"Aya-kun è uscito di nuovo?".
La domanda di Omi fece alzare il volto
di Yohji dall’elenco di commissioni e consegne che stava esaminando e
distolse anche Ken dal suo innaffiare le piante; fu proprio quest’ultimo
a commentare: "Ogni tanto succede… certo che è un gran lavoratore,
quindi questo suo allontanarsi è strano…" la frase, però, finì
nel nulla. Per quanto potessero essere curiosi sapevano che nessuno di
loro si sarebbe azzardato a chiedere qualcosa di personale ad Aya e che,
del resto, non avrebbero avuto risposte anche se lo avessero fatto:
avrebbero ottenuto soltanto un gelido silenzio e un’occhiata tagliente e
di disapprovazione da parte del ragazzo dagli occhi viola.
Omi sorrise, mentre trasportava una
grosso vaso di fiori da una parte all’altra del negozio, seguito dagli
sguardi e dai bisbigli delle studentesse delle vicine scuole: "Potrà
essere strano, ma, come ho già detto una volta, di sicuro tutto questo
gli conferisce un’aura misteriosa e attraente".
A questo commento spontaneo Yohji si
esibì in uno sbuffo spazientito: "E, come ho già detto una volta
io, non c’è nessuna attrattiva nel fatto che non stia lavorando! Anzi,
ora che ci penso…- rivolse un sorriso flemmatico ai due ragazzi più
giovani- …mi prendo una pausa anche io!" e, detto questo, subito si
alzò per mettere in pratica la sua idea.
"Ma, Yohji, il Koneko è pieno di
clienti!" protestò Ken.
"Dove stai andando?" chiese
Omi.
Lo raggiunse anche il mormorio di
disappunto delle ragazzine, che non gradivano il suo allontanarsi.
"Ovviamente vado a dormire un po’!"
rispose lui con il suo tono più disinvolto, prima di chiudersi la porta
alle spalle e di salire le scale fino a raggiungere il suo appartamento.
Ma non aveva nessuna intenzione di
dormire, in realtà voleva soltanto restarsene da solo per pensare in
pace; si accese una sigaretta e si distese sul letto e il suo pensiero
volò dritto ad Aya, come accadeva da un po’ di tempo… Quando Omi
aveva detto che il leader dei Weiss era avvolto da un’aura misteriosa e
attraente, si era sentito irritato, perché era terribilmente vero ma non
voleva che lo pensassero anche altre persone.
Non sapeva nulla di lui…be’, a dire
il vero sapevano molto poco gli uni degli altri e l’unico motivo per cui
si erano incontrati e conosciuti era stato l’essere entrati a far parte
dei Weiss…come si dice, un colpo di fortuna!
Nonostante la sua aria da uomo navigato
e disincantato, quando rifletteva su questo Yohji Kudoh era tentato di
credere nel destino!
Distese le labbra in un sorriso
ripensando a quando si erano conosciuti, a quella notte trascorsa
vegliandolo e ascoltando i suoi mormorii, quel nome ripetuto più volte
come se fosse qualcosa di importante…sì, insomma, quella notte si era
creato un legame! Dopotutto era stata una sua idea quella di chiamarlo Aya,
giusto? Ed era stato un bene, perché sospettava che se fosse stato per il
loro introverso leader forse avrebbero dovuto rivolgersi a lui con un ‘ehi,
tu!’ per parecchio tempo…
Uhm, probabilmente Aya non sarebbe stato
d’accordo con questa teoria del legame instauratosi, però c’era; da
parte sua di sicuro: come spiegare altrimenti l’istinto che aveva di
cercarlo sempre con gli occhi, di sapere dove fosse, di osservarlo mentre
creava sapientemente splendide composizioni floreali con quelle stesse
mani che si rivelavano micidiali nel maneggiare la katana durante le loro
missioni…
C’era qualcosa di magnetico in quegli
occhi viola, in quel volto perfetto e candido incorniciato da quei capelli
di un rosso così intenso e insolito…e le due ciocche più lunghe che
gli scivolavano intorno al viso facevano venire voglia di passare le mani
fra quei fili di seta e di giocarci…
Yohji inspirò profondamente dalla
sigaretta e poi la spense nel posacenere, accendendone meccanicamente un’altra.
Devo essermi preso una cotta grande
quanto una casa!!!- pensava nel compiere questi
gesti- E la cosa buffa, veramente buffa, è che
non mi sembra neanche strano…nonostante questo mandi per aria la mia
consolidata reputazione di playboy, lo trovo del tutto naturale!
Ed era giusto così: non poteva che
essere naturale rimanere affascinati da Aya, ma non solo per il suo
aspetto…certe volte, raramente, ma era capitato, aveva notato uno
sguardo più disteso negli occhi del ragazzo, una volta lo aveva
addirittura visto sorridere gentilmente a Sakura…doveva esserci di
sicuro qualcosa oltre a quel muro che Aya sembrava aver eretto intorno a
sé, qualcosa di bello e di piacevole…non gli sembrava una persona che
non sapesse sorridere, soltanto che non avesse molti motivi per farlo…
Il pensiero di quel sorriso era
frequente, avrebbe voluto rivederlo, anzi, meglio, suscitarglielo lui!
Certo, doveva ancora definire come…ma ne sarebbe venuto a capo, a
costo di ritrovarsi con una lama puntata alla gola!
Comunque, un gran pasticcio…e ci si
era cacciato senza rendersene conto, tra un’occhiata e l’altra…ma
almeno si ricordava di quando aveva preso atto di questo interessamento
sempre crescente: era successo quando si erano occupati del traffico di
organi umani e avevano conosciuto Sakura Tomoe. Gli aveva dato fastidio
dover osservare lei e Aya che parlavano sulle sponde del fiume, il ragazzo
era stato gentile con lei, e lui si era sentito un cretino a doversene
restare a distanza con uno stupido binocolo in mano…fortunatamente Omi e
Ken non avevano compreso che le sue battutine irritate erano dette per
gelosia di Aya e non della ragazza!
A volte una reputazione da playboy è un’ottima
copertura…si diceva, ironicamente; in fondo,
doveva a lei la possibilità che aveva avuto di abbracciarlo, qualche
settimana prima…non che non fosse mai successo, ad esempio era capitato
che dovessero sorreggersi l’un l’altro se erano rimasti feriti durante
una missione, ma quanto a questo Yohji non si faceva illusioni: sapeva che
se avesse chiesto ad Abyssinian il perché di questi gesti, si sarebbe
sentito rispondere freddamente che loro due erano i più alti e che
sarebbe stato ridicolo pensare di sorreggersi ad Omi!!!! Mm…
E poi lo aveva avuto fra le braccia
quando lo aveva adagiato sul letto e lo aveva vegliato, diverso tempo
prima…quando gli aveva dato il nome ‘Aya’…
Tutto sommato non era un quadro
esaltante!
Però, quando si era trattato di dover
allontanare i giornalisti che importunavano Sakura, con la scusa di
interessarsi alla ragazza, Yohji aveva potuto passare un braccio attorno
alle spalle del compagno e avvicinare il volto al suo…aveva ancora ben
impressa quella piacevole sensazione di tepore e gli sembrava di sentire
ancora quel profumo particolare, di fiori, certo, ma non solo…era il
profumo di Aya, della sua pelle bianca…
Purtroppo da quel giorno non gli era
più capitata la possibilità di dare il via ad ‘incontri ravvicinati’,
dannazione!
