Anche quel pomeriggio la dannata kitsune aveva
rischiato di farlo quasi impazzire!
Hanamichi chiuse la manopola dell’acqua fredda con un
gesto rabbioso della mano e si infilò in fretta l’accappatoio.
Sì, era stato un allenamento da dimenticare… il suo
rendimento non aveva brillato, in compenso quello della volpe sì e Akagi
non aveva saputo far di meglio che ordinargli letteralmente di prendere
Rukawa come esempio. E già questo sarebbe bastato a mandarlo in bestia…
ma in più si aggiungeva che Hanamichi sapeva perfettamente di essere
stato distratto, irritabile e poco paziente verso i suggerimenti
volenterosi del senpai Kogure o di Miyagi: lo sapeva e c’era poco da
fare! Era una persona onesta e pulita, lui, non si sarebbe messo lì a
cercare scuse…
Magari con gli altri sì, ecco, questo se lo concedeva
spesso e volentieri, perché comunque c’era pur sempre la sua fama da
duro&puro che doveva essere mantenuta e portata a testa alta, ma con
se stesso no, quello era un altro discorso...
La verità era che la maledetta kitsune lo stava
facendo uscire di testa, in tutti i sensi!! E lui non poteva farci niente,
non riusciva ad impedirlo!!!
All’inizio si era detto e ripetuto che avrebbe dovuto
ignorarlo, battere tutti i record di miglioramento che mai si fossero
visti su di un campo da basket e infine stracciarlo definitivamente, per
lasciargli il ricordo di una umiliazione con i fiocchi. Invece era
successo che quello ignorato era stato lui e che si era accorto di non
sopportarlo… era migliorato parecchio, questo sì: perfino il Gorilla
era disposto a riconoscerlo a mezza bocca… ma l’umiliazione l’aveva
comunque subìta lui, quando aveva sfidato Rukawa.
E doveva anche ringraziare che nessun altro avesse
assistito alla sua disfatta! Già, per fortuna lui e il moretto erano
rimasti da soli nella palestra, allora.
Anche quella sera sarebbero stati gli ultimi ad
andarsene; Hanamichi dovette fare un enorme sforzo su se stesso per
continuare ad asciugarsi e a vestirsi senza voltarsi verso il suo rivale,
che si stava ancora rilassando sotto il getto dell’acqua tiepida: non
gli ci sarebbe mancato altro che la vista della kitsune nuda e allora
sarebbe andato definitivamente in tilt!
Beh, a voler essere sinceri era da un po’ di tempo
che il pensiero della volpaccia lo mandava in tilt: quando la sua mente
indugiava su Kaede, Hanamichi sentiva lo stomaco serrarglisi in una morsa
dolorosa e il cuore accelerare il battito in un modo a lui sconosciuto
fino a quel momento. E quel che più gli faceva venire i nervi era che non
avrebbe saputo spiegare come avesse fatto ad impelagarsi in quella
situazione: ci si era ritrovato e basta!
Mentre ancora si stava rodendo il fegato pensando all’ultimo
rifiuto, il cinquantesimo, mentre ancora parlava di Haruko a Yohei, con
quella voce da deficiente che aveva sempre quando parlava di una ragazza e
che irritava lui stesso per primo in realtà, mentre faceva tutte queste
cose, Rukawa si era insinuato nella sua mente e gli era entrato sottopelle
senza che se ne accorgesse. Con i suoi silenzi, la sua determinazione, i
lampi blu delle sue iridi, la grazia felina dei suoi movimenti, il
coraggio con cui non si era mai tirato indietro di fronte a nessuno.
Semplicemente, un giorno Sakuragi aveva realizzato che
i suoi occhi non si staccavano dalla figura longilinea e candida del
compagno, che anzi lo cercavano quando non era vicino… che le sue
orecchie erano sempre tese nello sforzo di cogliere tutti i monosillabi
sottotraccia sussurrati dalla volpetta…
Che l’ammirazione sgorgava spontanea da lui, quando
lo vedeva giocare o quando studiava le reazioni del ragazzo dai capelli
neri davanti alle più svariate situazioni: Hanamichi non avrebbe mai
dimenticato il comportamento che Rukawa aveva avuto durante la partita
contro il Kainan. La sua grinta, la sua fiducia assoluta in se stesso ma
anche nella squadra, a modo suo.
E poi…
E poi era ancora vivida la prima volta che aveva
realmente guardato Kaede nudo, sotto il getto d’acqua, quando gli era
occorsa una doccia fredda moooolto lunga per riportare nei ranghi il suo
‘inquilino del piano inferiore’!!!
