Agosto 2004, qualche giorno di mare con le amiche… avevamo chiacchierato di mille cose e, fra le altre, io avevo raccontato a Ria e a Calypso la trama di una HanaRu un po’ surreale che mi era venuta in mente qualche settimana prima (giusto per dare un’idea dei miei tempi ^^;;;). Questa è la prima parte di quel racconto, che è anche un modo per ricordare un pomeriggio bello, divertente, passato sul lungomare, a ridere, a scherzare e a chiacchierare dei nostri tesori preferiti. Questa fanfic è tutta per te, Ria: ho seguito il tuo suggerimento per l’impostazione, spero che il risultato ti piaccia.

Tantissimi auguri di Buon Compleanno, ti voglio bene!

 


Fox Fairy

Parte I

di Nausicaa

 

 

Anche quel pomeriggio la dannata kitsune aveva rischiato di farlo quasi impazzire!

Hanamichi chiuse la manopola dell’acqua fredda con un gesto rabbioso della mano e si infilò in fretta l’accappatoio.

Sì, era stato un allenamento da dimenticare… il suo rendimento non aveva brillato, in compenso quello della volpe sì e Akagi non aveva saputo far di meglio che ordinargli letteralmente di prendere Rukawa come esempio. E già questo sarebbe bastato a mandarlo in bestia… ma in più si aggiungeva che Hanamichi sapeva perfettamente di essere stato distratto, irritabile e poco paziente verso i suggerimenti volenterosi del senpai Kogure o di Miyagi: lo sapeva e c’era poco da fare! Era una persona onesta e pulita, lui, non si sarebbe messo lì a cercare scuse…

Magari con gli altri sì, ecco, questo se lo concedeva spesso e volentieri, perché comunque c’era pur sempre la sua fama da duro&puro che doveva essere mantenuta e portata a testa alta, ma con se stesso no, quello era un altro discorso...

La verità era che la maledetta kitsune lo stava facendo uscire di testa, in tutti i sensi!! E lui non poteva farci niente, non riusciva ad impedirlo!!!

All’inizio si era detto e ripetuto che avrebbe dovuto ignorarlo, battere tutti i record di miglioramento che mai si fossero visti su di un campo da basket e infine stracciarlo definitivamente, per lasciargli il ricordo di una umiliazione con i fiocchi. Invece era successo che quello ignorato era stato lui e che si era accorto di non sopportarlo… era migliorato parecchio, questo sì: perfino il Gorilla era disposto a riconoscerlo a mezza bocca… ma l’umiliazione l’aveva comunque subìta lui, quando aveva sfidato Rukawa.

E doveva anche ringraziare che nessun altro avesse assistito alla sua disfatta! Già, per fortuna lui e il moretto erano rimasti da soli nella palestra, allora.

Anche quella sera sarebbero stati gli ultimi ad andarsene; Hanamichi dovette fare un enorme sforzo su se stesso per continuare ad asciugarsi e a vestirsi senza voltarsi verso il suo rivale, che si stava ancora rilassando sotto il getto dell’acqua tiepida: non gli ci sarebbe mancato altro che la vista della kitsune nuda e allora sarebbe andato definitivamente in tilt!

Beh, a voler essere sinceri era da un po’ di tempo che il pensiero della volpaccia lo mandava in tilt: quando la sua mente indugiava su Kaede, Hanamichi sentiva lo stomaco serrarglisi in una morsa dolorosa e il cuore accelerare il battito in un modo a lui sconosciuto fino a quel momento. E quel che più gli faceva venire i nervi era che non avrebbe saputo spiegare come avesse fatto ad impelagarsi in quella situazione: ci si era ritrovato e basta!

Mentre ancora si stava rodendo il fegato pensando all’ultimo rifiuto, il cinquantesimo, mentre ancora parlava di Haruko a Yohei, con quella voce da deficiente che aveva sempre quando parlava di una ragazza e che irritava lui stesso per primo in realtà, mentre faceva tutte queste cose, Rukawa si era insinuato nella sua mente e gli era entrato sottopelle senza che se ne accorgesse. Con i suoi silenzi, la sua determinazione, i lampi blu delle sue iridi, la grazia felina dei suoi movimenti, il coraggio con cui non si era mai tirato indietro di fronte a nessuno.

