Figli del Nilo

di Cioppys

Capitolo 2 : Peret [La Stagione della Sparizione delle Acque]

Un uomo alto e corpulento, dai folti capelli castani e la carnagione olivastra, osservava il Grande Fiume le cui acque negli ultimi giorni stavano iniziando a ritirarsi. La piena del Nilo era terminata. Ogni bacino era colmo, e l'abbondanza di tale sostanza essenziale per la vita nel deserto avrebbe permesso al popolo di prosperare per tutto l'intero anno, fino alla successiva inondazione.

"Comandante. Il Faraone desidera la vostra presenza nella Sala di Osiride"

L'uomo si volse verso il proprio sottoposto, che si trovava inginocchiato in segno di rispetto. Gettò un'ultima occhiata al panorama che si poteva godere solamente da quella torre di vedetta, la più alta di tutto il Palazzo d'Oro di Menfi, per poi precedere il soldato che lo scortò fino all'ingresso dalla sala in cui era desiderato.

"Divino Faraone. Il Falco d'Egitto è al vostro cospetto" annunciò la guardia che si occupò di farlo accomodare all'interno del locale.

Il comandante si avvicinò al trono sul quale era seduto Takato II. Questi indossava un perizoma del colore dell'oro, stretto alla vita da una cintura di cuoio rosso fuoco, accompagnato da un mantello dello stesso colore. Sulle spalle era appoggiato il falco Horus, così come sul capo stava il Desheret, la corona rossa del Basso Egitto, il cui colore era associato al deserto, al sangue e al pericolo, ma anche al potere del sole e alla sua purezza.

"Sono ai vostri ordini, mio sovrano" disse l'uomo, dopo essersi inchinato fino a toccare il freddo pavimento con la fronte.

"Avete organizzato nei minimi dettagli ciò di cui abbiamo discusso la scorsa settimana?" chiese il Faraone con voce solenne.

"Certamente. Attendo solo il vostro ordine per far partire i miei uomini"

"Date inizio alla missione, dunque"

Il Falco d'Egitto si alzò in piedi e osservò il Faraone seduto compostamente sul suo trono. Solo allora si accorse della presenza di un'altra persona, situata in un cono d'ombra proprio dietro lo scanno del re.

"Primo Sacerdote" disse il comandante "E' un piacere incontrarvi. A cosa è dovuta la vostra presenza? Avete forse nuove sul primogenito del Falso Faraone?"

"Purtroppo sì" rispose questi mestamente, facendosi avanti per uscire alla luce delle torce che illuminavano la sala.

Indossava la tunica bianca da cerimonia, emblema del suo grado di Primo Sacerdote del Tempio di Osirde; era una tunica elaborata nei minimi dettagli, sulla quale spiccavano i motivi simbolici che richiamavano la potenza del Dio che rappresentava. Al collo portava una magnifica collana d'oro incastonata da turchesi e corniola.

"Il maleficio che con tanta cura avevamo preparato non ha dato i frutti sperati. Qualcosa, o meglio, qualcuno con una grande forza interiore è riuscito a spezzarlo e a salvargli la vita. Ho provato diverse volte a lanciarne uno nuovo, ma il destinatario ora sembra sia protetto da qualche potente amuleto..."

"Questo non è un buon segno..." sussurrò il Falco d'Egitto.

"E' vero" concordò il Faraone alzandosi dal suo trono e percorrendo i cinque scalini che lo portarono a fianco del comandante del suo esercito, dove si arrestò "Ma ora non possiamo tirarci indietro. Stanotte il Dio Osiride mi ha concesso una visione del futuro: la figura di un uomo che indossava la corona dell'Alto e Basso Egitto che si trovava nel Palazzo del Sole, davanti all'intera popolazione di Tebe. Visto che ciò è stato mostrato a me, quell'uomo non potrà che essere il sottoscritto!"

"Lasciatemi la possibilità di contraddire tale affermazione. Non è detto che l'uomo della visione dobbiate essere per forza voi..."

Takato, decisamente contrariato, si volse verso il sacerdote che nel frattempo l'aveva raggiunto scendendo gli scalini.

"Come ti permetti, Jin, di contestare la parola del Faraone!"

"Permettetemi di ricordare a Sua Maestà che le visioni degli Dei sono sempre ambigue. Nulla da esse può dirsi certo. Quello di Osiride potrebbe essere un avvertimento a rinunciare ai vostri propositi di riunificazione delle Due Terre... a meno che voi non abbiate scorto con il volto di tale uomo riconoscendolo come vostro"

Jin rimase in attesa della risposta che però non arrivò. Ora che il sacerdote gli aveva insinuato nella mente il dubbio, Takato non sembrava più tanto sicuro. Ma mai avrebbe rinunciato al suo intento: lui avrebbe governato sull'Alto e Basso Egitto come unico Faraone, scacciando il falso sovrano dalle Due Terre.

"Maki. Ordina ai tuoi militari scelti per la missione di partire alla volta di Tebe. E che facciano in modo che niente vada storto"

*

Prima ancora che la piccola imbarcazione attraccasse alla riva, Hisashi saltò oltre il parapetto della nave, iniziando la sua corsa in direzione della futura dimora eterna di suo padre. La faceva a piedi scalzi, in quanto i sandali che teneva stretti tra le mani gli erano di impaccio. Passava tra la gente che andava e veniva dalla piramide, che osservava sorpresa il giovane Principe correre a perdifiato lungo i sentieri di sabbia fine. Nonostante l'intensa giornata di lavoro passata tra gli archivi delle Finanze di Stato a catalogare, calcolare ed archiviare documenti, il ragazzo non si sentiva affatto stanco. E il solo motivo era perchè si stava recando da una persona.

Arrivò trafelato all'ingresso e subito si tuffò nel lungo corridoio che conduceva alla camera funeraria, un cunicolo illuminato dalle torce infisse sulle pareti, popolato da una moltitudine di gente: architetti e orafi, pittori e scultori, ma anche semplici manovali e operai, il cui compito era quello di confezionare e sistemare gli interni della costruzione.

Quando giunse nell'enorme sala destinata ad ospitare il sarcofago e i principali tesori che avrebbero accompagnato il padre nella nuova vita lo vide, là, su un'impalcatura, tutto preso con i suoi pennelli e colori.

Si avvicinò alle sue spalle cercando di non fare rumore, con l'intento di fargli una sorpresa. Ma la sorpresa fu quello che vide dipinto sul muro: un affresco meraviglioso, che a parole non poteva essere descritto.

"E' bellissimo..." sussurrò Hisashi, facendo due passi indietro per ammirarlo meglio nella sua completezza "E' il più bel dipinto che abbia mai visto"

"Sono lusingato per il vostro complimento" rispose il ragazzo, le cui guance avevano assunto una delicata sfumatura color pesca "ma penso che il vostro elogio sia ben superiore alla realtà dei fatti..."

"Ma che dici? Il tuo è sicuramente il migliore, Akira!" Hisashi lanciò uno sguardo amareggiato al suo schiavo. Poi tornò ad osservare l'affresco con la testa inclinata leggermente di lato "Il colore è ben disteso, e la loro composizione è suggestiva. Inoltre i contorni in rilievo, a seconda dell'illuminazione, creano un effetto sorprendente: è come se il disegno si muovesse..."

"Beh, allora speriamo che non scappi!" disse lo schiavo con tono ironico, sfoderando un sorriso beffardo.

"Non mi starai forse prendendo in giro?"

"No, mio signore! Non mi permetterei mai di farvi questo oltraggio!" a questa battuta, Akira non riuscì a trattenere una piccola risata che naturalmente non sfuggì all'altro.

"Lo sai che per questo ti potrei frustare?" lo riprese, incrociando le braccia al petto e assumendo un'aria estremamente seria.

Akira non rispose, ma allargò semplicemente un sorriso sincero e pieno d'affetto, un sorriso diverso dal solito, in quanto in questo vi si poteva leggere fiducia nel prossimo.
Sapeva con certezza che Hisashi non gli avrebbe mai e poi mai fatto del male, ne era molto più che sicuro. L'affetto che il Principe gli aveva dimostrato negli ultimi mesi andava molto al di là della semplice amicizia o simpatia, ma gli era grato dal più profondo del cuore di non averlo mai forzato per ottenere qualcosa di più intimo. Per Akira, ora come ora, una sola mossa errata poteva significare nuovamente la rottura del delicato equilibrio che in lui che regnava, e il conseguente oblio...

"Sai? Mi chiedo quante ottime qualità nascoste tu abbia ancora..." Hisashi, che si era avvicinato, ricambiò il sorriso con uno un po' malizioso, abbastanza da turbare il suo interlocutore. Appena si accorse della gaffe subito corse ai ripari "Ehi... Guarda che io... Io pensavo a qualcosa tipo... tipo la musica!"

"Beh... so suonare l'arpa e cantare se vi interessa..."

"Cosa?!" esclamò stupito. Era decisamente sorpreso dalla risposta, in quanto l'argomento musica era stato solo un diversivo per cambiare discorso e non si aspettava certo che l'altro avesse qualità anche in quest'arte "Ok, ok! Vorrà dire che una di queste sere mi canterai una bella ninna nanna! Ora è meglio andare"

Hisashi appoggiò le proprie spalle all'impalcatura, proprio in mezzo alle gambe di Akira. Poi gli afferrò i polpacci.

"Ma... mio signore! Che fate?!" chiese lo schiavo, non capendo le sue intenzioni.

"Mi sembra ovvio! Ti sto prendendo sulla schiena! Kazushi ha detto che non devi sforzare la gamba!" gli ricordò, buttando l'occhio sul polpaccio dove la cicatrice derivante dallo scontro con il coccodrillo permaneva.

Quella notte Akira si era salvato per grazia degli Dei. Il quantitativo di sangue perso aveva rischiato di ucciderlo, e se non fosse stato per il Medico Capo del Nord, che tempestivamente aveva richiuso il lungo e profondo taglio con ben ventiquattro punti di sutura, ora lo schiavo non sarebbe stato a parlare lì con lui. Questo pensiero gli provocò un brivido freddo di terrore lungo la schiena.

Kazushi aveva ordinato ad Akira il riposo assoluto per almeno un mese di tempo. Oltre a lasciare che la ferita si rimarginasse completamente, doveva dare tempo al suo corpo di rigenerare il liquido della vita. Peccato che, già dopo un paio di giorni, lo schiavo avesse ripreso a lavorare come se niente fosse, nonostante le rimostranze del proprio signore. Era incredibile quanto fosse forte il suo senso del dovere, per non parlare della sua testardaggine...

Hisashi a quel punto era dovuto scendere ad un compromesso. Aveva deciso di assegnare ad Akira dei lavori meno impegnativi ma, soprattutto, che non richiedessero enormi spostamenti. Così gli aveva affidato il compito di affrescare le pareti della propria stanza da letto utilizzando, però, non dei semplici colori, ma tinte consacrate nel Tempio di Ra. Un suggerimento del Mastro Sacerdote Ikegami che gli aveva raccontato del maleficio di cui era stato vittima, consigliandogli di aumentare la forza spirituale nei propri appartamenti. Così, aveva risolto due problemi in una volta sola.

Akira aveva accettato di buon grado il lavoro affidatogli, sbalordendo Hisashi con i suoi dipinti: se la scrittura dei geroglifici era armonica e precisa, gli affreschi erano semplicemente affascinati. Quando il Faraone li aveva visti, non aveva resistito alla tentazione di chiedere allo schiavo di occuparsi della parete principale della propria camera funeraria. Naturalmente il ragazzo non esitò ad accettare l'enorme privilegio concessogli.

"Ma..." tentò di protestare Akira. Oramai la gamba era perfettamente guarita e non aveva nessun problema a camminare, anzi, era ora che ricominciasse a muoverla per evitare di perdere la muscolatura.

"Niente 'ma'! Il mio è un ordine!"

Fu così che lo schiavo si lasciò scivolare sulla schiena del padrone, chiudendo le braccia intorno al suo collo. Le mani si intrecciarono per sbaglio con un cordoncino di cuoio. Akira districò le dita da esso e afferrò il ciondolo che vi era appeso, portandolo nella propria visuale.

"Come mai tieni al collo l'Uezat?" chiese osservando il sottile cordoncino di cuoio a cui era appeso l’Occhio di Horo, un ciondolo di lapislazzuli rivestito in oro.

"E' un amuleto datomi da Ikegami. Il suo potere mi proteggerà da altri malefici"

"Quindi i vostri mal di testa..."

"...Sono completamente spariti" concluse per lui Hisashi "Anche grazie a te..."

Il Principe si sistemò meglio lo schiavo sulle spalle, poi iniziò la camminata che lo avrebbe riportato alla luce del sole.

Il suo passo era tranquillo e lento, non perchè l'altro pesasse (anche se un metro e novanta di ragazzo, leggero non lo era di sicuro!), bensì semplicemente perchè voleva assaporare il più intensamente possibile quella vicinanza tra i loro corpi. Non era venuto apposta con la portantina e aveva lasciato indietro la propria scorta solo per poterselo caricare sulle spalle per qualche minuto. Un semplice contatto fisico come questo, ormai così raro tra loro, era speciale. Ogni qualvolta che aveva provato anche solo ad accarezzargli una guancia o i capelli Akira si era sempre sottratto, rimanendo profondamente turbato. Di conseguenza aveva ridotto al minimo ogni approccio di questo tipo, arrivando ad eliminarli totalmente.

Senza essere mai giunto a nessuna conclusione, da tempo il Principe pensava a cosa potesse essere dovuta questa sua inquietudine... o forse era meglio parlare di autentica paura? Ma di cosa poi? Anche qui era senza risposta...

La verità poteva scoprirla solo da una persona, e quella persona era Akira.

Doveva riuscire a parlargli ma, in circostanze normali, temeva che lo schiavo non avrebbe mai risposto a domande strettamente personali. Akira era sempre sorridente, gentile e disponibile, ma mai si era aperto veramente con lui. Perchè avrebbe dovuto farlo ora? Perchè avrebbe dovuto parlargli di sè?

L'unico modo era metterlo completamente a suo agio, far sì che si sentisse tranquillo e sereno con sè stesso e in sua compagnia... ma come?

All'uscita dal lungo corridoio sulle sue labbra si delineava uno smaliziato sorriso...

*

Akira stava dormendo. Per una volta gli incubi del passato avevano deciso di non tormentarlo, lasciando che il suo sonno fosse tranquillo e sereno. Quella notte niente avrebbe disturbato il suo buon riposo... o almeno così avrebbe dovuto essere.

Ad un tratto si sentì scosso per una spalla. Come una qualunque persona che avesse voluto continuare a riposare, scostò con un movimento la mano dello sconosciuto disturbatore e si girò dall'altra parte, mugugnando.

"Akira non è il momento di continuare a dormire!" sibilò una voce alle sue spalle "Avanti! Alzati!"

"Mmm... Ancora un pochino, per favore..." rispose quasi automaticamente in un mugugno.

La posizione in cui era, raggomitolata con le lenzuola tirate fin sopra il mento, il viso calmo e sereno di chi sta bene ed è completamente rilassato, e la voce ancora impastata dal sonno, intenerirono il ragazzo che lo osservava alla luce della propria lampada ad olio, accovacciato di fianco al letto. Un sorriso gli apparve sulle labbra e non riuscì a trattenere la voglia di posare un bacio sulla fronte ampia dove i lunghi ciuffi di capelli cadevano scomposti.

Quella dolce carezza fece spalancare di colpo i due lapislazzuli dello schiavo, che si rassicurò appena incontrò gli occhi del suo signore. Per un attimo, un lungo brivido di terrore gli aveva percorso tutta la spina dorsale...

"Buongiorno Akira" disse Hisashi affettuosamente.

Disorientato, il ragazzo si mise a sedere sul letto, chiedendosi il perchè della presenza del Principe nella propria camera, senza riuscire a darsi una risposta.

"Bene" affermò Hisashi "Ora che sei sveglio puoi vestirti!" e dette questo gli passò un perizoma bianco e un lungo mantello con copricapo dello stesso colore, gli stessi che stava indossando lui.

"Ma..." cercò di obbiettare lo schiavo.

"Fai come ti ho detto e fallo in fretta!"

Akira obbedì agli ordini e in pochi minuti fu pronto. Poi raggiunse Hisashi alla porta della sua stanza, mentre questi controllava con circospezione il corridoio.

"Possiamo andare" gli disse "Stammi dietro e assolutamente non fare rumore!"

Il Principe spense con un soffio la lampada ad olio e la appoggiò a lato della porta. Poi varcò quest'ultima seguito dal proprio schiavo, la cui mente era sempre più confusa per la stramba situazione.

I due iniziarono a camminare silenziosamente lungo i corridoi del Palazzo del Sole tenendosi rasenti ai muri. Ad ogni angolo, Hisashi si fermava ad osservare la strada per vedere se era libera e non ci fossero guardie in giro. Ne incontrano qualcuna, ma riuscirono tranquillamente a passarle senza farsi notare, almeno fino a quando Akira non riuscì più a trattenere la propria curiosità...

