Una fic sui Weiss tutta per Greta, perché se non fosse stato per lei sicuramente non avrei mai scritto su questa serie (e non è detto che sarebbe stato un male…^^)!!! Una Yohji x Aya (ma mi piace troppo anche Schuldig!!! ^^) dedicata anche a Calipso e a Ria, ormai rassegnata a vedere che nelle mie fic i personaggi che lei vede seme diventano puntualmente uke!!!! ^^;;;; I Weiss appartengono ai rispettivi autori…e non è mio neanche il soggetto: sto rielaborando una storia di Michele Medda apparsa sui numeri 198 e 199 di Dylan Dog…mi sembrava adatta ai Weiss!!! ^^


Fiori tra le dita

Parte I

di Nausicaa

 

Prologo

 

"Aya-kun è uscito di nuovo?".

La domanda di Omi fece alzare il volto di Yohji dall’elenco di commissioni e consegne che stava esaminando e distolse anche Ken dal suo innaffiare le piante; fu proprio quest’ultimo a commentare: "Ogni tanto succede… certo che è un gran lavoratore, quindi questo suo allontanarsi è strano…" la frase, però, finì nel nulla. Per quanto potessero essere curiosi sapevano che nessuno di loro si sarebbe azzardato a chiedere qualcosa di personale ad Aya e che, del resto, non avrebbero avuto risposte anche se lo avessero fatto: avrebbero ottenuto soltanto un gelido silenzio e un’occhiata tagliente e di disapprovazione da parte del ragazzo dagli occhi viola.

Omi sorrise, mentre trasportava una grosso vaso di fiori da una parte all’altra del negozio, seguito dagli sguardi e dai bisbigli delle studentesse delle vicine scuole: "Potrà essere strano, ma, come ho già detto una volta, di sicuro tutto questo gli conferisce un’aura misteriosa e attraente".

A questo commento spontaneo Yohji si esibì in uno sbuffo spazientito: "E, come ho già detto una volta io, non c’è nessuna attrattiva nel fatto che non stia lavorando! Anzi, ora che ci penso…- rivolse un sorriso flemmatico ai due ragazzi più giovani- …mi prendo una pausa anche io!" e, detto questo, subito si alzò per mettere in pratica la sua idea.

"Ma, Yohji, il Koneko è pieno di clienti!" protestò Ken.

"Dove stai andando?" chiese Omi.

Lo raggiunse anche il mormorio di disappunto delle ragazzine, che non gradivano il suo allontanarsi.

"Ovviamente vado a dormire un po’!" rispose lui con il suo tono più disinvolto, prima di chiudersi la porta alle spalle e di salire le scale fino a raggiungere il suo appartamento.

Ma non aveva nessuna intenzione di dormire, in realtà voleva soltanto restarsene da solo per pensare in pace; si accese una sigaretta e si distese sul letto e il suo pensiero volò dritto ad Aya, come accadeva da un po’ di tempo… Quando Omi aveva detto che il leader dei Weiss era avvolto da un’aura misteriosa e attraente, si era sentito irritato, perché era terribilmente vero ma non voleva che lo pensassero anche altre persone.

Non sapeva nulla di lui…be’, a dire il vero sapevano molto poco gli uni degli altri e l’unico motivo per cui si erano incontrati e conosciuti era stato l’essere entrati a far parte dei Weiss…come si dice, un colpo di fortuna!

Nonostante la sua aria da uomo navigato e disincantato, quando rifletteva su questo Yohji Kudoh era tentato di credere nel destino!

Distese le labbra in un sorriso ripensando a quando si erano conosciuti, a quella notte trascorsa vegliandolo e ascoltando i suoi mormorii, quel nome ripetuto più volte come se fosse qualcosa di importante…sì, insomma, quella notte si era creato un legame! Dopotutto era stata una sua idea quella di chiamarlo Aya, giusto? Ed era stato un bene, perché sospettava che se fosse stato per il loro introverso leader forse avrebbero dovuto rivolgersi a lui con un ‘ehi, tu!’ per parecchio tempo…

Uhm, probabilmente Aya non sarebbe stato d’accordo con questa teoria del legame instauratosi, però c’era; da parte sua di sicuro: come spiegare altrimenti l’istinto che aveva di cercarlo sempre con gli occhi, di sapere dove fosse, di osservarlo mentre creava sapientemente splendide composizioni floreali con quelle stesse mani che si rivelavano micidiali nel maneggiare la katana durante le loro missioni…

C’era qualcosa di magnetico in quegli occhi viola, in quel volto perfetto e candido incorniciato da quei capelli di un rosso così intenso e insolito…e le due ciocche più lunghe che gli scivolavano intorno al viso facevano venire voglia di passare le mani fra quei fili di seta e di giocarci…

Yohji inspirò profondamente dalla sigaretta e poi la spense nel posacenere, accendendone meccanicamente un’altra.

Devo essermi preso una cotta grande quanto una casa!!!- pensava nel compiere questi gesti- E la cosa buffa, veramente buffa, è che non mi sembra neanche strano…nonostante questo mandi per aria la mia consolidata reputazione di playboy, lo trovo del tutto naturale!

Ed era giusto così: non poteva che essere naturale rimanere affascinati da Aya, ma non solo per il suo aspetto…certe volte, raramente, ma era capitato, aveva notato uno sguardo più disteso negli occhi del ragazzo, una volta lo aveva addirittura visto sorridere gentilmente a Sakura…doveva esserci di sicuro qualcosa oltre a quel muro che Aya sembrava aver eretto intorno a sé, qualcosa di bello e di piacevole…non gli sembrava una persona che non sapesse sorridere, soltanto che non avesse molti motivi per farlo…

Il pensiero di quel sorriso era frequente, avrebbe voluto rivederlo, anzi, meglio, suscitarglielo lui! Certo, doveva ancora definire come…ma ne sarebbe venuto a capo, a costo di ritrovarsi con una lama puntata alla gola!

Comunque, un gran pasticcio…e ci si era cacciato senza rendersene conto, tra un’occhiata e l’altra…ma almeno si ricordava di quando aveva preso atto di questo interessamento sempre crescente: era successo quando si erano occupati del traffico di organi umani e avevano conosciuto Sakura Tomoe. Gli aveva dato fastidio dover osservare lei e Aya che parlavano sulle sponde del fiume, il ragazzo era stato gentile con lei, e lui si era sentito un cretino a doversene restare a distanza con uno stupido binocolo in mano…fortunatamente Omi e Ken non avevano compreso che le sue battutine irritate erano dette per gelosia di Aya e non della ragazza!

A volte una reputazione da playboy è un’ottima copertura…si diceva, ironicamente; in fondo, doveva a lei la possibilità che aveva avuto di abbracciarlo, qualche settimana prima…non che non fosse mai successo, ad esempio era capitato che dovessero sorreggersi l’un l’altro se erano rimasti feriti durante una missione, ma quanto a questo Yohji non si faceva illusioni: sapeva che se avesse chiesto ad Abyssinian il perché di questi gesti, si sarebbe sentito rispondere freddamente che loro due erano i più alti e che sarebbe stato ridicolo pensare di sorreggersi ad Omi!!!! Mm…

E poi lo aveva avuto fra le braccia quando lo aveva adagiato sul letto e lo aveva vegliato, diverso tempo prima…quando gli aveva dato il nome ‘Aya’…

Tutto sommato non era un quadro esaltante!