Semplicemente, un giorno Sakuragi aveva realizzato che i suoi occhi non si staccavano dalla figura longilinea e candida del compagno, che anzi lo cercavano quando non era vicino… che le sue orecchie erano sempre tese nello sforzo di cogliere tutti i monosillabi sottotraccia sussurrati dalla volpetta…

Che l’ammirazione sgorgava spontanea da lui, quando lo vedeva giocare o quando studiava le reazioni del ragazzo dai capelli neri davanti alle più svariate situazioni: Hanamichi non avrebbe mai dimenticato il comportamento che Rukawa aveva avuto durante la partita contro il Kainan. La sua grinta, la sua fiducia assoluta in se stesso ma anche nella squadra, a modo suo.

E poi…

E poi era ancora vivida la prima volta che aveva realmente guardato Kaede nudo, sotto il getto d’acqua, quando gli era occorsa una doccia fredda moooolto lunga per riportare nei ranghi il suo ‘inquilino del piano inferiore’!!!

Si era innamorato di Rukawa, ecco tutto.

E dire che spessissimo sentiva un prepotente bisogno di prenderlo a pugni!

Ogni volta che il rookie numero uno dello Shohoku lo ignorava.

Ogni volta che quegli occhi vellutati guardavano soltanto il canestro o il pallone e non lui.

Ogni volta che quella voce morbida sapeva dirgli solo ‘do’aho’.

"Hn. Do’aho, stai spargendo la tua roba per tutto lo spogliatoio".

Appunto.

Hanamichi si voltò con espressione feroce, cercando di ignorare la sgradevole sensazione di abbattimento provata all’ennesimo ‘idiota’, che si mescolava stranamente allo sfarfallio del suo stomaco alla vista del corpo del compagno ancora percorso dalle goccioline d’acqua.

"Cosa cavolo hai da rompere, volpaccia malefica?! Io sono il dio della precisione e non sono abituato a sparpagliare le mie cose!!!".

Rukawa non rispose: si limitò ad alzare ironicamente un sopracciglio e a guardare con occhio critico la panca, ricoperta dagli effetti personali di Sakuragi.

Beh… ok, c’erano su il borsone, l’asciugamano, il flacone dello shampoo, quello del bagnoschiuma, il tappo del flacone di cui sopra… ma questo non autorizzava la volpe a farla tanto lunga!

Hanamichi ringhiò qualcosa fra i denti, mentre iniziava a raccogliere il tutto, facendo un po’ di spazio sulla superficie di legno, anche se non ne aveva avuto assolutamente l’intenzione. Cioè, lo avrebbe fatto, era chiaro, ma voleva farlo con i suoi tempi e non con quelli della volpaccia!

"Oi, dannata volpe, non credere che stia facendo ordine perché me lo hai detto tu: è solo che non ho più bisogno di questa roba" borbottò, burbero e imbronciato.

E invece sì, lo stava facendo anche per via dell’osservazione di Kaede. Come era possibile? Cosa dicevano le antiche leggende? Che una kitsune poteva prendere il controllo della mente della sua vittima…

Proprio quello che stava capitando a lui: aveva Rukawa fisso nel cervello.

"Hn… se tutta l’energia che usi per far casino e litigare la impiegassi anche durante gli allenamenti, sarebbe tanto di guadagnato per te stesso e per la squadra" commentò Rukawa, a bassa voce. Aveva finito di asciugarsi e si stava vestendo.

Sakuragi sbatté le palpebre un paio di volte, velocemente, incredulo per l’insolita lunghezza della frase del numero undici dello Shohoku; ma poi si rese conto che il compagno aveva parlato per criticarlo, di nuovo, e allora iniziò ad alterarsi sul serio.

"Che diavolo stai insinuando? Che non mi sto impegnando, che intralcio la squadra?!" il suo tono era arrabbiato, ma serio, privo della sfumatura spavalda e un po’ vanagloriosa che troppo spesso esibiva.

Quell’argomento era molto importante per lui, non c’era da scherzarci sopra, non con Rukawa almeno. E non era solo per il volpino, ma perché si stava accorgendo che il basket gli piaceva. Gli piaceva davvero.

Era iniziato tutto quasi per scherzo, per impressionare Haruko… era iniziato tutto con delle bugie, ma pian piano si stava appassionando davvero e non soltanto allo sport, ma anche al far parte di una squadra: il fare gruppo, l’atteggiamento cameratesco, erano fatti proprio per lui, nonostante certe volte si rendesse conto di avere anche lui la sua brava dose di egocentrismo nel modo di rapportarsi ai compagni. Gli piacevano gli allenamenti, scoprire nuovi schemi; gli piaceva ridere con Ryota e battibbeccare con Mitsui; era contento quando vedeva l’Armata Sakuragi lì, a fare il tifo per lui e a prenderlo in giro. E poi c’era Kaede…

Non avrebbe sopportato di sentirsi dare dell’intralcio.

