Disclaimers: i personaggi di Saint Seiya non sono miei ma di un sacco di gente geniale. Io me ne approprio indegnamente per puro e semplice divertimento. Se decidete di farmi causa lo stesso, sappiate che lo fate anche voi per puro e semplice divertimento, perché non ho una lira da spremere.
Note: L'universo alternativo si trova fra parentesi quadre.
Nota supplementare: il mio Ikki, ve ne sarete già accorti, non è proprio un signorino di Oxford. In questa parte il suo linguaggio peggiora, a causa di certe circostanze. Non prendetevela con me. Io tento di moderarlo, ma lo sapete no, che razza di carattere ha questo tipaccio, figuratevi se mi dà ascolto.


Il sogno della farfalla

di Petra

parte III


[La moto passò rombando oltre il ponte ferroviario che separava la Nuova Luxor "civile" dallo slum incancrenito della sua periferia. Costeggiò un canale color fango su cui nuotavano gatti morti, preservativi e occasionalmente cadaveri umani imputriditi. Passò davanti a file di case in stile, un tempo abitate dalla buona borghesia, adesso ridotte a tuguri in rovina, gusci sventrati buoni solo per la demolizione, e si inoltrò per strade scarsamente illuminate, nelle quali nessuna creatura di buon senso osava attardarsi.

Il paesaggio si incupiva man mano che si andava avanti, mostrando ordini di case disposte ad isola, con l'aria di essere sempre sul punto di crollare, caseggiati altissimi,  dall'aspetto di vecchi sdentati, finestre senza vetri e automobili abbandonate lungo i marciapiedi. I fari della moto illuminavano  a tratti i gatti randagi accoccolati su mucchi di spazzatura e rari gruppi di ragazzi dall'aria feroce appoggiati ai muri scrostati.
Ikki passava in mezzo senza far caso ai particolari, un  po' per abitudine, un po' perché immerso nei suoi pensieri. Un vento  putrido di odori gli sferzava il volto, protetto in parte dalla visiera del casco, e anche il rumore del motore risuonava attutito nelle sue orecchie.
Tornava da una cena in città, consumata insieme ai Bronze e a Saori Kido in uno dei migliori ristoranti, ma il contrasto tra il bel quartiere alla moda da cui proveniva e la bidonville che stava attraversando non riusciva a sorpassare le barriere della sua attenzione. Aveva troppe impellenti preoccupazioni per fermarsi su tali minuzie. Il torneo con i Gold era sempre più imminente e il dover riconoscere di non essere per nulla in forma lo rendeva vagamente furioso. Almeno in superficie, perché a ben scavare quella rabbia serviva solo a coprire lancinanti fitte di paura.
Aveva avuto altri mancamenti. Niente di paragonabile a ciò che aveva provato la sera della riunione alla sede della fondazione, ma non per questo meno preoccupanti.
Il fatto che fosse roba leggera gli aveva permesso almeno di tenerlo nascosto ai Saint e a lady Saori. Ma non sapeva bene fino a che punto avrebbe potuto ancora continuare a fingere. Erano vertigini improvvise, accompagnate da un vago senso di perdita della realtà e dalla sensazione, angosciante, che le cose smarrissero in qualche modo la loro consistenza per diventare trasparenti come vetro smerigliato. Non era piacevole pensare che una di queste crisi poteva sorprenderlo nel bel mezzo del torneo, magari proprio mentre stava affrontando Arles.
Ma c'erano anche altre cose, certi altri fastidi, forse meno inquietanti, ma che contribuivano a togliergli la concentrazione di cui avrebbe avuto bisogno.
O per meglio dire un certo altro fastidio..

Immerso in quei pensieri, ci mancò poco che non riconoscesse il suo personale tugurio, in mezzo alla fila di altre mostruosità che si susseguivano con regolarità ipnotica da cinque minuti a quella parte.
Frenò proprio all'ultimo momento con uno stridio che altrove avrebbe richiamato l'attenzione di un bel po' di vicinato, ma che in quel posto si spense in un'assoluta indifferenza. Ikki ne fu soddisfatto.
Certo, quello slum era un vero verminaio, ma aveva l'indiscutibile vantaggio che quegli spettri, accattoni, profughi e avanzi di galera che lo abitavano avevano l'educata abitudine di badare esclusivamente ai fatti propri.
Posteggiò la moto accanto al marciapiede senza nemmeno preoccuparsi di legarla ad un palo o qualche altra sciocchezza del genere, perché sapeva bene che in quel quartiere l'unico antifurto efficace era il rispetto che uno sapeva suscitare, in caso contrario neppure un bazooka lo avrebbe protetto da ladri, stupratori ed assassini.
Il ragazzo abitava all'ultimo piano di una di quelle bicocche dall'aria pericolante che infestavano il paesaggio di quella periferia, ma che comunque non era né migliore né peggiore delle altre abitazioni vicine.

Salì la prima rampa di scale dai muri scrostati e arrivato al primo pianerottolo si ritrovò faccia a faccia con Big Apa. Costui, altri non era se non un enorme nero  originario di Bahia, ex pugile ed attualmente pai-de-santo di un terreiro trapiantato a Nuova Luxor, dove si praticare il candomblé brasiliano(*).
Big Apa si era autonominato angelo custode di Ikki fin dalla prima volta che il ragazzo si era trasferito nel caseggiato e spesso lo aveva invitato a partecipare ad uno di quegli strani riti che si tenevano nel suo appartamento. Ma Ikki aveva sempre rifiutato convinto di non essere particolarmente simpatico alle divinità, a qualsiasi culto esse appartenessero. Quando glielo aveva detto l'uomo aveva fissato su di lui il lampo nero dei suoi occhi magnetici e: "Strano," aveva esclamato "giurerei che sei un figlio di Oxossi (*), o comunque qualcosa in te parla di fuoco e di lotta contro i mostri. Posso dare un'occhiata alla tua mano?"
Ikki, divertito, aveva aperto il suo palmo sotto lo sguardo serio del vecchio pugile, che lo aveva osservato a lungo, scuotendo la testa e poi lo aveva guardato di nuovo in faccia con un'aria strana. Non gli aveva mai voluto rivelare il risultato di quell'esame, ma da quel giorno aveva cambiato atteggiamento nei suoi confronti, mostrandogli una strana ironica deferenza, che metteva un po' in imbarazzo Ikki, perché sembrava celare una punta di paura.
Adesso Big Apa se ne stava davanti a lui, enorme e nero, sotto la luce fioca delle scale.
"Fai un baccano d'inferno," gli disse, "Praticamente lo sanno cani e porci quando rientri."
"Vai a protestare colla padrona." Disse Ikki ridendo, pensando alla loro obesa affittuaria, capace di far sbattere fuori di casa chiunque fosse in ritardo anche di un solo giorno con l'affitto, ma che accoglieva con un sorriso vacuo qualunque protesta gli venisse inoltrata.
"Non scherzare," disse l'uomo "E' tutto il giorno che si aggirano degli strani tipi qui intorno."
Ikki tornò serio di colpo. "Che tipi?" chiese interessato.
"Tipi di fuori, con modi strani. Stavano a fissare la tua finestra."
"Poliziotti?"
L'uomo si strinse nelle spalle. "Macché, troppo di lusso, anche se erano travestiti da poveracci. Uno di loro aveva un orologio d'oro al polso, uno autentico. Sembravano piuttosto i lecchini di qualche pezzo grosso mafioso, o giù di lì, capisci?"
Ikki annuì. "E guardavano la mia finestra?"
"Già, li ho visti con i miei occhi. Se ne sono andati appena ha cominciato a far sera."
Il ragazzo annuì di nuovo. "Grazie dell'avvertimento Apa." Disse, ricominciando a salire le scale.
"Se non hai ancora cenato.." gli urlò dietro l'uomo quando aveva già raggiunto la terza rampa.
"Ho mangiato in città, ma grazie lo stesso, amico, sarà per un'altra volta."
Sentì lo scatto della serratura che si chiudeva a primo piano nell'attimo stesso in cui arrivò al suo pianerottolo.
Aprì la porta con una certa inquietudine e accese la luce. L'appartamento era deserto, come al solito, e ad un rapido esame niente appariva fuori posto. Bene, ci mancavano solo le parole di Big Apa ad innervosirlo. 
Ikki si tolse il giubbotto e lo appese nello sgangherato armadio che insieme al divano - letto, ad una  sedia e ad un tramezzo costituiva tutto il suo mobilio. Dietro il tramezzo era nascosto un cucinino antidiluviano che non aveva mai usato e un frigorifero che doveva risalire agli anni sessanta del ventesimo  secolo, pieno solo di qualche cartone di latte, unica cosa che Ikki consumava a casa.
Su quella sola  stanza si apriva una porta che conduceva ad un minuscolo bagno, dove qualche genio era riuscito a far entrare un water, un lavandino e persino una doccia. Non c'erano poster alle pareti, nessun tipo di decorazione nelle stanze, niente che  rendesse l'insieme più accogliente. Ma ad Ikki piaceva così, preferiva che il tutto mantenesse un'aria di provvisorietà, sapeva bene che nulla lo avrebbe disturbato di più del pensiero che quel posto potesse diventare definitivamente la sua casa per gli anni a venire.

