Figli del Nilo

di Cioppys

Epilogo

Il nuovo anno era iniziato. Quella mattina del 19 Luglio l'alba aveva illuminato le acque scure del Nilo, il cui livello aveva cominciato ad alzarsi di qualche centimetro preannunciando l'inizio della piena; quella stessa alba il cui primo raggio aveva dato la consacrazione del Dio solare Ra al nuovo Faraone Ryota.

Esattamente come qualche mese prima era toccato al fratello maggiore, oggi era il fratello minore ad essere in piedi davanti all'entrata del Tempio di Osiride, investito della tredicesima tunica e del Pschent, la doppia corona bianca e rossa segno della sua sovranità sull'Alto e Basso Egitto. Di fronte a lui, in ginocchio per rendergli omaggio, i sudditi di Tebe.

Non tutti, però, si erano recati alla piazza per assistere a quella cerimonia.

Akira si trovava all'interno del Palazzo del Sole. Da quando aveva ricevuto la notizia della morte di Hisashi, passava la maggior parte del suo tempo libero nel Tempio di Ra, rinchiuso in quelle quattro mura a pregare il protettore del proprio signore affinchè esso potesse essere accettato nell'aldilà, nonostante la mutilazione che il corpo aveva subito.

Assorto nella richiesta, che ormai ripeteva come una nenia ogni giorno da due mesi a questa parte, lo schiavo si era come emarginato dal mondo che lo circondava; o almeno, lo era stato fino a quando il popolo di Tebe non esplose nella consueta ovazione alla ricezione da parte di Ryota del proprio sigillo personale e degli scettri.

Fu allora che Akira percepì la presenza di una persona che lo stava osservando.

"Scriba Reale..." sussurrò dopo aver scorto la sua figura avvolta da una lunga tunica bianca, appoggiata ad una delle imponenti colonne della lussuosa sala. Teneva le mani incrociate dietro la schiena.

"Sapevo di trovarti qui..." Kiminobu si fece avanti portandosi di fronte a lui, che prontamente si alzò per salutarlo con un cortese inchino.

"Pensavo che, come gli altri, foste alla cerimonia di iniziazione" disse tenendo la testa leggermente piegata in avanti in segno di rispetto e sottomissione.

"Beh... mi sono dato malato!" il giovane scriba sorrise "Così è toccato al Visir sostituirmi nella consegna del sigillo"

"Cosa posso fare per voi?"

"Niente di particolare Akira. Sono io che dovevo consegnarti un paio di documenti e preferivo farlo in un posto e in un momento in cui ero sicuro che nessuno ci avrebbe nè visto nè sentito" e con una mano gli porse un papiro che teneva nascosto dietro la schiena.

"Documenti?"

Inizialmente stupito, lo schiavo prese il rotolo ancora chiuso con il sigillo personale dello Scriba Reale.

"Cos'è?" chiese disorientato.

"E' il tuo atto di emancipazione preparato personalmente da me su istruzioni del tuo signore"

Quelle parole lo lasciarono semplicemente a bocca aperta.

"Ma... Come..." cercò di formulare una frase di senso compiuto, senza però riuscirci.

"Hisashi mi ha chiesto di redigerlo prima di partire, nell'eventualità che non fosse tornato dal Basso Egitto. Il suo unico desiderio era che tu fossi un uomo libero, e che nessuno potesse più farti del male" gli spiegò Kiminobu "Ora sei tu a decidere della tua vita"

Akira non seppe cosa rispondere, troppo meravigliato per pronunciare una qualsiasi parola. Non riusciva ancora a credere di stringere tra le mani quel documento. Era come un sogno, fin troppo bello per essere vero. Per scrupolo e per scacciare il dubbio che fosse un falso, dubbio che si era insinuato prepotentemente nella sua mente, ruppe il sigillo che racchiudeva il papiro. Lo srotolò e velocemente fece scorrere il proprio sguardo sui geroglifici, e solo allora potè credere all'autenticità del documento, quel prezioso documento che gli ridava la libertà.

I suoi occhi si riempirono di lacrime, e qualcuna riuscì a sfuggire da sotto le palpebre, rigando le guance lisce e vellutate.

Ora, in cuor suo, desiderò solo una cosa: poter rivedere Hisashi, anche solo per un istante, in modo da poterlo ringraziare per quell'ultimo atto d'amore. Una vera utopia.

Ma le sorprese non erano finite.

Lo Scriba Reale gli porse un altro documento, ma su questi, però, era impresso un altro sigillo. Osservandolo meglio lo riconobbe: era quello personale del suo signore.

"Non fare quella faccia" disse Kiminobu con un sorriso "Ti avevo parlato di 'documenti' no? Quindi si presuppone che siano più di uno. Questo, come avrai capito, è stato scritto da Hisashi in persona e mi è stato da lui affidato la sera prima della sua partenza..."

