Quello che i giornali non
dicono
di Aria
*fic in gara al
Concorso Original & Slash
del FORUM YSAL
Era così triste,
così arrabbiato, così offeso da non riuscire a crederci. Non poteva nemmeno
smettere di pensarci perché immancabilmente il suo infame cervello lo
riportava allo stesso punto, a quell’immagine orrida e crudele dei tre sul
podio: Montoya felice vincitore, Alonso terzo eppure campione del mondo, e
poi lui, Kimi Raikkonen, trascurabile secondo.
Trascurabile, dimenticabile, o peggio ancora facile bersaglio di ironia e
frecciatine, perché un carattere come il suo non gli rendeva certo semplice
accattivarsi le simpatie dei mediocri.
Avrebbe voluto gridare, urlare e piangere, ma non per sé: per lui, che non
l’avrebbe fatto, su questo ci avrebbe scommesso l’anima. Se c’era un
briciolo di verità nei pettegolezzi dei giornali al più si sarebbe fatto una
bevuta, sarebbe andato a donne e ci avrebbe messo una pietra sopra… già
praticamente nulla di diverso che se fosse diventato il campione.
Magari in realtà a Kimi non importava nemmeno più di tanto ed era lui a
costruirci sopra un castello di sciocchezze, ma proprio non ce la faceva a
smettere, a non stare male, perché al solo immaginarlo triste ed infelice
avrebbe voluto rivoltare il mondo e metterglielo ai piedi.
Ridicolo: era ridicolo, e stava cominciando a scadere nel patetico, si
ammonì affrettando il passo.
Non bastava che si fosse sorbito quasi tredici ore d’aereo, avesse sorvolato
un oceano col terrore folle di finirci dentro, messo piede in un paese
orribile solo per vederlo correre con assurda speranza, no, ora stava
vagando come un idiota pronto a farsi rapinare unicamente per l’idea di non
poter far nulla per un uomo che nemmeno sapeva della sua esistenza. Doveva
farsi curare! Davvero aveva ragione la sua tata nel dirgli che troppo
benessere dava alla testa; se avesse avuto qualche vero problema forse non
si sarebbe trovato con quel groppo in gola per una sciocchezza simile, o
quanto meno non si sarebbe sentito un idiota ad essere così depresso.
E poi perché cazzo erano tutti così felici e ciarlanti in quell’aberrante
città? Con milioni di persone sotto la soglia della povertà, delinquenza,
corruzione a iosa e mille altri sgradevoli problemi come diamine potevano
apparire tutti giubilanti? Neanche fosse carnevale.
E che andassero un po’ a piangersi addosso che quanto meno sarebbe stato a
tono!
Certo si rendeva conto di essere vagamente assurdo con simili affermazioni,
specie perchè si trovava nel quartiere più chic del divertimento brasiliano
dove club alla moda e ultralusso svettavano su entrambe le sponde della
strada.
Logica e sentimento comunque non andavano molto d’accordo, e lui aveva
deciso di accantonare il raziocinio in ogni forma quando aveva estratto
l’American Express per pagare il biglietto di prima classe: se uno non
poteva trattenersi dal compiere una follia che almeno si impegnasse fino in
fondo.
Sbuffò alzando gli occhi al cielo: possibile che anche quando sceglieva di
comportarsi da idiota, si sentiva come un idiota, non poteva tralasciare
tutte le sue pippe mentali, far tacere la voce che lo prendeva in giro per
le sue sciocche illusioni, le sue assurde speranze, le romanticherie
infantili a cui avrebbe tanto voluto credere almeno per un attimo? Era un
incurabile idiota ed era pure arrivato.
Eccolo lì l’esclusivissimo club vip di Sao
Paolo: la sua tata poteva aver ragione, ma i soldi di papà erano
tanto comodi il più delle volte che poteva essere giudicato un inetto,
accettare di considerarsi una nullità, continuare ad essere melodrammatico,
e non vi avrebbe rinunciato lo stesso.
Essere un piccolo viziato figlio di papà, anche se il padre in questione non
era più intorno a dettar legge, era uno sporco lavoro: lui ad ogni modo
sapeva farlo bene, con onore, valutò superando la fila in attesa e mostrando
l’invito riservato che aveva ottenuto qualche ora prima.