"Mio signore, se possibile potete spiegarm... Mhf!" una mano si posò prepotentemente sulla sua bocca. Hisashi gli fece segno con l'indice sulle labbra di fare silenzio.

Nel corridoio successivo la guardia si era voltata nella loro direzione. I due rimasero immobili nascosti dietro l'angolo, trattenendo il respiro. Nell'attesa di essere scoperti, i secondi furono interminabili. Poco dopo udirono i passi che si allontanavano ed il Principe tirò un sospiro di sollievo. Per loro fortuna la sentinella non aveva giudicato importante il rumore che le proprie orecchie avevano percepito.

"Le spiegazioni arriveranno più tardi" sussurrò Hisashi "Ora zitto e seguimi!"

Ripresero il cammino e poco dopo giunsero ad una uscita, solitamente utilizzata dai servi, che si affacciava dietro le stalle. Nonostante una fioca luce annunciasse l'inizio dell'alba, i due riuscirono a infiltrarsi nelle scuderie reali senza che nessuno li vedesse. Il carro militare del Principe era pronto per l'uso, con due cavalli freschi per trainarlo.

Akira era confuso. Non riusciva assolutamente a capire quali fossero le intenzioni del proprio signore, ma visto il carro capì che lo avrebbe voluto portare da qualche parte... e la cosa gli mise addosso una certa apprensione. Provò nuovamente a chiedere che cosa avesse in mente, ma questi lo zittì all'istante, ordinandogli di salire sul carro. Dovevano uscire dalla cinta prima del sorgere del sole.

Hisashi aprì le porte della stalla e accompagnò all'esterno il carro tirando i due cavalli dalle redini. Ad un tratto una voce gli fece gelare il sangue nelle vene.

"Chi va là?!"

Una sentinella appostata di fronte alla stalla si accorse di loro. Naturalmente, a causa dei vestiti ordinari che gli coprivano anche il capo, non riconobbe il Principe, il quale non perse tempo: con un balzò saltò sopra il mezzo da dove spronò i due destrieri.

"Vai! Vai!" urlava Hisashi schioccando le briglie.

Il carro prese velocità, raggiungendo in pochi attimi la massima possibile. Akira si dovette reggere con tutte le sue forze per non essere sbalzato fuori, impaurito dalla spericolata guida del proprio signore, che con maestria schivava e sorpassava le guardie accorse al richiamo della prima sentinella.

"Fermatelo!" gridò qualcuno "Il carro del Principe! Sta rubando il carro del Principe!"

A questo ordine partirono le prime frecce. Hisashi cercò di schivarle procedendo a zig-zag, ma non le evitarono tutte. Una si conficcò sul bordo del mezzo a pochi centimetri dalle mani di Akira, il quale sussultò. Un'altra invece prese il mantello di Hisashi, lacerandolo. Il vento fece il resto, strappando i brandelli e rivelandone il capo.

"Fermi! Fermi! E' il Principe Hisashi!!"

Le frecce cessarono e il carro si avviò ancora più velocemente verso l'uscita. Quello che rimase fu solo un'alta nube di polvere.

"Ce l'abbiamo fatta, Akira!!" urlò esaltato il ragazzo alla guida.

Lo schiavo osservò tremante il prorprio padrone ridere. Si chiedeva come potesse essergli venuta in mente una cosa del genere, e soprattutto, dove mai lo stesse portando... Fu a quel punto che la calma e la pazienza svanirono, facendo sbriciolare il suo autocontrollo.

"Per il Divino Ra! Ma che vi è saltato in mente?! Le guardie ci hanno scambiato per dei ladri! Ci potevano uccidere!! Almeno di questo ve ne rendete conto?!"

Il Principe bloccò di colpo il carro, voltandosi stupito verso di lui. Era la prima volta che lo sentiva alzare la voce, in più disapprovando ciò che aveva fatto. Se il legame che univa Hisashi ad Akira fosse stato solo un rapporto tra padrone e schiavo, ora quest'ultimo avrebbe dovuto subire una pesante punizione, ma fortunatamente per lui non era così. Hisashi si chinò per accarezzargli i capelli spettinati con una mano, nel tentativo di tranquillizzarlo. Ma appena Akira si rese conto di ciò che gli aveva detto, si propinò in lunghe scuse. In tutta la sua vita non aveva mai fatto oltraggio più grande al proprio signore.

"Non sei tu a doverti scusare" lo interruppe il Principe "In fondo hai ragione: ti ho svegliato prima che Ra fosse apparso nel cielo, buttato giù dal letto senza troppe spiegazioni e coinvolto in una mischia dove potevamo lasciarci la pelle... e il tutto perchè volevo organizzare una semplice gita..."

"C-che cosa? U-una gita?!" Akira rimase semplicemente di sasso "Ma perchè di nascosto?"

"Se avessi detto dove volevo andare mi avrebbero sicuramente affiancato una scorta..."

"Beh... mi sembra naturale, mio signore" lo schiavo aveva ritrovato un po' della calma persa poco prima "Ma ancora non riesco a capire perchè non avete voluto dire niente a nessuno..."

"Semplice. Io volevo rimanere solo con te"

Akira ebbe un tuffo al cuore. La dolcezza con cui venne pronunciata quella frase, l'affetto che leggeva nei suoi occhi e la tenerezza del sorriso che gli distendeva le labbra gli scaldarono l'anima come mai era successo. Sorpreso di questo, rimase imbambolato ad osservare il suo padrone. Hisashi approfittò del suo smarrimento per posargli un bacio sulla fronte alta, facendolo arrossire e lasciandolo ancora più confuso di prima.

"Sono sicuro che rimarrai soddisfatto da questa giornata!" disse Hisashi afferrando le redini. Le fece schioccare e i cavalli ripresero la strada verso nord.

"Di cosa state parlando mio signore?"

Il Principe non gli rispose ma gli consegnò direttamente un lungo fagotto, chiedendogli di togliere il panno di lino grezzo che lo ricopriva. Lo schiavo obbedì senza indugio, rimanendo meravigliato di fronte a due lunghe canne di acacia perfettamente lavorate.

"Che c'è Akira?" disse un sorridente Hisashi guardando lo stupore sul suo volto "Non ti va andare a pescare?"

*

Nella Casa del Re, il Consiglio si era riunito per discutere di un fatto alquanto grave. Al Grande Leone d'Egitto era giunta una segnalazione, proveniente dai confini nord e risalente ad una settimana prima, nella quale veniva denunciata un'aggressione ad una delle postazioni di guardia nei pressi del Lago Qarum. Ma non era questo il punto principale. Infatti si temeva che i responsabili di tale aggressione fossero non predoni, ma dei militari dell'Usurpatore...

"Maestà. Purtroppo a conferma di tale teoria ci sono più elementi" disse Kenji "Nessuno dei nostri soldati è stato risparmiato, come a voler evitare testimoni, e sul campo non ci sono deceduti della fazione che ci ha attaccato. In più, sono state ritrovate alcune frecce, la cui fabbricazione viene attribuita senza alcun dubbio a maestri armaioli di Menfi"

"Ciò che dite, comandante, è grave" intervenne Taoka "Se così fosse, non solo degli acerrimi nemici girerebbero indisturbati all'interno del regno, ma avrebbero anche una settimana di vantaggio su di noi... Potrebbero essere ovunque"

"Io non sono del tutto d'accordo..." Kaede prese per la prima volta la parola "C'è solo un motivo per cui l'Usurpatore potrebbea aver inviato questi soldati, e voi sapete bene qual'è, Maestà" i suoi occhi di ghiaccio si posarono sulla figura del Faraone, che capì esattamente quello che intendeva dire.

"Il visir ha perfettamente ragione. L'obbiettivo di questi militari siete voi, non c'è alcun dubbio" gli confermò lo Scriba Reale Kiminobu con un certo timore nel tono della voce "Io consiglio di rafforzare la sorveglianza a palazzo e ridurre al minimo le vostre uscite..."

"Le stesse regole devono essere applicate anche per i vostri figli, Maestà" intervenne Ikegami, il Mastro Sacerdote del Tempio di Ra "A questo punto credo che il maleficio lanciato tempo fa al Principe Hisashi possa essere opera dell'Usurpatore..."

"A proposito di mio figlio, mi chiedo dove sia quell'insolente..." Taoka aveva parlato ad alta voce, ma la sua era una domanda rivolta più a sè stesso che agli altri. Non era soddisfatto del suo comportamento quel giorno: era stato convocato il Consiglio e non si era ancora presentato. Si riprese dai suoi pensieri per rivolgersi all'altro figlio invece presente "Ryota, non hai incontrato tuo fratello stamane?"

"No, padre" rispose l'interpellato "Il servo che lo cercava non lo ha trovato nelle sue stanze..."

Proprio in quel momento fece il suo ingresso dalla porta il Primo Ufficiale.

"Mio Faraone, perdonate il ritardo" disse Toru, dopo aver eseguito il consueto inchino, andando a toccare il pavimento con la fronte "Purtroppo sono stato trattenuto dal Capitano Yasuda, il quale mi ha appena comunicato che il Principe Hisashi e il suo schiavo hanno varcato le porte del Palazzo del Sole questa mattina, poco prima del sorgere del sole"

"Che cosa?!" esclamò il sovrano, sorpreso dalle parole del proprio ufficiale "Com'è possibile che un Principe possa uscire da palazzo senza che nessuno se ne accorga?!"

"Sono mortificato per quanto è successo; state sicuro che prenderò provvedimenti"

"Non importa Toru" lo tranquillizzò il Faraone, divenendo pensieroso alla luce delle ultime notizie dal fronte "L'importante ora è scoprire qual'è la loro destinazione..."

"Sappiamo solo una cosa: il carro militare di vostro figlio si è diretto verso nord"

*

"Avete scelto bene. Questo è uno dei migliori luoghi di tutto il Nilo dove pescare"

I due ragazzi erano giunti a Denderah e lì avevano chiesto chi potesse noleggiare loro una barca per l'intera giornata. Così erano stati indirizzati al signore che li stava accompagnando sul piccolo porticciolo, situato non lontano dalla sua umile casa.

"La ringrazio molto. Questo è il compenso, più una piccola mancia per la sua gentilezza" Hisashi tese la mano verso di lui con sopra quanto pattuito.

"Se qui c'è una persona gentile, quella siete voi!" disse il signore, vedendo a quanto ammontava la mancia. La prese e dopo un cortese inchino si congedò dai due.

Akira raccolse le cose che Hisashi aveva sistemato sul carro prima della partenza e le trasferì sulla piccola imbarcazione: le due canne da pesca, una cesta per i pesci e un'altra contenente il pranzo per entrambi. Intanto il suo padrone si stava preoccupando di mettere al pascolo i due cavalli, sciogliendoli dalle redini del carro e legandoli ad un albero non lontano dal pontile. Quando tutto fu sistemato, i due salirono a bordo e, remi in acqua, si allontanarono alla riva verso il centro del Grande Fiume.

"Fermati qui!" disse Hisashi ad un certo punto, decidendo così il luogo dove avrebbero buttato le loro esche.

"Mio signore" Akira guardò il proprio padrone alquanto dubbioso "Ma voi avete mai pescato con la lenza?"

"P-perchè questa domanda?" chiese Hisashi, e lo schiavo non potè fare a meno di accorgersi della sua titubanza. In effetti lui non aveva mai pescato con la lenza, ma solo con l'arpione...

"Ve lo chiedo perchè il luogo migliore sarebbe a qualche metro dai canneti, dove i pesci si riescono a cibare meglio, e non nel bel mezzo del Nilo..." rispose Akira, sorridendo ironico. Aveva capito l'incompetenza del Principe sull'argomento, ma anche che aveva organizzato la gita solo per compiacere la sua passione per la pesca "Ma il mio appunto non prendetelo come un rimprovero, mio signore. Io sono estremamente lusingato per quello che avete fatto. E' la più bella gita che potevate organizzare, e non ero felice come oggi da molto tempo..."

I due si guardarono negli occhi per qualche istante, prima che il Principe li chiudesse e facesse un lungo sospiro, chinando la testa in avanti. Decisamente non era la reazione che lo schiavo si sarebbe aspettato alle proprie parole.

"Ho forse detto qualcosa di sbagliato, mio signore?"

"Il mio nome è Hisashi... e dammi del tu! Quante volte te lo devo ripetere?" c'era amarezza nella sua voce, una profonda amarezza "Io... io ci tengo molto a questa confidenza tra noi due..."

"E' per i sentimenti che voi provate che..."

"No, non è solo per quello" lo interruppe Hisashi, imbarazzato. Attese qualche attimo, poi fece un lungo sospiro e iniziò a parlare "Vedi, per uno della mia classe non è semplice avere degli amici. A causa dei doveri e degli obblighi che mi sono stati imposti fin da bambino, non ho potuto vivere quello che si può chiamare un'infanzia spensierata, anzi... il tempo da dedicare a me stesso era relativamente poco..."

"E vostro fratello?" domandò Akira, ma all'occhiata amareggiata che gli rivolse il Principe si corresse immediatamente "Cioè... e tuo fratello?"

"Non posso certo dire che andiamo d'accordissimo. Siamo più volte arrivati anche a metterci le mani addosso a causa dell'invidia che mi divorava, non solo per la migliore situazione che aveva, in quanto i suoi doveri sono sempre stati inferiori ai miei, ma anche per il maggior affetto che nostro padre riservava a lui... Lui che ha ancora una madre su cui appoggiarsi..." il suo sguardo si fece ancora più triste e addolorato "La mia è morta dandomi alla luce..."

"Mi dispiace..."

"Non ti devi dispiacere Akira. E' stata la sua prima e unica dimostrazione d'amore nei miei confronti, e per questo le sarò grato per il resto della mia vita... Inoltre, se questa è stata la decisione degli Dei, non posso fare altro che piegarmi al loro volere..." i suoi occhi indugiarono per un momento sulle acque calme del fiume, poi incontrarono quelli dello schiavo "E tu? Hai mai conosciuto i tuoi genitori?"

"No. Quando sono stato sottratto loro per essere istruito al Palazzo della Luna, al servizio del padre dell'attuale Visir, ero ancora troppo piccolo per ricordarmi di loro..."

Un insolito silenzio si impadronì della situazione, e Akira si abbandonò per un attimo ai propri pensieri. Si chiese chi potessero essere i propri genitori. Gli sarebbe piaciuto conoscerli, vedere da chi aveva ereditato il proprio carattere, il proprio aspetto, la propria mentalità. Si chiese se avessero già intrapreso l'ultimo viaggio verso l'aldilà o se fossero ancora in vita. Si chiese se stessero trascorrendo la loro esistenza spensierata, oppure se si interrogassero sulle sorti di quel figlio che gli era stato strappato ancora in fasce...

"Akira" la voce del proprio signore lo riportò alla realtà "Tu hai fiducia in me?"

Lo schiavo all'inizio pensò di non aver compreso la domanda, e per questo motivo tardò a rispondere. Il suo silenzio venne quindi interpretato in malo modo dall'altro, che si sentì ferito dalla persona che gli aveva rubato il cuore. Accorgendosi di quello sguardo avvilito, Akira corse ai ripari, dicendo che in lui riponeva la più assoluta fiducia...

"Allora perchè non ti confidi?" gli chiese a bruciapelo Hisashi, sentendosi tradito dalla sua risposta "Ho capito perfettamente che nel tuo passato si nasconde qualcosa che non vuoi rivelare; qualcosa che spiegherebbe anche perchè ogni qualvolta che mi avvicino, fosse solo per sfioranti una guancia, ti irrigidisci. Eppure... Eppure quella notte mi hai detto di provare i miei stessi sentimenti; ma forse non hai inteso bene quali fossero..."

"Ti sbagli Hisashi. Ho inteso benissimo quale fosse la loro natura: tutti i giorni li leggo nei tuoi occhi quando mi guardi, li odo nella tua voce quando mi parli, li sento sulle tue mani quando mi sfiori. E sono perfettamente ricambiati..."

"Ma?"

Lo schiavo non rispose, limitandosi a sorridergli nella speranza che il ragazzo demordesse.

Non fu così...

"Non nasconderti dietro un sorriso che è tanto bello quanto falso!" gli urlò il suo padrone, esasperato da una situazione che faticava a comprendere.

"Sai? Sei la seconda persona che mi dice la stessa frase..." sussurrò Akira, sentendosi toccato nel profondo.

Sapeva di avere un particolare dono, quello di un sorriso accattivante, grazie al quale riusciva ad incantare le persone che aveva intorno. Capitava però, come in questo caso, che ne facesse un uso improprio. Invece di esprimere un senso di calore, risultava così freddo da non sembrare nemmeno il suo. E la volta che lo usò per nascondere la propria inquietudine di fronte ad Hana, questi pronunciò le stesse identiche parole di Hisashi, facendo crollare ogni sua difesa. Fu allora che svelò all'amico ciò che il proprio padrone aveva fatto... Allora aveva solo tredici anni.

