Figli del Nilo
di Cioppys
Capitolo 3 : Shemu [La Stagione della Siccità]
Due interi mesi erano passati dalla loro prima volta, e ad essa ne erano susseguite altre, molte altre. Anche quella notte avevano assaporato il piacere fisico del loro amore, con urgenza e premura per essere stati separati a lungo durante la giornata che li aveva impegnati in compiti diversi, senza però dimenticare di assaporare ogni singolo momento di quell'unione, con passione e trasporto.
Ra aveva appena iniziato a solcare il cielo ad oriente, salutando la notte che aveva vegliato sul dolce riposo degli abitanti di Tebe.
Disteso sulla schiena, Hisashi stringeva tra le braccia il corpo caldo e seducente del proprio amante, che sereno dormiva con la testa appoggiata al proprio petto. Impegnato a studiare i lineamenti delicati del suo viso, non era riuscito a prendere sonno, ancora incredulo di come la sua esistenza fosse cambiata.
Con la mente ritornò al primo giorno in cui aveva veduto la sua figura, in quella enorme piazza dove era stato celebrato il suo compleanno. Mai, allora, avrebbe pensato che quello schiavo sarebbe divenuta la sua ragione di vita. Eppure ora era lì, disteso sul letto a scostargli una ciocca di quei capelli che, se non elevati verso l'alto in quella strana pettinatura, gli finivano negli occhi.
Akira era lieto e in pace con sè stesso. Due giorni prima si era finalmente confidato con lui, raccontandogli del proprio passato e di ciò che aveva subito nei minimi dettagli. Aveva pianto e sofferto nel ricordare quei momenti, ma non si era fermato, fino alla fine, dimostrando coraggio e voglia di ricominciare, di voltare pagina. Certo, ogni tanto mentre si univano in un solo essere, la paura e l'angoscia velavano gli occhi dello schiavo, ma niente che non potesse essere affrontato e superato.
I primi raggi del sole illuminavano i contorni della finestra ricoperta dalla stuoia, rischiarando la lussuosa stanza da letto. Ora che lo vedeva meglio, Hisashi prese a delineare i contorni del viso dell'amante con l'indice. Le sopracciglia, le tempie e gli zigomi, il naso ed infine le labbra rosee che mille e mille volte aveva assaporato con le proprie.
Probabilmente disturbato dal quel leggero tocco, Akira emise un mugugno sommesso spostandosi leggermente. Il lenzuolo di lino pregiato scivolò da sopra la spalla, scoprendogli la schiena. Amorevolmente, Hisashi raccolse il lembo del tessuto e lo rimise al suo posto.
Deciso a non infastidire più il suo sonno, rimase nuovamente a fissarlo, mentre la testa si alzava e abbassava al ritmo del suo respiro.
Il tempo trascorse inesorabile in quella tranquilla mattina, nella convinzione che nessuno avrebbe disturbato la loro quiete. Purtroppo non fu così...
Qualcuno bussò alla porta della stanza. Dall'altra parte la voce di Jun che annunciò la convocazione della Casa del Re, e che la sua presenza era richiesta a breve. Disturbato per quell'interruzione, Hisashi chiese allo schiavo di riferire che a causa di una forte emicrania non avrebbe potuto partecipare al Consiglio.
Una volta che lo scocciatore se ne fu andato, Hisashi guardò il proprio amante. Fortunatamente non si era svegliato. Sorrise. Avrebbe potuto continuare a deliziarsi della sua visione, e così fece per un buon periodo di tempo. Perso ad osservare Akira si stava quasi per addormentare quando qualcuno spalancò la porta della sua camera da letto.
"Hisashi!!" urlò il Faraone furibondo che si era precipitato agli appartamenti del figlio appena saputo che questi si rifiutava di partecipare alla Casa del Re "Sarebbe questo il comportamento del futuro sovrano?! Tu hai dei doveri a cui non puoi sottrarti!"
Con un gesto veloce il Principe afferrò il lenzuolo e coprì la testa dello schiavo che, infastidito da quella voce echeggiante, si era rannicchiato ancora di più addosso al suo corpo. Nonostante ciò, che nel letto non fosse solo era evidente... ed infatti suo padre se ne accorse quasi subito.
"Spero che stanotte la tua serva ti abbia soddisfatto abbastanza..." disse ironicamente il Faraone, contraendo il viso in una smorfia "Il Consiglio si riunirà tra pochi minuti e la tua presenza non è gradita, è obbligatoria, chiaro?"
"Si, padre"
Hisashi cercava di apparire il più accondiscendente possibile in modo da velocizzare l'uscita del genitore dalla stanza. Suo padre non aveva mai approvato la sua condotta amorosa. La causa era la scelta delle amanti, il cui ceto sociale era sempre molto basso: ancelle, serve o schiave. Come avrebbe reagito se avesse visto che stavolta si trattava di un uomo? Non lo sapeva, e non lo voleva nemmeno scoprire...
"Mmm... Con chi stai parlando Hisashi?"
Il borbottio di Akira, ancora mezzo addormentato, bloccò Taoka in procinto di uscire dalla stanza. Quello che colpì il sovrano fu il tono della voce, molto basso per una donna. Inoltre, non gli era giunta affatto nuova...
"Qualcosa non va padre?"
Nonostante fosse teso, Hisashi cercò di mostrarsi il più rilassato possibile. Intanto, Akira si era aggrappato con forza al suo addome. Il sentir pronunciare dal proprio signore la parola 'padre' l'aveva svegliato di colpo.
"No, niente" disse Taoka uscendo dalla stanza "Muoviti a preparati" e chiuse la porta dietro di sè.
Il Principe fece un lungo sospiro di sollievo, mentre lo schiavo uscì dal nascondiglio che le lenzuola gli avevano offerto fino a quel momento.
"Pensi che si sia accorto di qualcosa?" chiese Akira impensierito.
"Non lo so... ed ora non ho il tempo di pensarci. Devo prepararmi o rischio di arrivare in ritardo, il che vorrebbe dire una bella strigliata!"
*
Hisashi camminava spedito lungo il corridoio che l'avrebbe portato alla Casa del Re. Dietro di lui Akira teneva il passo, osservandosi in giro un po' nervoso per ciò che era successo quella mattina.
Da quando il sovrano aveva fatto irruzione nella stanza del figlio, pensava quasi ossessivamente alle possibili conseguenze che sarebbero derivate se li avesse scoperti amanti... ma era una sola quello che lo terrorizzava, ovvero l'essere costretto a separarsi dal proprio signore.
Questa eventualità, ora che ci rifletteva seriamente, esisteva. Hisashi non era un semplice essere umano, ma il figlio del Faraone, la cui discendenza divina doveva essere portata avanti di generazione in generazione. E un giorno anche il suo signore avrebbe dovuto dare vita ad un discendente maschio. Se fosse rimasto con lui, ciò non sarebbe potuto accadere.
Passando davanti ad un'apertura che dava su una balconata, ancora soprappensiero, gli sembrò di intravedere qualcuno. Velocemente ritornò sui propri passi ed osservò meglio la persona che era seduta sulla balaustra con le gambe a penzoloni oltre ad essa, ad ammirare la città di Tebe che si animava.
Non c'erano dubbi sulla sua identità: era Hanamichi.
"Qualcosa non va Akira?" gli chiese Hisashi che si era fermato poco più avanti.
"Ecco..." lo schiavo scrutò meglio l'amico. Nonostante non fosse vicino, gli sembrò strano "Io vorrei..."
"Sai, mi dispiacerà non sentire il tuo sguardo sulla mia schiena al Consiglio..." lo interruppe il suo signore con un sorriso "Ma non sarà un problema, visto che non potrò distrarmi nemmeno un secondo. Mio padre non mi staccherà un momento gli occhi di dosso! Quindi ci vediamo dopo!" Hisashi alzò una mano in segno di saluto, mentre riprendeva il cammino verso la Casa del Re.
Era impressionante come con un semplice sguardo riuscisse a capire se qualcosa lo turbava. Akira lo amava anche per questo.
Una volta che il Principe fu scomparso dietro l'angolo in fondo al corridoio, lo schiavo uscì sulla balconata e raggiunse l'amico. Hanamichi, soprappensiero e con lo sguardo perso nel vuoto, non si accorse di lui fino a quando non gli rivolse la parola.
"Ah... Ciao Akira" disse il rosso con voce fiacca e spenta.
Un silenzio innaturale scese tra i due. Normalmente l'amico avrebbe scatenato la propria parlantina, iniziando a chiacchierare ininterrottamente. Quel mutismo era alquanto sospetto.
"Hana, c'è qualcosa che non va?"
Quella domanda scatenò una reazione inaspettata per il moro. Gli occhi nocciola divennero lucidi e, quando le palpebre si abbassarono, il liquido salato racchiuso al loro interno discese sulle guance bronzee.
Akira si sentì completamente spiazzato. Era la prima volta che vedeva Hanamichi piangere.
"E-ehi!" esclamò "Guarda che di solito sei tu a consolare me e non il contrario!"
La battuta sortì l'effetto sperato. Il rosso si asciugò le lacrime con le mani e sfodero un sorriso, anche se incerto.
"Hai ragione..." disse "E' il Tensai ad offrire la propria spalla!"
Il momento di ilarità si spense in breve tempo, lasciando il posto nuovamente alla malinconia. Akira con un agile movimento si sedette al suo fianco.
"Ora raccontami che è successo..." gli disse.
"Si tratta di Kaede" Hanamichi si morse il labbro e prese a dondolare nervoso i piedi sospesi nel vuoto "Dal giorno in cui è venuto a sapere che essere spregevole fosse suo padre è diventato ancora più freddo e scostante. Se prima almeno si interessava al proprio lavoro, ora sembra indifferente e insensibile a tutto ciò che lo circonda..."
Quelle parole suonarono alquanto strane al moro. Che cosa voleva dire che aveva saputo che essere spregevole fosse suo padre? Titubante lo chiese all'amico.
"Quando parlai con il Principe, lui era presente. Sa anche che sei stato tu a ferirlo..."
"C-che cosa?!"
"Io pensavo che quel principino te l'avesse detto!" cercò di giustificarsi Hanamichi di fronte allo sconcerto dipinto sul volto di Akira "Comunque non ti preoccupare! Non penso che Kaede voglia accusarti della sua morte..."
Alcune navi da carico transitarono sospinte dal vento. Leggere, scivolavano sull'acqua calma sul Grande Fiume dirette probabilmente in qualche porto del suo delta.
"Hana... Tu lo ami vero?"
A quella domanda, il rosso rischiò di cadere dalla balaustra.
"E'... è così evidente?" chiese con imbarazzo.
"No, affatto" cercò di tranquillizzarlo l'amico "Però, ora che provo un sentimento simile al tuo, noto gesti e sguardi che prima sembravano privi di significato..."
I due si osservarono per un istante negli occhi, poi Hanamichi li richiuse e fece un lungo sospiro.
"Ti invidio, sai?" disse tristemente "Io non avrò mai la fortuna di essere ricambiato..."
"E perchè no?" obiettò Akira.
"Ma dai! Stiamo parlando di Kaede! L'uomo di ghiaccio!"
"E allora? E' pur sempre un uomo, o sbaglio? Proverà pur qualcosa!"
"Ma io sono il suo schiavo!"
"Anch'io sono lo schiavo di Hisashi, eppure..."
Gli occhi nocciola si socchiusero fino a diventare due piccole fessure minacciose.
"Senti un po' porcospino... Devi per forza smontare ogni mia affermazione?" chiese scocciato il rosso.
"Beh, se sono idiote come queste, direi proprio di si!" il moro iniziò a ridere divertito.
"Ma come ti permetti?!"
Con uno slancio Hanamichi cercò di afferrare Akira, il quale prontamente riuscì a spostarsi evitando di essere agguantato. Quest'ultimo, con grande agilità, saltò giù dalla balaustra sul piano del balcone e iniziò a correre inseguito dall'altro. Quando raggiunse il limite del piccolo terrazzo si fermò, voltandosi verso l'amico che sopraggiungeva, nel tentativo di frenare la sua carica. Hanamichi, una volta che gli fu addosso, gli afferrò i polsi bloccandoli con una mano, mentre con l'altra iniziò la lenta tortura del solletico.
"Basta! Ti prego!" implorò Akira che ormai stava piangendo dal tanto ridere.
"Solo se dici che le mie affermazioni non sono idiote!"
"Ok! Ok! Sono le più sensate che abbia mai sentito! Ma ora smettila!"
Liberato dall'energica presa, il moro si sedette a terra e lentamente riprese fiato.
Era bello vedere il proprio amico allegro e spensierato come sempre. Pareva che niente lo turbasse, che la sua vita fosse l'immagine della felicità. Ma sapeva che non era affatto così. Anche lui in passato aveva cercato di vivere serenamente nonostante ciò che gli era stato imposto con la forza... e il risultato era stato disastroso.
"Parlagli..."
"Eh?"
"Ho detto parlagli..."
Hanamichi osservò il proprio amico per qualche secondo, cercando di capire se, nonostante la l'espressione sorridente di sempre, stesse scherzando o meno. Quando giunse alla seconda conclusione, esternò 'pacatamente' la propria opinione in merito...
"Ma sei completamente impazzito?!" gli urlò terrorizzato all'idea di affrontare Kaede su quell'argomento "Che cosa rimedierei?"
"Al massimo, se si arrabbia, una decina di frustate..." il sorriso divenne ironico "Ma la tua pelle mi sembra abbastanza dura da sopportarle. In fondo, i segni delle ultime che hai ricevuto sono spariti senza lasciare traccia..."
Anche ad Akira le tracce lasciate dal cuoio della frusta erano svanite. A differenza dell'amico però, la sua pelle delicata aveva avuto bisogno di una particolare crema medicinale preparata apposta da Kazushi. Hisashi gliela aveva richiesta insistentemente, fino allo sfinimento, non volendo che la sua schiena fosse rovinata da orribili cicatrici...
"Hana, togliti il pensiero" cercò di convincerlo "Rimuginare in continuazione su questa cosa ti farà impazzire. Credi alle parola di chi ha vissuto un'esperienza simile..."
"Ma tu avresti dovuto semplicemente confidarti con qualcuno" protestò l'altro ragazzo "E non dichiararti alla persona che del mondo è la più fredda, scostante, intrattabile, affascinante, seducente, adorabile..."
"Adorabile?" Akira scoppiò a ridere "Certo che sei proprio cotto per dire una cosa del genere di lui!"
Hanamichi, che non si era nemmeno accorto di aver iniziato a lodare Kaede, divenne completamente bordeaux. Imbarazzato, iniziò a balbettare parole senza senso, facendo ridere ancora di più l'amico. Alla fine, ormai senza speranza, si sedette al suo fianco mettendo il broncio, e prese ad osservare il cielo limpido e sereno, di un azzurro intenso.
Immediatamente il pensiero andò all'amato: quello era il colore dei suoi bellissimi occhi...
