I personaggi di Yu Yu appartengono agli aventi diritto.

Scusate se uso temi così alla “Arina Toshimi”(mi riferisco al suo “A space closed in secrecy...) ...sono un po’ morbosi, lo so, ma stavolta MI SONO SFORZATA e ho cercato anche di mettere qualcosa di comico...in futuro l’atmosfera non sarà così pesante, lo prometto (^o^) !!!!!


Dubbio

parte terza: fotografie

di Jpnir


“Dove siamo?”, chiese ad un tratto Kurama.

Lui ed Hiei erano rimasti abbracciati per quasi un quarto d’ora, poi avevano finalmente smesso di piangere entrambi, ed ora stavano seduti l’uno tra le braccia dell’altro nell’ingresso della grotta, davanti al fuoco che Hiei aveva acceso, cercando di fa asciugare i vestiti di Kurama.

“In un posto...”, disse Hiei.

“Smettila, Hiei. Devo tornare a casa. Quant’è che siamo qui, dov’è questo posto, quanto siamo lontani da casa mia?”

“Hn...”

“Hiei!”

“Non te lo voglio dire, punto e basta.”

“Hiei, per favore! Devo tornare da mia madre!”

“Non siamo molto lontani, ma tu non te ne andrai di qui.”

Kurama sporse il viso in avanti, baciò Hiei sul collo e gli sussurrò all’orecchio: “E per quale motivo, mio Jaganshi?”

Hiei ebbe un brivido lungo la schiena.

“Non...non cercare di usare questi trucchetti con me, Kitsune! Non te ne andrai, ho deciso così e basta! Sei ancora troppo debole.”

Kurama rimase con la testa appoggiata alla spalla di Hiei, ma stavolta parlò con voce normale: “Debole per cosa? Devo solo andare e recitare la mia parte. Mia madre sarà in pensiero, come glielo spiego se sparisco per giorni e giorni, per di più con solo il pigiama addosso?!”

Hiei si alzò in piedi, liberandosi dall’abbraccio di Kurama, seppur a malincuore.

“Dimmi di cosa hai bisogno e lo andrò a prendere. E a tua madre lascia un messaggio, che ne so, insomma tua madre non è affar mio, ma tu sì, e resterai qua.”

“Non farmi pentire...di averti detto cosa provo, Hiei.”

Hiei arrossì.”L’avrei fatto comunque, stupida volpe!”

“Ooh, mi fai proprio venire voglia di restare qui con te!”

“Smettila.”

“Non sono io ad avere torto, qui, Hiei.”

Anche Kurama si alzò in piedi. Il carattere di Hiei era più forte del suo, ma se non altro lui era più ALTO, e questo metteva in soggezione Hiei non poco.

“Non sei...” Hiei era effettivamente intimorito dall’altezza di Kurama, “...non sei nelle condizioni di ribattere, ora. Ho eretto una barriera qui intorno, non te ne puoi andare. Le regole le faccio io: o ti va bene che vada a prenderti qualcosa a casa, oppure resti così come sei.”

Per tutta risposta, Kurama fece per andarsene.

“E smettila di fare così!Sembri un bambino capriccioso!”

Kurama lo ignorò.

Hiei tornò per l’ennesima volta ad avere quell’espressione imbronciata, prese la sua maglia nera, la indossò, e a grandi balzi di ramo in ramo si avviò verso la casa di Kurama.

 

La camera di Shuichi Minamino era il ritratto stesso dell’ordine e della pulizia, anche in quei giorni in cui era stato così malato.

Hiei entrò dalla finestra, come al solito, e cominciò a guardarsi intorno, intimorito da quell’ordine, senza sapere da dove cominciare a cercare qualcosa di pulito da portare a Kurama.

Decise per un armadio che sembrava decisamente contenere vestiti appesi.

Lo aprì, e con un sospiro di sollievo si accorse di avere ragione.

Prese a casaccio due paia di pantaloni, e vedendo che non c’erano maglie nè camicie nell’armadio aprì un cassetto sottostante.

Biancheria.

Lo richiuse, in un moto di imbarazzo, ma subito si rese conto che Kurama avrebbe avuto bisogno anche di ciò che conteneva quel cassetto.

Lo riaprì, arraffò qualche paio di mutande e lo appoggiò sul futon, come aveva fatto per i pantaloni.