"Non ti impegni quanto potresti, ti deconcentri troppo facilmente" gli rispose il moretto, distogliendo lo sguardo da quello cupo del rossino per riportarlo su se stesso, finendo così di rivestirsi.

"Non è vero! Io non mi deconcentro, io…- invece si deconcentrava spesso e lo sapeva anche lui, ma non era facile abituarsi alla disciplina sportiva, non per chi non aveva mai praticato sport di squadra; inoltre Hanamichi non sopportava che a dirglielo fosse proprio colui che, da un po’ di tempo, era diventato la causa prima della sua distrazione-… e poi com’è che tutto d’un tratto hai saputo trovare il fiato per farmi venire il nervoso più del dovuto?!".

Kaede si voltò nuovamente verso di lui e parlò con voce pacata ma fredda, distante: "A me non piace parlare, specie più del dovuto, ma talvolta non se ne può fare a meno. Oggi è il 7 di luglio, il campionato nazionale si avvicina e tutta la squadra dovrà dare il massimo. Te compreso, senza spacconate e strepiti vari. Quando ti impegni fai delle belle azioni, che non ci si aspetterebbe da un principiante. Hai un istinto naturale per i rimbalzi, un istinto notevole, più spiccato anche di quello del senpai Akagi secondo me…" era da un po’ che Kaede si era preparato quel discorso, come se avesse sentito intimamente che prima o poi lo avrebbe pronunciato davanti al do’aho, e Hanamichi lo ascoltava attento, sconcertato dal sentirsi fare dei complimenti da lui, sia pure mescolati ad un rimprovero, attonito nel rendersi conto che la volpe doveva averlo osservato più di quanto non avesse creduto e che forse… forse non lo riteneva così idiota come pensava…

"… ma poi, in altri momenti, la maggior parte purtroppo, ti comporti da scassatimpani e rallenti il tuo lavoro e i tuoi progressi. E rallenti anche me, ogni volta che mi coinvolgi in una delle nostre liti cretine" terminò Rukawa, preferendo ignorare il fatto che lui stesso non riusciva a sottrarsi a quelle ‘liti cretine’, mentre se si fosse trattato di chiunque altro lo avrebbe gelato con un unico, semplice, letale sguardo.

Liti cretine.

Fu su quelle parole che i nervi di Hanamichi saltarono definitivamente e le sue guance diventarono rosse dalla rabbia, mentre gli urlava contro, d’impulso: "Io ti rallento?! IO TI RALLENTO?! Guarda che sei tu che rallenti me! Sei tu che… che mi sei entrato nella testa, volpe imbecille! Se mi distraggo, la colpa è soltanto tua!!".

Per qualche secondo Rukawa perse la sua algida compostezza e sgranò gli occhi, che sembrarono ancora più blu: "Colpa mia?".

Davvero non capiva il significato di quella affermazione: lui stava sempre per i fatti suoi, non straparlava, si era limitato ad osservare in silenzio i suoi progressi. A cosa si riferiva, allora?

Il respiro di Sakuragi era divenuto affannato e non solo per l’arrabbiatura; era furibondo, questo sì, ma anche emozionato per quella inedita espressione confusa di Kaede che gli piaceva da morire: "Sì, colpa tua…- rispose, per poi addolcire un poco la voce-…sei proprio come una kitsune: ipnotica e in grado di impadronirsi della mente di una persona. Ho avuto ragione a chiamarti così". Forse era giunto il momento di parlar chiaro… forse…

Rukawa stava fissando il rossino, sforzandosi di non palesare troppo il suo disorientamento: "Io non capisco di cosa tu stia parlando…".

Hanamichi sbuffò con teatrale ostentazione: "Certo, quando mai! Kitsune addormentata" no, forse era il caso di rimandare qualsiasi dichiarazione…

Quella sera, evidentemente, erano molto tesi i nervi di entrambi, perché a quel punto fu il turno di Rukawa di irritarsi più del dovuto; i suoi bellissimi occhi si fecero più sottili, la sua voce più tagliente: "Finiscila con questo ritornello della kitsune, do’aho! Magari lo fossi davvero, così potrei capire se davvero la tua testa è vuota o se…".

"CHE COSA HAI DETTO?! COME OSI?! COME…".

