Disclaimers: i personaggi di Saint Seiya non sono miei ma di un sacco di gente geniale. Io me ne approprio indegnamente per puro e semplice divertimento. Se decidete di farmi causa lo stesso, sappiate che lo fate anche voi per puro e semplice divertimento, perché non ho una lira da spremere.
Note: all'interno delle parentesi quadre comincia l'universo alternativo.
 


Il sogno della farfalla

di Petra

parte I


La guerra contro Arles è terminata da poco più di un mese e già comincio a sentirmi fuori posto qui, a Nuova Luxor, nella grande villa di lady Saori Kido. Me ne andrò appena le mie ferite saranno del tutto rimarginate e avrò ripreso completamente le forze. 
Ho trascorso tre settimane nell'ospedale della fondazione, attorniato da medici dall'aria preoccupata, all'inizio, e poi, man mano che riprendevo vigore, sempre più stupita. Mi hanno dimesso già da sette giorni e per la convalescenza milady mi ha assegnato la mia vecchia stanza al S.George. Ritornare qui è come aprire uno squarcio nel tessuto del tempo e ripiombare di colpo nel passato.
Questa cosa mi rende inquieto. Non mi piace ricordare la mia infanzia, anche se gli anni trascorsi in questa casa, tra lo studio continuo, gli allenamenti sfibranti e le punizioni, sono i più sereni della mia vita. Stranamente mi è più facile ritornare con la mente al tempo dell'Isola della Regina Nera. Tra me e quei ricordi c'è almeno l'odio a fare da scudo..

Me ne andrò molto presto, questo è sicuro, ma per il momento cerco di godermi un po' di  pace, seduto sul davanzale della mia stanza a contemplare il sole che tramonta su questa specie di eden di lusso, in un pomeriggio di piena estate.
Dal prato mi arrivano voci allegre miste a risate. Mio fratello corre sull'erba con una palla ovale stretta sotto il braccio, inseguito da Hyoga e Seiya. Loro sono più veloci ma Shun è molto più agile. Nel momento in cui Hyoga sta per placcarlo, lui spicca un balzo in avanti e atterra prono oltre la linea bianca.
"E' meta!! E' meta!!" urla Syrius. Poi lui e mio fratello improvvisano una specie di danza di guerra .
Ragazzi che approfittano di un bel pomeriggio di sole per scatenarsi e per giocare. Niente di più normale sotto ogni cielo di questo mondo. Niente di più normale per chiunque.

A me fa quasi paura..

Però sono contento di vedere che Shun si muove bene, è sciolto e leggero, solo il suo braccio sinistro sembra ancora un po' rigido. La sua guarigione ha davvero del miracoloso, lui che fra tutti noi era probabilmente quello ridotto peggio.
All'improvviso, mi assale l'immagine del suo corpo pallido, disteso in mezzo ad un mucchio di fiori, con una rosa disgustosa piantata in mezzo al petto..
Se non ci fosse stata la necessità assoluta di farla finita per sempre con Arles, mi sarei fermato a fare a brani il cadavere di quel maiale di Pisces. Lo avrei calpestato sotto i piedi, fino a ridurre quella sua bella faccia da puttana d'alto bordo in un ammasso di carne sanguinate..

"Ikki, che succede?!?! C'è qualche pericolo?!!!"
La nota di allarme nella voce di Shun mi scuote dai miei pensieri. Sul prato i ragazzi si sono bloccati all'improvviso e i loro visi sono rivolti verso la mia finestra. Solo adesso mi accorgo di aver involontariamente cominciato ad espandere il mio cosmo. Non del tutto, ma quel tanto che è bastato a mettere in allarme i miei compagni.
Respiro profondamente lasciando che ogni fibra del mio corpo si rilassi.
"Non è niente," dico, "Stavo solo.. stavo solo.. facendo una prova."
Si guardano l'un l'altro e parlottano. Sono troppo lontani perché possa vedere l'espressione dei loro volti, ma mi arriva qualche frase smozzicata.
"..spavento.."
".. fanatico di.."
".. una doccia fredda, magari.."
"V'affanculo, Ikki." Sbotta alla fine Seiya, rivolto direttamente verso di me e accompagnando l'augurio con un gesto non proprio da cavaliere.
Non raccolgo la provocazione, né tento minimamente di scusarmi, semplicemente mi stringo nelle spalle e loro riprendono a giocare.
In quel momento vedo Hyoga avvicinarsi a mio fratello, che è rimasto immobile a guardare verso l'alto con aria preoccupata. Gli mette un braccio intorno alla vita e se lo trascina dietro, convincendolo a riprendere la partita.
Sempre così. Da quando Shun lo ha salvato da quella bara di ghiaccio, con la scusa della gratitudine, quel damerino platinato non perde occasione per mettergli le mani addosso. E dire che lo ha sempre trattato come un peso morto da trascinarsi dietro. Lui come tutti gli altri, del resto .. Ma possono ingannare chiunque, anche loro stessi, con certe arie di sufficienza, non me, che li conosco meglio di quanto avrebbero potuto le loro care mammine, se solo fossero ancora vive. E non è solo perché sono il cavaliere Phoenix, ma piuttosto per una questione d'abitudine. Quando uno ha passato buona parte della sua esistenza a sopportare certi sguardi incantati rivolti verso il proprio fratello più piccolo, certi sorrisini tra il compiaciuto e l'imbarazzato, o addirittura certi approcci, apparentemente così amichevoli e invece a doppio senso, sempre a doppio senso, impara suo malgrado a leggere il desiderio degli altri come in un libro aperto.
Al contrario di me, Shun è sempre passato in mezzo a tutto ciò senza fare una piega, come se non s'accorgesse neanche dell'impressione che suscita nella gente, o come se non gli importasse.. peccato che la sua indifferenza abbia lo stesso effetto del vento che soffia su un incendio..

