Solo un bacio

di Axaly

*fic vincitrice del Concorso Original & Slash del FORUM YSAL

 

“Al diavolo le femmine! Sono sempre pronte ad abbindolarti e poi vanno col primo idiota che ha già la patente!”. Entrò nella sua camera, accese la luce con il gomito, e fece volare lo zaino e il borsone della federazione calcio. Andrej entrò sulla sua scia e appoggiò la propria roba nell’angolo. “Ti assicuro, Andrej: non mi farò più fregare. Basta, ho chiuso!”.
“Certo, come no”.
Andrej doveva essere stufo dei suoi piagnistei; meglio finirla.
“Ti è bastato il panino o vuoi ancora qualcosa da mangiare? Scendo a dire a mia madre che ti fermi a dormire”.
“Sono a posto”.
“Allora dammi i panni bagnati che glieli faccio mettere in lavatrice. Intanto tu inizia pure a giocare”. Lo lasciò alla PlayStation e uscì, scendendo le strette scale di legno fino alla cucina.
Sua madre era già accanto ai fornelli. “Cosa vi preparo, Lori?”
“Abbiamo mangiato con gli altri”. Gettò i vestiti sul tavolo, “Ci sono questi da lavare”.
Lei raccolse il mucchio maleodorante. “Andrej si ferma qui?”
“Possiamo? L’abbiamo già detto a sua madre”.
“Solo a condizione che andiate a dormire a un orario decente: non m’importa che sia sabato sera”.
“Sì ma’”.
“Niente schiamazzi”.
“Sì ma’”.
“E niente film pornografici!”.
“Mamma!” Era successo una volta sola, e sua madre li aveva inesorabilmente beccati. Si sentì sulle spine, “Abbiamo un videogioco, niente film, quindi non rompere!” Si rifugiò in bagno appoggiandosi alla porta. Che giornata di merda. Prima il compito in classe, poi il benservito di Sara. Si guardò allo specchio: i suoi capelli biondi, a spazzola, erano già asciugati dopo la doccia fatta in spogliatoio. Si passò una mano sulla cresta.
Niente porno, diceva sua madre; certo, mai più una bravata del genere con lei nei paraggi. Si adombrò. Era il primo vero porno che lui e Andrej avevano visto per intero; era un po’ esagerato, e li aveva fatti ridere. Ma, mentre lui si era eccitato ugualmente, ad Andrej questo non era accaduto. Ne era sicuro, l’aveva tenuto d’occhio durante tutto il video.
Era preoccupato. Anche se erano amici d’infanzia e condividevano tutto non avevano mai parlato di erezioni, baci in bocca alle ragazze, o di eiaculazioni in situazioni scomode. Con gli altri della compagnia poteva farlo, ma con Andrej non c’era verso. Perché? Andrej era strano ultimamente.
Scosse il capo e tornò di sopra. La sua stanza occupava tutta la mansarda della casa: aveva il soffitto basso e i mobili in legno, due poltrone distrutte, residui bellici di tempi memorabili, e il letto a una piazza e mezzo con la perenne brandina al fianco.
Si gettò di traverso sul letto, la testa in giù, e stappò una coca. “Vuoi?”.
Andrej la prese senza mollare un attimo lo schermo. “Grazie”.
L’osservò nella luce blu intermittente; avrebbe potuto riscuotere un enorme successo a scuola, era alto e snello, e aveva un viso che alle ragazze piaceva un mondo. Dicevano che era fine come porcellana.
“A che livello sei?” gli chiese.
“Terzo”.
Emise un grugnito. “Non cagarmi, mi raccomando. Quando sei morto almeno svegliami”, si accoccolò su un fianco e chiuse gli occhi.
Aveva i capelli molto lunghi, Andrej. Da anni non li tagliava, così adesso li teneva sempre chiusi a coda di cavallo. La sua figura sottile scompariva sotto maglie e felpe nere da metallaro, una o due taglie più grandi di lui. Diceva che non voleva attirare l’attenzione, ma l’attirava eccome. I suoi occhi scurissimi erano come magneti, e le ragazze lo notavano ovunque andasse. Eppure lui non vi badava.
Sentì il sonno avvicinarsi; era stata una giornata lunga e faticosa.
Avevano riso, giocato e fatto a botte fin da bambini, ma adesso...
Il respiro gli si fece regolare, il corpo si distese.
…c’era un pensiero martellante nella sua testa.
Il sonno sopraggiungeva, lo ghermiva.
