Arcano

di Grifis

*fic terza classificata al Concorso Original & Slash del FORUM YSAL

 

Alzo gli occhi, riparandomi con la mano dalla luce accecante, ma questo non riesce a darmi sollievo. L’aria sembra fatta di fuoco invisibile, che penetra nella gola, seccandola…che brucia la carne, che consuma ogni pensiero che non sia quello di fuggire.
A volte odio questo posto, odio lui e le sue campagne senza senso, volte solo ad acquisire più potere, a spingersi più in là. Ci sono giorni in cui mi manca il respiro, in cui odio ogni granello di questa sabbia ed ogni faccia su cui si posano i miei occhi. Sono giorni in cui credo veramente, per un momento, che la prossima cosa che farò sarà dirgli addio e tornare in Macedonia, dove i raggi del sole sono calde carezze sulla pelle, e non stilettate di fuoco; dove l’unica preoccupazione è quale sia l’acino più dolce da assaporare, la musica più dolce da sentire, la pelle più morbida da accarezzare.
Il tempo di tergermi il sudore dalla fronte e questo pensiero svanisce, ed io sorrido, una volta di più, della mia illogicità. So già che non lo farò mai. Non lo farò perché nessun cibo, nessuna musica, nessuna carezza mi darebbe piacere senza di lui. E so che ho accettato e che accetterò ancora ogni sua volontà solo per stargli vicino, solo perché lui, tra tanti che lo servono e che lo ammirano, abbia quello sguardo speciale solo per me. Io, questo guerriero senza paura, quest’uomo accorto e saggio, davanti a lui sono solo il ragazzo innamorato che sono sempre stato. Il mio nome è Efestione. E lui, il condottiero, il re di molti popoli, davanti al quale gli uomini di tutte le terre conosciute si inchinano, al cui cospetto fuggono o si prostrano, lui, il mio amore, è Alessandro, il Grande.
Un soldato che mi chiama mi distoglie dai miei pensieri.
“Perdonami signore. L’esercito sconfitto aveva con sé una carovana. Penso l’avessero attaccata durante la notte, ed ora ci troviamo con una cinquantina di persone…”
“Perché mi tedi con queste sciocchezze? Dovreste essere in grado di risolverle da soli.” Chiedo, e il soldato si sposta da un piede all’altro, quasi improvvisamente a disagio nelle membra cotte dal sole ma ancora forti, quasi nodose.
“Non è questo, signore…La carovana portava con sé una persona - il soldato cerca con cura le parole - forse il dono per qualcuno di importante, o forse per un tempio…nessuno tra loro parla bene la nostra lingua…non saprei dirlo con esattezza…tuttavia vorrei che fossi tu a decidere ciò che è meglio fare.”
Annuisco brevemente. Non è raro trovare nelle carovane o nelle navi sconfitte regali per potenti re o altrettanto potenti templi. Oltre a oro, argento e gemme spesso si trovano destrieri focosi, splendide vergini o bellissimi fanciulli, ma niente mi prepara a ciò che vedrò, mentre mi avvicino alla tenda indicatami dal vecchio soldato. Scosto la cortina e rimango accecato, sconvolto da quanto vedo. Il ragazzo addormentato è sdraiato su cuscini di seta ma, al confronto con la sua pelle, questi paiono rozzi, grossolani. La carnagione diafana sembra risplendere dall’interno, accarezzata dai lunghi capelli che scivolano eterei sul corpo sottile, creando rivoli d’argento scintillante. Mi accorgo di trattenere il fiato, non oso avvicinarmi e nello stesso tempo una forza irresistibile mi attrae verso di lui, sgombrando la mia mente da ogni altro pensiero. Non credo di aver mai visto niente di più bello in tutta la mia vita. Forse solo gli dei godono di tanta bellezza. La mia mano si muove da sola fino a sfiorargli la pelle della coscia, e un brivido mi percorre la schiena nel sentire sotto le mie dita qualcosa che non ho mai percepito. Assaporo una sericità meravigliosa, e risalgo con la punta delle dita verso le sue guance, verso le sue labbra purpuree, atteggiate nel sonno ad un sorriso bellissimo ma ambiguo. E’ il sorriso di chi detiene l’infinito stesso.