"Da Hisashi?"

Il pensiero che quel papiro contenesse le ultime parole del proprio amante lo sommerse di numerose emozioni, anche contrastanti l'una con l'altra. Impazienza ed angoscia, urgenza e paura. Questo perchè non sapeva proprio cosa aspettarsi di leggere. Rimase quindi infisso su quel rotolo di carta cercando di decidere sul da farsi.

"Prima di dartelo, però, devi sapere una cosa"

La voce dell'altro lo riportò alla realtà. Attento, rimase in ascolto.

"Vedi, il sigillo apposto su questo papiro è un po' particolare, in quanto può essere spezzato in un solo luogo, esposto alla prima luce del mattino" la perplessità si dipinse sul volto dell'altro e allora cercò di spiegarsi meglio "Esso può essere aperto solo ad Ahmose. Se cercherai di farlo in qualunque altro posto che non sia quello designato, il papiro si ridurrà in cenere"

Per alcuni secondi fu il silenzio l'unico protagonista, secondi durante i quali Akira ricevette dalle mani di Kiminobu il magico documento. Lo rigirò fra le dita per qualche istante prima di esprimere i propri dubbi in proposito.

"Io non capisco... Perchè tutto questo? Perchè non posso leggerlo adesso?"

"La risposta che cerchi è contenuta all'interno del papiro" rispose il giovane scriba "Abbi fiducia nel tuo ultimo signore"

Fiducia in Hisashi... Era questa l'unica cosa che gli veniva richiesta.

"Ora ti lascio. E' meglio che ritorni nelle mie stanze prima che scoprano che in realtà non sono affatto malato!"

Lo Scriba Reale lo salutò, augurandogli ogni felicità per la sua nuova vita, e si diresse verso l'enorme porta decorata in oro del Tempio di Ra; ma non fece in tempo a varcarla perchè Akira lo richiamò.

"Un ultima cosa, nobile Kiminobu" disse il ragazzo "Perchè questi documenti me li avete dati ora, a due mesi di distanza dalla morte..." ma non riuscì a finire, in quanto quel pensiero ancora oggi gli faceva dolere il cuore e gli mozzava il fiato.

"Perchè la storia doveva fare il suo corso..." lo scriba gli sorrise "Buona fortuna Akira" aggiunse prima di svanire oltre la porta.

Rimase ad osservare il punto da cui gli aveva parlato per qualche attimo, ragionando sul senso della frase che gli aveva detto senza però riuscirci.

"E adesso?" si chiese mesto, riportando lo sguardo sul secondo papiro ricevuto.

Da una parte il desiderio di leggerlo era incontenibile, impellente, e per questo la mano si mosse con l'intento spezzare quel sigillo che lo richiudeva. La mano, però, venne prontamente ritratta. A fermarlo non fu solo l'avvertimento di Kiminobu che gli ritornò alla mente, ma anche la paura di potervi trovare parole dure e di disprezzo per come si erano lasciati prima della partenza. Ciò gli avrebbe spezzato il cuore.

Doveva solo prendere una decisione, ma non era facile come si potesse pensare.

"Forse una passeggiata mi schiarirà le idee..."

Così imboccò l'uscita del Tempio di Ra per raggiungere i giardini principali del palazzo.

*

"Lo sai? Sembri un'anima in pena..."

Sorpreso, Akira sollevò di colpo lo sguardo dal selciato su cui muoveva ritmicamente i propri passi, incontrando due occhi nocciola tempestati di pagliuzze d'oro che lo osservavano perplesso.

"Hana..." disse con stupore "Ma cosa ci fai qui?"

"Scusa?" Il rosso non capiva dove sarebbe dovuto essere.

"La cerimonia..." aggiunse notando la confusione che aveva generato la propria domanda.

"Akira... la cerimonia è finita da più di un paio d'ore!"

"Un paio d'ore?!" esclamò il moro disorientato. Velocemente diede un'occhiata nel giardino e si accorse che, ora, oltre a lui, vi erano altre persone intente a passeggiare e a chiacchierare sotto il caldo sole del mattino "A furia di pensare ho perso completamente la cognizione del tempo..." sospirò.

Si avvicinò ad una delle panchine in pietra e vi si sedette sopra svogliatamente. In mano stringeva ancora i due papiri consegnatogli dallo Scriba Reale. Prese ad osservarli. Aveva pensato per due ore sul da farsi e non era giunto a nessuna conclusione. Possibile? Eppure non che ci fossero poi molte soluzioni al dilemma... Mentalmente si dette del 'caso disperato'.

"Si può sapere che cos'è che ti preoccupa?"

