Febbre d’amore
La sala comune di Grifondoro era avvolta dalla penombra. Nel camino, un
colorato fuocherello crepitava allegramente, diffondendo un piacevole
tepore.
Remus non si diede pena di sollevare gli occhi dal libro che stava
leggendo. “Demmedo moddo.” Replicò Felpato, tirando su col naso e stringendosi un po’ più nella coperta di lana. “Ma non vedi che stai male?!” “Doh sdo male.” Ripeté cocciuto. “Etciù!” “Ah, no! Scusa! Sembri un fiore…” la sarcastica provocazione di Remie, che si alzò dalla sua poltrona preferita col chiaro intento di andarsene fuori dalla stanza.
Sirius se ne accorse quando era ormai troppo tardi. Ma Remus Lupin se n’era già andato. Chissà dove.
Padfoot sospirò di desolazione.
Qualche giorno addietro, Rem aveva annunciato ai Malandrini che, quell’anno, sarebbe rimasto ad Hogwarts per le festività, (ufficialmente, per completare il progetto speciale di Erbologia assegnatogli da Miss Sprite; in realtà, per altre ragioni su cui – per delicatezza – i suoi amici non avevano indagato.)
Ma Sirius lo sapeva, il perché. E Sir aveva colto la palla al balzo: aveva rinunciato a tornare per le vacanze natalizie, evitando di fingere che la rimpatriata coi suoi adorati parenti Black lo entusiasmasse, sfuggendo alla sua amatissima famiglia – sua madre Walburga in primis – e passando ben quindici giorni praticamente da soli, lui e il suo Moony. Beh, a conti fatti, anche solo l’ultima ragione era più che ottima. Stare con Remus. E trovare forse, finalmente, il coraggio di confessargli cosa provava per lui… e invece c’era questa simpatica infreddatura a rendere impraticabili i suoi piani!
Tossì e starnutì di nuovo.
Ma fu solo quando Rem si sedette al suo fianco, sul divano davanti al
camino, che Padfoot s’accorse del suo ritorno.
“Toh, testone.” “Latte e miele, con qualche goccia di arsenico.” Elencò l’altro, serio. Paddy fece una buffa smorfia contrariata: “De la podebi disbammiade.” Poi storse il naso, ma bevve tutto il contenuto in un soffio. Remie sorrise: “E perdermi la tua faccia?!” “Cough-cough!” “Ti calmerà almeno la tosse…” lo rassicurò, scrutandolo tuttavia in modo grave. Il moro abbozzò un sorriso per sdrammatizzare, ma si paralizzò quando vide Rem avvicinarsi a lui, mortalmente serio e concentrato. Attese quindi, con imbarazzo, la sua prima mossa, senza sapere bene cosa desiderare davvero.
Moony gli prese delicatamente il viso tra le mani. Sirius sentiva la
carezza ruvida della sua pelle screpolata contro quella morbida delle
gote, e il suo respiro si fondeva con quello dell’altro, gli occhi negli
occhi. Il cuore di Sirius Black cessò di battere per un lungo, interminabile istante. Poi Remus posò la propria fronte su quella dell’altro. “Mmmm… probabilmente hai la febbre.” Padfoot sentiva le guance ardere per la sorpresa, l’aspettativa mancata, di certo anche per la paura, e mille altre emozioni assieme. “Forse… sei caldo...” Lupin gli reclinò gentilmente il capo in avanti, per sostituire la propria fronte con le labbra. E Sirius si sentì caldo. Bagnato. Eccitato.
Le labbra di Moony sulla sua fronte.
“Sei tutto rosso!
‘E non solo
quella...’
considerò Paddy. ‘Dio benedica i plaid di lana, quelli grossi,
coprenti, salva-dignità.’ Remie sorrise trionfante: “Oh, bravo! Era ora!”
Il moro colse indistintamente il tono sollevato dell’altro, e si diede
dell’idiota e dell’egoista.
Solo che… Distolse lo sguardo dal licantropo e si avvolse con lentezza la coperta addosso, procrastinando il più possibile l’inevitabile separazione.
Si sentiva sciocco, però… Lunastorta aveva già scavalcato il ritratto della Signora Grassa, quando lo richiamò: “Allora, andiamo?!” “Dobe?” mormorò Black, fissandolo stranito. “In infermeria, no?” chiarì l’altro, spiccio. “Pecché anghe tu?!” chiese, ancor più confuso.
Moony fece finta di ripensarci. Lo stupore sul viso di Sirius divenne smarrimento, che il ragazzo non tentò nemmeno di dissimulare.
Remus J. Lupin nascose un moto d’affetto dentro di sé. E lo sconforto lasciò il posto alla contentezza, fiorita in un timido sorriso sul volto sciupato.
Lunastorta si perse a contemplare quel pezzo di mondo: Sirius Black.
Prima o poi gliel’avrebbe detto.
E aveva voglia di abbracciarlo. Ma non poteva.
Ma sarebbe giunto anche il loro tempo, si disse. “Muoviti, pelandrone! Vuoi che prenda freddo anch’io?”
-Fine-
Disclaimers: Né la storia né i personaggi di Harry Potter sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia. Note:
Il
titolo è l’ennesimo contributo alla mia odissea ‘Alfabeto d’amore’.
*‘Enfant gâté’ significa ‘bambino viziato’. Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche. Chiunque desideri, può contattarmi al solito divano blue navy: il mio indirizzo è nella sezione ‘Indirizzi Autori’. Grazie (_ _) elyxyz
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