Si fece una doccia veloce e indossò la tuta logora che gli serviva da pigiama, quando le serate fredde non gli permettevano di dormire nudo.
Fuori aveva cominciato a piovigginare con insistenza. Ikki guardò dalla finestra la pioggia che si intravedeva, illuminata dai rari lampioni della strada. Sotto l'acqua la strada sudicia sembrava ancora più squallida.
Si staccò dalla finestra e si sdraiò sul letto ad occhi aperti a fissare il soffitto scrostato.
E come ogni sera quel pensiero si radicò nella sua mente, senza che potesse far niente per scacciarlo. 
L'immagine di un ragazzo dai capelli verdi e dagli occhi malinconici, di una tenera bellezza efebica, ma con l'agilità e la forza di un guerriero antico. Un guazzabuglio umano, un ibrido maschio e femmina, ma indiscutibilmente un ragazzo, indiscutibilmente.. che tragedia.
Ikki non riusciva ad accettare di essere attratto da un uomo. Prendeva la cosa come un affronto alla sua virilità. E perché non avrebbe dovuto d'altronde? Agli uomini veri piacciono le donne e solo le donne è risaputo.
Non che fosse completamente privo di un certo tipo di esperienze, in fondo era cresciuto in un orfanotrofio circondato da soli ragazzi, per cui le sue prime scoperte sessuali erano avvenute necessariamente con la complicità dei suoi compagni. Ma in quelle prove frettolose, consumate dentro i bagni o in qualche scantinato buio, c'era sempre stato il fantasma di una donna assente, almeno come impulso per l'eccitazione.
Ad ogni modo una volta uscito dall'istituto Ikki non aveva più tentato di intrecciare quel tipo di relazioni. Invece, aveva sempre cercato delle donne e le donne avevano cercato lui. Non che ve ne fossero state molte, in verità. Le occasioni e il tempo a disposizione era sempre stato limitato per quel genere di cose, ed il ragazzo non si era mai sentito particolarmente attratto dalle storie sentimentali e anche il sesso era rimasto a livello di uno sfogo sporadico. Se proprio sentiva certe esigenze per lo più gli pareva di perdere meno tempo a masturbarsi, che a cercare una donna disponibile ad occuparsi di lui.
Poi c'era stato il suo incontro con Arles. Il grande Maestro gli aveva fatto capire più di una volta che la relazione fra loro due avrebbe anche potuto assumere una forma.. come dire.. più intima. Ma Ikki aveva sempre fatto finta di niente e Arles era troppo orgoglioso per insistere, col pericolo di beccarsi un rifiuto chiaro e tondo. Quindi se pure nei loro rapporti si era insinuata a volte una certa tensione sessuale, il tutto era rimasto ad un livello di gioco mentale, ed in seguito era diventato un motivo in più per tenersi lontano dalla quella carogna.

E ora era venuto quel ragazzo a confondergli le idee. 
Da principio si era detto che era la sua grazia femminea ad attrarlo, per cui in realtà era pur sempre una donna che cercava con tanta ansia. Ma dopo un po' aveva dovuto ammettere, e gli era costato un enorme sforzo, che da ogni punto di vista la cosa non gli importava affatto. Che Shun fosse un uomo o una donna ad un certo momento era passato del tutto in secondo piano, ed era rimasta la certezza di un desiderio che andava al di là di ogni questione di sesso. Ikki non aveva mai provato niente di simile in tutta la sua vita, nemmeno quelle rare volte in cui aveva creduto di essere innamorato. Pensare a Shun, averlo vicino, vederlo sorridere o combattere o anche solo passarsi una mano tra i capelli, o sentirlo parlare, con quella voce lievemente esitante, lo metteva in uno stato di eccitazione tale da essere persino dolorosa. Era ridotto al punto di non riuscire a far altro che pensare a lui quando erano lontani e a non riuscire a staccargli gli occhi di dosso quando lo vedeva. La situazione stava cominciando a diventare ridicola e stava anche attirando l'attenzione di qualcuno. Di Shiryu, per esempio. Qualche sera prima gli si era avvicinato, mentre si preparava a tornare a casa dopo gli allenamenti e gli aveva chiesto a bruciapelo se voleva parlare.
"Parlare di cosa, scusa?" aveva chiesto lui.
Il ragazzo aveva alzato le spalle con un gesto che voleva esprimere indifferenza, ma che in realtà celava un certo imbarazzo.
"Così.. non so.. non c'è niente che ti preoccupa?"
Lui lo aveva guardato torvo. "Non stare a rompermi le palle anche tu, Shiryu, sto benissimo, mi sento un leone."
Il ragazzo lo aveva guardato con i suoi calmi occhi neri.
"Non era alla tua salute che mi riferivo," aveva detto, poi aveva puntato lo sguardo su Hyoga, che era poco distante. "Stai attento, Ikki, se se ne accorge lui, non credo che la prenderà per il verso giusto.."
Ikki non aveva saputo cosa rispondere colto di sorpresa da un discorso così diretto.
"Non mi fraintendere," aveva aggiunto il Saint del Dragone, "Non è che di per sé trovi la cosa particolarmente sconveniente, è solo che in questo momento non mi sembra il caso di scatenare una guerra interna.."
"Non mi fraintendere tu Shiryu," aveva ruggito lui, "Ma non so proprio a che cazzo ti riferisci."
Se n'era andato voltandogli sgarbatamente le spalle, ma in realtà si era sentito davvero sgomento.
Possibile che fosse così facile capire  ciò che provava? E se la cosa era davvero tanto palese, Shiryu aveva ragione, dannatamente ragione, come avrebbe mai potuto giustificarsi con Hyoga? Già  così il Russo non lo poteva soffrire..
Non riusciva nemmeno a pensare a cosa sarebbe successo se la sera del primo allenamento avesse davvero baciato Shun e qualcuno se ne fosse accorto. Ogni volta che ci pensava gli veniva voglia di sbattersi la testa contro un muro. Ma si poteva essere più idioti ?

