DEDICHE unt RINGRAZIAMENTI: sperando che le mie sisters, che venero adoro e necessito, e la piccola Lal che mi è ormai indispensabile non se la prendano troppo se le escludo…

Ma questa umile ficcina è solo ed esclusivamente (poveraccia ndHana zitto te è.é ndMarty) per Soffiochan. Grazie di essere così meravigliosamente…Soffio! Non so come spiegarlo ^^

DISCLAIMERS: i personaggi sono tutti di Takehiko Inoue, le idee malsane sono le mie e la canzone che ispira tutto l’ambaradan è di Jewel (con le dovute licenze, naturalmente…) se volete ascoltarla, fa parte della colonna sonora di Batman & Robin!

POSTILLA: c’è una citazione di James Barrie, dal libro “Peter Pan”…riuscite a trovarla?

NOTE 01: tra gli asterischi i flash back, in corsivo il testo delle canzoni/poesie, i cambi di POV sono segnalati...tutto come sempre insomma!

NOTE 02: come sempre è tutto buttato a caso, non cercate riferimenti né temporali né di luogo né di nessun altro tipo!!!

NOTE 03: visto che oggi mi sento buona...lieto fine per tutti!!!! FORSE…ehm, Soffiuccio, metti via la mannaia…ecco, brava, lentamente….^^’’’

Spero vi piaccia!





Foolish Games

di Marty


Ma che ho fatto di male ç_ç

Ok, sono arrivato a scuola in ritardo…

Ok, mi sono messo a correre per i corridoi…

Ok, pioveva ed ho inzaccherato l’intero corridoio con le impronte infangate…

Ok, ho fatto un volo inaudito urlando come un ossesso e rischiando di infrangere tutte le vetrate e le orecchie con i mille e più decibel…

Ma atterrare sul preside e ritrovarmi con in mano il suo parrucchino mentre tutti ci guardavano incapaci di parlare è stato un incidente!

Mica mi verrà a dire che è stata colpa mia vero?!

Ç_Ç

Povero me, sono un incompreso…

“Sakuragi…”

oh-oh, il suo colorito mi ricorda i miei capelli…credo sia un po’ arrabbiato…

“#**@^!]+’!!!!”

-.-

Va bene, ho capito, è fuori di sé.

Meglio che stia zitto e tenga il capo chino, così oltretutto non devo vedere la sua pelata brillare sotto la luce al neon della lampada che ha sulla scrivania…forse scoppiargli a ridere in faccia non sarebbe una bella idea…

 

*************UN’ORA DOPO*******************

 

Puff, dopotutto mi è andata bene.

Mi ha solo incaricato di redigere il registro di classe al posto dei capoclasse per le prossime settimane.

Certo, questo vuol dire che dovrò restare a scuola un paio d’ore extra…ma avevo paura che mi avrebbe espulso dalla squadra!

A proposito…

SONO IN RITARDOOOOO!

Giro l’angolo correndo e cozzo in pieno con qualcuno.

Dannazione, spero solo che non sia qualche professore, altrimenti sono daccapo…

Ma no, riconosco i capelli, la pelle chiara e gli occhi di ghiaccio.

È solo…”Rukawa! Maledetto! Sei sempre tra i piedi! Vuoi andare ad abbioccarti da un’altra parte così eviti di molestare il Tensai?!”

“Hn” mi risponde e se ne va verso il cancello con passo stanco.

Ehi, un momento: perché diavolo il volpastro se ne va invece di essere agli allenamenti che sono sicuramente già iniziati?

E perché non ha reagito alle mie provocazioni?

Bah, non sono affari miei!

Anzi, un problema in meno!

Entro in palestra tutto baldanzoso.

“Ehi, ragazzi!

Ho appena messo in fuga la vol…p…e…”

Mi si bloccano le parole in gola quando vedo le facce degli altri.

“Ma che è successo qui?” chiedo preoccupato.

Ayako mi si avvicina, tristezza mista a confusione è quello che le leggo sul viso.

“Hanamichi, Rukawa ha lasciato la squadra.”

 

************FINE DEGLI ALLENAMENTI***********

 

Mi ci è voluto un po’ per mettere a fuoco.