Dio del cielo, come li odio tutti!
E come odio anche lui, se solo penso che prima o poi, verso qualcuno cesserà di essere indifferente. So che potrei ammazzare a mani nude questo qualcuno..

Balzo giù dal davanzale e chiudo con tale violenza la finestra che i vetri tintinnano..
Quel rumore mi riporta alla realtà. Devo calmarmi.. non posso mettere in agitazione tutta la villa per delle semplici fantasie.
Mi siedo sul letto e comincio a respirare. Uno, due, tre volte, profondamente.. Sento i battiti del cuore rallentare e i nervi rilassarsi. Contemporaneamente m'invade un profondo senso di stanchezza, insieme al solito disgusto di me stesso e dell'universo intero.
Non posso continuare a rimanere qui, devo andarmene al più presto.
Domani.., me ne andrò domani, ma ora sono così stanco, voglio solo chiudere gli occhi e cessare di pensare.. vorrei che la mia mente la smettesse di girare a vuoto.. forse vorrei essere morto..

UN'ALTRA VOLTA?!?!

Il pensiero è arrivato prima che potessi trattenerlo e suscita in me un moto irresistibile di ilarità. Mi butto carponi sul letto, il corpo scosso dalle risate a stento trattenute. Mio dio! È così buffo! Il mio karma è la cosa più ridicola che sia mai stata escogitata. Dimostra che a reggere questo universo non è alcuna dea della giustizia, ma qualche demente con un senso dell'umorismo a dir poco bizzarro. Quella stupida ragazzina s'illude, e basta, di  tenere in mano le sorti del mondo e noi siamo più scemi di lei a darle retta.
Sono costretto a mordere il copriletto per evitare che la mia risata risuoni per tutta la villa, dando così la prova definitiva a chi non aspetta altro, che sono completamente pazzo.
Quando smetto di ridere sono ancora più stanco di prima. Mi sdraio supino, con le braccia dietro la nuca e rimango lì a guardare il soffitto bianco. Lascio che la mia mente diventi leggera e cominci a vagare liberamente dietro fantasie ed immagini che a stento riesco ad afferrare.

Certo, che se avessi potuto decidere io della mia vita, sarebbe stata del tutto diversa. Se avessi potuto decidere io, per prima cosa avrei fatto un bel regalino a Hyoga. Visto che ci tiene tanto ad essere così pieno di fraterne premure con Shun, glielo avrei appioppato volentieri. Così saprebbe cosa significa essere il fratello dell'unica creatura capace di fare del mondo un luogo in cui Arles avrebbe orrore a vivere.

All'improvviso avverto uno strano brivido di freddo e contemporaneamente mi assale una sonnolenza irresistibile. Si vede che sono ancora lontano dall'aver riacquistato tutte le forze. Mi avvolgo nel lenzuolo e mi rannicchio contro il cuscino, sbadigliando.

.. se  Shun non fosse mio fratello..
Se fossimo due estranei qualunque che s'incontrano per caso.. Una mattina uscirei di casa, per un qualsiasi stupido motivo, come uno stupido ragazzo qualunque, convinto che il mondo giri intorno a quelle quattro beghe da mocciosi nelle quali sarei sicuramente invischiato. Respirerei la brezza del mattino e non sentirei nient'altro che quella lieve euforia che ti danno le prime belle giornate dopo un inverno grigio.
Nessun presentimento, nessun ricordo da dimenticare, nessun senso di colpa..
Camminerei in mezzo alla folla del centro di Nuova Luxor, convinto di avere il futuro in tasca. E poi il mio sguardo si poserebbe sul negozio dall'altro lato del marciapiede. E lui sarebbe lì, davanti a me, avvolto nella sua solita luce.

La scena è talmente viva ai miei occhi, che sembra reale.. posso vedere ogni particolare, sentire i suoni.. gli odori..

Shun indossa quei suoi soliti vestiti da quattro soldi e ha quella consueta aria un po' svagata. E' fermo davanti ad una vetrina, come ad ammirare il suo riflesso e la gente gli passa accanto indaffarata, degnandolo appena di uno sguardo, toccata forse per un attimo da quella specie di apparizione angelica, per dimenticarlo un momento dopo, assorbita dal rumore di sottofondo.
Per me invece è come sbattere contro un muro. Mi blocco all'istante e rimango a guardarlo a bocca aperta, come uno stupido pesce. A quel punto lui istintivamente si gira verso di me e i nostri occhi si incontrano.. per un attimo.. si incontrano.. per un attimo.. e poi..  poi..