Ma il membro più anziano dei Weiss non
era mai stato tipo da deprimersi o anche solo da scoraggiarsi…certo, c’erano
ancora tante cose che avrebbe voluto sapere di lui, per capirlo meglio,
per conoscerlo meglio…
Inspirando profondamente dalla sua
sigaretta, Yohji ripensò a quanto gli aveva confidato Bombay dopo la
compiuta missione degli Human Chess: Aya si era comportato stranamente, in
un primo momento aveva addirittura attaccato un bersaglio sbagliato ma che
doveva essere quello giusto nella testa del leader dei Weiss…
Strano davvero. E misterioso. E
attraente…terribilmente attraente…più di chiunque altro avesse mai
conosciuto…
"YOHJI, SEI QUA DENTRO?! TORNA
SUBITO AL NEGOZIO, IN DUE NON CE LA FACCIAMO!!!".
Il grido di Ken e il suo fastidioso
bussare, anzi, picchiare alla porta, riscossero il giovane dai suoi
pensieri: spense la sigaretta nel posacenere e si alzò svogliatamente dal
letto.
Maledizione!
Quando aveva saputo che la copertura dei
Weiss sarebbe stato un negozio di fiori aveva pensato che sarebbe stato un
lavoro di tutto riposo! Si era figurato mattinate e pomeriggi tranquilli,
movimentati ogni tanto da qualche cliente, ad esempio simpatiche
vecchiette come Momoe, che volevano decorare la casa, oppure ragazzi che
dovevano acquistare mazzi di fiori per le fidanzate…magari qualche
lavoro più impegnativo di composizioni floreali per feste e ricevimenti…
invece no!!!!
Le liceali delle scuole limitrofe si
erano scoperte tutte appassionate di floricoltura e se in un primo momento
gli aveva fatto più che piacere, man mano che aumentava la sua attrazione
per Aya ne era stato sempre più irritato: mai un momento per stare da
soli, in pace, nel Koneko, e soprattutto troppi occhi puntati sul SUO
Abyssinian! Già, un’attività commerciale era pericolosissima da questo
punto di vista!!! Troppi contatti con l’esterno…
A proposito, chissà se era tornato…be’,
questo era senz’altro un buon motivo per scendere nuovamente al negozio…
Il negozio, già…
Era davvero una bella contraddizione
questo loro trascorre le giornate tra fiori e piante, simboli di vita e di
bellezza, e le notti maneggiando armi di morte! Di giorno il profumo dei
fiori e di notte l’odore del sangue…
E poi anche il fatto che, loro, che
erano assassini, avessero come nomi in codice quelli dei gattini era un’altra
contraddizione! Be’, tranne che per Aya, ad essere sinceri…
Le sue mani bianche, dalle dita lunghe e
sottili, sembravano fatte apposta per curare i fiori e non solo per
sferrare colpi mortali con la katana…i suoi capelli morbidi e i suoi
bellissimi occhi, il suo andamento, tutto di lui insomma, gli facevano
venire in mente proprio un gattino…
Quando aprì la porta del suo
appartamento, Yohji si trovò di fronte allo sguardo furente e agitato di
Ken.
"Si può sapere che diavolo ti
prende?! Da qualche tempo sei ancora più indolente del solito!!!"
sbottò l’ex-calciatore..
Yohji sfoderò un sorriso serafico:
"Ma su, ma su…non farne un dramma! Anche se non sono il mio campo,
ora mostrerò a voi due imbranati il modo corretto di trattare le
liceali!" disse, in tono sicuro di sé.
"Non siamo imbranati!"
protestò il bruno, arrossendo per questa frecciatina sulla sua
inesperienza.
"Ah, no? Uhm…con tutte le
fanciulle che vi vengono dietro, tu e Omi potreste organizzarvi un harem,
ma non mi pare abbiate simili progetti!" si divertì a prenderlo in
giro il collega più grande.
Questa sicurezza gli passò quando
trovò il pandemonio nel Koneko! Il vociare era talmente mescolato che non
si capiva chi stesse davvero comprando qualcosa e chi no; in più di Aya
non c’era traccia: quindi perché diavolo avrebbe dovuto rimanere lì?!
Non era decisamente in vena… Senza smettere di sorridere, Yohji con
molta nonchalance si diresse verso l’uscita a passo fermo, ignorando le
occhiate sognanti delle studentesse
"Vado a comprare le sigarette"
annunciò.
"Che cosa?! Non vorrai sparire di
nuovo?!" scattò Ken, mentre metteva insieme un mazzo di rose
richieste da una ragazza.
"Yohji-kun, potrebbe essere l’occasione
buona per provare a fumare un po’ meno…" ma il biondo interruppe
la frase di Omi con un "Torno subito" e uscì dal Koneko; parte
del marciapiede era occupata da vasi di fiori e piante e lui rimase a
guardarli per qualche secondo, poi proprio quando stava per allontanarsi
notò una chioma rossa inconfondibile.
Finalmente Aya era di ritorno al Koneko!
Camminava perso nei propri pensieri, con il suo passo felino, e lo sguardo
del giovane fu per un attimo attirato dal lungo orecchino dorato che
portava e che sembrava così strano su di lui...
Quasi con sgomento, Yohji si rese conto
che Aya gli era mancato come se fosse stato via per molto tempo, quando in
realtà si trattava solo di un paio d’ore!
Se sono arrivato a perdere il senso del
tempo, vuol dire che ormai sono molto vicino all’ultimo stadio! Pensò,
ma in fondo ne era contento.
Nonostante tutti gli inconvenienti di
una simile situazione, il sentimento che avvertiva crescere dentro di sé
era quanto di più vero e di più forte avesse provato da molto tempo e
questa consapevolezza aveva in sé qualcosa di bello che non si sentiva di
negare.
Nel frattempo, si accorse che Aya aveva
alzato gli occhi e i loro sguardi si incrociarono. Era ancora difficile
cercare di leggere in quegli occhi violetti, provare ad interpretare quell’espressione…be’,
a volte quella mancanza di espressione! Lui non faceva mai trapelare i
suoi sentimenti, si era reso inaccessibile al mondo esterno…
Il ragazzo arrivò proprio di fronte
alla porta d’entrata e lanciò un’occhiata alla folla che si
intravedeva dai vetri, ma tutto sommato ad Aya non dispiaceva stare nel
Koneko…i fiori erano belli e vivaci e lasciavano addosso un profumo
gradevole…e ormai si era abituato alla presenza dei suoi compagni.
"Bentornato! Tutto a posto?"
chiese d’improvviso Yohji.
La prima risposta fu un silenzio
irritato e una luce negli occhi da ‘non sono affari tuoi"!!! Ehm…ecco,
ora il suo volto era espressivo, ma non nel modo che avrebbe voluto il
ragazzo biondo
Eppure…
"Sì" disse Aya, prima di
spingere la porta ed entrare nel Koneko, lasciando l’altro molto
stupito: non era infrequente che Aya non rispondesse se gli sembrava
superfluo farlo…non era neanche detto che fosse davvero tutto a posto,
anzi quasi sicuramente no visto che continuava a percepire una profonda
tristezza dietro quel freddo distacco…ma Yohji decise di considerare la
parola pronunciata dal leader dei Weiss come una piccola conquista
personale…
Voleva andare davvero a comprare le
sigarette, ma decise di aspettare per un attimo fuori dal negozio,
accostandosi, per sentire se…
"SE NON DOVETE COMPRARE DEI FIORI,
USCITE DI QUI!!!".
Yohji sorrise in un modo a metà tra l’affettuoso
e il divertito: era sicuro che Aya avrebbe detto così…
Poi lo vide mettersi il grembiule che
sempre portava quando si occupava dei fiori e delle piante e prendere il
controllo della situazione, come sempre; era bello stargli vicino, anche
se in un modo tutto particolare, vista la sua indole. Tutto sommato, le
sigarette potevano aspettare…
L’esperimento, e di conseguenza gli
affari, stavano andando bene; così pensava Crawford, seduto alla
scrivania del suo studio, intento a scorrere velocemente con gli occhi i
dati che comparivano sul monitor del suo computer. Era sempre stato
velocissimo nella lettura…ed era sempre stato abile negli affari, questa
ne era soltanto l’ennesima conferma.