Non ho riso.

Non ho esultato.

Non ho gridato che finalmente potrò avere il ruolo che mi merito.

Non ce l’ho fatta.

Ero troppo preoccupato a tenermi in piedi.

Il basket…la squadra…senza Rukawa.

Non è possibile. Lui È la squadra! Lui È il basket!

Lui deve esserci, con me, altrimenti io per chi mi alleno?!

Accidenti, devo essere impazzito.

Sì, senz’altro è stata la notizia scioccante che mi ha sconnesso il cervello.

Io mi alleno per HARUKO!

HARUKO!

Come chi è?!

Mi meraviglio di voi!

È…ehm…la babb…no, cioè, la bellissima sorella del capitano!

Sono entrato nella squadra per conquistarla.

Poi però mi sono davvero appassionato a questo sport, e tutto grazie a lui.

Era troppo bravo, tutti lo ammiravano e idolatravano, compresa Haruko, e il desiderio di sconfiggerlo è stato così forte da spingermi ad impegnarmi in un modo del tutto nuovo per un inconcludente come me.

E di pari passo con la voglia di batterlo è nata in me la voglia di riuscire a stupirlo, per strappargli un’occhiata, un cenno, un qualcosa che mi facesse capire che mi considerava al suo livello.

O forse anche solo che MI CONSIDERAVA.

Non ho mai sopportato lo sguardo vuoto che mi rivolgeva.

Mi faceva stare male.

Ho sempre cercato la sua approvazione.

Ora, seduto lungo il fiume con le ginocchia al petto, getto sassolini nell’acqua e li guardo affondare dopo aver increspato la superficie cristallina che poi torna immutabile.

Eppure, sotto le apparenze qualcosa è cambiato e il fiume ora non è più lo stesso.

Sospiro.

Né Ayako né gli altri mi hanno saputo dare una spiegazione per quanto è successo.

Mi hanno solo riferito che Rukawa è entrato in palestra e ha sganciato la bomba, poi è andato nello spogliatoio e ha riempito la sacca con quanto c’era nel suo armadietto.

Infine è uscito in silenzio senza neanche guardarli in faccia.

“Ma perché non avete cercato di fermarlo?!” ho gridato.

“Non ci siamo riusciti” mi ha risposto Akagi.

“C’era qualcosa nei suoi occhi che ci ha impedito qualunque reazione.”

So di cosa parla. L’ho visto anch’io quando ci siamo scontrati.

E ora non so che fare.

Andare a cercarlo?

E a che pro?

Che senso avrebbe che io, il nemico che fino a stamane andava in giro professando il suo odio per lui, gli parlassi?

E poi cosa potrei mai dirgli per farlo tornare sulla sua decisione?

Se ho imparato a conoscerlo almeno un po’, so che Rukawa pondera bene le sue scelte.

Quindi, anche se non so cosa l’abbia portato a una soluzione tanto drastica, sono sicuro che era l’unica possibile, così come sono sicuro che ora sta soffrendo come un cane.

Una goccia mi bagna la punta del naso.

Guardo in alto.

Il cielo è plumbeo e minaccioso, sta per arrivare un bello sgrullone.

Raccolgo la roba da basket e con poche falcate raggiungo l’ansa sotto il ponte.

Mi siedo in un angolo raggomitolato, mentre inizia a venire giù un acquazzone in piena regola.

Sospiro rassegnato.

Dovrò aspettare che smetta per poter tornare a scuola, devo compilare il registro.

Che seccatura però!

Sono appena uscito da un’influenza piuttosto destabilizzante che mi ha indebolito, perciò devo stare attento a non riprendermela ora che sono fragile e senza difese.

Appena spiove un po’ mi faccio scudo col borsone e corro verso la scuola.

Mi cambio le scarpe nell’ingresso sotto lo sguardo vigile del custode, poi salgo le scale e finalmente sono in classe.

Siccome però non ho voglia di stare qui anche quando le lezioni sono finite, mi prendo tutto l’occorrente per il mio lavoro e vado a rifugiarmi nell’ala opposta della scuola, quella da cui si domina tutto il terreno circostante.

