Disclaimers: i personaggi di
Saint Seiya non sono miei ma di un sacco di gente geniale. Io me ne
approprio indegnamente per puro e semplice divertimento. Se decidete di
farmi causa lo stesso, sappiate che lo fate anche voi per puro e semplice
divertimento, perché non ho una lira da spremere.
Note: all'interno delle parentesi quadre comincia l'universo alternativo.
Il sogno della
farfalla
di Petra
parte I
La guerra contro Arles è terminata da poco più di un mese e già
comincio a sentirmi fuori posto qui, a Nuova Luxor, nella grande villa di
lady Saori Kido. Me ne andrò appena le mie ferite saranno del tutto
rimarginate e avrò ripreso completamente le forze.
Ho trascorso tre settimane nell'ospedale della fondazione, attorniato da
medici dall'aria preoccupata, all'inizio, e poi, man mano che riprendevo
vigore, sempre più stupita. Mi hanno dimesso già da sette giorni e per
la convalescenza milady mi ha assegnato la mia vecchia stanza al S.George.
Ritornare qui è come aprire uno squarcio nel tessuto del tempo e
ripiombare di colpo nel passato.
Questa cosa mi rende inquieto. Non mi piace ricordare la mia infanzia,
anche se gli anni trascorsi in questa casa, tra lo studio continuo, gli
allenamenti sfibranti e le punizioni, sono i più sereni della mia vita.
Stranamente mi è più facile ritornare con la mente al tempo dell'Isola
della Regina Nera. Tra me e quei ricordi c'è almeno l'odio a fare da
scudo..
Me ne andrò molto presto, questo è sicuro, ma per il momento cerco di
godermi un po' di pace, seduto sul davanzale della mia stanza a
contemplare il sole che tramonta su questa specie di eden di lusso, in un
pomeriggio di piena estate.
Dal prato mi arrivano voci allegre miste a risate. Mio fratello corre
sull'erba con una palla ovale stretta sotto il braccio, inseguito da Hyoga
e Seiya. Loro sono più veloci ma Shun è molto più agile. Nel momento in
cui Hyoga sta per placcarlo, lui spicca un balzo in avanti e atterra prono
oltre la linea bianca.
"E' meta!! E' meta!!" urla Syrius. Poi lui e mio fratello
improvvisano una specie di danza di guerra .
Ragazzi che approfittano di un bel pomeriggio di sole per scatenarsi e per
giocare. Niente di più normale sotto ogni cielo di questo mondo. Niente
di più normale per chiunque.
A me fa quasi paura..
Però sono contento di vedere che Shun si muove bene, è sciolto e
leggero, solo il suo braccio sinistro sembra ancora un po' rigido. La sua
guarigione ha davvero del miracoloso, lui che fra tutti noi era
probabilmente quello ridotto peggio.
All'improvviso, mi assale l'immagine del suo corpo pallido, disteso in
mezzo ad un mucchio di fiori, con una rosa disgustosa piantata in mezzo al
petto..
Se non ci fosse stata la necessità assoluta di farla finita per sempre
con Arles, mi sarei fermato a fare a brani il cadavere di quel maiale di
Pisces. Lo avrei calpestato sotto i piedi, fino a ridurre quella sua bella
faccia da puttana d'alto bordo in un ammasso di carne sanguinate..
"Ikki, che succede?!?! C'è qualche pericolo?!!!"
La nota di allarme nella voce di Shun mi scuote dai miei pensieri. Sul
prato i ragazzi si sono bloccati all'improvviso e i loro visi sono rivolti
verso la mia finestra. Solo adesso mi accorgo di aver involontariamente
cominciato ad espandere il mio cosmo. Non del tutto, ma quel tanto che è
bastato a mettere in allarme i miei compagni.
Respiro profondamente lasciando che ogni fibra del mio corpo si rilassi.
"Non è niente," dico, "Stavo solo.. stavo solo.. facendo
una prova."
Si guardano l'un l'altro e parlottano. Sono troppo lontani perché possa
vedere l'espressione dei loro volti, ma mi arriva qualche frase
smozzicata.
"..spavento.."
".. fanatico di.."
".. una doccia fredda, magari.."
"V'affanculo, Ikki." Sbotta alla fine Seiya, rivolto
direttamente verso di me e accompagnando l'augurio con un gesto non
proprio da cavaliere.
Non raccolgo la provocazione, né tento minimamente di scusarmi,
semplicemente mi stringo nelle spalle e loro riprendono a giocare.
In quel momento vedo Hyoga avvicinarsi a mio fratello, che è rimasto
immobile a guardare verso l'alto con aria preoccupata. Gli mette un
braccio intorno alla vita e se lo trascina dietro, convincendolo a
riprendere la partita.
Sempre così. Da quando Shun lo ha salvato da quella bara di ghiaccio, con
la scusa della gratitudine, quel damerino platinato non perde occasione
per mettergli le mani addosso. E dire che lo ha sempre trattato come un
peso morto da trascinarsi dietro. Lui come tutti gli altri, del resto ..
Ma possono ingannare chiunque, anche loro stessi, con certe arie di
sufficienza, non me, che li conosco meglio di quanto avrebbero potuto le
loro care mammine, se solo fossero ancora vive. E non è solo perché sono
il cavaliere Phoenix, ma piuttosto per una questione d'abitudine. Quando
uno ha passato buona parte della sua esistenza a sopportare certi sguardi
incantati rivolti verso il proprio fratello più piccolo, certi sorrisini
tra il compiaciuto e l'imbarazzato, o addirittura certi approcci,
apparentemente così amichevoli e invece a doppio senso, sempre a doppio
senso, impara suo malgrado a leggere il desiderio degli altri come in un
libro aperto.