Stava per spegnere il pc, con un’espressione
di compiacimento negli occhi velati dalle lenti degli occhiali, quando una
voce familiare ed ironica raggiunse la sua mente prima ancora delle sue
orecchie.
<E’ un vero piacere vederti così
soddisfatto, mein führer!>
Alzò il volto e vide subito Schuldig
appoggiato allo stipite della porta, che lo osservava con uno di quei
sorrisi che sembravano prendere in giro chiunque.
"Sono sempre di buon umore, quando
tutto procede come deve" commentò brevemente.
"Se questo è il tuo buon umore…"
replicò il tedesco, passando alle parole concrete e non soltanto mentali;
poi fece qualche passo in avanti, socchiudendo la porta alle sue spalle.
Se sapeva che l’americano era di buon umore lo doveva esclusivamente ai
suoi poteri mentali: esteriormente il suo capo rimaneva il solito, freddo,
uomo d’affari che non lasciava trapelare nulla delle sue vere idee e dei
suoi sentimenti.
Crawford si accigliò: non gradiva
questa ironia da un suo sottoposto…
"E’ successo qualcosa?"
chiese sbrigativamente il leader degli Schwarz; ormai era notte fonda e
lui, dopotutto, si sentiva stanco e voleva riposare, non stare ad
ascoltare le battutine di Schuldig.
"No, ma potrebbe…" replicò
il compagno, scostandosi dal viso una ciocca dei lunghi capelli di quello
strano colore…il colore delle arance…sembravano più i capelli di un
irlandese che quelli di un tedesco, e invece l’irlandese del gruppo era
albino…neanche nei capelli erano normali!!!!!
Sentendo la sua risposta, Crawford si
accigliò ancora di più: detestava gli imprevisti!
Schuldig si spostò vicino ad una delle
ampie finestre della stanza, voltandosi appena per osservare il cielo
scuro.
"Hai avuto premonizioni, di
recente?" chiese con leggerezza, come se l’argomento non fosse
importante.
L’altro scosse lentamente il capo:
"No" e rimase in attesa di una spiegazione.
"Loro si sono riuniti di nuovo, lo
sai…scommetto che prima o poi ai Weiss verrà presentato questo caso, ha
tutti i requisiti per entrare nel mirino di Kritiker: sono talmente
prevedibili!" disse, in tono un po’ sprezzante.
Crawford osservò bene il sorriso
canzonatorio di Schuldig, il suo sguardo vivace, e si ritrovò a sorridere
a sua volta, anche se con un’espressione fredda: "In realtà tu speri
di avere di nuovo a che fare con i Weiss!!" dichiarò. Conosceva
abbastanza il suo sottoposto da sapere che era così.
Schuldig neanche provò a negare, anzi,
i suoi occhi brillarono divertiti: "E’ stato tutto molto noioso,
dopo la morte di Takatori, non trovi anche tu, yankee?".
"Non ti permettere di chiamarmi
così" lo ammonì il compagno, gelidamente. Il tedesco sembrò non
dar peso al tono autoritario del suo leader e del resto sapeva quando
doveva frenare le sue provocazioni e fin dove potesse spingersi.
"Certo, la tua società ha fatto un
sacco di soldi e lavorare per Estet è più riposante, ma anche
terribilmente noioso, appunto!".
"E, visto che sei annoiato, stasera
hai voglia di chiacchierare!" disse, sferzante, l’americano, che
non amava molto la loquacità.
Schuldig rise, poi riprese:
"Sarebbe molto divertente scontrarsi di nuovo con i Weiss, lo pensi
anche tu e non puoi negarlo. Per lo meno…non con me!" concluse
maliziosamente, il suo divertimento accresciuto dall’irrigidirsi del suo
leader.
"Non voglio che tu legga nella mia
mente senza il mio consenso!" lo riprese Crawford, seccamente. Aveva
perso il conto delle volte che aveva dovuto dirglielo...era come parlare
al vento...
"Mein führer, sai che non ho
controllo sul mio potere…- lo provocò l’altro con un tono falsamente
contrito-…ma lo sfrutterò bene nei prossimi giorni…" in
particolare per sondare i pensieri dell’unica mente che lo intrigasse e
affascinasse veramente, si ripromise; tornò ad osservare il paesaggio
notturno e il suo volto sembrò rilassarsi in un ricordo piacevole.
Crawford spense il computer e si alzò,
facendo capire all’altro Schwarz che la conversazione stava volgendo al
termine.
"Ti vedo pieno di iniziativa"
disse, più per dire qualcosa di conclusivo che per altro; non si
aspettava di vedere Schuldig annuire, sempre con quello sguardo un po’
strano, quasi velato.
Sembrava che stesse cercando di
concentrasi per scandagliare la mente di qualcuno lontano, ma l’americano
sapeva che non era così.
"Vorrei che accadesse qualcosa di
interessante…interessante per uno Schwarz, ovviamente! Come nei giorni
in cui Takatori aveva conquistato il potere".
Li ricordava bene, soprattutto ricordava
le strade presidiate dalla polizia e dai militari, il coprifuoco…
Crawford inarcò un sopracciglio:
"Interessante?".
"Sì…sembrava una guerra…"
disse Schuldig, alzando un angolo della bocca in un sorriso poco
rassicurante.
Il compagno gli lanciò un’occhiata,
poi si avviò verso la porta senza aggiungere altro, fermandosi solo per
far capire al suo sottoposto che era tempo che uscisse anche lui: mai e
poi mai Brad Crawford avrebbe lasciato qualcuno nel suo studio privato in
sua assenza.
<Vedi di muoverti, invece che stare a
fantasticare sulle guerre!> gli disse bruscamente, lasciando che
leggesse il suo pensiero.
Una risata, poi un: "Jawohl!"
abbastanza irritante.
Ma ottenne comunque lo scopo; una volta
chiusa la porta, i due membri degli Schwarz fecero per dirigersi verso le
rispettive camere da letto.
La villa era buia.
Solo un filo di luce filtrava dalla
stanza di Nagi, che di sicuro avrebbe passato buona parte della notte al
computer; quanto a Farfarello, quella sera era in punizione…
<Vedrai, Crawford…molto presto le
cose saranno più interessanti…>.
Fu l’ultima cosa che disse al suo
leader, prima di ricevere un’occhiata scettica; poi si diresse diritto
nella sua stanza, si chiuse dentro e, proprio come aveva fatto nello
studio di Crawford, si accostò alla finestra.
Guardava un punto lontano, cercando con
gli occhi una casa che non poteva assolutamente individuare nel vastissimo
panorama della Tokyo notturna, ma non era importante: l’avrebbe vista
presto e spesso quella casa, avrebbe visto quel negozio, per tenerlo d’occhio
e sondare la sua mente…
Per un attimo fu tentato di concentrarsi
intensamente, in modo da riuscire ad insinuarsi nei suoi sogni, ma poi
decise di rimandare: l’aiuto che stava dando al nuovo affare in cui si
era impegnato Crawford era un po’ stancante anche per un potere così
forte e ‘naturale’ come il suo.