Hanamichi non poté finire di gridargli contro, perché d’improvviso lo spogliatoio fu invaso da una nube grigio-argentata che oscurò Kaede alla sua vista e il suo orecchio fu raggiunto da un suono indefinibile e strano, un ‘PUFFFF’ ovattato, un rumore quasi evanescente, quanto la nebbiolina che si stava diffondendo per la stanza man mano che la nube grigia si dissolveva.

Almeno con se stesso Hanamichi poteva ammetterlo: era spaventato. Da dove era spuntata quella nuvola e perché? E perché aveva avvolto Kaede? Il ragazzo sentì gocce di sudore freddo scorrergli lungo la schiena. Non era successo niente di grave, vero? Kaede stava bene… vero? Doveva esserci una spiegazione per quel fenomeno!!

"Ru… Rukawa? E’ tutto a posto?" si fece coraggio e parlò quasi sottovoce, ancora stordito e timoroso di scoprire cosa fosse effettivamente successo. E se la sua volpe non fosse stata bene? E se…

"COUGH… COUGH… Hn…".

Hn? HN?! Che diavolo significava, ‘hn’?! Ok, era pur vero che, se Kaede diceva ‘hn’, doveva essere tutto a posto.

Finalmente, dopo attimi interminabili, Hanamichi riuscì a intravedere di nuovo la figura longilinea di Rukawa. Perfetto, era tutto intero, poteva stare tranquil…

Il numero dieci dello Shohoku sbarrò gli occhi e poi se li stropicciò rapidamente, come se gli si fosse appannata la vista; li riportò su Rukawa, ma nulla, era tutto come due secondi prima. D’accordo, ‘kitsune’ era uno dei soprannomi più indovinati cui avesse mai pensato.

Certo, Kaede era la ‘sua’ volpe.

Ma, insomma… lo aveva sempre detto solo per scherzo. Un gioco verbale fra loro due.

E invece, adesso, Kaede era davanti a lui ed era sempre Kaede, questo sì…però…

Due piccole orecchie da volpe spuntavano dai suoi bellissimi e lucidi capelli neri e una inequivocabile, splendida coda, folta e rossa, si intravedeva dietro le sue gambe scendere fin quasi a terra.

Ecco, ora Sakuragi era ‘davvero’ spaventato! Sentì il sangue defluirgli dal viso e capì di dover essere molto molto pallido in quel momento. Quasi quanto Rukawa, che però sembrava non essersi ancora accorto di niente: il moretto stava ancora tossendo leggermente e aveva un’espressione stupita, sì, e infastidita, ma priva dello sconvolgimento che prevederebbe un simile avvenimento. Probabilmente, rifletté il rosso, si stava ancora domandando da dove fosse venuta fuori quella dannata nube.

Infatti era proprio così; fu solo quando riportò lo sguardo su Sakuragi che Kaede comprese che qualcosa non andava: cosa aveva il do’aho da fissarlo con quell’espressione stravolta? Non era mica successo niente, lui si sentiva bene! … o no? si chiese, d’improvviso, sentendosi solleticare la pelle delle gambe da qualcosa che prima non c’era.

"Ru… Rukawa… cosa sta succedendo?" domandò Hanamichi, con un filo di voce.

Completamente spaesato, Rukawa si decise a voltarsi per guardare dietro di sé, dove avvertiva quel fastidio e così facendo vide anche la sua ombra sul pavimento.

Ok, calma.

Due orecchie. Una coda. Da volpe. Su di lui.

Non poteva essere, era al di fuori di qualsiasi regola naturale, di qualsiasi logica! Doveva per forza trattarsi di una allucinazione! Forse, c’era qualche sostanza strana in quella nube che li aveva avvolti, ecco, questo già suonava più sensato…

Kaede chiuse gli occhi per qualche istante, ma quando li riaprì la coda era ancora al suo posto e così le piccole orecchie appuntite; allungò una mano a sfiorarle, ma, non appena le sue dita ebbero toccato il morbido pelo, le ritrasse bruscamente, come se si fosse scottato.

Il numero undici dello Shohoku non ricordava quando fosse stata l’ultima volta in cui si fosse sentito spaventato e avesse avuto paura: era una sensazione che detestava, come, del resto, tutto ciò che non riusciva a controllare, che toglieva lucidità, che abbassava le difese ed il distacco. Come odiava tutto ciò che rendeva vulnerabili…

Ma in quel momento era spaventato, inutile negarlo, e non lo aiutava affatto avere davanti un Sakuragi dal volto congestionato e palesemente più sconvolto di lui.

"Rukawa… sei ancora tu, vero?" chiese il rossino, agitatissimo.