Quando la prima lacrima solcò il viso dello schiavo, il Principe si avvicinò immediatamente a lui per raccoglierla, preoccupato di aver detto una parola di troppo.

"Scusami Akira... Non volevo essere così insensibile..." Hisashi incorniciò con le proprie mani il viso dell'altro "E' solo che questa situazione è veramente difficile da sopportare! Vorrei conoscerti meglio, sapere tutto di te, ma non mi lasci spazio d'azione, chiudendomi ogni porta che vorrei varcare..."

Lo schiavo lo fissò negli occhi con i propri ricolmi di lacrime, dai quali già un paio erano sfuggite. A quel punto non riuscì più a trattenerle. Con le braccia si aggrappò alle spalle del proprio padrone, nel cui incavo tra spalla e collo nascose la testa. Il suo corpo sussultava ad ogni singhiozzo. Nel frattempo, la mano del ragazzo che gli aveva offerto le proprie spalle, gli accarezzava dolcemente i capelli lisci e setosi che ricadevano ai lati, per quel giorno, liberi dalla solita costrizione che li imprigionava verso l'alto.

Era lui il primo a volersi confidare con il proprio signore, un signore che gli dimostrava non solo rispetto e soddisfazione per il lavoro che svolgeva, ma amore e comprensione, due sentimenti che mai avrebbe pensato di ricevere da chi doveva servire.

Ma la vita, oltre che di misteri incomprensibili, era piena anche di sorprese.

Purtroppo, ciò che bloccava questa sua confessione era prima di tutto la vergogna, seguita dalla paura di essere successivamente rifiutato, una paura che si erigeva come un muro insormontabile. Ora che finalmente comprendeva appieno la profondità dei propri sentimenti, non avrebbe sopportato di essere allontanato da lui.

Una mano lo scostò, quel tanto che bastava affinchè l'altra gli alzasse il volto poggiandosi sul mento. Non si rese bene conto di quel che stava succedendo, fino a quando un paio di soffici labbra non combaciarono con le sue. Il loro tocco, sensuale ma dolce e delicato, gli fece presto dimenticare lo stupore iniziale che quel contatto gli aveva suscitato, e si lasciò guidare dalle loro movenze. Fu un bacio casto, senza nessun approfondimento o passione, ma di puro amore.

Quando Hisashi si allontanò da lui, pensò di incrociare degli occhi feriti o addolorati, delusi o traditi. Aveva in parte infranto la richiesta che aveva accordato ad Akira, dimostrando i propri sentimenti non a parole, ma addirittura con un gesto inequivocabile. Si meravigliò quindi di trovare il suo sguardo sereno e tranquillo fisso su di sè.

"Beh... Vogliamo iniziare a pescare?" esclamò, sperando di uscire da quella situazione un po' imbarazzante "In fondo siamo venuti per questo, no?"

Questa volta fu affettuoso e accattivante il sorriso che si allargò sulle labbra di Akira.

*

La mattina passò pacifica e lieta. Appena ebbero portato la piccola imbarcazione di fronte ai canneti, gettarono i loro ami nell'acqua. Lo schiavo dette preziosi consigli al proprio signore, il quale aveva qualche difficoltà con questa tecnica di pesca; tuttavia questi si rilevarono infruttuosi: al contrario di Akira, che riempì la cesta con ben sedici pesci - alcuni anche di medie dimensioni - Hisashi non prese assolutamente niente... O meglio, l'unica cosa che riuscì a tirare fuori dall'acqua fu un sandalo in liste di papiro che era adagiato sul fondo!

"Non è il caso di prendersela così tanto" disse lo schiavo al proprio signore che si era sistemato a prua della barca con sguardo accigliato "Per essere la prima volta che peschi con la lenza, il 'pesce sandalo' è un buon traguardo!" concluse, non riuscendo a trattenere una piccola risata.

Hisashi, a quella battuta, si sentì ancora più avvilito, nonchè profondamente imbarazzato per la magra figura che aveva fatto di fronte all'amato.

Giunsero a riva dove ormeggiarono la barca al pontile. Scesero da essa e si sistemarono all'ombra di una grande acacia, per proteggersi dalla calura che a quell'ora raggiungeva il picco massimo. Qui consumarono il piccolo pranzo che Hisashi aveva preparato quella mattina prima di intrufolarsi nella camera di Akira.

"Io ho ancora fame" disse quest'ultimo una volta finita la propria porzione "Che ne dici di abbrustolire anche qualche pesce?"

"No"

"E perchè? Guarda che è buono!" cercò di convincerlo.

"Ti ho detto che non lo voglio!" esclamò il principe voltandosi verso di lui, dandogli così la possibilità di scrutarlo bene in volto per un attimo. E capì qual'era il problema...

"Tu non lo vuoi solo perchè non ne hai pescato nemmeno uno..." l'irrigidimento dell'altro gli fece capire di aver colpito nel segno "Comunque, io lo preparo lo stesso!" e con un sorriso Akira si allontanò.

Al suo ritorno stava tenendo tra le mani diversi legnetti e un po' di erba secca. Pochi minuti e un piccolo fuocherello scoppiettava a qualche passo dal proprio signore. Dopo aver appuntito alcuni pezzi di legno, vi infilzò il pesce in modo da metterlo sulla brace a cuocere. Lentamente un gradevole profumo invase l'aria intorno ai due ragazzi.

Hisashi intanto non aveva smesso nemmeno per un secondo di osservare il suo amato.
Ripensava con piacere al leggero bacio che si erano scambiati quella mattina sulla barca, o meglio, che gli aveva rubato. Erano mesi che sognava quel momento e reprimere la voglia di assaporare quelle labbra rosee lo stava facendo impazzire. Fortunatamente lui non si era arrabbiato. Se ciò fosse successo, si sarebbe maledetto a vita...

Ad un tratto un rumore lo distrasse. Imbarazzato, portò entrambe le mani sullo stomaco. Non riusciva a credere di avere ancora fame! Con tutto quello che aveva mangiato poi! Probabilmente il brontolio dello stomaco era un riflesso condizionato al delizioso profumo di pesce alla brace.

Sospirò. Non doveva cedere.

Peccato che appena alzò lo sguardo verso Akira, questi gli fu di fianco per offrirgli un bastoncino sul quale era infilzato una delle succulenti prede.

"Forse con questo riesci a calmare lo stomaco!" gli disse, sorridendo divertito.

Hisashi non rispose e prese il legnetto, per poi iniziare ad addentare il pesce. Era così buono che lo divorò in meno di un minuto.

"Ne vuoi un altro?" e così anche il secondo, e il terzo, e i successivi cinque finirono nel suo stomaco calmando definitivamente la fame.

"Il livello di Hana non lo raggiungi di certo, ma anche tu non scherzi!" disse Akira constatando la voracità del proprio padrone.

"Chi è Hana?" chiese d'istinto il Principe.

"Hanamichi è il mio migliore amico. E' lo schiavo personale del Visir" un'espressione dolce gli apparve sul viso.

"Aaah! Quella scimmia dai capelli rossi" disse con una certa gelosia. Per i suoi gusti, stava parlando di quel tipo con troppa confidenza "Non ha certo un'espressione intelligente..."

"Hisashi!" esclamò Akira alzandosi in piedi, infastidito parecchio da quell'affermazione "Sarai pur sempre il Principe d'Egitto e il mio padrone, ma non ti permetto di insultare il mio più caro amico!"

"Akira, io..." stava per giustificarsi Hisashi, capendo di aver sbagliato a parlare in quel modo, quando qualcuno lo interruppe.

"Ma bene, bene! Allora non mi ero sbagliato riguardo il carro da guerra lasciato incustodito vicino al pontile..."

I due ragazzi guardarono di fronte a loro dove, in piedi con le mani alla vita, si trovava una persona sconosciuta. Il volto era semicoperto da un cappuccio, dal quale fuoriuscivano delle ciocche leggermente mosse di capelli castani, ma su di esso si poteva scorgere benissimo un sorriso soddisfatto che li inquietò non poco...

"Chi sei?" chiese Hisashi, alzandosi in piedi e portandosi al fianco dell'amato.

"Non penso che al Principe dell'Alto Egitto interessi conoscere la mia identità, visto che tra poco ad occuparsi di voi ci penserà Anubi... Uccidetelo!"

A quell'ordine, quattro uomini uscirono allo scoperto, circondando Hisashi e Akira. Al contrario dei loro avversari che possedevano archi e frecce, spade e lance, i due erano armati del solo pugnale del Genio Guardiano che il Principe portava sempre con sè, appeso alla cintura del perizoma.

Decisamente, non era una bella situazione in cui ritrovarsi...

*

Taoka era nel proprio studio, ma non stava affatto lavorando. Preoccupato per il figlio, si trovava in piedi di fronte alla grande finestra dalla quale poteva osservare il deserto che si estendeva a nord della città, nella speranza di scorgere un qualunque movimento che potesse significare il ritorno del Principe. Ma per lungo tempo non aveva visto altro che sabbia e sabbia... e Ra stava ormai per oltrepassare l'orizzonte.

Ad un tratto la porta si spalancò e sulla soglia apparve il Primo Ufficiale.

"Maestà" disse in preda ad evidente agitazione "Il Principe Hisashi è ritornato! Si trova al porto militare e..."

Toru non fece in tempo a finire di parlare che il Faraone era uscito dal suo studio, e con passo dalle grandi falcate si diresse verso il luogo di cui gli aveva parlato. Quando vi giunse vide che suo figlio era appena sceso dal piccolo mercantile che lo aveva soccorso lungo il Nilo e scortati fino a palazzo. Fra le braccia reggeva il proprio schiavo ferito alla spalla da una freccia, il cui sangue era ovunque sul corpo del padrone.

"Vi prego... Aiutatelo..." sussurrò Hisashi, sul punto di piangere. Quella che doveva essere una semplice gita si era trasformata in un incubo dal quale voleva svegliarsi.

"Takenori, vai a chiamare Kazushi" disse il Visir che aveva preceduto il sovrano sul pontile, e resosi conto delle gravi condizioni dello schiavo prese in mano la situazione "Hanamichi, tu prendi Akira e portalo nel suo studio. Per quanto riguarda voi, Principe, vi lascio nelle mani di Sua Maestà" e detto questo si fece da parte.

Hisashi intravide suo padre, la cui espressione adirata non era molto confortante, la stessa che vide negli occhi di Hanamichi appena questi gli si piazzò di fianco.

"Akira non merita un padrone incosciente come voi..." gli sussurrò il rosso con un filo di voce mentre prendeva tra le sue braccia il corpo dell'amico.

Al momento rimase sbigottito per l'insolenza con cui gli aveva rivolto la parola, ma la reazione non si fece attendere...

"C-come osi?!" gli urlò mentre questi si allontanava con il suo amato.

Hanamichi si volse per un istante soltanto, quanto bastò per fulminarlo con i suoi occhi nocciola.

"Hisashi!" lo chiamò il Faraone "Seguimi... immediatamente!"

Di fronte a quell'ordine pronunciato con tanta autorità, il Principe non potè che eseguirlo. Mentre camminava in silenzio dietro suo padre lungo i corridoi del Palazzo del Sole, non riuscì a non pesare a quello che era accaduto e, soprattutto, alle condizioni di Akira. Lo schiavo era ferito gravemente solo a causa sua e della sua stoltezza.

Hisashi si riscosse dai propri pensieri solo quando giunsero allo studio del padre. Aspettò a parlare, ma quando il Faraone richiuse la porta non ce ne fu il tempo. Un sonoro schiaffo gli bruciò la guancia, facendolo sbilanciare quel tanto che bastò per farlo finire a terra. Non era stato molto forte, ma il Principe non se lo aspettava ed in più era molto stanco per la fuga dai loro aggressori, di cui ignorava ancora l'identità.

"Sei uno stupido!" gli urlò il Faraone "Come ti è venuto in mente di fare una cosa simile? A parte il fatto che hai dei doveri da rispettare, uscire da palazzo senza nemmeno una scorta!"

"Padre, io..."

"Silenzio! Ricordati chi sei e qual'è il tuo ruolo!" una mano sbattè violentemente sul piano della scrivania situata al centro della stanza, facendolo sussultare "Ora vai a toglierti tutto quel sangue e fango di dosso... Tra un'ora esatta ti voglio alla Casa del Re"

Hisashi, che nel frattempo si era rialzato, si avviò mestamente alla porta e, una volta fuori dalla stanza, si diresse ai propri appartamenti tenendo la testa bassa. Sguardi curiosi si posarono su di lui e sussurri di commento gli giunsero alle orecchie, ma non ci fece mai caso. Che dicessero pure quello che volevano, a lui non importava. La sola cosa che desiderava era che Akira stesse bene. Aveva una gran voglia di vederlo, di specchiarsi nei suoi occhi azzurri e di inebriarsi del suo sorriso...
Per questo motivo, quando giunse al termine di un corridoio esitò per un momento.

A destra erano situati i suoi appartamenti. A sinistra lo studio del Medico Capo del Nord.

Suo padre era stato chiaro ed esaustivo, ma al cuore purtroppo non si comanda. Quindi svoltò a sinistra e pochi istanti dopo era di fronte alla porta dietro la quale si trovava il proprio amato. Piano piano la socchiuse, senza far rumore, ed entrò nella stanza.

Era un'ampia sala, sul cui fondo vi era un'enorme finestra dalla quale filtrava l'ultima luce del giorno. Sulla sinistra era situata una grande scrivania, i cui lati non toccavano il muro perchè interamente occupato da una libreria stracolma di papiri. Sulla destra invece stava una specie di lettino dove il medico visitava i propri pazienti, e in quel momento su di esso era sdraiato proprio lui...

"Akira..."

Il suo sussurro fece voltare i tre presenti, ma mentre Kazushi e Kaede non proferirono parola, Hanamichi lo invitò 'gentilmente' ad uscire dalla stanza...

"Tu! Maledetto! Esci subito di qui!!"

"Do'aho!" lo richiamò il suo padrone "Ricorda con chi stai parlando... ma soprattutto fai silenzio! Kazushi ha bisogno di concentrazione..."

"La ringrazio Visir" e riprese ad esaminare la ferita dello schiavo.

Hisashi si avvicinò sotto lo sguardo inceneritore di Hanamichi, che se solo avesse potuto l'avrebbe riempito di pugni, ne era più che sicuro. Akira era semi-incosciente: ad ogni fitta di dolore una smorfia storceva la sua dolce bocca, ma gli occhi erano chiusi, come se fosse svenuto.

"Come sta?" chiese titubante.

"E' una fortuna che sia ancora vivo" disse il medico "La freccia non gli ha centrato il cuore per pochi centimetri. Ha provocato qualche lesione, ma niente di grave... Ora devo estrarla"

Kazushi chiese ad Hanamichi di tenere fermo il ragazzo per le spalle, mentre si preparava con gli utensili necessari. La tecnica del cucchiaio, così veniva chiamata, era la più efficiente per questo tipo di operazione in quanto consentiva di evitare che la punta della freccia, nella fase di estrazione, lacerasse ulteriormente i tessuti. L'unico neo: risultava parecchio dolorosa.

"Hanamichi, tienilo saldamente inchiodato al lettino: deve muoversi il meno possibile" gli ricordò il Medico Capo del Nord "Se gli sfiorassi il cuore, morirebbe"

Quell'ultima parole gelò ad Hisashi il sangue nelle vene. Non voleva nemmeno pensare a quella eventualità. La sua vita senza Akira non avrebbe avuto nessun significato.

Quando Kazushi infilò il cucchiaio nella ferita per andare a coprire la punta della freccia, lo schiavo urlò. I suoi muscoli si contrassero e Hanamichi rischiò di perdere la presa sulle sue spalle. Faticava parecchio a tenere l'amico fermo, ma doveva resistere. Il peggio però doveva ancora arrivare. Infatti quando iniziò la parte più delicata, ovvero la lenta estrazione del dardo, al rosso scivolò una mano. Per Akira sarebbe stata la fine se non fosse intervenuto Hisashi a bloccare il suo movimento.

I due si guardarono per un momento negli occhi, mentre le loro tempie erano costellate da gocce di freddo sudore. Ed Hanamichi per la prima volta intravide in quelle pupille nere quali fossero i sentimenti che il Principe provava per il proprio amico.

Quando la punta venne finalmente estratta dal torace, Akira emise l'ultimo gemito di dolore, accompagnato da un fiotto di sangue che uscì dalla ferita, tempestivamente tamponata da Kazushi. Ma non fu questo ad attirare l'attenzione del Principe, bensì i due occhi cristallini che per incanto si erano leggermente aperti e lo osservavano. Le labbra che proprio quel giorno era riuscito a toccare con le proprie si mossero, ma non emisero nessun suono. Nonostante ciò, dal loro movimento ipnotico capì benissimo cosa volessero dire: Hisashi. Poi i due pozzi azzurri si chiusero e il loro proprietario perse i sensi.