Già qualche ora prima: avrebbe pagato qualunque prezzo per la fantasia più
vaga di una distrazione, eppure mentre varcava la soglia e gli occhi
sbattevano per adattarsi alla penombra, stava ancora pensando a Kimi.
L’espressione frustrata di quel bellissimo viso era marchiata nelle sue
cellule e correva da un capo all’altro del suo essere senza poter uscire.
Forse non lo voleva nemmeno: dimenticare sarebbe stato tradimento e non
sopportava l’idea di cedere, nemmeno se l’unico a conoscere quell’inganno
verso il suo idolo sarebbe stato lui.
Si accomodò al tavolino d’angolo, vicino al palco ma non troppo, e subito
una donnina succintamente vestita gli si avvicinò. Peccato che tanta grazia
con lui andasse sprecata: non aveva attraversato mezzo mondo per farsi una
scopata, ma se anche fosse stato quello il caso e avesse subito il fascino
brasiliano le sue preferenze non sarebbero andate all’altra metà del cielo.
Raikkonen era un genio al volante, ma se non ne fosse stato almeno un po’
invaghito non avrebbe patito così tanto per lui.
Ordinò un cocktail dal nome impronunciabile, con tanto alcool da poterci
bruciare una tanica d’acqua; solitamente non beveva, ma quella gli pareva
l’occasione perfetta per variare le sue abitudini precisine: magari una
bella sbronza l’avrebbe svegliato un po’.
Con la coda dell’occhio, mentre rigirava in silenzio il suo drink, scrutava
il tavolo di fianco al suo: era un po’ scostato e non vedeva bene l’uomo che
teneva a banco ben quattro figliole, ma di certo tutti sembravano divertirsi
un mondo. Lui al contrario, subissato dal chiacchiericcio
dell’intrattenitrice, si stava deprimendo anche di più.
Zittì un sospiro deglutendo un altro sorso che gli bruciò la gola. Ma non
dicevano che ci si abituava subito all’alcool? Ovviamente lui doveva essere
l’eccezione: avrebbe finito quella bevanda pestilenziale e poi se ne sarebbe
tornato in albergo, quanto meno rinchiuso nella sua stanza avrebbe potuto
compiangersi liberamente senza nessuno intorno.
Scostò la mano della ragazza che stava risalendo un po’ troppo lungo i suoi
calzoni, continuando a seguire nella semioscurità la testa del suo vicino:
ovviamente vista la sfiga, chi mai poteva trovare in un club brasiliano se
non un biondo turista? Pareva una congiura volta ad impedirgli di superare
quel momento. E che caspita forse doveva proprio farsela quella scopata: non
era nel suo carattere finire a letto col primo venuto ma cominciava a
vagliare l’ipotesi che il problema potesse risiedere proprio lì. Troppe
seghe mentali e troppo poche fisiche.
Per la miseria, a vederlo da dietro, quel ragazzo assomigliava
inquietantemente a Kimi e muoveva le mani proprio come lui, solo che invece
del solito asciugamano post gara stringeva fianchi morbidi, e le dita non
asciugavano goccioline di sudore ma sfioravano scollature vertiginose.
Le unghie curate tornarono ad stuzzicargli l’inguine per attirare la sua
attenzione, e lui sobbalzò scostandosi: poteva non essere carino e galante
comportarsi così con una signora, ma per quel che pagava se anche avesse
voluto giocare alle belle statuine o restarsene da solo come un coglione, il
minimo che la tizia potesse fare era compiacerlo e non rompere.
Santo dio, sembrava quasi lei la cliente e lui l’intrattenitore restio e
pudico.
Quando fece per protendersi verso di lui senza pensarci scattò in piedi, e
non si accorse che dietro di lui stava accadendo la stessa scena al
contrario. Una delle ragazze, evidentemente stanca delle attenzioni troppo
audaci, ed evidentemente malata di mente avrebbe aggiunto lui, si era alzata
per andarsene. L’uomo però l’aveva afferrata gentilmente per un polso: non
propenso a farsi piantare in asso così. Cercava di rabbonirla senza
risultare troppo convincente nelle sue trattative, specie perché appariva
alticcio.