E lui era qualcuno a cui
dedicarsi con attenzione totale, con un’attenzione che non aveva mai
riservato a nessuno prima d’ora…
Mein Kätzchen…pensò,
prima di tirare la tenda a velare la finestra, per poi andarsi a sdraiare
sul letto, con gli occhi fissi al soffitto…
Il giovane non la gradiva molto, ma a
quanto pareva i suoi tre compagni di lavoro apprezzavano quel simbolismo,
visto che non se ne lamentavano mai. Anche questa volta la sua lamentela
non ebbe risposta.
Rassegnato a rimanere inascoltato a
riguardo, Yohji si concentrò sulle immagini terribili di cadaveri che
scorrevano sotto i loro occhi e sulle notizie che stava fornendo loro
Birman.
"Le vittime appartenevano tutte al
mondo della finanza, così come i loro uccisori…anzi, abbiamo facilmente
scoperto che lavoravano nelle stesse aziende, anche se con incarichi di
diversa importanza. Finora i morti sono quattro…la polizia ha arrestato
i colpevoli, ma li ha trovati in uno stato di confusione mentale assoluta,
tanto da non essere quasi in grado di rispondere alle domande…l’unica
cosa che ripetevano chiaramente era che si sentivano meglio, come liberati…".
"Non sarà una banale questione di
liti e gelosie lavorative?" la interruppe Ken, stupito che non
avessero pensato subito a questa soluzione.
"Scusa, ma che bisogno ci sarebbe
di infierire così su un’altra persona solo per beghe di lavoro?"
gli fece notare il biondo, mentre Omi faceva una smorfia osservando le
foto e Aya rimaneva impassibile come sempre.
L’ex-investigatore privato aveva
ragione: i colpi sferrati sulle vittime dovevano essere stati
violentissimi, mossi da una sete di dominio, di potere e di annullamento
dell’altro difficilmente spiegabili dalla rivalità che pure sempre si
crea sul luogo di lavoro.
Non era difficile notarlo: loro ne
avevano visti così tanti di cadaveri…
"Inoltre le uccisioni sono avvenute
in tempi stranamente ravvicinati per essere casuali…- disse con calma
Birman, appoggiando una mano allo schienale del divano-…e, infine, i
nostri agenti non hanno impiegato molto a scoprire che anche i colpevoli
si conoscevano fra loro: frequentavano tutti un corso…uno strano corso
che prevedeva delle sedute; abbiamo anche recuperato da un giornale una
piccola inserzione che lo pubblicizzava. Questo è quanto sappiamo finora.
Dunque?" chiese, rimanendo in attesa di una risposta.
"Accettiamo il caso" Aya
parlò per la prima volta da quando erano scesi nello studio sotterraneo,
poi prese i fogli con le informazioni e il ritaglio dell’inserzione che
la donna gli stava porgendo, iniziando subito a studiarli.
Gli altri tre membri dei Weiss si
lanciarono rapide occhiate, rassegnati ormai al fatto che non venisse mai
chiesto il loro parere.
"Bene, allora!- sorrise Birman; in
un certo senso era più tranquilla di Manx, era più rilassante avere a
che fare con lei- Appena i nostri agenti ci forniranno altre indicazioni
utili, ve le farò avere…buonanotte, cacciatori delle tenebre!".
Per qualche secondo si sentirono i passi
della donna sulla scaletta a chiocciola, poi i Weiss rimasero soli, nella
stanza in penombra e illuminata fiocamente solo dalla luce azzurrina e un
po’ alienante dello schermo adesso vuoto e silenzioso.
Yohji guardò i suoi compagni, in
particolare uno: era davvero ricominciato tutto!
Non era stato un periodo facile, per
loro: prima c’era stata la scoperta che Omi era in realtà Mamoru
Takatori…per diversi giorni Aya lo aveva guardato con odio e diffidenza,
come se fosse un corpo estraneo al loro gruppo, come se volesse sfogare
anche contro di lui il rancore che provava verso tutti i Takatori…aveva
addirittura rivelato il motivo del suo odio totale: per colpa di Reiji
Takatori la sua famiglia era stata sterminata e sua sorella, Aya Fujimiya,
era in coma da due anni…
Yohji, ripensandoci, si accigliò: non
aveva provato nessuna soddisfazione nel veder confermato il suo sospetto
che il nome mormorato nel sonno dal ragazzo, tanti mesi prima, fosse
davvero quello della sorella…non poteva fare a meno di pensare a quanta
sofferenza potesse esserci dietro quello sguardo insondabile…
Poi, le cose fra loro erano tornate a
posto: sembravano essere entrati tutti nell’ottica di idee che Omi era
prima di tutto un Weiss…e poi era morto Persia e infine Aya era riuscito
ad uccidere Reiji Takatori, ritagliandosi almeno il sollievo di aver
vendicato la sua famiglia e sua sorella…
Per qualche tempo si erano sciolti.
Ed erano state delle settimane vuote,
tutto sommato, almeno le sue: aveva trascorso quei giorni frequentando
ragazze in modo abbastanza superficiale, cercando di reinserirsi nel mondo
dell’investigazione privata, ma senza mai provare un vero entusiasmo,
nemmeno per la libertà riconquistata…
Fino a quel momento: quando era stato
attaccato di sorpresa, senza motivo, secondo lui, e aveva compreso che i
guai non erano ancora finiti e che loro dovevano essere di nuovo nel
mirino dei loro vecchi nemici…
Senza pensarci, istintivamente, era
tornato al Koneko, rimasto chiuso da quando le loro strade si erano
separate, ed era sceso nello studio sotterraneo; lo percepiva come un
rifugio, come l’unico luogo in cui potesse andare…e aveva scoperto di
non essere stato l’unico a pensarla così…
Vi aveva trovato Aya.
Il ragazzo era da solo, in piedi,
appoggiato con la schiena contro la parete, con il volto chino e le folte
ciocche rosse che gli coprivano gli occhi violetti; quando alzò il viso e
i loro sguardi si incrociarono, Yohji si rese conto di quanto gli fosse
mancato…
E dire che era stato quasi contento del
loro separarsi, dello scioglimento dei Weiss!!! L’attrazione che provava
era sempre più forte, stava diventando difficile controllarla,
soprattutto per qualcuno come lui, abituato al contatto fisico...e stava
diventando più forte anche il suo sentimento e con esso la paura di
sbagliare…
Era una situazione nuova per lui, che
non credeva di saper gestire facilmente e questo lo innervosiva; allora,
meglio non vederlo piuttosto che prolungare quella tortura!!! Talvolta era
stato tentato di parlargli, di provare ad avvicinarsi ed entrare più in
confidenza con lui, ma poi aveva guardato quegli occhi freddi e lontani e
aveva rimandato…erano occhi che non davano una seconda opportunità, se
avesse detto la frase sbagliata o fatto la mossa sbagliata avrebbe perso
ogni possibilità con lui…
Un atteggiamento da vigliacco che ora si
rimproverava…certo, probabilmente sarebbe stato quanto di più difficile
intrapreso nella sua vita, ma guardando Aya sentiva che ne valeva la pena.
Il destino li metteva di nuovo uno di fronte all’altro! E per quanto
Yohji Kudoh non credesse nel destino, quello era inequivocabilmente un
segno…
Quando si erano rivisti, Aya non si era
mosso, era rimasto fermo contro il muro; era stato lui a fare qualche
passo in avanti.
"Ciao, Aya…tutto a posto?".
Il compagno non aveva risposto, aveva
fatto solo un lievissimo cenno con il capo che il biondo interpretò come
una specie di saluto.
"Non credo sia un caso il nostro
incontro…io sono stato attaccato. Anche tu?" aveva insistito.
Era stata un’affermazione il modo in
cui aveva mosso la testa? Probabilmente…
"Allora credo che tra poco vedremo
arrivare anche gli altri…- il più tardi possibile aveva sperato-…tu
che hai fatto in tutto questo tempo che non ci siamo visti?" aveva
chiesto, improvvisamente curioso.