Al contrario di me, Shun è sempre passato in mezzo a tutto ciò senza
fare una piega, come se non s'accorgesse neanche dell'impressione che
suscita nella gente, o come se non gli importasse.. peccato che la sua
indifferenza abbia lo stesso effetto del vento che soffia su un incendio..
Dio del cielo, come li odio tutti!
E come odio anche lui, se solo penso che prima o poi, verso qualcuno
cesserà di essere indifferente. So che potrei ammazzare a mani nude
questo qualcuno..
Balzo giù dal davanzale e chiudo con tale violenza la finestra che i
vetri tintinnano..
Quel rumore mi riporta alla realtà. Devo calmarmi.. non posso mettere in
agitazione tutta la villa per delle semplici fantasie.
Mi siedo sul letto e comincio a respirare. Uno, due, tre volte,
profondamente.. Sento i battiti del cuore rallentare e i nervi rilassarsi.
Contemporaneamente m'invade un profondo senso di stanchezza, insieme al
solito disgusto di me stesso e dell'universo intero.
Non posso continuare a rimanere qui, devo andarmene al più presto.
Domani.., me ne andrò domani, ma ora sono così stanco, voglio solo
chiudere gli occhi e cessare di pensare.. vorrei che la mia mente la
smettesse di girare a vuoto.. forse vorrei essere morto..
UN'ALTRA VOLTA?!?!
Il pensiero è arrivato prima che potessi trattenerlo e suscita in me un
moto irresistibile di ilarità. Mi butto carponi sul letto, il corpo
scosso dalle risate a stento trattenute. Mio dio! È così buffo! Il mio
karma è la cosa più ridicola che sia mai stata escogitata. Dimostra che
a reggere questo universo non è alcuna dea della giustizia, ma qualche
demente con un senso dell'umorismo a dir poco bizzarro. Quella stupida
ragazzina s'illude, e basta, di tenere in mano le sorti del mondo e
noi siamo più scemi di lei a darle retta.
Sono costretto a mordere il copriletto per evitare che la mia risata
risuoni per tutta la villa, dando così la prova definitiva a chi non
aspetta altro, che sono completamente pazzo.
Quando smetto di ridere sono ancora più stanco di prima. Mi sdraio
supino, con le braccia dietro la nuca e rimango lì a guardare il soffitto
bianco. Lascio che la mia mente diventi leggera e cominci a vagare
liberamente dietro fantasie ed immagini che a stento riesco ad afferrare.
Certo, che se avessi potuto decidere io della mia vita, sarebbe stata del
tutto diversa. Se avessi potuto decidere io, per prima cosa avrei fatto un
bel regalino a Hyoga. Visto che ci tiene tanto ad essere così pieno di
fraterne premure con Shun, glielo avrei appioppato volentieri. Così
saprebbe cosa significa essere il fratello dell'unica creatura capace di
fare del mondo un luogo in cui Arles avrebbe orrore a vivere.
All'improvviso avverto uno strano brivido di freddo e contemporaneamente
mi assale una sonnolenza irresistibile. Si vede che sono ancora lontano
dall'aver riacquistato tutte le forze. Mi avvolgo nel lenzuolo e mi
rannicchio contro il cuscino, sbadigliando.
.. se Shun non fosse mio fratello..
Se fossimo due estranei qualunque che s'incontrano per caso.. Una mattina
uscirei di casa, per un qualsiasi stupido motivo, come uno stupido ragazzo
qualunque, convinto che il mondo giri intorno a quelle quattro beghe da
mocciosi nelle quali sarei sicuramente invischiato. Respirerei la brezza
del mattino e non sentirei nient'altro che quella lieve euforia che ti
danno le prime belle giornate dopo un inverno grigio.
Nessun presentimento, nessun ricordo da dimenticare, nessun senso di
colpa..
Camminerei in mezzo alla folla del centro di Nuova Luxor, convinto di
avere il futuro in tasca. E poi il mio sguardo si poserebbe sul negozio
dall'altro lato del marciapiede. E lui sarebbe lì, davanti a me, avvolto
nella sua solita luce.
La scena è talmente viva ai miei occhi, che sembra reale.. posso vedere
ogni particolare, sentire i suoni.. gli odori..
Shun indossa quei suoi soliti vestiti da quattro soldi e ha quella
consueta aria un po' svagata. E' fermo davanti ad una vetrina, come ad
ammirare il suo riflesso e la gente gli passa accanto indaffarata,
degnandolo appena di uno sguardo, toccata forse per un attimo da quella
specie di apparizione angelica, per dimenticarlo un momento dopo,
assorbita dal rumore di sottofondo.
Per me invece è come sbattere contro un muro. Mi blocco all'istante e
rimango a guardarlo a bocca aperta, come uno stupido pesce. A quel punto
lui istintivamente si gira verso di me e i nostri occhi si incontrano..
per un attimo.. si incontrano.. per un attimo.. e poi.. poi..
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[L'apparizione dai capelli verdi si allontanò senza fretta. La sua figura
delicata ed elegante stava già per perdersi tra la folla, quando il
ragazzo alto col disegno di una fenice stampato sopra il giubbotto di
pelle nera, si riscosse dal torpore che lo aveva immobilizzato e scattò
in avanti. Era deciso a non perderla di vista, e soprattutto era
deciso a scoprire se fosse di sesso maschile (ahimè) o femminile (slurp),
perché la cosa non era del tutto chiara a quella distanza.