"S… sì…" rispose il compagno, dopo un secondo di incertezza; sì, era ancora lui… con orecchie e coda, ma pur sempre Kaede Rukawa. Soltanto che ora era anche una kitsune, realizzò con un brivido. Già, non era così che venivano spesso rappresentate le kitsune nei manga?

Una kitsune…

"Ma come è potuto succedere? Perché?" insistette Hanamichi, che sembrava aver ritrovato coraggio dopo aver risentito la voce di Kaede. Fece un passo verso di lui: la sua volpetta non era svenuta per lo shock, come avrebbe fatto chiunque altro dai nervi meno saldi, ma non si poteva mai sapere…

"Non lo so, da cosa dovrei capirlo secondo te?!" rispose il ragazzo dai capelli neri, piuttosto seccamente. Che razza di domanda era? Se lo avesse compreso, si sarebbe già messo all’opera per tornare normale!!!

Kaede si sforzò di respirare profondamente per calmare il battito troppo veloce del suo cuore, che aveva accelerato quando la sua mente era stata attraversata da un dubbio: sarebbe potuto effettivamente tornare normale? Come avrebbe fatto?

"D’accordo, ragioniamo… quando ti sei trasformato?- Hanamichi si rese conto che lo sconvolgimento di Kaede dovesse essere peggiore di quanto non sembrasse, quando non sentì fare al compagno alcuna battuta sul do’aho impegnato in un ragionamento- Subito dopo aver detto che avresti voluto essere una kitsune! Ma certo, è questa la chiave di tutto!!!" si entusiasmò di colpo il rossino, battendosi il palmo della mano con un pugno. La sua appena ritrovata vivacità, però, si infranse contro lo sguardo gelido di Rukawa.

"Ti sei rincretinito del tutto? Come può essere che uno esprima un desiderio irrealizzabile e questo si avveri nel giro di due secondi?!".

"Sì, però… questa è una serata speciale, kitsune…" gli fece notare Sakuragi.

"NON CHIAMARMI ANCORA COSI’!!!!" lo zittì di botto il compagno, sentendo quella parola.

Hanamichi arrossì, mortificato, prima di borbottare: "Sì, beh… uhm… ok…stavo dicendo che questa è una serata speciale, Rukawa: oggi è Tanabata" e rimase in attesa di una reazione di comprensione da parte dell’altro. La reazione non arrivò. Il moretto lo stava fissando con occhi tra l’arrabbiato e il vitreo.

"Oggi è Tanabata" ripeté il rossino.

"Hn. E allora?" si decise a dire Kaede.

"E allora? Come, ‘e allora’?- si accese il numero dieci dello Shohoku, irritato dall’atteggiamento dell’altro- Stasera si esprimono e si avverano i desideri, no? Dai, lo sanno tutti!!!".

"Posso anche saperlo, ma io non ci credo" commentò, risoluto, Kaede.

Sakuragi esplose, agitandogli un pugno davanti al viso: "COME FAI A NON CREDERCI?! Mi dici come fai, quando stasera sei proprio tu la prova che invece è così??!! Insomma, ti sei guardato?!" ecco, era proprio tipico della kitsune (mai soprannome gli era sembrato più appropriato) voler negare l’evidenza se questa non rientrava nei suoi schemi iper-razionali!

Gli splendidi occhi di Kaede si socchiusero minacciosamente: "Purtroppo mi sono guardato, sì! E sai che ti dico, do’aho? Che nella malaugurata ipotesi tu avessi ragione, la colpa sarebbe tutta tua!!!".

LO SAPEVA!!! Lo sapeva, ci avrebbe giurato che prima o poi lo avrebbe detto, se lo sentiva!!! L’espressione di Hanamichi divenne temibile quanto quella del compagno: "Colpa mia?- replicò, aggressivo- Tu parli e, per una volta che lo fai tra l’altro, dici parole senza riflettere e la colpa sarebbe mia?!".

"Se tu non avessi continuato a chiamarmi kitsune, non avrei mai detto quella frase!" lo accusò Rukawa, alterandosi fino ad avere il respiro affannato.

"Non era mica la prima volta che ti ci chiamavo, che ne so che proprio stasera ti girano particolarmente!!!" obiettò il rossino, contrattaccando per difendersi.

"Non mi giravano affatto, prima di parlare con te. E anche adesso, stai straparlando… non può essere Tanabata la causa di tutto!" si impuntò Kaede, accigliandosi pericolosamente.

Hanamichi inspirò per cercare di calmarsi: "Ok, non mi credi… e allora quale potrebbe essere la causa? A me non viene in mente niente…"

"Sai che novità…".

