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Fanfic/Serie/Slam Dunk/Ruhana

parte II

di Mel

 

Hanamichi alzò uno sguardo spento su di loro, i suoi occhi non erano caldi e nemmeno la pelle umida delle guance sicuramente lo era.

 

Lui li guardò e basta.

 

Era in piedi, appoggiato a quella porta aperta lentamente quasi senza volontà, sembrava privo di forze, si sorreggeva su di una gamba mentre l’ altra era puntata mollemente a terra, jeans lo fasciavano fino ai fianchi, negligentemente sbottonati, lasciati aperti sopra la biancheria nera che si intravedeva.

Il corpo coperto sopra da una semplice maglietta nera, stretta, le ciocche rosse in contrasto su tutti quei colori scuri sembravano aver perso la loro luce e quello sguardo, di luminoso, non aveva proprio più niente.

 

I suoi compagni lo fissarono in silenzio, immobili.

Non lo avevano mai visto così.

 

 

E non credevano a quanto potesse sembrare perversamente bello in quel momento.

 

 

Soltanto Kaede pensò ironicamente che allora era davvero quello il suo modo di vestire.

Un modo interessante.

 

E lui posò ancora una volta su di loro uno sguardo fatto con occhi che sembravano vetro.

Li lasciò rabbrividire.

 

 

Il primo a trovare la forza di dire qualcosa fu Yohei.

 

 

“S-Stai..bene?”Che cosa è successo?”

 

“Eri sparito….è tutto a posto?”aggiunse Ayako

 

Hanamichi fissò prima lui poi lei, seguendo con gli occhi chi parlava, ma non rispose.

Sembrava non capire.

Alzando di nuovo quegli occhi vitrei incrociò lo sguardo di Rukawa, appoggiato in fondo contro una parete.

 

 

 

“Do’hao”mormorò lui muovendo solo le labbra senza emettere un suono

 

 

 

 

Ed Hanamichi gli sorrise sotto lo sguardo di tutti.

 

 

 

 

Perché era sentendo il suo nome fra gli altri gridati da Yohei che aveva aperto quella porta.

 

 

 

“Hana noi vogliamo aiutarti, ti prego raccontaci cosa è successo…e tu insomma…stai bene, parla, dì qualcosa”

Yohei lo obbligò a distogliere lo sguardo da tutto ciò che non erano i suoi occhi scuri, gli afferrò lo spalle e lo scosse leggermente.

 

“Dai, entriamo a parlarne”concluse poi

 

Il ragazzo dai capelli rossi sembrò finalmente reagire.

Aprì le labbra con una voce così profonda e seria da non sembrare nemmeno la sua e rispose.

 

“N-No….non mi sembra il caso………aspetta Yohei”

 

Il corpo che si ritraeva, attratto dall’ oscurità dietro di lui, pronta a ghermirlo, per molto, molto altro tempo.

Ma lui, dagli occhi neri e fieri non lo avrebbe permesso, non avrebbe lasciato il suo migliore amico fra le dita lunghe di quel buio.

 

“ORA BASTA – gli gridò contro Mito – adesso ci permetterai di aiutarti”

 

Lo spinse velocemente dentro, entrando, spostandolo lateralmente contro il muro dello stretto corridoio interno.

Lo tenne fermo lì e mentre lui girava il viso  per non dover vedere i loro volti , tutti gli altri entrarono.

 

Quell’ appartamento così piccolo era ridotto in uno stato pietoso.

Sotto le suole delle loro scarpe pezzi di vetro e piccole macerie di legno scricchiolavano sinistramente, agitandosi e rompendosi come piccoli animaletti brillanti.

Molti mobili erano rovesciati, i muri recavano la traccia della forza con la quale oggetti, ora frantumati sul pavimento, vi erano stati lanciati contro.

Le sedie erano rovesciate a terra, la stoffa del divano quasi divelta.

La penombra completava quello scenario agghiacciante dal protagonista sbagliato.