L'angelo intanto aveva già attraversato la strada, mentre il ragazzo
bruno fu bloccato dal semaforo rosso. Imprecando ad alta voce, stava per
buttarsi ugualmente in mezzo al traffico, quando una motocicletta gli
tagliò la strada e si fermò davanti a lui, con uno stridio di gomme.
"Levati di mezzo, coglione," urlò il ragazzo, ma il
motociclista si tolse il casco, rivelando una massa disordinata di capelli
biondo chiaro e gli puntò addosso un paio di corruscati occhi color
ghiaccio.
Solo allora notò che l'altro indossava un giubbotto simile al suo, con
sopra stampato un cigno color bronzo.
"Che cazzo vuoi Hyoga?" gli disse con rabbia.
"Ti stavo cercando, Ikki. Anzi, a dire il vero è da due giorni che
tutti quanti ti cercano. Si può sapere dove ti vai a rintanare..?
"Fattacci miei" rispose il ragazzo della fenice distrattamente,
perlustrando con lo sguardo il marciapiede di fronte. Niente da fare, i
capelli verdi non erano più in vista. Ikki sentì che avrebbe volentieri
strozzato quell'idiota di un russo.
"Senti, Hyoga, ho fretta. Se devi dirmi qualcosa spicciati."
"Arles ci ha sfidati tutti" disse il biondo "Ha mandato una
lettera a lady Saori. Stasera dobbiamo riunirci alla fondazione per
decidere sul da farsi."
L'espressione di Ikki a quella notizia fu molto eloquente, una smorfia tra
il disgusto e il preoccupato si disegnò sul suo volto.
"Guarda che se non te la senti di metterti contro il tuo ex datore di
lavoro basta che tu lo dica, nessuno ti costringe, sai?"
Ikki arrossì come se lo avessero schiaffeggiato, ma si riprese subito e
un sorriso sarcastico gli tirò le labbra.
"Come no! Così Arles e i Gold Saint vi fanno a pezzettini. Non fare
lo sbruffone Hyoga, lo sai benissimo che senza di me non avete nessuna
possibilità di uscirne vivi."
Il bel volto del ragazzo biondo si imbronciò, ma non rispose. Indossò di
nuovo il casco e diede gas al motore.
"Ci vediamo stasera, Ikki, alle sette in punto. Cerca di essere
puntuale, non abbiamo tempo da perdere con entrate in scena da
primadonna." E prima che Ikki potesse ribattere corse via rombando.
Il ragazzo della fenice rimase a guardarlo andar via dal ciglio del
marciapiede, i lineamenti tirati da una specie di cupa ansia. Le cose
stavano marciando troppo in fretta e prendevano decisamente una brutta
piega.
Accidenti a lui e a quando si era lasciato invischiare in tutta quella
storia, disse a se stesso, ricominciando a camminare.
Il suo ex-datore di lavoro.. Era un po' esagerato definire Arles in quel
modo, ma nemmeno del tutto sbagliato. In effetti Ikki aveva lavorato per
lui qualche mese prima, quando era arrivato a Nuova Luxor, prima che quel
bastardo tentasse di fregarlo.
Arles era davvero l'essere più viscido e privo di morale che Ikki avesse
mai conosciuto (a parte che era completamente pazzo, fatto che erano in
pochi a sospettare), ma non è che la cosa lo avesse particolarmente
preoccupato al principio, soprattutto fino a che quello l'aveva tenuto in
ballo con la promessa di farlo entrata fra i Gold Saint. Ci aveva messo un
bel po' a capire che non aveva alcuna intenzione di mantenere la sua
parola, ma quando finalmente c'era arrivato i loro rapporti di.. ehm..
lavoro si erano interrotti e in maniera un tantino agitata.
Gold, Silver e Bronze.. erano le tre scuole di arti marziali di Nuova
Luxor ed erano in guerra tra loro da prima che Ikki arrivasse in città.
La loro origine era comune, perché era stato il nonno di lady Saori, un
miliardario eccentrico, a fondarle con l'unico nome di Saint. Solo che
alla sua morte quel bastardo di Arles aveva cominciato una campagna
denigratoria nei confronti dell'unica erede del vecchio, cioè appunto,
Saori Kido, e con una serie di maneggi, minacce e corruzioni era riuscito
a portare dalla sua parte la maggioranza degli accoliti Gold e
Silver. Solo i Bronze e una manciata di pochi altri erano rimasti fedeli
alla causa di "sua signoria puzza sotto al naso" (come a volte
la chiamava Ikki). Peccato, però, che fossero solo un mucchio di mocciosi
con poco cervello e zero di esperienza. Il bronzo, infatti, nella
gerarchia inventata da quel bel tipo del nonno di lady Saori, distingueva
i Saint principianti. Un Gold in pratica poteva spezzare la spina dorsale
di un Silver solo con lo sguardo, figuriamoci poi che cosa poteva fare ad
un Bronze.
E adesso quella sfida..
Ikki conosceva alla perfezione le vere intenzioni di Arles, e sapeva fino
a che punto fossero pericolose, visto che per un po' di tempo l'autonominatesi
Grande Maestro l'aveva degnato della sua confidenza.
Il suo disegno era quello di servirsi dei Saint trasformandoli in una
organizzazione criminale, e in effetti in qualche modo c'era già
riuscito, considerando che aveva cominciato ad utilizzare molti di quei
tonti dei Silver per scopi tutt'altro che puliti. Certo se i vecchi Gold
avessero conosciuto i suoi reali disegni, o se solo fossero venuti a
conoscenza di certi cosette, gli avrebbero spezzato l'osso del collo ad
Arles. Ecco perché lui aveva bisogno di togliere di mezzo milady
una volta per tutte e di mettere le mani sul potere assoluto. Una volta
fatta a pezzi l'associazione dei Bronze la sua mossa successiva
sarebbe stata di nominare da sé i Gold, e a quel punto
dell'organizzazione benefica del vecchio nonno di Saori Kido non sarebbe
rimasta in piedi nemmeno l'intenzione.