Si era innamorato di Rukawa, ecco tutto.
E dire che spessissimo sentiva un prepotente bisogno di
prenderlo a pugni!
Ogni volta che il rookie numero uno dello Shohoku lo
ignorava.
Ogni volta che quegli occhi vellutati guardavano
soltanto il canestro o il pallone e non lui.
Ogni volta che quella voce morbida sapeva dirgli solo
‘do’aho’.
"Hn. Do’aho, stai spargendo la tua roba per
tutto lo spogliatoio".
Appunto.
Hanamichi si voltò con espressione feroce, cercando di
ignorare la sgradevole sensazione di abbattimento provata all’ennesimo
‘idiota’, che si mescolava stranamente allo sfarfallio del suo stomaco
alla vista del corpo del compagno ancora percorso dalle goccioline d’acqua.
"Cosa cavolo hai da rompere, volpaccia malefica?!
Io sono il dio della precisione e non sono abituato a sparpagliare le mie
cose!!!".
Rukawa non rispose: si limitò ad alzare ironicamente
un sopracciglio e a guardare con occhio critico la panca, ricoperta dagli
effetti personali di Sakuragi.
Beh… ok, c’erano su il borsone, l’asciugamano, il
flacone dello shampoo, quello del bagnoschiuma, il tappo del flacone di
cui sopra… ma questo non autorizzava la volpe a farla tanto lunga!
Hanamichi ringhiò qualcosa fra i denti, mentre
iniziava a raccogliere il tutto, facendo un po’ di spazio sulla
superficie di legno, anche se non ne aveva avuto assolutamente l’intenzione.
Cioè, lo avrebbe fatto, era chiaro, ma voleva farlo con i suoi tempi e
non con quelli della volpaccia!
"Oi, dannata volpe, non credere che stia facendo
ordine perché me lo hai detto tu: è solo che non ho più bisogno di
questa roba" borbottò, burbero e imbronciato.
E invece sì, lo stava facendo anche per via
dell’osservazione di Kaede. Come era possibile? Cosa dicevano le antiche
leggende? Che una kitsune poteva prendere il controllo della mente della
sua vittima…
Proprio quello che stava capitando a lui: aveva Rukawa
fisso nel cervello.
"Hn… se tutta l’energia che usi per far casino
e litigare la impiegassi anche durante gli allenamenti, sarebbe tanto di
guadagnato per te stesso e per la squadra" commentò Rukawa, a bassa
voce. Aveva finito di asciugarsi e si stava vestendo.
Sakuragi sbatté le palpebre un paio di volte,
velocemente, incredulo per l’insolita lunghezza della frase del numero
undici dello Shohoku; ma poi si rese conto che il compagno aveva parlato
per criticarlo, di nuovo, e allora iniziò ad alterarsi sul serio.
"Che diavolo stai insinuando? Che non mi sto
impegnando, che intralcio la squadra?!" il suo tono era arrabbiato,
ma serio, privo della sfumatura spavalda e un po’ vanagloriosa che
troppo spesso esibiva.
Quell’argomento era molto importante per lui, non c’era
da scherzarci sopra, non con Rukawa almeno. E non era solo per il volpino,
ma perché si stava accorgendo che il basket gli piaceva. Gli piaceva
davvero.
Era iniziato tutto quasi per scherzo, per impressionare
Haruko… era iniziato tutto con delle bugie, ma pian piano si stava
appassionando davvero e non soltanto allo sport, ma anche al far parte di
una squadra: il fare gruppo, l’atteggiamento cameratesco, erano fatti
proprio per lui, nonostante certe volte si rendesse conto di avere anche
lui la sua brava dose di egocentrismo nel modo di rapportarsi ai compagni.
Gli piacevano gli allenamenti, scoprire nuovi schemi; gli piaceva ridere
con Ryota e battibbeccare con Mitsui; era contento quando vedeva l’Armata
Sakuragi lì, a fare il tifo per lui e a prenderlo in giro. E poi c’era
Kaede…
Non avrebbe sopportato di sentirsi dare dell’intralcio.
"Non ti impegni quanto potresti, ti deconcentri
troppo facilmente" gli rispose il moretto, distogliendo lo sguardo da
quello cupo del rossino per riportarlo su se stesso, finendo così di
rivestirsi.
"Non è vero! Io non mi deconcentro, io…- invece
si deconcentrava spesso e lo sapeva anche lui, ma non era facile abituarsi
alla disciplina sportiva, non per chi non aveva mai praticato sport di
squadra; inoltre Hanamichi non sopportava che a dirglielo fosse proprio
colui che, da un po’ di tempo, era diventato la causa prima della sua
distrazione-… e poi com’è che tutto d’un tratto hai saputo trovare
il fiato per farmi venire il nervoso più del dovuto?!".