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[L'apparizione dai capelli verdi si allontanò senza fretta. La sua figura delicata ed elegante stava già per perdersi tra la folla, quando il ragazzo alto col disegno di una fenice stampato sopra il giubbotto di pelle nera, si riscosse dal torpore che lo aveva immobilizzato e scattò in avanti. Era deciso a non perderla di vista, e soprattutto era  deciso a scoprire se fosse di sesso maschile (ahimè) o femminile (slurp), perché la cosa non era del tutto chiara a quella distanza.
L'angelo intanto aveva già attraversato la strada, mentre il ragazzo bruno fu bloccato dal semaforo rosso. Imprecando ad alta voce, stava per buttarsi ugualmente in mezzo al traffico, quando una motocicletta gli tagliò la strada e si fermò davanti a lui, con uno stridio di gomme.
"Levati di mezzo, coglione," urlò il ragazzo, ma il motociclista si tolse il casco, rivelando una massa disordinata di capelli biondo chiaro e gli puntò addosso un paio di corruscati occhi color ghiaccio.
Solo allora notò che l'altro indossava un giubbotto simile al suo, con sopra stampato un cigno color bronzo.
"Che cazzo vuoi Hyoga?" gli disse con rabbia.
"Ti stavo cercando, Ikki. Anzi, a dire il vero è da due giorni che tutti quanti ti cercano. Si può sapere dove ti vai a rintanare..?
"Fattacci miei" rispose il ragazzo della fenice distrattamente, perlustrando con lo sguardo il marciapiede di fronte. Niente da fare, i capelli verdi non erano più in vista. Ikki sentì che avrebbe volentieri strozzato quell'idiota di un russo.
"Senti, Hyoga, ho fretta. Se devi dirmi qualcosa spicciati."
"Arles ci ha sfidati tutti" disse il biondo "Ha mandato una lettera a lady Saori. Stasera dobbiamo riunirci alla fondazione per decidere sul da farsi." 
L'espressione di Ikki a quella notizia fu molto eloquente, una smorfia tra il disgusto e il preoccupato si disegnò sul suo volto.
"Guarda che se non te la senti di metterti contro il tuo ex datore di lavoro basta che tu lo dica, nessuno ti costringe, sai?"
Ikki arrossì come se lo avessero schiaffeggiato, ma si riprese subito e un sorriso sarcastico gli tirò le labbra.
"Come no! Così Arles e i Gold Saint vi fanno a pezzettini. Non fare lo sbruffone Hyoga, lo sai benissimo che senza di me non avete nessuna possibilità di uscirne vivi."
Il bel volto del ragazzo biondo si imbronciò, ma non rispose. Indossò di nuovo il casco e diede gas al motore.
"Ci vediamo stasera, Ikki, alle sette in punto. Cerca di essere puntuale, non abbiamo tempo da perdere con entrate in scena da primadonna." E prima che Ikki potesse ribattere corse via rombando.
Il ragazzo della fenice rimase a guardarlo andar via dal ciglio del marciapiede, i lineamenti tirati da una specie di cupa ansia. Le cose stavano marciando troppo in fretta e prendevano decisamente una brutta piega.
Accidenti a lui e a quando si era lasciato invischiare in tutta quella storia, disse a se stesso, ricominciando a camminare.

Il suo ex-datore di lavoro.. Era un po' esagerato definire Arles in quel modo, ma nemmeno del tutto sbagliato. In effetti Ikki aveva lavorato per lui qualche mese prima, quando era arrivato a Nuova Luxor, prima che quel bastardo tentasse di fregarlo. 
Arles era davvero l'essere più viscido e privo di morale che Ikki avesse mai conosciuto (a parte che era completamente pazzo, fatto che erano in pochi a sospettare), ma non è che la cosa lo avesse particolarmente preoccupato al principio, soprattutto fino a che quello l'aveva tenuto in ballo con la promessa di farlo entrata fra i Gold Saint. Ci aveva messo un bel po' a capire che non aveva alcuna intenzione di mantenere la sua parola, ma quando finalmente c'era arrivato i loro rapporti di.. ehm.. lavoro si erano interrotti e in maniera un tantino agitata.

Gold, Silver e Bronze.. erano le tre scuole di arti marziali di Nuova Luxor ed erano in guerra tra loro da prima che Ikki arrivasse in città. La loro origine era comune, perché era stato il nonno di lady Saori, un miliardario eccentrico, a fondarle con l'unico nome di Saint. Solo che alla sua morte quel bastardo di Arles aveva cominciato una campagna denigratoria nei confronti dell'unica erede del vecchio, cioè appunto, Saori Kido, e con una serie di maneggi, minacce e corruzioni era riuscito a portare dalla sua parte la maggioranza degli accoliti Gold e  Silver. Solo i Bronze e una manciata di pochi altri erano rimasti fedeli alla causa di "sua signoria puzza sotto al naso" (come a volte la chiamava Ikki). Peccato, però, che fossero solo un mucchio di mocciosi con poco cervello e zero di esperienza. Il bronzo, infatti, nella gerarchia inventata da quel bel tipo del nonno di lady Saori, distingueva i Saint principianti. Un Gold in pratica poteva spezzare la spina dorsale di un Silver solo con lo sguardo, figuriamoci poi che cosa poteva fare ad un Bronze.

E adesso quella sfida..