"OI, LA SMETTI? –scattò Sakuragi; certo, il nervosismo di Kaede era perfettamente comprensibile, anzi, stava reagendo fin troppo bene, ma anche i suoi nervi erano a fior di pelle e il compagno non aveva dato segno di accorgersene- Non vuoi ammettere che le cose devono essere andate proprio così e sai una cosa? Mi sa che dobbiamo pure sperarlo! Perché, in questo caso, allo scoccare della mezzanotte, passata Tanabata, tutto potrebbe tornare normale da sé, non credi? In fondo, non mancano poi molte ore: è già sera…".

I due ragazzi si voltarono contemporaneamente verso la finestra dello spogliatoio: sebbene fosse ormai arrivata l’estate e le giornate fossero molto più lunghe, il cielo stava già assumendo sfumature rossastre. Il tramonto non avrebbe tardato ad arrivare.

Kaede si morse il labbro inferiore e rimase in silenzio; il do’aho poteva avere ragione… era assurdo crederlo, era incredibile anche solo doverlo pensare, ma forse il do’aho aveva ragione… ossia, non era strano che Sakuragi potesse avere ragione, questo no… ma che l’avesse su quella particolare situazione! Tanabata, gli spiriti volpe… erano solo leggende, non avrebbero mai dovuto potersi concretizzare!!!

Eppure non stava vivendo un sogno: quelle orecchie e quella coda erano vere, non poteva negarlo…

Hanamichi lo stava osservando; non spezzò quel silenzio, quasi confortante dopo la lite, ma si concentrò su di lui: Kaede era nervoso, lo percepiva anche se l’orgogliosa volpetta stava tentando con tutte le proprie forze di non darlo a vedere… gli sembrava anche che stesse rimuginando sul suo ragionamento. Beh, sapeva perfettamente che Rukawa non avrebbe ammesso facilmente di essere d’accordo con lui, ma quella breve tregua durante il loro confronto lo faceva sperare…

Dopo pochi istanti, il moretto parlò. Fu un sussurro più che altro, un morbido soffio che fece scorrere un brivido lungo tutta la schiena di Hanamichi.

"Allora dovrò trascorrere la notte qui…" considerò.

Era un’impressione di Sakuragi o davvero quegli occhi erano diventati ancora più intensi, la voce ancora più seducente? Kaede emanava un’aura più sensuale del solito…

Il rossino deglutì e si passò rapidamente la lingua sulla bocca per inumidire le labbra secche, ma, dopo aver riflettuto sull’affermazione del compagno, scosse il capo: "No, non puoi restare a scuola: come farai domani mattina, quando ci saranno tutti gli altri studenti in giro? Allora sì che dovresti restartene nascosto qui dentro! Senti, Rukawa, casa mia è vicina e non ci sarà nessuno perché mia madre ha il turno di notte in ospedale. È infermiera, sai? Male che vada, ti faccio visitare da lei –ignorò l’occhiataccia del compagno- Comunque il senso di tutto è che da me staremo tranquilli e potremo pensare al da farsi da soli, senza che tu corra il rischio di essere visto da qualcun altro. Possiamo andare con la mia bicicletta: pedalerò talmente veloce che nessuno farà caso a te e poi, come ti ho detto, il tragitto è breve".

Rukawa lo aveva ascoltato con attenzione e doveva ammettere che il do’aho aveva detto cose sensate; emise un impercettibile sospiro, poi rispose: "Sembra che non abbia scelta…".

Hanamichi gli rivolse un gran sorriso. Sapeva che non avrebbe dovuto, e si sentiva anche un po’ in colpa infatti, ma era contento all’idea di avere il suo Kaede a casa sua, tutto per sé: avrebbero potuto parlare e magari sciogliere un po’ il ghiaccio e poi… ok, magari la situazione non era delle migliori, anzi, era decisamente paradossale e incredibile, ma non sono forse queste le esperienze che uniscono e cementano i rapporti fra le persone? E in fondo… Kaede era un amore con quelle orecchie e quella coda, quasi quasi si stava già abituando a vederlo così!!!

"Perfetto, kit…Rukawa- si corresse appena in tempo, fulminato da uno sguardo tagliente del moretto- Andiamo, presto!".

Sakuragi, afferrato il borsone, si stava già avviando a grandi passi verso la porta dello spogliatoio, quando il compagno lo richiamò indietro.

"Aspetta! Non mi va di uscire così…" gli spiegò a bassa voce Rukawa, riferendosi alle orecchie e alla coda perfettamente visibili.