E da quella volta poi, le cose andavano anche peggio. 
Era cominciato fra lui e il Saint di Andromeda una specie di gioco al massacro, una danza del corteggiamento, che a pensarci a mente fredda era da rabbrividire. Il fatto è che c'erano giorni in cui Ikki era costretto a mandare all'inferno ogni scrupolo e ogni forma di prudenza. Erano i momenti in cui la vicinanza di Shun gli diventava insopportabile.
Bastava un gesto del ragazzo per accendergli dentro uno spaventoso desiderio di toccarlo, abbracciarlo, magari prenderlo a schiaffi, pur di poter sentire di nuovo sotto le dita quella pelle calda e liscia. 
Allora lo cercava, come un cane affamato, escogitando ogni scusa per potergli stare accanto anche solo per un momento, anche solo per sentire l'odore leggero che emanava dai suoi capelli. Ma in quei momenti Shun si sottraeva, spaventato forse dalla troppa foga del suoi approcci, o forse dal timore che qualcuno potesse accorgersi di quei maneggi. Qualunque fosse il motivo, quell'atteggiamento offendeva Ikki nel profondo del suo orgoglio, ma questo almeno lo aiutava a recuperare una certa lucidità, per cui con uno sforzo immenso riusciva per qualche giorno a mostrarsi freddo ed indifferente. Solo che a quel punto era il ragazzino che cominciava a cercarlo, puntando su di lui lo sguardo dei suoi occhi verdi in cui brillava una muta preghiera, la supplica disperata di uno che sta per affogare e chiede di essere salvato. Naturalmente bastavano quelle occhiate febbrili per inchiodare di nuovo Ikki alle catene del suo desiderio e a quel punto tutto ricominciava da capo.
Era da impazzire..

Ikki sbuffò furibondo con se stesso. Shun era un ragazzo.. un ragazzo.. quando se lo sarebbe messo in testa, accidenti! Lo vedeva ogni pomeriggio mentre si faceva la doccia.. possibile che non sentisse schifo al pensiero di abbracciare un maschio, di baciare le labbra di un maschio, di essere abbracciato e baciato da un maschio, di essere stretto nudo al suo corpo e di sentire quelle mani intorno al suo cazzo e..
Sentì l'erezione premere violentemente contro la morbida stoffa della tuta e lo prese il panico. Tentò disperatamente d'immaginarsi una donna, bella, calda e sensuale. Cercò di immaginare le sue labbra carnose che scendevano lungo il suo corpo, che si posavano sul suo uccello..
Ah! Shun aveva delle labbra bellissime..
No, al diavolo! Ci doveva pur essere una donna che avesse una bocca altrettanto bella. Quell'attrice per esempio di cui aveva visto un film qualche mese prima, ricordava di aver pensato che era così sexy.. lei certo, non aveva niente da invidiare a quel moccioso. 
Ecco l'attrice andava bene, eccome se andava bene!
Ikki lasciò scivolare la mano dentro l'elastico dei pantaloni e prese in mano la sua erezione, cominciando a massaggiarla lentamente. Immediatamente l'immagine del corpo bianco di Shun sotto la doccia si impose nella sua mente, sostituendone ogni altra, e con una tale dovizia di particolari da togliere il fiato. I capelli lunghi, appiccicati alle spalle, gli occhi chiusi e le labbra leggermente aperte a ricevere le gocce di pioggia sul viso, la curva soda del sedere, luccicante di goccioline..
La sua mano cominciò ad aumentare il ritmo, mentre il fiato diventava corto. Il piacere gli invase il cervello e Ikki si abbandonò ad esso senza più remore.
"Shun," gemette, "Così.. ti prego non fermarti.. Shun, io.."
Due colpi secchi alla porta lo fecero balzare dal letto. In piedi, con i pantaloni abbassati sulle cosce, rimase congelato in ascolto del suo respiro ansimante.
Chi diavolo poteva mai essere a quell'ora?
I colpi si ripeterono, perentori ed impazienti.   
<Se è Big Apa lo ammazzo.> pensò Ikki.
Si avvicinò alla porta e appoggiò le labbra allo stipite. "Chi è?" chiese cercando di non lasciar trapelare l'inquietudine che lo aveva preso.
"Un amico in visita," disse una voce nota attraverso la soglia. Ikki si sentì come se la sua spina dorsale fosse diventata un unico lungo pezzo di ghiaccio e subito si odiò per quella reazione. Possibile che dovesse fargli ancora quell'effetto?
Si sistemò i pantaloni ed aprì la porta, appena lo stretto necessario per permettere al suo corpo di incastrasi tra il vano e lo stipite.
"A cosa debbo tale onore?" chiese, con un sorriso che metteva in mostra i canini da giovane lupo.
Arles se ne stava sul pianerottolo malamente illuminato, accompagnato da due Silver tra i più idioti e pericolosi, con sul volto il suo serafico sorriso amichevole.
"Ikki caro, quanto tempo! Ho pensato che due vecchi amici come noi non devono lasciar passare tanta acqua sotto i ponti e così ho deciso di farti una sorpresa. Sei contento?"
Ikki non rispose, lo avvolse semplicemente con un'occhiata di freddo disprezzo.
"Evidentemente sì," disse Arles, senza la minima traccia d'ironia, né nella voce, né nello sguardo innocente.
Ad Ikki passò ogni desiderio di giocare.
"Cosa vuoi? Dimmelo in fretta e poi vattene, stavo andando a dormire."
"Sono spiacente di averti disturbato, mio caro." Evidentemente ad Arles la voglia di giocare non passava mai. "Ma quello che devo dirti è troppo importante per farlo su un ballatoio. Ti dispiace se entro?"
A quelle parole i Silver si avvicinarono alla porta con fare minaccioso. Era chiaro che Arles sarebbe entrato, o per amore o per forza. Ikki pensò che tanto valeva salvare un'apparenza di dignità. Si scostò dalla porta e fece cenno all'uomo di andare dentro.
"Loro no," disse appena i due Silver fecero per varcare la soglia. "Non voglio spazzatura simile a casa mia, Arles. Tienimeli lontani o qualunque cosa tu dica sarà fiato sprecato."
I due guardarono il Grande Maestro, che annuì leggermente, e si ritirarono nell'ombra.
Ikki chiuse la porta e fissò il suo sguardo su Arles che si guardava intorno curiosando nella stanza. Ogni cosa di lui, dal suo abbigliamento ai suoi modi, trasudava un'eleganza squisita, che strideva in modo osceno con lo squallore dell'appartamento.
"Davvero pittoresco," disse l'uomo al termine del suo rapido esame, "Ora capisco perché hai deciso di tradirmi, davanti a tutto questo non si può non rimanere incantati."
"Dimmi cosa vuoi e vattene, Arles, la tua presenza appesta l'aria."
L'uomo sbarrò gli occhi con espressione di finto dolore.
"Tu mi offendi, Ikki! E dire che sono venuto fin qui per farti un regalo."
"Fammi un piacere, invece, v'affanculo."
Arles schioccò la lingua.
"Ma come! Sul serio rifiuteresti quello che sto per darti? Senza sapere nemmeno di che si tratta? E dire che mi sto dando tanto da fare per te. Per esaudire i tuoi desideri."
Ikki guardò l'uomo con un'aria di profondo disgusto, ma non disse niente.
"Avanti! Io lo so bene che cosa vuoi! E nessuno a parte me può saperlo. Lo so che vorresti che le cose fossero andate diversamente. Niente di troppo spaventoso da ricordare, niente Isola della Regina Nera, niente omicidi sulla coscienza, niente battaglia al Tempio Sacro e soprattutto niente resurrezioni. Perché è orribile morire, vero Ikki? Anche se poi si  rinasce, quel gelo non ti abbandona mai..."
Arles pronunciò quelle parole con un tono basso e suadente e Ikki lo guardò  con un'espressione di stupore assoluto sul volto.
"Ma ti è dato completamente di volta il cervello? Guarda che non ho la più pallida idea di ciò su cui stai farneticando."
Il Grande Maestro si avvicinò. C'era qualcosa di strano nella sua figura armoniosa. Era come se i contorni dell'ombra alle sue spalle si ingrandissero a dismisura  e la silhouette di un uomo alto e imponente, avvolto in un ampio mantello, si proiettasse sull'intonaco bianco del muro. Ikki osservò con un moto di inquietudine quello strano effetto ottico.
"Solo un velo ti divide da questa realtà, Ikki," mormorò l'uomo nel silenzio, "Io posso squarciare quel velo, se tu lo vuoi. Basta solo che tu lo voglia e farò questo per te."
Ikki si sforzò di combattere contro il torpore che si stava impossessando di lui. Possibile che quello stronzo si fosse messo anche a praticare l'ipnosi? 
"Senti, Arles," disse con ironica condiscendenza, "Forse ti sei stancato troppo ultimamente. Tutto questo stress del torneo.. lo sai che non fa bene ai nervi e tu poi sei già così.. ehm.. predisposto. Che ne diresti di una bella vacanza, lontano da tutto, ma molto lontano, che ne so Hawaii, Terra del Fuoco, Triangolo delle Bermuda.."
Arles rise apertamente. "Oh, Ikki, Ikki, ho sempre adorato il tuo senso dell'umorismo, e ti ho sempre difeso contro quelli che lo trovavano estremamente volgare." Sospirò in maniera teatrale "E' vero che non te lo meriti, ma il regalo voglio fartelo lo stesso."
Così dicendo si avvicinò alla finestra e fece cenno all'altro di avvicinarsi.
" Su dai, vieni un po' a vedere." 
Ikki si avvicinò sbuffando di impazienza e guardò la strada  bagnata di pioggia.
"Dove guardi? Lì sotto, vedi?"
Il ragazzo seguì la direzione indicata dal dito di Arles e fu solo lo stupore che gli impedì di urlare.
Al lampione di fronte era legato il corpo di un uomo. 
Un corpo sottile e snello, riverso su se stesso, e bagnato dalla pioggia incessante. I capelli sotto la luce emanavano tenui riflessi verde cupo.
Ikki rimase inebetito a fissare quello spettacolo.
"Bello, vero?" sentì dire alla voce di Arles, "Sembra un quadro antico. Non so, uno di quei soggetti mitologici o sacri. Andromeda o S. Sebastiano.." 
Ikki si voltò di scatto e gli mollò un pugno in pieno viso, mandandolo a sbattere contro la parete. L'uomo evidentemente non se lo aspettava, perché venne raggiunto in pieno e rimase lungo disteso, con un'espressione confusa sul volto sanguinante.
"Ora, spera soltanto che non sia morto, o la pagherai cara, bastardo! In ogni caso non ricorderai neppure il tuo nome quando avrò finito con te, te lo giuro," ruggì il ragazzo e si lanciò verso la porta. La aprì di scatto e come un fulmine fu addosso ai due Silver che aspettavano sul  pianerottolo. Travolse quello più vicino, con tutto l'impeto del suo corpo, scaraventandolo giù dalle scale. L'altro non ebbe neppure il tempo di riaversi dalla sorpresa che già Ikki lo aveva afferrato per il collo, inchiodandolo contro la parete. Subito cominciò a sbattergli la testa contro il muro finché non sentì l'uomo afflosciarsi sotto le sue mani e non vide i le sue pupille rigirate all'indietro, a mostrare solo il bianco degli occhi. A questo punto lo lasciò e scese a precipizio giù per le scale.
La porta del primo piano si aprì e Big Apa apparve sulla soglia proprio quando il ragazzo arrivava di corsa. Si scontrarono con un schianto tremendo che mandò Ikki seduto sui gradini e il vecchio santone a sbattere contro lo stipite.
"Ma che cavolo.." disse l'uomo, massaggiandosi la nuca dolorante.
Ikki non perse nemmeno un secondo, si alzò in piedi e volò verso la porta d'ingresso.