Ikki conosceva alla perfezione le vere intenzioni di Arles, e sapeva fino a che punto fossero pericolose, visto che per un po' di tempo l'autonominatesi Grande Maestro l'aveva degnato della sua confidenza. 
Il suo disegno era quello di servirsi dei Saint trasformandoli in una organizzazione criminale, e in effetti in qualche modo c'era già riuscito, considerando che aveva cominciato ad utilizzare molti di quei tonti dei Silver per scopi tutt'altro che puliti. Certo se i vecchi Gold avessero conosciuto i suoi reali disegni, o se solo fossero venuti a conoscenza di certi cosette, gli avrebbero spezzato l'osso del collo ad Arles. Ecco perché lui aveva bisogno di togliere di mezzo milady  una volta per tutte e di mettere le mani sul potere assoluto. Una volta fatta a pezzi l'associazione dei Bronze  la sua mossa successiva sarebbe stata di nominare da sé i Gold, e a quel punto dell'organizzazione benefica del vecchio nonno di Saori Kido non sarebbe rimasta in piedi nemmeno l'intenzione.
Il problema era che Arles sapeva perfettamente che finché quella ragazzina fosse stata nei paraggi, la sua posizione sarebbe stata sempre quella dell'usurpatore. La cosa più semplice naturalmente sarebbe stata di farla fuori. Ma non era così facile. 
La ragazza era protetta dai suoi stessi soldi ed inoltre era troppo in vista. Se fosse stata uccisa i sospetti sarebbero caduti immediatamente su di lui e, se anche la polizia non fosse riuscita a provare niente a suo carico, ci sarebbe stato sempre qualche fanatico pronto a fargliela pagare cara.
Eppure, anche così, non si poteva dire che il Grande Maestro non ci avesse provato. L'ultima volta era stato lo stesso Ikki a mandare a monte un piano che prevedeva il rapimento e la successiva "scomparsa" di milady. Era stato grazie a quell'intervento che il ragazzo si era meritato la fiducia di Saori Kido ed era stato accolto tra i Bronze, anche se in una posizione.. come definirla.. free - lance.
Dopo quel fallimento, comunque, Arles aveva deciso di cambiare tattica e quella sfida era la sua nuova mossa. Conoscendo le capacità di quella mente malata, per quanto azzardata potesse sembrare, quella decisione era stata sicuramente ponderata a fondo e il risultato doveva essere tremendamente insidioso. 

Ikki si fermò e alzò la testa verso il cielo sereno.
Accidenti, si profilavano tempi duri e un sacco di fastidi. Forse sarebbe stato meglio tagliare la corda al più presto. In fondo che c'entrava con tutta quella storia di merda.
Una volta Arles gli aveva detto che se fosse stato vivo il nonno di milady uno come lui non sarebbe mai riuscito nemmeno ad avvicinarsi a un dojo dei Saint.
Certo, però, se era riuscito ad entrarci Arles.. Ma no, non c'era nemmeno paragone! Aveva visto coi suoi occhi il Grande Maestro in piena recita. Sembrava un angelo sceso dal cielo. Poteva darla a bere a chiunque, quel bastardo ipocrita, mentre Ikki.. be'.. ad Ikki gli si leggeva in faccia quello che era. 
Sbuffò irritato e riprese a camminare. In fondo era davvero curioso di vedere come sarebbe andata a finire.. ad andarsene, in ogni caso, era sempre in tempo, se le cose si mettevano proprio male. Per il momento sarebbe rimasto, almeno solo per vedere quale decisione suicida avrebbero preso i Bronze nella riunione di quella sera.