Stanno ritinteggiando le aule qui, quindi non ci viene nessuno.

Bene!

Mi tiro su le maniche, scelgo un banco meno impolverato degli altri e poi mi metto al lavoro.

 

****************************

 

Che noia…

Devo ricopiare assenze e presenze, gli argomenti delle lezioni, gli interrogati, i voti, gli orari e gli interventi…

Sembra non finire mai questa pila di fogli e fogliettini!

Decido di fare una pausa e mi stiro pigramente appoggiandomi allo schienale della sedia, poi mi alzo e mi appoggio al davanzale.

Guardo nel cortile.

La pioggia ha ripreso a cadere con insistenza, anche i campi sportivi sono deserti e il tutto mi sembra piuttosto triste.

Perfino per uno come me, sempre pronto all’ottimismo e ad una visione positiva delle cose è difficile mantenere il sorriso di fronte ad un panorama così….desolato e desolante allo stesso tempo.

Poi scorgo una figura avvicinarsi.

Ha una giacca impermeabile con il cappuccio calato e quindi non riesco a vedere chi sia.

Si volta a destra ed a sinistra, come per essere sicuro di non essere visto, poi si toglie la giacca.

Ma è pazzo?!

Decisamente dev’essere impazzito!

Mi da le spalle, e se ne rimane fermo immobile, in piedi, sotto la pioggia battente.

Poi allarga le braccia e getta indietro la testa, lasciando che le gocce gli scivolino in rivoletti trasparenti sul volto pallido, gli occhi serrati e le labbra socchiuse, che si lecca di tanto in tanto, come per assicurarsi che si tratti davvero di pioggia e non siano invece lacrime sfuggite al suo controllo.

Sì, i lunghi capelli bagnati appiccicati in ciocche scomposte sul suo volto sono i suoi.

Non c’è dubbio.

Per quanto sembri assurdo, quello è Rukawa.

Non riesco a smettere di guardarlo.

Mi trasmette una tristezza infinita, una solitudine immensa che non riesce più a sopportare, si capisce da come incurva le spalle che sta per esserne schiacciato.

Vorrei essere lì con lui, stringerlo, proteggerlo, fargli sentire che il mondo non è sempre freddo e ostile…

È sempre stato misterioso, con quella frangia che cela il suo sguardo magnetico ai più, impedendo loro di capire cosa gli passi per la testa.

E poi non parla mai, solo quando ha in mano una palla da basket il suo corpo comunica quello che sente e chiunque può guardarlo.

Se qualcuno si prendesse la briga anche di VEDERLO, oltre che di fare la radiografia al guscio che lo avvolge, chissà cosa scoprirebbe.

Chissà cosa c’è davvero in quegli occhi scuri come il mare in tempesta che si accendono di lampi violetti che poi spariscono così rapidamente da farmi dubitare di averli visti davvero.

Chissà se i suoi capelli lasciati crescere senza cura alcuna, come se fossero un’entità che gli è del tutto estranea, sono davvero morbidi come sembrano…

Perché mi permetto di dire tutto questo?

Perché era troppo tempo che qualcosa dentro di me lo gridava, ma ho sempre finto di non ascoltarlo.

Ma ora, di fronte a questa disperata richiesta d’aiuto, non posso più zittirlo.

Spesso il silenzio può essere più assordante del rumore.

E Rukawa, con la sua algida eleganza e con il suo modo di muoversi quasi felino, Rukawa, con tutta la sua bellezza glaciale e la sua fredda indifferenza, Rukawa, insomma, lo sta dimostrando in un modo così chiaro che mi acceca.

E non riesco a trattenermi dal correre giù dalle scale fino alla porta che da sul cortile.

Ed eccolo qui. A pochi metri da me.

Mi basterebbero due passi per raggiungerlo, per sfiorargli la guancia e riscaldargli le mani nelle mie.

Ma ho paura, tanta, troppa paura.

Paura di spaventarlo, paura di farlo scappare via, dove non potrò raggiungerlo.

Provo di nuovo una stretta allo stomaco all’idea di perderlo.

Non so che cosa fare né che cosa dirgli per toccare il suo cuore, così rimango sulla porta e lo guardo.