*
Il Consiglio alla Casa del Re era terminato. I suoi partecipanti stavano abbandonando la sala che li aveva accolti. Hisashi, appena varcata la porta, andò immediatamente alla ricerca di Akira. Quando lo vide in piedi accanto ad una colonna insieme ad Hanamichi, lo raggiunse.
Sulla soglia della grande porta della Casa del Re, qualcuno osservava le sue movenze.
Il Faraone Taoka guardava il figlio mentre si avvicinava al proprio schiavo. Da quando quella mattina aveva fatto irruzione nella sua stanza, un dubbio lo assillava: a chi apparteneva quella voce assonnata che aveva sentito? Più ci pensava, più non riusciva a togliersi dalla mente la risposta che gli era giunta. Ora voleva constatare la sua veridicità.
Attentamente studiava le loro mosse, i loro gesti, le loro azioni, cercando di individuare particolari a cui finora non aveva mai fatto caso, particolari che potessero confermare la sua teoria. Scrutava il movimento delle loro mani per cogliere eventuali sfioramenti tra le loro dita. Esaminava le loro labbra alla ricerca di sorrisi troppo caldi da elargire ad uno schiavo o ad un Principe, a seconda delle parti. Osservava i loro occhi per intercettare rapidi sguardi eloquenti... e furono proprio quest'ultimi a tradirli.
Hisashi, ad un certo punto, si volse verso Akira. Lo guardò intensamente negli occhi per qualche secondo, troppo secondo il Faraone. Ma quel che peggio, era il calore e l'affetto che tale sguardo trasmetteva. Mai aveva visto una luce così intensa nelle sue iridi.
Ora non aveva più dubbi: suo figlio provava qualcosa per quello schiavo.
Ripensandoci, questo poteva spiegare anche l'enorme attaccamento che il Principe dimostrava verso quel ragazzo che aveva attentato alla sua vita, e quella specie di avvertimento rappresentato dal pugnale lanciato contro il suo trono.
"Visir" chiamò il sovrano.
Kaede si volse verso di lui eseguendo un leggero inchino.
"Vorrei parlarvi privatamente nel mio studio" gli disse, passandogli di lato "Seguitemi"
Il passo del Faraone era sostenuto e in poco tempo raggiunse la propria destinazione. Entrò nella sala dove normalmente svolgeva i normali compiti amministrativi. Dietro di lui, il visir chiuse la porta.
Taoka si accomodò dietro la scrivania e chiese al proprio ospite di fare altrettanto sulla sedia situata davanti. Poi iniziò il discorso, arrivando subito al nocciolo della questione.
"Fra due settimane vostra sorella farà il suo ingresso a corte ufficialmente" disse incrociando le mani sul piano del tavolo "E quello stesso giorno verrà fatto anche l'annuncio dell'evento per il quale fino ad oggi è stata minuziosamente preparata"
"Come Sua Maestà desidera" rispose Kaede "Anche se, dovendo essere sincero, mi aspettavo che ciò sarebbe avvenuto fra molto più tempo..."
"Non preoccupatevi, tutto procederà secondo quanto stabilito diciassette anni fa tra me e vostro padre" concluse Taoka alzandosi "Ora potete andare"
Il ragazzo si congedò dal sovrano con un cortese inchino. Varcando la soglia del suo studio, una sola domanda avrebbe voluto porgli: perchè così tanta fretta?
Con quel dubbio, Kaede ritornò alle proprie mansioni.
*
Per giorni e giorni l'indecisione aveva tormentato Hanamichi. Ripensava in continuazione al consiglio che Akira gli aveva dato, dubbioso se applicarlo o meno. Certo, parlandone si sarebbe tolto definitivamente il pensiero, ma poi? Incertezza assoluta...
Anche il fatto che Kaede non sembrasse ancora essersi ripreso dalle rivelazione fatte sul padre influiva sulla sua scelta. Rivelargli i propri sentimenti in questo momento probabilmente avrebbe solo peggiorato le cose. Però, vederlo in quello stato, apatico, lo faceva soffrire...
Quella notte lo schiavo faticava a prendere sonno. Rigirarsi continuamente nel letto lo stava facendo impazzire. Di scattò si alzò, deciso a concedersi una lunga passeggiata, Chissà che non gli fosse servita per addormentarsi una volta che si fosse coricato nuovamente.
Uscì dalla propria stanza e vagò per diverso tempo attraverso i corridoi del Palazzo della Luna. La notte era stranamente afosa e, quando non riuscì più a sopportare il caldo dei lunghi passaggi interni, decise di salire sul tetto ad assaporare la fresca brezza che soffiava nelle notti egiziane.
"Ah! Che bello! Ora sì che mi sento bene!" mormorò il rosso stiracchiando le braccia, mentre l'aria gli accarezzava la pelle bronzea coperta da una tunica senza maniche bianca che ne metteva ancora più in risalto il colore.
Con passo tranquillo si avvicinò al piccolo osservatorio posto a nord, ed entrò all'interno della costruzione.
"Anche tu non riesci a dormire?"
Quella domanda gli gelò il sangue nelle vene per la sorpresa. Attento, si osservò intorno nella speranza di trovare il proprietario di quella voce e, alla luce della luna, scorse una figura seduta sulla panca di pietra posta al centro. Immediatamente riconobbe la folta capigliatura corvina del proprio signore.
"Visir... non mi aspettavo..."
"Siediti"
Lo schiavo si accomodò al suo fianco, in silenzio. Kaede era vestito con una lunga tunica blu, il cui margine inferiore arrivava fin quasi ai piedi che calzavano dei sandali bianchi. Intorno alla vita sottile, una cintura di lino dello stesso colore candido stringeva l'indumento.
"Come mai siete qui, mio signore?" Hanamichi lo guardava con la coda dell'occhio.
"Pensavo..." il suo sguardo era fisso al cielo stellato, dove la luna al massimo splendore brillava, provocando uno strano effetto lucente sul quelle iridi di un azzurro intenso "Dal giorno in cui hai raccontato al Principe quelle cose, è diventata un'abitudine trascorrere la notte qui a meditare..."
A quelle parole, lo schiavo si sentì terribilmente in colpa.
"Visir, io... Ecco..." balbettò fino a che non trovò le giuste parole per esprimersi "Mi dispiace! Non volevo che voi sapeste ciò che vostro padre..."
"Non fa niente, Hanamichi" lo interruppe Kaede "Anzi, forse è meglio così"
Il ragazzo dai lunghi capelli corvini si alzò in piedi, portandosi al limitare dell'osservatorio. Si appoggiò con le mani alla balaustra che delimitava il tetto, sotto la quale placido scorreva il Nilo.
"Ciò che hai detto mi ha aperto gli occhi" riprese, senza abbassare lo sguardo dall'immenso cielo "Avevi ragione: io sono un ragazzino viziato che si interessa solamente di sè stesso..."
"Mio signore..."
"Lasciami finire" lo vide socchiudere le palpebre, afflitto "Nonostante vivessi a contatto sia con mio padre che con Akira, non ho mai sospettato di niente. Al contrario, tu ti sei accorto che qualcosa non andava. Hai una grande sensibilità, sai? Io spesso non guardo al di là del mio naso..."
Le mani candide serrarono la presa sulla sommità della balaustra.
"Ora, quando vedo Akira, mi capita di osservalo con più attenzione. Ho come l'impressione che adesso sia veramente felice. I sorrisi che regala sono diversi da quelli che mi ricordavo... sono dolci e calorosi..."
"Beh, vorrei anche vedere se quell'idiota non fosse felice! Ora che finalmente tra lui e il Principe le cose si sono sistemate e possono amarsi senza pro..." Hanamichi si chiuse la bocca con le mani, rendendosi conto solo quando ormai ebbe finito di cosa esattamente stesse parlando.
"Allora avevo visto giusto..."
La cosa che sconvolse lo schiavo non fu tanto l'aver confermato il dubbio che il proprio signore aveva, ma il sorriso, un po' malizioso, che apparve sul viso di questi. Da quanto tempo era che non vedeva quelle labbra incurvarsi verso l'alto? Non se lo ricordava nemmeno.
"Ti ricordi quando ci siamo conosciuti, Hana?"
Hana? Era la prima volta che il visir lo chiamava con il diminutivo che usava Akira.
"Beh, si..." rispose, mentre con la mente ritornava indietro nel tempo, al giorno in cui era stato salvato da morte certa.
A soli cinque anni, orfano e senza più nessuno al mondo, Hanamichi era stato portato in Egitto dalla lontana terra del sud, la Nubia. Messo in vendita come schiavo nell'immenso mercato di Tebe, nessuno aveva osato avvicinarsi a lui. Additato dalla gente come portatore di sventura a causa dei suoi folti capelli rossi, il colore marchio di Seth, stava per essere lapidato, quando una donna si era fatta avanti, decisa ad acquistarlo per farne lo schiavo personale di suo figlio.
Quella donna era la madre di Kaede.
"Quando ti vidi ebbi paura" continuò il moretto "La tua carnagione olivastra, quei capelli vermigli... Erano strani ai miei occhi. Ricordo che stavo dietro mia madre, aggrappato alla gonna della lunga tunica celeste che indossava. Però, osservando le tue iridi nocciola, capii che eri ancora più spaventato di me..."
Hanamichi non stava capendo più niente. Il visir aveva un atteggiamento completamente diverso dal solito: il suo modo di parlare, la quantità di parole che pronunciava, il tono della voce vellutato e morbido, i suoi sguardi affettuosi, i sorrisi anche se piccoli decisamente espansivi per uno come lui... Era come se davanti avesse un'altra persona.
"Mio signore... S-siete strano stanotte" disse trovando il coraggio di esporre tale frase "Sicuro di sentirvi bene?"
Kaede lo osservò per un attimo, come ferito. Poi quello sguardo divenne indecifrabile, come era sempre stato. Hanamichi si dette dello stupido: per una volta che lui gli parlava come se fossero due semplici amici, era stato in grado di offenderlo. Sconsolato, chiuse gli occhi per un istante.
"Hana..." a quel richiamo sollevò le palpebre, ritrovandosi davanti il volto serafico del proprio amato, che si era inginocchiato di fronte a lui "Sai che tu sei sempre stato l'unica presenza fissa nella mia vita?"
Non si rese nemmeno conto di quello che successe. Il mondo attorno era come se fosse sparito, in una folata di vento. L'unica cosa che sentiva erano quelle labbra sottili che massaggiavano le sue in un bacio. Gli sembrava un sogno, un'illusione che si sarebbe potuta infrangere in un istante. Si lasciò quindi trasportare dal momento, ma quando il suo signore chiese l'accesso alla sua bocca, ebbe paura.
E se si stesse solo prendendo gioco di lui?
Istintivamente Hanamichi si allontanò.
"Forse non ti piaccio?"
Kaede lo guardava con il suo sguardo incomprensibile. Lui al contrario gli stava mostrando solo attraverso gli occhi una miriade di emozioni: timidezza, imbarazzo, disagio, confusione, incertezza, indecisione ed altro ancora.
"No... Cioè, si! Ma ecco, io... Vedete, io... Io non capisco!" riuscì finalmente ad esprimersi, riportando un po' di ordine nelle proprie idee. In fondo voleva solo sapere una cosa "Perchè?"
"Secondo te?"
"F-forse provate qualcosa per me..." il suo fu un mormorio quasi incomprensibile... quasi.
Un piccolo sorriso ornò nuovamente le labbra del moro incantando lo schiavo che poteva ammirarlo così da vicino.
"E' ora di andare a riposare" disse il visir alzandosi "Domani sarà una giornata dura. Il banchetto che il Faraone ha indetto riserverà parecchie sorprese... che purtroppo non saranno molto piacevoli per il tuo amico e il suo amato"
Hanamichi osservò confuso la schiena del proprio signore allontanarsi alla luce della luna, riflettendo sulle sue ultime parole. Che si stesse riferendo ad Akira e Hisashi?
*
Un sole infuocato illuminava la città di Tebe. Dalla veranda del proprio signore, Akira osservava il lento scorrere del fiume che irrigava il giardino. Il caldo faceva soffrire le piante e i fiori che lo componevano, e anche il salice che aveva celato ad occhi indiscreti la loro prima unione sembrava avvizzito.
Nell'attesa di Hisashi, il quale doveva ancora terminare la propria preparazione, non riuscì a resistere alla tentazione di afferrare un recipiente e attingere l'acqua dal Nilo, in modo da poter alleviare un po' la sua sofferenza.
Attento a non sporcare il nuovo perizoma turchese che il suo signore gli aveva donato, si chinò oltre i rami pendenti dell'albero, e versò il liquido alla base del tronco.
"Che stai facendo?"
Sorpreso e un po' spaventato da quella improvvisata alle spalle, Akira si lasciò sfuggire il recipiente, che cadde al suolo. Una mano lo raccolse per poi porgerglielo. Hisashi gli sorrideva dolcemente.
"Dobbiamo andare" disse avvicinando il viso al suo per baciarlo.
Il contatto durò per entrambi troppo poco. Avrebbero voluto approfondirlo, ma il tempo stringeva. Nella Casa del Sole, la sala più grande di tutto il palazzo, un suntuoso banchetto li attendeva. Il Principe avrebbe presieduto alla cerimonia di presentazione a corte della sorella del Visir, mentre lo schiavo sarebbe sempre rimasto alle sue spalle, pronto a servirlo in qualunque momento.
Rientrati in salotto a prendere le ultime cose, Akira ebbe l'occasione di osservare meglio il proprio signore. Dalla testa ai piedi era di un unico colore, quello dell'oro.
I robusti sandali in liste di cuoio che calzava erano intrecciati con strisce di lino di quel colore, lo stesso del perizoma, sul quale era stato raffigurato in ogni sua forma e movenza la divinità protettrice del Principe, Ra; con il prezioso metallo era anche fatta la cintura che reggeva l'indumento. Il torace era ornato da uno splendido pettorale raffigurante un enorme falco dalle ali aperte, mentre in testa era stato collocato l'occhio di Ra, l'ureo d'oro dalla forma di un serpente. Inoltre, il braccio destro era ornato da tre bracciali che gli giravano attorno al bicipite: uno incastonato da lapislazzuli, uno da turchesi e, quello al centro, dalla corniola. Infine, i capelli corti erano stati cosparsi da un unguento che li faceva risplendere alla luce del sole, e le linee dorate che ricalcavano i contorni degli occhi, rendevano il suo sguardo affascinante e penetrante.
"Se non chiudi la bocca vi entreranno le mosche!" disse il Principe imbarazzato dall'incanto con cui il proprio schiavo lo osservava "E smettila di guardarmi in quel modo!"
"Sei... Bellissimo..." sussurrò Akira, facendo avvampare Hisashi.
"Tu pensi forse di essere da meno?!"
Lo schiavo sorrise, avvicinandosi a lui. Prese il mantello dorato che era appoggiato sulla sedia e lo sistemò con cura sulle sue spalle. Questi non resistette all'impulso di abbracciarlo mentre si trovava di fronte a lui.