Il problema era che Arles sapeva perfettamente che finché quella
ragazzina fosse stata nei paraggi, la sua posizione sarebbe stata sempre
quella dell'usurpatore. La cosa più semplice naturalmente sarebbe stata
di farla fuori. Ma non era così facile.
La ragazza era protetta dai suoi stessi soldi ed inoltre era troppo in
vista. Se fosse stata uccisa i sospetti sarebbero caduti immediatamente su
di lui e, se anche la polizia non fosse riuscita a provare niente a suo
carico, ci sarebbe stato sempre qualche fanatico pronto a fargliela pagare
cara.
Eppure, anche così, non si poteva dire che il Grande Maestro non ci
avesse provato. L'ultima volta era stato lo stesso Ikki a mandare a monte
un piano che prevedeva il rapimento e la successiva "scomparsa"
di milady. Era stato grazie a quell'intervento che il ragazzo si era
meritato la fiducia di Saori Kido ed era stato accolto tra i Bronze, anche
se in una posizione.. come definirla.. free - lance.
Dopo quel fallimento, comunque, Arles aveva deciso di cambiare tattica e
quella sfida era la sua nuova mossa. Conoscendo le capacità di quella
mente malata, per quanto azzardata potesse sembrare, quella decisione era
stata sicuramente ponderata a fondo e il risultato doveva essere
tremendamente insidioso.
Ikki si fermò e alzò la testa verso il cielo sereno.
Accidenti, si profilavano tempi duri e un sacco di fastidi. Forse sarebbe
stato meglio tagliare la corda al più presto. In fondo che c'entrava con
tutta quella storia di merda.
Una volta Arles gli aveva detto che se fosse stato vivo il nonno di milady
uno come lui non sarebbe mai riuscito nemmeno ad avvicinarsi a un dojo dei
Saint.
Certo, però, se era riuscito ad entrarci Arles.. Ma no, non c'era nemmeno
paragone! Aveva visto coi suoi occhi il Grande Maestro in piena recita.
Sembrava un angelo sceso dal cielo. Poteva darla a bere a chiunque, quel
bastardo ipocrita, mentre Ikki.. be'.. ad Ikki gli si leggeva in faccia
quello che era.
Sbuffò irritato e riprese a camminare. In fondo era davvero curioso di
vedere come sarebbe andata a finire.. ad andarsene, in ogni caso, era
sempre in tempo, se le cose si mettevano proprio male. Per il momento
sarebbe rimasto, almeno solo per vedere quale decisione suicida avrebbero
preso i Bronze nella riunione di quella sera.
*****
Ikki arrivò al S. George, la sede della fondazione Kido, con appena dieci
minuti di ritardo. Il maggiordomo lo fece subito passare nella grande sala
delle conferenze, affollata di giovani dai giubbotti neri su cui
spiccavano i simboli diversi, ma tutti di colore brunito.
I Bronze sembravano già numerosi, la maggior parte di loro erano seduti
intorno un lungo tavolo massiccio e lucido, altri se ne stavano in piedi,
chi accanto alle finestre, chi vicino alla porta, a chiacchierare
tranquillamente a piccoli gruppi. Lady Saori non era ancora arrivata e
questo significava che non erano ancora tutti presenti. La ragazza infatti
li avrebbe raggiunti solo quando qualcuno dei suoi lacchè l'avrebbe
avvertita che l'adunanza era al completo.
Ikki per un attimo pensò di essere lui l'atteso, ma si rassicurò quando
vide che nessuno degnava di attenzione il suo ingresso.
La sala a differenza del resto della grande villa, era arredata in uno
stile ultramoderno, con l'aspetto di un vero e proprio centro di affari.
Vi erano persino schermi per le videoconferenze, microfoni e segnaposti
elettronici. Le grandi vetrate a specchio non riflettevano nulla del
luminoso tramonto che ornava l'esterno.
Ikki vide che gli atleti più in vista fra i Bronze erano già tutti
seduti ai loro posti intorno al tavolo, come a voler dare esempio di
compostezza e perfetta disciplina. In posizione di preminenza,
praticamente alla destra di lady Saori, scorse Seiya, un ragazzo
giapponese sul quale, alla prima occhiata, nessuno avrebbe scommesso un
soldo, ma la cui testardaggine, pari solo alla sfrontatezza, e un puro
istinto da combattente lo rendeva un avversario temibile.
Accanto a lui notò i capelli biondo pallido di Hyoga, il russo dallo
sguardo di ghiaccio, e subito dopo un posto vuoto. Ikki sperò che non
fosse quello assegnato a lui. Infatti, Ikki e Hyoga di erano detestati fin
dal primo momento in cui si erano visti e anche adesso il biondo non aveva
del tutto superato la diffidenza nei suoi riguardi. Però lady Saori
questo lo sapeva benissimo e non avrebbe certo commesso l'errore di farli
sedere l'uno vicino all'altro.
Cercò con lo sguardo un altro posto e notò con sollievo che proprio di
fronte a Hyoga un'altra sedia era libera. Si avvicinò e lesse il suo nome
sul display elettronico. Si accorse, con piacere, che alla sua sinistra
avrebbe avuto Shiryu, il Saint del dragone. Si sedette accanto a lui e gli
rivolse un leggero sorriso di saluto. Shiryu era uno delle poche persone
che Ikki stimava sinceramente e non solo come maestro d'arti marziali.