 

POV RU

 

Kami, la pioggia mi è sempre piaciuta.

Mi dà l’impressione di non dovermi nascondere.

Quando piove il mondo diventa malinconico, e non si rende conto se lo sono anch’io.

Posso quindi lasciare che almeno una piccola parte di ciò che prova trabocchi all’esterno.

Come diceva quella poesia che le ragazze si scrivevano sul diario alle medie? “Se devi lasciarmi, fallo in un giorno di pioggia, così non mi vedrai piangere.”

Già, ma io non voglio piangere.

Assaggio di nuovo il liquido che mi scorre sul viso.

Dolce.

Hn.

Chissà poi se ne sarei ancora in grado.

Sono passati così tanti anni da quando me lo sono permesso l’ultima volta.

Quello era un altro Kaede, ora non c’è più.

E non so capire se sia un bene o se dovrei lottare per ritrovarlo.

In ogni caso, non saprei dove cercarlo, si è perso da troppo tempo.

Lui non avrebbe saputo nascondere così bene ciò che sente, si sarebbe scoperto tanto da fargli capire che il suo cuore sanguina di fronte a lui.

Il vecchio Kaede gli avrebbe parlato con l’anima, non avrebbe esitato a fare a pezzi il suo orgoglio pur di averlo per sé.

Ne sono consapevole, come sono consapevole che probabilmente sarebbe anche riuscito nell’intento.

Ma non stiamo parlando di una persona normale, oh no.

Stiamo parlando di una creatura pura, innocente ed ingenua.

Una creatura incantata, come un bambino.

E sono proprio i bambini quelli che fanno più male, perché non si rendono conto del dolore che causano con il loro essere spensierati e senza cuore.

Potrebbe spezzarmi il cuore, gettarlo a terra e camminarci sopra senza spegnere mai quel suo tenero, disarmante sorriso. E non ne avrebbe colpa. Perché io consapevole dei rischi gliel’ho donato comunque.

Non è la paura di soffrire, comunque, che mi frena.

È la consapevolezza del fatto che dicendogli la verità lo spiazzerei, e forse sarebbe spinto a dirmi di sì più per rifarsi dei 50 scaricamenti o spinto dalle circostanze che perché prova un vero sentimento. E non lo sopporterei.

Non voglio la sua pietà, non voglio la sua comprensione, non voglio neppure il suo corpo. Io voglio tutto.

Come sempre, non posso accontentarmi.

Come sempre trovo più semplice tacere.

E come sempre con le sue parole dette senza pensare e senza neanche guardarmi mi ha causato un’altra ferita in questo cuore che ormai sto disimparando ad usare.

Mi volto verso il cancello e socchiudo gli occhi.

Ogni mattina lo vedo arrivare.

Splende di luce propria, sorride con quella leggerezza che gli da la fiducia che ripone nel prossimo e nel futuro. Il fiato che sale in morbide volute di condensa per il freddo pungente. Quel fiato che persino l’aria può possedere, mentre a me viene negata la possibilità di sentirlo infrangersi sulle mie labbra.

Lo sento parlare con i suoi amici degli argomenti più disparati, che vanno dalla colazione alla lezione che avranno quella mattina, dal film appena uscito nei cinema alla canzone più gettonata.

Mentre la sua voce fa vibrare le corde della mia anima in un modo nuovo eppure familiare, io vedo nei suoi occhi il candore dell’onestà.

Potrà essere stupido, presuntuoso, buffone e casinista, ma è se stesso.

Sempre.

Nel bene e nel male.

Ha la testa dura, ed è incapace di imparare dai propri errori, dice sempre quello che pensa e spesso apre bocca senza aver prima messo in moto il cervello, ma è di una sincerità totale e piena di calore.

E il morso che sento allo stomaco non è solo il sentimento che preme per uscire.

È anche invidia.

Invidia per quello che per quanto mi alleni e fatichi, non potrò mai diventare.

Non resisto alla pressione, e scaglio un pugno rabbioso contro il tronco dell’albero che si trova a pochi passi da me.