"State tranquillo mio Principe" gli disse il medico che aveva notato la preoccupazione dipinta sul suo volto "E' solo svenuto. Ora ha bisogno di assoluto riposo in modo che la ferita si possa rimarginare al più presto" e, prese le bende, iniziò a fasciare il torace del paziente.

In quel momento bussarono alla porta. Takenori fece il proprio ingresso e annunciò al Visir la convocazione per la Casa del Re. Solo allora Hisashi si ricordò degli ordini di suo padre, ma non avrebbe voluto allontanarsi dall'amato.

"Non vi preoccupate" disse Hanamichi "Veglierò io su Akira se il mio signore lo permette"

"Nh" rispose quest'ultimo, che nel frattempo si era impossessato dell'arma che aveva ferito lo schiavo. Poi scomparve oltre la porta seguito dalla propria guardia personale.

"Suppongo che sia un sì, vero?" domandò Hisashi e il rosso fece un segno di assenso accompagnato da un lungo sospiro.

Il Principe accarezzò dolcemente la fronte del proprio schiavo prima di posarvi un bacio. Infine fece per uscire sul corridoio che l'avrebbe portato ai propri appartamenti, ma si fermò sulla soglia.

"Ti ringrazio Hanamichi" disse, facendo un piccolo inchino verso di lui.

I due rimasti soli nella sala, si guardarono stupefatti da quel comportamento.

*

"E così, mentre stavate pranzando, vi hanno circondato..." disse Kiminobu con l'intento di esortare il Principe a continuare il proprio racconto.

"Esatto" rispose l'interpellato. Si prese un attimo di pausa per riorganizzare le idee "Oltre ad essere in minoranza numerica, eravamo anche disarmati, eccezione fatta per il pugnale del Genio Guardiano che portavo alla cintura. Batterci sarebbe stato un suicidio, e così ci siamo dati alla fuga"

"E perchè non avete usato il vostro carro da guerra?" chiese Toru.

"Avevo liberato i cavalli dalle redini, e la barca era l'unico mezzo a disposizione" fece presente "Siamo riusciti ad aprici una breccia nel cerchio e vi siamo saliti, solo che mentre ci allontanavamo dalla riva..." e si interruppe al ricordo di ciò che era successo...

"...Hanno iniziato a scagliarvi contro le loro frecce" concluse per lui il Primo Ufficiale.

"Si" confermò Hisashi mentre nel proprio animo l'angoscia che aveva vissuto durante quei momenti scalpitava nuovamente "Una stava per colpirmi, e... e Akira si è frapposto fra il dardo e me, con le conseguenze che avete visto" la sua voce si fece così bassa da essere difficile da udire "Se quel mercantile non ci avesse caricato a bordo, ora sarebbe morto a causa mia..."

"Hisashi" intervenne il Faraone, che per tutto il tempo del racconto di suo figlio era rimasto in silenzio "Si può sapere cosa sei andato a fare a Denderah senza scorta?"

Il Principe alzò lo sguardo per un istante ed osservò il padre. Sapeva bene che se avesse detto quale era stato l'intento della gita si sarebbe adirato seriamente, ma non poteva mentire in quanto se ne sarebbe sicuramente accorto.

"Sono andato a pescare..." rispose fissandolo negli occhi.

"Che cosa?!" lo scatto d'ira del sovrano fece sussultare tutti i presenti alla Casa del Re "Sei un'incosciente! I soldati dell'Usurpatore potevano ucciderti!"

"I soldati... dell'Usurpatore?"

Lo stupore di fronte a quella scoperta era evidente. Aveva pensato a chiunque, predoni, ladri, semplici malviventi o chicchessia, ma mai avrebbe immaginato che fossero militari inviati dal Faraone Takato, reggente del Basso Egitto, ovvero l'Usurpatore.

"Non ci sono dubbi su chi siano coloro che avete incontrato, Principe" Kaede intervenne nella discussione mostrando l'arma che aveva portato via dalla sala medica di Kazushi "La freccia che ha colpito il vostro schiavo è stata fabbricata a Menfi, e fa parte del loro normale armamento militare"

"Esattamente come quelle trovate al fronte, nei pressi del Lago Qarum" aggiunse Toru.

"Ma cosa ci facevano a Denderah?"

"Come avevamo immaginato, si stanno dirigendo a Tebe e il loro intento è uno solo: eliminare quello che chiamano il Falso Faraone e tutta la sua famiglia" lo sguardo di Kenji imperversò diversi secondi sul sovrano e i suoi figli, fermandosi proprio su Hisashi "Supponiamo che anche il maleficio lanciato contro di voi, Principe, sia opera loro..."

"Kenji" il Faraone richiamò l'attenzione del militare "Attua le contromisure che abbiamo stabilito questa mattina" si rivolse al figlio "E tu, per nessuna ragione dovrai lasciare il palazzo! Chiaro?"

"Si, padre"

*

Nonostante lo stato di allerta e l'aumento della sorveglianza da parte del Grande Leone d'Egitto, nelle settimane successive la vita al Palazzo del Sole procedette tranquilla. Akira si era rimesso quasi completamente dalla ferita subita al torace il giorno della gita e, nonostante le insistenze del medico e del Principe di rimanere a riposo ancora qualche giorno, aveva ripreso a pieno il proprio lavoro. Portato a termine l'affresco nella piramide del Faraone, ora seguiva Hisashi nelle questioni amministrative di preparazione alla mietitura che sarebbe iniziata di lì a un mese.

I due ragazzi si trovavano nell'archivio principale a lavorare senza sosta sulle previsioni del raccolto. Gli scribi guidati da Kiminobu andavano e venivano da ogni provincia dell'Alto Egitto, consegnando le proprie stime, mentre visionavano anche lo stato dei granai che avrebbero dovuto accogliere il frutto di mesi di lavoro nei campi.

"Akira, mi porteresti la documentazione relativa alla Provincia della Lepre?"

"Certo"

Lo schiavo sparì oltre gli alti scaffali che riempivano ogni angolo dell'archivio, ritornando qualche minuto dopo con una decina di papiri sotto braccio. Si avvicinò al tavolo dove il suo signore stava consultando un documento e ve li posò sopra. Stava per ritornare al proprio posto quando una mano lo afferrò al polso.

"Ti sei recato da Kazushi stamattina per la visita di controllo alla spalla?"

"Ma ormai è guarita! Non c'è bisogno che..."

"Siediti!" e con un strattone costrinse lo schiavo ad accomodarsi sulla sedia accanto.

Il Principe passò la mano sulla cicatrice. Si intristì al pensiero che quel segno sulla pelle chiara di Akira non sarebbe mai sparito nonostante l'unguento cicatrizzante che il Medico Capo del Nord gli aveva fornito.

"Hisashi, non sentirti ancora in colpa per ciò che è successo"

"Ma io..."

"Ricordati che per me è stata una delle più belle giornate della mia vita"

Sul viso di Akira si allargò un sorriso ricolmo d'affetto, un affetto che scaldò all'istante il cuore freddo e afflitto del Principe. La sua mano dalla spalla risalì al collo, e ancora più su, fino a raggiungere il mento e la guancia, dove il pollice solleticò lo zigomo. La testa dello schiavo si adagiò sul palmo, assaporando la premura che il suo signore gli riservava, sempre.

"Akira..." sussurrò Hisashi, avvicinando titubante il proprio volto a quello dell'altro.

Voleva baciarlo, assaporare nuovamente il tocco di quelle labbra vellutate, sentire un'altra volta quel lungo brivido di piacere percorrergli la schiena. Ma non solo. Se Akira non si fosse tirato indietro avrebbe approfondito il bacio, per trasmettere all'altro la passione travolgente che lo invadeva ogni volta che incontrava i suoi occhi.

Dal canto suo lo schiavo non sapeva cosa fare. Se da un lato il suo essere desiderava quel contatto, dall'altro voleva rifiutarlo. Aveva paura, paura che un giorno il proprio signore gli potesse chiedere molto di più di un semplice bacio, e lui non si sentiva ancora pronto. Ma non voleva ferirlo con un secco rifiuto...

Akira lasciò che le labbra si toccassero. Il movimento dolce e soave che Hisashi impose lo tranquillizzò, e si lasciò cullare anche da quelle dita carezzevoli che erano affondate nei suoi capelli, alla base della nuca. Ma quando la pressione del bacio aumentò e la lingua dell'altro chiese accesso alla sua bocca, Akira si allarmò. Cercò di sottrarsi delicatamente alla presa del proprio signore, ma questi non gli lasciò spazio d'azione, troppo ansioso di assaporare il gusto dell'altro. Fu così che pose le mani sul suo petto ed energicamente lo spinse via.

Hisashi, sbilanciato da quell'inaspettata reazione, cadde a terra rovesciando la sedia sul quale era seduto e pestando violentemente la nuca sul pavimento. Massaggiandola, si mise a sedere.

"Akira! Per il Divino Ra, che cosa..." si interruppe, quando lo sguardo si posò sulla figura dello schiavo.

Stava tremando. Akira stava tremando di paura.

Possibile che il semplice voler approfondire il bacio che si stavano scambiando avesse generato una tale reazione di terrore? No, sicuramente la causa non era solo questa, ma risiedeva in Akira, nel suo subconscio, e finchè questi non si fosse confidato con lui non avrebbe avuto nessuna possibilità di conoscerla. Aveva le mani legate, legate strette dietro la schiena...

"I-io... Io devo andare a prendere gli altri documenti della Provincia della Lepre..." disse lo schiavo alzando lo sguardo che fino ad allora era stato puntato sul pavimento "P-perdonami!" sussurrò, prima di dirigersi lesto verso gli scaffali.

Hisashi lo chiamò, pregandolo di fermarsi, ma Akira non si volse nemmeno una volta e presto la sua figura svanì tra le alte pile di papiri. Rimase ad osservare il punto in cui l'aveva intravisto per l'ultima volta, come incantato, nella speranza che lui ricomparisse subito, ma non fu così.

"Sono... Sono un'idiota!" urlò, lasciandosi cadere con la schiena sul pavimento.

"Io invece penso che voi siate semplicemente innamorato..."

Il Principe, quasi in preda al panico, si alzò in piedi di scatto e puntò il proprio sguardo verso l'ingresso dell'archivio principale del Palazzo del Sole. A pochi passi dalla porta, in procinto di raggiungerlo, stava la persona a cui apparteneva quella voce conosciuta.

"K-kiminobu!"

"Principe" disse il ragazzo, fermatosi dall'altra parte della scrivania "Sono venuto a portare gli ultimi riscontri consegnati, quelli relativi alla Provincia del Coccodrillo"

Lo Scriba Reale posò i papiri sul piano, elargì un cortese inchino al figlio del Faraone e si avviò verso l'uscita, come se niente fosse successo.

"N-non hai niente da dire?"

Non sapeva nemmeno lui perchè aveva detto quella frase, ma aveva sempre pensato di poter contare su Kiminobu. Non lo considerava solo un alto funzionario della corte di suo padre, affidabile e responsabile, ma un amico. Forse era proprio questo il motivo per cui voleva sapere ciò che pensava sulla questione.

Lo Scriba Reale, nel frattempo, si era fermato a qualche metro dalla porta e lo guardava con fare interrogativo. Sembrava che non avesse capito la domanda, per questo gliela ripetè.

"Non capisco, Principe... Che cosa dovrei dirvi?"

Per un momento Hisashi pensò che lo stesse prendendo in giro. Nervoso soprattutto per quello che era successo con Akira, imprecò ad alta voce e passò il braccio sulla scrivania, gettando così a terra ogni cosa che vi era appoggiata. Successivamente vi assestò un violento pugno e si sedette, nascondendo il volto tra le mani.

Kiminobu rimase colpito da quella reazione. C'era qualcosa che turbava il suo animo e quel qualcosa poteva riguardare solo una persona...

"Forse Akira non ricambia i vostri sentimenti?"

"S-si... Ma non è questo il punto!" rispose Hisashi con imbarazzo "Tu... tu trovi normale che io provi qualcosa per un ragazzo?"

Un sorriso comparve sul viso dello Scriba Reale, che ritornò sui suoi passi. Giunto al suo fianco, gli posò affettuosamente una mano sul capo.

"No, mio Principe, io non ci vedo niente di strano in quello che provate. Ra ha semplicemente deciso che la persona per voi è Akira... Ma non è questo il problema che vi turba così tanto, non è forse vero?"

Hisashi si strinse nelle spalle.

"Se vi va di parlarne, io sono a vostra disposizione" gli propose "E state tranquillo che ciò che ci diremo non lo verrà a sapere nessuno... nemmeno ciò che ho visto prima..."

Così, dopo un profondo respiro, Hisashi iniziò il proprio racconto, illustrando all'amico le reazioni dello schiavo ad ogni suo approccio.

"Purtroppo, se è vero che Akira ha un problema di cui non vuole o non riesce a parlare, non posso che consigliarvi di avere pazienza... Forzarlo peggiorerebbe solo le cose..."

"Lo so... però è difficile resistere! Io vorrei solo poterlo amare..."

"Amore..." sussurrò Kiminobu, socchiudendo gli occhi in un espressione grave "Un sentimento così forte che è difficile da soffocare, ma voi per il momento dovrete riuscire a farlo, per il bene di entrambi"

"Ci proverò..."

"Che Ra vi protegga, vi assista e vi guidi, Principe" disse infine lo scriba uscendo dalla sala dell'archivio.

Hisashi rimase a fissare la porta per diversi minuti. Doveva considerasi fortunato che ad entrare proprio in quel momento fosse stato Kiminobu e non qualcun'altro. Lui, che viveva secondo le regole di Maat, andava al di là delle semplici apparenze, alla ricerca della verità. E gli aveva indicato la giusta via da seguire...

Ora rimaneva una cosa da fare: trovare Akira e scusarsi per il proprio comportamento.

Lo schiavo si era inoltrato tra gli scaffali da diverso tempo, ma non era ancora ritornato. Così decise di andarlo a cercare. Iniziò a passeggiare tra i ripiani, chiamandolo ad alta voce, ma non ottenne mai risposta. Ad ogni passo che faceva si poneva un'unica domanda: cosa gli era successo in passato da poterlo sconvolgere in quella maniera?

Ad un tratto svoltò un angolo e lo vide. Era seduto per terra, con la schiena appoggiata ad uno scaffale, la testa nascosta tra le braccia incrociate sopra le ginocchia piegate. Non fu tanto la posizione ad agitarlo, ma il fatto che il suo corpo sussultasse, come se stesse singhiozzando... ed infatti così era. Se ne rese completamente conto quando gli fu più vicino, abbastanza da sentire i lamenti che lo scuotevano.

"Akira..." sussurrò chinandosi di fronte a lui.

Il ragazzo dagli occhi di cristallo alzò lo sguardo. Afflitto, si mordeva nervosamente un labbro. Rimase in silenzio, ma non per molto...

"Mi dispiace" disse "Io non volevo..." un dito sulle labbra interruppe le sue scuse.

"Ora basta. Non sei tu che ti devi scusare per quello che è successo" Hisashi si sporse in avanti e gli posò un bacio sulla fronte "Andiamo. Riprenderemo domani il lavoro"

Il Principe offrì la propria mano alla schiavo per rialzarsi. Questi l'accettò con gioia, imponendosi una volta in piedi di non lasciarla. La lieta sorpresa di quel gesto d'affetto fece sorridere e arrossire l'altro. Peccato che dovettero separarle nel momento in cui varcarono la porta dell'archivio. Non era il caso di girare per il palazzo mano nella mano.

Stavano camminando lungo il corridoio quando incrociarono un servo. Questi alla vista del Principe si fermò all'istante, spostandosi di lato per inchinarsi al passaggio del futuro Faraone. Una volta che lo ebbero superato, il servo riprese la propria strada.

Hisashi si fermò ad osservarlo mentre spariva dietro un angolo.

"Qualcosa non va?" gli chiese Akira.

"Non esattamente. Quel sorriso sul volto mi ricorda qualcuno, ma non capisco chi..." disse massaggiandosi il mento "Mah! Vorrà dire che non è poi così importante..." aggiunse scrollando le spalle, per poi riprendere il cammino verso la destinazione prefissata.

*

Per Hisashi la situazione era divenuta insostenibile.

Dal giorno in cui aveva parlato con Kiminobu stava seguendo il suo consiglio alla lettera. Con Akira si comportava sempre in modo gentile e premuroso, dimostrandogli il proprio affetto con gesti piccoli e semplici. Si erano baciati nuovamente, più di una volta, ma mai aveva più cercato di approfondire quel contatto, nonostante lo desiderasse con tutto il cuore. Pazientava, nella speranza che il proprio amato decidesse di parlargli e lasciarsi andare completamente. Ma non era successo. Ed ora, quella sua pazienza, stava andando semplicemente in frantumi.

Voleva Akira. Voleva amarlo completamente, con l'anima e il corpo.