"Ah! Certo, è seccante… uhm… ho con me un cappello da baseball e forse nel mio armadietto c’è una felpa: vuoi provarli? Cioè, se riusciamo a sistemare la coda sotto la tua maglietta e sopra ti metti la felpa, il fagotto si noterà di meno, no? Al massimo sembrerai pazzo, a coprirti tanto quando fa così caldo. Geniale, vero?" ridacchiò Hanamichi, orgoglioso di se stesso.

E la sua espressione era così fiera e contenta della soluzione scovata in così poco tempo, che quasi strappò un sorriso all’algida volpe: era buffo, il do’aho, quando faceva così… era simpatico…

"Per essere un do’aho, non sei poi tanto idiota" commentò Rukawa con una luce canzonatoria nello sguardo blu, sicuro che il numero dieci dello Shohoku si sarebbe arrabbiato e sarebbe saltato su con uno dei suoi magniloquenti proclami. E invece no, perché Sakuragi si era accorto che l’espressione del moretto era canzonatoria sì, ma in modo gentile, quasi… amichevole… come non era mai stata prima.

"Mpf! Prima della fine della giornata, ti sarai rimangiato tutti i tuoi insulti, volpaccia! E non dirmi niente, che ti voglio chiamare come mi pare!!" lo precedette Hanamichi, ma non con il tono ostile e alterato che usava di solito quando litigavano: stavolta era stato allegro, cameratesco. Il compagno lo comprese, e infatti non replicò in alcun modo.

Sakuragi appoggiò il suo borsone sulla panca e si mise a frugare al suo interno, fino a che non ne venne fuori un berretto da baseball rosso, della stessa tonalità della divisa dello Shohoku; il ragazzo lo porse subito all’altro: "Eccolo qui! Dovrebbe andare bene… aspetta che prendo anche la felpa…" aggiunse, mentre Rukawa prendeva il berretto e se lo sistemava sul capo. Gli dava un po’ fastidio sentirlo premuto sulle piccole orecchie, ma tutto sommato era sopportabile.

Nel frattempo, Hanamichi aveva aperto il suo armadietto e al suo interno, in effetti, vi era una felpa anch’essa rossa, con una cerniera lampo davanti e un cappuccio dietro: era lì da quando si era iscritto al club di basket, tenuta per precauzione nel caso potesse servirgli, che fortuna averla lasciata anche dopo l’arrivo della bella stagione!!! Il rossino la guardò, poi scrutò Kaede.

"Forse ti starà un po’ grande, ma in questo caso sarà un vantaggio. Tieni e vedi di non sciupare la felpa del Genio: ci sono affezionato, è un grande onore quello che ti sto facendo, prestandotela" ed era uno scherzo fino ad un certo punto. L’aveva comprata con i primi risparmi messi da parte con qualche lavoretto: aveva un valore simbolico.

"Hn" Kaede la prese, ma lì per lì non si mosse. Era… terribilmente imbarazzante, ecco!!! Ma Hanamichi fraintese la sua espressione e si allarmò: "Oi, perché quella faccia? Che hai, stai male?!" chiese subito, la preoccupazione dipinta sul volto.

Alle sue parole, il moretto si riscosse: "No, sto bene. Non è niente" ma il disagio ancora aleggiava su di lui e fu allora che Sakuragi comprese quale fosse il problema: quella coda da volpe, bella ma ingombrante, che doveva essere sistemata sotto la maglietta. Probabilmente Rukawa avrebbe avuto bisogno di una mano, ma non l’avrebbe chiesta per orgoglio.

Volpe testarda!!! Era proprio il caso di dirlo…

Sbuffando per mascherare il proprio disagio, Sakuragi si portò alle spalle di Kaede e gli alzò la maglietta con un gesto brusco, che fece rivoltare il compagno in malo modo.

"Oi, che ti salta in mente?!" lo sgridò il volpacchiotto. Non aveva alzato la voce, ma si capiva benissimo che era irritato.

"Mah, sei una kitsune impedita: se aspetto te, faccio notte qui dentro! Sta’ fermo, ci penso io!" borbottò Hanamichi. Ma le sue mani tremavano leggermente mentre stringevano quella stoffa resa tiepida dal contatto con il corpo di Kaede e le sue guance si stavano imporporando alla vista della pelle candida. Con gesti un po’ impacciati, il rossino riuscì a sistemare la folta coda sotto la maglietta… oddio, aveva anche potuto sfiorare la schiena di Kaede…meglio non soffermarsi su questo particolare, o sarebbe andato nuovamente in tilt!!