 

No.

Ancora non se ne volevano convincere.

Sakuragi.

Il loro Sakuragi non poteva aver avuto quella vita.

Non era possibile.

 

Girandosi, con le lacrime agli occhi, per cercare quel ragazzo dai capelli rossi con lo sguardo la bella manager notò un altro piccolo, terrificante particolare.

 

Sussultò, gridando subito spaventata.

 

“Cos’ hai fatto? Cos’ hai fatto al polso?”

 

Ognuno di loro si girò verso di lui, l’ attenzione rivolta alla fasciatura leggera che stringeva il polso di quel ragazzo ancora abbandonato contro il muro del corridoio.

 

Yohei lo lasciò subito andare.

Ora lo stava invitando a sedersi sul divano sfatto, sotto la finestra.

I vetri e le imposte chiuse.

Probabilmente lui  stava riposando prima che suonassero.

 

Hanamichi si sedé, il viso rivolto a terra, seduto accanto a lui Yohei.

Non voleva la sua sofferenza, ma doveva insistere.

Era quello il momento.

O non sarebbe cambiato nulla.

 

“Dimmi cos’ è successo?”chiese piano, con calma

 

Sakuragi non rispose.

 

“Dov’ è tua madre?”riprovò il ragazzo moro

 

Lui finalmente alzò la testa e mormorò stancamente.

“L’ hanno portata via ieri”

 

“Kami sama…”sussurrò Miyagi

 

Ma Hanamichi proseguì, seguendo il suo filo di pensieri.

“Io ho fatto di tutto………………ho cercato di farla ragionare….ma lei alle volte ricominciava piangeva e poi urlava………una terribile altalena di umori diversi………..pochi minuti e sembrava una persona normale poi……io volevo convincermi che c’ era ancora qualcosa che potevo fare….che non era tutto perso come mi ripetevano…………….e continuavo a chiedermi perché mio padre non è qui ad aiutarmi, ma pensarlo è ogni volta più doloroso ed inutile……….e loro, loro, gli assistenti sociale, non hanno fatto altro che insistere  perché dessi il mio appoggio, avevano solo bisogno di me per poter confermare tutto in tribunale ed insistevano, insistevano continuamente….sono venuti persino a scuola e non hanno mai pensato a fare niente per salvarla veramente………mi davano solo delle medicine da fargli prendere, ma le facevano così male che ho dovuto smettere di dargliele…poi quando sono tornato ha ricominciato….”

 

“Quando sei tornato?”chiese il suo migliore amico

 

“Si, perché ero andato via”rispose Hanamichi

 

Nella densa penombra i suoi occhi cercarono istintivamente quelli blu profondo di Rukawa.

Quella era una spiegazione anche per lui, anzi…solo per lui.

Per la sera della telefonata.

Per l’alba in cui se n’ era andato.

“L’ avevo chiamata, ma lei minacciava di uccidersi, di uccidere i vicini e poi di uccidere anche me, sono tornato e lei mi aspettava ….e dopo… tutto questo……”indicò con un lentissimo gesto della mano attorno a sé

 

Con sicurezza Yohei si alzò.

La triste penombra soffocava l’ ambiente, lasciava stagnare la tristezza e l’ ineluttabilità di ciò che era successo.

Con mani esperte afferrò la maniglia e spalancò la finestra per permettere alla luce di entrare.

 

I pochi raggi di sole coperto bastarono ad illuminare tutta la stanza e furono sufficienti ad evidenziare sul pavimento polveroso rosse macchie scure che, poco prima, si erano confuse fra le ombre.

 

“Cosa sono ?”domandò Kogure più a sé che agli altri

 

Ottenne comunque una risposta.

 

“Sangue”mormorò sfinito Sakuragi, sfiorandosi istintivamente il polso ferito

 

Loro guardarono ancora quelle macchie irregolari, i loro occhi immobili e sgranati ne scorsero altre intorno, su una sedia, sul tavolo rovesciato, nel corridoio.