Hanamichi si accomodò al suo fianco e gli cinse le spalle con una mano per confortarlo. Sperava che il suo amico si aprisse con lui stavolta, senza troppe storie. Dopo la morte di Hisashi, infatti, aveva dovuto faticare parecchio per far sì che si sfogasse, anche solo in un pianto liberatorio. Ci erano volute settimane per fargli accettare una realtà a cui non voleva dare nessun credito... Su questo, però, sapeva di non poterlo biasimare. Come si sarebbe sentito, lui, se fosse stato Kaede a morire? Il solo pensiero gli provocava brividi di terrore lungo la schiena.

Akira, per sua fortuna, quel giorno aveva proprio bisogno di parlare con qualcuno, di sentire un consiglio o un parere di una persona amica. Fece quindi un profondo respiro e riordinò velocemente le idee, iniziando a raccontare ciò che era successo quando Kiminobu gli aveva fatto visita durante la venerazione all'interno del Tempio di Ra.

"...E questo è tutto" concluse.

Una folata di vento scosse i rami delle acacie e le lunghe foglie delle alte palme.

"No, scusa..." esordì Hanamichi decisamente sbalordito "Tu sei un uomo libero... e me lo dici così?!"

"E come te lo dovrei dire?" Akira non capì il perchè della domanda dell'amico, il quale, a tale risposta, si mise le mani in faccia attonito.

"Per uno schiavo l'atto di emancipazione è il sogno di una vita!!" urlò il rosso alzandosi in piedi e spalancando le braccia "Dovresti essere la persona più felice di questa terra e invece... e invece sembri una mummia ambulante!!"

"Bhe... naturalmente sono felice di averlo ricevuto" cercò di giustificarsi "Ma non è questo quello che mi preoccupa..."

"Adesso non mi verrai mica a dire che hai paura di leggere il papiro del tuo principino?! Cosa vuoi che abbia..." ma Hanamichi non terminò la frase a causa dell'espressione imbarazzata che gli era apparsa sul viso. Questi, stupito, si accovacciò di fronte a lui per guardarlo negli occhi "Stai scherzando vero?!"

Non riuscì a sostenere quello sguardo scrutatore per nemmeno un secondo, e quando abbassò la testa per sviarlo, la mascella del rosso toccò terra. Ci aveva azzeccato in pieno.

"Do'aho! Perchè non sei mai dove ti ordino di restare?"

La voce di Kaede giunse inaspettata alle spalle di Hanamichi, che sussultò a sentire quel rimprovero appropriato: ogni qual volta che il suo signore gli ordinava di aspettarlo in un posto preciso, trovava sempre qualcosa che lo 'costringeva' ad allontanarsi.

"Scusa Kaede" disse cercando di trovare una giustificazione plausibile alla sua inadempienza "ma, vedi, io..."

"Non fa niente. Ho capito" aggiunse rassegnato il suo signore dopo aver visto Akira.

Il suo schiavo aveva il vizio di farsi spesso carico delle preoccupazioni e dei problemi altrui, ma quelli dell'amico non erano solo più importanti degli altri, li sentiva come propri. Di conseguenza, ogni qualvolta che costui aveva bisogno di conforto o aiuto, lui era sempre disponibile e pronto ad ascoltarlo. Più di una volta Kaede aveva provato gelosia per questo rapporto così stretto che univa i due ragazzi, ma mai l'aveva dato a vedere.

"Dobbiamo tornare a Palazzo" gli disse "Il Faraone mi ha affidato alcuni compiti urgenti da svolgere e mi serve anche il tuo aiuto"

"Capisco..."

Gli occhi di Hanamichi indugiarono per qualche secondo su Akira il quale non lo stava guardando: infisso sul terriccio, era completamente perso nei propri pensieri.

No. Non poteva andarsene in quel modo, lasciando che si tormentasse per quella decisione.

Si inginocchiò di fronte a lui e con due dita gli sollevò il mento in modo da scorgere quelle due bellissime iridi che un tempo erano di un azzurro cristallino. Ora, il colore risultava più scuro, spento, come se da essi, insieme alle lacrime, fosse scivolata via anche tutta la vitalità e l'allegria che li caratterizzavano, insieme a quella immensa voglia di vivere. Fortunatamente, standogli vicino, Hanamichi era riuscito a fargli ritrovare la forza di andare avanti, di non abbandonarsi e, anche se probabilmente mai sarebbe tornato quello di un tempo, quel papiro poteva nascondere un altro pezzo di quel candido animo che un giorno della secca stagione appena trascorsa si era frantumato. Questo era il motivo per cui voleva che l'amico si recasse dove gli veniva chiesto, e per convincerlo gli bastò semplicemente esprimere ciò che lui avrebbe fatto nella stessa situazione...

"Sai?" sussurrò dolcemente "Se quel messaggio fosse di Kaede, raggiungerei anche le stelle pur di poter leggere le sue ultime parole"

"Nonostante potresti non esserne soddisfatto?" chiese Akira con il labbro tremante, mentre una lacrima solcava la guancia "Nonostante potresti rimanerne ferito?"