"Ehm… la coda ti fa il solletico, Rukawa?" gli chiese, per distrarsi.

"Un poco, ma non è un problema".

Con un movimento fluido, Kaede si infilò la felpa di Hanamichi: andava bene, anche se in effetti era un po’ grande… doveva essere la taglia superiore alla sua… le maniche erano lunghe, quasi gli coprivano le mani… ma copriva bene anche qualcos’altro ed era questo l’importante.

Il moretto alzò gli occhi e vide che Hanamichi lo stava osservando.

Il rossino era entusiasta: gli piaceva da morire guardare il suo volpino con indosso i suoi indumenti! E quelle maniche troppo lunghe gli scaldavano il cuore, anche se non avrebbe saputo spiegare il perché…

"Oi Rukawa, il rosso ti dona, lo sai?" disse, d’impulso. E se gli donava il rosso… avrebbe potuto donargli anche lui…

Kaede ricambiò l’occhiata, inclinando leggermente il capo: quell’espressione così calda negli occhi nocciola di Sakuragi gli piaceva… e poi il do’aho era stato gentile a prestargli quelle cose…e prima, mentre lo aiutava, aveva provato una sensazione inedita e indefinibile… cosa significava? Era un effetto di quella trasformazione?

"Hn. Grazie per il prestito, Sakuragi" si limitò a mormorare.

Hanamichi si schermì, con un gesto della mano, poi entrambi raccolsero i loro borsoni e si decisero ad uscire fuori dalla palestra; il cortile della scuola ormai era deserto, per fortuna, e così le strade erano poco trafficate a quell’ora: chi doveva tornare a casa era già rientrato e chi doveva trattenersi al lavoro o comunque fuori era ancora negli uffici e nei locali del centro di Yokohama. Sakuragi, poi, come ulteriore precauzione, si infilò in una serie di vicoletti, pedalando a tutta velocità. Dietro, con un braccio intorno a lui per reggersi meglio, si era sistemato Rukawa.

Arrivarono a casa sani e salvi e già questo fu considerato un miracolo dal numero undici dello Shohoku, che però non protestò dato che questa rapidità gli aveva permesso di giungere subito fino ad un altro luogo chiuso.

L’abitazione di Sakuragi non era molto grande e non aveva neanche un giardinetto intorno, ma una volta all’interno si sentiva un buon profumo di pulito e si poteva notare il tocco di una mano femminile nel semplice arredamento.

"Se vuoi chiamare i tuoi genitori, Rukawa, il telefono è su quel mobile" gli disse Hanamichi, indicandogli l’apparecchio.

"Non ce ne è bisogno: a casa mia non c’è nessuno" fu la risposta, laconica e definitiva del moretto. Hanamichi rimase sorpreso, ma non chiese spiegazioni: qualcosa, nel tono di Kaede, gli impediva di farlo. Però… che voleva dire? Era una situazione momentanea, di quei giorni, o era sempre così? Col tempo lo avrebbe scoperto, si ripromise.

"Ehm… prego, accomodati…" lo invitò, accortosi che il ragazzo era rimasto fermo nel mezzo dell’ingresso, dopo essersi tolto le scarpe.

"Hn".

I due entrarono in quello che doveva essere il salottino: una stanza piccola, con divani, poltrona e televisore da una parte e un tavolo e una libreria dall’altra.

Hanamichi, senza tanti complimenti, buttò la sua cartella in un angolo della camera, poi prese dalle mani di Kaede la sua e la appoggiò contro il muro. I borsoni finirono sulla poltrona.

Hanamichi e Kaede si sedettero contemporaneamente su uno dei divani e si fissarono con la confusione nel cuore, non sapendo più bene cosa fare…

 

 

Fine della prima parte ^^

 

Nota: in realtà Hanamichi comincia a chiamare esplicitamente Rukawa ‘kitsune’ durante il campionato nazionale, se ricordo bene, ma già dai primi numeri Inoue ha disegnato Kaede con orecchie e coda di volpe e dunque con un riferimento esplicito agli spiriti volpe, quindi ho deciso di prendermi una licenza poetica e di anticipare di un po’ di tempo l’uso di questo soprannome da parte di Sakuragi.

Kaede è più emotivo del solito, ma è comprensibile considerando quello che gli è successo: se fosse rimasto assolutamente distaccato, non sarebbe stato umano…

Una dovuta menzione e un ringraziamento enorme vanno a Sabry, che è stata come sempre gentilissima nel fornirmi preziose informazioni sugli spiriti-volpe.

 


 

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