Quel giorno una strana sensazione di irrequietezza lo pervadeva. Più cercava di trovare il motivo che generasse tale percezione, più non riusciva a capirla. Era come camminare in un lungo corridoio buio, e la paura di cosa potesse aspettarlo nelle tenebre lo terrorizzava... un qualcosa che lui sapeva lo stesse aspettando, ne era certo...
"Qualcosa non va?"
Hisashi si tuffò in quei due occhi come lapislazzuli che lo osservavano preoccupato. Akira aveva sicuramente intuito il suo turbamento, ma non voleva impensierirlo maggiormente. Scrollò la testa in segno di diniego e si avviò verso la porta.
Prima di uscire si volse per sfiorarlo l'ultima volta sulle labbra, in quella che, senza saperlo, poteva essere realmente l'ultima...
*
Hisashi si chiedeva perchè, fin dal primo momento che quella donna era giunta a palazzo, suo padre gliel'avesse affidata completamente. Era stato lui infatti a riceverla al porto con l'omaggio che il Faraone aveva fatto preparare, una magnifica collana tempestata da splendidi turchesi. Era stato lui a farle da cavaliere per tutto il ricevimento in suo onore, presentando i nobili e le alte autorità che erano presenti. Era lui, ora, ad occupare il posto al suo fianco al banchetto, in un tavolo appositamente preparato per loro due, separato da quello reale dove sedeva normalmente alla destra del padre.
Al contrario di lui, che odiava svolgere queste formalità, suo fratello Ryota sarebbe stato l'uomo più felice d'Egitto: da quando l'aveva vista non staccava gli occhi di dosso da quella figura, secondo lui, divina...
"Siete molto nervoso, Principe" disse la ragazza osservandolo con la coda dell'occhio "Ma in fondo vi posso capire... Anch'io sono stata contraria fin dall'inizio a questa decisione. Purtroppo mio fratello mi ha costretto a mantenere la promessa che mio padre fece anni or sono..."
Strappato ai propri pensieri, Hisashi si volse per guardarla un istante. Finemente truccata e vestita con un lungo abito turchese molto attillato e stretto sotto il seno, dalla stoffa finissima che lasciava intravedere le forme, portava i lunghi capelli neri e ricci raccolti da un fermaglio d'oro che li lasciava ricadere sulle spalle scoperte. Mentalmente riesaminò ciò che aveva appena detto, ma ciò risultò invano perchè il senso del discorso gli rimase oscuro...
"Nobile Ayako... Ma di cosa state parlando?"
La sorella del Visir parve sorpresa di quella domanda.
"Volete dire che voi non sapete..."
La frase non terminò, interrotta dalla voce del banditore che chiedeva silenzio e attenzione a tutti i presenti nella Sala del Sole, annunciando il discorso del Faraone.
"Miei onorevoli ospiti" disse suo padre, una volta alzatosi in piedi "Vi do il benvenuto a
questo giorno di festa organizzato in onore della nobile Ayako, sorella del Visir Kaede..."
A quelle parole ne susseguirono molte altre, ma Hisashi non ne ascoltò neppure una. Nella sua mente c'era posto solo per una domanda: che cosa non sapeva? L'ansia si impadronì del suo essere. C'era qualcosa che non andava, ma non riusciva a capire cosa...
"...Ma le sorprese, signori, non sono finite qui" gli occhi di suo padre si puntarono su di lui, riportandolo alla realtà "E' con gioia che annuncio che il prossimo primo giorno dell'anno, nella piazza principale al cospetto di tutti gli abitanti di Tebe, verrà celebrato il matrimonio tra mio figlio, il Principe ereditario Hisashi, e la nobile Ayako"
Allo stesso tempo sbalordito e disorientato da tale notizia, Hisashi trattenne il respiro per qualche secondo, mentre nella sala si innalzarono inni al Faraone e ai due futuri sposi.
Fu un rumore di cocci rotti alle sue spalle a strapparlo da quella specie di trance. Akira, seduto sui talloni dietro di lui e pronto a servirlo in ogni momento, si era lasciato sfuggire la brocca con il vino che stringeva tra le mani. Ora, mordendosi un labbro con occhi vacui, stava raccogliendo il liquido disperso sul pavimento con uno straccio, evitando di alzare lo sguardo verso di lui. Probabilmente, se l'avesse fatto, sarebbe scoppiato in lacrime.
Vedere il suo amato sull'orlo della disperazione fece crescere in lui una rabbia disumana.
"Un momento!" quell'urlo mise a tacere tutti i presenti all'istante, che iniziarono a guardarsi sorpresi per l'intervento del Principe "Padre, non ho nessuna intenzione di accettare questo matrimonio!" un forte mormorio si alzò tra i tavoli.
"Figlio mio..." Taoka lo fissava con aria di sfida "La sposa forse non è di vostro gradimento? Eppure è una così bella donna. Sono in molti che ambirebbero essere al vostro posto"
"Non è questo il problema!" rispose, non volendo certo offendere la ragazza davanti all'intera corte di Tebe.
"Hisashi, ascoltami bene" il Faraone si stava innervosendo "Io e suo padre abbiamo combinato il vostro matrimonio fin dalla nascita di Ayako. Da allora lei è stata educata per svolgere il futuro ruolo di Regina. Ora, d'accordo o meno, tu la sposerai!"
"Come vi permettete di decidere della mia vita senza nemmeno consultarmi!?"
Questa fu la goccia che fece traboccare il vaso.
"Se la metti su questo piano..." sussurrò Taoka "Guardie! Arrestate quello schiavo!"
Il dito del Faraone indicava Akira che, in men che non si dica, si ritrovò circondato. Costretto a rimanere immobile a causa delle lance che gli puntavano addosso, osservò smarrito il proprio signore. E in quel momento entrambi capirono che il sovrano era senza alcun dubbio a conoscenza della loro relazione.
"L'accusa è di alto tradimento" continuò Taoka "Tramite un maleficio costui ha sedotto il Principe, mettendo in pericolo la discendenza divina del Faraone. Portatelo via!"
Lo schiavo venne afferrato per le braccia da due guardie, che iniziarono a trascinarlo verso l'uscita. Il Principe allora corse in suo aiuto, e ne atterrò una con un poderoso gancio destro in pieno volto. Ne scaturì una colluttazione dove purtroppo ebbe la peggio: in minoranza, venne bloccato dalle guardie e una fu costretta a stordirlo, colpendolo in testa con il bastone della propria lancia. Attoniti, i presenti in sala osservavano il Principe cadere a terra svenuto.
"Hisashi!" urlò Akira mentre veniva condotto a forza fuori dalla sala.
Lo schiavo fu portato nelle segrete poste sotto l'edificio principale dell'esercito, dove venne rinchiuso in una cella. Lasciato solo, completamente al buio, si sedette in un angolo, sopra un cumulo di paglia. Con le gambe strette al petto, cinte sulle ginocchia dalle proprie braccia, guardava l'oscurità che lo circondava con timore e apprensione nel ricordo di ciò che era accaduto l'ultima volta che era stato imprigionato in un luogo molto simile a quello.
"Io... Io non voglio restare qui..." sussurrò nascondendo il volto tra le braccia e stringendosi ancora di più "Hisashi..."
Dagli occhi azzurri come il cielo, una lacrima simile ad una goccia di pioggia percorse la sua guancia...
*
"Kazushi... Come sta mio figlio?" chiese il Faraone, terminati gli argomenti del giorno di cui dovevano discutere i componenti alla Casa del Re.
"Le sue condizioni per ora sono stabili, ma se continua a non mangiare come ha fatto in questi ultimi cinque giorni, non potranno che peggiorare..." disse il Medico Capo del Nord "Il suo fisico si sta indebolendo. Se si ammalasse ora sarebbe molto pericoloso, in quanto il corpo da solo non sarebbe in grado di reagire alla malattia"
"Nonostante tutto, questo non gli impedisce di recarsi ogni mattina alle celle dove è rinchiuso quello schiavo" intervenne Kenji, che veniva informato del fatto appena citato dall'addetto custode "Naturalmente, come voi avete ordinato Maestà, a nessuno viene data l'opportunità di vederlo, Principe compreso..."
"Le condizioni di questi?" domandò Taoka.
"Nemmeno lui mangia" Kenji fece un lungo sospiro "Inoltre sembra terrorizzato dall'essere rinchiuso in quella cella. Rimane sempre confinato in un angolo, vigile e attento a qualunque rumore lo circondi..."
"Ho capito..." il Faraone si alzò in piedi "Dichiaro chiuso il Consiglio. Potete andare"
I partecipanti si alzarono dalle proprie postazioni; l'unica vuota era quella appartenente al Principe Hisashi. Dal giorno del banchetto questi si era chiuso nei propri appartamenti rifiutandosi, oltre che di mangiare, anche di svolgere le funzioni amministrative che gli spettavano.
Raggiunta la sala antistante la Casa del Re, Taoka richiamò lo Scriba Reale.
"Si, Maestà?" disse questi, esibendo un cortese inchino.
"Accompagnami allo studio"
Il Faraone si incamminò lungo il corridoio che lo avrebbe portato a destinazione. Al suo fianco, mezzo passo indietro, Kiminobu lo seguiva, chiedendosi mentalmente il perchè di quella richiesta. Per diversi minuti, l'unico rumore che si udì fu quello dei loro passi.
"Secondo te, dove ho sbagliato?" la voce del sovrano giunse inaspettata, il cui tono cupo lo colpì per l'amarezza che trasmetteva "Vedi, con Hisashi non sono mai stato in grado di stabilire un buon rapporto. Fin da bambino è stato insolente, arrogante e superbo. Ho sempre cercato di frenare questa sua indole, dandogli maggiore responsabilità, cercando di renderlo consapevole del futuro ruolo che sarebbe andato a ricoprire, un ruolo insito di difficoltà... So che tu gli sei amico, e quindi..."
Che il Faraone si sentisse in colpa per come suo figlio si stava comportando? Oppure per il fatto che stesse soffrendo? Purtroppo Kiminobu non poteva saperlo, ma non per questo non rispose. Prese fiato e iniziò ad esporre il proprio pensiero.
"Forse è proprio questo il problema, Maestà" disse "La severità con cui è stato educato non ha lasciato spazio all'affetto che ogni figlio riceve dal proprio padre. Inoltre, la consapevolezza che il proprio destino fosse già deciso, lo ha reso ancora più intollerante verso quella carica"
Taoka rimase in silenzio. Continuò a camminare pensando a ciò che il ragazzo gli aveva detto, e non potè che concordare con lui.
"Penso che tu abbia ragione..." disse una volta giunti di fronte alla porta che dava sul suo studio. Due guardie, come sempre, la sorvegliavano "Puoi andare... E grazie per la chiacchierata"
"E' un piacere esservi d'aiuto, Maestà" e con un inchino Kiminobu si congedò.
Il Faraone entrò nella sala e si avvicinò alla finestra che dava sul Grande Fiume. Con le mani unite dietro la schiena, osservò le tenue sfumature d'oro che iniziavano a colorare le colline di sabbia e roccia retrostanti le case situate sull'altra sponda, mentre l'azzurro del cielo si amalgamava al rosso del tramonto. Gli ultimi battelli commerciali transitavano sulle acque illuminate dal sole calante e i ritardatari si affrettavano a raggiungere le proprie abitazioni. La città di Tebe si stava preparando alla sera che presto sarebbe scesa.
Bussarono alla porta. Jun, il capo schiavo, gli chiese se voleva che fosse servita la cena. Taoka rispose di sì, chiedendo di farla portare nello studio. Doveva rivedere alcuni decreti che il Visir gli aveva consegnato nel pomeriggio e che dovevano essere approvati entro la mattina seguente. Si mise quindi a sedere a sfogliare i papiri in attesa del pasto serale.
Ad un certo punto udì due tonfi sordi. Taoka alzò lo sguardo dai sottili fogli e rimase in ascolto, ma non udì altro. Alla fine concluse di esserseli immaginati, quindi riprese a lavorare. Ma non fu per molto. Infatti, poco dopo, dalla porta fece il suo ingresso un ragazzo bruno con il mano un vassoio.
"La vostra cena, Maestà" disse il servo, fermandosi di fronte alla scrivania.
Il Faraone lo osservò posare il cibo su una parte libera del tavolo. Non molto alto, dai lunghi capelli mossi e gli occhi neri, era sicuro di non averlo mai visto.
"Sei nuovo, vero?"
"In effetti è la prima volta che ho l'occasione di portarvi la cena..." nel parlare, il ragazzo evitò di guardarlo negli occhi, tenendoli fissi sugli oggetti che stava maneggiando.
"E Kakuta?"
"Purtroppo è morto questo pomeriggio" con le mani giunte su davanti, il ragazzo esibì un leggero inchino "Mi dispiace di essere portatore di tali spiacevoli notizie"
Kakuta era il servo che per più di due anni gli aveva servito i pasti. Nonostante con lui avesse scambiato solo qualche frase, si era affezionato alla sua presenza. Quella notizia lo rattristì. Gli sarebbe piaciuto vederlo per l'ultima volta, ma sapeva che non era possibile. Quindi rivolse un pensiero agli Dei perchè lo potessero accettare nel regno eterno che un giorno avrebbe raggiunto anche lui...
"Come vi chiamate?"
"Kiyota, Maestà"
...Un giorno che era molto più vicino di quanto potesse immaginare.
*
"Do'aho, se hai qualcosa da chiedermi, smettila di fissarmi e fallo"
Il rosso si fermò di colpo. Era da quando avevano lasciato la Casa del Re che scrutava il proprio signore in attesa di trovare il momento opportuno per parlargli. Ora sembrava che ciò l'avesse innervosito.
Il Visir si arrestò a sua volta, puntandogli quello sguardo di ghiaccio addosso, uno sguardo che valeva più di mille parole. Ormai non aveva scelta: Kaede non si sarebbe mosso di un altro millimetro se non dopo aver ascoltato la sua richiesta.
"Ecco..." Hanamichi era titubante, ma riuscì a trovare il coraggio "Se me lo permettete, io vorrei recarmi dal Principe Hisashi"
"Nh?" una chiara domanda di motivare maggiormente questa necessità.
"Beh... Vorrei sincerarmi delle sue condizione e..."
"Do'aho, tu non sei un medico" lo interruppe Kaede "E se vai da solo le guardie non ti faranno mai passare..."
Il Visir riprese la propria strada. La lunga tunica color panna che indossava sfiorava il pavimento con leggerezza, sospinta dai passi aggraziati di quella creatura dotata di immensa bellezza. Hanamichi, dopo qualche attimo di esitazione, lo seguì.
Normalmente rimaneva come ammaliato dal proprio signore, ma in quel momento il sentimento preponderante in lui era l'ansia. Venire a conoscenza del terrore che Akira provava nel rimanere rinchiuso in quella cella presso l'edificio militare lo turbava. Sicuramente, all'amico, l'oscurità di quel luogo e il senso di prigionia rammentavano il passato.