Raggiunse il palo in un tempo che a lui parve infinito. Si inginocchiò davanti alla figura legata, tastandogli il polso. Sotto le sue dita avvertì il calore del corpo di Shun e il suo battito lieve, ma regolare. Meno male,  era solo svenuto. Gli sollevò il viso e lo guardò. Era di un pallore spaventoso, e un rivoletto di sangue gli scendeva giù lungo le tempie, però sul volto non c'erano altre tracce di violenza. 
Cercò di farlo rinvenire scuotendolo leggermente. 
"Aspetta, non così." Disse la voce di Big Apa accanto a lui, "Portiamolo dentro, prima."
Ikki si girò a guardare il suo amico, non si era nemmeno accorto che lo avesse seguito là fuori, e annuì.
Il Brasiliano lo aiutò a slegarlo e a trasportare quel corpo pesante e molle come una bambola di pezza dentro l'edificio.
"Lo mettiamo da te?" chiese Ikki appena raggiunsero il primo piano. Ma l'uomo scosse la testa. "Scusa Ikki, non è possibile. C'è Teresa stasera, non vorrei spaventarla. Lo sai che tipo è, no?"
"D'accordo, portiamolo su, allora."
Si arrampicarono per le scale, cercando di non strattonare troppo Shun e di non inciampare in qualche gradino rotto. Appena un piano sotto quello di Ikki, Apa si accorse del corpo riverso del Saint che era volato dalle scale.
"E quello chi diavolo è?" chiese meravigliato.
"Uno di quegli stronzi che ha fatto questo lavoretto," rispose Ikki, accennando a Shun, "E sopra ne troveremo altri due."
"Tre? E li hai stesi tutto da solo? Bambino, io lo dico sempre che non è il caso di mettersi contro di te."

