramente le ragazze, come piacciono a tutti… tranne me…” il suo pensiero tornò a Ito, colui che gli aveva fatto scoprire la parte più nascosta del suo essere… era stato così dolce e paziente con lui! Ben ricordava quella sera in cui aveva scoperto cosa fosse il piacere, quando la libidine aveva travolto tutto il suo essere ed era sfociata con tutta la sua feroce passione…

Ricordava bene la faccia simpatica di Ito, quei suoi riccioli neri che lo solleticavano in volto, il piacere d’essere posseduto da lui… “Già, Alekos è molto simile a me… ma non credo sino a quel punto!” pensò sorridendo amaramente, ma quel ragazzo lo attraeva in maniera irresistibile! Poi guardò l’orologio e vide che l’ora era già quasi passata, si voltò e torno dall’amico.

Appena Takuya entrò nella hall, Alekos gli corse in tempo.

- Hai impiegato poco a cambiarti.- disse il ragazzo dai capelli scuri.

- Certo - indicò la camicia- ho solo cambiato la camicia, non mi sembrava il caso di mettere quella di oggi…

- Ah già…l’incidente del gelato!

- Esatto!- ed entrambi scoppiarono a ridere all’idea

- Andiamo.- disse poi Takuya facendo segno di seguirlo

 

- Siamo arrivati.- disse il moro aprendo la porta.

-  Bentornato Taku! Tu devi essere il suo nuovo amico straniero! Piacere, io sono la mamma di questo monellaccio!- la signora stava spolverando tutto l’inglese appreso a scuola.

- Piacere di conoscerla, mi chiamo Alekos.

- Bene, bene, parleremo dopo, ora vi lascio o succedono dei guai in cucina. Taku, mostra al tuo amico la tua stanza! Tra dieci minuti è pronto!

- Sì mamma…- e indicò una scala a chiocciola poco distante- prego.

Alekos salì mentre sentiva Takuya borbottare:

- L’hai sentita? Pensa non sappia gestirmi i miei amici! E mi chiama ancora monellaccio!

- È un po’ pesante ma ti vuole bene.- rispose il francese finendo le scale.

- Lo so, ma dovrebbe essere meno oppressiva!

- Hai ragione.

- Entra.- disse poi il padrone di casa aprendo la porta.

La stanza era molto grande, al centro c’era un letto, a destra una libreria d’ebano con molti libri e qualche rivista ed una scrivania piena di fogli.

- Ti piace?- domandò il ragazzo dagli occhi a mandorla.

- È piuttosto ampia - osservò, poi si diresse verso la libreria- Di cosa parlano questi libri?- domandò.

-  Quasi tutti di scienza e medicina…- rispose Taku – Sai, mio padre è morto per una rara malattia ereditaria… mi piacerebbe che le persone non morissero più per questo.- disse abbassando il tono della voce.

- Mi spiace… comunque è un gran bel sogno! Sai, anche mio padre è morto di malattia, ma solo per una stupida polmonite! Diceva che i medici si arricchivano sui cadaveri degli altri e non ha voluto farsi curare…- senza che il ragazzo dagli occhi azzurri se ne accorgesse grosse lacrime avevano iniziato a scendere per il suo bel profilo.

- Mi dispiace…- mormorò Takuya cingendogli le spalle con un braccio; Alekos lo abbracciò e nascose la testa nell’incavo del braccio del compagno, inondando di lacrime la sua maglietta. Rimasero parecchio abbracciati, mentre lentamente Alekos si calmava.

- Stai bene?- gli chiese l’amico scrutandolo preoccupato.

-   …- Alekos annuì- do… dove posso sciacquarmi la faccia?- domandò poi. Takuya gli indicò la porta alle sue spalle.- grazie.

Nel bagno Alekos si bagnò il volto più volte “Che mi è preso? Mettermi a piangere come un bambino? Non lo facevo più da quando… da quando mamma se ne è andata…” impedì alle lacrime di sgorgare di nuovo e tornò di là.