Avrebbe voluto aiutarlo, liberarlo, ma non aveva i mezzi per farlo, esattamente come non li aveva avuti il giorno del banchetto. Allora era stato ad un passo dal lanciarsi nella mischia, con l'intento di fermare le guardie che avevano arrestato il porcospino a suon di pugni, ma Kaede l'aveva trattenuto facendolo ragionare: da solo non sarebbe stato in grado di aiutarlo, anzi, si sarebbe messo nei guai anche lui, peggiorando la situazione.
Fece un lungo sospiro di rassegnazione. I suoi occhi si chiusero per un attimo, e quando li riaprì ebbe un'amara sorpresa. Il suo signore era sparito. Allarmato, si osservò intorno, ma non lo vide da nessuna parte. Ritornò sui propri passi, fino all'incrocio con un altro corridoio poco indietro. E stavolta il suo sospiro fu di sollievo.
Kaede aveva svoltato a sinistra senza che lui se ne accorgesse.
"Ma... mio signore! Perchè state andando da questa parte?" chiese Hanamichi. Infatti la strada che il visir aveva intrapreso non era quella corretta "La vostra nave ci aspetta al porto che è..."
"Non eri tu che volevi andare dal Principe?" Kaede si fermò per osservarlo da sopra le spalle, senza voltarsi.
Il volto del rosso era lo stupore fatto a persona: bocca semiaperta e occhi spalancati infissi su quel ragazzo moro che al contrario di lui era imperscrutabile, ma che nel vederlo così scrollò la testa in segno di rassegnazione. Fu allora che Hanamichi si riscosse, e sfoderò un sorriso caldo da orecchio a orecchio, mentre copriva a grandi passi i pochi metri che li divideva.
Quando giunsero agli appartamenti del Principe, il Visir e il suo schiavo furono fatti passare senza problemi. Una volta entrati nel lussuoso salotto, però, lo trovarono vuoto.
Avvicinandosi alla veranda, Hanamichi scorse la figura di Hisashi nel giardino. Questi reggeva tra le mani una bacinella colma d'acqua e lentamente si stava dirigendo verso un enorme salice. Scostati i rami pendenti, versò il liquido rigenerante del Nilo alla base del tronco. Una volta terminata tale operazione rientrò nel salotto, passando a lato dello schiavo come se non ci fosse. Anche Kaede venne completamente ignorato. Pazientemente, attesero.
"Che cosa volete?" disse Hisashi, scocciato dalla loro presenza non richiesta. Il suo sguardo voleva essere freddo e distaccato, ma in realtà trasmetteva la tristezza e l'infelicità di chi è separato con la forza dalla persona che ama.
"Dovreste reagire piuttosto che chiudervi in voi stessi" il Visir non voleva essere scortese, ma di natura non sopportava le persone deboli.
"Tu! Come ti permetti di venire qui, senza nemmeno essere invitato, e dirmi quello che devo o non devo fare!"
"Il mio era solo un consiglio, Principe, non un ordine"
Dal tono di voce non ostile di Kaede, Hisashi si rese conto di aver reagito con eccessiva arroganza, preso dall'ira. Stancamente si lasciò cadere su una sedia. Quella situazione gli stava facendo perdere la ragione. Se la notte non dormiva per il continuo rigirarsi nel letto in cerca del corpo caldo e rassicurante di Akira, di giorno non faceva che osservarsi intorno nella speranza di vederlo apparire da una porta, con quel sorriso splendido che ravvivava le sue giornate... Ora il suo sole era rinchiuso in una cella sporca e buia...
"Kaede, ti posso chiedere una cosa?" Hisashi attese il segno di assenso e porse la sua domanda "Come ti sentiresti se ti separassero a forza da Hanamichi? So che siete cresciuti praticamente insieme..."
Il viso candido del Visir divenne ancora più pallido. Lo vide abbassare la testa per nascondere gli occhi con i lunghi fili neri che formavano la sua chioma, ma non celare il morso del labbro inferiore.
"Rispondi sinceramente"
Hisashi era venuto a conoscenza tramite Akira dei sentimenti che il rosso provava per il proprio signore, sentimenti che secondo lui erano pienamente ricambiati. Nonostante lo sguardo del Visir fosse quasi sempre indecifrabile, i suoi occhi erano il più delle volte rivolti verso lo schiavo, o comunque alla ricerca di esso. Nel momento in cui incontravano quella figura abbronzata e slanciata, l'espressione seppur impercettibilmente diveniva più rilassata e tranquilla. L'unico obbiettivo di quella domanda era di fargli comprendere la situazione che stava vivendo, una situazione difficile da accettare e dalla quale reagire.
"Ne morirei..."
Hanamichi, rimasto immobile e attento a quella conversazione, sussultò al soffio di parole di Kaede. Non aveva mai pensato di essere così importante per il proprio signore, nemmeno dopo il bacio che costui gli aveva rubato quella sera al cospetto di Nut, sotto le stelle che riempivano e illuminavano il cielo. Ora era lì, intento a fissare quelle iridi di ghiaccio che si erano rivolte a lui, nelle quali finalmente riusciva a scorgere quel sentimento di amore profondo che per tanto aveva cercato. Il suo cuore batteva così forte che sembrava voler uscire dal petto. E se non fosse stato per il trambusto giunto dal corridoio, avrebbe gettato le braccia al collo del proprio signore dalla gioia.
"Ma che succede?" mormorò Hisashi osservando la porta d'ingresso ai propri appartamenti.
Kaede chiuse gli occhi abbassando leggermente la testa, spezzando così l'incantesimo di sguardi che si era creato. Poi disse ad Hanamichi di andare a chiedere alle guardie cosa stesse accadendo. Lui obbedì senza proferire parola, ancora scosso dal turbine di emozioni che si erano impossessate del suo corpo.
"Una cosa gravissima!" rispose allarmata la guardia che interpellò una volta aperta la porta "Il Faraone è stato pugnalato nel proprio studio!"
"Cosa?!"
Hanamichi venne scosso da un brivido freddo. Non riusciva a credere che ciò fosse vero: un attentato al Faraone. Era incredibile come il nemico si fosse intrufolato nella corte, tanto da arrivare a colpire il sovrano nel suo stesso studio, all'interno del Palazzo del Sole. Stava per chiedere ulteriori dettagli alla guardia, quando sentì qualcuno passargli alle spalle.
"Principe! Aspettate!"
Hisashi correva lungo il corridoio. Era affaticato, e la sua andatura risultava incerta a causa della debilitazione dovuta al non nutrimento degli ultimi giorni, ma non per questo rallentava il passo. Era l'agitazione la forza che lo spinse a precipitarsi allo studio. Non voleva credere a ciò che aveva appena sentito, e voleva controllare di persona che suo padre stesse bene.
La vista gli si annebbiò per un istante. Senza fermarsi, chiuse gli occhi. Quando li riaprì si ritrovò senza nemmeno accorgersi sdraiato supino sul pavimento: violentemente aveva sbattuto contro qualcosa. Mentre si massaggiava la testa dolorante con una mano, si mise a sedere sul pavimento. Davanti a lui, nella stessa posizione, stava un servo. Questi, appena lo riconobbe, spalancò gli occhi e si inchinò iniziando una lunga cantilena di scuse. Rialzatosi, Hisashi riprese a correre, non senza aver prima lanciato un'ultima occhiata al ragazzo ancora prostrato a terra.
Fu allora che percepì qualcosa con lo sguardo, un particolare che la sua mente al momento non ebbe il tempo di memorizzare, troppo preoccupato per le sorti del padre.
Con un ultimo sforzo arrivò allo studio del Faraone. Fuori dalla porta, numerose guardie sorvegliavano l'entrata tenendo lontano i curiosi. Quando lo videro, lo fecero passare inchinandosi con rispetto.
Hisashi oltrepassò la soglia con le mani tremanti che sudavano per l'agitazione. All'interno della stanza c'erano solo Kenji, Toru e Kazushi. Quest'ultimo era inginocchiato a terra di fronte a qualcuno di cui si intravedevano solo le gambe, distese sul pavimento. Fu solo concentrandosi meglio sulla figura del medico che notò la pozza di sangue ai suoi piedi. Al pensiero che appartenesse a suo padre, si sentì mancare.
Non poteva essere vero. Sperava con tutto il cuore che la persona supina a terra non fosse il Faraone. Per questo prese coraggio e, facendo leva sul proprio autocontrollo, si avvicinò.
Il Grande Leone d'Egitto e il Primo Ufficiale fecero un passo indietro per lasciarlo passare, mentre il Medico Capo del Nord si alzò, spostandosi a sua volta. La visuale sul corpo era ora libera.
Suo padre, colpito al cuore, giaceva a terra immobile. Il perizoma reale imbrattato dal liquido rosso della vita, la corona d'oro che portava quel giorno sul pavimento a qualche piede di distanza dal suo possessore, le braccia abbandonate sui fianchi, gli occhi vitrei a guardare il soffitto.
Hisashi si chinò su di lui. Sconvolto, si morse il labbro nel tentativo di trattenere le lacrime, mentre con le dita chiuse le palpebre del sovrano. Nonostante non vi andasse molto d'accordo, Taoka era pur sempre suo padre e la sua morte, così improvvisa e crudele, lo addolorava più di quanto avesse mai potuto immaginare.
Velocemente osservò lo studio soffermandosi sulla scrivania sul cui bordo era conficcato un pugnale che reggeva un papiro. Su di esso torreggiavano i geroglifici che componevano la frase 'Morte al Falso Faraone'.
"Che Seth vi maledica!" disse a denti stretti, mentre mosso dall'ira afferrava con forza il foglio penzolante, strappandolo "Chi è l'ultima persona che è entrata in questa sala?"
"Un servo" rispose Kenji "Gli ha portato la cena"
"Un servo?"
Il Principe si alzò in piedi e in quel momento la sua mente elaborò ciò che i suoi occhi avevano visto: il bordo del perizoma appartenente al ragazzo bruno con cui si era scontrato nel corridoio era sporco di sangue.
"Bloccate tutte le uscite dal palazzo!" urlò Hisashi "Subito!!"
In men che non si dica, i due ufficiali uscirono dallo studio a impartire gli ordini. Anche lui si precipitò nel corridoio, ritornando sui propri passi. Aveva incrociato l'assassino di suo padre e non aveva mosso un dito per fermarlo! Si ammonì mentalmente per essere stato così ottuso da non accorgersi prima di quell'importante particolare, ma ora non aveva più importanza. L'unica cosa che contava era trovare quel ragazzo.
Tenendo conto della strada che aveva intrapreso, meditò sulla via di fuga che avrebbe usato. Quando realizzò da dove sarebbe presumibilmente scappato, aumentò l'andatura della sua corsa affannata. Sperava con tutto il cuore di fare in tempo.
*
Kiyota camminava lungo il corridoio il più tranquillo possibile. Non doveva dare dell'occhio, ma aveva la necessità di abbandonare il palazzo il prima possibile. Presto nessuno sarebbe più stato in grado di farlo, ne era sicuro, e se l'avrebbero arrestato la conseguenza non poteva essere che una: morte.
Fece un profondo respiro socchiudendo gli occhi, e continuò ad avanzare verso l'uscita oltre la quale i suoi soldati lo aspettavano per ritornare nel Basso Egitto, cercando di trattenere la rabbia che lo invadeva per come si erano svolte le cose.
Il piano che aveva preparato era andato completamente a rotoli. Erano riusciti senza problemi a liberarsi delle guardie davanti alla porta, e il falso Faraone avrebbe solamente dovuto mangiare la cena che gli aveva portato: il Sangue di Seth con cui era stata 'condita' avrebbe fatto il resto. E invece no. Taoka si era insospettito per quel cambio repentino di servo e lui non aveva avuto altra scelta: estratto il pugnale da sotto il perizoma, l'aveva colpito al cuore, affondando l'arma fino al manico. Sperava che quel bastardo fosse ora morto e che gli Dei non accettassero la sua anima nell'aldilà. In questo modo, il Falso Faraone sarebbe stato condannato a vagare in eterno senza pace.
Uscì sulla piazza. Davanti a lui si alzava la cinta che circondava il Palazzo del Sole, in cui l'unica breccia di passaggio era costituito dalla Porta del Fuoco. Doveva solo discendere una ventina di scalini, percorrere altri dieci metri e sarebbe stato salvo.
Sbiancò nel vedere che le guardie stavano per chiudere l'ingresso.
Allungò il passo e scese i gradini con rapidità, mentre la sua mente produceva una scusa plausibile con la quale sarebbe riuscito a superare l'ultimo insormontabile ostacolo di quella missione.
Ma arrivato al termine della scalinata, fece l'errore che gli costò la libertà.
Kiyota si volse indietro, per verificare se qualcuno lo stesse seguendo. Proprio in quel momento, Hisashi si affacciò ad una delle balconate sopra di lui. I loro sguardi si incrociarono e il tempo sembrò fermarsi. Quando gli occhi neri del suo nemico si spalancarono, il Generale seppe che stava cercando proprio lui.
"Fermate quell'uomo!!" urlò il Principe indicandolo "Ha assassinato il Faraone!!"
La velocità con cui fu circondato lo sorprese. Uno stuolo di guardie lo accerchiò, rivolgendo la punta delle lance contro di lui. Inoltre innumerevoli arcieri impugnarono il loro arco e si misero in posizione, pronti a scagliare i potenti dardi al primo tentativo di fuga o resistenza.
Un uomo molto alto si fece largo fra i militari, arrivando alle sue spalle. Con una corda gli immobilizzò le braccia dietro la schiena, strattonandole con tanta forza da fargli male, ma non emise neppure un lamento. Poi fu portato al cospetto del Principe che nel frattempo era sceso al piano inferiore.
"Ottimo lavoro Toru" disse Hisashi "Ora tienilo fermo"
Fu allora che alzò un braccio e, raccogliendo le sue ultime forze, fece partire un pugno che colpì Kiyota in pieno volto, stordendolo. Quando questi si riprese lo fissò negli occhi in segno di sfida, sfoggiando un sorriso soddisfatto che inquietò il figlio del Faraone. Quel sorriso lui già lo conosceva, e in quel momento si ricordò dove l'aveva già visto: a Denderah, il giorno in cui era andato con Akira a pescare.
"Fatelo sparire dalla mia vista!" urlò turbato "Portatelo via!"
Il suo ordine fu eseguito alla lettera, e il prigioniero venne trascinato altrove. Hisashi si sentì sollevato di non averlo più di fronte, ma adesso che l'adrenalina per l'agitazione era scomparsa subentrò la spossatezza. Per un attimo la vista gli si annebbiò.
"Principe, siete stanco e provato. Dovreste riposarvi" gli suggerì il Primo Ufficiale.
"No. Ora non posso. C'è un'altra cosa che devo fare..."
Fece un profondo respiro, poi rientrò a palazzo.