Aprì cassetto dopo cassetto, e alla fine mise pantaloni, magliette, camicie, calze, mutande, maglioni  ed una coperta nella sua tunica nera, che chiuse a mo’ di fagotto.

Stava per andarsene quando sentì un moto irrefrenabile che lo induceva a fermarsi ancora un po’.

Ridiscese dalla finestra, posò il suo bagaglio a terra e si sdraiò sul futon di Shuichi.

Sorrise fra sè e sè, pensando a quante volte aveva sognato di poter posare la testa dove ogni notte riposava quella del suo amato Kurama.

Si rialzò, e stupendosi di sè stesso si accorse della voglia irrefrenabile che aveva di curiosare tra le cose di Kurama.

Cosa gli stava succedendo?

Sorrise, nel rendersi conto che per la prima volta conosceva la risposta.Era semplicemente innamorato.

Quando si risvegliò dai suoi pensieri si ritrovò davanti all’armadio che già aveva aperto prima per prendere i pantaloni: sul fondo aveva infatti notato degli scatoloni rossi che lo avevano incuriosito.

Aprì le ante dell’armadio e trascinò sul futon uno degli scatoloni. Sul davanti recava solamente l’etichetta “Shuichi’s. Keep off.”.

Le cose personali, eh? Lo aprì.

La prima cosa che vide fu un album di fotografie.

Si mise a sfogliarlo. Sulla prima pagina, una foto di sua madre, una di suo padre e una di suo fratello.

Nella seconda...nella seconda pagina c’erano delle foto di Shuichi in ogni anno di vita. Il primo, il secondo, fino ad arrivare ad una foto decisamente recente, i capelli rossi baciati dal sole, e quel sorriso così dolce sul volto.

Hiei si accorse di quanto desiderasse quella foto. Voleva staccarla e mettersela in tasca. Staccarla, mettersela in tasca e poi ogni volta che avesse avuto nostalgia del suo Youko tirarla fuori e sorridere.

“Lascia perdere,” si disse, “ora lo potrai vedere quando vuoi.”.

Voltò pagina, e per un pelo non lanciò un urlo.

Erano tutte foto sue.

La prima era nell’albergo dove avevano dormito prima dell’incontro con la squadra Toguro. Indossava solo i pantaloni, il jagan non era nemmeno coperto, e con un aria strana guardava fuori dalla finestra.

Ma quando diavolo l’aveva scattata, Kurama, quella foto?!

Le foto seguenti lo ritraevano in tutte le espressioni possibili.

Ce n’erano mentre mangiava, mentre si vestiva, mentre se ne andava in giro vestito normalmente, mentre si allenava, mentre dopo un combattimento si risistemava le bende sul braccio...e infine ce n’era una, cerchiata in rosso, in cui rideva.

Hiei era sconvolto. Non pensava di esser stato così costantemente sotto gli occhi di un obiettivo, nel tempo che aveva passato con Kurama.

Stava per richiudere l’album senza neanche arrivare fino in fondo, quando da una delle pagine finali cadde ai suoi piedi un’altra foto.

Yukina.

Spalancò gli occhi, e dopo un’altra manciata di sue foto arrivò alle pagine finali dell’album.

Yukina, Yukina, Yukina e ancora Yukina. Tutte foto sue, di sua sorella Yukina.

“No...”, pensò, “non può essere. Kurama mi ha detto...lui non...”

non poteva essere innamorato di Yukina. Non poteva. Non...

Sbattè l’album nello scatolone, che con le mani tremanti ripose nell’armadio, afferrò il suo fagotto e balzò fuori dalla finestra.

 

Quando arrivò alla grotta, Kurama giaceva a terra di fianco al fuoco quasi spento, il pigiama non ancora asciutto che, incollato al suo corpo, ne lasciava intravedere ancora una volta le linee sinuose e sottili.

“Kurama!”, urlò Hiei, lasciò cadere il fagotto che trasportava e gli corse di fianco, dimenticandosi per un momento del motivo che lo aveva spinto a ritornare lì così velocemente.

Prese Kurama tra le braccia, si accorse che aveva il respiro affannoso.

“Ma cosa è successo? Cosa...!!!”

Le ferite sul petto di Kurama si erano riaperte, e sanguinavano copiosamente inzuppando ancora una volta il pigiama.

Le medicine! Ecco cosa si era dimenticato!

“Merda...”, disse.

Andò a cercare la sua sciarpa, la strappò e avvolse forte le ferite di Kurama, il quale si svegliò dal suo stato di dormiveglia con un gemito.