Ammirava la sua calma e la capacità di mantenere il sangue freddo in ogni
situazione, anche se si sarebbe fatto spellare vivo prima di ammetterlo a
voce alta.
"Salve, Ikki, è un po' che non ci si vede," disse il ragazzo
spostando su di lui gli occhi espressivi, allungati verso le tempie.
Ikki praticamente si sdraiò sulla sedia, con le mani intrecciate dietro
la testa e le gambe allungate in avanti.
"Salve, a quanto pare non sono l'ultimo. Chi stiamo aspettando? A
parte sua signoria, naturalmente."
Shiryu si guardò attorno, facendo un rapido calcolo.
"Eppure, mi sembra che ci siamo tutti.. No, aspetta, manca Shun."
"---?"
"E' il fratello minore di Hyoga.. il Saint di Andromeda.. dai, non è
possibile che tu non lo conosca, ha partecipato al torneo in cui tu hai
tentato di.." e si interruppe imbarazzato.
".. fregarvi il trofeo." Finì Ikki al posto suo ridendo.
"Puoi dirlo pure Shiryu, non offendi mica la mia delicata sensibilità."
L'altro lo guardò sorridendo rasserenato, e gli diede una stretta
gentile al braccio.
"Lo sai che per me è storia vecchia." Gli disse con tono
confidenziale.
Ikki si strinse nelle spalle e cominciò, per darsi un contegno, a far
dondolare avanti ed indietro la sedia.
Shiryu era sempre troppo dannatamente gentile con lui e la cosa non
mancava di imbarazzarlo, un po' perché non c'era abituato, e un po' perché
temeva di non meritarlo.
"Se dovessi ricordarmi di tutti quelli che stavano al torneo..".
iniziò, cercando di cambiare discorso.
Ma le parole gli morirono in gola, perché in quell'esatto istante la
porta della sala si aprì ed entrò l'apparizione di quella mattina:
l'angelo dai capelli verdi. Ikki per poco non cadde lungo disteso sul
pavimento.
Sbatté le palpebre una o due volte, temendo di essere preda di
un'allucinazione, ma la figura leggera ed elegante non sparì. Rimase per
un attimo sulla soglia, perlustrando la sala con uno sguardo lievemente
ansioso, poi improvvisamente sorrise.
Ikki per poco non si strozzò con la sua stessa saliva.
Il modo di sorridere di quel volto era.. era..
Accidenti, il mondo poteva andare in frantumi per un sorriso simile.
L'apparizione si diresse con passo agile verso il centro della stanza,
dritto verso il posto vuoto accanto a Hyoga. Il biondo in quel momento
stava parlando con Seiya e non si accorse subito della nuova
presenza accanto a lui. L'angelo, gli posò una mano sul braccio. Hyoga
sussultò e si voltò, leggermente allarmato. Poi, appena vide di chi si
trattava, sorrise a sua volta con un calore di cui Ikki non lo avrebbe mai
creduto capace.
Una fitta di disappunto lo sorprese. Accidenti, non è che fra tutte le
persone al mondo l'apparizione era proprio la ragazza di quel ghiacciolo
ambulante di Hyoga.
Decise di tastare il terreno con Shiryu
"Non credevo ci fossero donne tra i Bronze," gli disse,
prendendo la cosa un po' alla lontana.
"Infatti, non ce ne sono. Ce n'è qualcuna fra i Silver, ma nessuna
fra i Gold e i Bronze."
"Ma allora quella chi è?" chiese Ikki, indicando col mento la
visione davanti a lui.
Shiryu si voltò nella direzione indicata, e rise.
"Ma quella non è una donna. E' Shun, il fratello di Hyoga."
"Un ragazzo?!?!?!"
"Proprio così, un ragazzo."
Ikki guardò davanti a sé con una smorfia di disappunto stampata sulla
faccia, anche se aveva già sospettato quella possibilità. Infatti,
quella mattina si era messo a seguirlo proprio per accertarsene, ma da
quando era entrato nella sala, per qualche motivo si era convinto che
fosse decisamente di sesso femminile, forse a causa della figura di donna
stampata sul suo giubbotto.
"Ma è.. normale?" chiese e se ne pentì subito, perché
esattamente in quel momento nella sala entrò lady Saori e tutti tacquero
di colpo, cosicché la sua domanda risuonò chiara nel silenzio generale.
Il ragazzo dai capelli verdi si limitò a voltarsi verso di lui con un
volto tranquillo e lo degnò di lunga, calma occhiata.
Be', dopotutto lui forse non aveva capito a cosa si stesse riferendo, ma
sicuramente avevano capito altri lì vicino, e soprattutto aveva capito
benissimo Hyoga.
Il russo, infatti, lo trafisse con le sue pupille color ghiaccio. Sembrava
decisamente furibondo e desideroso di dire qualcosa.. qualcosa di non
molto gentile.
Fortunatamente lady Saori prese immediatamente la parola e la riunione
iniziò.
******
Così dopotutto l'apparizione era proprio un ragazzo.
Maledizione che sfortuna! Ikki lo guardò sottecchi mentre viaggiavano
l'uno a fianco dell'altro, nella limousine di Lady Saori.
Quando la mattina lo aveva perso tra la folla Ikki non si sarebbe mai
aspettato di rivederlo così presto, né tantomeno di ritrovarsi da solo
con lui quella sera stessa. Ma era un ordine di lady Saori al quale per
una volta lui aveva ubbidito volentieri. Naturalmente solo perché era
davvero incuriosito di quello strano personaggio, si era detto e
continuava a dirsi lungo la strada, per nessun altro motivo al mondo che
quello.
