Quando si scioglie la neve

di Nuel

*fic in gara al Concorso Original & Slash del FORUM YSAL

 

La neve si stava sicuramente sciogliendo, da qualche parte.
Leonardo gettò la sigaretta a terra e la spense sotto la scarpa. Faceva ancora piuttosto freddo e si strinse addosso il lungo soprabito di pelle nera. Le luci della città non lasciavano vedere le stelle ed il cielo appariva come un’enorme cortina nera.
Si disse che sembrava un protettore che attendeva la sua puttana in strada. Forse non era del tutto sbagliato.
Una porta si aprì, alla sua sinistra, vomitando luce, calore e musica. Miguel si avvicinò ancheggiando, con quella sua andatura lenta ed annoiata.
Quant’era che non andava a vedere i suoi spettacoli?
Più o meno da quando aveva cominciato a trovarli intollerabili. Due a sera, ogni maledetto giorno, senza venerdì, sabati o domeniche, ma quello era il suo lavoro e Miguel voleva subito messo in chiaro che non intendeva rinunciarci.
In fin dei conti ballava solo.
Che lui trovasse i suoi movimenti assolutamente scandalosi era un problema solamente suo.
Che trovasse scandaloso anche il suo aspetto, tanto che lo avrebbe tenuto chiuso in casa per nasconderlo allo sguardo del mondo, rasentava addirittura il ridicolo!
Che fossero soldi in nero, niente contributi o una pensione in futuro, non sembrava importargli, del resto non aveva neppure una carta d’identità od il permesso di soggiorno. Legalmente non esisteva e gli andava bene così. Da quale angolo d’inferno fosse arrivato lo ignorava ancora.
Miguel era metà nero e metà ispanico, con una nonna francese, diceva e da qualche parte doveva esserci pure del sangue orientale, ma con una madre puttana e un padre che potrebbe essere chiunque era difficile dirlo.
Prima o poi gli avrebbe fatto fare un bel ritratto a carboncino. Era nato per essere ritratto con la matita nera.
No, si corresse Leonardo, era nato per essere scopato. Un corpo che invitava al peccato anche se eri Dio in persona.
Miguel si fermò a pochi passi da lui, in attesa di un cenno e Leonardo inclinò velocemente la testa. L’auto non era molto distante.
Nera, due posti, elegante. Un motore che ruggiva appena toccavi l’acceleratore. Interni chiari, in pelle.
Leonardo mise in moto guardando di sfuggita il suo compagno che aveva reclinato la testa sul sedile. I capelli neri, lucenti e lunghi sino alle spalle si erano allargati intorno alla testa e lui respirava piano. Forse era stanco.
Leonardo mise la freccia e la spia intermittente si spense dopo pochi secondi. Aveva svoltato in una strada che portava fuori città.
Le luci fastidiose della statale si allontanavano velocemente mentre le case sfilavano ai due lati della strada.
Il suo passeggero aprì gli occhi e guardò per qualche secondo fuori dal finestrino, ma non disse una parola.
Non era la strada per casa loro. Stavano andando in periferia, dove c’erano ancora i campi ed il grano aveva appena germogliato.
Dopo quasi un’ora, l’auto rallentò e s’infilò in una strada sterrata, contornata da alberi alti e nodosi, pieni di gemme chiare. Tra i rami splendeva una luna pallida.
Leonardo spense il motore, attese qualche istante, captando i suoni provenienti da fuori. Si sentiva qualche grillo in lontananza.
Si sporse ad abbassare il sedile di Miguel e gli fu subito sopra.
Miguel, il viso imperscrutabile, lo abbracciò, allargando le gambe fino a sentire la fastidiosa presenza del cambio contro la coscia sinistra e la solida barriera dello sportello sulla destra, sollevando i fianchi per farsi abbassare i pantaloni attillati come una seconda pelle.
Leonardo, sbottonati rapidamente i calzoni del completo d’alta sartoria, si spinse in lui, smanioso di svuotare i ciglioni pieni, grugnendo ad ogni affondo veloce.