…Andrej che guardava lui e Sara da lontano. Andrej muto e silenzioso alla finestra della classe. Andrej con gli occhi lucidi di pianto…
Ci fu qualcosa. Un movimento. Percepì il materasso davanti a sé inclinarsi; in sottofondo la musica del gioco proseguiva.
Fra la nebbia del dormiveglia capì di volersi destare, ma non ci riuscì. Giaceva su un fianco, con un braccio ripiegato sotto la testa.
Riconobbe il calore di un bisbiglio davanti al viso, l’aroma di un fiato accanto al suo. Poi avvertì anche il bacio. Lieve, accennato, un tocco azzardato alle sue labbra. E allora, finalmente, Lorenzo spalancò gli occhi.
Andrej era chino su di lui, lo sguardo altrettanto attonito. Parve sul punto di dire qualcosa, una cosa qualunque, ma non c’era molto da dire.
“…Che cavolo stavi facendo?” gracchiò Lorenzo.
Vide paura negli occhi dell’altro, poi rimpianto. “Me ne vado”.
Andare? “Tu non vai da nessuna parte, tu ora mi spieghi!”
Aveva già raggiunto la sua borsa. “Sei abbastanza intelligente da capire, credo. Anzi, forse lo sapevi già”.
“Che cazzo dovrei sapere?!” annaspò sedendo sul letto. “Sei… sei…” non voleva dire la parola. Si passò una mano sulla faccia. “Merda, ti piacciono gli uomini?
Lo fulminò. “Mi piaci tu! E sì, devo proprio essere gay”. Chiuse la zip con uno strattone e si sollevò di scatto. “Non preoccuparti, ti starò lontano, non mi farò più vedere”.
Lorenzo si frappose fra lui e la porta. “Non puoi andartene così!”
“E cosa dovrei fare?”
Già, cosa? “Tu, io… dobbiamo parlare!”
L’espressione dell’altro parve incrinarsi. “Cristo. Ti prego Lori, fammi uscire di qui. Dimenticati di me, dimenticati di tutto quanto”.
Lo afferrò per le spalle. “Siamo amici da una vita, come posso, come puoi…”
Andrej gli piantò gli occhi in faccia. “Infatti ti sto dietro da una vita, Lorenzo. Ti voglio da una vita! Ma tenevo troppo alla nostra amicizia per rovinare tutto. …Almeno fino a stasera. Fammi uscire ora”.
“No”.
“Se non ti levi giuro che ti metto le mani addosso!”
Si piantò deciso.
Andrej abbandonò la borsa e si scagliò su di lui. Lorenzo traballò, strabuzzò gli occhi quando quella bocca premette sulla sua, e crollò all’indietro sul letto. Non fece nulla per evitare che il peso di Andrej lo immobilizzasse. Rimase a braccia larghe anche quando le unghie gli graffiarono la nuca per tenerlo fermo.
Quando si rese conto che lui non si ribellava, Andrej smise, guardandolo con aria sorpresa.
Gli restituì uno sguardo vacuo e stordito. Aveva la testa vuota.
Andrej esitò, poi insinuò il viso nell’incavo della sua spalla iniziando a baciarlo lentamente. La sua lingua gli pizzicò la pelle, il suo respirare ingigantito eruppe nel suo orecchio mentre gli prendeva il lobo fra i denti.
“Andrej…” mormorò.
Mani cominciarono a scorrere sulla sua maglia di cotone. Era un tocco nuovo, eppure non del tutto estraneo: erano del suo migliore amico quelle mani. Esse gli raggiunsero l’elastico della tuta, sollevarono in alto la maglia e presero a percorrergli il ventre.
“Andrei!” urlò immobilizzandole da sopra la stoffa.
Gli occhi scuri lo fissarono addolorati.
Merda, che situazione…
Andrej chinò il capo appoggiando la fronte sul suo sterno. “Ti faccio schifo, vero?”
“Non dire idiozie”.
“Sono mesi che non ti stacco gli occhi di dosso”, le sue dita si serrarono a contatto della sua pelle, “E quando Sara ha iniziato a girarti attorno io…”
“Cazzo”. Gli aveva appena fatto una dichiarazione d’amore in piena regola. “Andrej, non so cosa dire”.
Un pallido sorriso. “Tu non sai mai dire niente di decente in certe situazioni, quindi stai zitto, è meglio”.
“Idiota”.
Si guardarono colmi d’imbarazzo; Andrej gli stava ancora sopra. “Ora me ne vado, non temere. Ma prima…”
“Non voglio che te ne vada; devi spiegarmi tutto questo casino”.