*
A scandire il tempo che trascorreva inesorabilmente lento c'era il suono di una goccia. A intervalli regolari, questa si staccava sempre dallo stesso punto del soffitto umido e cadeva nel vuoto, fino ad incontrare la ruvida pietra fredda che componeva il pavimento, provocando quel ticchettio che segnava il passare di un'altro istante.
Da quanti giorni era ormai rinchiuso? Non lo sapeva.
Più volte qualcuno era entrato portandogli del cibo che lui si era sempre rifiutato di toccare, ma ne aveva perso il conto, o meglio, non le aveva mai contate. Senza finestre che davano all'esterno, quello sarebbe stato il solo modo per capire l'effettivo passare dei giorni, ma non gli importava. L'unica cosa che desiderava era riabbracciare Hisashi, baciarlo e fare l'amore con lui.
Al pensiero del proprio amato, la terribile morsa che gli chiudeva lo stomaco si strinse e il dolore che gli feriva il cuore aumentò d'intensità. Infine, un forte bruciore agli occhi glieli fece lacrimare. E pianse, nel buio di quella squallida cella i cui muri di solida pietra provocavano l'eco dei suoi singhiozzi, l'unico rumore che si sarebbe udito nel silenzio delle prigioni.
Ma non fu così.
Qualcuno si stava avvicinando. Si sentirono i suoi passi oltre la porta, lungo il corridoio.
Smise di piangere e trattenne il respiro rimanendo in ascolto, in attesa che tale suono cessasse. Ciò accadde proprio davanti all'uscio della sua cella. Da sotto di esso si intravide il chiarore provocato da una torcia. La porta venne quindi aperta.
Un cono di luce illuminò l'angolo destro della stanza, quello opposto a dove si trovava. L'ombra del visitatore sconosciuto si allungò proprio al centro. Capì subito che non era la persona addetta a consegnargli il cibo e per questo si racchiuse, ancora di più impaurito.
"Akira?"
Quella voce dolce e sensuale la conosceva. Come poteva dimenticare il tono con cui Hisashi pronunciava il suo nome? Ma non si mosse, rimanendo nell'oscurità del suo angolo. Non voleva farsi illusioni. In fondo l'avevano rinchiuso in quel posto proprio per separarlo dal Principe, che ora aveva una futura sposa a cui dare le proprie attenzioni. Perchè mai sarebbe dovuto venire lì? Sicuramente stava sognando...
Lo sconosciuto oltrepassò la porta ed entrò nella lugubre stanza, rischiandola con la torcia accesa che reggeva in mano. Si coprì il volto, infastidito da quella luce intensa a cui i suoi occhi azzurro cielo non erano più abituati.
"Akira!"
Ancora quella voce. Cercò di vedere il viso della persona che gli venne incontro, ma non ci riuscì. Potè solo percepire le sue braccia che lo strinsero con forza, ma senza fargli male. Poi lentamente si abituò alla luce, e incrociò due occhi neri che lo guardavano con ardore ed amore.
Hisashi.
Non sapeva perchè il Principe si trovasse lì, di fronte a lui. Ma le spiegazioni sarebbero giunte dopo. Ora c'era qualcosa di più urgente da soddisfare, ovvero la voglia di un contatto più intimo, da innamorati. Così le loro labbra si cercarono e si trovarono, unendosi in un bacio dolce ma allo stesso tempo appassionato.
"Ehm ehm..." fece Toru dietro di loro, imbarazzato nel sentirsi il terzo incomodo. Quando i due si allontanarono, riprese a parlare "Forse è meglio che ritornate ai vostri appartamenti, mio Principe. Siete entrambi stanchi e provati. Sono sicuro che vorrete riposarvi, dopo un bel bagno rigeneratore e una buona cena nutriente..."
Hisashi concordò con il Primo Ufficiale. Si rimise in piedi ed aiutò Akira a fare altrettanto. Infine uscirono dai sotterranei diretti alle sue stanze.
*
Quella mattina, prima del sorgere del sole, il popolo si riunì di fronte all'entrata del Tempio di Osiride, luogo nel quale era in corso da una settimana circa la cerimonia di iniziazione del Principe. Solo al termine di essa poteva essere proclamato Faraone.
Durante quei giorni, Hisashi era stato sottoposto a numerosi lavaggi in acqua fredda, sia di giorno che di notte, affinché il proprio copro fosse pulito da ogni impurità. La notte scorsa era iniziata l'ultima fase della cerimonia, ovvero la preghiera con i sacerdoti e la vestizione con le dodici tuniche rappresentanti le dodici zone diverse della volta celeste. All'alba, il Principe sarebbe stato investito dalla tredicesima tunica, indumento tessuto in oro ed argento e tempestato di pietre preziose, mentre sul capo gli sarebbe stata posta la conica corona bianca, il Khedyet, simbolo della sovranità sul regno dell'Alto Egitto. Solo allora sarebbe uscito dal tempio per ricevere sulla fronte il bacio del primo raggio di sole, consacrazione del Dio solare Ra.
Akira si trovava tra la folla, alla sinistra dell'entrata. Da quando aveva saputo della morte del Faraone Taoka dal suo amato, era in perenne pensiero per lui. Nei giorni precedenti all'avvio della cerimonia, l'aveva visto spesso agitato per le future incombenze e responsabilità che lo attendevano. Avrebbe voluto aiutarlo, ma l'unico sostegno che aveva potuto dargli era stata la sua vicinanza, la propria presenza. Così, anche quel giorno, aveva voluto essere al suo fianco. Per questo non era riuscito a rimanere nella piazza delle cerimonie di fronte al Palazzo del Sole, luogo nel quale tutte le più alte cariche dello stato attendevano l'arrivo del nuovo Faraone; questi, una volta uscito dal tempio, vi sarebbe giunto percorrendo la Strada d'Oro, un immenso viale lastricato da pietre di un giallo luccicante.
"Stai tranquillo porcospino..." disse Hanamichi che l'aveva seguito per tenergli compagnia "Se rimarrai al suo fianco di sicuro riuscirai a mettere un po' di sale in zucca a quel princip... Ugh!" il rosso si toccò lo stomaco, punto in cui ricevette la gomitata "Ehi! Ma che modi sono!!"
"Tu sei sempre in cerca di guai, eh?"
Akira era rassegnato. Nonostante glielo avesse ripetuto più di una volta, continuava a lanciare insulti a persone troppo importanti perchè le parole potessero rimanere inascoltate.
"Guai? Io ti stavo dando semplicemente un consiglio da Tensai, e tu ricambi alzando le mani?"
"Hana non urlare!" lo riprese il moro, facendogli segno con l'indice sulle labbra di restare in silenzio "Le porte del tempio si stanno aprendo..."
Il sole si stava affacciando proprio in quel momento oltre l'orizzonte. Il piazzale del tempio fu illuminato dai primi raggi nell'istante in cui Hisashi varcò l'enorme porta. Fermatosi al centro, il nuovo Faraone attese che la luce lo colpisse interamente, facendo così brillare la tredicesima tunica che indossava e la conica corona bianca che portava sul capo.
Fu allora che il popolo davanti a lui si inchinò fino a toccare la rude terra con la fronte.
Solo Akira rimase in piedi, troppo affascinato dalla bellezza di quell'immagine divina, incapace di distogliere lo sguardo da essa. Vedere il proprio amante in quella posa così solenne e maestosa, avvolto in quel bagliore dorato, lo commosse.
Nel momento in cui Hisashi volse il capo verso di lui, si rese conto di essere l'unico che ancora non si era prostrato a terra in segno di ossequio. Velocemente si inginocchiò per toccare il suolo con la fronte e rendere omaggio al nuovo Faraone dell'Alto Egitto.
"Ti eri incantato, eh?" lo sfottè Hanamichi, mostrandogli un sorriso allusivo una volta che l'amico si chinò.
"Beh... come potevo non rimanere affascinato dalla più bella creatura di tutto l'Egitto?" gli rispose ironico Akira mentre, con la testa leggermente sollevata, osservava il sovrano incamminarsi sulla Strada d'Oro.
"Cosa?!" esclamò il rosso indignato da quell'affermazione "Guarda che è Kaede la creatura più bella di tutto l'Egitto!! Anzi di tutto il mondo!!"
Akira, mentre si risollevava da terra, non riuscì a trattenere una risata, risata che cercò di celare in qualche modo nel momento in cui incrociò lo sguardo minaccioso e fulminante dell'amico.
"A proposito... Come vanno le cose fra voi due?" il moro cercò di cambiare discorso.
Fu l'intenso rossore che apparve sulle guance a rispondere per lui. Akira sorrise felice per l'amico che finalmente poteva vivere il proprio amore senza riserve.
"Vieni Hana..." disse riportando gli occhi su Hisashi "Voglio essere in prima fila quando riceverà il suo sigillo personale" e si incamminò tra la folla compatta.
Fu una vera impresa raggiungere la piazza delle cerimonie. Le persone accorse a rendere omaggio al nuovo Faraone erano molte, e farsi largo nella calca non fu certo facile. Comunque, in qualche modo Akira ed Hanamichi riuscirono a trovare un posto ai lati del piazzale al centro del quale il rito di iniziazione si stava concludendo.
Hisashi era di fronte al Mastro Sacerdote Ikegami. Prima di procedere, questi si inginocchiò in segno di rispetto. Una volta in piedi, prese una catena in oro purissimo dal soffice cuscino dorato sorretto dal Primo Scriba, attese che il sovrano gli voltasse le spalle e fece scorrere il pesante monile a cui era appeso il sigillo personale sul suo torace, chiudendolo dietro il collo. Successivamente, gli infilò al dito indice della mano destra un anello - anch'esso d'oro - sul quale era impresso lo stesso sigillo, e gli consegnò i due scettri - il flagello e il bastone pastorale ricurvo - segni, insieme alla corona, del suo potere divino.
L'ovazione che seguì alla conclusione della cerimonia fu di proporzioni straordinarie.
Gli occhi di quello che fino a pochi attimi prima era ancora il Principe, vagarono inquieti sulla folla festante ed entusiasta, da dove le acclamazioni al suo indirizzo stavano crescendo costantemente di volume. Ma Hisashi non stava osservando quella moltitudine di gente che si distendeva a perdita d'occhio, la sua era la ricerca di una singola persona.
Una goccia di sudore gli solcò la tempia. Socchiuse le palpebre e fece un profondo respiro per tranquillizzarsi, ma questo non sortì l'effetto voluto. L'angoscia di non essere all'altezza di governare l'Alto Egitto secondo la regola di Maat stava prendendo il sopravvento...
Fu in quel momento che incrociò quei rassicuranti lapislazzuli azzurri.
Akira era in prima fila, alla sua destra, e gli sorrideva.
Avrebbe voluto mollare tutto, dalla tunica alla catena, dagli scettri alla corona, scendere quei quattro gradini che lo dividevano da lui e baciarlo con passione. Ma sapeva di non poterlo fare. Doveva solo aver pazienza e attendere di rientrare nei propri appartamenti, dove un bagno caldo rilassante in sua compagnia avrebbe aiutato a togliere la tensione di quei giorni.
*
Una secchiata d'acqua calda gli venne versata in testa. Un lungo brivido di piacere gli corse sulla schiena, mentre con le mani si scompigliava i capelli.
"Come ti senti adesso?" gli chiese Akira, mentre posava la bacinella a lato della vasca.
"Ci voleva proprio questo bagno!" Hisashi si appoggiò con la schiena al bordo. Poi si girò verso lo schiavo "Dai, entra anche tu!"
"Sicuro?" rispose questi con occhi molto maliziosi che lo lasciarono per un momento interdetto.
Nell'ultimo periodo Akira era cambiato molto sotto questo aspetto: ora non era più il ragazzino riluttante ed impacciato di un tempo, anzi, capitava che tra i due fosse lui a prendere l'iniziativa, proprio come stava accadendo...
Lo schiavo si svestì lentamente, con sensualità, facendo in modo che lo sguardo del proprio signore rimanesse infisso sul suo corpo. Poi, con leggerezza, entrò nella vasca da bagno, affiancandosi all'altro. Questi rimase ad osservarlo di sbieco per qualche secondo, prima di reclamare un bacio. Lui naturalmente non fece il prezioso e concesse le proprie labbra. Il contatto, all'inizio dolce, divenne presto intenso e approfondito.
Successivamente, l'attenzione del suo signore si spostò al collo che venne morso e baciato con ardore sempre crescente, mentre con le braccia lo stringeva possessivamente. Akira sentiva le mani di Hisashi vagare sulla schiena in carezze sensuali. Dalle spalle discendevano lungo la spina dorsale, fino al sedere. Qui si chiusero sui glutei, invitandolo a sedersi a cavalcioni sul suo bacino. Lui acconsentì a quella richiesta, fissandolo intensamente negli occhi durante il posizionamento.
In quelle iridi nere ardeva il desiderio di possederlo.
Il sorriso malizioso si allargò maggiormente sul volto dello schiavo che con un movimento del bacino fece sfiorare i loro membri. Al contrario di lui che riuscì a trattenere il gemito che gli saliva dalla gola, il suo signore ansimò buttando la testa indietro e inarcando la schiena alla ricerca di un maggior contatto.
"Ti diverti a stuzzicarmi?" sussurrò trafelato Hisashi.
"Tu non sai nemmeno quanto..." e con un altro movimento fece gemere nuovamente il proprio signore.
Hisashi a quel punto non riuscì più a trattenere la propria brama. Attirò a sè Akira iniziando a baciarlo con fervore. Nel frattempo le sue dita indugiarono sull'apertura nascosta tra i glutei che voleva violare. Le lingue dei due ragazzi si toccavano e si accarezzavano con fame, e gli ansiti per gli sfioramenti delle loro erezioni soffocavano uno nella bocca dell'altro, fino a quando il Principe non si allontanò. Questi sfoggiò un sorriso carico di malizia e penetrò lo schiavo con l'indice. Un gemito di puro piacere riempì la stanza da bagno illuminata dall'ultimo sole del giorno.
Akira si sistemò meglio, non solo per facilitare l'operazione ad Hisashi ma soprattutto per trarre il maggiore piacere possibile dalla preparazione che questi gli stava riservando. Sentì le dita del proprio signore aumentare dentro di lui, e con veloci movimenti del bacino rispose alle stimolazioni, cercando di spingerle più in profondità. Quando Hisashi le tolse, non riuscì a trattenere il forte lamento di frustrazione causato del senso di vuoto che lo invase.
"Abbi pazienza solo un attimo..." sussurrò roco il suo signore mentre si preparava a farlo suo, eccitato dalla estrema voglia che dimostrava il proprio amante.
Con un lento movimento, per non fargli troppo male, Hisashi lo penetrò completamente, rimanendo poi immobile nell'attesa che l'altro si abituasse alla sua ingombrante presenza. Quest'ultimo non ci mise molto ad adattarsi. Tenendosi aggrappato al collo del proprio signore, Akira gemeva ed ansimava ad ogni affondo, chiedendo sempre di più e contraccambiando ogni volta quelle spinte con maggiore intensità.