Sento la pelle lacerarsi, le ossa crocchiare, il dolore e il sangue espandersi lungo il braccio.

Poco male.

Almeno adesso sento di essere vivo.

 

POV HANA

 

Ha sempre amato le sfide, Rukawa.

Mi meraviglia ogni secondo di più vederlo così arreso di fronte agli eventi.

E ora di punto in bianco, dopo aver fissato a lungo l’ingresso della scuola, ha colpito un albero.

Sono in preda al panico: uno dei miei punti fermi era lui, lo vedevo in una certa veste e sapevo che, passasse quello che passasse, non sarebbe mai cambiato.

Ma ora?

Le mie sicurezze si sono sgretolate di fronte a questo Rukawa così infelice da farmi sentire infelice allo stesso modo.

Ho trasalito quando ho visto quel gesto inconsulto, ma sembra non essersene accorto.

Deglutisco e poi tiro un respiro profondo. Mi avvicino piano.

Quando gli sono a circa un metro di distanza, lo chiamo piano, quasi un sussurro.

Tanto nel silenzio ovattato del cortile la mia voce si sente lo stesso.

 

POV RU

 

“…Rukawa?”

Mi volto di scatto, nascondendo la mano insanguinata e tumefatta dietro la schiena.

“Sakuragi…che diavolo ci fai qui?”

“Non è una cosa che ti riguardi, volpaccia! Tu piuttosto…” eccolo, quello sguardo.

Preoccupato.

Pietoso.

Proprio quello che non volevo.

“Hn. È solo che mio padre finalmente mi porta in America ma arriverò a stagione già iniziata e quindi forse non potrò essere subito titolare.” Kami sama, che grande idiozia!

Ma non sapevo cos’altro dirgli…in questo modo ho anche giustificato il mio abbandono della squadra.

 

POV HANA

 

Sento qualcosa dentro di me che si spezza.

“Beh…” sussurro abbassando lo sguardo “sapevo che prima o poi sarebbe arrivato questo momento.

Sapevo che avresti spiccato il volo da solo, lontano da noi, sapevo che le nostre strade si sarebbero divise. Solo…” fatico a riconoscere come mia questa voce tremante “non pensavo sarebbe stato così presto…”

* non quando ho appena capito che non posso vivere senza di te… *

“Beh, fattene una ragione do’hao! Non ho nulla che mi trattenga ancora qui!”

A queste parole il dolore che mi stava lacerando si trasforma in una rabbia cieca.

“Credo di aver sbagliato, sai?” gli dico con tono ironico.

Rukawa alza un sopracciglio, come se mi chiedesse di spiegare questa affermazione.

“Scusami, Rukawa, credevo fossi una persona diversa. Credevo che nonostante le apparenze da asociale e principe dei ghiacci, in realtà tu ci tenessi alla squadra, al campionato, a noi. Credevo ti importasse quanto a noi di arrivare, e farlo INSIEME. Credevo…” reprimo un singhiozzo “…fossi…più simile…a…me…” mi mordo il labbro, consapevole di aver detto qualcosa che avrei dovuto tacere.

Scuoto la testa.

“Ho sbagliato” ignoro le gocce che mi stanno rigando le guance, tanto in questa pioggia non si distingue certo una cosa dall’altra.

“Buona fortuna, Rukawa.” Lo saluto e poi corro via, perdendo anche l’ultimo briciolo di autocontrollo mentre stringo i denti e il dolore mi invade il petto.

Non so neanche dove sto andando.

Poi decido di andare là.

 

POV RU

 

Continuo a fissare il punto dove è sparito Hanamichi.

Poi mi guardo la mano.

Se la muovo mi fa male, quindi non è stato un sogno.

Io l’ho davvero respinto mentre lui cercava di avvicinarsi a me.

L’ho fatto davvero piangere.

Stava piangendo per me.

Allora forse…

Forse non è troppo tardi.

Forse non  c’era solo compassione nello sguardo che mi ha rivolto.

Forse quella tenerezza era…

Raccatto meccanicamente il mio giaccone e scatto nella direzione presa da lui.

Il cuore mi martella nelle orecchie.

Dove diavolo sei andato, stupido do’hao?!