Durante la riunione sua signoria aveva spiegato i termini della sfida di
Arles. Si era seduta a capotavola, con quella sua solita aria da bambola
viziata e aveva cominciato a parlare con un accento di calma nella vocetta
ancora infantile. Ikki si era guardato attorno e aveva calcolato che
l'età media delle persone riunite in quella stanza non superava i
vent'anni. Sembravano un mucchio di bambini che giocavano ad una qualche
guerra dei bottoni. Peccato che in ballo ci fosse qualcosa di molto serio,
come un mucchio enorme di denaro e di potere. E proprio per questo i
termini della sfida di Arles apparivano ancora più assurdi. Quell'uomo
aveva deciso di giocare sporco una volta di più e per giunta con un gusto
da gatto che tormenta allegramente la sua preda.
Secondo la sua proposta, i Bronze e i Gold si sarebbero affrontati in un
torneo che avrebbe deciso della sorte dei dojo. Se la squadra dei Bronze
avesse vinto, i Gold e i Silver sarebbero tornati in seno all'associazione
sotto il comando diretto di lady Saori. Se avessero perso sarebbe stata la
fine. Ella avrebbe dovuto rassegnare le dimissioni e sciogliere
l'associazione dei Bronze. Tutto sarebbe dipeso da quel momento in poi da
Arles, che avrebbe acquisito così i pieni poteri su tutti i Saint e su
tutti i dojo, con la possibilità di modificare ad arbitrio qualsiasi
articolo del regolamento originale.
Erano delle proposte talmente ridicole che uno dei ragazzi aveva suggerito
di rispedirle al mittente accompagnate da una pernacchia. Tutti loro
sapevano di non avere speranze in un combattimento diretto. E se anche
Arles prometteva la neutralità dei Silver, non è che significasse un
granché, quando uno qualsiasi dei
Gold aveva la capacità di battere i migliori tra i Bronze alzando appena
un dito.
Ma Arles aveva previsto anche la possibilità di un rifiuto ed infatti la
sua lettera terminava con una serie di ben calcolate minacce. Se i Bronze
non si fossero presentati al torneo sarebbe cominciata una guerra senza
quartiere e i Gold insieme ai Silver avrebbero attaccato i Bronze ovunque,
fino a cancellarli dalla faccia della terra.
Ikki conosceva abbastanza bene Arles per sapere che la promessa sarebbe
stata mantenuta e anche lady Saori era del suo parere. Uno scontro faccia
a faccia era forse un suicidio, ma almeno aveva una sua dignità. Su
questo alla fine tutti i Bronze avevano acconsentito, e la sfida era stata
accettata all'unanimità.
Subito dopo lady Saori aveva cominciato a dare una serie di disposizioni.
Nel suo messaggio Arles aveva dichiarato che per lealtà (e a quelle
parole Ikki e parecchi altri avevano sorriso) avrebbe concesso ai Bronze
un mese intero per allenarsi e per organizzarsi, ma aveva anche ribadito,
se ce ne fosse stato bisogno, che non avrebbe concesso nessun altro
vantaggio ai suoi avversari, neppure in nome della loro indiscussa
inferiorità. Tutto si sarebbe svolto su un piano di parità perfetta, così
nessuno sarebbe stato umiliato (Ikki riusciva quasi ad immaginare il
ghigno di divertimento sul volto di Arles mentre scriveva quelle ultime
parole).
Quel mese di tempo non era che un'ennesima presa per i fondelli, tutti ne
erano consapevoli, ma lady Saori aveva affermato che potevano essere
sfruttati in altro modo a parte gli allenamenti. I Bronze, dichiarò,
avevano bisogno di alleati. Affermò di essere quasi sicura che almeno due
dei Gold, Libra e Ariete, ai quali Arles non stava affatto simpatico,
avrebbero mantenuto un atteggiamento di neutralità. Se si fosse riusciti
a convincerli a combattere al torneo dalla parte dei Bronze, potevano
anche cominciare a nutrire qualche speranza. Il mese a disposizione doveva
essere utilizzato anche per intessere una salda ragnatela diplomatica
intorno ai due.
Poi si era passati al problema dell'equipaggiamento.
La ragazza aveva detto di non essere del tutto sicura del comportamento
che nei giorni successivi avrebbero tenuto i Gold e i Silver.
L'accettazione della sfida non era di per sé un garanzia d'incolumità
per loro.
Anzi, nonostante l'evidente superiorità, era anche possibile che Arles
mandasse qualcuno dei suoi fedelissimi a colpire i Bronze a tradimento. La
posta era troppo grande per aspettarsi che il Grande Maestro giocasse in
maniera leale. Per questo motivo ognuno di loro doveva spostarsi il meno,
e il più velocemente possibile. Su l'ultimo fronte, in effetti, non
c'erano particolari problemi, perché nei mesi scorsi lady Saori aveva
provveduto a dotare di mezzi di locomozione tutti i Bronze Saint. Tutti,
cioè, tranne due.
E a queste parole la sala al completo avevano puntato lo sguardo su Ikki e
Shun. Così il Saint della fenice aveva scoperto di essere uno dei
due unici Bronze a cui non era stata ancora regalata una moto ultimo
modello. Per giunta era evidente che divideva quell'indubbia prova di
fiducia con il fratellino minore di Hyoga, quello Shun dagli occhioni
languidi.