"Io mi fido di lui" disse tranquillamente "E so che non mi ferirebbe mai"

Il silenzio aleggiò per qualche secondo tra di loro, mentre nella testa del moro vorticavano milioni e milioni di pensieri, parole, ricordi, avvenimenti, fatti, tutti con protagonista una sola persona: Hisashi.

"Hai ragione..." esordì infine con un sorriso, anche se un po' tirato, mentre con la mano si asciugava una seconda goccia che aveva appena iniziato la sua corsa verso il mento "Sono stato stupido ad ossessionarmi sul perchè di tante cose. Non ha senso fasciarsi la testa prima di averla picchiata, e comunque, devo avere fiducia in lui..."

"Allora partirai?" il volto del rosso, nonostante l'avesse spinto verso questa decisione, si fece triste.

"Si" con gli occhi si guardò attorno "Mi mancherà questo posto, nonchè le persone che vi abitano..." fermò lo sguardo sul caro amico ancora accovacciato "Tu in particolare, mi mancherai tantissimo..." con uno slancio, Akira gettò le braccia intorno al suo collo, stringendolo possessivamente a sè.

"Sbaglio... o questo sembra un addio più che un arrivederci?" domandò Hanamichi ricambiando la stretta, mentre gli occhi iniziavano a pizzicargli.

"Io... Io non lo so..." le lacrime che fino ad ora era riuscito a trattenere discendevano sulla pelle liscia come gocce di rugiada "Non so se tornerò qui a palazzo..."

"Allora... Buona Fortuna, Akira" Hanamichi sciolse l'abbraccio che li univa per guardarlo negli occhi "Che Ra illumini la tua strada" e gli posò un bacio sulla fronte scoperta.

"E che illumini anche la tua" rispose l'altro assaporando gli ultimi istanti insieme al suo migliore amico di sempre.

I due ragazzi si alzarono in piedi, e dopo l'ultimo sguardo Akira si incamminò verso l'uscita del grande giardino senza mai voltarsi. Se l'avesse fatto probabilmente non sarebbe riuscito a continuare per la propria strada.

"Hana..." disse Kaede avvicinandosi al proprio amato che gli dava le spalle.

"Scusami" Hanamichi si asciugò le lacrime con le mani chiuse come un bambino "Ti ho fatto fare tardi..."

"Non importa" la voce del suo signore era dolce e triste nello stesso momento, volendo essere contemporaneamente di sostegno e partecipazione al dolore che stava provando "Puoi prenderti tutto il tempo che vuoi..."

"Grazie" un bellissimo sorriso si allargò sulle sue labbra.

Le loro mani si mossero da sole e da sole si cercarono, fino a quando le dita si intrecciarono strette e bisognose l'una dell'altra. Nel frattempo la figura di quel ragazzo dagli strani capelli a punta svaniva oltre una curva coperta da rigogliosi cespugli. Nessuno dei due lo disse, ma in fondo al cuore sapevano che quella era l'ultima volta che avrebbero visto Akira.

*

Da quanti giorni era in viaggio? Ventuno? Ventidue? Non lo ricordava nemmeno più. Passavano con una tale lentezza da annoiarlo e da renderlo ogni mattina sempre più impaziente di giungere a destinazione. E pensare che il vento era stato propizio: fino al giorno prima della sua partenza, infatti, era completamente assente, mentre ora soffiava con forza da sud.

Per distrarsi e passare le giornate, aveva provato a concentrarsi sul paesaggio che si susseguiva sulle sponde del Nilo, ma dopo qualche giorno era diventato così monotono da stancarlo. Tra le principali città, quali Abido, Assiut e Ermopoli, la campagna non mutava di molto, e a parte qualche avvistamento particolare, come una numerosa mandria di antilopi o di leoni che si abbeveravano, non destava in lui particolare interesse. Una buona alternativa sarebbe stata quella di parlare con gli altri passeggeri, ma non era dell'umore giusto e i suoi pensieri erano rivolti ad una sola persona.

Per l'ennesima volta aprì la sua sacca da viaggio. Questa, oltre ai due papiri consegnatogli dallo Scriba Reale, conteneva alcuni indumenti, quali perizomi e tuniche che gli erano state regalate dal suo signore, due paia di sandali e cinture, alcuni oggetti per la pulizia personale, nonchè il suo prezioso materiale da scriba. Ma vi era dell'altro, ovvero un messaggio rinvenuto nella sua stanza il giorno in cui aveva radunato le sue cose, un messaggio che era stato accuratamente nascosto tra le tuniche insieme a un piccolo sacchetto di cuoio.