*****

Ikki arrivò al S. George, la sede della fondazione Kido, con appena dieci minuti di ritardo. Il maggiordomo lo fece subito passare nella grande sala delle conferenze, affollata di giovani dai giubbotti neri su cui spiccavano i simboli diversi, ma tutti di colore brunito.
I Bronze sembravano già numerosi, la maggior parte di loro erano seduti intorno un lungo tavolo massiccio e lucido, altri se ne stavano in piedi, chi accanto alle finestre, chi vicino alla porta, a chiacchierare tranquillamente a piccoli gruppi. Lady Saori non era ancora arrivata e questo significava che non erano ancora tutti presenti. La ragazza infatti li avrebbe raggiunti solo quando qualcuno dei suoi lacchè l'avrebbe avvertita che l'adunanza era al completo. 
Ikki per un attimo pensò di essere lui l'atteso, ma si rassicurò quando vide che nessuno degnava di attenzione il suo ingresso.
La sala a differenza del resto della grande villa, era arredata in uno stile ultramoderno, con l'aspetto di un vero e proprio centro di affari. Vi erano persino schermi per le videoconferenze, microfoni e segnaposti elettronici. Le grandi vetrate a specchio non riflettevano nulla del luminoso tramonto che ornava l'esterno.
Ikki vide che gli atleti più in vista fra i Bronze erano già tutti seduti ai loro posti intorno al tavolo, come a voler dare esempio di compostezza e perfetta disciplina. In posizione di preminenza, praticamente alla destra di lady Saori, scorse Seiya, un ragazzo giapponese sul quale, alla prima occhiata, nessuno avrebbe scommesso un soldo, ma la cui testardaggine, pari solo alla sfrontatezza, e un puro istinto da combattente lo rendeva un avversario temibile.
Accanto a lui notò i capelli biondo pallido di Hyoga, il russo dallo sguardo di ghiaccio, e subito dopo un posto vuoto. Ikki sperò che non fosse quello assegnato a lui. Infatti, Ikki e Hyoga di erano detestati fin dal primo momento in cui si erano visti e anche adesso il biondo non aveva del tutto superato la diffidenza nei suoi riguardi. Però lady Saori questo lo sapeva benissimo e non avrebbe certo commesso l'errore di farli sedere l'uno vicino all'altro.
Cercò con lo sguardo un altro posto e notò con sollievo che proprio di fronte a Hyoga un'altra sedia era libera. Si avvicinò e lesse il suo nome sul display elettronico. Si accorse, con piacere, che alla sua sinistra avrebbe avuto Shiryu, il Saint del dragone. Si sedette accanto a lui e gli rivolse un leggero sorriso di saluto. Shiryu era uno delle poche persone che Ikki stimava sinceramente e non solo come maestro d'arti marziali. Ammirava la sua calma e la capacità di mantenere il sangue freddo in ogni situazione, anche se si sarebbe fatto spellare vivo prima di ammetterlo a voce alta.
"Salve, Ikki, è un po' che non ci si vede," disse il ragazzo spostando su di lui gli occhi espressivi, allungati verso le tempie.
Ikki praticamente si sdraiò sulla sedia, con le mani intrecciate dietro la testa e le gambe allungate in avanti.
"Salve, a quanto pare non sono l'ultimo. Chi stiamo aspettando? A parte sua signoria, naturalmente."
Shiryu si guardò attorno, facendo un rapido calcolo.
"Eppure, mi sembra che ci siamo tutti.. No, aspetta, manca Shun."
"---?"
"E' il fratello minore di Hyoga.. il Saint di Andromeda.. dai, non è possibile che tu non lo conosca, ha partecipato al torneo in cui tu hai tentato di.." e si interruppe imbarazzato.
".. fregarvi il trofeo." Finì Ikki al posto suo ridendo. "Puoi dirlo pure Shiryu, non offendi mica la mia delicata sensibilità."
L'altro  lo guardò sorridendo rasserenato, e gli diede una stretta gentile al braccio.
"Lo sai che per me è storia vecchia." Gli disse con tono confidenziale.
Ikki si strinse nelle spalle e cominciò, per darsi un contegno, a far dondolare avanti ed indietro la sedia. 
Shiryu era sempre troppo dannatamente gentile con lui e la cosa non mancava di imbarazzarlo, un po' perché non c'era abituato, e un po' perché temeva di non meritarlo.
"Se dovessi ricordarmi di tutti quelli che stavano al torneo..". iniziò, cercando di cambiare discorso.
Ma le parole gli morirono in gola, perché in quell'esatto istante la porta della sala si aprì ed entrò l'apparizione di quella mattina: l'angelo dai capelli verdi. Ikki per poco non cadde lungo disteso sul pavimento.
Sbatté le palpebre una o due volte, temendo di essere preda di un'allucinazione, ma la figura leggera ed elegante non sparì. Rimase per un attimo sulla soglia, perlustrando la sala con uno sguardo lievemente ansioso, poi improvvisamente sorrise.
Ikki per poco non si strozzò con la sua stessa saliva.
Il modo di sorridere di quel volto era.. era..
Accidenti, il mondo poteva andare in frantumi per un sorriso simile.
L'apparizione si diresse con passo agile verso il centro della stanza, dritto verso il posto vuoto accanto a Hyoga. Il biondo in quel momento stava parlando con Seiya  e non si accorse subito della nuova presenza accanto a lui. L'angelo, gli posò una mano sul braccio. Hyoga sussultò e si voltò, leggermente allarmato. Poi, appena vide di chi si trattava, sorrise a sua volta con un calore di cui Ikki non lo avrebbe mai creduto capace.
Una fitta di disappunto lo sorprese. Accidenti, non è che fra tutte le persone al mondo l'apparizione era proprio la ragazza di quel ghiacciolo ambulante di Hyoga.
Decise di tastare il terreno con Shiryu
"Non credevo ci fossero donne tra i Bronze," gli disse, prendendo la cosa un po' alla lontana.
"Infatti, non ce ne sono. Ce n'è qualcuna fra i Silver, ma nessuna fra i Gold e i Bronze."
"Ma allora quella chi è?" chiese Ikki, indicando col mento la visione davanti a lui.
Shiryu si voltò nella direzione indicata, e rise.
"Ma quella non è una donna. E' Shun, il fratello di Hyoga."
"Un ragazzo?!?!?!"
"Proprio così, un ragazzo."
Ikki guardò davanti a sé con una smorfia di disappunto stampata sulla faccia, anche se aveva già sospettato quella possibilità. Infatti, quella mattina si era messo a seguirlo proprio per accertarsene, ma da quando era entrato nella sala, per qualche motivo si era convinto che fosse decisamente di sesso femminile, forse a causa della figura di donna stampata sul suo giubbotto.
"Ma è.. normale?" chiese e se ne pentì subito, perché esattamente in quel momento nella sala entrò lady Saori e tutti tacquero di colpo, cosicché la sua domanda risuonò chiara nel silenzio generale.
Il ragazzo dai capelli verdi si limitò a voltarsi verso di lui con un volto tranquillo e lo degnò di lunga, calma occhiata.
Be', dopotutto lui forse non aveva capito a cosa si stesse riferendo, ma sicuramente avevano capito altri lì vicino, e soprattutto aveva capito benissimo Hyoga.
Il russo, infatti, lo trafisse con le sue pupille color ghiaccio. Sembrava decisamente furibondo e desideroso di dire qualcosa.. qualcosa di non molto gentile.
Fortunatamente lady Saori prese immediatamente la parola e la riunione iniziò.

******

Così dopotutto l'apparizione era proprio un ragazzo. 
Maledizione che sfortuna! Ikki lo guardò sottecchi mentre viaggiavano l'uno a fianco dell'altro, nella limousine di Lady Saori.
Quando la mattina lo aveva perso tra la folla Ikki non si sarebbe mai aspettato di rivederlo così presto, né tantomeno di ritrovarsi da solo con lui quella sera stessa. Ma era un ordine di lady Saori al quale per una volta lui aveva ubbidito volentieri. Naturalmente solo perché era davvero incuriosito di quello strano personaggio, si era detto e continuava a dirsi lungo la strada, per nessun altro motivo al mondo che quello.