Però, quando si era trattato di dover allontanare i giornalisti che importunavano Sakura, con la scusa di interessarsi alla ragazza, Yohji aveva potuto passare un braccio attorno alle spalle del compagno e avvicinare il volto al suo…aveva ancora ben impressa quella piacevole sensazione di tepore e gli sembrava di sentire ancora quel profumo particolare, di fiori, certo, ma non solo…era il profumo di Aya, della sua pelle bianca…

Purtroppo da quel giorno non gli era più capitata la possibilità di dare il via ad ‘incontri ravvicinati’, dannazione!

Ma il membro più anziano dei Weiss non era mai stato tipo da deprimersi o anche solo da scoraggiarsi…certo, c’erano ancora tante cose che avrebbe voluto sapere di lui, per capirlo meglio, per conoscerlo meglio…

Inspirando profondamente dalla sua sigaretta, Yohji ripensò a quanto gli aveva confidato Bombay dopo la compiuta missione degli Human Chess: Aya si era comportato stranamente, in un primo momento aveva addirittura attaccato un bersaglio sbagliato ma che doveva essere quello giusto nella testa del leader dei Weiss…

Strano davvero. E misterioso. E attraente…terribilmente attraente…più di chiunque altro avesse mai conosciuto…

"YOHJI, SEI QUA DENTRO?! TORNA SUBITO AL NEGOZIO, IN DUE NON CE LA FACCIAMO!!!".

Il grido di Ken e il suo fastidioso bussare, anzi, picchiare alla porta, riscossero il giovane dai suoi pensieri: spense la sigaretta nel posacenere e si alzò svogliatamente dal letto.

Maledizione!

Quando aveva saputo che la copertura dei Weiss sarebbe stato un negozio di fiori aveva pensato che sarebbe stato un lavoro di tutto riposo! Si era figurato mattinate e pomeriggi tranquilli, movimentati ogni tanto da qualche cliente, ad esempio simpatiche vecchiette come Momoe, che volevano decorare la casa, oppure ragazzi che dovevano acquistare mazzi di fiori per le fidanzate…magari qualche lavoro più impegnativo di composizioni floreali per feste e ricevimenti… invece no!!!!

Le liceali delle scuole limitrofe si erano scoperte tutte appassionate di floricoltura e se in un primo momento gli aveva fatto più che piacere, man mano che aumentava la sua attrazione per Aya ne era stato sempre più irritato: mai un momento per stare da soli, in pace, nel Koneko, e soprattutto troppi occhi puntati sul SUO Abyssinian! Già, un’attività commerciale era pericolosissima da questo punto di vista!!! Troppi contatti con l’esterno…

A proposito, chissà se era tornato…be’, questo era senz’altro un buon motivo per scendere nuovamente al negozio…

Il negozio, già…

Era davvero una bella contraddizione questo loro trascorre le giornate tra fiori e piante, simboli di vita e di bellezza, e le notti maneggiando armi di morte! Di giorno il profumo dei fiori e di notte l’odore del sangue…

E poi anche il fatto che, loro, che erano assassini, avessero come nomi in codice quelli dei gattini era un’altra contraddizione! Be’, tranne che per Aya, ad essere sinceri…

Le sue mani bianche, dalle dita lunghe e sottili, sembravano fatte apposta per curare i fiori e non solo per sferrare colpi mortali con la katana…i suoi capelli morbidi e i suoi bellissimi occhi, il suo andamento, tutto di lui insomma, gli facevano venire in mente proprio un gattino…

Quando aprì la porta del suo appartamento, Yohji si trovò di fronte allo sguardo furente e agitato di Ken.

"Si può sapere che diavolo ti prende?! Da qualche tempo sei ancora più indolente del solito!!!" sbottò l’ex-calciatore..

Yohji sfoderò un sorriso serafico: "Ma su, ma su…non farne un dramma! Anche se non sono il mio campo, ora mostrerò a voi due imbranati il modo corretto di trattare le liceali!" disse, in tono sicuro di sé.

"Non siamo imbranati!" protestò il bruno, arrossendo per questa frecciatina sulla sua inesperienza.

"Ah, no? Uhm…con tutte le fanciulle che vi vengono dietro, tu e Omi potreste organizzarvi un harem, ma non mi pare abbiate simili progetti!" si divertì a prenderlo in giro il collega più grande.

Questa sicurezza gli passò quando trovò il pandemonio nel Koneko! Il vociare era talmente mescolato che non si capiva chi stesse davvero comprando qualcosa e chi no; in più di Aya non c’era traccia: quindi perché diavolo avrebbe dovuto rimanere lì?! Non era decisamente in vena… Senza smettere di sorridere, Yohji con molta nonchalance si diresse verso l’uscita a passo fermo, ignorando le occhiate sognanti delle studentesse

"Vado a comprare le sigarette" annunciò.

"Che cosa?! Non vorrai sparire di nuovo?!" scattò Ken, mentre metteva insieme un mazzo di rose richieste da una ragazza.

"Yohji-kun, potrebbe essere l’occasione buona per provare a fumare un po’ meno…" ma il biondo interruppe la frase di Omi con un "Torno subito" e uscì dal Koneko; parte del marciapiede era occupata da vasi di fiori e piante e lui rimase a guardarli per qualche secondo, poi proprio quando stava per allontanarsi notò una chioma rossa inconfondibile.

Finalmente Aya era di ritorno al Koneko! Camminava perso nei propri pensieri, con il suo passo felino, e lo sguardo del giovane fu per un attimo attirato dal lungo orecchino dorato che portava e che sembrava così strano su di lui...

Quasi con sgomento, Yohji si rese conto che Aya gli era mancato come se fosse stato via per molto tempo, quando in realtà si trattava solo di un paio d’ore!

Se sono arrivato a perdere il senso del tempo, vuol dire che ormai sono molto vicino all’ultimo stadio! Pensò, ma in fondo ne era contento.

Nonostante tutti gli inconvenienti di una simile situazione, il sentimento che avvertiva crescere dentro di sé era quanto di più vero e di più forte avesse provato da molto tempo e questa consapevolezza aveva in sé qualcosa di bello che non si sentiva di negare.

Nel frattempo, si accorse che Aya aveva alzato gli occhi e i loro sguardi si incrociarono. Era ancora difficile cercare di leggere in quegli occhi violetti, provare ad interpretare quell’espressione…be’, a volte quella mancanza di espressione! Lui non faceva mai trapelare i suoi sentimenti, si era reso inaccessibile al mondo esterno…

Il ragazzo arrivò proprio di fronte alla porta d’entrata e lanciò un’occhiata alla folla che si intravedeva dai vetri, ma tutto sommato ad Aya non dispiaceva stare nel Koneko…i fiori erano belli e vivaci e lasciavano addosso un profumo gradevole…e ormai si era abituato alla presenza dei suoi compagni.

"Bentornato! Tutto a posto?" chiese d’improvviso Yohji.

La prima risposta fu un silenzio irritato e una luce negli occhi da ‘non sono affari tuoi"!!! Ehm…ecco, ora il suo volto era espressivo, ma non nel modo che avrebbe voluto il ragazzo biondo

Eppure…

"Sì" disse Aya, prima di spingere la porta ed entrare nel Koneko, lasciando l’altro molto stupito: non era infrequente che Aya non rispondesse se gli sembrava superfluo farlo…non era neanche detto che fosse davvero tutto a posto, anzi quasi sicuramente no visto che continuava a percepire una profonda tristezza dietro quel freddo distacco…ma Yohji decise di considerare la parola pronunciata dal leader dei Weiss come una piccola conquista personale…

Voleva andare davvero a comprare le sigarette, ma decise di aspettare per un attimo fuori dal negozio, accostandosi, per sentire se…

"SE NON DOVETE COMPRARE DEI FIORI, USCITE DI QUI!!!".