Al buio non le avevano viste.

 

“Hana …ti prego va avanti”sussurrò Yohei sedendosi ancora accanto a lui

 

“D-Due sere fa..lei..lei ha tentato di uccidersi…io gliel’ ho impedito e lei ha ferito me….. – sorrideva ora, ironico – non avrete mica pensato che mi sia tagliato le vene per suicidarmi…….?”

 

Il tono dimesso in aperto contrasto con lo sguardo che li sfidava a mentire, a dire che non lo avevano pensato.

 

“Lei mi ha preso un polso e solo per poco non mi ha tagliato una vena….io…non era la prima volta che tentava di uccidermi……..è già successo alcune volte……..la prima di notte……………..io ero in camera, dormivo….e lei è entrata…..era accanto a me e con un cuscino aveva tentato di soffocarmi ….”

 

Con l’ orrore dipinto sul viso lo ascoltavano rivelare quei particolari allucinanti.

 

“Da quel giorno in poi non potevo stare tranquillo con lei né di giorno né di notte……ma allo stesso tempo dovevo essere qui per impedirle di fare del male a sé stessa e agli altri……..poi sono scappato…………..si …….sono un vigliacco ………ma volevo un posto……. – si coprì  il viso con le mani – volevo solo un posto dove poter dormire, anche di giorno, su di un divano senza rischiare di morire”

 

 

Kaede sentì il proprio cuore sussultare.

Ricordò in un lampo quel giorno, a casa sua.

Il do’hao ed il suo gatto sul divano, addormentati, insieme.

Rilassati.

Avvertì una morsa dolorosa al petto.

Cercò di controllarsi.

Il suo corpo sembrava volersi avvicinare a quello dell’ altro, implorava incessantemente la  ragione affinché gli concedesse il permesso di muoversi, di ricreare ancora una volta lo splendido e confortante abbraccio che li aveva visti protagonisti solo qualche sera fa.

Respirò e chiuse gli occhi.

 

‘No’ si disse ‘Almeno non ora’

 

 

 

 

Era orrendo.

Semplicemente orrendo.

Tutto quello che avevano sentito e visto.

Orrendo, crudele.

E loro non ne sapevano niente, niente.

Si odiarono.

Per non aver mai fatto niente.

 

 

 

“Non…hai…non hai mai provato a difenderti?”chiese Miyagi con apprensione

 

 

Il ragazzo dai capelli rossi alzò il viso.

 

Nella penombra improvvisa del sole coperto  i suoi occhi rilucevano di una disperazione quasi folle, vuoti e senza fondo, senza ragione d' esistere e di voler vivere…..senza ragione alcuna....

 

 

“E’….mia madre – mormorò con voce rotta – oramai .. oramai mi è rimasta solo lei come potrei colpirla, io.....io sono la causa di tutto ..mio padre ……per primo per colpa mia e lei per la morte di mio padre...è solo...solo colpa mia…solo     tutta    colpa    mia”

 

 

“NON E’ VERO!!!!SMETTILA!”gridò Mito

 

“Ha ragione, come puoi darti la colpa di qualcosa di inevitabile?”aggiunse Ayako, tentando di farlo ragionare

 

Un attimo di silenzio.

Infine un ultimo sussurro.

 

“Ieri notte, dopo quel tentativo di morte, li ho chiamati e loro l’ hanno presa e portata via”

 

Una piccola parte della sua mente registrò che stava parlando.

Aveva raccontato loro tutto, ogni cosa.

Non avrebbe dovuto, non avrebbe voluto.

Ma era così tanto che si portava tutto quell’ immenso dolore dentro.

Non lo sopportava più.

Parlarne voleva dire dividerlo, renderlo più leggero, meno soffocante.

E poi Yohei lo aveva costretto.