Appena entrati nell'appartamento la prima cosa che Ikki notò fu il posto vuoto sul pavimento, là dove avrebbe dovuto esserci il corpo di Arles. Se l'era svignata, lo stronzo, e la cosa lo stupì. Avrebbe scommesso che l'unico desiderio di Arles in quel momento fosse di fargli pagare caro quel pugno sferrato a tradimento. In effetti, non era da lui sparire dopo aver subito un trattamento simile. E poi, come diavolo aveva fatto? Da dove era passato?
Ikki evitò di approfondire la questione, il peso che aveva tra le braccia era già un pensiero abbastanza ingombrante.
Deposero Shun sul letto e  guardarono per un momento senza parlare il volto pallido del ragazzo. Apa gli tastò il volto e la testa con mani esperte, e con due dita gli aprì le palpebre.
"Uh," commentò alla fine "Niente di particolarmente grave, direi. Non lo hanno trattato troppo male, solo quel poco che è bastato per fargli perdere i sensi."
"Sei sicuro?" chiese Ikki, "Credi che non ci sia bisogno di portarlo in ospedale?"
"Non lo so" rispose l'uomo, "Prima bisogna farlo rinvenire. Se vediamo che è in stato confusionale allora sì. Ma immagino che preferiresti evitarlo, giusto?"
Ikki annuì. Quella faccenda non sarebbe stata facile da spiegare. La soluzione migliore, come al solito, sarebbe stata chiedere aiuto a Saori Kido, ma anche in quel caso lui avrebbe dovuto chiarire come mai Arles gli aveva impacchettato il ragazzo proprio di fronte casa. E francamente non si sentiva di dirle che il Grande Maestro aveva pensato di fargli, in quel modo, un regalino.
Intanto Apa aveva cominciato a passare le sue mani ruvide sul volto di Shun, strofinandogli le guance e dandogli dei piccoli buffetti. Ikki vide che sotto quel trattamento le sue gote prendevano un colore rosso diffuso. Passarono secondi interminabili e finalmente le palpebre del ragazzino cominciarono a tremare e lentamente aprì gli occhi. Lo sguardo delle pupille sembravano perse in un vuoto incosciente.
"Ehi," disse Big Apa, "Ehi, mi senti" Quante dita sono queste?"
Shun batté gli occhi una o due volte e infine il suo sguardo sembrò mettere a fuoco gli oggetti.
"Salve," disse Apa, "Allora, bimbo come ti senti?" 
Un'espressione di puro terrore sconvolse i lineamenti di Shun e lui fece per alzarsi di scatto. Subito la paura fu sostituita dal dolore, tanto che dovette afferrarsi la testa gemendo.
"Sta' fermo," intervenne Ikki, "Cosa vuoi fare metterti a ballare la rumba?"
Shun sollevò lo sguardo e finalmente si accorse di lui.
"Ikki?" disse con voce esitante. L'altro annuì, mentre lo costringeva dolcemente a rimettersi sdraiato.
"Ikki, ma dove mi trovo? Che cosa è successo?"
"Sei a casa mia, Shun, non aver paura. Cosa sia successo esattamente non lo so. So solo che è opera di Arles."
Il ragazzo fissò su di lui il suo sguardo ancora confuso, poi lo posò su Apa e rimase a guardare l'enorme nero con la bocca spalancata.
"No, non sono il diavolo," rise Apa, "Sono un angelo invece, un angelo custode. Cosa credevi che fossero tutti biondi con gli occhi azzurri?"
Shun tornò a guardare Ikki. La sua faccia era completamente smarrita.
"Lui è Big Apa, Shun, un mio amico," disse e il ragazzino tirò un sospiro di sollievo. Chiuse gli occhi e finalmente sembrò rilassarsi. Ma durò solo pochi secondi. Subito spalancò gli occhi e le sue dita artigliarono il braccio di Ikki.
"Arles!" urlò, "I suoi uomini.. ridevano.. Hyoga.. dov'è Hyoga? Voglio andare a casa!" e cominciò a gemere forte, portandosi le mani sul volto, mentre le lacrime gli scorrevano tra le dita. Apa fissò su Ikki uno sguardo significativo.
"Senti," gli disse il ragazzo con un sospiro, "Ci penso io a lui d'accordo? Fammi un piacere, tu nel frattempo liberami di quella roba nelle scale. Non vorrei avere problemi se si svegliassero.."
"Va bene. Però cerca di tranquillizzarlo e quando starà meglio fagli indossare qualcosa di asciutto, è gelato, povero piccolo."

Appena Big Apa fu uscito Ikki guardò imbarazzato il ragazzo che continuava a singhiozzare sommessamente. 
Tranquillizzarlo, aveva detto il vecchio pugile, sì, una parola.. si trovava molto più a suo agio nella parte di quelli che facevano piangere, anziché di coloro che consolavano.
"Shun," provò, "è tutto finito adesso. Sei al sicuro qui insieme a me. Arles non tornerà e se torna lo schiaccio come un topo schifoso, gli faccio schizzare il cervello sul pavimento e.." ecco, per esempio, quelle non sembravano proprio le parole adatte a rassicurare una persona già sotto shock. Ikki si diede dell'imbecille. Ma Shun si tolse le mani dagli occhi, lo guardò con l'espressione completamente disperata, e con un movimento veloce gli si buttò addosso. Ikki istintivamente allargò le braccia e il ragazzino appoggiò la testa sulla sua spalla singhiozzando forte, mentre l'altro lo cingeva alla vita. Rimasero qualche minuto in quella posizione, con il pianto di Shun che lentamente si andava calmando in profondi sospiri. Ikki respirò l'odore dei suoi capelli bagnati e avvertì il calore del suo volto affondato nell'incavo del proprio collo.
Lo sommerse una tenerezza mai provata prima in tutta la sua vita, eppure così stranamente familiare. Un desiderio disperato di proteggere quell'essere contro tutto e tutti gli contrasse lo stomaco in una morsa dolorosa. Tuttavia si accorse con stupore che non c'era niente di sensuale in quelle sensazioni, niente di paragonabile ai giorni scorsi, quando doveva ficcarsi le unghie nelle palme della mani per resistere alla tentazione di afferrarlo davanti a tutti e ricoprire di baci ogni centimetro della sua pelle. Era un desiderio senza sesso, eppure ancora più tormentoso del sesso. Una fame e una sete senza rimedio, ma di gran lunga più fatale di ogni fame e di ogni sete.
Ikki si rifiutò di dare un nome a quell'ondata di emozioni..
"Shun," gli mormorò all'orecchio, ma il ragazzo non rispose. Aveva smesso del tutto di piangere e adesso se ne stava con la testa sulla spalla dell'altro in un abbandono che sfiorava lo sfinimento. Ikki lo allontanò dolcemente da sé.
"E' meglio che non ti addormenti così," disse guardandolo nel viso arrossato in maniera innaturale, "Sei tutto bagnato, ti prenderai una polmonite. Cosa ne diresti di una doccia calda?"
Il corpo di Shun fu scosso da un brivido, come se solo in quel momento si fosse accorto dello stato dei suoi vestiti e annuì.
"Ti ho fatto un lago nel letto," disse con aria desolata.
"Non preoccuparti di questo, ho delle lenzuola di ricambio. Avanti cerca di alzarti."
Il ragazzino gli ubbidì con un certo sforzo, ma appena fu in piedi barcollò ed Ikki dovette sorreggerlo. Lo condusse fino in bagno e una volta lì fu preso dal panico. Ma che razza di idea geniale proporgli di fare una doccia! Non poteva, non sarebbe mai riuscito ad aiutarlo a togliersi i vestiti, c'erano cose che davvero non osava chiedere a se stesso.
"Shun, ce la fai a spogliarti?" gli chiese cercando di nascondere il leggero tremito che gli era preso alle mani, "Se posso lasciarti solo un momento, intanto ti preparo qualcosa di asciutto. E poi proverò a telefonare ad Hyoga perché ti venga a prendere."
Shun lo guardò serio in volto. "Sì," disse "Credo di farcela adesso. Però non voglio che telefoni a Hyoga." 
"Ma a quest'ora sarà tremendamente in pensiero.." 
"No, non lo è," Shun scosse la testa con aria stanca, poi rabbrividì "Mi hanno costretto a telefonare. Mi hanno costretto a dire che avrei dormito da un compagno di classe, nessuno mi cercherà stanotte.." un singhiozzo interruppe le sue parole, e Shun respirò profondamente per riprendere il controllo.
Ikki si mosse a disagio. "Pensavo che non vedessi l'ora di tornare a casa." disse.
"Sì, non vedo l'ora, ma non voglio che Hyoga sappia di questo. Tu non lo conosci, lui sembra freddo e
controllato, ma io lo so che si precipiterà a cercare Arles.. non voglio che si faccia ammazzare per causa mia." Gli fissò in volto il mare dei suoi occhi verdi, "Se ti do fastidio andrò in un albergo, ma per piacere non fargli sapere niente di quello che è successo. Preferirei che rimanesse un segreto tra di noi.. vuoi?"
Ikki sentì un brivido percorrergli la schiena al tono appena sussurrato dell'ultima domanda.
"Sei scemo se pensi che ti lascerò andare in albergo," disse bruscamente, voltandogli le spalle, "Vado a preparare il letto," concluse con tono deciso e uscì dalla stanza.