“…ma prima”, ripeté, “vorrei chiederti un favore enorme. Giuro che sarà l’ultima volta”.
Aveva un’espressione troppo seria per i suoi gusti. “Spara”.
“Vorrei… baciarti sulla bocca”. La sua voce era un roco sussurrio. “Non ti chiederò mai più una cosa del genere”.
Si sentì arroventare fino alla radice dei capelli. “Cristo, come fai a chiedermelo così?”
“Ti prego”.
Non gli aveva mai visto una sofferenza così grande; sembrava quasi dolore fisico. “Al diavolo. E va bene. Sbrigati prima che ci ripensi”.
Andrej parve titubante, imbarazzato. Poi serrò gli occhi e con uno scatto gli agguantò la bocca.
Lui annaspò, ma ormai non poteva tirarsi indietro, così si sforzò di stare fermo. Aprì anche la bocca per permettere all’altro di entrare: se gli concedeva quel momento, almeno glielo avrebbe concesso bene. Deglutì un paio di volte sentendo la lingua di Andrej. Poi si rese conto che il sapore non era disgustoso come si era aspettato. Non era tanto male; un po’ salato, forse. Capì che quella non era saliva, erano le lacrime di Andrej: lo stava baciando in modo disperato. Poveretto…
Le sue mani si mossero da sole, forse per compassione, e circondarono la nuca di Andrej.
Dopotutto era come stringere una ragazza, no? Solo che quelle spalle erano un po’ più larghe, il torace un po’ più forte, e non c’erano seni. Era un corpo duro quello, caldo attraverso la felpa profumata.
Le dita di Lorenzo si attorcigliarono ai capelli umidi di Andrej; questi sospirò e approfondì il bacio.
Già, come baciare una ragazza…
Senza rendersene conto allungò la lingua, sfiorando quella che già lo accarezzava. Sentì saliva di entrambi colare in gola, e un fremito lo scosse. Le dita di Andrej stavano giocando sopra il suo ventre, fra lembi di pelle nuda e strofinio di stoffa.
Cosa…
Tutt’a un tratto provò un senso di vertigine; qualcosa si accese nei suoi lombi e una fitta gli trafisse le tempie e gli svuotò lo stomaco. Lorenzo emise un singulto, i muscoli delle braccia e della schiena si tesero involontariamente, la pelle s’increspò.
Gesù.
Andrej si strappò da lui con le guance in fiamme, “Che stai facendo?” farfugliò.
Lui aveva il cuore in gola e il respiro martellante. Era eccitato. Il suo pene premeva contro i pantaloni, e anche Andrej se n’era accorto.
“Lorenzo ti senti bene?”
“…Non lo so”, ammise vacuo. Capì che lo stava trattenendo per i capelli. Avrebbe dovuto lasciarlo, ora. Il bacio era finito.
O no?
“Continua”, si sorprese a bisbigliare. Fece forza e lo trascinò sopra di sé.
Andrej rimase interdetto, ma lui neppure vi badò. Gli cercò nuovamente la bocca, la trovò, e chiuse gli occhi assaporandola.
Aveva caldo. Un caldo tremendo. Il cervello aveva smesso di funzionare e solo in un angolo lontano una vocina gli diceva che stava spogliando il suo migliore amico della maglia nera.
La pelle di Andrej profumava come la felpa, anzi aveva un odore ancora migliore. Gli abbandonò la bocca e si tuffò nell’incavo del collo, a contatto di quella pelle liscia e calda. Andrej si tese come una corda, fremendo e facendosi sfuggire un lieve lamento mentre lui lo assaggiava con i denti.
“Lorenzo fermati…” lo udì gorgogliare con voce pastosa.
Continuò a baciarlo seguendo la sua clavicola fino al petto; i capelli di Andrej gli piovevano in faccia e si attorcigliavano ovunque. Strinse il suo torace con più forza, impedendogli di scappare.
Il mondo roteava. Lorenzo aveva la testa leggera e non vedeva né sentiva altro che Andrej, il suo respiro spezzato, il suo cuore che batteva veloce.
Da qualche parte, in basso, si rese conto di bruciare. Anche l’inguine di Andrej era caldo, e pulsava contro la sua coscia al ritmo del sangue.
D’un tratto volle di più. Molto di più.
A tentoni, continuando a gustare quella pelle dall’aroma di sapone muschiato, gli raggiunse la cintura e iniziò ad aprirgliela. Lo sentì tremare sopra di sé, boccheggiare piano, mentre con le mani lui gli abbassava i jeans e si insinuava nei suoi boxer scuri.