Trattenere questo suo desiderio lo stava facendo impazzire. La notte non riusciva più a dormire a causa dei continui sogni proibiti di cui lui e Akira erano i protagonisti, e da quali si svegliava sempre più agitato. Di giorno invece era un nervo teso, troppo, da rischiare di rompersi in qualunque momento. E quando incontrava il ragazzo dei propri desideri, tratteneva a stento l'impeto di saltargli addosso, mordendosi il labbro fino a farlo sanguinare. Per la disperazione era arrivato anche ad affidare allo schiavo i lavori più disparati in modo che stesse alla larga da lui.

Akira, dal canto suo, non fu il solo ad essersi accorto di tale instabilità, ma l'unico che si fece avanti per chiedere al ragazzo se ci fossero problemi. Naturalmente Hisashi mentì spudoratamente, cercando di convincerlo che il suo nervosismo fosse dovuto al lavoro, ma non ci riuscì. Infatti lo schiavo, soprattutto negli ultimi tempi, aveva intuito che la principale causa dello strano stato d'animo dell'altro era lui, in particolar modo il suo atteggiamento chiuso e riservato sul fronte amoroso. Rimuginò parecchio sulla situazione che si era venuta a creare, rendendosi conto che di questo passo, continuando a rimanere sulle proprie posizioni, il loro rapporto ne avrebbe risentito facendo soffrire Hisashi.
Ne aveva parlato anche con Hanamichi, il quale non aveva smesso di chiedere all'amico se fosse sicuro su ciò che stava per fare, visto che avrebbe voluto dire affrontare i fantasmi del proprio passato...

"Sei davvero davvero davvero davvero davvero sicuro?" la preoccupazione del rosso era palpabile.

"Io lo amo" disse deciso ma con tono dolce, assaporando il senso di calore che la parola 'amo' gli faceva esplodere nel cuore.

"Akira, io non sto mettendo in dubbio la veridicità di questi sentimenti, sto solo cercando di ricordarti che potresti perdere il controllo... e ucc..."

"Lui mi ricambia, e non mi farebbe mai del male..." lo interruppe.

Hanamichi sospirò rassegnato. Niente, non c'era niente da fare. Qualunque cosa gli avesse detto Akira non avrebbe cambiato idea, troppo accecato da un sentimento che provava per la prima volta. Ma come poteva biasimarlo? Anche lui quando aveva scoperto l'amore nel proprio cuore avrebbe voluto esternarlo, esprimere quello che provava alla persona a cui era rivolto. Ma non l'aveva fatto perchè l'altro non l'avrebbe mai accettato.

"Sei una testa dura!" gli disse infine "Ma ti prego, stai attento..." e lo abbracciò teneramente.

Giunto a queste conclusioni, Akira decise finalmente che era arrivata l'ora di aprirsi.

Quel giorno si trovava nell'archivio in compagnia di Kiminobu, del suo assistente e di altri scribi, a sistemare gli ultimi documenti relativi alla mietitura ormai alle porte. Hisashi era invece con il Faraone suo padre, a celebrare un rito in favore di Osiride, per ringraziare il Dio della benevolenza che aveva accordato ai propri figli con un raccolto ricco e prosperoso, un raccolto tale da riportare ad ottimi livelli le riserve nei granai.

"C'è qualcosa che non va, Akira?" gli chiese lo Scriba Reale, dopo averlo osservato per alcuni istanti "Sei particolarmente agitato oggi..."

E come non poteva non esserlo? Era nervoso per quello che prima di sera sarebbe accaduto.

"No, è tutto a posto..." rispose, cercando di nascondere la tensione.

Kiminobu non era molto convinto di quelle parole, ma non insistè. Gli lasciò sul tavolo i documenti sommari relativi alla Provincia del Delfino e si diresse al tavolo a lato, dove Hikoichi stava invece controllando quelli della Provincia dell'Ibis.

Quando terminò di esaminare i papiri e stendere il resoconto finale per la provincia assegnatagli, Akira chiese altro lavoro da svolgere. Sapeva che era l'unico modo per non pensare a ciò che l'attendeva. Così, immerso fra le carte, non si accorse del tempo che trascorreva inesorabilmente...

"Per oggi basta così, Akira" gli disse lo Scriba Reale, interrompendo l'analisi dei documenti dell'ennesima provincia "Torna nelle tue stanze e riposati. Riprenderai domani mattina"

"Ma non ho ancora terminato e..."

"Orami il sole sta tramontando. I tuoi colleghi sono già tutti usciti e hai anche saltato la cena. Non c'è nessuna ragione per sobbarcarsi di così tanto lavoro visto che siamo nei tempi di consegna..." Kiminobu si accomodò sulla sedia posta di fianco "...a meno che tu non voglia ritardare l'incontro con il tuo signore..."

Gli occhi dello schiavo si spalancarono.

"Non fare quella faccia" gli disse lo scriba sorridendo "Non sono stupido e nemmeno cieco, visto che il sentimento che vi lega è chiaramente espresso dai vostri occhi... Sospettavo già qualcosa prima di vedere il bacio che vi siete scambiati in questo archivio..."

"V-voi... voi ci avete..."

"Si. Ma non ti preoccupare, nessuno lo verrà a sapere" lo tranquillizzò "Quello che volevo chiederti, Akira, è se c'è qualche problema. In questi giorni sei l'incarnazione dell'agitazione mentre Hisashi è praticamente intrattabile! Se lo chiedo a te, è perchè con lui non c'è stato verso di parlare..."

"Non vi preoccupate signore" disse lo schiavo alzandosi "Proprio oggi volevo risolvere la questione. E' per quello che sono più nervoso del solito..."

"Bene. Allora che la divina Hathor protegga e coltivi il vostro sentimento"

"Ti ringrazio dell'augurio, Scriba Reale" e con un cortese inchino si congedò.

Uscito dall'archivio, Akira si diresse verso gli appartamenti di Hisashi, sicuro di trovarlo. Peccato che quando giunse davanti alla porta le guardie che vi sostavano in seguito al rafforzamento delle misure di sicurezza, lo informarono della sua uscita. Così, su loro indicazione, si diresse al tempio di Ra. Quando entrò all'interno del luogo sacro, trovò Hisashi seduto a gambe incrociate al centro, sotto la statua della sua divinità protettrice. Ma non fece in tempo a fare un passo per raggiungerlo che altre due guardie lo circondarono.

"Il Principe è in contemplazione e in preghiera. Non può essere disturbato" gli disse uno.

"Dovete uscire. Qui non potete stare" aggiunse l'altro, invitandolo a tornare sui suoi passi.

"Ma io... Io devo parlare con il Principe!"

Akira osservò tra i due energumeni la figura di Hisashi, ancora seduto immobile nella stessa posizione di prima. Era come se nemmeno si fosse accorto della sua presenza, e questo lo ferì.

"Hisashi!" lo chiamò, mentre le guardie l'avevano afferrato per gli avambracci e lo stavano trascinando verso l'uscita "Devo parlarti!"

"Silenzio schiavo!" lo ammonì uno dei due, chiudendo con più forza la stretta sul braccio, tanto che sul volto di Akira comparve una smorfia di dolore "E porta rispetto al futuro Faraone!"

"Fermi" la voce decisa di Hisashi bloccò le guardie a pochi passi dall'ingresso del tempio "Lasciatelo... e uscite chiudendo la porta. Che nessuno osi entrare fino a nuovo ordine"

I due si guardarono un istante, indecisi sul da farsi. Era stato ordinato loro di non perdere mai di vista il Principe quando questi era fuori dai propri appartamenti. Cercarono di obbiettare, ma fu irremovibile. Alla fine dovettero fare come era stato detto loro.

Quando le pesanti ante si chiusero alle sue spalle, Hisashi divenne nervoso. Una goccia di sudore freddo percorse la tempia destra fino al mento, da cui si staccò per cadere sulle gambe ancora incrociate. Era incredibile quanto la sola presenza di Akira bastasse per renderlo teso come una corda, ormai tirata all'estremo, tanto che da un momento all'altro rischiava di spezzarsi. E' ciò avrebbe significato la perdita totale del controllo...

"Di cosa volevi parlarmi?" il tremolio della sua voce era minimo, ma un ascoltatore attento se ne sarebbe sicuramente accorto.

"La mia presenza vi disturba così tanto da non potermi nemmeno guardare negli occhi?" Akira si riferiva al fatto che gli stava ancora dando le spalle, e il dispiacere per tale comportamento era chiaramente leggibile nelle sue parole.

"Tu non capisci..." disse alzandosi in piedi "Non puoi capire quanto soffra ad averti così vicino e non poterti sfiorare..."

Hisashi era ancora vestito con gli abiti da cerimonia. Uno stupendo perizoma ornato con il prezioso metallo giallo gli fasciava i fianchi, mentre sul petto spiccava uno splendido pettorale decorato da monili di ogni tipo. Lacci di cuoio dorati era stretti in un delicato intreccio sul braccio sinistro e la gamba destra, mentre sul capo si elevava la corona con l'ureo d'oro. Infine, alla cintura di cuoio bianca che cingeva la vita, era appeso il pugnale del Genio Guardiano.

Affascinato da questo abbigliamento così ufficiale, avendo avuto solo un'occasione per poterlo ammirare con tali vesti, Akira rimase completamente immobile, fino a quando il Principe non giunse a meno di un passo da lui. Infatti, quando questi alzò una mano per sfiorargli la guancia, inconsciamente indietreggiò, poggiando le spalle contro un'immensa colonna.

"Perchè continui a sfuggirmi..." sussurrò Hisashi, che in quel momento sentì qualcosa spezzarsi nel proprio animo.

Si avventò con foga sull'amato, chiudendogli la bocca con la sua. Akira, animato dai buoni propositi che si era posto, lo lasciò fare dischiudendo le labbra. Il contatto si approfondì e le lingue finalmente si incontrarono, in un gioco di frenetico possesso. Intanto le mani del Principe presero ad esplorare una il petto e l'altra la schiena dello schiavo, che sotto quelle carezze audaci inarcò il dorso.

Quando fu soddisfatto del bacio, Hisashi iniziò ad assaporare la pelle di Akira, facendo scorrere le proprie labbra sul collo, prima di raggiungere l'orecchio, dove i denti si chiusero ripetutamente sul lobo, facendo trasalire l'altro per il piacere provocato, un piacere che scemò di colpo nel momento in cui una mano si insinuò sotto il perizoma, a livello delle natiche.

"No..." sussurrò Akira irrigidendosi. Solo ora si rendeva conto che ciò che muoveva Hisashi non era amore, ma pura brama di possesso mista ad aggressività.

"Ssshhh..." gli sibilò nell'orecchio "Non ti agitare, Akira, ti piacerà..."

Quelle parole, le stesse parole che si era sentito ripetere più volte in passato, prima di subire le violenze da parte del suo precedente padrone.

Istintivamente lo schiavo tentò di separarsi dal suo signore, ma senza riuscirci. Infatti questi l'aveva stretto a sè con l'altra mano, così energicamente da impedirgli ogni tentativo di fuga. Nel frattempo le dita stavano indugiando proprio sulla sua apertura.

"No!" urlò quando l'indice del suo signore lo penetrò con prepotenza. A questo si aggiunse quasi subito il medio, in un lasso di tempo troppo breve perchè potesse abituarsi all'intrusione del primo. Il dolore provocatogli, insieme alla terrore di quello che stava per accadere, fece sì che calde lacrime gli bagnassero il viso...

Hisashi intanto stava assaporando con smania e frenesia il lobo del ragazzo. L'idea di poterlo presto possedere gli aveva fatto perdere ogni freno che si era imposto, tanto da non accorgersi nemmeno della paura che stava vivendo lo schiavo. Imperterrito, continuava ad affondare le proprie dita nel corpo caldo e sensuale dell'altro.

Quando però dalla custodia che reggeva alla cintura sentì sfilare il pugnale del Genio Guardiano, alzò il volto per osservare Akira: lo sguardo completamente vuoto in quegli occhi ricolmi di lacrime che dall'azzurro intenso era diventati quasi grigi lo mise in allarme; fece appena in tempo a schivare la pugnalata che partì dal basso verso l'alto.

Una consistente ciocca di capelli neri cadde sul pavimento accompagnata da piccole gocce di sangue. Hisashi si portò la mano sulla parte sinistra del mento nel tentativo di fermare il liquido rosso che fuoriusciva. Il taglio era piccolo ma profondo.

"Akira... Ma cosa..."

Il Principe non fece in tempo a terminare la frase che il ragazzo dai capelli a punta lo attaccò di nuovo con un affondo. Spostandosi di lato stavolta riuscì ad evitare la lama affilata del pugnale.

"Tu... Tu non devi più toccarmi!" e detto questo, lo schiavo partì con un'altro fendente, questa volta orizzontale.

La lama sfiorò l'addome del Principe, che con un piccolo salto all'indietro si ritrasse appena in tempo perchè non lo prendesse in pieno. All'altezza della vita, una fine striscia di sangue confermò l'avvenuto contatto tra la sua pelle e il filo tagliente del pugnale.

"Per il Divino Ra, Akira! Ritorna in te!"

Hisashi aveva capito che il ragazzo non si stava rendendo conto di cosa stesse facendo, e soprattutto che le frasi sconnesse che gli rivolgeva in realtà non erano indirizzate a lui. Iniziò quindi a chiamarlo ripetutamente con la speranza di farlo rinsanire. Non sapeva quanto ancora avrebbe potuto resistere ai suoi attacchi. Ne sarebbe bastato uno ben assestato per ucciderlo.

"Akira! Sono Hisashi! Ti prego, guardami!" fu il suo ennesimo tentativo andato a vuoto.

Lo schiavo riprese con gli affondi, arrivando più volte a minacciare la vita del proprio padrone. Questi, dopo l'ennesimo schivato di lato, riuscì a bloccargli il polso della mano che stringeva il pugnale.

"Maledizione! Ritorna in te!" gli urlò all'orecchio.

In tutta risposta Akira lo spinse violentemente. Hisashi perse la presa con il polso e si sbilanciò all'indietro. Solo il muro perimetrale del Tempio bloccò sul nascere una rovinosa caduta a terra, ma nello stesso tempo lo rese un più facile bersaglio.

La lama del pugnale affondò nelle carni fino al manico. Vi rimase solo pochi secondi, essendo subito estratta. Un fiotto di sangue uscì dalla ferita, sporcando il perizoma cerimoniale e il pavimento sottostante. Le mani la raggiunsero, trovandola alla sinistra dell'addome, luogo dove era situata la milza, ora perforata. Le gambe cedettero, costringendolo ad inginocchiarsi. Per un momento si osservò le dita imbrattate di rosso, prima di rivolgere il suo sguardo verso l'alto, verso il viso di quel ragazzo che l'aveva colpito. Rimase sbigottito nel trovarvi un sorriso maligno, sorriso che scomparve nell'istante in cui gli occhi ritornarono di quell'azzurro cobalto così bello e luminoso. Sembrava smarrito, come se non ricordasse assolutamente cosa fosse successo.

Hisashi sorrise. Akira era tornato in sè.

Stanco e debilitato, il Principe si accasciò sul pavimento privo di sensi.

Lo schiavo, scioccato dallo stato in cui era il proprio signore, si chinò immediatamente su di lui per prestargli i primi soccorsi. Solo allora si accorse di stringere qualcosa nella mano destra, e quando la vide sporca di sangue con il pugnale fra le dita impallidì all'istante.

"N-non è p-possibile..."

Lasciò cadere l'arma, come inorridito, e questa toccò il pavimento con un rumore sinistro.

Prese tra le sue braccia il corpo inerme di Hisashi, facendo appoggiare la testa sul proprio torace, e lo strinse possessivamente a sè. Premette disperatamente sulla ferita che gli aveva provocato, nel tentativo di fermare la fuoriuscita del sangue che ormai aveva creato una vera e propria pozza nella quale erano immersi entrambi. Spaventato, iniziò a piangere, mentre con la mano libera gli accarezzava i capelli, fino a quando nella sua testa si insinuò la certezza che Hisashi sarebbe morto a causa sua...

Un urlo disperato ruppe il tranquillo silenzio di quella sera.

*

Le palpebre si dischiusero con lentezza, e il mondo ai suoi occhi apparve completamente sfuocato, come il viso della persona che lo stava osservando da sopra il suo giaciglio.

"Maestro! Maestro! Venite! Si sta svegliando!"

Un rumore di passi veloci e al primo volto se ne aggiunse un'altro.

"Presto, vai a chiamare il Medico Capo del Nord!"

"Immediatamente!"

Richiuse gli occhi, stringendoli, per poi riaprirli, e i contorni e le immagini acquisirono maggiore nitidezza, ma non abbastanza per riconoscere colui che era rimasto al suo capezzale. Attese pazientemente, fino a quando le figure e le forme gli risultarono chiare e definite...

"K-kiminobu..." sussurrò a fatica, ancora intontito dal risveglio.