Yohji sorrise in un modo a metà tra l’affettuoso e il divertito: era sicuro che Aya avrebbe detto così…

Poi lo vide mettersi il grembiule che sempre portava quando si occupava dei fiori e delle piante e prendere il controllo della situazione, come sempre; era bello stargli vicino, anche se in un modo tutto particolare, vista la sua indole. Tutto sommato, le sigarette potevano aspettare…

 

Capitolo primo.- Come prima

 

L’esperimento, e di conseguenza gli affari, stavano andando bene; così pensava Crawford, seduto alla scrivania del suo studio, intento a scorrere velocemente con gli occhi i dati che comparivano sul monitor del suo computer. Era sempre stato velocissimo nella lettura…ed era sempre stato abile negli affari, questa ne era soltanto l’ennesima conferma.

Stava per spegnere il pc, con un’espressione di compiacimento negli occhi velati dalle lenti degli occhiali, quando una voce familiare ed ironica raggiunse la sua mente prima ancora delle sue orecchie.

<E’ un vero piacere vederti così soddisfatto, mein führer!>

Alzò il volto e vide subito Schuldig appoggiato allo stipite della porta, che lo osservava con uno di quei sorrisi che sembravano prendere in giro chiunque.

"Sono sempre di buon umore, quando tutto procede come deve" commentò brevemente.

"Se questo è il tuo buon umore…" replicò il tedesco, passando alle parole concrete e non soltanto mentali; poi fece qualche passo in avanti, socchiudendo la porta alle sue spalle. Se sapeva che l’americano era di buon umore lo doveva esclusivamente ai suoi poteri mentali: esteriormente il suo capo rimaneva il solito, freddo, uomo d’affari che non lasciava trapelare nulla delle sue vere idee e dei suoi sentimenti.

Crawford si accigliò: non gradiva questa ironia da un suo sottoposto…

"E’ successo qualcosa?" chiese sbrigativamente il leader degli Schwarz; ormai era notte fonda e lui, dopotutto, si sentiva stanco e voleva riposare, non stare ad ascoltare le battutine di Schuldig.

"No, ma potrebbe…" replicò il compagno, scostandosi dal viso una ciocca dei lunghi capelli di quello strano colore…il colore delle arance…sembravano più i capelli di un irlandese che quelli di un tedesco, e invece l’irlandese del gruppo era albino…neanche nei capelli erano normali!!!!!

Sentendo la sua risposta, Crawford si accigliò ancora di più: detestava gli imprevisti!

Schuldig si spostò vicino ad una delle ampie finestre della stanza, voltandosi appena per osservare il cielo scuro.

"Hai avuto premonizioni, di recente?" chiese con leggerezza, come se l’argomento non fosse importante.

L’altro scosse lentamente il capo: "No" e rimase in attesa di una spiegazione.

"Loro si sono riuniti di nuovo, lo sai…scommetto che prima o poi ai Weiss verrà presentato questo caso, ha tutti i requisiti per entrare nel mirino di Kritiker: sono talmente prevedibili!" disse, in tono un po’ sprezzante.

Crawford osservò bene il sorriso canzonatorio di Schuldig, il suo sguardo vivace, e si ritrovò a sorridere a sua volta, anche se con un’espressione fredda: "In realtà tu speri di avere di nuovo a che fare con i Weiss!!" dichiarò. Conosceva abbastanza il suo sottoposto da sapere che era così.

Schuldig neanche provò a negare, anzi, i suoi occhi brillarono divertiti: "E’ stato tutto molto noioso, dopo la morte di Takatori, non trovi anche tu, yankee?".

"Non ti permettere di chiamarmi così" lo ammonì il compagno, gelidamente. Il tedesco sembrò non dar peso al tono autoritario del suo leader e del resto sapeva quando doveva frenare le sue provocazioni e fin dove potesse spingersi.

"Certo, la tua società ha fatto un sacco di soldi e lavorare per Estet è più riposante, ma anche terribilmente noioso, appunto!".

"E, visto che sei annoiato, stasera hai voglia di chiacchierare!" disse, sferzante, l’americano, che non amava molto la loquacità.

Schuldig rise, poi riprese: "Sarebbe molto divertente scontrarsi di nuovo con i Weiss, lo pensi anche tu e non puoi negarlo. Per lo meno…non con me!" concluse maliziosamente, il suo divertimento accresciuto dall’irrigidirsi del suo leader.

"Non voglio che tu legga nella mia mente senza il mio consenso!" lo riprese Crawford, seccamente. Aveva perso il conto delle volte che aveva dovuto dirglielo...era come parlare al vento...

"Mein führer, sai che non ho controllo sul mio potere…- lo provocò l’altro con un tono falsamente contrito-…ma lo sfrutterò bene nei prossimi giorni…" in particolare per sondare i pensieri dell’unica mente che lo intrigasse e affascinasse veramente, si ripromise; tornò ad osservare il paesaggio notturno e il suo volto sembrò rilassarsi in un ricordo piacevole.

Crawford spense il computer e si alzò, facendo capire all’altro Schwarz che la conversazione stava volgendo al termine.

"Ti vedo pieno di iniziativa" disse, più per dire qualcosa di conclusivo che per altro; non si aspettava di vedere Schuldig annuire, sempre con quello sguardo un po’ strano, quasi velato.

Sembrava che stesse cercando di concentrasi per scandagliare la mente di qualcuno lontano, ma l’americano sapeva che non era così.

"Vorrei che accadesse qualcosa di interessante…interessante per uno Schwarz, ovviamente! Come nei giorni in cui Takatori aveva conquistato il potere".

Li ricordava bene, soprattutto ricordava le strade presidiate dalla polizia e dai militari, il coprifuoco…

Crawford inarcò un sopracciglio: "Interessante?".

"Sì…sembrava una guerra…" disse Schuldig, alzando un angolo della bocca in un sorriso poco rassicurante.

Il compagno gli lanciò un’occhiata, poi si avviò verso la porta senza aggiungere altro, fermandosi solo per far capire al suo sottoposto che era tempo che uscisse anche lui: mai e poi mai Brad Crawford avrebbe lasciato qualcuno nel suo studio privato in sua assenza.

<Vedi di muoverti, invece che stare a fantasticare sulle guerre!> gli disse bruscamente, lasciando che leggesse il suo pensiero.

Una risata, poi un: "Jawohl!" abbastanza irritante.

Ma ottenne comunque lo scopo; una volta chiusa la porta, i due membri degli Schwarz fecero per dirigersi verso le rispettive camere da letto.

La villa era buia.

Solo un filo di luce filtrava dalla stanza di Nagi, che di sicuro avrebbe passato buona parte della notte al computer; quanto a Farfarello, quella sera era in punizione…

<Vedrai, Crawford…molto presto le cose saranno più interessanti…>.

Fu l’ultima cosa che disse al suo leader, prima di ricevere un’occhiata scettica; poi si diresse diritto nella sua stanza, si chiuse dentro e, proprio come aveva fatto nello studio di Crawford, si accostò alla finestra.

Guardava un punto lontano, cercando con gli occhi una casa che non poteva assolutamente individuare nel vastissimo panorama della Tokyo notturna, ma non era importante: l’avrebbe vista presto e spesso quella casa, avrebbe visto quel negozio, per tenerlo d’occhio e sondare la sua mente…

Per un attimo fu tentato di concentrarsi intensamente, in modo da riuscire ad insinuarsi nei suoi sogni, ma poi decise di rimandare: l’aiuto che stava dando al nuovo affare in cui si era impegnato Crawford era un po’ stancante anche per un potere così forte e ‘naturale’ come il suo.