Non fu quello però a gelarlo: se impietrì fu perché in quel preciso momento
distinse chiaramente il viso dell’avventore e poté ascoltare la sua voce,
una voce stupenda che dal primo momento gli aveva infilato brividi lungo la
schiena giù dritti fino al bassoventre.
Artigliò la sedia come se si fosse abbattuto su di lui un uragano: Kimi,
quello era Kimi! Non poteva crederci.
Non era mai svenuto in vita sua, ma in quel momento percepì chiaramente di
esserci vicino. Strinse le palpebre per cacciare i puntolini neri che gli
annebbiavano la vista, quando fu più sicuro di non finirgli lungo e disteso
ai piedi le sbatté un paio di volte: in pochi istanti pareva che il caos si
fosse liberato nel club. Le ragazze si erano accalcate di lato, ridacchiando
a dire il vero, con Kimi che cercava di raggiungerle senza riuscirci: il
direttore con due energumeni gli sbarravano la strada, poco propensi a
lasciar continuare quella sciarada.
Si sfregò gli occhi per essere certo di non star sognando: era una scena
folle, specie perché di Kimi si poteva dire tutto tranne che fosse
fisicamente imponente o minaccioso; era persino più piccolo e minuto di lui
che non era un colosso.
Quell’insistenza evidentemente però, non risultava gradita ai tre, che gli
stavano intorno infastiditi: stava disturbava la serata di altri
frequentatori abituali e munifici.
Con tutta quella tensione avvertì il preciso momento in cui uno dei due
buttafuori avanzò per afferrare Kimi, e senza pensarci fece un passo avanti
mettendosi in mezzo.
La rabbia per la gara, per il campionato, per quell’ingiustizia divampò
nuovamente unendosi alla furia del momento e per una volta smise
completamente di ragionare, cavalcando l’onda, sfogando tutto il marasma di
emozioni negative che lo accompagnavano da ore.
Gelando i tizi con un’occhiata degna di un demonio scostò lui Kimi, con
delicatezza, attirando la sua attenzione con un tono dolce. Lo blandì, lo
sommerse di parole confondendolo e con un minimo sforzo lo convinse ad
uscire: lo dicevano che bere era pericoloso.
Da qualche parte dentro di lui c’era l’abituale se stesso che gli dava del
folle mentre venivano scortati alla porta, ma non aveva importanza.
L’aria frizzante della sera snebbiò entrambi e d’un tratto non era più molto
sicuro di cosa fare: Kimi lo fissava imperscrutabile e curioso ad un tempo,
lui avvertiva l’imbarazzo inerpicarsi su per il suo corpo come un morbo
mortale. All’improvviso però il campione ondeggiò leggermente e si aggrappò
a lui, rischiando di far finire per terra entrambi: così, esitante, gli
passò un braccio sotto le spalle per sorreggerlo, trovandoselo praticamente
appiccicato contro. Con sua somma vergogna una raffica terribile di
eccitazione lo investì: avvampò, si maledì, timidamente gli lanciò un
occhiata, e sorrise come un idiota scoprendolo rilassato sulla sua spalla.
Prima di perdere coraggio fece un cenno ad uno dei taxi in fila e diede
l’indirizzo del suo albergo. Kimi non protestò, semplicemente si lasciò
infilare nella scassata vettura che partì singhiozzando.
Avrebbe potuto giurare di avere un sacco di considerazioni, di domande, di
idee da analizzare, ma tutto ciò che contemplava il suo mondo in quel
momento era stringere quella creatura fantastica tra le braccia e…
proteggerlo, consolarlo; magari semplicemente lasciarlo dormire come stava
accadendo. Una volta arrivati dovette scuoterlo leggermente: era impensabile
che si trasformasse nel scintillante cavaliere e lo portasse a braccia in
camera, poi oltre ad essere folle non ce lo vedeva proprio Kimi nel ruolo
della principessa da salvare, aveva troppo carattere per calzare i panni
anche quando era brillo.
