Et voilà!
Ecco l’ultima parte della mia ff!!!
Spero che l’intero complesso della
vicenda vi sia piaciuto, e che siate abbastanza caritatevoli da perdonarmi
le varie licenze che mi sono presa(soprattutto quelle sul carattere di
Rukawa…).
Bene, come sempre vi ricordo che i
personaggi non mi appartengono, che io non ci guadagno nulla, e che sono
alle prime armi nella nobile professione di ffwriter…
considerato
tutto questo e non dimenticando i miei notevoli problemucci di sanità
mentale… vi prego, non denunciatemi alle autorità competenti!!!!
… E come sempre: “Doumo Arigatou,
Ria”…
Ok,
people, Thath’s enough, for now.
Un
bacio.
Antares
Feels like
Home
parte III
di Antares
“Gomen Nasai, Rukawa”
Sembra un sogno. No, non esattamente.
E’ come quella strana percezione che hai
della realtà quando ti sei appena svegliato e non riesci a mettere ancora
pienamente a fuoco quello che ti sta attorno.
E’ proprio così che mi sento.
Io sono qui, me lo conferma il vento
freddo sulla mia pelle, la sensazione del pavimento sotto i piedi nudi…
ma tu… tu sei veramente qui?
Tieni la testa bassa, strusciando i piedi
sul tappetino d’ingresso.
Sei a disagio.
Molto a disagio.
Ascolto il rumore del tuo respiro… ma
forse è solo l’ansito del vento… forse tutto questo è solo un film
proiettato dalla mia immaginazione…
“Che vuoi?” Il tono della mia voce è
ancora più secco di prima… ma è tutto così fuori dagli schemi, anche
io lo sono.
E finalmente alzi gli occhi.
E mi fissi.
Kami sama… deglutisco, la gola
improvvisamente arida.
Basta!!!
Devo controllarmi.
TU non hai il diritto di farmi sentire così.
Nessuno ce l’ha.
Ma i tuoi occhi… me li punti addosso, ed
è incredibile come io avverta il bisogno di abbassare i miei, per non
incontrare il tuo sguardo, perché so che potrei perdere il controllo, e a
questo non ci sarebbe davvero alcun rimedio… ma non poso farne a meno,
mi ritrovo con lo sguardo incatenato al tuo.
Lo sapevo.
Devo dare fondo a tutto il mio
autocontrollo per impedirmi di abbracciarti, per non affondare il mio viso
fra i tuoi capelli…
E’ come la marea, tutto questo… come
la marea che sale inesorabile, e lambisce, trascina, sommerge tutto quello
che incontra.
“Che vuoi?”
E’ la terza volta che lo ripeto, e so
che forse neppure stavolta mi risponderai.
Ma non riesco a farne a meno… anche
perché, ora come ora, è l’unica cosa che mi preme veramente di sapere.
Tu qui a quest’ora, perché?
Mi hai chiesto scusa (TU!!!), perché?
Cosa ti sta succedendo… non ti avevo
mai visto così… così confuso, come se non sapessi bene cosa
aspettarti… da me o da te stesso?
“Non lo so”
Perso nei miei pensieri, quasi non
raccolgo la tua inaspettata risposta.
Quasi.
Non lo sai?!?!
Non sai perché sei venuto qui!?!?
Si, sei decisamente confuso.
“Do’hao”
Che dovrei fare adesso?
Sbatterti la porta in faccia?
Si, forse sarebbe la soluzione migliore.
Non stiamo combinando niente… tu in
preda a chissà quale delirio, io in balia di un sentimento che, in
qualsiasi modo lo si consideri, risulta sempre
impossibile.
Sono stanco.
Stanco di tutta questa sterile situazione.
Faccio un passo indietro e comincio a
chiudere la porta.
Mi blocchi all’improvviso.
“Rukawa, io…”
Che diavolo vuoi??!?
Non ti basta ridurre il mio cervello ad
una gelatina tremante quando sei nei paraggi?! Non ti basta avermi fatto
scoprire cose di me stesso che avrei mille volte preferito ignorare?!
“Vai a casa, do’aho”
Già.
Ricomincio a chiudere la porta.
Si, fuori di qui, testarossa. Hai già
fatto abbastanza danni.
“No”
No?
No?!?!
E chi diavolo pensi di essere per dirmi
no?
Proprio non riesci a capire quello che mi
fai?!
Un'improvvisa, esasperata ondata di rabbia
minaccia di travolgermi… di travolgerti… la mia pazienza è andata,
come pure il mio autocontrollo, e da come mi guardi, si direbbe che anche
la mia faccia di pietra li abbia seguiti a ruota.
“VAI FUORI DAI PIEDI, SAKURAGI!!”