E lui era qualcuno a cui dedicarsi con attenzione totale, con un’attenzione che non aveva mai riservato a nessuno prima d’ora…

Mein Kätzchen…pensò, prima di tirare la tenda a velare la finestra, per poi andarsi a sdraiare sul letto, con gli occhi fissi al soffitto…

 

-oo0oo-

"Potremmo smetterla con questa proiezione macabra?" chiese Yohji, non appena vide comparire per l’ennesima volta il volto oscurato di Persia sullo schermo. Tra poco avrebbero udito quella voce metallica che aveva guidato per tanto tempo le loro missioni; soltanto che Persia era morto ormai e ciò che i Weiss vedevano era un’illusione, simbolica quanto si volesse ma sempre un’illusione.

Il giovane non la gradiva molto, ma a quanto pareva i suoi tre compagni di lavoro apprezzavano quel simbolismo, visto che non se ne lamentavano mai. Anche questa volta la sua lamentela non ebbe risposta.

Rassegnato a rimanere inascoltato a riguardo, Yohji si concentrò sulle immagini terribili di cadaveri che scorrevano sotto i loro occhi e sulle notizie che stava fornendo loro Birman.

"Le vittime appartenevano tutte al mondo della finanza, così come i loro uccisori…anzi, abbiamo facilmente scoperto che lavoravano nelle stesse aziende, anche se con incarichi di diversa importanza. Finora i morti sono quattro…la polizia ha arrestato i colpevoli, ma li ha trovati in uno stato di confusione mentale assoluta, tanto da non essere quasi in grado di rispondere alle domande…l’unica cosa che ripetevano chiaramente era che si sentivano meglio, come liberati…".

"Non sarà una banale questione di liti e gelosie lavorative?" la interruppe Ken, stupito che non avessero pensato subito a questa soluzione.

"Scusa, ma che bisogno ci sarebbe di infierire così su un’altra persona solo per beghe di lavoro?" gli fece notare il biondo, mentre Omi faceva una smorfia osservando le foto e Aya rimaneva impassibile come sempre.

L’ex-investigatore privato aveva ragione: i colpi sferrati sulle vittime dovevano essere stati violentissimi, mossi da una sete di dominio, di potere e di annullamento dell’altro difficilmente spiegabili dalla rivalità che pure sempre si crea sul luogo di lavoro.

Non era difficile notarlo: loro ne avevano visti così tanti di cadaveri…

"Inoltre le uccisioni sono avvenute in tempi stranamente ravvicinati per essere casuali…- disse con calma Birman, appoggiando una mano allo schienale del divano-…e, infine, i nostri agenti non hanno impiegato molto a scoprire che anche i colpevoli si conoscevano fra loro: frequentavano tutti un corso…uno strano corso che prevedeva delle sedute; abbiamo anche recuperato da un giornale una piccola inserzione che lo pubblicizzava. Questo è quanto sappiamo finora. Dunque?" chiese, rimanendo in attesa di una risposta.

"Accettiamo il caso" Aya parlò per la prima volta da quando erano scesi nello studio sotterraneo, poi prese i fogli con le informazioni e il ritaglio dell’inserzione che la donna gli stava porgendo, iniziando subito a studiarli.

Gli altri tre membri dei Weiss si lanciarono rapide occhiate, rassegnati ormai al fatto che non venisse mai chiesto il loro parere.

"Bene, allora!- sorrise Birman; in un certo senso era più tranquilla di Manx, era più rilassante avere a che fare con lei- Appena i nostri agenti ci forniranno altre indicazioni utili, ve le farò avere…buonanotte, cacciatori delle tenebre!".

Per qualche secondo si sentirono i passi della donna sulla scaletta a chiocciola, poi i Weiss rimasero soli, nella stanza in penombra e illuminata fiocamente solo dalla luce azzurrina e un po’ alienante dello schermo adesso vuoto e silenzioso.

Yohji guardò i suoi compagni, in particolare uno: era davvero ricominciato tutto!

Non era stato un periodo facile, per loro: prima c’era stata la scoperta che Omi era in realtà Mamoru Takatori…per diversi giorni Aya lo aveva guardato con odio e diffidenza, come se fosse un corpo estraneo al loro gruppo, come se volesse sfogare anche contro di lui il rancore che provava verso tutti i Takatori…aveva addirittura rivelato il motivo del suo odio totale: per colpa di Reiji Takatori la sua famiglia era stata sterminata e sua sorella, Aya Fujimiya, era in coma da due anni…

Yohji, ripensandoci, si accigliò: non aveva provato nessuna soddisfazione nel veder confermato il suo sospetto che il nome mormorato nel sonno dal ragazzo, tanti mesi prima, fosse davvero quello della sorella…non poteva fare a meno di pensare a quanta sofferenza potesse esserci dietro quello sguardo insondabile…

Poi, le cose fra loro erano tornate a posto: sembravano essere entrati tutti nell’ottica di idee che Omi era prima di tutto un Weiss…e poi era morto Persia e infine Aya era riuscito ad uccidere Reiji Takatori, ritagliandosi almeno il sollievo di aver vendicato la sua famiglia e sua sorella…

Per qualche tempo si erano sciolti.

Ed erano state delle settimane vuote, tutto sommato, almeno le sue: aveva trascorso quei giorni frequentando ragazze in modo abbastanza superficiale, cercando di reinserirsi nel mondo dell’investigazione privata, ma senza mai provare un vero entusiasmo, nemmeno per la libertà riconquistata…

Fino a quel momento: quando era stato attaccato di sorpresa, senza motivo, secondo lui, e aveva compreso che i guai non erano ancora finiti e che loro dovevano essere di nuovo nel mirino dei loro vecchi nemici…

Senza pensarci, istintivamente, era tornato al Koneko, rimasto chiuso da quando le loro strade si erano separate, ed era sceso nello studio sotterraneo; lo percepiva come un rifugio, come l’unico luogo in cui potesse andare…e aveva scoperto di non essere stato l’unico a pensarla così…

Vi aveva trovato Aya.

Il ragazzo era da solo, in piedi, appoggiato con la schiena contro la parete, con il volto chino e le folte ciocche rosse che gli coprivano gli occhi violetti; quando alzò il viso e i loro sguardi si incrociarono, Yohji si rese conto di quanto gli fosse mancato…

E dire che era stato quasi contento del loro separarsi, dello scioglimento dei Weiss!!! L’attrazione che provava era sempre più forte, stava diventando difficile controllarla, soprattutto per qualcuno come lui, abituato al contatto fisico...e stava diventando più forte anche il suo sentimento e con esso la paura di sbagliare…

Era una situazione nuova per lui, che non credeva di saper gestire facilmente e questo lo innervosiva; allora, meglio non vederlo piuttosto che prolungare quella tortura!!! Talvolta era stato tentato di parlargli, di provare ad avvicinarsi ed entrare più in confidenza con lui, ma poi aveva guardato quegli occhi freddi e lontani e aveva rimandato…erano occhi che non davano una seconda opportunità, se avesse detto la frase sbagliata o fatto la mossa sbagliata avrebbe perso ogni possibilità con lui…

Un atteggiamento da vigliacco che ora si rimproverava…certo, probabilmente sarebbe stato quanto di più difficile intrapreso nella sua vita, ma guardando Aya sentiva che ne valeva la pena. Il destino li metteva di nuovo uno di fronte all’altro! E per quanto Yohji Kudoh non credesse nel destino, quello era inequivocabilmente un segno…

Quando si erano rivisti, Aya non si era mosso, era rimasto fermo contro il muro; era stato lui a fare qualche passo in avanti.