Poi vedo qualcosa di familiare ed ho un’intuizione.

 

POV HANA

 

Mi stringo un po’ di più le ginocchia al petto. Tremo. Sento freddo.

Il fiume si è ingrossato ed ora ruggisce trattenuto a stento dagli argini.

Starnutisco.

Ecco, mi sono sicuramente beccato una bella polmonite.

Stavolta la scorza dura dei Sakuragi non mi salverà.

Anche se comunque il male vero è dentro e non fuori.

Credo di aver battuto tutti i record: ho scoperto di essere innamorato, di essere gay, mi sono dichiarato e sono stato rifiutato tutto nell’arco dello stesso pomeriggio.

Sono davvero il migliore, non c’è che dire.

Inizio a ridacchiare, mentre le lacrime riprendono a scorrere.

“Baka!”

Eh, sì, sono proprio un baka, mi ripeto mentre starnutisco di nuovo.

Ma…un momento: la voce non era la mia!

Alzo lo sguardo e vedo il viso di Kaede piuttosto arrabbiato che mi fissa.

Come mi ha trovato?!

“Se ti stai chiedendo come ti ho trovato, do’hao, sappi che hai lasciato il borsone lungo la discesa che porta qua…”

Mi si siede accanto e copre le spalle di entrambi con la sua giacca, che essendo stata al coperto è asciutta.

“Gomen, Sakuragi” borbotta poi.

Lo guardo incredulo.

“Non è vero che vado in America, e non è vero che non mi importa della squadra…”

Mi si velano gli occhi.

Non va via!

Rimane!

È vero, mi ha rifiutato, però…

Potrò vederlo ancora!

Tiro su rumorosamente col naso.

“Sono qui, ora, do’hao, puoi smettere di piangere” argomenta.

“Ma non sto piangendo!” mi ribello furiosamente “è solo pioggia!”

“Uhm…” mugugna poco convinto.

Avvicina il volto al mio e sento le guance avvampare mentre mi scruta.

Poi con la sua lingua morbida lecca via due stille d’argento dalla mia guancia.

“Salato” sentenzia guardandomi sornione.

“Ma…ma…kitsune…perché lo hai…cioè…”

Lui alza gli occhi al cielo con aria esasperata.

“Kami, certo che sei ottuso forte Hanamichi!

Secondo te perché ti ho mentito e poi inseguito sotto la pioggia?”

Io non riesco a crederci, ho gli occhi sgranati e mi sembra che il tempo si sia fermato.

Poi scollego direttamente il cervello quando mi abbraccia.

“Non mi aspetto che ricambi i miei sentimenti” mi sussurra accarezzandomi la guancia “ma avevo bisogno di dirti la verità, era da troppo che me li tenevo dentro.”

Trattengo il fiato un momento.

Scelgo con cura le parole, sono a un passo dal paradiso e non ho intenzione di cadere rovinosamente ora.

“Stupida volpe!” esordisco “casomai sarai TU a ricambiare i MIEI! Non dimenticare che il Tensai non è secondo a nessuno!

Però potrei farti l’IMMENSO onore di essere il mio ragazzo, in modo che…ehi! Dannato ghiacciolo narcolettico!

Svegliati subito!”

Ma dico!

Si è addormentato contro la mia spalla proprio mentre ero nel bel mezzo del mio discorso!

Lo scuoto, ma niente.

Allora mi avvicino e il malefico ingannatore apre gli occhi che emanano una strana luce e mi sibila “io non perdono chi disturba il mio sonno” e allungando le braccia mi cinge il collo e mi tira verso di lui.

E mentre sono a pochi centimetri dalle sue labbra penso che inizierà a piacermi la pioggia.

Dopotutto, i nostri occhi potranno ammirare l’arcobaleno solo se prima avrà piovuto sulle nostre ciglia chiuse…

 

* OWARI *

 

finitaaaa ^^

 

spero tanto che ti piaccia, soffiolina!

 

Penso di scriverci una ide story un giorno, ora però ho bisogno assoluto del mio lettino…

 

Fammi sapere ok?

 

Un bacio, ti voglio bene!

 

Alla prossima!

 

Marty