Il membro di Andrej gli venne come incontro. Il ragazzo gemette ripiegandosi in avanti.
Era grande nel suo palmo aperto. Liscio e caldo. Glielo strinse.
Non aveva mai tenuto il pene di un altro in mano. Era una sensazione strana, aliena, ma non riuscì a distrarlo. Si sentiva come drogato, perché Andrej, sopra di lui, aveva iniziato a vibrare come un fuscello, emettendo singhiozzi strozzati.
“Lorenzo! S-smettila…”
Lo guardò dal basso, e improvvisamente provò un’ondata di eccitazione soverchiante.
Con un colpo di reni lo fece crollare di lato, e le posizioni furono invertite. Si trovò cavalcioni sopra Andrej.
Fu come vederlo per la prima volta. I capelli neri erano una nuvola scompigliata sul copriletto. Il viso dai tratti fini era acceso di rossore; gli occhi, due schegge luccicanti, erano sgranati nella penombra. Il corpo nudo di Andrej era bianco e snello, con i fianchi stretti nelle sue mani, il membro turgido ed eretto. Era… bellissimo.
Capì di essere travolto da qualcosa più grande di lui. Si chinò in avanti, strofinò il profilo contro quello di Andrej. “Non so quello che sto facendo”, gorgogliò piano.
“Lo vedo”, udì rispondere flebilmente.
Lorenzo circondò di nuovo il sesso di Andrej fra le mani.
“No!” gemette il giovane. “Non… così”.
“Come lo vuoi allora?”
Lo sentì vibrare sotto di sé. Non c’era bisogno di una risposta.
Il suo corpo si mosse da solo: Lorenzo si allentò l’elastico della tuta, poi l’abbassò fino alle ginocchia.
Andrej tremava sempre più forte.
Si chinò su di lui con gli occhi socchiusi, il respiro languido e il sesso di fuori. “Andrej, non voglio farti male… Cosa devo fare?”
Lo sentì aggrapparsi alle proprie spalle.
“Fai…” la voce gli morì un istante, “fai come se fossi una ragazza”, bisbigliò al suo orecchio.
Con un sospiro tremulo scese lungo quel corpo meraviglioso con le mani; gli accarezzò una coscia, dall’interno, sfiorando i testicoli. Poi l’afferrò da sotto il ginocchio e la ripiegò, sollevandola, esponendo Andrej che s’irrigidì in attesa.
Si strofinò a lui sentendolo boccheggiare e poi guidò la punta contro la piccola apertura. Era appena entrato, ma Andrej si agitò con un mezzo grido.
“Perdonami”, gorgogliò confusamente, e spinse con tutto il suo peso.
Andrej s’inarcò urlando, e lui lo agguantò con le braccia, tenendolo stretto a sé mentre con il sesso lo penetrava.
Rimasero allacciati a quel modo per interi minuti, immobili, sudando, troppo eccitati e spaventati per andare avanti. Fu Andrej il primo a parlare:
“Muoviti”, sussurrò, “voglio sentirti… muovere”.
Era chiuso in un mondo caldo, stretto. Andrej lo stringeva quasi dolorosamente. Meglio. Meglio sentire male in due.
Si mosse ondeggiando il bacino ed entrambi sussultarono.
“Continua”, gracchiò Andrej con lo sguardo perso. “Muoviti ancora”.
Lo fece. Affondò due, poi tre volte. La paura svanì in ondate brucianti. Affondò ancora e ancora, perdendo il conto. Andrej si agitava sotto di lui fra il dolore e il piacere, e lui godeva penetrandolo e guardandolo. Ogni movenza era nuova eppure antica quanto l’uomo stesso. I loro corpi facevano ciò che per istinto erano destinati a fare. Lui ansimava e affondava, Andrej si apriva e agonizzava desiderio: si lasciava prendere, ed era stupendo.
Non si rese conto di venire. Seppe soltanto di cadere in avanti, gemendo un lamento lunghissimo. Crollò su Andrej e scoprì che lui era già venuto, quando non avrebbe saputo dirlo.
Giacquero abbracciati e ancora uniti; solo dopo alcuni minuti il cervello di Lorenzo ricominciò a funzionare.
Il suo primo pensiero fu per Andrej: sperava di non avergli fatto troppo male.
Il secondo fu per se stesso.
…Adesso sì che la sua vita sarebbe diventata un casino. Un bellissimo casino.