La cosa lo aveva colpito come un'offesa ed era stato davvero sul punto di
dirne quattro a sua signoria. Ma le parole gli morirono in
gola al pensiero improvviso di come doveva sentirsi l'altro a sapere di
essere trattato alla stessa stregua di mezzo rinnegato come lui.
Aveva guardato il ragazzo dai capelli verdi e quello gli aveva restituito
uno sguardo assolutamente calmo ed innocente, privo di qualsiasi rancore.
Accidenti a lui! Quel moccioso pareva immune a qualunque forma di ira o
risentimento. Come diavolo avesse fatto un tipo simile a diventare un
Saint proprio non riusciva a comprenderlo. Certo se fosse stato tra i
Silver non sarebbe stato difficile immaginare che la sua bellezza femminea
lo avesse favorito, visto che Arles era abbastanza sensibile a quel genere
di cose. Ma lady Saori era davvero una ragazzetta innocente e poi sembrava
avere un debole per Seiya e questo dimostrava che preferiva tutt'altro
tipo di ragazzi.
Possibile che fossero state fatte delle particolarità nei suoi riguardi
solo perché era il fratello di Hyoga?
Ad ogni modo, milady, dall'alto della sua bontà, aveva deciso di riparare
a quell'enorme ingiustizia quella sera stessa, e non appena
dichiarata chiusa la seduta, aveva subito telefonato personalmente al
miglior rivenditore di motociclette della città.
Ikki, in quell'occasione, aveva avuto un'ennesima prova del potere del
denaro. Infatti, benché fosse passata da un pezzo l'orario di chiusura e
benché l'ordine partisse senza alcun preavviso, il negoziante si era
messo subito a disposizione. Si era persino offerto di consegnare la merce
a domicilio, ma la ragazza aveva replicato con decisione che sarebbe stato
più pratico e veloce che i beneficiari andassero di persona a scegliere
ciò che preferivano. E con quello il discorso venne considerato chiuso.
Ikki si era sorpreso a pensare che a volte comprendeva fin troppo bene
l'ambizione di Arles.
Comunque adesso si ritrovava a viaggiare per la città illuminata,
comodamente adagiato su sedili in vera pelle, di una auto di extra -
lusso, diretto verso il negozio di moto. E si stava godendo con vero
piacere il tragitto, in quell'abitacolo soffusamente illuminato, che era
più grande del bagno che in istituto aveva diviso con altre cinque
persone.
E con accanto quello strano, incredibile ragazzo.
Shun visto da vicino era, se possibile, ancora più bello. La sua pelle
diafana, era talmente chiara da far risaltare il disegno delicato
delle vene azzurrine sulle tempie. Le folte ciglia disegnavano ombre sulle
guance tenere e la curva della bocca aveva un delizioso color pesca.
La cosa più stupefacente, però, era l'espressione del viso, dolce e
malinconica come quella di un angelo triste.. o forse..
Ikki improvvisamente ricordò dove aveva visto un'espressione simile.
Una volta l'orfanotrofio, dove aveva vissuto fino a che aveva deciso che
era troppo adulto per farsi nutrire dallo stato, aveva organizzato un
corso di pittura e lui era stato costretto a partecipare come punizione di
non ricordava più quale misfatto. Oltre a scarabocchiare fogli e ad
imbrattare tele, un'ora alla settimana era dedicata alla storia dell'arte.
Un supplizio spaventoso a suo parere, ma di tanto in tanto si era anche
divertito. Ricordava, per esempio, che una volta avevano studiato il
quadro di un italiano morto un sacco di tempo fa, che rappresentava un
martire di nome Sebastiano. Questo tizio, aveva spiegato l'insegnate, era
un giovane soldato dei tempi antichi, che si era rifiutato di rinnegare la
sua fede. Per questo motivo i suoi compagni lo avevano legato ad un palo e
lo avevano colpito con un mucchio di frecce, tutte in punti non vitali,
lasciandolo lì a dissanguare.
Ikki era rimasto molto impressionato dal racconto e aveva subito deciso
che quel Sebastiano gli andava decisamente a genio, nonostante il fatto
che il quadro fosse del tutto deludente. Lui si era aspettato qualcosa di
truculento, con litri di sangue che scorrevano da ferite larghe come
bocche di pescecani.
Ed invece si era ritrovato ad ammirare un paesaggio dolcissimo, con un
albero rigoglioso piantato in mezzo, a cui era legato un languido ragazzo,
di una bellezza efebica. Solo due o tre frecce deturpavano il suo corpo
perfetto, e una di esse gli aveva attraversava la gola da parte a parte,
come se la sua carne pallida avesse la stessa morbidezza del burro.
Il santo aveva il volto reclinato verso l'alto ad accogliere una corona
d'oro che una creatura alata gli porgeva in volo. Il suo viso non mostrava
sofferenza, ma solo una composta tristezza. Sembrava che guardasse
all'orrore della propria morte come ad un fatto avvenuto da tanto di quel
tempo che aveva finito per serbarne ormai solo un malinconico ricordo.
Be', nello sguardo di Shun si poteva leggere la medesima ombra di dolore,
un'unica lieve ombra in mezzo a tutta quella luce..
"Non ti pare di esagerare." La voce del ragazzo dai capelli
verdi lo fece sobbalzare. Ikki strabuzzò gli occhi. <E che diavolo>
pensò esterrefatto, <Cosa fa, questo qui, legge nel pensiero?>
"Che c'è? Cosa ho fatto?" chiese, tentando di recuperare il suo
sangue freddo.
"E' un'ora che stai a fissarmi. Se c'è qualcosa che non ti piace nel
mio aspetto fammelo sapere subito e facciamola finita."