Durante la riunione sua signoria aveva spiegato i termini della sfida di Arles. Si era seduta a capotavola, con quella sua solita aria da bambola viziata e aveva cominciato a parlare con un accento di calma nella vocetta ancora infantile. Ikki  si era guardato attorno e aveva calcolato che l'età media delle persone riunite in quella stanza non superava i vent'anni. Sembravano un mucchio di bambini che giocavano ad una qualche guerra dei bottoni. Peccato che in ballo ci fosse qualcosa di molto serio, come un mucchio enorme di denaro e di potere. E proprio per questo i termini della sfida di Arles apparivano ancora più assurdi. Quell'uomo aveva deciso di giocare sporco una volta di più e per giunta con un gusto da gatto che tormenta allegramente la sua preda.
Secondo la sua proposta, i Bronze e i Gold si sarebbero affrontati in un torneo che avrebbe deciso della sorte dei dojo. Se la squadra dei Bronze avesse vinto, i Gold e i Silver sarebbero tornati in seno all'associazione sotto il comando diretto di lady Saori. Se avessero perso sarebbe stata la fine. Ella avrebbe dovuto rassegnare le dimissioni e sciogliere l'associazione dei Bronze. Tutto sarebbe dipeso da quel momento in poi da Arles, che avrebbe acquisito così i pieni poteri su tutti i Saint e su tutti i dojo, con la possibilità di modificare ad arbitrio qualsiasi articolo del regolamento originale.
Erano delle proposte talmente ridicole che uno dei ragazzi aveva suggerito di rispedirle al mittente accompagnate da una pernacchia. Tutti loro sapevano di non avere speranze in un combattimento diretto. E se anche Arles prometteva la neutralità dei Silver, non è che significasse un granché, quando uno qualsiasi dei
Gold aveva la capacità di battere i migliori tra i Bronze alzando appena un dito.
Ma Arles aveva previsto anche la possibilità di un rifiuto ed infatti la sua lettera terminava con una serie di ben calcolate minacce. Se i Bronze non si fossero presentati al torneo sarebbe cominciata una guerra senza quartiere e i Gold insieme ai Silver avrebbero attaccato i Bronze ovunque, fino a cancellarli dalla faccia della terra. 
Ikki conosceva abbastanza bene Arles per sapere che la promessa sarebbe stata mantenuta e anche lady Saori era del suo parere. Uno scontro faccia a faccia era forse un suicidio, ma almeno aveva una sua dignità. Su questo alla fine tutti i Bronze avevano acconsentito, e la sfida era stata accettata all'unanimità.
Subito dopo lady Saori aveva cominciato a dare una serie di disposizioni. Nel suo messaggio Arles aveva dichiarato che per lealtà (e a quelle parole Ikki e parecchi altri avevano sorriso) avrebbe concesso ai Bronze un mese intero per allenarsi e per organizzarsi, ma aveva anche ribadito, se ce ne fosse stato bisogno, che non avrebbe concesso nessun altro vantaggio ai suoi avversari, neppure in nome della loro indiscussa inferiorità. Tutto si sarebbe svolto su un piano di parità perfetta, così nessuno sarebbe stato umiliato (Ikki riusciva quasi ad immaginare il ghigno di divertimento sul volto di Arles mentre scriveva quelle ultime parole).
Quel mese di tempo non era che un'ennesima presa per i fondelli, tutti ne erano consapevoli, ma lady Saori aveva affermato che potevano essere sfruttati in altro modo a parte gli allenamenti. I Bronze, dichiarò, avevano bisogno di alleati. Affermò di essere quasi sicura che almeno due dei Gold, Libra e Ariete, ai quali Arles non stava affatto simpatico, avrebbero mantenuto un atteggiamento di neutralità. Se si fosse riusciti a convincerli a combattere al torneo dalla parte dei Bronze, potevano anche cominciare a nutrire qualche speranza. Il mese a disposizione doveva essere utilizzato anche per intessere una salda ragnatela diplomatica intorno ai due.
Poi si era passati al problema dell'equipaggiamento.
La ragazza aveva detto di non essere del tutto sicura del comportamento che nei giorni successivi avrebbero tenuto i Gold e i Silver. L'accettazione della sfida non era di per sé un garanzia d'incolumità per loro.
Anzi, nonostante l'evidente superiorità, era anche possibile che Arles mandasse qualcuno dei suoi fedelissimi a colpire i Bronze a tradimento. La posta era troppo grande per aspettarsi che il Grande Maestro giocasse in maniera leale. Per questo motivo ognuno di loro doveva spostarsi il meno, e il più velocemente possibile. Su l'ultimo fronte, in effetti, non c'erano particolari problemi, perché nei mesi scorsi lady Saori aveva provveduto a dotare di mezzi di locomozione tutti i Bronze Saint. Tutti, cioè, tranne due.
E a queste parole la sala al completo avevano puntato lo sguardo su Ikki e Shun. Così il Saint della fenice aveva  scoperto di essere uno dei due unici Bronze a cui non era stata ancora regalata una moto ultimo modello. Per giunta era evidente che divideva quell'indubbia prova di fiducia con il fratellino minore di Hyoga, quello Shun dagli occhioni languidi. 
La cosa lo aveva colpito come un'offesa ed era stato davvero sul punto di dirne quattro a sua signoria.  Ma le  parole gli morirono in gola al pensiero improvviso di come doveva sentirsi l'altro a sapere di  essere trattato alla stessa stregua di mezzo rinnegato come lui.
Aveva guardato il ragazzo dai capelli verdi e quello gli aveva restituito uno sguardo assolutamente calmo ed innocente, privo di qualsiasi rancore.
Accidenti a lui! Quel moccioso pareva immune a qualunque forma di ira o risentimento. Come diavolo avesse fatto un tipo simile a diventare un Saint proprio non riusciva a comprenderlo. Certo se fosse stato tra i Silver non sarebbe stato difficile immaginare che la sua bellezza femminea lo avesse favorito, visto che Arles era abbastanza sensibile a quel genere di cose. Ma lady Saori era davvero una ragazzetta innocente e poi sembrava avere un debole per Seiya e questo dimostrava che preferiva tutt'altro tipo di ragazzi.
Possibile che fossero state fatte delle particolarità nei suoi riguardi solo perché era il fratello di Hyoga?