Kaede si voltò nuovamente verso di lui e parlò con
voce pacata ma fredda, distante: "A me non piace parlare, specie più
del dovuto, ma talvolta non se ne può fare a meno. Oggi è il 7 di
luglio, il campionato nazionale si avvicina e tutta la squadra dovrà dare
il massimo. Te compreso, senza spacconate e strepiti vari. Quando ti
impegni fai delle belle azioni, che non ci si aspetterebbe da un
principiante. Hai un istinto naturale per i rimbalzi, un istinto notevole,
più spiccato anche di quello del senpai Akagi secondo me…" era da
un po’ che Kaede si era preparato quel discorso, come se avesse sentito
intimamente che prima o poi lo avrebbe pronunciato davanti al do’aho, e
Hanamichi lo ascoltava attento, sconcertato dal sentirsi fare dei
complimenti da lui, sia pure mescolati ad un rimprovero, attonito nel
rendersi conto che la volpe doveva averlo osservato più di quanto non
avesse creduto e che forse… forse non lo riteneva così idiota come
pensava…
"… ma poi, in altri momenti, la maggior parte
purtroppo, ti comporti da scassatimpani e rallenti il tuo lavoro e i tuoi
progressi. E rallenti anche me, ogni volta che mi coinvolgi in una delle
nostre liti cretine" terminò Rukawa, preferendo ignorare il fatto
che lui stesso non riusciva a sottrarsi a quelle ‘liti cretine’,
mentre se si fosse trattato di chiunque altro lo avrebbe gelato con un
unico, semplice, letale sguardo.
Liti cretine.
Fu su quelle parole che i nervi di Hanamichi saltarono
definitivamente e le sue guance diventarono rosse dalla rabbia, mentre gli
urlava contro, d’impulso: "Io ti rallento?! IO TI RALLENTO?! Guarda
che sei tu che rallenti me! Sei tu che… che mi sei entrato nella testa,
volpe imbecille! Se mi distraggo, la colpa è soltanto tua!!".
Per qualche secondo Rukawa perse la sua algida
compostezza e sgranò gli occhi, che sembrarono ancora più blu:
"Colpa mia?".
Davvero non capiva il significato di quella
affermazione: lui stava sempre per i fatti suoi, non straparlava, si era
limitato ad osservare in silenzio i suoi progressi. A cosa si riferiva,
allora?
Il respiro di Sakuragi era divenuto affannato e non
solo per l’arrabbiatura; era furibondo, questo sì, ma anche emozionato
per quella inedita espressione confusa di Kaede che gli piaceva da morire:
"Sì, colpa tua…- rispose, per poi addolcire un poco la voce-…sei
proprio come una kitsune: ipnotica e in grado di impadronirsi della mente
di una persona. Ho avuto ragione a chiamarti così". Forse era giunto
il momento di parlar chiaro… forse…
Rukawa stava fissando il rossino, sforzandosi di non
palesare troppo il suo disorientamento: "Io non capisco di cosa tu
stia parlando…".
Hanamichi sbuffò con teatrale ostentazione:
"Certo, quando mai! Kitsune addormentata" no, forse era il caso
di rimandare qualsiasi dichiarazione…
Quella sera, evidentemente, erano molto tesi i nervi di
entrambi, perché a quel punto fu il turno di Rukawa di irritarsi più del
dovuto; i suoi bellissimi occhi si fecero più sottili, la sua voce più
tagliente: "Finiscila con questo ritornello della kitsune, do’aho!
Magari lo fossi davvero, così potrei capire se davvero la tua testa è
vuota o se…".
"CHE COSA HAI DETTO?! COME OSI?! COME…".
Hanamichi non poté finire di gridargli contro, perché
d’improvviso lo spogliatoio fu invaso da una nube grigio-argentata che
oscurò Kaede alla sua vista e il suo orecchio fu raggiunto da un suono
indefinibile e strano, un ‘PUFFFF’ ovattato, un rumore quasi
evanescente, quanto la nebbiolina che si stava diffondendo per la stanza
man mano che la nube grigia si dissolveva.
Almeno con se stesso Hanamichi poteva ammetterlo: era
spaventato. Da dove era spuntata quella nuvola e perché? E perché aveva
avvolto Kaede? Il ragazzo sentì gocce di sudore freddo scorrergli lungo
la schiena. Non era successo niente di grave, vero? Kaede stava bene…
vero? Doveva esserci una spiegazione per quel fenomeno!!