- Takuuuuu! È pronto!- disse la madre dal piano di sotto.

- Scendiamo?- domandò al francese.

- Certo! Ho una fame da lupi!- disse, cercando di mascherare il suo dolore ridendo.

- Come vuoi…

 

- Signora! È tutto squisito!- esclamò Alekos assaggiando tutte le pietanze

- Sono contenta che ti piacciano!

- È un’ottima cuoca!

- Ora non esagerare, comunque se vuoi torna a trovarci, ti cucinerò qualcos’altro!

- Mamma, noi usciamo.- disse Takuya parlando per la prima volta da quando erano scesi a cenare.

- Dove vai Taku?

- Facciamo un giro e lo riaccompagno in albergo.

- Non tornare tardi!

- Sì…- poi uscì insieme al ragazzo dai capelli rossi.

- Sei stanco?- domandò il giapponese guardandolo.

- Un po’…- ammise.

- Ti riaccompagno in albergo.

- Non preoccuparti, tua mamma sarà in pensiero…

- O sarà con qualche uomo…

- Non essere così cinico…

- Andiamo.

Il tragitto fu breve e silenzioso.

- Ah, domattina sono impegnato, passo a prenderti nel pomeriggio, poi partiamo per la missione.

- Mi sembri un detective!- esclamò il ragazzo con i grandi occhi azzurri ridendo. La sua risata fu presto accompagnata da quella dell’amico.

- A domani. Buona notte.

- Buona notte!

 

La mattinata trascorse tranquilla, Alekos si riposò e fece un giro per l’hotel, mancavano tre giorni alla sua partenza…

Sospirò… se avesse saputo di trovare così lieta compagnia sarebbe stato di più, ma doveva tornare a casa per sostituire il padre alla ditta…

Poi ripensò a come si era comportato la sera prima…

“Perché diavolo mi sono messo a piangere come una femminuccia? Quel vecchio testardo se l’è cercata!… papà…no, devo trattenere le lacrime, non sono più un bambino!” si passò un mano sugli occhi poi scese e andò a pranzare nel ristorante dell’hotel.

Verso le 4: 30 arrivò Taku.

- Andiamo?- domandò sorridendo.

- Sì.- rispose Alekos ricambiando il sorriso.

- Mi dai la lettera?

- Eh?

- Vorrei vedere l’indirizzo…

- Oh, certo! – disse porgendogliela.

- Bene, andiamo.

- Dove?

- Alla stazione.

- Alla stazione?

- Tua madre abita piuttosto lontano…

 

Il viaggio in treno fu abbastanza lungo, ma i due parvero non accorgersene immersi nell’idilliaca felicità della propria compagnia. (NdM E per poco non rischiarono di sbagliare stazione e di dover tornare indietro).

Taku si fermò a chiedere informazioni, poi incitò Alekos a seguirlo.

- Mia madre…- sospirava- sto per rivedere mia madre…

- Esatto.- disse Takuya, cingendogli la vita con un braccio.

Alekos non lo respinse, anzi, sembrava felice di questo suo gesto!

“Starà pensando a sua madre e non se ne sarà reso conto…” pensò Takuya senza allentare la presa.

 

Pochi minuti dopo erano di fronte ad una villetta, Takuya suonò il campanello, poi guardò il francese imbambolato.

- Come si chiama tua madre?- chiese.

-Yuki, Naomi Yuki.

Poi iniziò ad interloquire con la voce metallica che proveniva dal citofono…

- Andiamo…- disse senza guardarlo negli occhi.

- Andiamo dentro a trovarla?- domandò Alekos speranzoso, ma spaventato dall’atteggiamento dell’amico.

-  No… tua madre si è trasferita l’anno scorso in una villa fuori Tokyo con il suo terzo marito…

-  …- Alekos rimase ghiacciato da quelle parole.

 

Erano di nuovo sul treno, ma non erano gai come prima…

- Scusami…- mormorò il francese interrompendo quel silenzio irreale.

- E per cosa?

- Per averti trascinato fin qui…

- Abbiamo fatto una gita e ci siamo divertiti, no?