“Svegliati!” Mi sento dire, e dopo un tempo che pare eterno il fanciullo apre gli occhi. Con un gemito di meraviglia mi perdo in quell’abisso color del ghiaccio. Per la prima volta da quando posso ricordare, i miei pensieri non sono rivolti ad Alessandro, ma si perdono in questo ragazzo, quasi non facessero più parte di me: avviluppa la mia mente, essa non mi appartiene più, è sua, come suoi sono i miei ricordi, suoi i miei sensi, che bramano questo ragazzo con ogni fibra del mio essere.
“Qual è il tuo nome?” domando con una voce irreale che non è la mia, Ma il ragazzo non risponde. Mi guarda, i suoi occhi mi incatenano e la voce esplode nella mia mente: Avvicinati…
Ubbidisco, ma in realtà non è così. Nell’ubbidienza c’è comunque una scelta, ed io non ne ho. Ho la possibilità di ignorare quel comando quanta ne ha la mano di rifiutarsi di portare il cibo alla bocca.
Raggiungo i cuscini sui quali è sdraiato, ma lui non si muove. Solo i suoi occhi sono vivi, quasi scintillanti…mi sembra che onde violette pulsino in profondità color ghiaccio.
Non vuoi toccarmi?
Lo tocco e mi rendo conto che il suo corpo non risponde a nessun comando, a nessuna sollecitazione. Perso nella morbidezza della sua pelle, non ne ero conscio quando lo credevo unicamente addormentato. E’ un corpo bellissimo, ma completamente morto. Grido per la frustrazione, non sopportando lo sguardo quieto dei suoi occhi. Stringerlo a me e sentire la sua voce nella mia testa, in tutto il mio corpo, è una cosa sola. Mi implora di prenderlo, di possederlo e la mia mente viene invasa dal desiderio, mentre il mio corpo risponde con violenza. Non riesco a capire se i miei baci febbrili sul suo corpo sono realtà o illusione…se davvero lo sto penetrando, se sento il suo calore attorno a me…è realtà o sogno? Non riesco a capire, perché il piacere pervade ogni più piccola parte del mio corpo in un modo che non ho mai provato, e che credo non abbia mai provato nessun essere umano su questa terra o sull’Olimpo. Sento decine di mani smaniose sulla mia pelle, avide di darmi piacere, bramose d’estasi. Il possedere quel corpo mi porta a vette d’estasi, e quasi non mi rendo conto che io stesso sono penetrato, posseduto, riempito, fino a quando onde, spasmi di pura delizia mi fanno tremare, mi costringono a gridare per non soffocare nel mio godimento. Il grido mi riporta per un momento alla realtà, e capisco che morirò se il piacere non avrà fine, se non avrò la forza di staccarmi da lui…ma è n’attimo, e un nuovo gorgo di estasi mi trascina giù.
Lo schiaffo è forte, tagliente e freddo come una lama. Scuoto la testa inebetito…senza forze.
“Alessandro…” Balbetto, mentre lui torreggia su di me. Sento il suo sguardo bruciarmi la pelle ancora scossa da quanto provato.
“Che significa questo? Prendi il tuo piacere da un ragazzo che non può muoversi…? Da un povero incapace…?” Tuona, ed in questo momento, nella sua ira, è tanto bello e terribile da sembrare davvero il figlio di Zeus, come proclamava Olimpia, sua madre.
“Alessandro…” Cerco di spiegarmi, di trovare le parole, ma in un momento non sento più il suo sguardo su di me. Lo cerco con gli occhi, e vedo il mio amore presente solo col corpo davanti a me. La sua mente, il suo cuore, la sua stessa anima sono stati rapiti, portati in quel luogo disgiunto in cui anch’io mi trovavo, prima che lui mi salvasse. Ma lui è più forte di me, immensamente più forte, di me e di qualunque uomo.
Mi aggrappo disperato alle sue ginocchia, mentre urlo il suo nome, mentre lo obbligo a riportare il suo sguardo su di me. E finalmente, mentre sento brividi freddi percorrermi il corpo e le forze mancarmi di nuovo, sento le braccia di Alessandro attorno a me.