Vado a preparare il letto.. a preparare il letto..
Quelle parole gli rimbombavano nel cervello mentre cambiava le lenzuola. Shun avrebbe dormito in quel letto. Shun avrebbe dormito nel SUO letto.. L'ansia torceva lo stomaco di Ikki, insieme ad una gioia selvaggia e ad una nausea terribile verso se stesso. 
Quel povero ragazzo era ferito, spaventato a morte, sconvolto, e lui sapeva solo pensare al suo corpo abbandonato nel buio e alle lunghe ore che avrebbero passato insieme da soli.
La tenerezza di qualche momento prima non era scomparsa, ma si era fusa con la rinata voglia di possedere quel ragazzo delizioso, possederlo per intero, con tutta la forza e la bramosia di cui si era scoperto capace, e adesso entrambe le sensazioni lo torturavano con un'intensità che avrebbe finito per mandarlo al manicomio.
Ikki non aveva idea di cosa avesse voluto ottenere Arles con quella mossa di rapire Shun, non sapeva nemmeno come facesse a sapere dei suoi sentimenti nei confronti del ragazzino, ma comunque stessero le cose sentiva che la trappola stava scattando alla perfezione.
Forse lo stronzo intendeva solo vendicarsi.. ma era più probabile che il suo piano fosse molto più subdolo. Per esempio informare Hyoga di quello che sarebbe successo tra loro due (sempre se fosse successo qualcosa, ma Ikki non voleva che succedesse qualcosa. Ikki avrebbe impedito che succedesse qualcosa..). E tutto per seminare zizzania tra i Bronze e per dividerli dall'interno.
Ma se questo era lo scopo del Grande Maestro, lui non poteva cascarci  e soprattutto non poteva assolutamente continuare a sentire quel disgustoso senso di gratitudine verso quell'immenso bastardo.

"Ho finito." La voce di Shun alle sue spalle lo fece trasalire distogliendolo a forza da quella risma di pensieri. Ikki si voltò verso la porta del bagno. Il ragazzo era in piedi sulla soglia, con addosso l'accappatoio. I capelli appena lavati e asciugati rilucevano di un verde marcio sotto la luce incerta dell'unica lampadina.
Un giorno gli avrebbe chiesto da dove gli veniva quel colore così strano, un colore che sulla testa di chiunque altro sarebbe stato ridicolo, ma che su di lui assumeva il significato di un marchio. Il marchio della sua diversità, come a voler testimoniare che solo in parte Shun apparteneva alla razza degli uomini.
"Prendi questi," disse Ikki cercando di controllare la voce e gli porse una T-shirt sbiadita ed un paio di boxer. Poi si costrinse a distogliere lo sguardo mentre il ragazzo li indossava.
"Il letto è a posto, faresti meglio a sdraiarti. Credo che ti abbiano colpito in testa, perciò è meglio non strafare. Anzi se non ti senti bene.. non so.. magari sarebbe meglio portarti in ospedale."
"No, sto meglio, davvero, non sento quasi dolore oramai," rispose Shun, mentre si sedeva sul letto con le spalle appoggiate al muro e le braccia intorno alle ginocchia piegate.
Ikki rimase a guardarlo incerto sul da farsi.
"Com'è successo?" chiese alla fine quasi sottovoce.
Shun si rannicchiò ancora di più come se volesse diventare piccolo fino al punto di scomparire.
"Mi hanno preso all'uscita della scuola e mi hanno costretto a salire in macchina. Poi mi hanno portato in un posto, non so dove. Là c'era Arles che mi aspettava."
"Ti ha.. fatto qualcosa..?" gli disse esitando. Era una brutta domanda ma Ikki conosceva troppo bene i gusti di Arles per non temere il peggio. Shun lo guardò incerto, come se non capisse bene il senso di ciò che gli aveva chiesto. Poi arrossì e nascose il volto tra le braccia strette intorno alle ginocchia.
"Arles ha cominciato a fare dei discorsi.. strani.. mi ha anche.. si è avvicinato a me.. ma poi non ha fatto niente, ricordo solo un forte dolore in testa ed il buio. Prima però mi hanno fatto fare quella telefonata. Allora ho avuto davvero paura. Ero sicuro che mi avrebbero ucciso. Ho pensato che nessuno mi avrebbe cercato fino a domani mattina e loro avrebbero avuto tutto il tempo di farmi a pezzi."
Un lungo brivido lo scosse ed Ikki sentì un groppo in gola al pensiero del terrore assoluto e definitivo che doveva aver provato. Shun intanto aveva ricominciato a piangere sommessamente, senza singhiozzi. Un desolato pianto di dolore e di stanchezza che straziava l'anima. Ikki si sedette sul bordo del letto.
"Vieni qui," disse e allargò le braccia.
La sensazione di deja - vu lo colpì come una mazzata, perché in quel medesimo momento in cui Shun si accoccolò contro di lui, seppe, con certezza assoluta, che aveva compiuto quello stesso gesto innumerevoli volte nel corso della sua vita, e sempre una testolina verde si era insinuata nel suo abbraccio, e sempre lui aveva provato quella stessa commozione e quel sottile rancore verso la sua debolezza, verso la sua unica debolezza.
E sopra ogni cosa uno strano, tormentoso, senso di colpa.
Cercò di mettere a fuoco i momenti in cui tutto ciò poteva essere avvenuto, di afferrare il ricordo e renderlo stabile, ma nell'attimo stesso in cui pensò di essere ad un passo dal mistero, la sensazione svanì, lasciando solo vuoto e confusione. 