"Ru… Rukawa? E’ tutto a posto?" si fece
coraggio e parlò quasi sottovoce, ancora stordito e timoroso di scoprire
cosa fosse effettivamente successo. E se la sua volpe non fosse stata
bene? E se…
"COUGH… COUGH… Hn…".
Hn? HN?! Che diavolo significava, ‘hn’?! Ok, era
pur vero che, se Kaede diceva ‘hn’, doveva essere tutto a posto.
Finalmente, dopo attimi interminabili, Hanamichi
riuscì a intravedere di nuovo la figura longilinea di Rukawa. Perfetto,
era tutto intero, poteva stare tranquil…
Il numero dieci dello Shohoku sbarrò gli occhi e poi
se li stropicciò rapidamente, come se gli si fosse appannata la vista; li
riportò su Rukawa, ma nulla, era tutto come due secondi prima. D’accordo,
‘kitsune’ era uno dei soprannomi più indovinati cui avesse mai
pensato.
Certo, Kaede era la ‘sua’ volpe.
Ma, insomma… lo aveva sempre detto solo per scherzo.
Un gioco verbale fra loro due.
E invece, adesso, Kaede era davanti a lui ed era sempre
Kaede, questo sì…però…
Due piccole orecchie da volpe spuntavano dai suoi
bellissimi e lucidi capelli neri e una inequivocabile, splendida coda,
folta e rossa, si intravedeva dietro le sue gambe scendere fin quasi a
terra.
Ecco, ora Sakuragi era ‘davvero’ spaventato! Sentì
il sangue defluirgli dal viso e capì di dover essere molto molto pallido
in quel momento. Quasi quanto Rukawa, che però sembrava non essersi
ancora accorto di niente: il moretto stava ancora tossendo leggermente e
aveva un’espressione stupita, sì, e infastidita, ma priva dello
sconvolgimento che prevederebbe un simile avvenimento. Probabilmente,
rifletté il rosso, si stava ancora domandando da dove fosse venuta fuori
quella dannata nube.
Infatti era proprio così; fu solo quando riportò lo
sguardo su Sakuragi che Kaede comprese che qualcosa non andava: cosa aveva
il do’aho da fissarlo con quell’espressione stravolta? Non era mica
successo niente, lui si sentiva bene! … o no? si chiese, d’improvviso,
sentendosi solleticare la pelle delle gambe da qualcosa che prima non c’era.
"Ru… Rukawa… cosa sta succedendo?"
domandò Hanamichi, con un filo di voce.
Completamente spaesato, Rukawa si decise a voltarsi per
guardare dietro di sé, dove avvertiva quel fastidio e così facendo vide
anche la sua ombra sul pavimento.
Ok, calma.
Due orecchie. Una coda. Da volpe. Su di lui.
Non poteva essere, era al di fuori di qualsiasi regola
naturale, di qualsiasi logica! Doveva per forza trattarsi di una
allucinazione! Forse, c’era qualche sostanza strana in quella nube che
li aveva avvolti, ecco, questo già suonava più sensato…
Kaede chiuse gli occhi per qualche istante, ma quando
li riaprì la coda era ancora al suo posto e così le piccole orecchie
appuntite; allungò una mano a sfiorarle, ma, non appena le sue dita
ebbero toccato il morbido pelo, le ritrasse bruscamente, come se si fosse
scottato.
Il numero undici dello Shohoku non ricordava quando
fosse stata l’ultima volta in cui si fosse sentito spaventato e avesse
avuto paura: era una sensazione che detestava, come, del resto, tutto ciò
che non riusciva a controllare, che toglieva lucidità, che abbassava le
difese ed il distacco. Come odiava tutto ciò che rendeva vulnerabili…
Ma in quel momento era spaventato, inutile negarlo, e
non lo aiutava affatto avere davanti un Sakuragi dal volto congestionato e
palesemente più sconvolto di lui.
"Rukawa… sei ancora tu, vero?" chiese il
rossino, agitatissimo.
"S… sì…" rispose il compagno, dopo un
secondo di incertezza; sì, era ancora lui… con orecchie e coda, ma pur
sempre Kaede Rukawa. Soltanto che ora era anche una kitsune, realizzò con
un brivido. Già, non era così che venivano spesso rappresentate le
kitsune nei manga?