Ad ogni modo, milady, dall'alto della sua bontà, aveva deciso di riparare a quell'enorme ingiustizia quella sera stessa, e non appena  dichiarata chiusa la seduta, aveva subito telefonato personalmente al miglior rivenditore di motociclette della città. 
Ikki, in quell'occasione, aveva avuto un'ennesima prova del potere del denaro. Infatti, benché fosse passata da un pezzo l'orario di chiusura e benché l'ordine partisse senza alcun preavviso, il negoziante si era messo subito a disposizione. Si era persino offerto di consegnare la merce a domicilio, ma la ragazza aveva replicato con decisione che sarebbe stato più pratico e veloce che i beneficiari andassero di persona a scegliere ciò che preferivano. E con quello il discorso venne considerato chiuso.

Ikki si era sorpreso a pensare che a volte comprendeva fin troppo bene l'ambizione di Arles.

Comunque adesso si ritrovava a viaggiare per la città illuminata, comodamente adagiato su sedili in vera pelle, di una auto di extra - lusso, diretto verso il negozio di moto. E si stava godendo con vero piacere il tragitto, in quell'abitacolo soffusamente illuminato, che era più grande del bagno che in istituto aveva diviso con altre cinque persone. 

E con accanto quello strano, incredibile ragazzo.

Shun visto da vicino era, se possibile, ancora più bello. La sua pelle diafana, era talmente chiara  da far risaltare il disegno delicato delle vene azzurrine sulle tempie. Le folte ciglia disegnavano ombre sulle guance tenere e la curva della bocca aveva un delizioso color pesca.
La cosa più stupefacente, però, era l'espressione del viso, dolce e malinconica come quella di un angelo triste.. o forse..
Ikki improvvisamente ricordò dove aveva visto un'espressione simile.
Una volta l'orfanotrofio, dove aveva vissuto fino a che aveva deciso che era troppo adulto per farsi nutrire dallo stato, aveva organizzato un corso di pittura e lui era stato costretto a partecipare come punizione di non ricordava più quale misfatto. Oltre a scarabocchiare fogli e ad imbrattare tele, un'ora alla settimana era dedicata alla storia dell'arte. Un supplizio spaventoso a suo parere, ma di tanto in tanto si era anche divertito. Ricordava, per esempio, che una volta avevano studiato il quadro di un italiano morto un sacco di tempo fa, che rappresentava un martire di nome Sebastiano. Questo tizio, aveva spiegato l'insegnate, era un giovane soldato dei tempi antichi, che si era rifiutato di rinnegare la sua fede. Per questo motivo i suoi compagni lo avevano legato ad un palo e lo avevano colpito con un mucchio di frecce, tutte in punti non vitali, lasciandolo lì a dissanguare.
Ikki era rimasto molto impressionato dal racconto e aveva subito deciso che quel Sebastiano gli andava decisamente a genio, nonostante il fatto che il quadro fosse del tutto deludente. Lui si era aspettato qualcosa di truculento, con litri di sangue che scorrevano da ferite larghe come bocche di pescecani.
Ed invece si era ritrovato ad ammirare un paesaggio dolcissimo, con un albero rigoglioso piantato in mezzo, a cui era legato un languido ragazzo, di una bellezza efebica. Solo due o tre frecce deturpavano il suo corpo perfetto, e una di esse gli aveva attraversava la gola da parte a parte, come se la sua carne pallida avesse la stessa morbidezza del burro.
Il santo aveva il volto reclinato verso l'alto ad accogliere una corona d'oro che una creatura alata gli porgeva in volo. Il suo viso non mostrava sofferenza, ma solo una composta tristezza. Sembrava che  guardasse all'orrore della propria morte come ad un fatto avvenuto da tanto di quel tempo che aveva finito per serbarne ormai solo un malinconico ricordo.

Be', nello sguardo di Shun si poteva leggere la medesima ombra di dolore, un'unica lieve ombra in mezzo a tutta quella luce..