"Che il Divino Ra sia ringraziato!" lo Scriba Reale aveva le lacrime agli occhi "Abbiamo temuto tanto per la vostra vita, Principe!"

La mano vellutata nella quale il ragazzo impugnava i più svariati pennelli per la scrittura gli passò tra i capelli, in una carezza affettuosa. Un po' stanco, chiuse gli occhi per riposarsi, fino a quando non fece il suo ingresso nella stanza Kazushi. L'apprendista scriba Hikohici invece rimase nell'anticamera.

Il medico effettuò i controlli di routine, per verificare la sua buona salute: osservò lo stato delle pupille, misurò la temperatura del corpo, verificò i battiti cardiaci e altre cose ancora. Infine si dedicò all'esame della ferita all'addome.

"Siete stato fortunato" gli disse mentre controllava i punti di sutura che aveva dovuto applicare per richiuderla "Il pugnale non ha lesionato irrimediabilmente organi vitali. Se ciò fosse accaduto, ora non sareste più qui con noi, Principe"

Il medico lo aiutò a sistemarsi seduto sul letto, in modo da potergli applicare la fasciatura protettiva. Hisashi attese quindi pazientemente che quella seccatura terminasse. Nonostante ogni tanto percepisse qualche fitta di dolore, si sentiva bene.

"Verrò a cambiarvi la fasciatura ogni giorno" concluse Kazushi, ricoprendolo con il lenzuolo di lino bianco una volta che fu di nuovo disteso "E mi raccomando, riposo assoluto. Un movimento errato potrebbe farvi riaprire la ferita, e di sangue ne avete perso già abbastanza"

Una volta che il Medico Capo del Nord uscì dalla stanza, Hisashi richiamò l'attenzione di Kiminobu.

"Dov'è Akira?" gli chiese preoccupato per le sorti del proprio schiavo, una preoccupazione che si trasformò presto in inquietudine a causa dell'espressione turbata dello scriba "Kiminobu! Dimmi immediatamente dov'è Akira!!" e scattò a sedere sul letto, afferrandolo per le spalle.

"Principe, non dovete agitarvi..." gli disse, cercando di rimetterlo disteso, ma senza risultati.

"Rispondimi!"

Kiminobu si morse nervoso il labbro inferiore, sapendo bene che, ascoltate le sue parole, Hisashi non sarebbe rimasto con le mani in mano.

"Il Faraone ha ordinato la sua fustigazione in piazza pubblica" disse infine lo Scriba Reale, chinando il capo "La stanno eseguendo proprio in questo momento..."

Come previsto, Hisashi saltò giù dal letto, ma nel momento in cui si alzò in piedi un forte dolore all'addome lo fece piegare in due. Per non cadere a terra dovette reggersi all'amico che prontamente lo soccorse.

"Principe! Che cosa state facendo!! Kazushi ha detto di non muovervi!"

"E tu pensi che io rimanga qui mentre la persona che amo viene frustata a morte davanti all'intero popolo di Tebe? Scordatelo!"

Detto questo, si liberò della presa di Kiminobu e con passo lento e incerto raggiunse la porta della propria camera. Peccato che lo scriba non avesse nessuna intenzione di fare in modo che il Principe si uccidesse con le proprie mani, per questo si piazzò davanti all'ingresso, bloccando il passaggio con il proprio corpo.

"Ma che cosa pretendete di fare? Ha attentato alla vostra vita!" gli urlò.

"Fammi passare..."

"No!"

"Il mio è un ordine Scriba Reale!"

Di fronte a quello sguardo fiero e deciso, Kiminobu pensò per la prima volta che Hisashi sarebbe stato un grande Faraone. Quella che veniva scambiata per testardaggine in realtà era una caratteristica che ben pochi sovrani avevano posseduto in passato, e anche il padre sotto questo punto di vista era da considerare inferiore al figlio. La sua era pura forza di volontà combinata ad un modo di fare fermo e risoluto. Quando in gioco c'era qualcosa di molto più importante della propria vita, il Principe non esitava a rischiare, anche se ciò avesse portato ad avere tutti contro. E' vero che ora era in gioco la vita del suo schiavo, dell'uomo che amava, ma un giorno, crescendo, i suoi orizzonti si sarebbero allargati, e avrebbe combattuto con la stessa determinazione per il benessere dell'intero Egitto, o almeno così sperava.

Nonostante i dubbi che lo stavano assillando, obbedì all'ordine che gli era stato impartito.

Hisashi uscì dai propri appartamenti, cogliendo di sorpresa le guardie poste a sorveglianza dell'entrata che, non avendo ricevuto ordini in merito, non seppero se permettere al Principe di proseguire per la propria strada. A bloccare qualsiasi loro intervento e i possibili successivi fu Kiminobu, che lo stava seguendo a qualche metro di distanza. Procedette così senza intoppi, fermandosi ogni tanto a riprendere fiato e a controllare che la fasciatura non fosse sporca di sangue, in modo da sapere se la ferita si era riaperta o meno.

Alla fine giunse in prossimità dell'uscita sulla piazza dove mesi orsono si era tenuta la festa per il proprio diciottesimo compleanno. Stranamente non si udiva niente, il più completo silenzio. Che fosse già tutto finito? No. E infatti il sibilo della frusta seguita dal suo schiocco giunse alle sue orecchie, ma non il lamento del fustigato. Un brivido di terrore gli percorse la schiena.

Più velocemente che poteva, percorse gli ultimi metri e irruppe nella lucente piazza. Suo padre stava seduto sul trono di acacia, posto come sempre nel punto più in alto in modo che la sua testa fosse al di sopra degli altri. Al suo fianco vi era il visir, accompagnato da Hanamichi, lo schiavo dai capelli rossi. Questi sembrava sofferente a vedere l'amico punito così selvaggiamente. A maneggiare la frusta vi era Takenori, che con maestria la faceva agitare nell'aria prima di colpire la schiena di Akira, rivolta verso tutti loro. Lui, il suo amato, stava proprio in fondo alla piazza, vestito solo con un telo di lino a coprirgli le parti intime, le mani legate tramite delle corde ad una impalcatura in modo da poterlo tenere in piedi, la testa reclinata in avanti.

Sconvolto da quella visione, rimase immobile mentre l'ennesima frustava veniva calata sulla schiena già martoriata del suo schiavo, che sollevò leggermente la testa senza però emettere alcun grido di dolore.

Fu questo a smuoverlo, il fatto che lui fosse ancora vivo e stesse sopportando quella punizione esemplare senza il minimo reclamo o pianto.

Nessuna delle grandi autorità si era accorto della sua presenza, ma il popolo di Tebe sì, visto che il silenzio venne sostituito da un mormorio sempre più crescente. Lesto, per quel che poteva, si avvicinò a Takenori dal dietro e mentre questo stava caricando l'ennesimo colpo, afferrò la frusta bloccandolo.

"Ma cosa...?" La guardia del corpo del Visir si volse.

"Ora basta" disse Hisashi guardandolo con sfida, senza mollare la presa.

Sulla piazza era sceso il silenzio, silenzio interrotto dal Faraone che si alzò in piedi e gridò il suo nome con ira, a rimprovero di ciò che stava facendo. Anche se era il Principe non aveva nessuna autorità di interrompere una punizione che egli in persona aveva ordinato.

Naturalmente Hisashi non lo prese minimamente in considerazione. Lasciò la frusta e si avvicinò a Takenori, dalla cui cintura sfilò un pugnale. Infine si diresse verso Akira. Solo quando giunse ad un passo dalle sue spalle, la determinazione che fino ad allora l'aveva accompagnato vacillò per un momento. La schiena dello schiavo era completamente coperta di sangue, fuoriuscito dalle sferzate che l'avevano segnata. Con il groppo in gola, girò attorno al corpo per arrivargli di fronte.

Akira teneva la testa china in avanti, esausto per il trattamento che stava subendo. Quando una mano passò nei suoi capelli abbassati e sporchi di sudore, fece un enorme sforzo per alzarla, ma ne valse la pena. La felicità e la gioia che invase il suo cuore fu indescrivibile. Incrociare gli occhi neri di Hisashi vivo e vegeto era come un sogno dal quale non avrebbe più voluto svegliarsi.

"E' tutto finito..." gli sussurrò Hisashi, con le lacrime agli occhi e un sorriso incerto.

Lui, al contrario, ne sfoderò uno raggiante e luminoso, che tranquillizzò il Principe.

"Ora aggrappati a me..."

Hisashi prese a tagliare le corde che reggevano Akira all'impalcatura. Quando il primo braccio fu libero, se lo portò dietro il collo e passò al secondo, con il quale ripetè la medesima mossa.

"Riesci a camminare? Non so se così conciato sono in grado di reggere il tuo peso come l'altra volta..." gli disse, offrendogli comunque la spalla per appoggiarsi. Akira non la rifiutò.

I due si incamminarono per rientrare a palazzo, ma quando passarono ai piedi del trono del Faraone, Hisashi si fermò. Suo padre lo stava osservando dall'alto della sua posizione, fremente di rabbia, ma a lui non importò: nessuno avrebbe dovuto far del male ad Akira. La colpa di ciò che era successo era solamente sua...

In un gesto d'ira, impugnò la lama del pugnale e scagliò l'oggetto contro il Faraone. Questo impallidì di fronte a tale gesto, ma l'arma lo mancò volutamente, andandosi a conficcare nel duro legno del trono, giusto nella posizione in cui normalmente ci sarebbe stata la testa.

"Principe! Ma cosa vi è venuto in mente!?" il rimprovero di Kiminobu era rivolto naturalmente all'ultimo atto compiuto prima di uscire dalla piazza.

Hisashi però non gli diede ascolto, troppo preoccupato per la saluta di Akira. Lui era la prima cosa a cui pensare, il resto sarebbe venuto dopo. Fece chiamare Jun, il capo schiavo della famiglia reale, e gli diede in consegna il suo amato, raccomandandogli di portarlo immediatamente da Kazushi. Le ferite alla schiena andavano curate il prima possibile, per evitare che le cicatrici segnassero il suo corpo a vita.

"Il Medico Capo del Nord verrà sicuramente a sapere quello che hai combinato" gli disse Kiminobu, osservando Jun che si allontanava con Akira sulle spalle "Quindi preparati a sentire la sua predica. Non hai resistito nemmeno un minuto sdraiato sul letto dal momento in cui ha pronunciato le parole 'riposo assoluto'!"

Il Principe iniziò a ridere di gusto. Dalla morte di Anzai il suo animo si era incupito a tal punto da non riuscire più ad esprimere la gioia e la felicità di un tempo. Ora invece sembrava averli ritrovati, e solo grazie ad Akira. Quel ragazzo, semplicemente con la sua presenza, riusciva a farlo stare bene e in pace con sè stesso.

Lungo il corridoio il mormorio che fino a poco regnava cessò di colpo. Il silenzio venne presto rotto da dei passi, che velocemente si avvicinavano a lui. Hisashi si volse e così incontrò il padre a la sua furia cieca pronta ad esplodere.

"Come... come ti sei permesso..." la collera era evidente dal suono di ogni parola.

"Voi, padre, come vi siete permesso di frustare il mio schiavo personale!" l'allegria di poco prima era svanita in un attimo, sostituita dall'ira impetuosa che lo soffocava al ricordo di quello che aveva visto nella piazza "Nessuno si deve permettere di torcergli un solo capello!"

Per la prima volta in vita sua, il Faraone ebbe paura del proprio figlio. Non capiva da cosa fosse animato, quale fosse la fonte di tale ardore, ma qualunque cosa fosse lo rendevano fiero ed audace come non lo era mai stato, ma era proprio così che lo desiderava...

"'Il tuo schiavo personale'? Akira... è semplicemente 'il tuo schiavo personale'?!"

La voce roca e piena di sdegno sorprese ogni presente nel corridoio. Hisashi osservò attento alle spalle di suo padre quegli occhi nocciola che lo fissavano con collera.

"Mi ero sbagliato sul vostro conto" aggiunse Hanamichi "Vi pensavo diverso, ma alla fine siete uguale identico a lui..."

Non si accorse nemmeno del pugno che lo prese in pieno volto. L'impatto con il muro a tergo fu terribile. La testa vi picchiò contro, causandogli l'offuscamento della vista, senza contare la schiena che divenne un dolore unico. In più, la guancia dove era stato colpito, iniziò a pulsare, e un acre sapore di sangue gli invase la bocca.

Hanamichi si era precipitato di fronte al Principe in men che non si dica, sorprendendo tutti, perfino le guardie che avevano accompagnato il Faraone, le quali ora parevano smarrite e confuse. Chi mai si sarebbe aspettato che un semplice schiavo avrebbe avuto il fegato di aggredire il Principe d'Egitto? Nessuno, ma era appena successo. Riscosse dall'ordine perentorio del Grande Leone d'Egitto di proteggere il loro futuro sovrano, circondarono l'aggressore. Ma la furia che si era scatenata all'interno del rosso risultò così selvaggia da essere indomabile.

In men che non si dica, due guardie erano riverse a terra, colpite entrambe in pieno volto da pugni vigorosi ed energici. Hanamichi era proprio rivolto verso queste quando una lo attaccò alle spalle. Schivò con agilità la lancia che rischiava di trafiggerlo, l'afferrò con una mano e con violenza la tolse all'avversario, per poi colpirlo con il bastone della stessa in pieno stomaco. La guardia si accasciò a terra dolorante.

"Do'aho!"

La voce di Kaede distrasse per un istante Hanamichi, ma fu abbastanza affinchè il bastone lo colpisse sulla nuca. In un primo momento stordito, arrancò verso gli avversari che da stupidi non approfittarono di quella occasione d'oro. Infatti, appena si riprese, il rosso riuscì a mettere fuori combattimento le quattro guardie rimaste con l'aiuto della lancia sottratta, sorprendendo i presenti tanto da lasciarli di stucco.

Senza perdere ulteriore tempo, lo schiavo si avvicinò al Principe che, ancora stordito, stava seduto sul pavimento con la schiena appoggiata al muro perimetrale. Con la sola mano destra lo afferrò per il collo e, una volta risistemato in piedi, lo sollevò staccandolo da terra. A quella vista il Visir si riscosse.

"Do'aho! Fermati!"

Kaede si portò al fianco di Hanamichi nel tentativo di fermarlo. Gli afferrò le spalle e con forza cercò di fargli lasciare il Principe, ma il colosso dai capelli rossi non si muoveva nemmeno di un millimetro.

"Dimmi un po' principino... Ti sei divertito a giocare con lui?"

Intontito e dolorante, Hisashi non riuscì a reagire, e la mano di Hanamichi prese a stringere sulla gola. Lentamente iniziò a mancargli l'aria.

"Adesso basta!!"

Quella voce che rimaneva sempre fredda e distaccata, che nessuno aveva mai sentito alzarsi al di sopra di una certa tonalità, riscosse Hanamichi. Resosi conto di ciò che realmente stava facendo accecato dalla pura rabbia, ritrasse la mano lasciando così il collo del Principe che rovinò a terra. Sconcertato, si volse verso il proprio signore i cui occhi di ghiaccio, per la prima volta, non parevano tali. In essi vi lesse autentico terrore...

Hisashi intanto prese a tossire energicamente. L'aria entrò nei polmoni così violentemente da fargli male. Cercò quindi di tranquillizzarsi e regolarizzare il respiro.

"Principe! La vostra ferita!!" disse lo Scriba Reale notando l'ampia macchia rossa che si allargava sulle bende applicate da Kazushi.

La sua mano, come di riflesso, si tastò il punto in cui il pugnale era penetrato nelle carni, sentendo il denso liquido della vita sulla mano. Immediatamente furono chiamate delle guardie, affinchè lo portassero nelle proprie stanze. Nel frattempo uno schiavo era stato mandato ad informare il Medico Capo del Nord di ciò che era accaduto.

"Tu sai che cosa gli è successo..." disse Hisashi mentre due soldati lo stavano raccogliendo da terra "E' per questo che sei così arrabbiato con me... non è forse vero?"

Hanamichi si volse verso il Principe che, nonostante stesse per essere portato via, non smetteva di fissarlo implorante. Nuovamente, nel bagliore di quelle pupille nere, vi lesse ancora una volta i sentimenti profondi di cui Akira era il destinatario.

"Devi dirmelo... Ti prego..." furono le ultime parole che udì uscire dalla sua bocca, prima che fosse troppo lontano.

Confuso e perplesso non seppe più a cosa pensare. Se veramente il Principe amava il suo amico perchè tutto ciò era accaduto? Akira si sarebbe difeso solo in un caso, ovvero se qualcuno avesse cercato di abusare di lui, e visto che era stato Hisashi ad essere ferito non poteva che essere il colpevole di quel gesto deplorevole.

Però, quegli occhi, quegli occhi esprimevano disperazione e smarrimento...

"Do'aho... Questa volta una severa punizione non te la toglie nessuno"

Hanamichi osservò Kaede. I suoi occhi erano ridiventati quelli di sempre. Ghiaccio...

*

"Come va la vostra ferita Principe?"