Una kitsune…
"Ma come è potuto succedere? Perché?"
insistette Hanamichi, che sembrava aver ritrovato coraggio dopo aver
risentito la voce di Kaede. Fece un passo verso di lui: la sua volpetta
non era svenuta per lo shock, come avrebbe fatto chiunque altro dai nervi
meno saldi, ma non si poteva mai sapere…
"Non lo so, da cosa dovrei capirlo secondo
te?!" rispose il ragazzo dai capelli neri, piuttosto seccamente. Che
razza di domanda era? Se lo avesse compreso, si sarebbe già messo all’opera
per tornare normale!!!
Kaede si sforzò di respirare profondamente per calmare
il battito troppo veloce del suo cuore, che aveva accelerato quando la sua
mente era stata attraversata da un dubbio: sarebbe potuto effettivamente
tornare normale? Come avrebbe fatto?
"D’accordo, ragioniamo… quando ti sei
trasformato?- Hanamichi si rese conto che lo sconvolgimento di Kaede
dovesse essere peggiore di quanto non sembrasse, quando non sentì fare al
compagno alcuna battuta sul do’aho impegnato in un ragionamento- Subito
dopo aver detto che avresti voluto essere una kitsune! Ma certo, è questa
la chiave di tutto!!!" si entusiasmò di colpo il rossino, battendosi
il palmo della mano con un pugno. La sua appena ritrovata vivacità,
però, si infranse contro lo sguardo gelido di Rukawa.
"Ti sei rincretinito del tutto? Come può essere
che uno esprima un desiderio irrealizzabile e questo si avveri nel giro di
due secondi?!".
"Sì, però… questa è una serata speciale,
kitsune…" gli fece notare Sakuragi.
"NON CHIAMARMI ANCORA COSI’!!!!" lo zittì
di botto il compagno, sentendo quella parola.
Hanamichi arrossì, mortificato, prima di borbottare:
"Sì, beh… uhm… ok…stavo dicendo che questa è una serata
speciale, Rukawa: oggi è Tanabata" e rimase in attesa di una
reazione di comprensione da parte dell’altro. La reazione non arrivò.
Il moretto lo stava fissando con occhi tra l’arrabbiato e il vitreo.
"Oggi è Tanabata" ripeté il rossino.
"Hn. E allora?" si decise a dire Kaede.
"E allora? Come, ‘e allora’?- si accese il
numero dieci dello Shohoku, irritato dall’atteggiamento dell’altro-
Stasera si esprimono e si avverano i desideri, no? Dai, lo sanno
tutti!!!".
"Posso anche saperlo, ma io non ci credo"
commentò, risoluto, Kaede.
Sakuragi esplose, agitandogli un pugno davanti al viso:
"COME FAI A NON CREDERCI?! Mi dici come fai, quando stasera sei
proprio tu la prova che invece è così??!! Insomma, ti sei
guardato?!" ecco, era proprio tipico della kitsune (mai soprannome
gli era sembrato più appropriato) voler negare l’evidenza se questa non
rientrava nei suoi schemi iper-razionali!
Gli splendidi occhi di Kaede si socchiusero
minacciosamente: "Purtroppo mi sono guardato, sì! E sai che ti dico,
do’aho? Che nella malaugurata ipotesi tu avessi ragione, la colpa
sarebbe tutta tua!!!".
LO SAPEVA!!! Lo sapeva, ci avrebbe giurato che prima o
poi lo avrebbe detto, se lo sentiva!!! L’espressione di Hanamichi
divenne temibile quanto quella del compagno: "Colpa mia?- replicò,
aggressivo- Tu parli e, per una volta che lo fai tra l’altro, dici
parole senza riflettere e la colpa sarebbe mia?!".
"Se tu non avessi continuato a chiamarmi kitsune,
non avrei mai detto quella frase!" lo accusò Rukawa, alterandosi
fino ad avere il respiro affannato.
"Non era mica la prima volta che ti ci chiamavo,
che ne so che proprio stasera ti girano particolarmente!!!" obiettò
il rossino, contrattaccando per difendersi.
"Non mi giravano affatto, prima di parlare con te.
E anche adesso, stai straparlando… non può essere Tanabata la causa di
tutto!" si impuntò Kaede, accigliandosi pericolosamente.
Hanamichi inspirò per cercare di calmarsi: "Ok,
non mi credi… e allora quale potrebbe essere la causa? A me non viene in
mente niente…"
"Sai che novità…".
