Favola Metropolitana parte V di Dicembre
“Sto bene, Mikey, non ti preoccupare” “Cazzo, mi farai morire di crepacuore, ma dove sei?” “Sono … al sicuro, tu però di’ agli altri di non salire in macchina con quel tizio” “Ti ha fatto male?” “E’ stato un po’ violento, ho dei lividi qua e là, ma guariranno presto…. Chi è che c’è al bar, sento casino in sottofondo” “I soliti e il Grigio che gioca a biliardo” “Sono stato fortunato a trovarti al primo colpo, non sapevo come altro fare ad avvertirti” “Ma non puoi camminare?” “Non è quello, posso…è che ho delle cose da sistemare, e per ora non posso tornare a casa”
“Delle cose da sistemare? Col cliente?” “E allora che cosa hai da sistemare?” “Cose, Mikey, te ne parlo poi, va bene?” “Non mi piace che hai questi segreti”
“Che tu abbia, Mikey, si dice che abbia” Ashley si mise a ridere. “Sono da Joshua” “Mi sono già perso…” “Sono dal prete, ti ricordi?” “E che cazzo ci fai da…. Ooh” Mikey s’interruppe e per un attimo, al telefono, si sentì solo il sottofondo del bar “E’ un brutt’affare?”
“E’ un brutto affare, sì” “Tanto brutto Mikey” “Ahia” il Topo fece un’altra pausa. “Ma è un prete...e poi ci sono le regole…” “Lo so che è un prete e conosco bene anche le regole, ma…” “Ma è un brutto affare” “Già…” sospirò Ash, non sapendo cos’altro dire “Mikey… io non…” ma poi si interruppe di nuovo “E’ meglio che metta giù adesso. Volevo solo che non ti preoccupassi per me, non vedendomi tornare a casa. E che avvertissi gli altri che quello è uno pericoloso” “Lo farò Ash, non ti preoccupare, lo farò. Tu cerca di stare bene” “Io sto bene” “Sai cosa intendo” Ash annuì, ma il Topo non poteva vederlo, quindi dopo un po’ rispose “Sì, cercherò. Tu invece non frequentare troppo quelle teste di cazzo, va bene?” “Allora torna presto Ash” “D’accordo, ci vediamo presto Mikey” “Ciao” Ash schiacciò il pulsante per interrompere la comunicazione, ma rimase a guardare la cornetta del telefono per un po’. Sospirò appoggiandola sul comodino: non aveva idea di quello che avrebbe dovuto fare.
Rimanere lì? Scappare via? Si guardò i piedi, le gambe e il torace: aveva ancora lividi e tagli, ma muoversi gli faceva meno male di qualche giorno prima.
Era notte, probabilmente le due o le tre, Ashley non sapeva dirlo con precisione e si ritrovò là davanti, con la mano sulla maniglia e il cuore nelle orecchie. Varcare quella porta, entrare nella stanza dove padre Joshua dormiva voleva dire trovarsi definitivamente ad un bivio. Tutto in lui gridava di entrare e tutto in lui gli diceva di fare un passo indietro, di tornare nella sua stanza e di dimenticare, di andarsene da lì e scomparire. C’era silenzio assoluto nel corridoio e la pochissima luce che filtrava da una finestra lo illuminava per metà. Ash girò il pomello ed entrò, facendo attenzione a non fare nessun suono, nessun rumore. Chiuse la porta dietro di lui e si dovette abituare al buio quasi totale della stanza. Si sentiva il respiro leggero del prete, e il suo, dissonanti perché uno troppo veloce rispetto all’altro. Camminò lentamente verso il letto del prete e cercò, con gli occhi, di intravederne i lineamenti, ma non resistette ad appoggiargli le mani sul viso e tracciarne il profilo. Padre Josh si svegliò di soprassalto, non capendo cosa o chi l’avesse toccato. Ash lo afferrò ai polsi, dandogli il tempo di capire che era lui. Padre Josh lo guardò, senza dire o fare niente, con le braccia intrappolate. “Shhh” gli disse Ash appoggiando lievemente la bocca sul suo orecchio. Quel sussurro si diffuse nella stanza, fino a farla immergere di nuovo nel totale silenzio. Ashley salì sul letto, accarezzò la bocca del prete con le dita, poi passò al collo, fino ad arrivare al bottoni della sua maglia. Non si fermò al primo, non esitò. Josh rimase immobile a guardare Ashley mente gli slacciava il pigiama, stando attento a non toccare la pelle. Si fece sfilare la giacca del pigiama senza protestare, senza dire nulla. Ci fu il fruscio della maglia che cade per terra, poi di nuovo nulla. Ashley si sfilò la sua di maglia, con un gesto fluido e la lasciò cadere a fianco di quella di Josh. Rimase fermo , per un istante. Ormai non si poteva tornare più indietro e se mai davvero aveva voluto qualcosa, era appoggiare le labbra sul petto di quell’uomo. Si piegò il avanti, con la punta della lingua toccò un capezzolo, poi con le labbra, poi coi denti, poi di nuovo con la