“Cosa stai...Hiei...”

“Stai zitto!”, disse Hiei.

Prese la coperta che aveva trovato a casa di Kurama e la sistemò per terra, poi vi sistemò sopra Kurama, cercando nello stesso tempo di coprirlo.

Accese un altro fuoco, stavolta più grande, si sedette su una roccia e aspettò.

Quando, mezz’ora dopo, Kurama aprì gli occhi, Hiei chiese: “Quanto tempo dopo che me ne sono andato sei svenuto?”

“Credo... una trentina di minuti... ma cosa...”

“Allora eri svenuto da quasi due ore... merda... devo tornare indietro un’altra volta...”

“Ma Hiei... tu dove...”

Hiei nel frattempo stava trascinando nella grotta il fagotto di vestiti. Lo aprì e ne tirò fuori un paio di calzoncini corti e una maglietta a meniche corte.

“Che razza di vestiti...”, disse.

Si tolse i pantaloni sotto lo sguardo di Kurama, e solo dopo essersi cambiato di accorse di averlo fatto di fronte a lui.

Arrossì un poco, sperando che Kurama non lo notasse, e disse: “Dove li tieni i soldi, in camera tua?”

“Quelli sono... i miei vestiti?”

“Sì, sono i tuoi, se devo andare a comprare qualcosa non ci posso certo andare con addosso i miei, allora mi dici dove tieni i soldi o no?”

“Nel...no, non posso dirtelo. Cioè, sì, ma mi devi promettere di non curiosare nel posto dove stanno.”

“Ma cosa ci sarà da guardare nel posto dove uno tiene un portafoglio!Muoviti!”

“Stanno...in una scatola rossa in fondo al mio armadio dei pantaloni.”

Hiei fece involontariamente una faccia strana, e purtroppo per lui Kurama scorse il guizzo nei suoi occhi.

“Hai guardato nella mia roba!”, disse, mettendosi a sedere.

“No..io non...”

“Tu hai guardato nella mia roba!Lo hai già aperto quel dannato scatolone! Come hai potuto... io mi fidavo, Hiei!”

“Anche io mi fidavo!” urlò Hiei.

Kurama rimase spiazzato.

“E invece tu... ”. Non ce la fece a continuare la frase, corse via, lasciando Kurama da solo.

 

Quando tornò, aveva in mano un sacchetto contenente bende, pomate e disinfettanti.

Senza una parola, disinfettò e bendò, stavolta in maniera accurata, le ferite di Kurama, il quale, senza aprir bocca, si lasciò medicare.

Poi Hiei prese il fagotto di vestiti e lo porse a Kurama, che ancora indossava i pantaloni del pigiama, ormai zuppi di sangue e terra, praticamente da buttare.

“Cambiati”, gli disse.

Kurama prese il fagotto, tirò fuori un paio di pantaloni ed un maglione, e con qualche gemito per le ferite cominciò a cambiarsi. Hiei si voltò dall’altra parte.

Quando ebbe finito, Kurama si sedette al fianco di Hiei.

“Torna sotto la coperta...”, gli disse questo.

Per tutta risposta, Kurama lo abbracciò.Era dietro di lui, e gli cingeva la vita con le braccia affusolate.

“Stai bene con i miei vestiti...”, disse.

Hiei arrossì. Si era scordato di avere ancora addosso quei vestiti ridicoli.

“Baka...”, disse.

Kurama lo strinse un po’ di più a sè, e se non fosse stato per il suo malumore Hiei avrebbe sorriso per la beatitudine di essere circondato da quell’abbraccio.

“Hai visto mia madre?”, chiese Kurama.

“No.”, rispose Hiei.

Kurama sospirò.”Devi lasciarmi tornare, Hi-chan”

“”Hi-CHAN?”

“Sì... Hi-chan.E non dire che ti dà fastidio, perchè non è vero.”

Hiei sbuffò. No, non poteva proprio dire che gli desse fastidio, anche se la cosa lo stupiva molto.

“Perchè hai detto di amarmi?”disse Hiei, e subito si chiese arrossendo visibilmente da dove accidenti gli fosse uscita quella domanda, quando ne avrebbe avute altre mille più importanti da fare.

“E tu, perchè lo hai detto?”, rispose Kurama col suo sarcasmo da youko, che Hiei detestava.

“Ti ho fatto una domanda.”, disse.