Sarebbe tutto così buffo… il mio
comportamento, la tua espressione… se il mio dolore non fosse così
reale, così prepotentemente presente.
All’improvviso stringi gli occhi.
Ora sembri tu ad essere arrabbiato…
“Io non me ne vado di qui fino a che non
ho chiarito una cosa…”
sibili, la voce dura e decisa.
“Wakarimasu Ka, Kitsune?”
Vorrei rispondere che no, non ho capito
cosa vuoi… ma tutto quello che faccio è limitarmi a fissarti.
Ti avvicini, piano.
Sollevi le mani e le appoggi sulle mie
spalle.
Per un istante è come se perdessi il
contatto con la realtà… è sconvolgente la sensazione di calore che
sembra invadermi al tocco leggero delle tue mani sulla mia pelle nuda.
Che vuoi fare?!
Ti avvicini ancora, il tuo viso ad un
respiro dal mio…
Che cosa vuoi fare?!?
Vorrei muovermi, allontanarmi, ma non
posso.
No, non ci riesco.
Sono bloccato, congelato… i miei occhi
legati ai tuoi, è come affogare nelle mille sfumature dell’autunno…
il tuo sguardo mi circonda, mi avvolge, anche senza la presenza fisica
delle tue braccia attorno a me mi sento protetto, a casa… tu mi fai
sentire a casa… come un esule che finalmente ritorna in patria …
E’ una sensazione assoluta, di pace come
non ne avevo mai provata prima…
Non posso credere di essere arrivato a
dipendere così tanto da te… è come aver imboccato una strada a senso
unico… e la cosa mi spaventa… Non fissarmi così!
E all’improvviso avvicini il tuo viso al
mio, le tue labbra che si appoggiano alle mie, piano, solo per qualche
istante… è più una carezza che un bacio.
Mi domando se tu puoi sentire il terremoto
che sembra essersi scatenato dentro di me, i battiti furiosi del cuore,
che mi salta nel petto tanto da farmi male.
Ti allontani, ma solo di poco.
Ti guardo incredulo, non ancora capace di
credere a quello che è appena accaduto.
Era questo che volevi?
E cos’è stata, una sorta di nuova
umiliazione?
Ti sei stancato degli ordinari insulti?
Ma, nonostante tutto non posso impedire al
mio cuore di balzarmi ancora in gola… mi hai baciato, Dio solo sa per
quale contorto motivo, ma l’hai fatto.
Ed è più di quanto io avessi mai osato
sperare.
“Mi è piaciuto”
La tua voce, una stilettata allo stomaco.
Nani?!?!
Torno a guardarti in viso.
Hai lo sguardi perso, le sopracciglia
aggrottate.
I tuoi occhi si rifocalizzano su di me.
Sorridi.
Sembri incredibilmente calmo,
incredibilmente sicuro…
“Era questo che dovevi scoprire?”
“Hai, Kitsune”
Sei ancora vicinissimo a me e io…
“Ai shiteru, Kaede-kun”
“Stai scherzando?”
Parlo prima di pensare, sono scioccato,
sbalordito, incredulo…
Scuoti la testa ed è come se
un’improvvisa nuvola ti oscurasse il viso.
I tuoi occhi si fanno improvvisamente
cupi.
Ti stacchi da me, affondi le mani in tasca
e fai per andartene.
Ti volti, incamminandoti verso la strada.
“Gomen, Rukawa. Ti prego, non odiarmi”
Parli da sopra la spalla, la tua voce
è triste, come non l’avevo sentita mai.
Odiarti? IO?
Kami Sama, non hai capito niente do’aho….
Non mi importa di essere praticamente
nudo, non mi importa delle vicine impiccione che staranno sicuramente
spiando da dietro le tende, non mi importa di niente… ora conti solo tu.
In pochi passi ti raggiungo, ti blocco
prendendoti per un braccio.
Tu ti volti e mi fissi, meravigliato. Hai
avuto coraggio, Hanamichi… più di quanto ne abbia mai avuto io.
Ci fissiamo per qualche istante…
Poi ti bacio.
Qui.
In mezzo alla strada.
Ora conti solo tu.
Sento le tue braccia attorno alla mia
vita, mi stringono forte, attirandomi ancora più vicino a te.
Anche io ti abbraccio, avverto attraverso
la maglia i muscoli tesi della tua schiena
E… sono felice…
Mi perdo nel tuo calore, lasciando che il
bacio diventi sempre più profondo, sempre più devastante.
Sono io.
Sei tu.
Ci stacchiamo, ansimanti… ma non ti
permetto di allontanarti più di qualche centimetro.
“Ai shiteru, Hana-Kun”
Mi sorridi di nuovo, di un sorriso dolce e
caldo, e di nuovo io mi sento al sicuro…
Io mi sento a casa.
Fine
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