Ikki rispose con un moto di rabbia. Per uno come lui, che odiava persino gli oroscopi,  erano insopportabili tutte quelle strane percezioni che avvertiva da un po' di tempo a quella parte.
Per reazione staccò bruscamente da sé il corpo di Shun e lo guardò negli occhi, come a cercare dentro di essi una risposta a tutti quei misteri. Il ragazzo lo fissò a sua volta, stupito da principio, ma poi il suo volto si illuminò di un fiducioso sorriso.
Sotto quello sguardo il mondo per Ikki sembrò ridursi ad un unico punto.
Egli afferrò il ragazzo per la nuca e gli rovesciò indietro la testa. Per tutta risposta vide la bocca di Shun schiudersi leggermente e la sua lingua guizzare ad inumidire le labbra. Era un invito fin troppo esplicito, e così tanto allettante da morirne. E poi, come se non fosse abbastanza, avvertì le mani di Shun accarezzargli leggermente il dorso. Il cuore di Ikki sembrò schizzare fuori dal torace, mentre il suo stomaco si chiudeva in uno spasmo di piacere. Si chinò lentamente, e prese quelle labbra fra le sue. La bocca di Shun si aprì sotto la pressione della sua lingua e lui penetrò dentro, a gustarne il sapore di pesca matura.
Oh Dio! Era come bere acqua di sorgente dopo settimane di sete forzata.
Cercò la lingua inesperta di Shun e la avvolse tra le sue labbra, succhiandola con forza. Il ragazzo si lasciò sfuggire un gemito che infiammò definitivamente il cervello di Ikki. Allora lo spinse supino sul letto, e gli fu sopra, continuando ad abbracciarlo e a baciarlo con foga.
Si staccarono per riprendere fiato, ma Shun riprese ad accarezzarlo sulla schiena, sulle braccia e sulla nuca. Ikki prese il volto dell'altro tra le mani e affondò in quegli occhi lucidi di desiderio. Cominciò a baciargli il viso bollente, le gote e le tempie e poi scese lungo il collo, a succhiare la vena che palpitava forte sotto le sue labbra e.. in quel momento bussarono alla porta.
Ikki si irrigidì sollevandosi sui gomiti, poi iniziò a picchiare con i pugni sul cuscino.
"Cazzo, cazzo.. ma è possibile che chiunque passi davanti a questo cazzo di porta stasera si senta in dovere di bussare!" ringhiò disperato.
Shun si sollevò a metà sul letto, battendo le palpebre come uno che dopo essere stato per lungo tempo al buio debba riabituarsi alla luce.
Il tocco leggero si fece risentire. Ikki si alzò in piedi, continuando ad imprecare a mezza voce e si avvicinò alla porta.
"Chi è?" disse con tono feroce.
"Sono Apa, Ikki, non preoccuparti."
<Io ti ammazzo, altro che preoccuparmi.>, pensò Ikki furibondo.
Aprì la porta e fissò sul suo amico uno sguardo di odio assoluto, che si tramutò in stupore appena lo mise a fuoco. L'uomo aveva tra le mani un vassoio di plastica, sopra il quale trasportava un'enorme tazza fumante e dei biscotti.
"Che diavolo è?" chiese Ikki esterrefatto.
"Solo un po' di tè" disse Apa, "Ho pensato che forse il ragazzo non ha mangiato stasera e che gli avrebbe fatto bene qualcosa di caldo e dolce."
Anche dopo quella spiegazione Ikki continuò a fissare l'uomo completamente inebetito.
"Sì, ma se ti togli davanti forse riesco ad entrare," disse Apa scoprendo i denti bianchissimi.
Il ragazzo si scostò come un automa e il gigantesco nero entrò.
"Allora, come stai piccolo? Va meglio?" chiese con premura.
"Meglio, grazie, signor Apa," disse Shun con la sua vocetta gentile.
Big Apa sembrò andare in brodo di giuggiole. Lanciò un'occhiata significativa ad Ikki come a dire: <Lo vedi come ci si comporta, brutto cafone?>, e si avvicinò al letto col vassoio.
Shun accolse il dono dell'uomo con un'espressione di assoluto piacere sul volto segnato dalla stanchezza ed Ikki si diede dell'imbecille. Come aveva fatto a non pensare che il ragazzino potesse essere affamato? Cosa credeva che Arles lo avesse invitato a pasteggiare con ostriche e schampagne? Non avrebbe imparato mai a prendersi cura delle persone, mai, nemmeno di quelle che.. be' nemmeno di quelle a cui teneva particolarmente.
Mentre Shun mangiava, Ikki notò che Apa di tanto in tanto si voltava a perlustrare la stanza con i grandi occhi inquieti. Sembrava un cane da caccia che fiutava una preda grossa e feroce. Si chiese distrattamente cosa diavolo gli fosse preso, ma era troppo assorbito dallo spettacolo dei piccoli denti di Shun che mordevano  la pasta dei biscotti per preoccuparsi sul serio di altro.
Era incredibile che bastasse un particolare come quello per farlo sentire eccitato. Era incredibile che ogni cosa di Shun lo facesse impazzire in quel modo.
Quando il ragazzino finì, porse il vassoio ad Apa e si abbandonò sul letto, chiudendo gli occhi con un sospiro di soddisfazione. Ikki si voltò verso l'uomo.
Aveva chiaramente scritto in faccia un invito a togliere le tende, ma l'altro lo afferrò per un braccio e gli sussurrò con voce serissima: "Vieni un attimo fuori, ti debbo parlare di una cosa."
Ikki lo seguì sbuffando dentro di sé per l'impazienza. 
Appena raggiunsero il pianerottolo, l'uomo lo guardò di nuovo e Ikki si sentì prendere da una vaga inquietudine sotto la luce di quegli occhi spaventati.
"Che succede?" chiese.
"Non lo so con certezza, ma.. c'è qualcosa di strano.. dentro la tua stanza..  avverto un'aura,  potente e maligna. Non mi piace affatto."
"Un'aura?"
"E' piena di odio e di rancore, ma non solo, è come se perseguisse un disegno malvagio.. è così strana.. non sembra nemmeno umana."
"Ah be'! Se non è umana allora è l'aura di quel verme schifoso di Arles," disse  Ikki, senza riuscire a nascondere il suo sarcasmo.
Ma che razza di serata! Gli mancava solo di doversi sorbire le superstizioni di un vecchio pugile suonato. 
E pensare che nel suo appartamento c'era Shun che lo aspettava per riprendere un certo discorso..
L'uomo gli fissò addosso gli occhi seri. "Non scherzare, ragazzo, non c'è niente da scherzare. È stato qui e in qualche modo è ancora qui. Lui vi tiene d'occhio e tornerà."
Ikki imprecò in cuor suo. "Buona notte, Apa, ne riparliamo domani, d'accordo? Stasera mi sa che siamo entrambi stanchi e troppo eccitati," e si avviò verso la porta.
"Aspetta.." l'uomo lo trattenne per un braccio, "Non ti ho mai detto cosa ho visto nella tua mano, Ikki, e forse ho sbagliato, forse avrei dovuto metterti in guardia prima.."
"Senti, Apa, visto che hai rimandato per tanto tempo, non puoi aspettare fino a domani? Stasera non connetto, sul serio, domani mi dirai tutto e ti starò a sentire come un bravo bambino. Ma ora va' a dormire, per piacere."
Così dicendo si divincolò dalla stretta dell'uomo e aprì la porta. Era già per metà dentro l'uscio, quando sentì ancora la voce lugubre del santone.
"Tornerà e si servirà di te, come ha già fatto una volta, come ha sempre fatto, e anche stavolta ci sarà il mondo in palio. Sarai in grado di affrontarlo, Phoenix? Come farai se non sai niente di te stesso?"
Ikki si voltò indietro, sporgendo la testa dalla porta semichiusa.
"Non ti stare a preoccupare, vecchio mio. Ti prometto che se Arles torna lo concerò in un modo che nemmeno sua madre sarà in  grado di riconoscere la sua aura. Buonanotte." E richiuse la porta dietro di sé. 
Rimase appoggiato allo stipite finché non sentì i passi dell'uomo che si allontanavano giù per le scale, dopodiché si voltò verso il letto con un sorriso ebete sul volto, che subito si trasformò in una smorfia di delusione. Shun dormiva beato, adagiato comodamente sul cuscino, con sul viso un'espressione di profondo riposo, come un bambino esausto dopo un'intera giornata di giochi.
Ikki imprecò sottovoce. Si sedette sul bordo del letto e contemplò quell'immagine di assoluto abbandono. Il petto del ragazzo dai capelli verdi si abbassava e si sollevava lento, al ritmo del respiro. Quello non era certo un riposino di pochi minuti, non c'era proprio alcuna speranza che si svegliasse. 
Sospirò passandosi la mano tra i capelli. Tutto sommato forse era meglio così, si disse. Già si erano spinti troppo oltre, molto di più di quanto Ikki non avesse pianificato. E tutto era stato talmente fuori da ogni loro controllo, come se le circostanze avessero deciso per entrambi. E poi doveva tenere conto del fatto che Shun era sotto shock e aveva bisogno di sentirsi protetto. E lui senza fermarsi un momento a ragionare, si era buttato a capofitto, seguendo solo il suo istinto da animale affamato. Ed una cosa era certa non si sarebbe accontentato di qualche bacio innocente. Non con quel corpo che si offriva con tale assoluta fiducia alle sue carezze. E che sarebbe successo l'indomani, quando Shun si fosse svegliato in pieno possesso delle sue facoltà? Quali accuse e pentimenti e sensi di colpa avrebbero dovuto affrontare?
Lo guardò ancora, il volto rilassato nel sonno era bellissimo, ancora più bello del solito, ma non era solo la sua bellezza. Oramai non era più solo questione di bellezza o di desiderio. Ikki era troppo abituato ad essere brutalmente sincero con se stesso per ingannarsi su questo punto. C'era dell'altro. Ed era proprio in nome di quest'altro che non poteva più semplicemente saltargli addosso e scoparselo in fretta, in una sera di pioggia qualsiasi. Qualunque cosa dovesse succedere tra loro due, da quel momento in poi, dovevano essere pienamente coscienti e pienamente consapevoli di volerlo. Entrambi. 
Sospirò di nuovo. E si guardò intorno. Adesso doveva risolvere il problema di dove dormire. Il letto era troppo piccolo per permettere a tutt'e due di stare coricati comodamente. Troppo piccolo, soprattutto, per permettere che si frapponesse tra loro la necessaria distanza per fare riposare Ikki senza impazzire. 
Perché una cosa era ragionare a freddo, un'altra restare appiccicati a Shun per tutto il resto della nottata.
Alla fine decise che non aveva molta scelta. Prese due coperte dal vecchio armadio, una la stese sul pavimento e l'altra la piegò a mo' di cuscino. Spense la luce, si sdraiò sul quel duro giaciglio e chiuse gli occhi. In fondo non era molto peggio di tanti altri luoghi in cui si era ritrovato a schiacciare un pisolino, durante la sua vita.