- Sì ma… - il ragazzo dagli occhi scuri gli posò un dito sulle labbra rosee.

- È stato piacevole passare del tempo con te…- gli sussurrò sulle labbra, poi non riuscì a resistere e gli diede un dolcissimo bacio…

Alekos lo ricambiò con passione e lasciò che la lingua dell’amico penetrasse nella sua bocca per dare origine ad una strana battaglia.

Poteva sentire il profumo che emanava quel volto a pochi centimetri da lui…

Dopo qualche minuto i due si staccarono e si osservarono vicendevolmente, poi scoppiarono a ridere. Era chiaro che entrambi si sentivano attratti l’uno dall’altro, ma entrambi temevano di non essere corrisposti.

Alekos si rilassò sullo schienale, mentre Takuya gli cingeva le spalle con il braccio sinistro e con il destro stringeva la sua mano.

 

- Stazione di Tokyo!- esclamò la voce metallica riscuotendoli dai loro sogni d’amore.

- È ora di scendere…

- Già…- mormorò Alekos alzandosi di mala voglia.

- Ci sentiamo domani, ok? Penso vorrai riflettere …

- Uhm? Sì…

- A domani, amore mio…- rispose Takuya baciandolo nuovamente con dolcezza.

 

La mattina dopo Alekos si svegliò presto, fece colazione e si chiuse in camera… non voleva provare ancora e fallire.

- Chi ti dice che falliremo!- esclamò Takuya battendo i pugni contro la porta chiusa.

- Sai che sarà così!

- Non è detto! E poi non dirmi che vuoi mancare alla promessa fatta a tuo padre!

- Non gli ho mai promesso niente!

- Ma era chiaro che avevi accettato di trovarla!

- No!

- Avanti, apri questa porta e vieni con me!

Riluttante Alekos aprì la porta e Takuya lo trascinò di peso fuori dall’albergo.

 

Salirono nuovamente sul treno ed Alekos iniziò a concentrare la sua mente sul paesaggio che freneticamente correva fuori dal finestrino.

Il silenzio iniziava a farsi pesante…

- L’ho trovata, questa volta non falliremo.- disse con voce atona il giapponese.

- Cosa?!- esclamò il ragazzo dai capelli rossi voltandosi.

-  Ho parlato con mia madre ed ho scoperto che era una sua compagna del liceo e sono in contatto tuttora…

- È la mia vita privata! Non avevi diritto d’intrometterti!- il tono del francese era irato.

-  Strano…- disse secco il ragazzo dai capelli scuri- credevo d’essere io la tua vita privata… almeno fino a ieri sera…- Alekos si morse la lingua.

- Scusa… è che sono nervoso…

- Non è un buon motivo per aggredirmi…- continuò il ragazzo con voce pacata che non tradiva emozioni.

- Lo so… scusami… amore…- poi, prima che il giapponesino potesse ribattere gli chiuse le labbra con le proprie. Pochi secondi e l’altro rispose con passione al bacio, muovendo freneticamente la lingua alla ricerca della sua compagna.

A quel bacio ne seguì un altro e poi un altro e poi un altro ancora, fino a che il francese, la cui carnagione diafana era arrossita, domandò:

- Posso ritenermi perdonato?

- Per adesso…- rispose l’altro facendogli l’occhiolino.- Oh! Siamo arrivati.

Scesero ed arrivarono ad una belle villetta.

 

Il cancello si aprì con uno scatto metallico e i due entrarono, sotto il loro piedi la ghiaia pareva scricchiolare.

- Benvenuti.- disse una bella donna vestita con un tailleur color pastello e con i capelli legati dietro la schiena.

- Salve.- disse Takuya rendendosi conto che l’amico era imbambolato.

- Tu devi essere Takuya, non è vero?- domandò la donna sorridendo amabilmente.

- Sì.

- Tua madre mi ha parlato molto di te.

-  Spero abbia detto cose positive!- scherzò Takuya grattandosi la testa con una mano.