Chissà dove era stato, se aveva parlato
con qualcuno, se aveva trovato un lavoro normale…non riusciva da
immaginarlo fuori dal Koneko o senza una katana fra le mani…non gli
piaceva pensare di aver perso tanti giorni della sua vita…Ma si era
subito accorto che Aya non aveva intenzione di rispondere: probabilmente
le riteneva domande troppo personali, stava rischiando di essere
considerato invadente…
Abyssinian lo scrutava in silenzio, e la
sua immobilità gli permetteva di ammirare ancora di più la sua bellezza
perfetta…le ciocche rosse, l’orecchino che si intravedeva fra i
capelli più lunghi che gli incorniciavano il viso, il viso ovale e
pallido…
"Io avevo pensato di ributtarmi
nell’avvincente mondo dell’investigazione privata, volevo riprendere i
vecchi contatti che avevo nel giro prima di entrare nei Weiss" Yohji
aveva deciso di cambiare tattica, spostando la conversazione su di sé.
Era anche stato premiato: Aya lo stava
ascoltando, lo sapeva!!! Se ne accorgeva dallo sguardo vigile e attento…questo
era quel tipo di segno che un sicario doveva saper riconoscere…
"Mi hanno fermato prima che potessi
mettere insieme qualcosa per cominciare una vita un po’ più normale…anzi,
per tornare a quella di prima…".
Stava per chiedergli nuovamente cosa
avesse fatto, quando aveva avvertito in modo distinto un rumore
proveniente dal piano superiore…se ne era accorto anche Aya, il suo bel
viso si era alzato di scatto per guardare la stretta scala chiocciola che
portava nella base sotterranea.
Uno dei loro compagni…o un nemico?
Poteva essere chiunque, a quel punto… Con un cenno d’intesa, Yohji
spense la luce, in modo da poter cogliere di sorpresa il nuovo arrivato, e
poi i due rimasero immobili.
I passi erano sempre più vicini…ecco
il rumore della porta che si apriva e poi il suono secco dell’interruttore
e…
"KEN!!!!" era sbottato il
biondo ex-investigatore privato, con malcelata esasperazione. Non aveva
appena sperato che gli altri si facessero vivi il più tardi possibile?!
Il ragazzo bruno spostava lo sguardo da
Aya a Yohji senza capire il perché di quella reazione e chiedendo subito:
"Hanno attaccato anche voi?".
Aya non aveva risposto e non si era
mosso di fronte a questa conferma che poteva considerarsi terminato il
loro periodo di relativa calma; Yohji invece non era tanto colpito da
questo, quanto seccato per l’intempestivo arrivo di Ken…erano sempre
state così poche le occasioni che aveva avuto per stare da solo con Aya…
"Il tuo tempismo migliora…"
aveva detto con noncuranza, lasciandosi cadere sul divano.
Ma l’altro non aveva dato segno di
cogliere il tono sottilmente ironico del compagno e quindi il discorso era
caduto nel vuoto.
Yohji aveva soffocato un sospiro: con
Ken nella stanza era impensabile una qualsiasi tentativo di conversazione
personale tra lui e Aya…
Così si era limitato a guardare l’orologio
e a chiedere a voce alta: "Chissà fra quanto arriverà Omi?"…
…Era così che i Weiss erano tornati
insieme e da quel giorno non è che il suo rapporto con Aya avesse fatto
dei passi avanti, doveva ammetterlo.
Ed era frustrante.
"Allora, come ci organizziamo per
questa missione?" chiese Ken.
Forse proprio perché i suoi pensieri si
erano appena fermati sul ricordo di quel suo arrivo intempestivo, qualche
tempo prima, Yohji guardò male il compagno: "Come abbiamo sempre
fatto".
"Omi, tu cercherai tutte le
informazioni su questi corsi e queste sedute. Devono essere pronte per
domattina, così potremo organizzarci" disse Aya, freddamente, e a
Yohji si chiuse lo stomaco: non sopportava più di vederlo così distante
e impersonale…
Il ragazzo dagli occhi violetti passò i
fogli che aveva lasciato loro Birman al più giovane dei Weiss e poi prese
a salire le scale, considerando chiuso il discorso per quella sera.
Yohji dovette trattenersi dal seguirlo e
dal cercare di intavolare una conversazione. Non era il momento, non a
quell’ora…
Non gli era sfuggito che, nelle notti in
cui non erano in missione, Aya preferisse restare nel suo appartamento, in
compagnia di un libro e di una tazza di tè… Stancamente, il biondo si
alzò e iniziò a salire le scale, senza neanche fare finta di voler dare
una mano ai compagni.
Omi sedette subito al suo computer,
scorrendo con gli occhi le informazioni procurate dai Kritiker e digitando
velocemente sulla tastiera; non si sentiva particolarmente riposato, ma
sapeva che non poteva perdere tempo.
Dopo pochi secondi, percepì Ken che si
appoggiava con la schiena alla parete, accanto a lui e che gli chiedeva:
"Posso aiutarti?".
Yohji appoggiò sul comodino vicino al
letto i suoi occhiali da sole e si avvicinò alla finestra; guardando
fuori, vedeva bene le luci della città, le insegne dei locali, anche
lontani, e tutto un mondo notturno di cui aveva fatto parte e che ora
avvertiva distante.
La verità era che ce l’aveva prima di
tutto con se stesso.
Ricordava bene quello che aveva pensato
mesi prima, seduto al tavolo di un bar con vista sul mare e con lo sguardo
perso nella linea dell’orizzonte: che si stava soltanto lasciando
vivere, che, quando non ‘lavorava’, sprecava le sue giornate seduto ai
bar, senza costrutto, alimentando la sua indolenza.
Gli era quasi parso di sentirla, la voce
di Asuka che gli muoveva quel rimprovero sensato.
Allora, quelle parole lo avevano scosso
ma non era comunque riuscito a dare la vera svolta decisiva alla sua vita,
che non riguardava ovviamente il lavoro, ma Aya; con rabbia, prese il
pacchetto di sigarette e ne accese una, inspirando profondamente.
Era giunto il momento di cambiare.
E non ne aveva bisogno lui solo, in
qualche modo avvertiva sulla pelle che anche Aya aveva bisogno di un
cambiamento.
Forse, questa nuova missione…
Sorrise: dopotutto, aveva imparato a
credere nel destino…
Aya si distese sul letto, fissando il
soffitto e pensando a ciò che lo avrebbe aspettato l’indomani.
Intanto sarebbe dovuto uscire
prestissimo, prima dell’apertura del negozio, per poter ugualmente
andare a trovare sua sorella…erano anche arrivati quei fiori bellissimi…gliene
avrebbe portati un po’; poi, si sarebbero concentrati sulle informazioni
che sicuramente Omi avrebbe recuperato.
Gli occhi violetti si velarono, mentre
fissava un punto indefinito della sua stanza: era davvero ricominciato
tutto…anche il pericolo per sua sorella, sarebbero potuti arrivare a lei…e
così, alla snervante attesa per il suo risveglio, ora si era aggiunto
anche questo…
C’era una sola cosa positiva in tutta
quella situazione, anche se detestava il doverlo ammettere: non gli
dispiaceva quell’aver avuto ricomposto il loro gruppo, anche se non
erano stati loro a volerlo…le giornate successive alla morte di Reiji
Takatori e di Persia erano state terribilmente solitarie: aveva lavorato
in quel cantiere, certo, ed era andato tutti i giorni da Aya-chan…routine,
di continuo. Non avrebbe dovuto avere problemi ad abituarsi, era successo
ben di peggio nella sua vita e lui si era dovuto abituare a situazioni ben
più spiacevoli…si era dovuto abituare a mascherare il dolore, ad
esempio, a soffocare qualsiasi emozione e sentimento, a tenere a distanza
il resto del mondo.