Il silenzio fu rotto da una specie di sussurro, un alito di vento sul viso e la sensazione di non essere solo. Ikki aprì gli occhi e si ritrovò alla distanza di un centimetro dal volto ironico di Arles.
Stranamente il suo corpo rispose con una calma glaciale, come se si aspettasse da sempre quella nuova intrusione notturna. Si tirò lentamente a sedere sul quel letto improvvisato. La luce dei lampioni penetrava nella stanza, illuminando crudamente le pareti macchiate di umido. Fuori dalla finestra la pioggia continuava a cadere, con regolarità ipnotica.
Arles ridacchiava a bassa voce, di pieno cuore, e sembrava non riuscisse a trattenere l'allegria.
"Che cazzo ridi? Almeno questo mi piacerebbe saperlo," disse Ikki con rabbia.
"Adesso non essere volgare," rispose l'uomo smettendo di sghignazzare, poi come se avesse di nuovo pensato a qualcosa di enormemente buffo, ricominciò più forte di prima. Ikki fece l'atto di alzarsi bruscamente in piedi, ma l'altro lo afferrò per un braccio.
"Aspetta," disse cercando di trattenersi, "Sì, d'accordo, siamo seri. Mi dispiace, ma non riesco a farne a meno. Dopo che mi sono dato tanto da fare, torno qui e ti trovo a dormire per terra. Non so se essere più deluso o divertito."
"Pensavi che sarebbe stato facile, non è vero? Tu me lo mettevi nel letto e io gli saltavo addosso. Così in un attimo l'avrebbero saputo tutti i Bronze, compreso Hyoga. Mi dispiace per te, ma ti è andata male."
La risata di Arles risuonò di nuovo nel silenzio ovattato della stanza.
"Ma figurati! Cosa vuoi che me ne importi di quei quattro cani bastonati dei Bronze. Non sono loro che voglio. Sei completamente fuori strada."
"Allora dimmi cosa vuoi e poi fammi il piacere di andartene che ho sonno."
Arles chinò di lato la testa, i capelli color  argento brillarono incontrando un fascio di luce. Ikki li guardò stupiti. Il Grande Maestro era un tipo eccentrico, questo lo sapevano tutti, ma tingersi i capelli di bianco era davvero troppo audace persino per lui.
"Te l'ho già detto. Voglio soddisfare i tuoi desideri. È stata la loro forza ad evocarmi nuovamente e di questo ti sono immensamente grato. Io l'ho sempre saputo che la tua potenza era in grado di distruggere l'universo intero, ma non mi ero mai reso conto che poteva essere capace di crearne di nuovi. Sono stupito ed ammirato. Sul serio, non posso che inchinarmi davanti al tuo talento. Certo se adesso tu facessi lo sforzo finale.. dipende solo dalla tua volontà e tutto questo può diventare definitivo."
Ikki non rispose. Improvvisamente era esausto. Troppo stanco per ribattere qualunque cosa, troppo stanco anche solo per opporsi. Si sentiva la testa pesante come il piombo e solo con un'enorme fatica riusciva a impedire che ciondolasse sul collo.
Un rumore attirò la loro attenzione. Shun si era mosso nel sonno ed Ikki poté solo sperare che non si svegliasse proprio in quel momento. Arles indicò col mento dalla parte del letto.
"Tutto per lui. Certo, niente ricordi sgradevoli, niente destini troppo ingombranti, niente sensi di colpa. Ma soprattutto è per lui, che qui non è tuo fratello."
Ikki fissò gli occhi sulla macchia scura del volto di Arles ed una voce che era la sua disse: "Shun sarà sempre mio fratello, sempre ed ovunque."]

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.. la mia caduta è lenta ed inesorabile. Come per l'esplosione di una stella, in un attimo brucio tutta la mia vita, frantumandomi in milioni di schegge. Il cielo si apre ed un occhio fiammeggiante ammicca crudelmente.
È sempre così prima della fine. È sempre così prima del nulla. Tutto diventa assoluto, ogni gesto ed ogni parola si fissano in eterno. Come gli occhi spalancati dei miei compagni sopra di me, come il volto di Shun sconvolto dal terrore. La sua bocca urlerà e urlerà, perennemente.
Qualcuno abbia pietà di lui..

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["Shun sarà sempre mio fratello, sempre ed ovunque.", dico all'ombra di Arles, china su di me. Il lampo dei suoi denti brilla nel buio.
"Finalmente, sei arrivato, Phoenix dell'Isola Nera,"  dice con tono solenne "Stavo cominciando a pensare che ti avrei atteso invano."]


Fine III parte e continua, naturalmente ^^;;


*A rischio di sembrare pedante, credo che qualcosa sul cadomblè debbo dirvelo, per coloro che non ne sanno niente, affinché non si lambicchino inutilmente il cervello. (Mi schiarisco la voce e comincio la lezione).
Si chiama così uno dei molti riti brasiliani nati dall'incrocio tra la religione cristiana, fatta assorbire con la forza, e gli antichi culti che gli schiavi africani portarono nel nuovo mondo. In questo è simile al voodoo o alla macumba, ma non ha niente di così tetro. Il pai-de-santo è una sorta di prete officiante, santone e guida spirituale. Durante i riti, vengono evocare le antiche divinità africane, le quali avendo forma di spiriti entrano nei corpi dei medium e danno consigli ai fedeli. Queste divinità sono state, come dicevo, assimilate ai santi o alle figure della religione cristiana. Così, per esempio Oxossi, che nomino sopra, è S. Giorgio, Exu è satana (ma un satana più simpatico, più burlone che cattivo), Jemanjà è la madonna del mare ecc..



Ed ora vado a nascondermi in un bunker militare, perché se mi acchiappate scommetto che mi fate la pelle. Per farmi perdonare posso solo assicuravi che questo tormento sta per finire. E che mi sforzerò di farlo finire presto. Non mi volete troppo male, vero?
(puppy eyes)



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