-  Certo, stai tranquillo!- la donna sorrise nuovamente.- Oh, ma come sono maleducata! Non vi ho fatto accomodare! Prego, entrate!- esclamò rientrando in casa.

 

Erano seduti sul quel divano da quasi dieci minuti, ma Alekos non si decideva a parlare.

- Hai paura di me?- domandò la donna divertita.

-  No!- esclamò il francese colto in fragrante- ma mi stavo domandando…

- Perché me ne sono andata, vero?- lo prevenne lei.- Io non amavo John… era stato solo un matrimonio di convenienza per la mia famiglia. Quando lui lo scoprì mi concesse il divorzio a condizione che tu restassi sotto la sua custodia. Credo che a te non abbia mai detto niente…

- Già…- mormorò Alekos a dir poco sorpreso.

- Ma c’è una cosa che neanche lui sapeva…

- Cosa?

- Tu non sei suo figlio, sei figlio del mio attuale marito, Hiroyuki.

- Eh?- il mondo rischiò di crollare addosso al poveretto.

- Io amavo Hiroyuki e desideravo sposarmi con lui, non mi sembrava di fare qualcosa di male frequentandolo, ma la mia famiglia decise diversamente. Non sapevo d’essere incinta, ma quando ti feci fare un esame del sangue scoprii che non eri suo figlio… Non potevo dirglielo…

- Ma… lui ti ospitava a casa sua e ti trattava come una dea!

- Lo so, ma cosa avrei dovuto fare? Non potevo crescere un bimbo da sola!

- Ma… ma…- Alekos non riusciva altro che a boccheggiare una serie infinita di ma.

- Qui sei registrato come Alessandro Tachibana…

- Che cosa?

- Se vuoi iniziare una vita qui o avere un lavoro devi utilizzare quel nome.

- Perché?

-  Perché il tuo vero padre ti ha riconosciuto! Che domande mi fai! Ti ha fatto un gran favore!

-  Io avevo già il mio nome e mio padre!- esclamò Alekos battendo i pugni sul tavolino di fronte a lui.

- Calmati!- disse Takuya con un tono che non ammetteva repliche.

Alekos guardò alternativamente sua madre ed il compagno, poi si alzò ed uscì infuriato dalla casa sbattendo la porta.

Takuya formulò una sorta di scuse ed inseguì il compagno.

 

Alekos era davvero arrabbiato!

Non solo quella donna l’aveva abbandonato, ma aveva anche mentito a suo padre e, non contenta, gli aveva cambiato il nome!

Ma come funzionava il mondo in quel paese?!

Si voltò e notò il compagno che lo seguiva silenzioso:

- Ti sei calmato?- gli domandò scrutandolo con i suoi occhi profondi.

- No… non riesco a capire come quella donna abbia avuto la faccia tosta di…! Lascia perdere…

- Come vuoi.- poi cercò di cambiare il discorso- Andiamo a prendere il treno?

- Sì.

 

- Questa volta sei tu a doverti far perdonare…- esclamò d’un tratto il francesino scrutando il compagno.

- Io?- domandò quello

- Mi hai portato fin qui per star peggio di ieri… fatti perdonare…- mormorò con gli occhi azzurrissimi che bruciavano di passione.

La risposta non si fece attendere e Taku lo baciò dolcemente mentre Alekos sembrava divorare la bocca dell’amante.

Torturava deliziosamente le sua lingua, poi era passato alle labbra, che stingeva con i denti bianchi fin quasi a ferirle.

Non era un amante premuroso, ma un animale assetato di vita!

Di sapere che era vivo! Ed era chi ricordava d’essere!

Questa volta i due non si separarono alla stazione…

- Vieni…- mormorò Alekos conducendolo all’albergo.

-  Non è il momento adatto Ale… sei troppo sconvolto.- protestò l’altro lasciandosi trascinare.

-  Ho bisogno di te Taku! Ti prego!- dichiarò stringendo entrambe le mani del ragazzo e baciandole con passione.