lingua… Non un rumore in tutta la stanza. Ash proseguì baciandogli la linea di muscoli che corre fra il petto e le anche, lasciando umida la strada, che col respiro si gelava. Josh ebbe un brivido, ma non gemette,non disse nulla. Arrivato all’anca Ashley prese a risalire lungo il fianco, con piccoli baci delicati fino alla spalla, poi al braccio. Non resistette alla tentazione di mordicchiare l’incavo del gomito, ma non vi indugiò troppo, proseguì sull’avambraccio, il palmo e le dita che prese in bocca e succhio, per un momento. Poi di nuovo si fermò, cercando nel buio e nel silenzio Josh che lo guardava, con le labbra dischiuse. Ashley tremò, c’era qualcosa di così intenso in lui che pensò il suo cuore si fermasse in quell’istante, mano nella mano con Josh, nel buio di una stanza silenziosa. Portò la mano dell’altro sulla parte sinistra del suo petto ed ebbe la sensazione che il suo battito diventasse di entrambi e che si potesse udire. Appoggiò la bocca sull’altro capezzolo, ma risalì sulla spalla, e poi sul collo, fino ad arrivare sul mento e sul viso, ma arrivato alla bocca, si fermò di nuovo. Gli tremò il labbro. Quello stupido, maledettissimo labbro che non ne voleva sapere di rimanere sotto controllo, gli tremò prima che potesse fare niente per fermarlo. Forse per il tremore, forse per il respiro, forse per curiosità, ma fu Josh a chiudere quella distanza infinitesimale fra di loro, fermando lui quel labbro con il proprio. Allora Ashley gemette, incurante del silenzio che li avrebbe nascosti, dissipandolo. Non ci si poteva più nascondere. Josh affondò le mani nei capelli di Ashley, avvicinandolo a sé per avere tutto di quel bacio e dalla pelle nuda che combaciava perfettamente alla sua. Un bacio dopo l’altro, Ash coprì il viso del prete con le proprie labbra, non avendo mai a sufficienza del suo sapore, poi l’orecchio, e poi ancora il viso… Spostò leggermente il proprio peso sopra il prete per far meglio combaciare le loro parti intime, ma Josh si tese così tanto che Ashley desistette subito.
Scese col viso, quindi, lasciando che i suoi capelli accarezzassero la
strada segnata dai baci e che le sue mani si occupassero dei pantaloni di
entrambi che erano diventati di troppo. La voce e i gemiti di Joshua
sembravano sufficienti per farlo impazzire. Sarebbe potuto venire col solo
suono della sua voce? Arrivato alle anche, volutamente ignorò l’inguine per scendere lungo l’interno coscia e far gridare Josh. Non voleva né poteva stuzzicare troppo i sensi del prete, non sapendo quanto questi fosse in grado di resistere però, Dio, la sua mano bruciava e non riuscì ad evitarle di accarezzare il suo pene con le dita, prima e la lingua dopo. Josh gridò il suo nome. Era presto, era troppo presto, ma lui semplicemente non riuscì a farne a meno. Non s’era mai trovato con questo senso di foga addosso e questa perdita di controllo. Non riusciva più a controllare le carezze, la pressione, i tempi o i ritmi, era completamente succube del suo desiderio. La sua lingua e la sua bocca seguivano solo l’ordine dei gemiti di Josh. I muscoli del prete si contrassero, e Ashley si sentì afferrato per le spalle e sollevato con forza “No” riuscì a dire il prete “non così…” Ashley non capì cosa volesse dire Josh, ma ugualmente si lasciò baciare. “Ti voglio vedere…voglio vedere il tuo viso” Ashley appoggiò la propria fronte su quella di Josh e sorrise, così felice da perdere il senno. Poi esaudì il desiderio di Josh e assecondò il suo – prendendo il prete dentro di sé. Iniziò a muoversi ritmicamente, cercando di non staccare il volto da quello dell’altro, ma era troppo tardi per qualunque volontà o pensiero. “Ti amo” Vennero insieme. Josh strinse a sé Ash per averlo ancora più vicino, e il ragazzo si portò le labbra del prete all’orecchio. Afferrò il prete per la nuca per avvicinare la bocca al proprio orecchio: “Dimmelo ancora…Dillo…” Poi caddero esausti, Joshua sulla schiena e Ashley e sopra di lui, ansimante. Non dissero niente per un po’, poi Ash si sollevò leggermente per guardare Josh in viso. Il prete arrossì. “Sei il primo che arrossisce d’imbarazzo…” Josh distolse lo guardo, quasi pudico e si coprì gli occhi con la mano, non riuscendo però a trattenere a sua volta, una risata. Ashley inizò a giocare coi capelli di Joshua “Dimmelo ancora” gli chiese. “Ti amo”
continua…
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