Quando l'aveva visto rotolare sul pavimento nel momento in cui aveva prelevato gli indumenti, l'aveva raccolto e aperto curioso. Lo stupore di ritrovarsi fra le mani dell'oro puro era stato immenso. Aveva letto e letto più volte quel messaggio non firmato che citava 'Per il tuo futuro', ma non riusciva a capire che potesse averlo nascosto nella sua stanza. Peccato. Avrebbe voluto ringraziarlo, visto che con quell'oro stava pagando il viaggio appena intrapreso.

Pensieroso, si rigirò tra le mani per l'ennesima volta il piccolo papiro.

"Menfi!!" urlò il marinaio di vedetta, sistemato sulla prua della nave.

Tutti i passeggeri si alzarono in piedi e indirizzarono il loro sguardo a nord. Anche Akira fece altrettanto, dopo aver rimesso a posto il messaggio.

La città, un tempo capitale del Basso Egitto, si estendeva per chilometri e chilometri lungo l'orizzonte. Innumerevoli erano le case e i palazzi che sovrastavano il centro della città dalle colline antistanti, centro dove si ergevano gli imponenti edifici utilizzati fino a qualche mese prima dal Faraone Takato, ora uno dei tanti schiavi delle cave di ferro del Sinai insieme ai suoi subordinati. Menfi, in quanto a grandezza e maestosità, non aveva nulla da invidiare a Tebe.

Prima di raggiungere il porto passarono un paio d'ore, ma stavolta Akira fu così rapito ad osservare i cittadini nella loro vita quotidiana sulle sponde del Nilo che non si accorse nemmeno del trascorrere del tempo. Quando scese a terra, si rese conto per la prima volta di essere in un posto sconosciuto, completamente solo. La nostalgia di Tebe, del Palazzo del Sole e delle persone che vi abitavano lo assalì. Avrebbe voluto rivederli, anche solo per un secondo, ma dovette rassegnarsi. La strada da percorrere ora l'avrebbe portato ancora più lontano.

Per raggiungere Ahmose, il Deserto Sacro a Ra situato a qualche miglia da Suez, doveva ora trovare un mezzo di trasporto, nonchè recuperare un abito adatto e fare rifornimento di cibo ed acqua per un viaggio che non si presentava per nulla semplice. Al confronto, trovare un mercante di cammelli nonostante l'ostilità che i cittadini di Menfi dimostravano ancora nei confronti degli abitanti dell'Alto Egitto fu una passeggiata.

"Bene" disse Akira una volta raggiunto il limitare del deserto, oltre la cinta della città. Sistemò meglio le sacche che pendevano dalla sella in modo che non gli dessero fastidio durante la cammellata e che non cadessero lungo il tragitto. In esse vi erano contenuti i viveri per i prossimi cinque giorni "Ora mi affido a te, Divino Ra. Guidami con la tua luce verso Ahmose"

Con una spinta del bacino in avanti diede l'ordine all'animale di procedere. Il sole alle sue spalle, sulla via del tramonto, proiettava lunga la sua ombra e quella del cammello. Osservandola attentamente, con un po' di fantasia, la si poteva scambiare per la sagoma scura di una mano con l'indice puntato verso Oriente, quella stessa direzione verso cui Akira si era messo in cammino.

*

Stretto nella lunga e pesante tunica marrone e con il volto coperto da parte del turbante, Akira rimaneva accucciato a ridosso del cammello nel tentativo di ripararsi. Lo stesso animale cercava di resistere alle violente sferzate di vento e sabbia che in quella notte imperversavano da ore.

La tempesta l'aveva sorpreso durante il sonno. Stanco e indebolito dalla giornata di viaggio passata sotto il sole cocente del deserto, la sera precedente Akira era crollato a terra appena vi aveva poggiato il piede. Nonostante non avesse avuto il tempo di determinarlo con certezza attraverso le stelle, sapeva di essere quasi giunto a destinazione.

Peccato che ora, in quelle condizioni, non potesse proseguire.

Attese, attese pazientemente, e per alleviare lo sconforto che stava per opprimerlo si concentrò sul viso di Hisashi. Con malinconia ripercorse le fasi della loro vita insieme: dall'incontro ai primi sguardi, dai primi approcci al primo bacio, dalle prime carezze intime alla loro prima volta, non dimenticando le difficoltà incontrate e superate con scioltezza... o quasi.

Un lieve sorriso si allargò sulle labbra nascoste sotto la stoffa.

Fortunatamente, presto il vento diminuì, fino a scomparire quasi completamente.

Il ragazzo si dissotterrò da quella montagna di sabbia che si era accumulata ai fianchi, scrollando il più possibile la tunica una volta in piedi per liberarsi di quella che invece aveva addosso. Poi si mise ad osservare il cielo, dove il lieve chiarore annunciava l'imminente arrivo dell'alba.