Pochi minuti e lo slancio erotico era già finito. Leonardo uscì dall’auto per pisciare a ridosso di un albero. Il suo amante non si era lamentato per la mancanza di appagamento, evidentemente il suo bisogno non era impellente.
Miguel uscì lentamente, finendo di ricomporsi, lasciando la portiera aperta perché la luce dell’abitacolo rimanesse accesa. Si appoggiò al cofano aerodinamico, infilando le mani nelle tasche del giubbino ed incrociando i piedi, rimanendo a guardare le spalle del suo amante.
Quando Leonardo si girò lo vide sorridergli. Gli andò vicino e lo abbracciò.
-Scusa-
Miguel rise piano. -Baciami e sta’ zitto!-
Leonardo ubbidì senza ribattere. Un lungo, appassionato bacio.
Miguel gli passò più e più volte le dita tra i capelli scuri, compiaciuto di quel che vedeva: un uomo distinto ed aitante, alto quanto lui, che avrebbe potuto avere chiunque, ma che voleva solo lui. Così innamorato, così geloso, eppure in grado di lasciarlo libero. Forse, un giorno, gli avrebbe raccontato quei segreti che ancora custodiva.
Forse un giorno gli avrebbe raccontato della sua terra, di sua madre, che lo aveva messo al mondo in un bordello e che lo aveva amato e protetto come il tesoro più prezioso.
-Portami a casa: ho voglia di fare l’amore- gli sorrise, spingendolo via.
Leonardo rispose con un sorriso e si mise al volante.
Chissà perché gli innamorati avevano sempre voglia di sorridere… Se lo era chiesto tante volte da quando stava con Miguel.
Ripercorse a ritroso la strada di poco prima, guardando avvicinarsi la macchia indistinta delle luci della città.
Di tanto in tanto guardava Miguel, sorridente, con gli occhi di carbone, ma luminosi. Allungò la mano sulla sua gamba, risalendo piano a tastare l’erezione dentro i pantaloni e lui gli strizzò l’occhio.
-Leonardo-, lo chiamò con quella sua inflessione straniera un po’ cantilenante, accarezzandogli la mano e poi pizzicandola per allontanarlo. –Voglio farlo a casa, a letto, impiegarci tutto il tempo che vogliamo e rimetti la mano sul volante, per favore!-
Leonardo rise, togliendo la mano dal suo inguine e scotendo la testa.
-Una volta non eri così difficile!-
-Una volta non sapevo che sarei stato con te per sempre-
Leonardo sentì il cuore fargli una capriola nel petto, come sempre, davanti alle improvvise dichiarazioni d’amore del suo compagno. Si schiarì la gola per dissimulare l’imbarazzo e cercò di mascherare il sorriso felice che voleva stirare le sue labbra.
-Nel mio Paese si dice “Ama sempre più che puoi, quando vuoi e dove vuoi, ma quando trovi l’Amore, costruisci una casa, mettici dentro un letto grande, butta via gli orologi e fai all’amore”-
Qualche minuto di silenzio li vide fermarsi e ripartire ad un semaforo.
-Vuol dire che dovrò cercare quel modo di dire, se voglio sapere da dove vieni…- buttò lì, senza guardarlo. Un brivido freddo gli solcava la schiena. Se il suo bellissimo amore non voleva dirgli da dove veniva, doveva avere le sue ragioni e a lui spettava rispettare le sue scelte.
Miguel gli accarezzò dolcemente la guancia. -Forse non è proprio così che si dice, ma quando saremo a casa, dopo aver fatto l’amore, mentre aspettiamo di dormire, potrei raccontarti del mio Paese e delle donne con i grandi occhi neri che si fanno amare lungo le strade e nelle case con l’intonaco colorato-
Leonardo annuì. Forse lo avrebbe fatto veramente, o forse gli avrebbe raccontato una bellissima storia, una favola come quelle che si raccontano ai bambini per farli addormentare.
Mentre l’auto scivolava fluida sull’asfalto e Miguel parlava ancora, Leonardo prese una decisione: l’indomani mattina avrebbe guardato il calendario, per Pasqua voleva andare in montagna. Non aveva mai portato Miguel fuori città. Sicuramente si sarebbe divertito. Quando avrebbe fatto più caldo, però.
Miguel veniva sicuramente da una terra calda e lui non voleva che vedesse quanto erano freddi gli inverni da quelle parti.
Sicuramente la neve si sarebbe sciolta, per Pasqua.