"Meglio. Ora posso muovermi con più scioltezza, senza rischiare che si riapra..."

Hisashi si fermò davanti al grande specchio dal rotondo contorno laminato d'oro che occupava l'angolo destro del salotto. In quelle tre settimane la lacerazione all'addome si era rimarginata. Di essa rimaneva comunque la cicatrice a segnare il suo corpo. La stessa cosa poteva dirsi dello sfregio sulla parte sinistra del mento che Kazushi aveva richiuso con tre punti di sutura, sfregio provocato dal primo fendente di pugnale che gli aveva tagliato anche un'abbondante ciocca di capelli, ora cortissimi.

Portò una mano alla testa per sistemare un ciuffo ribelle. Non si era ancora abituato a quel nuovo taglio.

"Dov'è Hanamichi, Visir?" chiese voltandosi verso di lui.

"Lo schiavo è qui fuori. Prima di farlo entrare però vorrei sapere qual'è l'argomento di cui volete discutere con lui... E comunque sappiate che dopo quello che è successo non vi lascerò soli"

Hisashi raggiunse il tavolo al centro della sala. Si accomodò su una delle sedie e fece segno a Kaede di fare altrettanto.

"Vorrei parlargli di Akira" disse "lo schiavo che mi avete donato per il mio compleanno"

Il Visir, nonostante la sua espressione da sempre impassibile e fredda, sembrava sorpreso.

Il giorno precedente aveva ricevuto la missiva del Principe che chiedeva un colloquio con il suo schiavo, senza specificarne la ragione. Ed anche ora che l'aveva saputa non riusciva a capire lo scopo di quella chiacchierata. C'era solo un modo per scoprirlo.

Fece chiamare il proprio schiavo, ordinandogli di entrare. Quando Hisashi lo vide provò amarezza e dispiacere.

"Che è successo alla sua schiena?" chiese notando, nel momento in cui si volse a chiudere la porta, i lunghi graffi profondi che la segnavano.

"Per avervi aggredito doveva pur essere punito..."

Sapeva già la risposta, ma sentirselo dire accentuò il senso di colpa. Anche lui, come Akira, era stato frustato solo a causa sua, per aver preteso troppo quando non doveva.

"Non era necessario..." sussurrò con un tono così basso che nessuno lo sentì "Accomodati Hanamichi"

"Ma io..." cercò di dissentire il rosso. Non sarebbe stato conforme all'etichetta che uno schiavo si sedesse allo stesso tavolo del proprio signore, per non parlare del Principe d'Egitto...

"Non ti preoccupare, te l'ho chiesto io. Siediti"

Una volta che Hanamichi si fu sistemato a fianco di Kaede, Hisashi prese in mano le redini del discorso, chiedendo immediatamente allo schiavo di raccontare cosa fosse successo ad Akira. La domanda turbò parecchio l'interpellato che, come impaurito da ciò che avrebbe dovuto dire, allargò gli occhi fissandolo, per poi abbassare lo sguardo e iniziare torcersi le mani.

"S-sarebbe più giusto che tale domanda fosse posta direttamente a lui" la sua risposta fu una chiara espressione della volontà di evitare l'argomento.

"Credi forse che non l'abbia già fatto?"

Agitato, Hisashi si alzò dalla sedia. Il fatto che Hanamichi si rifiutasse di parlare non poteva che confermare la gravità della situazione, una situazione che in parte si era già delineata nella sua testa. Fece qualche passo verso la veranda, fermandosi poco oltre la porta-finestra da dove contemplò per un attimo il proprio giardino privato, dando così le spalle agli ospiti.

"Ti prego, ho bisogno di saperlo" sussurrò afflitto, appoggiando le mani sulla balaustra che strinse convulsamente "Io... io non so più come comportarmi con lui! qualsiasi cosa faccia sembra ferirlo..."

Nel salotto illuminato dall'ultimo sole del pomeriggio, scese il silenzio.

Hanamichi osservava rattristato la schiena del Principe. Avrebbe voluto tanto aiutarlo, perchè in questo modo avrebbe aiutato anche quel testone di Akira. Ma come poteva? Kaede era lì, di fianco a lui, pronto ad ascoltare qualunque parola avesse scambiato con il figlio del sovrano... E non poteva permettere che venisse a sapere la verità su...

"Chi è che ha abusato di lui?"

Quella domanda fu come un'inaspettata ondata di piena del Nilo...

"C-come fate a saperlo?!" esclamò stupito.

"Non sono stupido, Hanamichi" gli rispose il Principe, voltandosi e appoggiandosi alla balaustra "Semplicemente ho immaginato che il problema potesse derivare da qualcosa del genere... e tu mi hai appena dato la conferma di questo mio sospetto..."

Il rosso si maledisse un milionesimo di volte per la stupidità con cui aveva confermato quel dubbio, soprattutto davanti al proprio signore, che a quell'affermazione parve decisamente confuso. Kaede infatti li stava osservando, spostando velocemente gli occhi da lui al Principe e dal Principe a lui. Sicuramente il suo pensiero lo stava inevitabilmente portando ad un indiziato.

"Di chi sta parlando?" gli chiese infine, fissandolo in quelle pupille nocciola che non riuscivano a mentire, e nelle quali trovò la risposta che non voleva sapere.

Kaede si alzò in piedi di scatto, facendo cadere la sedia all'indietro. Sul quel viso che difficilmente mostrava qualsiasi tipo di emozione, ora vi leggeva incredulità.

"Mio signore..." disse Hanamichi alzandosi a sua volta.

"Tu... Tu stai accusando mio padre di aver..." Kaede non riusciva nemmeno a finire la frase da quanto tale rivelazione lo avesse sconvolto. La sua freddezza di sempre sembrava essere evaporata.

"Mi dispiace, ma è la verità..."

Il rosso abbassò gli occhi, non riuscendo più a guardarlo in faccia. Aveva appena frantumato l'immagine valorosa che Kaede aveva del proprio padre, l'unica persona a cui avesse mai dimostrato il proprio affetto dopo la morte della madre, avvenuta quando aveva solo sette anni di età; una morte che l'aveva distrutto, rendendolo quello che era, un ragazzo freddo e scostante, che amava il silenzio e la più completa solitudine.

"So che per te sarà difficile, Hanamichi, ma ho bisogno di sapere i particolari..." disse Hisashi dopo qualche attimo di silenzio, rientrando dalla veranda "Visir, se non ve la di ascoltare..."

"No. Voglio sapere" sicuro della propria decisione, Kaede raccolse la sedia e si accomodò.

Lo schiavo deglutì a vuoto. Si sedette nuovamente con i gomiti sulle ginocchia. Alle mani giunte tra loro venne appoggiata la fronte. Chiuse gli occhi e fece un profondo respiro.

"La prima violenza fu subita da Akira quando aveva undici anni. Mi raccontò che come ogni sera salivano sul terrazzo del Palazzo della Luna, diretti all'osservatorio. Lì il Visir gli insegnava a riconoscere stelle e costellazioni, per poter poi interpretare i messaggi della divina Nut che si nascondevano nel cielo e nei suoi astri. Quella sera però fu diversa dalle altre. Mentre Akira stava osservando il cielo, il Visir iniziò a toccarlo..." Hanamichi fece una pausa, deglutendo a vuoto "Lui mi disse che all'inizio non capiva esattamente che cosa volesse il suo signore, ma quando le carezze iniziarono a diventare più intime cercò di sottrarvisi, senza però riuscirci. Era troppo piccolo e debole per difendersi, e il Visir ne approfittò, ricordandogli anche che lui era il suo schiavo e doveva ubbidire a qualsiasi suo ordine o desiderio..."

Hanamichi si alzò dalla sedia e nervoso iniziò a camminare per la stanza. Hisashi e Kaede, invece, aspettarono pazientemente che riprendesse a raccontare.

"A questa, naturalmente, ne seguirono altre, e con il passare del tempo le violenze divennero praticamente quotidiane. Akira mi disse che provò solo tre volte a ribellarsi a queste imposizioni: durante la prima il Visir gli ruppe tre costole a calci, mentre a causa della seconda il medico dovette mettergli tre punti dietro la nuca, ove il suo signore gli aveva dato una forte bastonata. In entrambi gli avvenimenti, in giro raccontò di essere caduto dalle scale... me lo ricordo bene, perchè fui il primo a voler sapere il motivo delle fasciature che portava" Hanamichi si fermò davanti allo specchio. Attraversò di esso gettò uno sguardo ai due presenti "La terza volta fu la più terribile. Per fargli imparare la lezione, lo rinchiuse in una segreta all'insaputa di tutti. In quel luogo buio e sporco, senza cibo nè acqua, ci rimase quattro giorni, durante i quali non smise certo di subire le violenze del Visir, che si presentava a 'godersi' il suo schiavo ogni volta che poteva!!"

Un rumore di vetri rotti fece sussultare Hisashi e Kaede. Hanamichi, per sfogare la propria rabbia, aveva tirato un gancio destro al centro dello specchio, mandandolo in frantumi. Dalla sua mano, rivoli di sangue vi discendevano e alcune gocce andarono a macchiare il pavimento sottostante.

Le due guardie, probabilmente attirate dallo strano rumore, fecero irruzione nella sala. Il Principe le tranquillizzò, pregandole di tornare al proprio posto. Una volta che furono uscite, si avvicinò allo schiavo con in mano un panno di lino che usò per tamponare la mano ferita.

"Ti prego... Continua..." lo esortò Hisashi.

La sua non era certo cattiveria nei confronti di Hanamichi che soffriva nel ricordare e raccontare tali episodi, esattamente come lui ad ascoltarli, ma semplicemente voglia di conoscere il passato di Akira, per poterlo capire meglio come persona e coltivare quell'amore intenso che li univa, ma che ancora non era sbocciato.

"Akira ha continuato a sopportare questa situazione per anni" riprese il rosso, avvicinandosi alla veranda, con il panno che gli copriva la mano "Quello che più mi preoccupava era però il suo dimostrarsi sempre allegro e sorridente, come se nulla fosse. Avevo paura che prima o poi raggiungesse quella soglia di sopportazione che tutti hanno, e che la reazione potesse essere veramente tremenda, se non distruttiva per il suo essere. Tante volte sono rimasto sveglio nell'attesa di sentirlo rientrare nella sua stanza, accanto alla mia, per poi recarmi a vedere come stava. Spesso lo trovavo che piangeva nel sonno mentre si rigirava turbato nel letto. Ogni volta mi sdraiavo al suo fianco e lo stringevo a me, sussurrandogli parole rassicuranti nel tentativo di tranquillizzarlo e di farlo addormentare. Quando però questa tecnica non ebbe più effetto, capii che quella soglia stava per essere raggiunta..."

Un leggero vento face frusciare le foglie delle piante nel giardino del Principe mentre il Nilo trascorreva tranquillo al suo fianco. Le acque ormai l'avevano abbandonato da tempo e la stagione della secca si stava avvicinando. Hanamichi rimase appoggiato alla balaustra qualche secondo, in silenzio, ad osservare il verde brillante dell'erba e delle foglie, nonchè i colori vivaci dei fiori.

"Una notte mi svegliai di soprassalto. Ero turbato, molto. Avevo l'impressione che qualcosa non andasse, ma al momento non riuscì a capire cosa. Quando mi resi conto di essermi addormentato senza aver udito l'ingresso di Akira nella sua stanza mi ci precipitai subito. Trovarla vuota a notte così inoltrata mi gettò nel panico. Iniziai le ricerche che mi portarono ovunque. Alla fine, l'unico posto in cui non avevo ancora controllato erano proprio gli appartamenti del Visir"

Hanamichi si volse per guardare agitato il proprio signore che, sconcertato da quelle rivelazioni, aveva lo sguardo perso nel vuoto. La pausa che si prese fu la più lunga.

"La porta principale era aperta" nella sua voce si poteva scorgere un leggero tremolio "Titubante entrai. Il salotto era in ordine e non notai nulla di strano. Così passai al locale successivo, lo studio. Quello che vi trovai fu terribile. Akira era seduto in un angolo, raggomitolato con le gambe al petto. Sentendo il rumore dei miei passi sollevò la testa. Stava piangendo, ma non fu questo a colpirmi. I suoi occhi erano increduli oltre che terrorizzati, e il motivo di tale sgomento era lì, al centro della stanza. Riverso per terra, in mezzo a una pozza di sangue, stava il corpo del Visir. A pochi passi da lui un piccolo coltello sporco del medesimo liquido..."

"Il coltello..." Kaede sollevò di colpo la testa, puntando i propri occhi di ghiaccio contro Hanamichi "E' stato Akira... E' stato lui ad avergli procurato quella maledetta ferita..."

Mestamente lo schiavo abbassò il capo, a conferma di ciò che era stato detto.

La storia era risaputa a corte. Quando venne soccorso, il Visir raccontò di aver inciampato ed essere caduto sulla lama che reggeva in mano. Nessuno, a parte Hanamichi ed Akira, sapeva come realmente si fossero svolti i fatti, ovvero che fosse stato il secondo a ferirlo. Sembrava impossibile, ma l'allora suo signore, nonostante le violenze che gli aveva imposto, aveva deciso di proteggere Akira dalle conseguenze del gesto omicida compiuto quella notte.

"Come... Come hai potuto nascondermi una cosa simile?"

Kaede si alzò dalla sedia per portarsi di fronte allo schiavo. Non riusciva a credere alle proprie orecchie: suo padre non era perito per un semplice incidente, ma era stato assassinato... e il colpevole era impunito.

"Do'aho!" la voce era fredda e pungente, esattamente come i suoi occhi, all'interno dei quali però si poteva scorgere l'impetuosa ira che lo animava "Ti ricordo che per quella ferita lui è morto il giorno successivo! Come... Come hai potuto?!"

"Akira non farebbe mai del male ad una mosca!" urlò Hanamichi, con le lacrime agli occhi. Poteva capire la collera del proprio signore, ma era come se, di tutto il discorso fatto, avesse udito solo quell'ultima parte, e ciò lo feriva. Per questo sfogò tutta la sua angoscia "Avrebbe forse dovuto continuare a subire inerme le sevizie di vostro padre? Del padre di un ragazzino viziato a cui interessa solamente di sè stesso?"

L'offesa che quelle parole arrecarono al Visir fu enorme. Accecato dalla rabbia, istintivamente alzò il braccio per colpirlo. Non poteva tollerare un tale comportamento da chi gli apparteneva e che avrebbe dovuto servirlo con rispetto e devozione.

Una mano si chiuse sul suo polso.

"Vi ricordo che anche se è uno schiavo è pur sempre un essere umano..." disse Hisashi senza mai mollare la presa "E mi sembra che non abbiate ascoltato nemmeno una parola di quello che vostro padre ha fatto ad Akira... e se ci fosse stato Hanamichi al suo posto?"

Quelle parole furono come un calmante per Kaede. Scosso dal solo pensiero che il rosso potesse subire le medesime atrocità che lui stesso aveva raccontato, abbassò il braccio e si allontanò. Una volta raggiunta la porta, vi si fermò di fronte e chiese il permesso al Principe di essere congedato. Questi, capendo il turbamento che la propria domanda aveva generato, glielo concesse.

"Baka Kitsune..." sussurrò Hanamichi, appena la porta si richiuse, lasciandosi sfuggire alcune lacrime frettolose di percorrere il suo viso.

"Scimmia rossa! Smettila di frignare e torna al tuo posto... Non abbiamo ancora finito la nostra chiacchierata..." Hisashi raggiunse la scrivania e si sedette.

"Che cosa hai detto?!" l'insulto, come previsto dal Principe, aveva toccato il suo orgoglio facendolo reagire "Io non sono una scimmia! Bada a come parli perchè altrimenti..."

"Siediti!"

Hisashi non riuscì a trattenere una piccola risata per la fierezza e l'amor proprio che l'altro dimostrava di avere. Una volta che si fu accomodato, gli chiese di continuare il racconto.

"Beh, non c'è molto da dire..." disse il rosso "Quando mi accorsi che il Visir respirava ancora, chiamai aiuto. Purtroppo il coltello aveva perforato un polmone, e..."

"Conosco già questi avvenimenti... Parlami di Akira, per favore"

"Lo riaccompagnai nella sua camera, e una volta soli gli chiesi di raccontarmi i fatti di quella sera" Hanamichi si torceva le mani nervoso "Mi disse che il Visir l'aveva bloccato tra il suo corpo e la scrivania, iniziando a molestarlo. Con le mani era appoggiato al piano, e per puro caso aveva urtato il coltello che vi era sopra... da lì niente, il buio più assoluto. I suoi ricordi riprendevano dal momento in cui il corpo del Visir si accasciava a terra, colpito dalla lama dell'arma che stringeva tra le mani..."

"Penso di aver capito che cosa succede..." disse Hisashi dopo qualche attimo di meditazione "Nei momenti di maggior pericolo, quelli in cui sa di non avere via di scampo, affiora la sua aggressività latente che prende il completo sopravvento del corpo. E di questi attimi non ricorda assolutamente niente..."