- …- Taku lo guardò nuovamente, ma la voglia che aveva di lui non lo fece rimanere oggettivo- Va bene…

 

Alekos entrò nell’albergo e prese la chiave della sua stanza, Taku l’attendeva in ascensore.

Calò il silenzio tra di loro. Il solo rumore era il ronzio dell’ascensore.

-  Eccoci!- esclamò Alekos fingendosi baldanzoso e spalancando la porta.

- Sì…- una pausa- Alekos, sei sicuro…?

- Ti amo Taku! Ti amo come se fossi una parte di me stesso! Come puoi chiedermi se sono sicuro!- esclamò chiudendo la porta.

-  L’hai mai fatto?

-  … no…- mormorò Alekos a bassa voce.

-  Allora non sai il male che può fare.- continuò Takuya fissandolo nella penombra della stanza.

-  ..no… ma so che poi ci sarà anche piacere, perché l’amore è così: sofferenza e piacere…

- Alekos…

- E piantala! Tanto lo so che lo vuoi anche tu! Che importa se è oggi o domani? Presto tornerò in Francia e mi scorderò di quello che è successo oggi, ma non voglio scordare il mio primo uomo! Voglio che il nostro rapporto sia speciale… Sbaglio?

- No…

Così dicendo Takuya si sdraiò sul letto ed invitò Alekos a fare altrettanto.

Takuya iniziò ad accarezzare il volto dell’amato.

Scoccò piccoli baci sul collo diafano poco distante dalla sue bocca, poi risalì alle guance, mentre le mani slacciavano ad uno ad uno i bottoni della camicia.

Poi iniziò a passare la sua bocca su ogni centimetro di pelle.

Sentiva il respiro del compagno aumentare di velocità, lo fece distendere sotto di se a pancia in giù.

Cominciò a lasciare piccoli morsi su tutta la lunghezza della colonna vertebrale, poi gli leccò le orecchie e morse leggermente il lobo.

Sentiva il compagno godere…

Lo distese supino e riprese a consumarlo di baci sempre più passionali, sentiva l’erezione premere contro la propria gamba, ingrandendosi man mano che lui lo torturava amorevolmente.

Aprì il bottone dei pantaloni e glieli tolse con una mossa fulminea, lo stupore si dipinse sul viso di Alekos.

- Tranquillo…- mormorò il giapponese riprendendo a baciarlo

Finalmente Alekos perse il suo ruolo passivo e tolse la maglietta aderente all’amico, cominciando a sua volta a baciare ogni parte di lui…

Ben presto i pantaloncini del moro fecero compagnia a quelli del rosso…

Finalmente le loro labbra s’incontrarono nuovamente e giocarono insieme, mentre le mani di Takuya si occupavano del turgido membro.

Poco alla volta ridiscese il corpo fino a sostituire la sua bocca alle mani e strappando gridolini di piacere al francese.

- Taku… - il giapponesino lo sbirciava mentre godeva, il suo volto era l’espressione della felicità più completa ed era una visione appagante per lui.

- Taku…- lo chiamò di nuovo sentendosi sul punto di venire ed afferrando la testa del compagno sino quasi a farlo soffocare.

Il gusto agrodolce gli riempì la bocca e Taku non fece altro che succhiare quel nettare afrodisiaco prodotto dal compagno.

Alekos invocò ancora il suo nome e Takuya riprese a baciarlo sulla bocca, perlustrando quell’antro che ormai conosceva molto bene.

Le loro lingue ripresero a sfiorarsi per poi cominciare una danza conosciuta solo a loro.

- Taku….

- Ale…- un bacio alla base del collo lo fece sussultare.

- Non vorrai prenderti tutto il divertimento…- sogghignò facendo ricadere il compagno sulle lenzuola e schiacciandolo solo con il suo peso.

Così  dicendo riprese a baciarlo con passione sempre maggiore mentre le sue mani esploravano quel territorio sconosciuto.