Pochi istanti più tardi, infatti, un tiepido sole si alzò ad oriente, investendolo con il calore dei suoi raggi. Infastidito dalla forte luce che gli feriva gli occhi, si riparò con la mano e l'avambraccio, piegando leggermente la testa di lato. Fu allora che notò uno strano luccichio dall'interno di una delle sacche. Si avvicinò al cammello e sciolse il laccio che la reggeva alla sella. Cedendo a terra il contenuto si rovesciò sulla sabbia dorata, rivelando l'oggetto che provocava quella luminescenza: il papiro di Hisashi. Con timore e trepidazione afferrò il documento, e inconsciamente rivolse il sigillo che ancora lo richiudeva verso il sole.

Il bagliore intenso che si sprigionò improvvisamente lo investì, costringendolo a serrare con violenza gli occhi. Dopo qualche attimo risollevò le palpebre, ma della luce e del sigillo stesso non vi erano più tracce. Il papiro poteva essere finalmente letto.

Con il cuore in gola e le mani che gli tremavano dall'emozione, srotolò lentamente il documento.

-Mio amato Akira,
Se ora stai leggendo queste righe, di certo ti troverai ad Ahmose, il Deserto Sacro a Ra.
Innanzitutto, ti prego di perdonarmi per il dolore che avrai dovuto sopportare alla notizia della mia morte. Il pensiero della sofferenza che ciò ti provocherà mi stringe il cuore.
Ma questo è necessario, necessario all'inizio di una nuova vita insieme.
Morire, per me, è l'unico modo per liberarmi da un ruolo che non mi si addice e mi opprime, ma soprattutto, da un ruolo che mi allontana da te e non mi permette di amarti come vorrei.
Ecco cosa significa vivere per la felicità del popolo d'Egitto.
Ecco cosa significa essere il Faraone.
Per questo, pur di starti a fianco, ho scelto la morte.
Ma non disperarti, amore mio, perchè non sempre quello che i propri occhi vedono è la realtà, e non sempre quello a cui si vuole credere è la verità.
Quindi, alza gli occhi da questo scritto, Akira, e osserva il sole, incarnazione del Divino Ra mio protettore. Allarga le braccia e accoglimi come tuo sposo e tuo amante, perchè se così non dovesse accadere allora spero che la morte, stavolta reale, sopraggiunga e mi porti via.
Semplicemente Hisashi, il tuo amato-

Nel momento in cui finì di leggere le ultime parole, una folata di vento strappò il papiro dalle sue mani, facendolo ondeggiare nell'aria e allontanandolo da lui. Avrebbe voluto seguirlo, o meglio, lo stava per fare, ma una visione lo bloccò sul posto.

A diversi metri di distanza da lui, proprio al centro della forma ellittica del sole che ancora non si era staccato dall'orizzonte, si ergeva la figura di una persona in groppa ad un cammello. Accecato dall'astro situato alle spalle dello sconosciuto non riusciva a vederne il volto, in parte coperto da un turbante simile al suo.

Akira si chiese chi potesse essere, ma soprattutto cosa l'avesse portato in quel luogo sperduto. Stava per domandaglielo quando questi diede l'ordine all'animale di avanzare.
Lo sconosciuto si avvicinò in un lasso di tempo che parve interminabile, lasso durante il quale il ragazzo dai capelli a punta iniziò a scandagliare ogni possibile ipotesi sull'identità dell'individuo. Un brigante? Decisamente strano che fosse solo. Un commerciante? Insolito che non viaggiasse scortato. Un pellegrino? Questo era possibile, ma non ne aveva il modo di fare...

Quando l'ombra dell'estraneo lo coprì, per la prima volta riuscì a distinguere il suo viso, peccato che fosse quasi interamente nascosto. L'unica cosa che poteva osservare erano due occhi neri come la pece, scintillanti, che lo guardavano con trepidazione.

Istintivamente fece un passo indietro.

"Aspetta! Non scappare!"

Quella voce, nonostante fosse distorta dalla stoffa che gli copriva la bocca, era famigliare, troppo famigliare. La sua mente suggerì un nome, ma non poteva essere chi credeva, perchè lui era morto.

La gamba si mosse. Un altro passo indietro.

"Akira! Ti prego... Non devi aver paura!"

Come faceva costui a conoscere il suo nome?!

Il piede si alzò per fare un'altro passo, ma nel retrocedere incontrò un ostacolo: la sacca caduta a terra. Il ragazzo perse l'equilibrio e finì disteso sulla sabbia.

Nel frattempo, lo sconosciuto aveva fatto sedere il cammello, e con un agile balzo era disceso dalla sua groppa. Coprì la breve distanza che li separava, nemmeno una decina di passi, e si inginocchiò di fronte a lui. Senza indugio si scoprì il volto.

"N-non... Non è p-possibile..." farfugliò Akira, scioccato e confuso allo stesso tempo "T-tu... tu sei..." ma non terminò la frase, pensando di parlare con un allucinazione.