"OI, LA SMETTI? –scattò Sakuragi; certo, il
nervosismo di Kaede era perfettamente comprensibile, anzi, stava reagendo
fin troppo bene, ma anche i suoi nervi erano a fior di pelle e il compagno
non aveva dato segno di accorgersene- Non vuoi ammettere che le cose
devono essere andate proprio così e sai una cosa? Mi sa che dobbiamo pure
sperarlo! Perché, in questo caso, allo scoccare della mezzanotte, passata
Tanabata, tutto potrebbe tornare normale da sé, non credi? In fondo, non
mancano poi molte ore: è già sera…".
I due ragazzi si voltarono contemporaneamente verso la
finestra dello spogliatoio: sebbene fosse ormai arrivata l’estate e le
giornate fossero molto più lunghe, il cielo stava già assumendo
sfumature rossastre. Il tramonto non avrebbe tardato ad arrivare.
Kaede si morse il labbro inferiore e rimase in
silenzio; il do’aho poteva avere ragione… era assurdo crederlo, era
incredibile anche solo doverlo pensare, ma forse il do’aho aveva ragione…
ossia, non era strano che Sakuragi potesse avere ragione, questo no… ma
che l’avesse su quella particolare situazione! Tanabata, gli spiriti
volpe… erano solo leggende, non avrebbero mai dovuto potersi
concretizzare!!!
Eppure non stava vivendo un sogno: quelle orecchie e
quella coda erano vere, non poteva negarlo…
Hanamichi lo stava osservando; non spezzò quel
silenzio, quasi confortante dopo la lite, ma si concentrò su di lui:
Kaede era nervoso, lo percepiva anche se l’orgogliosa volpetta stava
tentando con tutte le proprie forze di non darlo a vedere… gli sembrava
anche che stesse rimuginando sul suo ragionamento. Beh, sapeva
perfettamente che Rukawa non avrebbe ammesso facilmente di essere d’accordo
con lui, ma quella breve tregua durante il loro confronto lo faceva
sperare…
Dopo pochi istanti, il moretto parlò. Fu un sussurro
più che altro, un morbido soffio che fece scorrere un brivido lungo tutta
la schiena di Hanamichi.
"Allora dovrò trascorrere la notte qui…"
considerò.
Era un’impressione di Sakuragi o davvero quegli occhi
erano diventati ancora più intensi, la voce ancora più seducente? Kaede
emanava un’aura più sensuale del solito…
Il rossino deglutì e si passò rapidamente la lingua
sulla bocca per inumidire le labbra secche, ma, dopo aver riflettuto sull’affermazione
del compagno, scosse il capo: "No, non puoi restare a scuola: come
farai domani mattina, quando ci saranno tutti gli altri studenti in giro?
Allora sì che dovresti restartene nascosto qui dentro! Senti, Rukawa,
casa mia è vicina e non ci sarà nessuno perché mia madre ha il turno di
notte in ospedale. È infermiera, sai? Male che vada, ti faccio visitare
da lei –ignorò l’occhiataccia del compagno- Comunque il senso di
tutto è che da me staremo tranquilli e potremo pensare al da farsi da
soli, senza che tu corra il rischio di essere visto da qualcun altro.
Possiamo andare con la mia bicicletta: pedalerò talmente veloce che
nessuno farà caso a te e poi, come ti ho detto, il tragitto è
breve".
Rukawa lo aveva ascoltato con attenzione e doveva
ammettere che il do’aho aveva detto cose sensate; emise un
impercettibile sospiro, poi rispose: "Sembra che non abbia scelta…".
Hanamichi gli rivolse un gran sorriso. Sapeva che non
avrebbe dovuto, e si sentiva anche un po’ in colpa infatti, ma era
contento all’idea di avere il suo Kaede a casa sua, tutto per sé:
avrebbero potuto parlare e magari sciogliere un po’ il ghiaccio e poi…
ok, magari la situazione non era delle migliori, anzi, era decisamente
paradossale e incredibile, ma non sono forse queste le esperienze che
uniscono e cementano i rapporti fra le persone? E in fondo… Kaede era un
amore con quelle orecchie e quella coda, quasi quasi si stava già
abituando a vederlo così!!!
"Perfetto, kit…Rukawa- si corresse appena in
tempo, fulminato da uno sguardo tagliente del moretto- Andiamo,
presto!".
Sakuragi, afferrato il borsone, si stava già avviando
a grandi passi verso la porta dello spogliatoio, quando il compagno lo
richiamò indietro.
"Aspetta! Non mi va di uscire così…" gli
spiegò a bassa voce Rukawa, riferendosi alle orecchie e alla coda
perfettamente visibili.