Le dita sottili percorsero febbrilmente la schiena provocando un brivido di piacere nel moro, poi accarezzarono i pettorali ben scolpiti, la pancia piatta…

Si soffermò a lungo sull’erezione, accarezzandola, baciandola ed infine succhiando avidamente sino a che non potè gustare il sapore più intimo del moro.

Entrambi avevano la pelle arrossata e gli sguardi resi lucidi dal piacere, ma sembrava mancasse qualcosa.

Alekos si appoggiò al petto del più giovane e domandò.

- Taku… non capisco… è tutto perfetto…ma…

- Ma?- domandò accarezzandogli i capelli e cercando di trattenersi dal prenderlo subito.

- Manca qualcosa…

- Lo so… ma forse ora non è il momento adatto per…

- Taku! Ti prego! Non puoi lasciarmi così!

-  Ale… per essere la tua prima volta…

-  Niente frasi fatte tra noi, Taku!- poi gli fece appoggiare una mano sul suo petto- Senti? Il mio cuore batte fortissimo e il mio corpo è tutto un  fremito… mostrami ciò che non conosco.

Taku perse ogni proposito di andarci piano e si sollevò su di lui.

Con fermezza mise un ginocchio tra le sue gambe ed iniziò ad allargarle mentre le sue labbra premevano su quelle di Alekos.

Lui non s’oppose e continuo a baciarlo con fremente passione.

Era il momento; lo sapevano entrambi.

Alekos strinse le lenzuola con le mani mentre sentiva il compagno lubrificarlo con la propria saliva.

Per un attimo s’interruppe e si guardarono.

Negli occhi del francese c’era una determinazione incredibile.

Allora Taku, con lentezza per non fargli troppo male, cominciò a penetrarlo.

La prima reazione d’Alekos fu quella d’urlare, poi gli urli di dolore si tramutarono in gemiti di piacere.

Guardò il ragazzo moro che si appoggiava al suo petto, mentre piccole gocce di sudore imperlavano il suo corpo.

Non ebbe il tempo di fare commenti poiché sentì l’amante esplodere dentro di sé, inarcò la schiena poi si distese nuovamente sulle coperte sudate.

Entrambi ansimavano.

I loro corpi aderivano completamente.

Rimasero così, abbracciati, per un tempo indefinito, forse un minuto, forse un’ora, ma che importava.

Con infinita dolcezza uscì da lui.

Taku lo strinse maggiormente a sé e cominciò a baciare i capelli umidi di Alekos.

- Ale…

- È… è stato fantastico…- mormorò lui baciandolo sulle labbra.

Takuya sorrise stringendolo nuovamente per fargli sentire la sua presenza, poi si addormentarono l’uno accanto all’altro.

 

La mattina dopo uscirono e fecero un giro in città, della loro notte restava solo qualche macchia di sangue sulle lenzuola bianche.

Inutile dire che a quella notte ne seguirono altre ed altre ancora, ma giunse il temuto giorno dell’addio…

- È ora…- mormorò Takuya sentendo chiamare il volo dell’amante.

- Taku io…

- Shh… non dire niente…- gli pose un dito sulle labbra, poi lo baciò con infinita dolcezza.

Poi gli sorrise.

- Vai…

Alekos salì sull’aereo senza quasi accorgersene, la sua mente era occupata da altri pensieri.

 

- Signorino Alekos! C’è un ragazzo per lei.

- Uhm?- domandò il ragazzo dai capelli rossi alzando lo sguardo.

- È giù in segreteria…

 

Stancamente raggiunse la segreteria e…

Qualcuno l’abbracciò con trasporto senza che potesse vederne il volto.

Corti capelli neri gli solleticarono il volto ed un profumo conosciuto gli invase le narici.

- Taku…- mormorò stringendolo.

- Ale… mi sei mancato troppo… ho deciso di vivere qui con te…

- Ma tua madre? I tuoi amici?

- Mia madre mi ha capito e il mio solo amico sei tu.- lo strinse maggiormente- Ti prego! Non mandarmi via!!!

-  Non lo farei mai…

 

Iniziò così una lunga e felice convivenza….

FINE

 



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