L'acqua nella quale erano immersi fremeva e si agitava insieme ai loro corpi uniti, accompagnando le movenze sensuali dei due amanti, che ininterrotte continuavano ad aumentare di velocità e violenza.
Un urlo sovrastò ogni altro rumore nella stanza da bagno. Akira, raggiunto il piacere, si accasciò esausto sul corpo di Hisashi, che soddisfò il proprio desiderio due affondi più tardi.
Mentre stava riprendendo fiato, lo schiavo sentì il proprio signore uscire delicatamente da lui. Il senso di abbandono che percepì fu subito colmato dall'abbraccio possessivo dell'altro, che nascose il proprio volto nell'incavo tra spalla e collo. Akira ricambiò quella stretta senza accorgersi al momento dello strano stato d'animo di Hisashi. Quando il corpo che stringeva tra le braccia sussultò per un singhiozzo, si allarmò all'istante.
"Ehi..." disse accarezzandogli i capelli "Che succede?"
Il Principe affondò ancora di più il proprio viso in quell'incavo rassicurante, cercando di nascondersi alla vista dello schiavo. Questi pensandoci per qualche secondo, capì quale fosse il problema...
"Pensi forse di non essere in grado di adempiere alle nuove responsabilità che la posizione di Faraone implica?"
"No" rispose Hisashi alzando il volto verso il suo "Se tu resterai con me"
I due ragazzi si baciarono con tenerezza.
La strada che davanti a loro si estendeva era lunga ed irta di pericoli, ma entrambi sapevano che avrebbero potuto affrontarla se fossero rimasti insieme, uno al fianco dell'altro.
*
Erano passate poco più di tre settimane dalla sua morte, ma quei giorni erano bastati per terminare i lavori e le rifiniture alla piramide, affinché si iniziasse a immagazzinare il corredo funerario del Faraone Taoka. Esso era composto da moltissimi beni: dalle statue raffiguranti il defunto stesso agli ushabty, ovvero i servitori funerari il cui compito era quello di sostituirlo nelle attività che potevano essergli richieste durante il viaggio ultraterreno - per questi, visto il loro numero elevato, era stata creata un'apposita stanza -; dagli oggetti di utilizzo quotidiano, quali capi di abbigliamento e parrucche, al mobilio e vasellame per alimenti e cosmetici, senza dimenticarsi di un vero pasto completo per quando il defunto si sarebbe svegliato nell'aldilà. Gli oggetti più considerevoli e numerosi erano comunque rappresentati dai gioielli e manufatti d'oro che il precedente Faraone avrebbe portato con sè, che sarebbero stati immagazzinati non in una, ma in più sale, vista la quantità.
Nel frattempo, il corpo di Taoka era già stato sottoposto alla prima fase della mummificazione, ovvero all'asportazione degli organi interni, quali il cuore, il fegato i polmoni e gli intestini, che erano stati essiccati e racchiusi in quattro vasi, detti canòpi. Ora la salma era immersa in un bagno di soda naturale miscelata ad acqua marica, nella quale sarebbe rimasta per ben settanta giorni, il cui compito era quello di prepararla all'essiccazione e alla successiva fasciatura con bende di lino appositamente preparate.
L'importanza della conservazione del corpo era vitale, in quanto solo in questo modo il defunto avrebbe avuto la sicurezza della sopravvivenza nell'aldilà.
"Come procede la costruzione dei sarcofagi?" chiese Hisashi dall'alto del trono che fino a qualche settimana prima era stato occupato da suo padre.
"Il sarcofago più interno verrà forgiato domani dal maestro Hiroaki" rispose Kiminobu, riferendosi a quello più prezioso, non solo perchè avrebbe ospitato la mummia, ma anche perchè sarebbe stato completamente in oro massiccio.
Con un cenno della testa il nuovo sovrano approvò l'eccelso lavoro del Primo Scriba, che si era offerto di coordinare il progetto di completamento della piramide e i preparativi per la sepoltura di suo padre. Poi rivolse la propria attenzione verso le porte d'ingresso alla Casa del Re.
"Avete portato il prigioniero?" chiese ad una guardia che rispose affermativamente "Allora che venga condotto al mio cospetto"
La porta fu aperta e fece il suo ingresso Kiyota. Incatenato alle mani e ai piedi, procedeva verso il centro della sala a piccoli passi. Una volta giunti di fronte al sovrano dell'Alto Egitto, i due soldati che lo accompagnarono cercarono con la forza di farlo inginocchiare, senza però riuscirci.
"Vedo che le settimane di prigionia non hanno scalfito il vostro orgoglio" disse Hisashi, notando gli occhi che lo guardavano con odio mentre resisteva alle pressioni dei due uomini.
"E nemmeno la lealtà verso il vero e unico Faraone d'Egitto..." rispose con un sorriso "Che naturalmente non siete voi!"
Un cenno della testa del sovrano fece partire una bastonata dal soldato di destra, che colpì il prigioniero sulla schiena. Questi, dolorante, si sbilanciò in avanti e per non cadere dovette accovacciarsi.
Sorprendendo tutti i presenti, Hisashi si alzò dal trono, discese gli scalini e si posizionò davanti a un Kiyota ancora indolenzito. Con lo scettro uncinato gli sollevò il volto facendo leva sul mento, in modo da poter guardare con occhi di fuoco colui che aveva ucciso suo padre. Lo odiava per questo, e mai lo avrebbe perdonato.
Roso dalla rabbia e umiliato, il prigioniero sputò in faccia al Faraone.
Tutto successe in pochi attimi: lo scettro calò violentemente sulla sua testa, come punizione per l'insolenza e la superbia dimostrata. Piccole gocce di sangue macchiarono il pavimento lucido e dorato della Casa del Re.
"Come osi?!" digrignò fra i denti Hisashi, asciugandosi il volto con due dita.
Successivamente alzò ancora verso il cielo l'impropria arma con l'intenzione di riusarla, ma non ne ebbe il tempo. Una mano stava serrando violentemente il polso impedendo al braccio di muoversi. I presenti osservarono sorpresi la scena che si delineava davanti ai loro occhi.
"Non ti intromettere!" con uno strattone il sovrano cercò di liberarsi dalla presa senza però riuscirci "Lasciami!"
"Ucciderlo non vi servirà a niente Maestà" disse Akira con calma, cercando di farlo ragionare "Anche se muore, vostro padre non ritornerà in vita"
"Mi stai forse chiedendo di risparmiare questo assassino?" fu un sussurro il suo, mentre a testa bassa calava il braccio ancora stretto nella mano dell'amato.
"Si" intervenne Kiminobu "Si, perchè egli vi può essere utile in un altro modo..."
"Cosa intendi dire?"
"Maestà, vi ricordate una lontana sera di otto anni fa? La sera del giorno in cui l'allora Faraone fece ritorno dal Faiyum, dove era riuscito a fermare l'invasione dell'Usurpatore?" lo Scriba Reale fece una pausa affinchè il sovrano potesse avere il tempo per rimembrare il fatto di cui stava parlando "Vi ricordate che cosa mi diceste osservando le navi della flotta di vostro padre rientrare a Tebe?"
Hisashi, pensieroso, ritornò al proprio posto. Quando si sedette sul trono, posò lo scettro uncinato sul grembo e prese a fissarlo. La parte superiore era sporca di sangue, quello stesso liquido che era stato versato in enorme quantità nella guerra a cui Kimibobu si stava riferendo...
"Diceste, con dispiacere, che erano la metà di quelle partite tre mesi prima da quello stesso porto..." riprese lo Scriba Reale "Fu allora che vi sentii per la prima volta parlare di un Egitto unito, di un unico regno ed un unico popolo che avrebbe vissuto e prosperato sotto la guida di un unico Faraone... e che quell'unico Faraone sarebbe stato vostro padre"
Quelle parole rimbombarono nell'enorme Casa del Re. La riunificazione delle Due Terre era uno degli argomenti più spinosi di tutta la storia del loro regno. I sovrani dell'Alto Egitto, da sempre attratti dalla maggiore fertilità del suolo del delta, avevano più volte tentato di impadronirsi di tale area, ma le costruzioni - quali imponenti torri e solidi fortini - eretti a difesa dei confini del Basso Egitto, avevano da sempre impedito l'avverarsi di tale desiderio.
Anche Taoka aveva più volte espresso la volontà di portare a termine l'unificazione, ma mai aveva intrapreso questa strada; un approfondito studio sulle difese avversarie lo aveva convinto della probabile disfatta a cui sarebbe andato incontro, e non voleva certo condannare a morte i propri sudditi in una guerra in cui non aveva nessuna certezza di vittoria.
"Ora vostro padre ha intrapreso il proprio lungo viaggio verso l'aldilà, dove Osiride lo aspetta" continuò Kiminobu "Ma voi potete ancora realizzare quell'ideale. Tutto l'Alto Egitto vi appoggerebbe, perchè colui che ha ucciso il loro amato sovrano è colui che andremo a combattere"
"Forse inizio a capire dove volete arrivare..." sussurrò Kenji posando lo sguardo sul ragazzo ancora chino a terra e sanguinante.
"Faraone Hisashi. Riunificate le Due Terre" il giovane scriba si spostò di lato, indicando in prigioniero "Ra vi ha concesso l'opportunità di una fonte di informazioni ineguagliabile sulle difese del nemico"
"Scordatelo!" urlò questi indignato dall'idea di poter tradire il proprio regno "Il qui presente Generale numero uno del Basso Egitto preferirebbe morire piuttosto che parlare!!"
"Interessante..." commentò Toru con un sorriso "Addirittura un Generale! E' proprio vero: Ra vi ha concesso un'ottima fonte di informazioni..."
A quelle parole Kiyota si maledisse per la propria lingua lunga. Se fosse rimasto in silenzio ora non avrebbero saputo il ruolo che ricopriva nell'esercito del Faraone Takato.
Hisashi, dal canto suo, iniziò a ragionare sulle parole dello Scriba Reale, giungendo alla conclusione che costui non aveva torto. Con le informazioni che il prigioniero possedeva l'esito di una probabile invasione poteva cambiare. Il problema principale, ora, era convincerlo a parlare, ma non pensava che sarebbe stato difficile visto l'asso nella manica che possedeva.
"Siete sicuro di quello che dite, Generale?" disse il Faraone con un sorriso scaltro, sottolineando l'ultima parola come a volerlo prendere in giro "Nemmeno se ciò comportasse la morte dei vostri compagni?"
Mentre gli occhi del giovane ufficiale nemico si spalancavano a quella rivelazione, su ordine del sovrano vennero fatti entrare gli altri 'ospiti' del Palazzo del Sole: Takasago e Muto. I due erano stati catturati qualche giorno prima, alle porte della città di Tebe. Probabilmente, venuti a conoscenza dell'arresto del loro Generale, stavano escogitando un piano per liberarlo.
Nonostante cercasse di rimanere tranquillo, Kiyota era molto irrequieto. Un conto sarebbe stato condannare a morte sè stesso, un conto invece i suoi soldati che lo avevano sempre servito con devozione e rispetto. Si ripetè più volte che spesso il sacrificio di pochi poteva salvare un intero popolo, ma quando la lama del pugnale venne posta alla gola di Muto da dove discese un rivolo di rosso sangue, ogni sua resistenza crollò.
"Sei ragionevole, molto più di quanto immaginassi, Generale" disse Hisashi soddisfatto del risultato ottenuto "Kenji. Ti affido l'interrogatorio. Fai in modo che riveli tutto ciò di cui è a conoscenza riguardo le difese dell'Usurpatore, e nel caso smettesse di collaborare, ricordagli quello che potrebbe succedere ai suoi soldati"
Mentre a testa bassa veniva scortato verso l'uscita, sul viso di Kiyota apparve un sorriso freddo e calcolatore. Il suo immane istinto gli stava suggerendo di ingannarli con false informazioni per farli così finire nella bocca del leone...
*
"Non puoi farmi questo!"
"E invece posso eccome..." i suoi occhi erano seri.
"Io voglio stare al tuo fianco, Hisashi! Non puoi chiedermi di restare a palazzo mentre tu..."
"Infatti non te lo sto chiedendo" lo interruppe "Te lo sto ordinando"
Il proprio schiavo lo fissava con stupore e meraviglia. Sapeva che non avrebbe accettato senza discutere la sua decisione, ma non se la sentiva di trascinare Akira nella campagna militare a cui avrebbe partecipato in prima persona. Il solo pensiero di saperlo costantemente in pericolo lo agitava e lo inquietava nel più profondo dell'animo.
Con un mesto sospiro, gli voltò le spalle. Pochi istanti dopo quest'ultime furono circondate dalle sue braccia e la testa appoggiata alla base del collo.
"Ti prego" gli sussurrò all'orecchio "Portami con te..."
"Akira, cerca di capirmi..." Hisashi gli strinse le mani con le proprie "Io sarei molto felice di averti con me, ma il terrore che potesse accaderti qualcosa offuscherebbe la mia mente e la distrarrebbe dal comando dell'esercito. Affinchè tutto vada per il verso giusto, devo essere il più lucido possibile... e per questo devo saperti al sicuro"
"Ed io? Pensi che non mi preoccupi per te?! Pensi che potrei rimanere qui tranquillo e sereno mentre tu rischi la vita?! Pensi che..." ma Akira non riuscì ad aggiungere altro. Le lacrime di frustrazione avevano preso il sopravvento.
Il giovane Faraone si rigirò nell'abbraccio del proprio schiavo per circondargli la vita ed attirarlo ancora di più a sè. Con il naso e la guancia gli sfiorò i neri capelli in tenere carezze, per poi posarvi dei leggeri baci. Il suo cuore faticava a sopportare quelle lacrime di cui sapeva essere la causa.
Lentamente i singhiozzi si affievolirono, fino ad esaurirsi.
Akira alzò il volto tirato e i suoi occhi cristallini incontrarono quelli dell'amato. Rimasero a fissarsi per un lasso di tempo imprecisato, fino a quando le labbra di Hisashi non si sporsero per unirsi alle sue. Inconsapevolmente stava quasi per cedere a quel richiamo seducente, ma all'ultimo momento scostò il viso, lasciandolo a bocca asciutta.
"Mi stai forse dando il 'contentino'?" sibilò lo schiavo irritato dalla velocità con cui il proprio signore stava cambiando il discorso.
"Beh, se proprio non lo vuoi, allora puoi andare...."
Le braccia che lo stringevano alla vita si sciolsero e Hisashi si allontanò da lui. Uno strano senso di abbandono lo pervase mentre osservava la schiena del proprio amante diventare sempre più piccola man mano che si avvicinava all'enorme finestra dello studio, cercando di afferrare il senso dello strano tono di voce con cui aveva pronunciato l'ultima frase. Al momento aveva avuto la sensazione che fosse offeso...
"Hisashi..."
"Ti ho detto di andartene!"