Eppure, quando poi tornava a casa dalle
visite in ospedale, aveva come dei flash, rapidissimi ma pungenti,
qualcosa che gli faceva pensare al Koneko…l’espressione bonaria di
Momoe, il gatto che ronfava sulle ginocchia dell’anziana signora…le
tazze colorate lasciate sul tavolo, quelle che porgeva loro Omi, colme di
bevande calde o fredde a seconda della stagione…il chiacchiericcio con
cui Ken commentava i risultati delle partite di calcio o gli altri
avvenimenti sportivi…le battute di Yohji, ironiche, leggere e fatte per
alleggerire qualsiasi situazione e i suoi occhi divertiti e amichevolmente
canzonatori mentre prendeva in giro i due compagni più giovani, come
faceva spesso e volentieri…
Non che Aya passasse ore a pensare al
Koneko e ai suoi ex-colleghi, ma capitava che ci fossero velocissimi
ricordi e fitte altrettanto rapide di malinconia, anche se si sarebbe
fatto imbavagliare a vita pur di non ammetterlo.
Ora era tutto come prima.
E lui ne era contento nel profondo e la
cosa lo faceva infuriare: perché non poteva rischiare di affezionarsi di
nuovo a qualcuno, non di nuovo, non poteva essere così stupido!!! Non ad
altri assassini come lui, che rischiavano anche loro la vita ad ogni
missione…
Perché non c’è niente di più brutto
che vivere in un mondo in cui non ci sono più le persone a cui si è
voluto bene…
E il rischio per lui, per i Weiss, era
davvero alto.
E la cosa davvero irritante era che per
quanto si infuriasse con se stesso, pur mostrando esteriormente il suo
distacco come aveva imparato a fare, non riusciva a fare altrettanto
internamente e tornare alla freddezza con cui guardava ai compagni quando
li aveva conosciuti.
E poi…
Il pensiero più spiacevole di tutti.
Erano soltanto degli assassini: che
diritto avevano, loro, di essersi ritagliati il loro piccolo mondo in quel
negozio, fra i fiori e il loro profumo, le battute di Yohji e le risate di
Omi e Ken?
Era vero, lui non faceva mai battute e
non rideva, capitava che talvolta sorridesse, ma di rado…ma osservava
gli altri tre Weiss…
In realtà, non dovevano averne
realmente diritto.
Si portò le mani davanti agli occhi e
rimase a fissarle per lungo tempo, prima di addormentarsi.
La mattina seguente erano in due a
sbadigliare per il sonno.
Ovviamente Omi, che aveva trascorso
buona parte della notte a cercare informazioni in rete e poi aveva
iniziato a studiare il materiale stampato, ma anche Ken aveva segni scuri
sotto gli occhi e l’aria di chi avrebbe voluto dormire dieci ore di
fila.
Yohji sedette al tavolo per la colazione
stiracchiandosi e meritandosi per questo un’occhiataccia dall’ex-calciatore;
in realtà anche il giovane aveva dormito poco, era rimasto sveglio a
lungo, con i pensieri che si susseguivano rapidi e diversi ma sempre
intorno ad una sola persona…
Una persona che non vedeva con loro.
"Aya?" chiese semplicemente.
Omi sorrise stancamente, porgendogli una
tazza colma di caffè americano: "E’ uscito prestissimo, è andato
da sua sorella, ma dovrebbe tornare a momenti".
Quasi che anche il più giovane del
gruppo avesse premonizioni sul futuro, in quel momento la porta si aprì
ed entrò Aya, con il volto serio e concentrato.
"Come sta tua sorella?" gli
chiese subito Omi, mentre il gattino rosso si accingeva a prepararsi il
tè, versando nella sua tazza l’acqua bollente che Omi gli aveva fatto
trovare già pronta.
"Come al solito" fu la
semplice risposta del ragazzo.
Poi Aya sedette al tavolo come i suoi
compagni e guardò i fogli che erano poggiati sulla superficie scura del
mobile.
"Allora?" domandò, prima di
iniziare a sorseggiare il tè.
"Siamo rimasti in piedi fino all’alba,
praticamente…" borbottò Ken, stiracchiandosi.
"Questo è l’indirizzo del
palazzo dove si tiene il corso, Aya…abbiamo scoperto molte cose
interessanti – cominciò a spiegare il più giovane dei Weiss-
soprattutto sul genere di corsi…Dunque, sono stati organizzati da un
americano…" e qui il ragazzo fece una pausa vedendo il lampo che
era passato negli occhi degli altri tre Weiss.
Per Yohji poteva anche essere un po’
il richiamo del sangue in parte americano che gli scorreva nelle vene, ma
comunque per tutti c’era la consapevolezza che avevano già avuto a che
fare con un americano che si intendeva di finanza e che ogni volta questo
aveva significato problemi e sangue…
Brad Crawford.
E Brad Crawford significava Schwarz.
"Non possiamo esserne sicuri"
azzardò Ken, intuendo i pensieri dei suoi compagni.
"Ma quasi sicuri sì…"
lo corresse Yohji, facendo per accendersi una sigaretta.
"Non mentre stiamo facendo
colazione!".
La voce di Aya, giunta inaspettata, lo
bloccò proprio mentre stava prendendo l’accendino; per qualche secondo
Yohji fu indeciso sul comportamento da tenere…dopotutto, quando era Omi
a lamentarsi del fumo e delle sue sigarette, in genere non faceva una
piega e continuava allegramente a fumare, ma con Aya non ce la faceva a
comportarsi così.
E non perché fosse interessato a ‘tenerselo
buono’, secondo una brutta e svilente espressione, ma semplicemente
perché voleva vederlo rilassato, voleva che stesse bene e, se per dargli
qualche momento relativamente tranquillo durante la colazione, doveva
rinunciare ad una sigaretta…be’, lo avrebbe fatto!
Sorridendogli, posò pacchetto e
accendino accanto a sé e si limitò a dire: "Ok", per poi
riportare l’attenzione sul discorso che avevano iniziato.
"Dicevi che è un americano…"
si rivolse ad Omi.
"Sì, si chiama Hal Emerick…il
suo corso viene pubblicizzato come una sorta di training autogeno
rivoluzionario e penso sia per questo che abbia attirato soprattutto molti
dipendenti di aziende".
Gli altri capirono bene a cosa si
riferisse Omi.
Gli anni dorati del boom economico delle
‘tigri asiatiche’ erano un lontano ricordo per il Giappone, che aveva
imboccato una strada stagnante e pericolosa; molte aziende erano state
coinvolte in scandali di bancarotta non dichiarata, e non si contavano
più i licenziamenti che avevano portato la disoccupazione a livelli mai
raggiunti in precedenza.
I Weiss sapevano che il loro non era un
paese indulgente da un punto di vista sociale…chi era stato licenziato
difficilmente poteva sperare di trovare un nuovo impiego e spesso il suo
orgoglio ferito gli impediva perfino di fare domanda per i sussidi
statali.
Non meravigliava nessuno di loro,
dunque, che un corso simile avesse fatto presa proprio su persone
impiegate nel settore economico: bisognava essere forti e grintosi e fare
di tutto per conservare il proprio posto con le unghie e con i denti, a
dispetto delle rivalità interne e degli avvenimenti del mercato
finanziario.
Questo americano affermava di saper far
crescere la propria autostima? Be’, molti di loro dovevano aver vinto la
diffidenza nei confronti di un gaijin e avevano deciso di giocare anche
quella carta!