"Una sorta di difesa del subconscio..." aggiunse Hanamichi massaggiandosi il mento.

Concentrati a tirare le somme sui discorsi che avevano ormai concluso, udirono a malapena il rumore della porta che si chiuse alle loro spalle. Quando si voltarono, Akira stava avanzando verso di loro osservandoli sorpreso di trovarli insieme.

"Hana... Che cosa ci fai qui?" chiese all'amico.

Hisashi non si era reso conto che il tempo fosse trascorso così inesorabilmente. Ra aveva iniziato la propria discesa verso occidente, per scomparire oltre l'orizzonte e lasciare la notte ad Osiride. Non avrebbe voluto che Akira li vedesse insieme, in quanto l'argomento di quell'incontro non poteva che essere uno solo... E lo schiavo, osservando negli occhi sinceri di Hanamichi, non tardò a comprenderlo.

Il rumore di vari oggetti che caddero sul pavimento spezzò il silenzio nella stanza.

"Perchè..." sussurrò Akira, ai piedi del quale era sparso tutto il suo prezioso materiale da scriba "Perchè Hana... Io mi fidavo di te..."

Il rosso si alzò dalla sedia. Era dispiaciuto per aver tradito la fiducia accordatagli, ma raccontando aveva capito che era la cosa giusta da fare. Continuando su quella strada, senza conoscersi a fondo, avrebbero solo sofferto entrambi.

"Cerca di capirmi" gli disse appoggiandogli le mani sulle spalle "Ho dovuto farlo, per il tuo bene!"

"Per il mio bene?" ripetè il moro, cercando di liberarsi dalla presa dell'amico senza però riuscirci "Non essere presuntuoso! Come puoi sapere cosa sia meglio per me?" il suo tono di voce era pacato, senza traccia di rabbia, ma velato dall'amarezza.

"Akira, potevi uccidere il Principe! Almeno te ne rendi conto?!"

Quelle parole lo travolsero come un'ondata impetuosa. L'idea di essere stato sul punto di uccidere nuovamente il proprio signore lo terrorizzò, ghiacciandogli il sangue nelle vene, e il pensiero che fosse anche la persona che amava fece crollare ogni sua difesa. Il respiro si fece affannoso, come se gli mancasse l'aria. Presero a tremargli le labbra ed gli occhi si riempirono di lacrime. Qualcuna iniziò a rigargli il viso.

"Akira..." sussurrò preoccupato Hanamichi. Voleva confortarlo stringendolo a sè, ma non ne ebbe il tempo.

"Lasciami!!"

Lo spintone che ricevette lo fece cadere a terra di sedere. Immediatamente si rialzò, pronto ad inseguire l'amico che, liberatosi dalla sua presa, era scomparso oltre la porta-finestra che dava sulla veranda. Una mano sulla spalla lo bloccò.

"Non ti preoccupare" gli disse Hisashi che fino ad allora non era intervenuto "Ora gli parlo io"

Hanamichi avrebbe voluto chiarire la propria posizione, ma appena scorse lo sguardo dolce del Principe capì che ci avrebbe pensato lui a sistemare le cose per entrambi. Così decise di lasciarlo agire da solo, e si congedò da lui. A quel punto Hisashi raggiunse la veranda.

Il suo giardino privato non era di certo grande ed esisteva un unico posto dove potersi nascondere dagli sguardi indiscreti. Si avvicinò quindi al robusto salice la cui chioma folta e lunga celava il proprio tronco al suo interno. Con una mano sollevò i lunghi rami cadenti rivelando la figura dello schiavo, seduto con la schiena appoggiata al fusto principale dell'albero e la testa nascosta tra le braccia incrociate sopra le ginocchia.

"Akira..." lo chiamò con tono gentile.

"Non guardarmi! Non con quegli occhi pieni di compassione!"

Un sorriso si allargò sul volto di Hisashi, che si sedette proprio di fronte a lui a gambe incrociate.

"Allora guardami tu... E dimmi se vedi quella compassione che pensi di trovare..."

Akira sollevò la testa, quel tanto che bastò affinchè potesse scorgere le iridi nere del suo signore. Le scrutò attentamente senza riuscire a vedere alcun barlume di pietà o commiserazione. In essi regnavano solo dolcezza, affetto e... desiderio.

"Quindi?" gli chiese infine il Principe.

"Niente..."

Imbarazzato dalla magra figura e dalla passione che ardeva negli occhi del suo signore, le guance di Akira si colorarono leggermente. Per sdrammatizzare sfoderò uno dei suoi dolci sorrisi, immediatamente ricambiato.

"Non essere deluso di Hanamichi" Hisashi si sporse in avanti e poggiò la propria fronte su quella dell'altro, circondandogli le spalle con le mani "Se lui ha mi ha raccontato il tuo passato l'ha fatto solo perchè tiene a te, perchè non vuole che tu soffra. Anch'io avrei preferito sentirli dalla tua voce quei fatti, ma in fondo è stato meglio così. Per te sarebbe stato atroce ricordare quei momenti se ancora non te la senti. Comunque, se un giorno, quando sarai pronto, vorrai descrivermelo con le tue parole, io sarò qui, pronto ad ascoltare..."

"Grazie" sussurrò Akira, cingendogli il collo con le braccia e nascondendo il volto nell'incavo tra esso e la spalla, mentre le ultime lacrime, questa volta di felicità, gli rigavano le guance.

Rimase in quella posizione per qualche minuto, assaporando la sicurezza che quell'abbraccio riusciva a dargli. Ora si sentiva protetto e amato come mai lo era stato. Quando sollevò il viso non lo allontanò di molto, lasciando che le proprie labbra fossero a portata di quelle di Hisashi. Questi capì cosa il proprio schiavo stesse aspettando, e non se lo fece ripetere due volte. Le bocche si unirono e il bacio divenne in poco tempo intenso.

"Amami..." bisbigliò il ragazzo dai capelli a punta nel suo orecchio quando si separarono.

Il Principe non capì che cosa intendesse dire con quella parola, almeno fino a quando non incrociò i suoi occhi azzurri pieni di passione ardente.

"Akira, non devi se non ti senti pronto..."

"Ti ho detto amami, qui, adesso..." lo strinse a sè supplicante "Voglio che questo albero e questo prato siano i testimoni del nostro amore"

Hisashi ricambiò l'abbraccio con brama. Poi fece distendere il proprio amante sull'erba che cresceva rigogliosa al riparo dal sole cocente grazie ai rami del grande salice. I lunghi fili verdi si piegarono sotto il peso del corpo di Akira, il quale chiuse gli occhi, assaporando quel soffice e fresco tappeto che gli solleticava la schiena nuda.

Le labbra del suo signore iniziarono a posarsi sul viso, con tocchi leggeri e delicati. Partendo dalla fronte, discesero lungo la tempia e le guance per raggiungere le sue, dove poterono riassaporare con slancio la gioia del bacio. Nel frattempo, una mano gli accarezzava gli addominali, risalendo verso il petto, dove le dita iniziarono a giocare con il capezzolo destro, solleticandolo. Pochi attimi dopo era già turgido di piacere. Hisashi si dedicò quindi all'altro una volta terminato il bacio. Con i denti e la lingua lo stuzzicava facendo gemere il proprio amante, che fremente inarcava la schiena per godere di un maggior contatto.

Mentre continuava il proprio lavoro, assaporando il gusto dolciastro di quella pelle diafana, Hisashi alzò lo sguardo verso il viso di Akira. La testa oscillava da destra a sinistra in un movimento ritmico. La bocca semiaperta dalla quale l'aria entrava e usciva affannosamente. Gli occhi semichiusi inebriati dal piacere. Decise che era giunto il momento di approfondire maggiormente le sue carezze.

Una mano discese lungo il fianco, oltrepassò il bacino e raggiunse il ginocchio. Lentamente, si infilò sotto il lungo perizoma turchese ricamato da fili bianchi che lo schiavo indossava. Le dita affusolate sfiorarono l'interno coscia, stando bene attente a non toccare il sesso del compagno. Una volta capito il gioco, questi protestò con un mugugno, movendo il bacino in direzione dell'arto alla ricerca del contatto che lo avrebbe soddisfatto. Il suo signore estrasse la mano da sotto l'indumento e riportò il suo viso divertito all'altezza di quello dello schiavo.

"Impaziente?" gli sussurrò Hisashi all'orecchio, per poi prendersi cura del lobo.

"Sto andando a fuoco..." Akira voltò leggermente la testa per rendere più facile e piacevole l'operazione del proprio signore.

Capita l'antifona, il Principe prese a maneggiare con la cintura che sosteneva il perizoma. Da essa sfilò il primo pezzo dell'indumento che gli avvolgeva i fianchi, lasciandolo cadere sull'erba, ma a togliere il secondo che copriva le parti intime indugiò qualche attimo, troppo preso a toccare la pelle elastica e levigata delle cosce. Fu un altro mugugno di protesta a rompere gli indugi.

Hisashi lo baciò con trasporto, mentre con le mani invitava l'amante ad allargare le gambe, in modo che avesse maggiore libertà di movimento sul suo membro pulsante. Akira, come impaurito da quel gesto, le richiuse istintivamente.

"Ehi!" esclamò il Principe impensierito da quella reazione "Tutto bene?"

I suoi occhi come lapislazzuli, appena serrati con violenza, si socchiusero rivelando inquietudine e agitazione. L'eccitazione che gli illuminava le iridi era svanita di colpo.

"Non sei obbligato a concederti ora..."

"Ma io voglio farlo... Adesso..."

Akira attirò a sè Hisashi, offrendogli le labbra che furono sapientemente baciate. Le loro lingue si incontrarono e accarezzarono in un gioco stuzzicante che risvegliò i sensi di entrambi, assopiti per un istante.

La mano reale discese lungo l'addome. Quando le dita si posarono sulla sua erezione, lo schiavo non riuscì a trattenere un forte gemito di piacere, piacere che sgretolò una parte di quel muro che gli impediva di lasciarsi andare. Incitato da ciò, il suo signore iniziò a sfiorarla abilmente, mentre con le labbra lasciava piccoli baci sul percorso intrapreso dalla mano, giungendo con essi a sfiorare anche il membro dell'amante. Fremente di piacere, questi inclinò la testa all'indietro e inarcò la schiena quando la bocca si chiuse su di lui.

Ansiti e gemiti si disperdevano nell'aria resa ancora più calda dalla situazione, mentre dita candide e affusolate strinsero convulsamente i lunghi fili d'erba a fianco dei due corpi che assaporavano il piacere fisico del proprio amore.

Urlando il nome del proprio signore, lo schiavo per la prima volta appagò i propri sensi.

Sfinito, Akira chiuse gli occhi per qualche secondo. Voleva riprendere le forze, ma non ce n'era il tempo. Un dito sulle sue labbra chiedeva l'accesso alla bocca. Sollevò le palpebre per incontrare quegli occhi neri colmi del desiderio di possederlo. Senza mai staccare lo sguardo da essi, iniziò ad inumidire l'indice.

Quando il primo dito lo violò, si morse il labbro. Impossibile negarlo: era agitato, molto. Per tranquillizzarlo Hisashi gli posava baci sul volto e gli sussurrava dolci parole all'orecchio, mentre continuava a prepararlo aumentando il numero delle dita. Poco a poco si abituò a quella crescente intrusione che iniziava anche a piacergli. Fu allora che il suo signore tolse la mano e si posizionò all'interno delle sue gambe...

"Hai paura?" gli chiese accarezzandogli la guancia.

"Si" rispose onestamente, timoroso di quello che ora sarebbe successo "L-lui mi faceva sempre molto male..."

Hisashi gli sfiorò le labbra con le proprie.

"All'inizio il dolore lo sentirai comunque, Akira. Però ricordati che quello che io voglio è che tu provi piacere da questa unione, e il tuo viene anche prima del mio..."

Lentamente iniziò a penetrarlo fino a che non fu completamente al suo interno.

Era vero, il dolore l'aveva sentito eccome. Per un momento l'istinto ebbe quasi il sopravvento: allontanando il proprio signore avrebbe posto fine a quella sofferenza. Ma non l'aveva fatto, perchè quel possesso era diverso da quello che finora aveva sempre subito. Non era violenza, ma amore. E lui voleva farsi amare.

Il muro che lo bloccava si ridusse in frantumi.

*

Nella notte d'Egitto, uno strano personaggio si aggirava per i corridoi del Palazzo del Sole. Tra le mani reggeva un cesto vuoto. A prima vista sembrava un servo qualunque, ma un servo qualunque non avrebbe accuratamente evitato i posti di guardia e i tragitti di pattugliamento delle guardie. Giunto nell'ala ovest, imboccò una scala che portava ai dei sotterranei, dove venivano conservate le riserve di cibo destinate al personale del palazzo. Soddisfatto per aver eluso la sorveglianza, entrò spensierato in una delle stanze che componevano le dispense.

Un uomo alto lo bloccò alle spalle, puntandogli un coltello alla gola.

"Takasato! Mollami immediatamente!!"

"Mi scusi signore, non l'avevo riconosciuta" disse il soldato, lasciandolo libero.

"Ma come è possibile che tu non riconosca il Generale numero uno del Basso Egitto?!" esclamò.

"Signore, se permette le consiglierei di non alzare troppo la voce" intervenne un'altro militare "La sorveglianza è sempre più intensa. Qualcuno di sopra potrebbe udirvi"

"Si, si, Muto" seccato da quell'appunto, il Generale si andò a sedere su un piccolo tavolo posto in un angolo "Comunque, tutto procede secondo i piani?"

"Certo signore" Takasato iniziò la propria relazione "Corteggiando una donna di servizio addetta alle pulizie degli appartamenti del Falso Faraone, mi sto informando sulla loro ubicazione e disposizione all'interno del palazzo, oltre che sui turni di guardia e più precisamente gli orari di cambio"

"Stai attento a non insospettirla troppo con le tue domande" lo ammonì.

"Non vi preoccupate" il soldato rivolse al proprio superiore un sorriso "Accecata dall'amore romantico che gli prometto ogni volta, mi rivela tranquillamente ogni singolo particolare"

"Muto?" chiese, voltandosi verso il commilitone.

"I mesi trascorsi a lavorare duramente al fianco del capo cuoco stanno dando i suoi frutti" disse questi "Ogni giorno che passa acquisto sempre più la sua fiducia. Durante i banchetti mondati a cui partecipa anche il Faraone, l'aiuto nella preparazione delle principali pietanze"

"Perfetto" soddisfatto si rivolse all'ultimo dei suoi militari che si era introdotto nel Palazzo del Sole come inserviente "Miyamasu?"

"Anche se lentamente, sto salendo di importanza" disse il basso ragazzo "Fra breve mi assegneranno l'incarico di occuparmi delle consegne di cibo proprio nell'area dove risiedono gli appartamenti del Faraone"

"Non c'è che dire, siamo proprio a buon punto" il Generale saltò giù dal tavolo e iniziò a pavoneggiarsi "Le mie innate doti di servitore stanno dando i suoi frutti. Presto prenderò il posto del ragazzo che si occupa della consegna della cena del Faraone... e ciò potrebbe avvenire anche non per merito, ma per sua prematura scomparsa"

Con soddisfazione, l'ufficiale mostrò ai propri subalterni la boccetta trasparente contente il Sangue di Seth, un potente veleno prodotto nel Basso Egitto, il cui utilizzo non lasciava alcuna traccia nel corpo della vittima designata.

"Eliminato il Falso Faraone, sarà la volta dei suoi figli di morire..." un perfido sorriso si allargò sulle sue labbra "Maki sarà fiero di me!"

Rimise in tasca la preziosa boccetta.

"Bene! Ritornate ai vostri alloggi senza farvi vedere. Ci rivedremo qui alla stessa ora tra una settimana"

"Agli ordini Generale Kiyota!"

Fine Capitolo 2


*Owari Capitolo 2*

Mitchi: Posso dire un'altra cosa?

Cioppys: Se proprio devi...

Mitchi: Cos'è sta storia? Perchè la lemon si blocca proprio sul più bello?! >.<

Cioppys: Ma altri argomenti no?

Mitchi: Questo è il più importante!! E rispondi alla domanda!!

Cioppys: Perchè non doveva essere una cosa fine a sè stessa...

Mitchi: Ed io? Mi lasci così... Senza nessuna soddisfazione?!

Cioppys: Su! Un po' di immaginazione!

Mitchi: No!! Io voglio una cosa pubblica!!

Cioppys: Ti prego Akira! Digli qualcosa!! ¬.¬

Sendoh: Concordo con il mio amore! Così sei costretta a scriverne un'altra! ^__^

Cioppys: Ma è una congiura!! u.u

Mitchi: Allora la scrivi?**

Cioppys: Mah... Forse...

Mitchi: Lo sai che sei proprio una basta*da? ¬.¬

Cioppys: *^__^*




[Betareading by Hennè Production]




Continua...


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