Quando Akira l'aveva chiamato, non l'aveva fatto con l'intenzione di discutere nuovamente la sua decisione, ma di chiarirsi. Sentirsi urlare dietro in quel modo l'aveva ferito nel profondo.
"Io... Io non ti capisco..." disse afflitto "Il giorno dell'iniziazione non hai forse pianto tra le mie braccia per la paura di non essere all'altezza del ruolo che stai ricoprendo? Non mi hai forse chiesto di rimanerti accanto per poterti essere di sostegno e conforto?"
"No! Non è affatto così!" il suo orgoglio lo esortava a trovare una giustificazione alla debolezza mostrata in quel momento "Avevo semplicemente bisogno di sfogare la tensione accumulata in quei giorni..."
Quelle parole gli fecero male, molto male. Akira si sentì usato, come un oggetto che appena diviene superfluo viene gettato via. Se il giorno dell'iniziazione si era sentito importante, ora si sentiva inutile per l'altro, se non addirittura un fastidio.
"Se le cose stanno così, Maestà, allora è giusto che io rimanga ad aspettarvi qui..." il cuore gli sanguinava ad ogni parola "In fondo non sarei altro che un peso per voi..."
Hisashi si volse di scatto, con l'intento di screditare quell'affermazione. Voleva scusarsi per le parole dette e per come gliele aveva comunicate. Voleva fargli capire che lui non era un peso, ma il suo sostegno. Voleva dirgli che non solo era importante, ma era la persona che amava. Non fece in tempo: la porta si stava già chiudendo dietro la sua schiena.
Stanco, si appoggiò con entrambe le mani alla scrivania appartenuta a suo padre. Da dietro le spalle, il sole del tardo pomeriggio illuminava la studio. Fissò il punto del pavimento che fino a pochi istanti prima era occupato da Akira, dove ora si stagliava lunga la sua ombra. Sospirò sconsolato, abbassando la testa, e i suoi occhi caddero sul piano del tavolo coperto dai papiri da leggere, convalidare e confermare.
Non aveva mai pensato che il ruolo di reggente fosse così opprimente. Per qualsiasi cosa, anche la più insulsa, veniva richiesto il parere del Faraone. Hisashi si chiedeva come il padre avesse potuto sopportare una tale mole di lavoro così enorme. Lui riusciva a stento a stare al passo.
Fu allora che decise di fare una lunga passeggiata nei giardini. Aveva bisogno di allontanarsi da quello studio, rilassarsi per un attimo e ragionare su come sistemare le cose con Akira, prima della ormai prossima partenza per il Basso Egitto.
Uscì dalla stanza passando non dalla porta principale ma da quella di servizio, in modo da non farsi vedere dalle guardie. Avere due persone costantemente alle spalle non lo avrebbe certo rilassato. Così, sgattaiolando tra i corridoi e nascondendosi dietro le imponenti colonne delle sale, raggiunse il giardino ovest. Prima di entrarvi, verificò con occhio attento se qualcun altro non vi stesse già passeggiando.
Improvvisamente una mano si appoggiò sulla sua spalla facendolo trasalire.
"Maestà! State tranquillo... Sono io!"
"Kiminobu!" urlò il giovane sovrano "Ma sei impazzito?!"
"Sono mortificato. Non era mia intenzione spaventarvi" disse il Primo Scriba eseguendo un cortese inchino "Ma... la vostra scorta? Non lo vista da nessuna parte..."
"Beh, ecco... Avevo bisogno di rimanere un po' solo..."
"Capisco" gli sorrise "Allora tolgo il disturbo, Maestà"
Il ragazzo chinò il capo in segno di saluto e si avviò lungo il corridoio. Hisashi rimase a fissare la sua schiena per qualche secondo, prima di ascoltare quella vocina che gli suggeriva di chiedere un consiglio per poter risolvere al meglio la situazione spinosa che si era venuta a creare con Akira. Con un po' di imbarazzo lo richiamò.
"Vorrei parlarti, se hai un po' di tempo..." chiese il Faraone.
"Per Sua Maestà ho sempre tempo"
I due entrarono nel giardino, in cui le alte acacie creavano angoli ove ripararsi dai caldi raggi del sole. Proprio all'ombra di una di queste era situata una piccola panchina in pietra sulla quale sedersi. Uno accanto all'altro, i due ragazzi rimasero in silenzio per qualche attimo ad ascoltare il rumore cittadino che giungeva da oltre le mura del palazzo.
"Kiminobu" disse Hisashi "Ma mio padre era sempre così indaffarato?"
"Ora vi rendete veramente conto di cosa significhi essere il Faraone" un sorriso divertito comparve sulle labbra del Primo Scriba "Sono innumerevoli le responsabilità che gravano sulla vostra carica, responsabilità a cui non è possibile venire meno"
"Me ne sono accorto..." ammise il giovane sovrano, rassegnato "Le incombenze sono sempre così numerose che non ho mai tempo da dedicare a me stesso... o meglio, ad Akira..." i suoi occhi incontrarono di sfuggita quelli dell'altro, senza però soffermarvi.
"Ah..." esclamò Kiminobu dapprima sorpreso. Poi la sua espressioni si addolcì "Quindi è di lui che mi volete parlare..."
Le guance di Hisashi si colorarono di un vistoso porpora. Socchiuse le palpebre per concentrarsi e trovare le parole giuste con cui esprimere al meglio quale fosse la situazione e cosa non funzionasse esattamente.
"Nell'ultimo mese il nostro rapporto si è raffreddato" disse infisso sul terreno, come se l'interlocutore fosse quello "Parliamo di meno, socializziamo di meno, e in più mi è anche capitato di sfogarmi con lui su alcune questioni del lavoro. Poco fa abbiamo litigato sulla mia decisione di non portarlo in guerra..." sospirò "Infine ho anche il problema 'Ayako' da risolvere: è stata presentata a corte come mia sposa, e non posso certo rifiutarla. La ragazza perderebbe la faccia... Dovrei darla in moglie a mio fratello Ryota visto che non fa altro che sbavarle dietro ogni qualvolta che la vede!"
Una risata si elevò nel cielo terso dei colori del tramonto. La giornata stava per concludersi e Hisashi non aveva risolto i propri problemi, ma almeno sembravano servire a qualcosa, ovvero a far divertire Kiminobu!
"Guarda che non c'è niente da ridere!" lo rimproverò, mettendo il broncio.
"Perdonate la mia insolenza, Maestà" disse il Primo Scriba cercando di riacquistare il contegno di sempre, riuscendovi "Il vostro problema è uno: voi non desiderate la felicità del popolo d'Egitto, ma la felicità di una sola persona, Akira"
Il giovane Faraone pensò un momento a quell'affermazione, e non potè che confermarla.
"Sono un'egoista, è questo che pensi di me, vero?" appoggiò i gomiti sulle ginocchia e si passò le mani nei capelli "Mi dispiace, ma fin da quando ho avuto la consapevolezza del ruolo che avrei ricoperto un giorno, non l'ho mai accettato. Non sarò mai un buon Faraone come i miei antenati. Io voglio solamente vivere la mia vita con chi amo!"
"Se lo voleste veramente, Maestà, voi sareste uno dei più grandi Faraoni mai esistiti" lo contraddisse "Avete un carattere forte, siete coraggioso e responsabile. Vi manca la saggezza, ma quella arriverà con il tempo... Ma essere il Faraone non è quello che desiderate, ed è per questo che non siete adatto per ricoprire tale ruolo" Kiminobu si alzò in piedi e fece un passo avanti "Governare un paese e un popolo al quale non ci si sente legati da un vincolo di amore e protezione, lo porterebbe solo alla rovina..."
"Che cosa dovrei fare, allora?" disse Hisashi facendo un profondo respiro "E' Ra che ha deciso che io debba percorrere questa strada, e non posso andare contro la sua volontà e il destino che mi ha scelto..."
"Ma la notte il Dio Sole non vede ciò che accade su questa terra..."
A quelle parole alzò di colpo la testa per osservare lo Scriba Reale davanti a sè. Questi si era voltato e lo stava guardando con una strana luce negli occhi.
Ne era certo... Aveva in mente qualcosa.
*
Gli interrogatori dei prigionieri avevano dato i loro frutti. Finalmente Kenji poteva comunicare al Faraone l'esatta ubicazione delle difese avversarie, la loro consistenza e i loro punti deboli. Con determinazione e fermezza era anche riuscito a bloccare sul nascere un tentativo di imbroglio del Generale Kiyota; costui all'inizio aveva fornito informazioni fuorvianti che li avrebbero messi in difficoltà durante l'attacco. Erano stati i suoi stessi subordinati a smascherarlo: questi, interrogati sulla medesima questione, avevano dato indicazioni diverse. L'idea del Primo Ufficiale Toru di tenere i tre militari catturati in celle separate in modo da impedire loro di comunicare era stata la loro ancora di salvezza.
In pochi giorni vennero decise le linee generali della campagna, mentre si stavano preparando le navi che avrebbero avuto il compito di trasportare i viveri e gli armamenti lungo il fiume Nilo. I dettagli sarebbero stati stabiliti durante il viaggio, la cui durata era stimata intorno alle due settimane.
E così giunse il giorno della partenza.
Le prime navi da cargo con i carri da combattimento e i cavalli per trainarli erano già salpate. Ad esse si stavano accodando quelle con i viveri. Alla lunga cordata mancava solo il Vento del Deserto, la nave del Grande Leone d'Egitto che avrebbe ospitato il Faraone.
Hisashi era fermo sul molo del Palazzo del Sole. Agitato, si osservava in giro, con la speranza di incrociare i due lapislazzuli di Akira. Purtroppo sembrava che lo schiavo non si fosse presentato nemmeno a salutarlo.
Un sospiro amaro gli riempì e svuotò i polmoni, provocandogli una fitta al cuore. Dal giorno della loro prima discussione, risalente a due settimane prima, ne erano susseguite altre con il medesimo argomento e risultato. Qualcosa tra di loro sembrava essersi incrinato e, quel che era peggio, sembrava che ciò fosse irrecuperabile. E se non l'avesse raggiunto come programmato? Il terrore si impadronì di lui.
"Non vi preoccupate Maestà. Sono sicuro che lui verrà da voi" Kiminobu sembrava avergli letto nel pensiero, ma non era così: al ragazzo era bastato osservarlo nelle nere pupille per percepire l'angoscia che lo possedeva.
"Lo spero, altrimenti la mia vita non avrebbe più senso..." i suoi occhi nel frattempo ripresero a vagare tra la gente.
Niente. Doveva rassegnarsi. Lui non era lì e non sarebbe venuto.
Era inutile, quindi, ritardare ancora la partenza. Si avvicinò al fratello Ryota e gli strinse le mani, pregandolo di aver cura di sè e di Ayako, oltre che di sostituirlo nelle principali funzioni amministrative e religiose durante la propria assenza. In ogni caso, il Mastro Sacerdote e lo Scriba Reale sarebbero stati al suo fianco pronti ad aiutarlo. Si rivolse quindi a quest'ultimo, ringraziandolo per l'amicizia che gli aveva mostrato in quegli anni e per tutto ciò che aveva e avrebbe fatto per lui.
Fu un saluto strano il loro, come se quella potesse essere l'ultima volta che si sarebbero visti.
Il giovane Faraone si incamminò sulla passerella che l'avrebbe condotto sulla nave, dove l'attendevano Kenji e Toru. Chiamò a sè il Visir, il quale sarebbe stato al suo fianco durante la campagna: le sue conoscenze militari erano ottime, e i suoi consigli sarebbero stati più che utili.
Kaede era infisso sulla cima delle gradinate. Ad Hisashi bastò scorgere una chiazza di rossi capelli per capire chi stesse attirando la sua attenzione.
Una volta che tutti i passeggeri si furono imbarcati, il Vento del Deserto levò le ancore e salpò. Lentamente iniziò a procedere verso nord, scivolando sull'acqua del Nilo sospinto dalla corrente e dal leggero vento tiepido del mattino. Il Faraone scrutava il Palazzo del Sole sfilare alla sua sinistra con malinconia. Quel luogo dove aveva vissuto la sua infanzia e l'adolescenza gli sarebbe mancato, ma una nuova vita lo attendeva alla fine della spedizione militare.
Ad un tratto scorse una figura sopra l'edificio. Il cuore mancò un battito.
Era lui, Akira.
Appoggiato al parapetto che delimitava il tetto osservava il Vento del Deserto allontanarsi. I loro sguardi si incrociarono, e il giovane sovrano cercò di imprimersi bene nella memoria il volto dell'amato. Se tutto fosse andato come pianificato, non si sarebbero rivisti che per la nuova stagione di inondazione del Nilo...
*
Era mattina, ma non di un giorno qualunque. Quello era un giorno speciale.
In quella mattina di Maggio di esattamente un anno fa, lui e Hisashi si erano incontrati per la prima volta.
Era accaduto durante la cerimonia per il compleanno dell'allora Principe, ora Faraone che in questo stesso giorno compiva appunto diciannove anni. Akira avrebbe voluto festeggiare quel doppio evento, ma la persona in questione al momento non era al suo fianco. Più di due mesi or sono l'aveva vista allontanarsi a bordo del Vento del Deserto in direzione nord. E da quel luogo di guerra e battaglie non aveva ancora fatto ritorno.
Come ogni mattina dal giorno della sua partenza, lo schiavo si era recato sul tetto ad osservare il lento scorrere del Nilo, le cui acque gli avevano portato via la persona per la quale il suo cuore batteva. Stava lì per delle ore, mentre il tiepido vento carezzava i suoi capelli e il sole si alzava dall'orizzonte orientale, riscaldando con i propri raggi la pelle diafana e delicata, solcava ogni tanto da piccole gocce di rugiada che i due splendenti lapislazzuli a volte faticavano a trattenere.
"Sapevo di trovarti qui..."
La voce calda proveniente da dietro le sue spalle lo sorprese, scuotendolo. Le mani istintivamente si mossero per cancellare i segni lasciati dalla lacrime, prima di voltarsi e incrociare gli occhi nocciola del suo migliore amico.
"Restare qui per delle ore ad attendere il suo ritorno non ti servirà a niente" disse il rosso avvicinandosi "Anzi, ti fa solo più soffrire..."
"Hai notizie di Kaede?" la voce di Akira era quasi impercettibile.
"Mi è giunto sei giorni fa un suo messaggio" il suo sguardo si rivolse verso nord "Sembra che la guerra non sia lungi dal termine. Menfi sta capitolando"
"Tutto qui?" sussurrò il moro.
"Beh... Naturalmente no!" le guance si colorarono intensamente di rosso "Ma non mi sembra che le nostre confidenze amorose siano affari tuoi..."
Akira emise un sospiro, abbassando il capo. Poi sorrise amaramente.