"Ciao, Aya…tutto a posto?".

Il compagno non aveva risposto, aveva fatto solo un lievissimo cenno con il capo che il biondo interpretò come una specie di saluto.

"Non credo sia un caso il nostro incontro…io sono stato attaccato. Anche tu?" aveva insistito.

Era stata un’affermazione il modo in cui aveva mosso la testa? Probabilmente…

"Allora credo che tra poco vedremo arrivare anche gli altri…- il più tardi possibile aveva sperato-…tu che hai fatto in tutto questo tempo che non ci siamo visti?" aveva chiesto, improvvisamente curioso.

Chissà dove era stato, se aveva parlato con qualcuno, se aveva trovato un lavoro normale…non riusciva da immaginarlo fuori dal Koneko o senza una katana fra le mani…non gli piaceva pensare di aver perso tanti giorni della sua vita…Ma si era subito accorto che Aya non aveva intenzione di rispondere: probabilmente le riteneva domande troppo personali, stava rischiando di essere considerato invadente…

Abyssinian lo scrutava in silenzio, e la sua immobilità gli permetteva di ammirare ancora di più la sua bellezza perfetta…le ciocche rosse, l’orecchino che si intravedeva fra i capelli più lunghi che gli incorniciavano il viso, il viso ovale e pallido…

"Io avevo pensato di ributtarmi nell’avvincente mondo dell’investigazione privata, volevo riprendere i vecchi contatti che avevo nel giro prima di entrare nei Weiss" Yohji aveva deciso di cambiare tattica, spostando la conversazione su di sé.

Era anche stato premiato: Aya lo stava ascoltando, lo sapeva!!! Se ne accorgeva dallo sguardo vigile e attento…questo era quel tipo di segno che un sicario doveva saper riconoscere…

"Mi hanno fermato prima che potessi mettere insieme qualcosa per cominciare una vita un po’ più normale…anzi, per tornare a quella di prima…".

Stava per chiedergli nuovamente cosa avesse fatto, quando aveva avvertito in modo distinto un rumore proveniente dal piano superiore…se ne era accorto anche Aya, il suo bel viso si era alzato di scatto per guardare la stretta scala chiocciola che portava nella base sotterranea.

Uno dei loro compagni…o un nemico? Poteva essere chiunque, a quel punto… Con un cenno d’intesa, Yohji spense la luce, in modo da poter cogliere di sorpresa il nuovo arrivato, e poi i due rimasero immobili.

I passi erano sempre più vicini…ecco il rumore della porta che si apriva e poi il suono secco dell’interruttore e…

"KEN!!!!" era sbottato il biondo ex-investigatore privato, con malcelata esasperazione. Non aveva appena sperato che gli altri si facessero vivi il più tardi possibile?!

Il ragazzo bruno spostava lo sguardo da Aya a Yohji senza capire il perché di quella reazione e chiedendo subito: "Hanno attaccato anche voi?".

Aya non aveva risposto e non si era mosso di fronte a questa conferma che poteva considerarsi terminato il loro periodo di relativa calma; Yohji invece non era tanto colpito da questo, quanto seccato per l’intempestivo arrivo di Ken…erano sempre state così poche le occasioni che aveva avuto per stare da solo con Aya…

"Il tuo tempismo migliora…" aveva detto con noncuranza, lasciandosi cadere sul divano.

Ma l’altro non aveva dato segno di cogliere il tono sottilmente ironico del compagno e quindi il discorso era caduto nel vuoto.

Yohji aveva soffocato un sospiro: con Ken nella stanza era impensabile una qualsiasi tentativo di conversazione personale tra lui e Aya…

Così si era limitato a guardare l’orologio e a chiedere a voce alta: "Chissà fra quanto arriverà Omi?"…

…Era così che i Weiss erano tornati insieme e da quel giorno non è che il suo rapporto con Aya avesse fatto dei passi avanti, doveva ammetterlo.

Ed era frustrante.

"Allora, come ci organizziamo per questa missione?" chiese Ken.

Forse proprio perché i suoi pensieri si erano appena fermati sul ricordo di quel suo arrivo intempestivo, qualche tempo prima, Yohji guardò male il compagno: "Come abbiamo sempre fatto".

"Omi, tu cercherai tutte le informazioni su questi corsi e queste sedute. Devono essere pronte per domattina, così potremo organizzarci" disse Aya, freddamente, e a Yohji si chiuse lo stomaco: non sopportava più di vederlo così distante e impersonale…

Il ragazzo dagli occhi violetti passò i fogli che aveva lasciato loro Birman al più giovane dei Weiss e poi prese a salire le scale, considerando chiuso il discorso per quella sera.

Yohji dovette trattenersi dal seguirlo e dal cercare di intavolare una conversazione. Non era il momento, non a quell’ora…

Non gli era sfuggito che, nelle notti in cui non erano in missione, Aya preferisse restare nel suo appartamento, in compagnia di un libro e di una tazza di tè… Stancamente, il biondo si alzò e iniziò a salire le scale, senza neanche fare finta di voler dare una mano ai compagni.

Omi sedette subito al suo computer, scorrendo con gli occhi le informazioni procurate dai Kritiker e digitando velocemente sulla tastiera; non si sentiva particolarmente riposato, ma sapeva che non poteva perdere tempo.

Dopo pochi secondi, percepì Ken che si appoggiava con la schiena alla parete, accanto a lui e che gli chiedeva: "Posso aiutarti?".

 

 

Yohji appoggiò sul comodino vicino al letto i suoi occhiali da sole e si avvicinò alla finestra; guardando fuori, vedeva bene le luci della città, le insegne dei locali, anche lontani, e tutto un mondo notturno di cui aveva fatto parte e che ora avvertiva distante.

La verità era che ce l’aveva prima di tutto con se stesso.

Ricordava bene quello che aveva pensato mesi prima, seduto al tavolo di un bar con vista sul mare e con lo sguardo perso nella linea dell’orizzonte: che si stava soltanto lasciando vivere, che, quando non ‘lavorava’, sprecava le sue giornate seduto ai bar, senza costrutto, alimentando la sua indolenza.

Gli era quasi parso di sentirla, la voce di Asuka che gli muoveva quel rimprovero sensato.

Allora, quelle parole lo avevano scosso ma non era comunque riuscito a dare la vera svolta decisiva alla sua vita, che non riguardava ovviamente il lavoro, ma Aya; con rabbia, prese il pacchetto di sigarette e ne accese una, inspirando profondamente.

Era giunto il momento di cambiare.

E non ne aveva bisogno lui solo, in qualche modo avvertiva sulla pelle che anche Aya aveva bisogno di un cambiamento.

Forse, questa nuova missione…

Sorrise: dopotutto, aveva imparato a credere nel destino…

 

 

 

Aya si distese sul letto, fissando il soffitto e pensando a ciò che lo avrebbe aspettato l’indomani.

Intanto sarebbe dovuto uscire prestissimo, prima dell’apertura del negozio, per poter ugualmente andare a trovare sua sorella…erano anche arrivati quei fiori bellissimi…gliene avrebbe portati un po’; poi, si sarebbero concentrati sulle informazioni che sicuramente Omi avrebbe recuperato.