Mi sembra sia passata un’eternità quando riposo la testa nell’incavo della sua spalla, al buio. L’amore ci ha lasciati senza forze nel corpo, ma la nostra mente non riesce a riposare, e vaga dietro a quell’inquieta immagine che vi è impressa.
“Non riuscivo a staccare gli occhi da lui- mormora il mio amore nel buio- era come essere catturati nella tela di un ragno …dibatterti non serve a liberarti, ma solo a invilupparsi ancora di più.”
“E’ stato così anche per me – rispondo- Non è stata una mia scelta, Alessandro. Voleva uccidermi…voleva…assorbire la mia anima…”
“ Non è certo umano…ma può essere un dio…o un demone…?”
“Che cosa sai di lui?” Gli chiedo, ma sento la curiosità affievolirsi: la gola mi brucia, e all’improvviso sento freddo.
“Un vecchio della carovana dice che lo hanno trovato nel deserto sei mesi fa, incatenato sotto il sole. Aveva la pelle bruciata, e all’inizio hanno pensato non camminasse per le torture subite. Ad ogni modo non si è mai lamentato, né si è mai mosso, né ha mai parlato…Che cosa c’è?- Mi domanda- stai tremando.”
Mi stringo di più a lui, ma faccio fatica ad avvertire il suo corpo forte accanto a me, a sentire le sue parole. Il viso di Alessandro diviene confuso mentre mi accarezza la fronte e le guance, mentre mi bacia. Più la febbre aumenta e più riesco ad avvertire solo due sensazioni: quella del mio corpo che fatica a trattenere l’anima dentro di sé e uno sguardo di una bellezza impensabile, di una vastità che sfiora l’infinito. Nei giorni seguenti avverto appena la presenza di medici e schiavi accanto al mio letto. Cerco di chiamare Alessandro, ma inutilmente: più mi agito, più sento le spire ammalianti del ragazzo condurmi a lui. Ecco…lo vedo…è sopra di me…
“E’ lui…Alessandro…attento…è lui…”
Alessandro è subito accanto a me, anche se io lo avverto solo debolmente.
“Non c’è nessuno qui mio amato. Il ragazzo è stato portato nelle prigioni, e c’è sempre un soldato a controllare la sua porta.”
“N-no…rispondo…no…è qui…attento…”
Poi non avverto più Alessandro, non avverto più nessuno…tranne la voce dolcissima nella mia mente, che mi invita a rilassarmi e a percorrere con le volute dell’infinito piacere che mi sarà donato. Non ho la forza di oppormi…e mentre penso questo sento il desiderio che mi attanaglia le viscere…di nuovo il piacere scorre nelle mie vene, pervade tutto il mio corpo, ed io mi trovo a mugolare e a contorcermi. Forse il mio corpo febbricitante delira e sussulta nel letto, ma le nostre anime legate si aggrovigliano nell’estasi, e lascio che lui beva tutto di me, fino a che non mi ritrovo solo.
Sento la mia anima che preme per fuggire dal mio corpo…per tornare da quell’essere, ed essere imprigionata per l’eternità…
Sto morendo…ma forse non ci sarà posto per me nell’Ade…
“Alessandro…” mormoro, ed egli e vicino a me. Piange, e capisco che è sempre stato lì, anche se io non potevo vederlo…
“Alessandro…non andare mai da lui…Dimenticatelo…non…” Non riesco più a parlare…sento che non potrò tenere ancora in me quest’anima smaniosa.
Alessandro mi bacia, e sotto le sue labbra io cedo, e do l’addio alla vita, mentre prego che non mi raggiunga mai…che non muoia vinto da febbri che nessuno sa spiegare, con l’anima rubata da un bellissimo demonio.