"Morto?" concluse per lui quello che non avrebbe dovuto più essere uno sconosciuto, ma che hai suoi occhi non poteva essere chi sembrava "Non penso proprio, visto che il corpo rinvenuto dal Visir non era il mio, ma quello di un semplice nemico a cui ho tagliato la testa e cambiato i vestiti..."

"C-che cosa?" la confusione nella sua testa si stava trasformando in caos.

"Mi dispiace averti ingannato in questo modo, Akira, ma era necessario" continuò l'altro "Il tutto doveva essere il più veritiero possibile, e tu facevi parte della recita"

"Re... Recita?!" esclamò con gli occhi spalancati. La sua mente iniziava a fare un po' ordine "Vuoi... vuoi dire che... che la tua morte era tutta una farsa?!"

"Beh... Si..." ammise il suo interlocutore, abbassando il capo imbarazzato "Il documento che ti ha consegnato Kiminobu era solo un pretesto per farti venire qui. Non potevo certo essere io a passarti a prendere!"

Ci fu un attimo di pausa, durante i quali i due ragazzi si osservarono silenziosamente; successivamnete un violento gancio destro colpì lo zigomo di uno dei due, così forte da sbilanciarlo all'indietro e gettarlo a terra.

"Questo è per tutte le lacrime che ho versato!!" urlò Akira seduto sui talloni, con i pugni serrati nella sabbia fine, proteso verso quel ragazzo che sbigottito lo osservava mentre si massaggiava la guancia dolorante e rossa "Per il dolore pungente che ha straziato il mio cuore!! Per gli Dei che ho insultato e maledetto, accusandoli di averti portato via da me..." le parole si spensero in un mormorio sommesso sostituite dai singhiozzi, così come l'espressione irata nei suoi occhi venne annegata nelle lacrime.

"Akira..." sussurrò l'altro ragazzo, accorgendosi parlando di avere il labbro spaccato. Con la mano si pulì il sangue che gli sporcava il mento. Poi, si avvicinò al fagotto che si stava rannicchiando sempre più su sè stesso, abbracciandolo stretto tra le sue braccia.

"Non farmi mai più uno scherzo simile... Mai più..." Akira ricambiò quell'abbraccio con urgenza, bisogno e necessità di sentire il corpo dell'altro vicino al suo.

"Lo prometto sulla mia stessa vita: mai ti lascerò più solo..." rispose lui, posandogli un tenero bacio fra i capelli e aumentando la stretta "E che gli Dei possano essermi testimoni"

"Hisashi..." sussurrò alzando il volto, alla ricerca di quelle labbra che aveva desiderato per troppi giorni e troppe notti. Era giunta l'ora di riunirle.

Le bocche si toccarono e con premura assaporarono il dolce contatto, approfondendolo quasi subito con passione. Le lingue duellavano all'interno, sfiorandosi e toccandosi l'una l'altra, ma senza che nessuna delle due prevalesse. Tutto questo fino a quando, ansimanti, i due ragazzi si allontanarono, rimanendo a fissarsi negli occhi con desiderio e brama di possedere e farsi possedere.

"Lo vorrei tanto anch'io Akira" disse Hisashi con un sorriso malizioso "Ma il posto non è molto adatto... Sai che fastidio la sabbia!" con le labbra gli sfiorò la fronte mentre soffocava una risata "E poi temo che fra poco il vento aumenti ancora... Non vorrei ritrovarmi un'altra volta in mezzo ad una tempesta di sabbia"

"Dove andiamo?" chiese seguendo l'amante che si era già rimesso in piedi.

"Per ora a Suez" afferrò le briglie dei due cammelli e, tirandole, gli ordinò di alzarsi "Poi... che ne dici dell'Asia?"

"L'Asia?"

"Non ti piace l'idea?" si voltò a guardarlo, pensando che non fosse d'accordo.

Akira sorrise.

"Non è importante dove andremo, Hisashi, ma è importante con chi andremo" si avvicinò alla sua unica ragione di vita e gli prese la mano fra le sue "L'uno con l'altro. Insieme. Sempre"

*

In quella calda mattina della stagione di Akhet, due figure umane dal volto sereno camminavano accompagnate dai loro cammelli sulle alte dune del deserto di Ahmose, dove il vento faceva ondeggiare le lunghe tuniche color sabbia che indossavano. Sopra loro, il Dio Sole Ra illuminava con i propri raggi la strada che, passo dopo passo, percorrevano insieme, uno di fianco all'altro, mano nella mano. E a vegliare sul loro cammino e sulla loro unione, al di là di ogni roccia e di ogni duna, ci sarebbe stato il Grande Fiume, il vero e unico padre dell'Egitto. Perchè Hisashi e Akira sono stati e saranno sempre, sopra ogni altra cosa, figli suoi, figli del Nilo...