Gli occhi violetti si velarono, mentre fissava un punto indefinito della sua stanza: era davvero ricominciato tutto…anche il pericolo per sua sorella, sarebbero potuti arrivare a lei…e così, alla snervante attesa per il suo risveglio, ora si era aggiunto anche questo…

C’era una sola cosa positiva in tutta quella situazione, anche se detestava il doverlo ammettere: non gli dispiaceva quell’aver avuto ricomposto il loro gruppo, anche se non erano stati loro a volerlo…le giornate successive alla morte di Reiji Takatori e di Persia erano state terribilmente solitarie: aveva lavorato in quel cantiere, certo, ed era andato tutti i giorni da Aya-chan…routine, di continuo. Non avrebbe dovuto avere problemi ad abituarsi, era successo ben di peggio nella sua vita e lui si era dovuto abituare a situazioni ben più spiacevoli…si era dovuto abituare a mascherare il dolore, ad esempio, a soffocare qualsiasi emozione e sentimento, a tenere a distanza il resto del mondo.

Eppure, quando poi tornava a casa dalle visite in ospedale, aveva come dei flash, rapidissimi ma pungenti, qualcosa che gli faceva pensare al Koneko…l’espressione bonaria di Momoe, il gatto che ronfava sulle ginocchia dell’anziana signora…le tazze colorate lasciate sul tavolo, quelle che porgeva loro Omi, colme di bevande calde o fredde a seconda della stagione…il chiacchiericcio con cui Ken commentava i risultati delle partite di calcio o gli altri avvenimenti sportivi…le battute di Yohji, ironiche, leggere e fatte per alleggerire qualsiasi situazione e i suoi occhi divertiti e amichevolmente canzonatori mentre prendeva in giro i due compagni più giovani, come faceva spesso e volentieri…

Non che Aya passasse ore a pensare al Koneko e ai suoi ex-colleghi, ma capitava che ci fossero velocissimi ricordi e fitte altrettanto rapide di malinconia, anche se si sarebbe fatto imbavagliare a vita pur di non ammetterlo.

Ora era tutto come prima.

E lui ne era contento nel profondo e la cosa lo faceva infuriare: perché non poteva rischiare di affezionarsi di nuovo a qualcuno, non di nuovo, non poteva essere così stupido!!! Non ad altri assassini come lui, che rischiavano anche loro la vita ad ogni missione…

Perché non c’è niente di più brutto che vivere in un mondo in cui non ci sono più le persone a cui si è voluto bene…

E il rischio per lui, per i Weiss, era davvero alto.

E la cosa davvero irritante era che per quanto si infuriasse con se stesso, pur mostrando esteriormente il suo distacco come aveva imparato a fare, non riusciva a fare altrettanto internamente e tornare alla freddezza con cui guardava ai compagni quando li aveva conosciuti.

E poi…

Il pensiero più spiacevole di tutti.

Erano soltanto degli assassini: che diritto avevano, loro, di essersi ritagliati il loro piccolo mondo in quel negozio, fra i fiori e il loro profumo, le battute di Yohji e le risate di Omi e Ken?

Era vero, lui non faceva mai battute e non rideva, capitava che talvolta sorridesse, ma di rado…ma osservava gli altri tre Weiss…

In realtà, non dovevano averne realmente diritto.

Si portò le mani davanti agli occhi e rimase a fissarle per lungo tempo, prima di addormentarsi.

 

 

La mattina seguente erano in due a sbadigliare per il sonno.

Ovviamente Omi, che aveva trascorso buona parte della notte a cercare informazioni in rete e poi aveva iniziato a studiare il materiale stampato, ma anche Ken aveva segni scuri sotto gli occhi e l’aria di chi avrebbe voluto dormire dieci ore di fila.

Yohji sedette al tavolo per la colazione stiracchiandosi e meritandosi per questo un’occhiataccia dall’ex-calciatore; in realtà anche il giovane aveva dormito poco, era rimasto sveglio a lungo, con i pensieri che si susseguivano rapidi e diversi ma sempre intorno ad una sola persona…

Una persona che non vedeva con loro.

"Aya?" chiese semplicemente.

Omi sorrise stancamente, porgendogli una tazza colma di caffè americano: "E’ uscito prestissimo, è andato da sua sorella, ma dovrebbe tornare a momenti".

Quasi che anche il più giovane del gruppo avesse premonizioni sul futuro, in quel momento la porta si aprì ed entrò Aya, con il volto serio e concentrato.

"Come sta tua sorella?" gli chiese subito Omi, mentre il gattino rosso si accingeva a prepararsi il tè, versando nella sua tazza l’acqua bollente che Omi gli aveva fatto trovare già pronta.

"Come al solito" fu la semplice risposta del ragazzo.

Poi Aya sedette al tavolo come i suoi compagni e guardò i fogli che erano poggiati sulla superficie scura del mobile.

"Allora?" domandò, prima di iniziare a sorseggiare il tè.

"Siamo rimasti in piedi fino all’alba, praticamente…" borbottò Ken, stiracchiandosi.

"Questo è l’indirizzo del palazzo dove si tiene il corso, Aya…abbiamo scoperto molte cose interessanti – cominciò a spiegare il più giovane dei Weiss- soprattutto sul genere di corsi…Dunque, sono stati organizzati da un americano…" e qui il ragazzo fece una pausa vedendo il lampo che era passato negli occhi degli altri tre Weiss.

Per Yohji poteva anche essere un po’ il richiamo del sangue in parte americano che gli scorreva nelle vene, ma comunque per tutti c’era la consapevolezza che avevano già avuto a che fare con un americano che si intendeva di finanza e che ogni volta questo aveva significato problemi e sangue…

Brad Crawford.

E Brad Crawford significava Schwarz.

"Non possiamo esserne sicuri" azzardò Ken, intuendo i pensieri dei suoi compagni.

"Ma quasi sicuri sì…" lo corresse Yohji, facendo per accendersi una sigaretta.

"Non mentre stiamo facendo colazione!".

La voce di Aya, giunta inaspettata, lo bloccò proprio mentre stava prendendo l’accendino; per qualche secondo Yohji fu indeciso sul comportamento da tenere…dopotutto, quando era Omi a lamentarsi del fumo e delle sue sigarette, in genere non faceva una piega e continuava allegramente a fumare, ma con Aya non ce la faceva a comportarsi così.

E non perché fosse interessato a ‘tenerselo buono’, secondo una brutta e svilente espressione, ma semplicemente perché voleva vederlo rilassato, voleva che stesse bene e, se per dargli qualche momento relativamente tranquillo durante la colazione, doveva rinunciare ad una sigaretta…be’, lo avrebbe fatto!

Sorridendogli, posò pacchetto e accendino accanto a sé e si limitò a dire: "Ok", per poi riportare l’attenzione sul discorso che avevano iniziato.

"Dicevi che è un americano…" si rivolse ad Omi.

"Sì, si chiama Hal Emerick…il suo corso viene pubblicizzato come una sorta di training autogeno rivoluzionario e penso sia per questo che abbia attirato soprattutto molti dipendenti di aziende".

Gli altri capirono bene a cosa si riferisse Omi.

Gli anni dorati del boom economico delle ‘tigri asiatiche’ erano un lontano ricordo per il Giappone, che aveva imboccato una strada stagnante e pericolosa; molte aziende erano state coinvolte in scandali di bancarotta non dichiarata, e non si contavano più i licenziamenti che avevano portato la disoccupazione a livelli mai raggiunti in precedenza.

I Weiss sapevano che il loro non era un paese indulgente da un punto di vista sociale…chi era stato licenziato difficilmente poteva sperare di trovare un nuovo impiego e spesso il suo orgoglio ferito gli impediva perfino di fare domanda per i sussidi statali.

Non meravigliava nessuno di loro, dunque, che un corso simile avesse fatto presa proprio su persone impiegate nel settore economico: bisognava essere forti e grintosi e fare di tutto per conservare il proprio posto con le unghie e con i denti, a dispetto delle rivalità interne e degli avvenimenti del mercato finanziario.