"E poi…ho controllato anche cosa
sia successo alle aziende che avevano visto la morte del loro direttore…perché
i morti erano tutti direttori, lo avevate notato? Comunque, sono state
rilevate da un’altra grossa società, su cui però ho avuto difficoltà
ad indagare" concluse Omi.
"Ci penseremo stanotte"
commentò Aya, riepilogando mentalmente tutte le notizie ricevute.
"Bene!- esclamò Yohji- Mi sembra
che l’unica cosa sensata da fare sia trovarci una nuova identità e
presentarci in incognito a questo corso, per sentire di persona cosa in
effetti abbia da insegnare questo tal Emerick…".
"Qui dice che ogni lunedì inizia
un nuovo ciclo di sedute…" borbottò Ken, non molto entusiasta all’idea.
Il corso, quindi, era iniziato solo il
giorno prima…forse, presentandosi subito non avrebbero dovuto aspettare
il turno successivo.
"Andrò io" disse Aya a bassa
voce.
"E anche io. Basteremo noi
due!" si affrettò a dire Yohji, troppo felice di vedere che le cose
filavano come aveva previsto! Era dalla sera prima che sperava di poter
lavorare in incognito con il suo gattino rosso!
Ok, ok, era una missione, però…sarebbero
stati loro due da soli, avrebbero avuto del tempo da passare insieme...
Aya non commentò in nessun modo, né
positivo né negativo, l’affermazione del biondo, mentre Ken e Omi si
guardarono l’un l’altro stupiti.
Mr. Iceberg e Mr.
Prendiamo-la-vita-con-filosofia ad un corso per far aumentare autostima e
sicurezza?
Non sembrava il piano migliore del
mondo, i loro compagni avrebbero potuto essere smascherati…oddio, non
che un gruppo di assassini avesse chissà quale autostima, tuttavia…
"Ehm…forse potrei andare io…"
tentò Ken, ma l’occhiata di Yohji quasi lo incenerì.
"Sicuramente saresti più adatto tu…-
lo prese in giro il biondo, anche se l’altro non se ne accorse- …ma tu
non sei un grande attore, Ken, lasciatelo dire! Chi organizza questi corsi
ha senz’altro molta intuizione psicologica nei confronti delle altre
persone, anche se probabilmente la usa male: secondo me ti scoprirebbe
subito!".
L’altro ragazzo si inalberò a questo
punto: "Ah, sì?! Allora tu vedi di cambiarti prima di uscire! Con
questa tua maglietta che ti lascia lo stomaco scoperto e la tua aria da
gran seduttore sembri la personificazione della persona sicura di sé! Sei
così sicuro che non sarai scoperto tu, piuttosto?!".
"Io sono anche un grande
attore" sorrise sornione Yohji, facendo ridere Omi e chiudendo la
questione, visto che era visibile a tutti che Ken non poteva dire
altrettanto.
"Dovremo presentare un
curriculum?" chiese poi il biondo, rivolto ad Aya, ma il ragazzo
scosse il capo: "In questi posti non fanno mai troppe domande su chi
sei…specie se hanno loro qualcosa da nascondere".
"In ogni caso vi preparerò una
nuova identità da usare per questa missione, non si sa mai" aggiunse
Omi, che si allontanò subito per raggiungere il suo computer e fornire il
prima possibile i suoi amici di nome e cognome da copertura.
"Non fare tardi con la scuola"
disse Aya, a bassa voce.
Omi sorrise, mentre scendeva la scale a
chiocciola: Aya era l’unico che ogni tanto gli chiedesse della scuola…il
suo sorriso divenne più triste quando pensò che, dopotutto, prima dell’intervento
della sua famiglia, Abyssinian era stato un fratello maggiore e che
avrebbe voluto esserlo ancora, se solo Aya-chan si fosse risvegliata, e
che probabilmente anche allora chiedeva a sua sorella come andassero le
cose a scuola…
"Forse converrà davvero
cambiarci" disse Yohji, nel frattempo, alzandosi dalla sedia. Gli
altri fecero lo stesso.
"Insomma, Omi tra poco andrà a
scuola, voi state per uscire, quindi dovrò badare da solo al
negozio!" osservò Ken.
"Non da solo! Ci sarà Momoe"
scherzò il più anziano dei Weiss.
"Evviva…".
Yohji e Aya si cambiarono davvero.
Sapevano che le persone più esperte
nella psicologia umana posso intuire molto sul carattere anche soltanto
dall’abbigliamento e sarebbe stato davvero stupido scivolare proprio su
un simile particolare…
Yohji fissava sconsolato il suo armadio,
notando come tutto ovviamente rispecchiasse la sua personalità e la vita
che aveva condotto fino a quel momento; alla fine, optò per una semplice
maglia grigio scuro di Armani da indossare sui pantaloni chiari: dopotutto
non voleva sembrare un fallito, ma soltanto un giovane uomo che voleva
tenersi stretto un posto di lavoro che rendeva bene…sì, aveva un senso…
Aya si vestì di scuro invece, con jeans
e maglietta neri, senza impiegare troppo tempo nella decisione.
Il compagno, quando si ritrovarono nel
negozio che aveva la saracinesca ancora chiusa, apprezzò molto la scelta:
il nero metteva in risalto la pelle bianchissima del suo gattino rosso e
modellava così bene il suo corpo…
Il corpo di Aya lo affascinava: sebbene
sapesse che il compagno si fosse allenato moltissimo nell’uso della
katana, i suoi muscoli si erano sviluppati armoniosamente, il suo aspetto
era delicato e fine e suscitava in lui uno strano istinto di protezione.
Proprio mentre stavano per guardare l’orologio,
arrivò Omi, trafelato ed in ritardo con la scuola, che porse loro dei
fogli dicendo "Non si sa mai!" per poi uscire rapidamente dalla
porta sul retro.
Erano due brevi curricula e due carte di
identità con i loro nomi falsi: Hari Sakamoto per Aya e Kei Matsudaira
per Yohji; probabilmente sarebbero risultati inutili, visto che, come
detto, in certi casi non si fanno mai troppe domande sull’identità di
chi ci sta di fronte, ma appunto non si poteva sapere…
I due Weiss si fissarono quei nomi nella
testa, poi il biondo si rivolse sorridendo al ragazzo più giovane.
"Andiamo?".
Aya annuì e pochi istanti dopo erano
ognuno nella sua macchina.
Avevano letto l’indirizzo ovviamente e
il posto non era troppo distante, quindi lo raggiunsero in breve tempo;
parcheggiarono vicino all’alto palazzo sede di questi incontri.
Yohji guardò l’orologio, poi disse
con un tono il più possibile casuale: "Senti, è ancora presto…perché
non andiamo a bere qualcosa, prima di entrare nella tana dei leoni?".
Sembrava sempre il solito Yohji Kudoh,
un po’ indolente e pronto a notare qualsiasi locale-bar nel raggio di un
chilometro, ma in realtà il cuore gli stava battendo più rapidamente del
solito e l’udito era pronto a percepire ogni più piccola risposta
soffiata dal compagno.
Aveva un po’ giocato d’azzardo;
nonostante lavorassero insieme e vivessero praticamente insieme ormai da
due anni, lui e Aya non erano mai usciti insieme per svagarsi o per
mangiare fuori o anche solo per passeggiare…quando non erano in missione
e avevano quindi la prospettiva di una notte tranquilla, Aya si chiudeva
nel suo appartamento e non lo si vedeva più fino alla mattina successiva…
Il ragazzo dagli occhi viola guardò il
compagno più grande leggermente stupito: come mai Kudoh se ne usciva con
quella proposta?