Dopo vari contorcimenti, ed imbarazzanti episodi alla reception, si ritrovò
in camera con quella visione stesa sul suo letto a pancia sotto, senza
scarpe e discinta che lo squadrava malignamente. Che vuoi fare ora? Sembrava
chiedergli pur senza parlare; in effetti pensandoci, avevano entrambi detto
ben poco.
Kimi ridacchiò facendolo sussultare, rotolò sulla schiena e sfidandolo
spinse la mano fuori dal materasso nella sua direzione: prima di potersi
dominare si guardò intorno, aspettandosi quasi di trovare come per magia
qualcun altro lì con loro; Kimi rise più forte tirandosi a sedere ed
iniziando a sfilarsi la camicia.
Sì, doveva essere un sogno, oppure era morto e per qualche strana ragione
finito in paradiso; ad ogni modo se era fantasia tanto valeva che se la
godesse fino in fondo.
Trascinato dal suo fascino si ritrovò seduto accanto a lui, a passargli
leggermente le dita tra i capelli corti e su quegli zigomi alti: dio com’era
bello, e sensuale, e magnetico…
Lui invece era un mentecatto e stava per piangere.
Alla prima lacrima lo sguardo di Kimi si incupì diventando più blu del mare,
la seconda non fece in tempo a scendere, pietrificata negli occhi sgranati,
mentre la bocca esigente divorava le labbra socchiuse. In pochi istanti fu
rivoltato sulle lenzuola, il peso nudo di quel corpo tanto venerato ad
immobilizzarlo; parole suadenti scorrevano nel suo orecchio inebriandolo ed
eccitandolo ancor di più: come se fosse stato necessario.
Avrebbe voluto tante cose: un momento tenero e romantico, un’immagine
candida da ricostruire nella mente per gli anni a venire, ma non fu
esaudito. Non fu gentile, non fu nemmeno dolce, fu semplicemente devastante:
passione allo stato puro, follia, esaltazione. Fu l’esperienza più sublime
ed indimenticabile che avesse mai vissuto.
Piombò in un sonno profondo pochi istanti dopo aver raggiunto l’orgasmo, col
calore di Kimi ancora dentro di lui, cullato dal suo respiro lievemente
affannoso.
Socchiuse un occhio infastidito dalla luce e lo richiuse immediatamente:
doveva aver di nuovo dimenticato di chiudere quella dannata serranda. Aveva
fatto un sogno meraviglioso però quella notte; cioè non aveva attuato
assolutamente nulla di quel che immaginava di realizzare se mai si fosse
trovato faccia a faccia col suo idolo, ma l’aveva sognato eccome!
Non aveva di che lamentarsi, considerò stiracchiandosi soddisfatto e
all’improvviso trasalì balzando in piedi completamente sveglio: c’era
qualcuno nel suo letto! Kimi era davvero lì con lui!
Lo studiò muovere un braccio, e si rese conto che l’altro lo stava cercando.
Non trovandolo aprì gli occhi: quello sguardo malizioso e un sardonico
comparve immediatamente quando lo scorse nudo, fermo e basito.
Il primo istinto fu quello di coprirsi vergognosamente, fatto che suscitò
ulteriore ilarità nel geniale pilota ed irritò lui portandolo a mettere il
broncio.
Stranamente in quell’attimo si rese conto con lucidità che l’imbarazzo si
era volatilizzato: era di nuovo se stesso senza follie, semplicemente lui
con un uomo che gli piaceva moltissimo, ed era immensamente felice.
“Come on baby you can do better than this with your time… a lot of time…”
Un uomo nudo che con certa evidenza lo desiderava.
Scosse la testa ridacchiando anche lui e si lasciò cadere tra le coperte.
Una mano lunga, affusolata ma incredibilmente forte lo agguantò, prendendo
possesso del suo corpo.
Sospirò estasiato: a quanto pareva ci sarebbe stato tutto il tempo dopo per
dirgli quello che desiderava, molto dopo. Una scoperta però l’aveva già
fatta: i pettegoli non conoscevano certo tutta la verità.
E un risultato l’aveva raggiunto: di certo Kimi in quel momento non era
triste o frustrato e nemmeno lui.
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