Questo americano affermava di saper far crescere la propria autostima? Be’, molti di loro dovevano aver vinto la diffidenza nei confronti di un gaijin e avevano deciso di giocare anche quella carta!

"E poi…ho controllato anche cosa sia successo alle aziende che avevano visto la morte del loro direttore…perché i morti erano tutti direttori, lo avevate notato? Comunque, sono state rilevate da un’altra grossa società, su cui però ho avuto difficoltà ad indagare" concluse Omi.

"Ci penseremo stanotte" commentò Aya, riepilogando mentalmente tutte le notizie ricevute.

"Bene!- esclamò Yohji- Mi sembra che l’unica cosa sensata da fare sia trovarci una nuova identità e presentarci in incognito a questo corso, per sentire di persona cosa in effetti abbia da insegnare questo tal Emerick…".

"Qui dice che ogni lunedì inizia un nuovo ciclo di sedute…" borbottò Ken, non molto entusiasta all’idea.

Il corso, quindi, era iniziato solo il giorno prima…forse, presentandosi subito non avrebbero dovuto aspettare il turno successivo.

"Andrò io" disse Aya a bassa voce.

"E anche io. Basteremo noi due!" si affrettò a dire Yohji, troppo felice di vedere che le cose filavano come aveva previsto! Era dalla sera prima che sperava di poter lavorare in incognito con il suo gattino rosso!

Ok, ok, era una missione, però…sarebbero stati loro due da soli, avrebbero avuto del tempo da passare insieme...

Aya non commentò in nessun modo, né positivo né negativo, l’affermazione del biondo, mentre Ken e Omi si guardarono l’un l’altro stupiti.

Mr. Iceberg e Mr. Prendiamo-la-vita-con-filosofia ad un corso per far aumentare autostima e sicurezza?

Non sembrava il piano migliore del mondo, i loro compagni avrebbero potuto essere smascherati…oddio, non che un gruppo di assassini avesse chissà quale autostima, tuttavia…

"Ehm…forse potrei andare io…" tentò Ken, ma l’occhiata di Yohji quasi lo incenerì.

"Sicuramente saresti più adatto tu…- lo prese in giro il biondo, anche se l’altro non se ne accorse- …ma tu non sei un grande attore, Ken, lasciatelo dire! Chi organizza questi corsi ha senz’altro molta intuizione psicologica nei confronti delle altre persone, anche se probabilmente la usa male: secondo me ti scoprirebbe subito!".

L’altro ragazzo si inalberò a questo punto: "Ah, sì?! Allora tu vedi di cambiarti prima di uscire! Con questa tua maglietta che ti lascia lo stomaco scoperto e la tua aria da gran seduttore sembri la personificazione della persona sicura di sé! Sei così sicuro che non sarai scoperto tu, piuttosto?!".

"Io sono anche un grande attore" sorrise sornione Yohji, facendo ridere Omi e chiudendo la questione, visto che era visibile a tutti che Ken non poteva dire altrettanto.

"Dovremo presentare un curriculum?" chiese poi il biondo, rivolto ad Aya, ma il ragazzo scosse il capo: "In questi posti non fanno mai troppe domande su chi sei…specie se hanno loro qualcosa da nascondere".

"In ogni caso vi preparerò una nuova identità da usare per questa missione, non si sa mai" aggiunse Omi, che si allontanò subito per raggiungere il suo computer e fornire il prima possibile i suoi amici di nome e cognome da copertura.

"Non fare tardi con la scuola" disse Aya, a bassa voce.

Omi sorrise, mentre scendeva la scale a chiocciola: Aya era l’unico che ogni tanto gli chiedesse della scuola…il suo sorriso divenne più triste quando pensò che, dopotutto, prima dell’intervento della sua famiglia, Abyssinian era stato un fratello maggiore e che avrebbe voluto esserlo ancora, se solo Aya-chan si fosse risvegliata, e che probabilmente anche allora chiedeva a sua sorella come andassero le cose a scuola…

"Forse converrà davvero cambiarci" disse Yohji, nel frattempo, alzandosi dalla sedia. Gli altri fecero lo stesso.

"Insomma, Omi tra poco andrà a scuola, voi state per uscire, quindi dovrò badare da solo al negozio!" osservò Ken.

"Non da solo! Ci sarà Momoe" scherzò il più anziano dei Weiss.

"Evviva…".

Yohji e Aya si cambiarono davvero.

Sapevano che le persone più esperte nella psicologia umana posso intuire molto sul carattere anche soltanto dall’abbigliamento e sarebbe stato davvero stupido scivolare proprio su un simile particolare…

Yohji fissava sconsolato il suo armadio, notando come tutto ovviamente rispecchiasse la sua personalità e la vita che aveva condotto fino a quel momento; alla fine, optò per una semplice maglia grigio scuro di Armani da indossare sui pantaloni chiari: dopotutto non voleva sembrare un fallito, ma soltanto un giovane uomo che voleva tenersi stretto un posto di lavoro che rendeva bene…sì, aveva un senso…

Aya si vestì di scuro invece, con jeans e maglietta neri, senza impiegare troppo tempo nella decisione.

Il compagno, quando si ritrovarono nel negozio che aveva la saracinesca ancora chiusa, apprezzò molto la scelta: il nero metteva in risalto la pelle bianchissima del suo gattino rosso e modellava così bene il suo corpo…

Il corpo di Aya lo affascinava: sebbene sapesse che il compagno si fosse allenato moltissimo nell’uso della katana, i suoi muscoli si erano sviluppati armoniosamente, il suo aspetto era delicato e fine e suscitava in lui uno strano istinto di protezione.

Proprio mentre stavano per guardare l’orologio, arrivò Omi, trafelato ed in ritardo con la scuola, che porse loro dei fogli dicendo "Non si sa mai!" per poi uscire rapidamente dalla porta sul retro.

Erano due brevi curricula e due carte di identità con i loro nomi falsi: Hari Sakamoto per Aya e Kei Matsudaira per Yohji; probabilmente sarebbero risultati inutili, visto che, come detto, in certi casi non si fanno mai troppe domande sull’identità di chi ci sta di fronte, ma appunto non si poteva sapere…

I due Weiss si fissarono quei nomi nella testa, poi il biondo si rivolse sorridendo al ragazzo più giovane.

"Andiamo?".

Aya annuì e pochi istanti dopo erano ognuno nella sua macchina.

Avevano letto l’indirizzo ovviamente e il posto non era troppo distante, quindi lo raggiunsero in breve tempo; parcheggiarono vicino all’alto palazzo sede di questi incontri.

Yohji guardò l’orologio, poi disse con un tono il più possibile casuale: "Senti, è ancora presto…perché non andiamo a bere qualcosa, prima di entrare nella tana dei leoni?".

Sembrava sempre il solito Yohji Kudoh, un po’ indolente e pronto a notare qualsiasi locale-bar nel raggio di un chilometro, ma in realtà il cuore gli stava battendo più rapidamente del solito e l’udito era pronto a percepire ogni più piccola risposta soffiata dal compagno.

Aveva un po’ giocato d’azzardo; nonostante lavorassero insieme e vivessero praticamente insieme ormai da due anni, lui e Aya non erano mai usciti insieme per svagarsi o per mangiare fuori o anche solo per passeggiare…quando non erano in missione e avevano quindi la prospettiva di una notte tranquilla, Aya si chiudeva nel suo appartamento e non lo si vedeva più fino alla mattina successiva…

Il ragazzo dagli occhi viola guardò il compagno più grande leggermente stupito: come mai Kudoh se ne usciva con quella proposta?