Che non era niente di speciale, a
pensarci bene, per una persona normale, ma lui non era più Ran Fujimiya
da molto tempo e non era più una persona normale…aveva dimenticato il
sapore di certi svaghi…
Aya scosse il capo, facendo ondeggiare
le morbide ciocche rosse che gli incorniciavano il viso e l’orecchino:
"No, siamo in missione. Dobbiamo entrare subito nel palazzo e
chiedere di poter avere un colloquio con questo Emerick prima dell’inizio
del corso".
Un altro, forse, avrebbe potuto
deprimersi, ma non Yohji.
Ossia, un pizzico di delusione c’era
ovviamente, ma la sua mente registrò due particolari: il primo, che Aya
non aveva reagito poi malissimo…il secondo, che il ghiaccio forse si
stava incrinando.
Aveva notato, infatti, il lampo di
sorpresa che aveva illuminato i bellissimi occhi di Abyssinian; e
probabilmente era anche di questo che aveva bisogno quel ragazzo, di
sorpresa, di calore…forse era stato fatto il piccolo, primo passo
perché la loro …amicizia? No, non erano amici nel senso più stretto
del termine…conoscenza? Ecco, più appropriato…ma neanche, no…lui
amava Aya!!! Insomma, perché il loro rapporto, comunque lo si volesse
chiamare, cominciasse a cambiare.
"Che ne dici di far finta di essere
colleghi? Magari colleghi che stanno lavorando ad uno stesso progetto…così
nessuno si stupirà vedendoci parlare, se avremo qualcosa da dirci"
propose Yohji.
La sua idea lasciò stupito Aya per la
seconda volta in pochi minuti: da quando il pigro ed indolente Yohji Kudoh
era così ingegnoso?! Era strano…ma aveva comunque ragione, così il
leader dei Weiss annuì, non senza lanciare un’occhiata curiosa al
compagno. Occhiata che fu notata e che face aumentare il battito del cuore
del biondo.
Per un istante leggerissimo come una
piuma corse una strana tensione fra loro e si creò una nuova atmosfera
grazie ad un rapido gioco di sguardi, che nelle intenzioni di Aya doveva
essere semplicemente un accordo, un assenso ad iniziare la missione, ma
che non rimase tale...era un modo diverso di guardarsi, anche solo per un
attimo, qualcosa di imprevisto e neanche voluto che lasciò meravigliato
il gattino rosso…
Yohji se ne accorse ed esultò
silenziosamente: erano mesi che guardava Aya in modo diverso, non da
semplice collega, ed era la prima volta che questo suo sguardo trovava una
piccolissima corrispondenza!!!
Aya si voltò bruscamente verso la
grande porta di vetro del palazzo, per spezzare quella tensione che lo
turbava.
"Andiamo" disse, con voce
incolore.
"Quando vuoi…" sorrise Yohji,
seguendolo.
Era strano: il biondo non era una
persona paziente e al tempo stesso lo era…non gli piaceva dover
aspettare troppo quando desiderava qualcosa, ma in questo caso sapeva che
sarebbe riuscito a pazientare.
Forse è così…forse, quando ci
innamoriamo finalmente della persona giusta, allora ci comportiamo
istintivamente nel modo giusto…
Fu il suo pensiero prima di entrare nell’alto
palazzo dove li attendevano le lezioni di Hal Emerick.
>><<
Accigliarsi di prima mattina non era una
delle attività preferite di Brad Crawford, ma non era neanche infrequente
considerando i suoi compagni di lavoro e coinquilini.
Quando entrò nel salotto per consumare
la prima colazione, rigorosamente americana, la prima cosa che vide fu
Schuldig che se ne stava seduto con una gamba disinvoltamente dondolante
dal bracciolo della sedia; e quindi si accigliò.
Aveva scelto lui buona parte dell’arredamento
della loro villa, qualcosa che fosse coerente con la sua idea di
life-style ovviamente, e non gli piaceva che uno degli Schwarz non ne
avesse rispetto.
"Dovresti essere riposato a quest’ora…non
credo sia troppo pretendere che tu stia seduto composto, Mastermind"
fu il suo ‘buongiorno’ al ragazzo tedesco, che si voltò con calma,
senza essere stupito delle parole del suo leader.
"Il bello con te, Crawford, è che
non ho quasi più bisogno di leggerti nella mente per sapere quel che
dirai nelle varie circostanze…Perché non provi a variare le tue frasi
di repertorio?" gli sorrise in quella maniera sorniona che irritava
l'americano.
"Non dovrei ripetermi se tu ti
comportassi come una persona quasi educata almeno qua dentro"
disse seccamente Crawford, pur sapendo che era fiato sprecato; se ci
pensava bene, non era mai riuscito, con una delle sue famose frasi
taglienti, a scuotere il tedesco e sapeva che men che meno ci sarebbe
riuscito proprio in quei giorni. Schuldig sembrava…era efficiente come
sempre, questo sì!!! Non avrebbe mai concesso distrazioni ad un suo
sottoposto…ma Schuldig sembrava avere la testa altrove, persa dietro a
qualcosa.
O a qualcuno.
E non era difficile immaginare chi fosse
questo ‘qualcuno’.
Crawford sedette al tavolo, versandosi
una abbondante dose di caffè caldo e nero nella tazza e ascoltando di
sottofondo le chiacchiere di Nagi, che era entrato anche lui in salotto, i
borbotti di Farfarello che aveva le mani legate dalla sera prima, e le
considerazioni di Schuldig sul fatto che le sue preziose lattine di birra
tedesca cominciavano a scarseggiare nel frigorifero.
Una tipica colazione da Schwarz.
E non voleva che ‘qualcuno’
alterasse quell’equilibrio.
Soprattutto non adesso che aveva
ingranato così bene il nuovo affare in cui si era lanciato!!! Non poteva
durare in eterno, certo, o avrebbe attirato troppi sospetti e proprio per
questo bisognava insistere finché se ne avesse l’opportunità, per poi
lasciare tutto al momento giusto…
Crawford scorse rapidamente la pagina
economica del suo giornale, memorizzando come avessero chiuso le Borse di
tutto il mondo il giorno prima; poi guardò l’orologio e alzò gli occhi
verso il tedesco.
"Non fare tardi" si limitò a
dirgli, sapendo che l’altro avrebbe capito.
Schuldig gli rivolse uno dei suoi
sorrisi ironici: "Ho mai fatto tardi? Adesso vado, mein führer,
fidati…" disse, alzandosi agilmente dalla sedia.
"Esci così?" chiese, stupito
e con spontaneità, Nagi.
"Certo, perché?" il ragazzo
tedesco si bloccò sulla soglia, a sua volta meravigliato per la domanda
superflua.
Crawford alzò nuovamente gli occhi dal
giornale per osservare il suo compagno di lavoro. E si accigliò una volta
di più. Mentre era seduto, non ci aveva fatto caso…
"Non stai per andare in discoteca e
dovresti passare inosservato" gli ricordò con evidente
disapprovazione, di fronte ai pantaloni di pelle neri, alla maglia
attillata bianca e alla giacca in stile ‘Matrix’. Quanto alla fascia
fra i capelli…be’, quella, insieme agli occhiali da sole, era uno dei
tratti distintivi dell’abbigliamento di Mastermind.
Solo Schuldig poteva pensare di uscire
vestito così di prima mattina…
"So come farmi notare e so anche
come passare inosservato, fidati, mein führer…".
Una risata e il tedesco già se ne era
andato.
Crawford tornò a leggere il giornale:
di sicuro il suo secondo si stava rivelando abile nello svolgimento dell’attuale
incarico…che lo fosse anche a passare inosservato sempre, invece,
ne dubitava.
Fine della prima parte ^^