Ikki, sospirò di sollievo. Poi lo soppesò dubbioso.
"Non so," disse " E' che non hai l'aria di uno a cui piace
menare le mani."
"Ti stai ancora chiedendo se sono normale?." domandò l'altro
tranquillamente.
Ikki arrossì fino alla radice dei capelli e si lasciò sfuggire
un'occhiata colpevole. Allora aveva capito..
"Sì, ti ho sentito," confermò il ragazzo "ma a me non me
ne importa niente di quello che si pensa di me e del mio aspetto."
"Uh - uh. Come ti pare." Ikki non aveva nessuna intenzione di
scusarsi "Comunque se sei entrato a far parte dei Bronze per
dimostrare che sei un vero macho, non ti sei certo scelto il simbolo più
adatto."
Shun guardò l'immagine impressa sul lato sinistro del suo giubbotto.
"E' Andromeda," disse senza alcuna traccia di ira nella voce,
"E' un segno carico d'onore che rappresenta il sacrificio di.. ma tu
non puoi capire.."
Ikki, osservò con maggiore attenzione l'emblema brunito e si accorse che
la donna era legata con delle catene a quella che sembrava una
specie di roccia. La sua figura era appena abbozzata, eppure proveniva da
essa un'aura di profonda solitudine e gelida lontananza. Ikki ne fu
stranamente colpito. Per un attimo ebbe l'impressione di avere già visto
qualcosa di simile, anche se appena cercò di ricordare l'immagine gli
sfuggì di colpo, lasciandogli la percezione di qualcosa di sgradevole,
come il gravare di un'oscura minaccia. Cercò di scacciare la sensazione,
con un moto di fastidio, ma per qualche ignoto motivo si accorse di non
riuscire a staccare gli occhi dal simbolo color bronzo. E mentre suo
malgrado continuava a contemplarlo, all'improvviso un'altra scena si
sovrappose ad esso.
Era la visione di Shun mortalmente pallido, disteso per terra, con
un'assurda rosa conficcata in mezzo al petto. Un'enorme quantità di
sangue, quale non avrebbe mai pensato che un corpo potesse contenere,
sgorgava da quella ferita e il terreno sembrava berlo avidamente.
Ikki sapeva che si trattava di un'allucinazione eppure, nello stesso
tempo, la sentì concreta e oggettiva, come la percezione del sedile di
pelle sotto di sé. In quel momento cominciò ad avvertire una strana
fitta al petto, una sofferenza lancinante ed assurda, che era come la
reminiscenza di qualcosa di orrendo, come il riaprirsi di una ferita
mai rimarginata. Dovette piegarsi in due per il dolore che gli si schiuse
in fondo alle viscere e sentì il suo corpo ricoprirsi di un sudore
gelido. Il mondo intorno a lui cominciò ad oscurarsi.. un minuto ancora e
quella spaventosa visione sarebbe diventata l'unica cosa vera al mondo..,
pensò assurdamente, un minuto ancora e niente del suo mondo sarebbe più
stato reale..
"Ikki, Ikki" la voce di Shun gli arrivò proveniente da una
distanza inimmaginabile, perduta nello spazio e nel tempo e l'angoscia di
una solitudine senza rimedio lo afferrò alla gola, riempiendogli la bocca
di un sapore amaro e ferroso, come se stesse soffocando nel sangue.
Accolse con un ultimo pensiero di panico assoluto il buio che si chiudeva
sopra di lui.]
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Mi sveglio nell'oscurità totale. Per qualche lunghissimo secondo la mia
mente è completamente annebbiata. Poi pian piano i contorni delle cose
cominciano a tornare familiari.
La mia vecchia stanza al S. George..
Devo essermi addormentato nel pomeriggio e adesso è già sera, ed
è anche tardi, a giudicare dalla posizione delle stelle che intravedo
dalla finestra.
Mi sollevo a fatica. Accidenti! Mi sembra che mi sia passato addosso un
autotreno. Non c'è un solo osso del mio corpo che non mi faccia male. E
questo senso d'intontimento che non accenna a diminuire...
Il sogno..
Il ricordo torna lentamente alla mia memoria appannata, mentre me ne sto
al buio a contemplare con sgomento il cielo nero oltre la finestra. Non mi
era mai capitato in tutta la mia vita di sognare in maniera così
vivida, così ricca di minuziosi particolari. E' stato tutto così reale,
che adesso è persino difficile dire se sono davvero sveglio o se anche
questo non è che sogno. Magari, chissà, quello di un altro Ikki..
Un improvviso suono stridulo mi fa sobbalzare.
L'interfono. .
Mi alzo dal letto e schiaccio il bottone di collegamento dell'apparecchio
sulla scrivania. Sul piccolo schermo appare il volto di mio fratello.
"Ikki, cosa fai? Stiamo aspettando tutti te."
"Uh? Aspettando..?"
La sua faccia ha un'espressione stupita.
"Ikki, è ora di cena! Anzi è già passata da un pezzo."
"Ah, sì.. certo.. la cena."
"Cosa ti succede? Stai male?"
Il suo tono è subito allarmato.
"No, sto benissimo. Mi ero solo appisolato. Sto scendendo."
Dico, e tolgo bruscamente la comunicazione.
Fine parte I
La mistica guerra dei Saint contro Arles trasformata in una scaramuccia
tra dojo ^_^ Avrò esagerato? Non arrabbiatevi, vi assicuro che c'è un
motivo. Magari mi lincerete alla fine della storia. Per ora lasciate che
vada avanti, dopo si fa più interessante, o almeno lo spero.
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