"Ah! Certo, è seccante… uhm… ho con me un
cappello da baseball e forse nel mio armadietto c’è una felpa: vuoi
provarli? Cioè, se riusciamo a sistemare la coda sotto la tua maglietta e
sopra ti metti la felpa, il fagotto si noterà di meno, no? Al massimo
sembrerai pazzo, a coprirti tanto quando fa così caldo. Geniale,
vero?" ridacchiò Hanamichi, orgoglioso di se stesso.
E la sua espressione era così fiera e contenta della
soluzione scovata in così poco tempo, che quasi strappò un sorriso all’algida
volpe: era buffo, il do’aho, quando faceva così… era simpatico…
"Per essere un do’aho, non sei poi tanto
idiota" commentò Rukawa con una luce canzonatoria nello sguardo blu,
sicuro che il numero dieci dello Shohoku si sarebbe arrabbiato e sarebbe
saltato su con uno dei suoi magniloquenti proclami. E invece no, perché
Sakuragi si era accorto che l’espressione del moretto era canzonatoria
sì, ma in modo gentile, quasi… amichevole… come non era mai stata
prima.
"Mpf! Prima della fine della giornata, ti sarai
rimangiato tutti i tuoi insulti, volpaccia! E non dirmi niente, che ti
voglio chiamare come mi pare!!" lo precedette Hanamichi, ma non con
il tono ostile e alterato che usava di solito quando litigavano: stavolta
era stato allegro, cameratesco. Il compagno lo comprese, e infatti non
replicò in alcun modo.
Sakuragi appoggiò il suo borsone sulla panca e si mise
a frugare al suo interno, fino a che non ne venne fuori un berretto da
baseball rosso, della stessa tonalità della divisa dello Shohoku; il
ragazzo lo porse subito all’altro: "Eccolo qui! Dovrebbe andare
bene… aspetta che prendo anche la felpa…" aggiunse, mentre Rukawa
prendeva il berretto e se lo sistemava sul capo. Gli dava un po’
fastidio sentirlo premuto sulle piccole orecchie, ma tutto sommato era
sopportabile.
Nel frattempo, Hanamichi aveva aperto il suo armadietto
e al suo interno, in effetti, vi era una felpa anch’essa rossa, con una
cerniera lampo davanti e un cappuccio dietro: era lì da quando si era
iscritto al club di basket, tenuta per precauzione nel caso potesse
servirgli, che fortuna averla lasciata anche dopo l’arrivo della bella
stagione!!! Il rossino la guardò, poi scrutò Kaede.
"Forse ti starà un po’ grande, ma in questo
caso sarà un vantaggio. Tieni e vedi di non sciupare la felpa del Genio:
ci sono affezionato, è un grande onore quello che ti sto facendo,
prestandotela" ed era uno scherzo fino ad un certo punto. L’aveva
comprata con i primi risparmi messi da parte con qualche lavoretto: aveva
un valore simbolico.
"Hn" Kaede la prese, ma lì per lì non si
mosse. Era… terribilmente imbarazzante, ecco!!! Ma Hanamichi fraintese
la sua espressione e si allarmò: "Oi, perché quella faccia? Che
hai, stai male?!" chiese subito, la preoccupazione dipinta sul volto.
Alle sue parole, il moretto si riscosse: "No, sto
bene. Non è niente" ma il disagio ancora aleggiava su di lui e fu
allora che Sakuragi comprese quale fosse il problema: quella coda da
volpe, bella ma ingombrante, che doveva essere sistemata sotto la
maglietta. Probabilmente Rukawa avrebbe avuto bisogno di una mano, ma non
l’avrebbe chiesta per orgoglio.
Volpe testarda!!! Era proprio il caso di dirlo…
Sbuffando per mascherare il proprio disagio,
Sakuragi si portò alle spalle di Kaede e gli alzò la maglietta con un
gesto brusco, che fece rivoltare il compagno in malo modo.
"Oi, che ti salta in mente?!" lo sgridò il
volpacchiotto. Non aveva alzato la voce, ma si capiva benissimo che era
irritato.
"Mah, sei una kitsune impedita: se aspetto te,
faccio notte qui dentro! Sta’ fermo, ci penso io!" borbottò
Hanamichi. Ma le sue mani tremavano leggermente mentre stringevano quella
stoffa resa tiepida dal contatto con il corpo di Kaede e le sue guance si
stavano imporporando alla vista della pelle candida. Con gesti un po’
impacciati, il rossino riuscì a sistemare la folta coda sotto la
maglietta… oddio, aveva anche potuto sfiorare la schiena di Kaede…meglio
non soffermarsi su questo particolare, o sarebbe andato nuovamente in
tilt!!
"Ehm… la coda ti fa il solletico, Rukawa?"
gli chiese, per distrarsi.