“Anche io.”

“L’ho detto perchè sono... beh perchè io...”

“Io l’ho detto perchè ti amo, Hiei. Perchè da oggi in poi non voglio più che tu te ne vada da qui. E tu perchè lo hai detto, Hiei? Perchè?”

“Perchè tu... stavi morendo e io... non...”La voce suadente di Kurama lo metteva sempre in difficoltà.

“Allora non lo hai mai pensato sul serio?”

“NO! Io l’ho detto perchè lo penso... Kurama... quand ero nel Makai non pensavo ad altro... non...”

“Va bene. Mi basta questo, mi basta questo...”

Gli appoggiò ancora una volta il mento sulla spalla.

Con la coda dell’occhio Hiei vedeva i suoi occhi color smeraldo.

“Che cosa hai visto... nella scatola?”

Hiei sussultò, Kurama se ne accorse e lo baciò sulla nuca.

“Yukina...”, riuscì a dire Hiei.

Kurama sospirò.”Che cosa vuoi sapere? Perchè tengo lì le sue foto?”

Hiei annuì.

“Perchè tu ami lei infinite volte più di quanto ti importa di me.”

Hiei si voltò di scatto, scostandosi da Kurama, fino a guardarlo negli occhi.

“Cosa...” disse.

 “Lo sai, Hiei. Tu ami Yukina alla follia, la ami come sorella ma anche come persona. Sono l’ultima persona a cui lo potresti nascondere, lo sai che ti ho sempre osservato, le hai viste le tue foto. Io so tutto di te.”

“Non sai nulla invece, stupida volpe! Non sai nulla di quello che provo io, non hai mai saputo nulla,  non sapevi cosa provassi per te, non puoi leggermi nel cuore!”

“E allora come faccio a sapere che ami Yukina?”

“Non lo so come fai a sap...”. Si portò la mano alla bocca.

Si era tradito.

Il sorriso sarcastico era sparito dalle labbra di Kurama, al suo posto stava ora un insolito viso freddo, dall’espressione stanca e delusa.

“Visto? Uno youko non sbaglia mai sulle questioni d’amore.”

Si voltò, non voleva che Hiei vedesse che stava di nuovo per mettersi a piangere.

“E invece sbagli! Sbagli su tutto!”, Hiei si buttò in avanti, cingendo la vita di Kurama con le braccia, restandogli dietro perchè non sarebbe stato in grado di sostenere il suo sguardo.

“Perchè ascolti solo quello che vuoi ascoltare, Kurama?”

Non ottenne risposta, quindi continuò.

“Per me è difficile parlare... di questo... e tu lo sai bene! Non sono come te, non sono nè un umano nè un kitsune! Sono confuso e tu non fai altro che complicarmi le cose! Sono nel Makai e mi dicono che stai morendo, faccio una corsa folle, arrivo da te, mi fai dei discorsi confusi e quando penso di essere veramente felice scopro di essere sotto osservazione insieme a mia sorella da anni... cosa dovrei pensare, io?!”

“Mi fai male...”, disse Kurama.

Hiei gli stava piantando le unghie nell’addome. Se ne accorse, e allentò la presa.

“E’ che io... ti vorrei solo per me... e invece devo dividerti... con troppa gente... tra troppi luoghi...il Makai, Mukuro, Yukina... è da quando ti ho conosciuto che soffro...”

Hiei prese Kurama per le spalle e lo fece voltare, prese coraggio, lo guardò negli occhi e disse:

“Ma io ora sono qui, sono tornato per te!”

“E per Yukina...”

“No, non sono tornato per Yukina, ma per te, Kurama! Perchè non cerchi di fidarti di me?”

“Perchè l’ho già fatto una volta e tu te ne sei andato.”

Silenzio.

Sapevano entrambi che era così.

L’anno prima, Hiei se n’era andato senza una parola, ora c’era e un momento dopo non c’era più.

In quel silenzio Kurama cercava le ragioni di Hiei, mentre lui capiva finalmente quante lacrime aveva versato Kurama. Lo abbracciò, più stretto di quanto avesse mai fatto.

“Adesso resterò da te. Sempre da te, solo con te, solo per te, Kurama.”

“Per sempre?”

“Per sempre. Se ancora lo vuoi.”

“Certo che lo voglio...possiamo andare a casa, ora?”

Possiamo. Non aveva detto “posso”, ma “possiamo”.

“Sì.”, disse.

 

 


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