*

Io sono la prima brezza che soffia dolcemente sull'oceano buio dell'eternità.
Io sono il primo sorgere del sole, il primo barlume di luce, una piuma bianca che vola nel vento dell'alba.
Io sono Ra.
Io sono il principio di tutte le cose.
Io vivrò per sempre.
Io non perirò mai.

FINE


*Owari*

Cioppys: Stavolta ti anticipo. Sono io che ho da dire una cosa...

Mitchi: E sarebbe?

Cioppys: Che questa appena finita è l'ultima MitSen che scrivo...

Mitchi: Cooosaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa?!?!?!?!?!?°°

Sendoh: Cioppys... Non siamo più di tuo gradimento?

Cioppys: Ma che diavolo vai dicendo?! Certo che siete sempre di mio gradimento!!

Sendoh: E allora perchè hai detto che non scriverai più MitSen?

Cioppys: Semplicemente perchè da oggi in poi scriverò solo SenMit...

Mitchi: eh?°°

Cioppys: Ho fatto una fatica in questa fan fiction... Ormai è più forte di me! Hisashi lo vedo uke con chiunque tranne che con Kiminobu!! ^///^

Sendoh: Memo male! Mi stavo già preoccupando! ^__^

Mitchi: Come sarebbe a dire 'meno male'?! E' una tragedia!! Io, il grande, unico e inimitabile Hisashi Mitsui, sempre e solo uke?! Nooooo!! T.T

Cioppys: Sempre il solito catastrofico... ¬.¬




[Betareading by Hennè Production]




***

Cioppy's Notes (Ovvero appunti ultra mega poco importanti^^')
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Questa fan fiction è stata un po' una sfida da scrivere, visto che significava avventurarsi in un mondo che non posso dire di conoscere bene. E infatti, proprio per questo motivo, la stesura procedeva assai lentamente. La parte più difficile è stato proprio informarmi sull'ambiente, sugli usi e sui costumi, ma non sempre sono riuscita a trovare quello che mi serviva (e ad un certo punto le ricerche le ho ridotte al minimo altrimenti la ff la vedevate fra sette anni e non mesi...), quindi alcune cose sono totalmente frutto della mia immaginazione, con la speranza che non siano così assurde per tale epoca e cultura, senza contare che alcune (ma forse sarebbe meglio dire molte, soprattutto per quanto riguarda le divinità) potrebbero essere comunque sbagliate a causa di una mia errata interpretazione...

Che gli appassionati dell'Antico Egitto possano mai perdonare questa infamia!! ^///^

Comunque, ho il dubbio che arrivati a leggere queste righe di questa fan fiction ne avrete le scatole piene! D'altra parte, ad un certo punto, ne avevo io di scriverla!^^' Ormai però avevo superato di gran lunga la metà, e non mi andava di lasciarla incompiuta. Per sfortuna vostra, quindi, mi sono data da fare per finirla. Spero che in futuro non mi vengano in mente altre idee assurde e pazzoidi come questa...

Sperando che non vi siate addormentati pure leggendo questi appunti^^' passo ai ringraziamenti. Quindi, un inchino a Wilburn Smith, senza il quale questa fan fiction probabilmente non sarebbe mai esistita (Non maleditelo!! Lui non c'entra niente!^^'). Un inchino anche a Christian Jacq e la sua saga 'I Misteri di Osiride' che ho appena finito di leggere, la quale mi ha aiutato a chiarire qualche dubbio che mi era sorto qua e là. Sappiate che a questi due autori appartengono alcuni dei titoli attribuiti ai personaggi e ai luoghi (vedi Grande Leone d'Egitto, Casa del Re... ecc...), altri invece sono di mia invenzione. Infine, un caloroso, ma davvero caloroso grazie va a tutti i Webmaster che hanno creato un sito sull'Antico Egitto, da cui ho attinto informazioni e citazioni (vedi frasi di apertura e chiusura della fan fiction)... se non fosse stato per loro non avrei saputo molte ma molte cose, e soprattutto avrei continuato ad ignorare che il perizoma egiziano fosse quello che io impropriamente chiamavo da sempre 'gonnellino', oltre che a pensare che tale indumento si avvicinasse molto a quello moderno°° /me veramente ignorante...

Concludendo, una puntualizzazione è d'obbligo: il compleanno di Mitsui è il 22 Maggio, ma in realtà la piena del Nilo inizia a Luglio, più precisamente intorno al 19, primo giorno dell'anno per gli antichi egizi, un anno suddiviso in tre e non quattro stagioni (vedi titoli dei capitoli). Dubito che tale fenomeno nella realtà si sia mai manifestato con così largo anticipo... o almeno credo!

Beh, che altro dire? Per recapitare frutta e verdura potete contattarmi al mio indirizzo Cioppys14@yahoo.it

See You! ^__^


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