"Un poco, ma non è un problema".
Con un movimento fluido, Kaede si infilò la felpa di
Hanamichi: andava bene, anche se in effetti era un po’ grande… doveva
essere la taglia superiore alla sua… le maniche erano lunghe, quasi gli
coprivano le mani… ma copriva bene anche qualcos’altro ed era questo l’importante.
Il moretto alzò gli occhi e vide che Hanamichi lo
stava osservando.
Il rossino era entusiasta: gli piaceva da morire
guardare il suo volpino con indosso i suoi indumenti! E quelle maniche
troppo lunghe gli scaldavano il cuore, anche se non avrebbe saputo
spiegare il perché…
"Oi Rukawa, il rosso ti dona, lo sai?" disse,
d’impulso. E se gli donava il rosso… avrebbe potuto donargli anche lui…
Kaede ricambiò l’occhiata, inclinando leggermente il
capo: quell’espressione così calda negli occhi nocciola di Sakuragi gli
piaceva… e poi il do’aho era stato gentile a prestargli quelle cose…e
prima, mentre lo aiutava, aveva provato una sensazione inedita e
indefinibile… cosa significava? Era un effetto di quella trasformazione?
"Hn. Grazie per il prestito, Sakuragi" si
limitò a mormorare.
Hanamichi si schermì, con un gesto della mano, poi
entrambi raccolsero i loro borsoni e si decisero ad uscire fuori dalla
palestra; il cortile della scuola ormai era deserto, per fortuna, e così
le strade erano poco trafficate a quell’ora: chi doveva tornare a casa
era già rientrato e chi doveva trattenersi al lavoro o comunque fuori era
ancora negli uffici e nei locali del centro di Yokohama. Sakuragi, poi,
come ulteriore precauzione, si infilò in una serie di vicoletti,
pedalando a tutta velocità. Dietro, con un braccio intorno a lui per
reggersi meglio, si era sistemato Rukawa.
Arrivarono a casa sani e salvi e già questo fu
considerato un miracolo dal numero undici dello Shohoku, che però non
protestò dato che questa rapidità gli aveva permesso di giungere subito
fino ad un altro luogo chiuso.
L’abitazione di Sakuragi non era molto grande e non
aveva neanche un giardinetto intorno, ma una volta all’interno si
sentiva un buon profumo di pulito e si poteva notare il tocco di una mano
femminile nel semplice arredamento.
"Se vuoi chiamare i tuoi genitori, Rukawa, il
telefono è su quel mobile" gli disse Hanamichi, indicandogli l’apparecchio.
"Non ce ne è bisogno: a casa mia non c’è
nessuno" fu la risposta, laconica e definitiva del moretto. Hanamichi
rimase sorpreso, ma non chiese spiegazioni: qualcosa, nel tono di Kaede,
gli impediva di farlo. Però… che voleva dire? Era una situazione
momentanea, di quei giorni, o era sempre così? Col tempo lo avrebbe
scoperto, si ripromise.
"Ehm… prego, accomodati…" lo invitò,
accortosi che il ragazzo era rimasto fermo nel mezzo dell’ingresso, dopo
essersi tolto le scarpe.
"Hn".
I due entrarono in quello che doveva essere il
salottino: una stanza piccola, con divani, poltrona e televisore da una
parte e un tavolo e una libreria dall’altra.
Hanamichi, senza tanti complimenti, buttò la sua
cartella in un angolo della camera, poi prese dalle mani di Kaede la sua e
la appoggiò contro il muro. I borsoni finirono sulla poltrona.
Hanamichi e Kaede si sedettero contemporaneamente su
uno dei divani e si fissarono con la confusione nel cuore, non sapendo
più bene cosa fare…
Fine della prima parte ^^
Nota: in realtà Hanamichi comincia a chiamare
esplicitamente Rukawa ‘kitsune’ durante il campionato nazionale, se
ricordo bene, ma già dai primi numeri Inoue ha disegnato Kaede con
orecchie e coda di volpe e dunque con un riferimento esplicito agli
spiriti volpe, quindi ho deciso di prendermi una licenza poetica e di
anticipare di un po’ di tempo l’uso di questo soprannome da parte di
Sakuragi.
Kaede è più emotivo del solito, ma è comprensibile
considerando quello che gli è successo: se fosse rimasto assolutamente
distaccato, non sarebbe stato umano…
Una dovuta menzione e un ringraziamento enorme vanno a
Sabry, che è stata come sempre gentilissima nel fornirmi preziose
informazioni sugli spiriti-volpe.