"Non ti pare di esagerare." La voce del ragazzo dai capelli verdi lo fece sobbalzare. Ikki strabuzzò gli occhi. <E che diavolo> pensò esterrefatto, <Cosa fa, questo qui, legge nel pensiero?>
"Che c'è? Cosa ho fatto?" chiese, tentando di recuperare il suo sangue freddo.
"E' un'ora che stai a fissarmi. Se c'è qualcosa che non ti piace nel mio aspetto fammelo sapere subito e facciamola finita."
Ikki, sospirò di sollievo. Poi lo soppesò dubbioso.
"Non so," disse " E' che non hai l'aria di uno a cui piace menare le mani."
"Ti stai ancora chiedendo se sono normale?." domandò l'altro tranquillamente.
Ikki arrossì fino alla radice dei capelli e si lasciò sfuggire un'occhiata colpevole. Allora aveva capito..
"Sì, ti ho sentito," confermò il ragazzo "ma a me non me ne importa niente di quello che si pensa di me e del mio aspetto."
"Uh - uh. Come ti pare." Ikki non aveva nessuna intenzione di scusarsi "Comunque se sei entrato a far parte dei Bronze per dimostrare che sei un vero macho, non ti sei certo scelto il simbolo più adatto." 
Shun guardò l'immagine impressa sul lato sinistro del suo giubbotto.
"E' Andromeda," disse senza alcuna traccia di ira nella voce, "E' un segno carico d'onore che rappresenta il sacrificio di.. ma tu non puoi capire.."
Ikki, osservò con maggiore attenzione l'emblema brunito e si accorse che la donna  era legata con delle catene a quella che sembrava una specie di roccia. La sua figura era appena abbozzata, eppure proveniva da essa un'aura di profonda solitudine e gelida lontananza. Ikki ne fu stranamente colpito. Per un attimo ebbe l'impressione di avere già visto qualcosa di simile, anche se appena cercò di ricordare l'immagine gli sfuggì di colpo, lasciandogli la percezione di qualcosa di sgradevole, come il gravare di un'oscura minaccia. Cercò di scacciare la sensazione, con un moto di fastidio, ma per qualche ignoto motivo si accorse di non riuscire a staccare gli occhi dal simbolo color bronzo. E mentre suo malgrado continuava a contemplarlo, all'improvviso un'altra scena si sovrappose ad esso.
Era la visione di Shun mortalmente pallido, disteso per terra, con un'assurda rosa conficcata in mezzo al petto. Un'enorme quantità di sangue, quale non avrebbe mai pensato che un corpo potesse contenere, sgorgava da quella ferita e il terreno sembrava berlo avidamente.
Ikki sapeva che si trattava di un'allucinazione eppure, nello stesso tempo, la sentì concreta e oggettiva, come la percezione del sedile di pelle sotto di sé. In quel momento cominciò ad avvertire una strana fitta al petto, una sofferenza lancinante ed assurda, che era come la reminiscenza di qualcosa di orrendo,  come il riaprirsi di una ferita mai rimarginata. Dovette piegarsi in due per il dolore che gli si schiuse in fondo alle viscere e sentì il suo corpo ricoprirsi di un sudore gelido. Il mondo intorno a lui cominciò ad oscurarsi.. un minuto ancora e quella spaventosa visione sarebbe diventata l'unica cosa vera al mondo.., pensò assurdamente, un minuto ancora e niente del suo mondo sarebbe più stato reale..
"Ikki, Ikki" la voce di Shun gli arrivò proveniente da una distanza inimmaginabile, perduta nello spazio e nel tempo e l'angoscia di una solitudine senza rimedio lo afferrò alla gola, riempiendogli la bocca di un sapore amaro e ferroso, come se stesse soffocando nel sangue.
Accolse con un ultimo pensiero di panico assoluto il buio che si chiudeva sopra di lui.]

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Mi sveglio nell'oscurità totale. Per qualche lunghissimo secondo la mia mente è completamente annebbiata. Poi pian piano i contorni delle cose cominciano a tornare familiari.
La mia vecchia stanza al S. George..
Devo essermi addormentato nel pomeriggio e adesso è già sera,  ed è anche tardi, a giudicare dalla posizione delle stelle che intravedo dalla finestra.
Mi sollevo a fatica. Accidenti! Mi sembra che mi sia passato addosso un autotreno. Non c'è un solo osso del mio corpo che non mi faccia male. E questo senso d'intontimento che non accenna a diminuire...

Il sogno..

Il ricordo torna lentamente alla mia memoria appannata, mentre me ne sto al buio a contemplare con sgomento il cielo nero oltre la finestra. Non mi era mai capitato in tutta la mia vita di sognare in maniera  così vivida, così ricca di minuziosi particolari. E' stato tutto così reale, che adesso è persino difficile dire se sono davvero sveglio o se anche questo non è che sogno. Magari, chissà, quello di un altro Ikki..

Un improvviso suono stridulo mi fa sobbalzare.
L'interfono. .
Mi alzo dal letto e schiaccio il bottone di collegamento dell'apparecchio sulla scrivania. Sul piccolo schermo appare il volto di mio fratello. 
"Ikki, cosa fai? Stiamo aspettando tutti te."
"Uh? Aspettando..?"
La sua faccia ha un'espressione stupita.
"Ikki, è ora di cena! Anzi è già passata da un pezzo."
"Ah, sì.. certo.. la cena."
"Cosa ti succede? Stai male?"
Il suo tono è subito allarmato.
"No, sto benissimo. Mi ero solo appisolato. Sto scendendo." Dico, e tolgo bruscamente la comunicazione.

Fine parte I

La mistica guerra dei Saint contro Arles trasformata in una scaramuccia tra dojo ^_^ Avrò esagerato? Non arrabbiatevi, vi assicuro che c'è un motivo. Magari mi lincerete alla fine della storia. Per ora lasciate che vada avanti, dopo si fa più interessante, o almeno lo spero.






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