"Sai? Io in due mesi non ho mai ricevuto nemmeno un messaggio..." le sue labbra iniziarono a tremare e il sorriso si fece incerto "Le uniche cose che so sul suo conto, ovvero le sue condizioni di salute, è lo Scriba Reale a riferirmele, ma naturalmente non sono le parole che vorrei leggere io... quelle stesse parole di affetto e amore che invece tu ricevi da Kaede..."
"Akira..."
Il ragazzo si lasciò accasciò per terra, iniziando a singhiozzare, mentre le lacrime che da troppo tempo tratteneva, scivolarono sul viso.
"Mi manca Hana! Mi manca terribilmente!" disse, tra un sussulto e l'altro "Perchè non mi ha portato con sè?! Perchè mi ha lasciato qui, da solo, ad attendere con ansia il suo ritorno?! Io volevo stare al suo fianco! Essergli di aiuto! E invece... E invece mi ha abbandonato! Di me non gli importa assolutamente niente di niente!!"
"Non è come pensi" intervenne Hana, sedendosi al suo fianco "Anch'io ho ragionato nel tuo stesso modo quando Kaede mi ha comunicato che mi avrebbe lasciato a Tebe. Mi sono sentito tradito, ingannato e allontanato. Mi aveva deluso con quelle parole. Ma poi, ripensando alla spiegazione con cui aveva preso quella sofferta decisione, ho capito che la sua scelta era giusta" gli posò una mano sulla spalla, nel tentativo di consolarlo "Hisashi è il Faraone adesso e, come Kaede, ha dei doveri immensi nei confronti del nostroo popolo. Ma nel suo piccolo sei tu la priorità assoluta. Averti al suo fianco lo avrebbe distratto dalle sue responsabilità, tanto da fare un torto ai sudditi dell'Alto Egitto. Non poteva permetterselo..."
"Perchè allora non mi scrive?"
"A questo non so rispondere... Ma sicuramente avrà una buona ragione per non farlo" disse, anche se lui stesso non era molto convinto di quell'affermazione "Abbi solo fiducia in lui, Akira"
Il ragazzo dai capelli a punta si calmò. Aveva ragione l'amico: disperarsi non sarebbe servito a niente, doveva avere fiducia nel suo amato. E questo pensiero gli fece realizzare una cosa.
"Lo sai Hana?" disse voltandosi verso di lui "Sei cambiato, molto"
"Perchè dici questo?" il rosso parve sorpreso da quell'affermazione.
"Beh... Il discorso appena fatto è da persona matura..."
"Che cosa vorresti dire?!" sbuffò irritato "Che fino a poco tempo fa ero infantile?!"
"Con l'anima di un ingenuo bambino è l'espressione più corretta..." rispose Akira, alzando gli angoli della bocca verso l'alto come non faceva da molto tempo.
"Cosa?!" urlò Hana indispettito "Ma come ti permetti di insultare il genio, porcospino dai mille sorrisi!?"
"Genio? Quale genio?" il moro fece finta di pensarci per qualche istante "Ah! Quello incompreso, suppongo..."
"Tu ora le prendi!!"
Non era certo la prima volta che i due ragazzi si ricorrevano come bambini, o meglio, che Akira veniva rincorso da Hanamichi. Ma per il primo, quella occasione, fu una ventata di allegria inaspettata, un momento di condivisione con l'amico che gli fece dimenticare la malinconia dovuta all'assenza di Hisashi.
Ad un tratto, però, qualcosa attirò la sua attenzione.
"Ahio! Che male!!" esclamò il rosso che nella foga era andato addosso al moro, prendendosi una gomitata nello stomaco "Ma perchè ti sei fermato di colpo?"
Akira, nonostante fosse stato sbilanciato in avanti dal 'dolce' peso del rosso, riuscì a reggersi in piedi.
"Una nave veloce proveniente da nord..." disse, senza mai staccare lo sguardo dal porto dove questa stava attraccando "E quella in cima al pennone principale... è l'insegna del Faraone!"
Ne era più che sicuro. Quella nave portava con sè notizie da Menfi.
Senza aggiungere altro, Akira iniziò la propria forsennata corsa che lo riportò all'interno del palazzo. Dietro di lui Hanamichi gli urlava di fermarsi, di spiegargli cosa stesse succedendo, per poi inseguirlo, chiedendogli sempre urlante di aspettarlo.
Come un agile felino, lo schiavo scese scale, attraversò sale e percorse corridoi, sotto lo sguardo incuriosito della gente che incontrava. Più di una volta urtò un passante spuntato all'improvviso da qualche porta o incrociato dietro un angolo. Normalmente si sarebbe fermato a porgere garbatamente le proprie scuse, ma stavolta non guardò in faccia proprio a nessuno.
Era quasi una settimana che non giungevano notizie dal Basso Egitto. L'ultima nave era approdata al porto di Tebe sei giorni prima, circostanza nella quale Hanamichi aveva ricevuto il messaggio di cui gli aveva parlato. Ed oggi quell'imbarcazione poteva trasportare il papiro con l'indicazione della resa di Menfi e la sconfitta dell'Usurpatore.
Ciò avrebbe significato una sola cosa: il ritorno, entro breve, di Hisashi.
Akira non stava più nella pelle, voleva conoscere il contenuto del rapporto giunto nelle mani dello Scriba Reale. Preso dall'irruenza, si precipitò nello studio di questi, ma quando vi giunse lo trovò vuoto.
"Si può sapere che ti è preso?!" gli urlò Hanamichi con quel poco di fiato che gli era rimasto quando finalmente lo raggiunse.
Il moro però non si curò minimamente di rispondergli, troppo ansioso di trovare la persona che stava cercando. Guardò lungo il corridoio alla ricerca di qualcuno a cui chiedere dove fosse Kiminobu, fino a quando scorse ad una finestra il suo assistente Hikoichi. Lo raggiunse e gli chiese notizie del suo maestro scriba.
"Ha convocato urgentemente la Casa del Re" disse il piccolo ragazzo con preoccupazione "Non ne conosco il vero motivo, ma sicuramente centra con l'arrivo di notizie da Menfi. Poco fa una nave... Ehi! Ma dove corri?"
Akira sapeva già cosa voleva dire Hikoichi, quindi aveva ritenuto inutile ascoltare oltre. Una cosa però non gli era piaciuta: quell'ansia e nervosismo che comunicava il suo sguardo. Forse le novità giunte non erano confortanti? Che l'Usurpatore fosse riuscito a capovolgere una situazione ormai a lui sfavorevole? Non sapeva cosa aspettarsi, ma uno strano (e brutto) presentimento si insinuò nella mente.
Arrivò alla porta che permetteva di accedere alla sala dove il Principe Ryota era riunito con le più alte cariche dello stato. Ma c'era un problema: le quattro guardie che presidiavano l'ingresso non lo avrebbero lasciato passare. Affrontarle era fuori discussione. Troppe per lui che non era nemmeno un gran lottatore nel corpo a corpo. E se non fosse riuscito ad entrare da lì non l'avrebbe fatto da nessun'altra parte visto che era l'unico ingresso.
"A quelle, se vuoi, ci penso io..."
Dietro di lui Hanamichi si stava massaggiando i pugni, pregustando la rissa che di lì a poco avrebbe scatenato.
"No! Finirai nei guai!" Akira gli si mise di fronte nel tentativo di fermarlo.
"Non mi taglieranno di certo la testa per questo!" ironizzò l'amico, spostandolo di lato e facendosi strada.
"Hana!!"
"Non ti preoccupare e vai ad informarti su quel degenerato del tuo amante!" gli disse facendogli l'occhiolino.
Il rosso raggiunse bonariamente le guardie che si guardarono l'un l'altra non capendo le sue intenzioni. Lo schiavo si fermò davanti ad una delle quatto che sollevò un sopracciglio dubbioso. Stava per chiedergli che cosa volesse, quando si ritrovò piegata e dolorante senza nemmeno rendersene conto. Hanamichi l'aveva colpito in pieno stomaco con un forte pugno.
Appena la prima si accasciò a terra, le altre tre gli furono addosso. Con maestria e potenza, riuscì a gestire gli attacchi a lui diretti, evitandoli e contraccambiando.
Quando la seconda guardia sbattuta addosso alla parete svenne, Akira capì che il suo amico aveva la situazione in pugno e che se la sarebbe cavata egregiamente. Decise quindi di agire approfittando della confusione creata. Camminando rasente ai muri, raggiunse la porta. La socchiuse abbastanza da riuscire a passare tra le ante ed entrò.
Attirati dal trambusto che giungeva dall'esterno, tutti i presenti nella Casa del Re si voltarono ad osservare l'ultimo arrivato. Lo schiavo non si fece intimorire e si avvicinò ai rappresentanti del Consiglio ristretto.
"Akira? Ma cosa..." Kiminobu era decisamente sorpreso per la sua entrata.
"Perdonate la mia impazienza, Scriba Reale" disse anticipandolo, per poi inchinarsi al cospetto del fratello del Faraone "ed anche voi, nobile Principe Ryota, ma sono venuto a conoscenza dell'arrivo di notizie da Menfi e..." fece una pausa per deglutire, sentendosi la gola terribilmente secca "e vorrei solo essere informato delle condizioni del mio divino signore"
In quel momento, la porta socchiusa da Akira venne spalancata. La prima delle quattro guardie che era stata atterrata fece il suo ingresso e, con andatura un po' incerta, si precipitò da Akira, che venne afferrato per un braccio e sollevato di peso.
"Mio Principe! Perdonate l'interruzione! Questo schiavo verrà immediatamente punito per l'offesa che con la sua presenza..."
"Aspettate!" lo interruppe Ikegami, che successivamente si rivolse al Principe "La devozione di tale schiavo verso il Faraone è ammirevole. Permettigli di restare"
"E sia" Ryota con un gesto della mano invitò la guardia ad uscire "Sono felice che mio fratello possa contare su una persona che gli dimostra cotanto affetto"
"C-come desiderate..." disse la guardia confusa che, dopo aver esibito un profondo inchino, uscì dalla sala. Pochi attimi e il trambusto proveniente oltre la porta cessò.
"Vi ringrazio della concessione che mi fate, nobile Principe"
Akira abbassò leggermente il capo in segno riconoscenza, felice del fatto che anche Hanamichi non sarebbe stato punito per la rissa scatenata con le guardie. Quando si ricompose fissò per un istante il giovane Scriba Reale, e ciò che vide nei suoi occhi non gli piacque per niente. Sembrava disorientato ed indeciso sul da farsi. Tra le mani stringeva il rapporto consegnatogli dal capitano della nave che tormentava con le dita affusolate e bianche, lo stesso colore pallido che stava assumendo il volto.
"Kiminobu?" lo chiamò Ryota "Qualcosa non va?"
"No, Principe" la voce tremante con cui rispose svelò a tutti l'ansia che lo pervadeva.
"Allora leggi ad alta voce il rapporto" lo esortò il temporaneo sovrano "Se hai chiesto che fosse riunita con urgenza la Casa del Re, sono sicuro che le notizie in esso contenute siano molto più che importanti..."
Il papiro venne lentamente srotolato con una mano, mentre l'altra resse ben salda l'estremità superiore. Gli occhi castani scorsero sulla carta fatta in liste, dove con un pennello erano stati apposti accuratamente i geroglifici. La voce armonica ma incerta riempì la Casa del Re raggiungendo le orecchie degli interlocutori, che attenti pendevano da quelle labbra sottili, il cui movimento produsse parole sconvolgenti, a cui nessuno osava dare credito...
Il Faraone era stato ucciso.
La lettera era firmata da una persona della più degna fiducia di tutti, il Visir Kaede, il quale spiegava che durante l'ultimo scontro alle porte di Menfi, che aveva segnato la caduta dell'Usurpatore, il sovrano era stato dato per disperso. Ciò parve assurdo visto che sua maestà non avrebbe dovuto partecipare attivamente alla battaglia, ma solo essere di supporto e conforto all'esercito con la sua presenza, oltre che svolgere esclusivamente funzioni di comando. Ma non sembravano esserci dubbi sulle parole del Visir.
Il corpo del Faraone era stato ritrovato in tarda notte, sulle sponde del Nilo. La cosa più sconvolgente era che esso non fosse integro: la testa gli era stata mozzata e si presupponeva fosse dispersa nelle acque del Grande Fiume.
Silenzio.
Nella Casa del Re il tempo sembrava essersi fermato. Non un rumore dalle persone presenti in essa, e quelli provenienti dall'esterno erano come ovattati. Nessuno osava infrangere quel muro di incredulità che era stato eretto intorno a loro, nessuno tranne una persona...
"Non è vero..."
Akira aveva gli occhi spalancati puntati sul pavimento, le cui piastrelle dorate erano quadrate, perfette forme geometriche. Anche se ciò che aveva appena udito fosse stata la realtà, lui sarebbe riuscito a credervi, avrebbe voluto credervi. Hisashi non poteva essere morto perchè, se così fosse stato, la sua vita sarebbe diventata inutile, senza nessun senso logico. E gli Dei non potevano avergli scelto tale doloroso e amaro destino.
Istintivamente sbattè un paio di volte le palpebre, come a volersi svegliare da uno stato di trance. Fissò Kiminobu che lo stava osservando con le lacrime agli occhi. Ma non era tristezza per la morte dell'amico che vi leggeva, era pura e semplice compassione nei suoi confronti, per la sofferenza che stava provando.
Iniziò a camminare verso di lui, come una furia. Odiava quello sguardo e avrebbe voluto cancellarlo, ma il suo obbiettivo era un altro. Strappò dalle mani del giovane scriba il rapporto inviato da Menfi e, nello stupore di tutti, prese a leggerlo, soffermandosi più e più volte sulla dicitura 'con amarezza nel cuore vi comunico che il nostro amato sovrano è deceduto'.
"Non è vero... Non è vero... Non è vero..." ripeteva continuamente come se fosse una filastrocca "Non è vero!"
Il papiro gli cadde dalle mani, mentre silenziosamente iniziò a piangere, con il cuore trafitto dal dolore. Indietreggò a piccoli passi, come un burattino manovrato da invisibili fili tesi dal soffitto, fino a quando questi vennero lasciati: in un elegante ondeggiamento scesero verso terra, mentre il corpo di Akira si accasciava inerme sul pavimento.
Fine Capitolo 3
*Owari Capitolo 3*
Mitchi: Posso dire un'ultima cosa?
Cioppys: Ma che sia l'ultima però...
Mitchi: Perchè la trama deve essere sempre così complicata?!
Cioppys: Perchè se no io non mi diverto a scriverla!^^
Mitchi: Certo che se la storia l'avessi dovuta scrivere tu ora sapremmo il perchè dei grandi misteri dell'antichità...
Cioppys: Ovvero?
Mitchi: Perchè le antiche civiltà sono scomparse: suicidio di massa causato dalla nausea di vivere una vita complicata come quelle che rifili a noi!
Cioppys: ¬.¬
Mitchi: ...Comunque, meno male che è quasi finita!
Cioppys: Ed io che ci ho messo cotanto impegno... T.T
[Betareading by Hennè Production]
Continua...
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