Che non era niente di speciale, a pensarci bene, per una persona normale, ma lui non era più Ran Fujimiya da molto tempo e non era più una persona normale…aveva dimenticato il sapore di certi svaghi…

Aya scosse il capo, facendo ondeggiare le morbide ciocche rosse che gli incorniciavano il viso e l’orecchino: "No, siamo in missione. Dobbiamo entrare subito nel palazzo e chiedere di poter avere un colloquio con questo Emerick prima dell’inizio del corso".

Un altro, forse, avrebbe potuto deprimersi, ma non Yohji.

Ossia, un pizzico di delusione c’era ovviamente, ma la sua mente registrò due particolari: il primo, che Aya non aveva reagito poi malissimo…il secondo, che il ghiaccio forse si stava incrinando.

Aveva notato, infatti, il lampo di sorpresa che aveva illuminato i bellissimi occhi di Abyssinian; e probabilmente era anche di questo che aveva bisogno quel ragazzo, di sorpresa, di calore…forse era stato fatto il piccolo, primo passo perché la loro …amicizia? No, non erano amici nel senso più stretto del termine…conoscenza? Ecco, più appropriato…ma neanche, no…lui amava Aya!!! Insomma, perché il loro rapporto, comunque lo si volesse chiamare, cominciasse a cambiare.

"Che ne dici di far finta di essere colleghi? Magari colleghi che stanno lavorando ad uno stesso progetto…così nessuno si stupirà vedendoci parlare, se avremo qualcosa da dirci" propose Yohji.

La sua idea lasciò stupito Aya per la seconda volta in pochi minuti: da quando il pigro ed indolente Yohji Kudoh era così ingegnoso?! Era strano…ma aveva comunque ragione, così il leader dei Weiss annuì, non senza lanciare un’occhiata curiosa al compagno. Occhiata che fu notata e che face aumentare il battito del cuore del biondo.

Per un istante leggerissimo come una piuma corse una strana tensione fra loro e si creò una nuova atmosfera grazie ad un rapido gioco di sguardi, che nelle intenzioni di Aya doveva essere semplicemente un accordo, un assenso ad iniziare la missione, ma che non rimase tale...era un modo diverso di guardarsi, anche solo per un attimo, qualcosa di imprevisto e neanche voluto che lasciò meravigliato il gattino rosso…

Yohji se ne accorse ed esultò silenziosamente: erano mesi che guardava Aya in modo diverso, non da semplice collega, ed era la prima volta che questo suo sguardo trovava una piccolissima corrispondenza!!!

Aya si voltò bruscamente verso la grande porta di vetro del palazzo, per spezzare quella tensione che lo turbava.

"Andiamo" disse, con voce incolore.

"Quando vuoi…" sorrise Yohji, seguendolo.

Era strano: il biondo non era una persona paziente e al tempo stesso lo era…non gli piaceva dover aspettare troppo quando desiderava qualcosa, ma in questo caso sapeva che sarebbe riuscito a pazientare.

Forse è così…forse, quando ci innamoriamo finalmente della persona giusta, allora ci comportiamo istintivamente nel modo giusto…

Fu il suo pensiero prima di entrare nell’alto palazzo dove li attendevano le lezioni di Hal Emerick.

 

 

>><<

 

 

 

Accigliarsi di prima mattina non era una delle attività preferite di Brad Crawford, ma non era neanche infrequente considerando i suoi compagni di lavoro e coinquilini.

Quando entrò nel salotto per consumare la prima colazione, rigorosamente americana, la prima cosa che vide fu Schuldig che se ne stava seduto con una gamba disinvoltamente dondolante dal bracciolo della sedia; e quindi si accigliò.

Aveva scelto lui buona parte dell’arredamento della loro villa, qualcosa che fosse coerente con la sua idea di life-style ovviamente, e non gli piaceva che uno degli Schwarz non ne avesse rispetto.

"Dovresti essere riposato a quest’ora…non credo sia troppo pretendere che tu stia seduto composto, Mastermind" fu il suo ‘buongiorno’ al ragazzo tedesco, che si voltò con calma, senza essere stupito delle parole del suo leader.

"Il bello con te, Crawford, è che non ho quasi più bisogno di leggerti nella mente per sapere quel che dirai nelle varie circostanze…Perché non provi a variare le tue frasi di repertorio?" gli sorrise in quella maniera sorniona che irritava l'americano.

"Non dovrei ripetermi se tu ti comportassi come una persona quasi educata almeno qua dentro" disse seccamente Crawford, pur sapendo che era fiato sprecato; se ci pensava bene, non era mai riuscito, con una delle sue famose frasi taglienti, a scuotere il tedesco e sapeva che men che meno ci sarebbe riuscito proprio in quei giorni. Schuldig sembrava…era efficiente come sempre, questo sì!!! Non avrebbe mai concesso distrazioni ad un suo sottoposto…ma Schuldig sembrava avere la testa altrove, persa dietro a qualcosa.

O a qualcuno.

E non era difficile immaginare chi fosse questo ‘qualcuno’.

Crawford sedette al tavolo, versandosi una abbondante dose di caffè caldo e nero nella tazza e ascoltando di sottofondo le chiacchiere di Nagi, che era entrato anche lui in salotto, i borbotti di Farfarello che aveva le mani legate dalla sera prima, e le considerazioni di Schuldig sul fatto che le sue preziose lattine di birra tedesca cominciavano a scarseggiare nel frigorifero.

Una tipica colazione da Schwarz.

E non voleva che ‘qualcuno’ alterasse quell’equilibrio.

Soprattutto non adesso che aveva ingranato così bene il nuovo affare in cui si era lanciato!!! Non poteva durare in eterno, certo, o avrebbe attirato troppi sospetti e proprio per questo bisognava insistere finché se ne avesse l’opportunità, per poi lasciare tutto al momento giusto…

Crawford scorse rapidamente la pagina economica del suo giornale, memorizzando come avessero chiuso le Borse di tutto il mondo il giorno prima; poi guardò l’orologio e alzò gli occhi verso il tedesco.

"Non fare tardi" si limitò a dirgli, sapendo che l’altro avrebbe capito.

Schuldig gli rivolse uno dei suoi sorrisi ironici: "Ho mai fatto tardi? Adesso vado, mein führer, fidati…" disse, alzandosi agilmente dalla sedia.

"Esci così?" chiese, stupito e con spontaneità, Nagi.

"Certo, perché?" il ragazzo tedesco si bloccò sulla soglia, a sua volta meravigliato per la domanda superflua.

Crawford alzò nuovamente gli occhi dal giornale per osservare il suo compagno di lavoro. E si accigliò una volta di più. Mentre era seduto, non ci aveva fatto caso…

"Non stai per andare in discoteca e dovresti passare inosservato" gli ricordò con evidente disapprovazione, di fronte ai pantaloni di pelle neri, alla maglia attillata bianca e alla giacca in stile ‘Matrix’. Quanto alla fascia fra i capelli…be’, quella, insieme agli occhiali da sole, era uno dei tratti distintivi dell’abbigliamento di Mastermind.

Solo Schuldig poteva pensare di uscire vestito così di prima mattina…

"So come farmi notare e so anche come passare inosservato, fidati, mein führer…".

Una risata e il tedesco già se ne era andato.

Crawford tornò a leggere il giornale: di sicuro il suo secondo si stava rivelando abile nello svolgimento dell’attuale incarico…che lo fosse anche a passare inosservato sempre, invece, ne dubitava.

 

Fine della prima parte ^^

 


 

Fictions Vai all'Archivio Fan Fictions Vai all'Archivio Original Fictions Original Fictions