 

“Sei andato via per tre settimane circa, vero? – chiese Ayako – Quelle tre settimane in cui sembravi felice….”terminò rivolta più agli altri che a lui

 

“Dove sei stato?Non avrai vagato per le strade?”domandò Mito allarmato

 

“Io….”

Sakuragi era confuso, non sapeva cosa doveva e poteva dire.

Alzò uno sguardo veloce sul ragazzo dai capelli neri e gli occhi azzurro cielo.

 

“Da un amico……….si….a casa di un amico…….un amico che non ha fatto domande, che non mi ha chiesto niente…..un ragazzo gentile, nonostante tutto…..un ragazzo che ringrazio e ringrazierò sempre……”

 

Sorrideva dicendolo.

Sorrideva guardando la luce disegnare ombre sul pavimento fra i frammenti di vetro.

 

Erano parole per lui.

Per Rukawa.

Un grazie speciale che al suo orgoglio non era costato affatto.

 

Un grazie ampiamente meritato.

 

Kaede si sentì colpire.

Era questo quello che quel ragazzo pensava di lui.

E lo aveva detto davanti a tutti, senza problemi o menzogne.

Senza offendere o sminuire.

 

Qualcuno notò in silenzio i loro sguardi che tentavano costantemente d’ incrociarsi, di legarsi indissolubilmente.

 

 

“Perché non ci hai detto niente?”

 

La voce di Akagi finalmente intervenì.

“Sakuragi io sono il tuo capitano è vero, ma sono prima di tutto un tuo amico, perché non lo hai ricordato?Perché non ti sei confidato con noi?Avremmo fatto di tutto per aiutarti…….”

 

“Lo so Akagi, lo so….ma io non volevo mettervi in agitazione……..anche se poi non ci sono riuscito………c’ è il campionato, gli allenamenti……io…”

 

Silenzio.

Rispetto e silenzio.

 

“Cosa farai ora?”domandò Mitsui interrompendo i rimproveri

 

“Non puoi stare qui…..loro che ti hanno detto?”chiese Kogure

 

“Niente…io non sono altro che un’ ulteriore seccatura, avranno bisogno di me solo per firmare dei fogli poi per loro potrei anche sparire….meglio così, non li ho mai sopportati…….”

 

“Ma potrebbero costringerti ad andare via da qui….forse in una di quelle case famiglia…..lontano da noi”ipotizzò Ayako, la voce tesa, ma con la praticità di una giovane donna

 

“Io non glielo permetterò!! – finalmente un po’ di forza traspariva dalla sua espressione – No!Non lascerò lo Shohoku…mi è rimasta solo la squadra ormai…….voi ed il guntai……ho tutto nella mia  scuola, non la lascerò…..non lascerò voi né il basket ora che l’ ho trovato….”

 

Ammirazione.

Fiducia.

In lui.

Per lui.

 

 

“Anche se questa casa è piena di tristi ricordi non posso che andare avanti………ma non temete….. – sorrise loro – sono il tensai ed ho un campionato da vincere……vero capitano?”

 

“Si” rispose fiero Akagi

 

Provavano almeno un po’ di sollievo.

Eppure, anche se si stava riprendendo, erano consci del fatto che nessuno di loro aveva fatto qualcosa.

Non lo avevano aiutato, lo avevano abbandonato a sé nel momento del bisogno.

Era facile preoccuparsi ora.

Facile e completamente inutile.

 

Se ne vergognarono.

 

“L’ importante è che tu stia bene”concluse la bella manager

 

Si salutarono.

Yohei si alzò dando al suo migliore amico una pacca d’ incoraggiamento sulle spalle.

Con un ringhio scherzoso lo costrinse a promettere che se ne avesse avuto bisogno lo avrebbe chiamato.

 

Si diressero alla porta, mentre il fastidioso rumore dei vetri infranti ricordava loro ad ogni passo i giorni di dolore del loro compagno.

Uscirono.

 

Tutti, tranne Rukawa.

 

Proprio davanti alla porta il ragazzo dai capelli neri si voltò e disse.

“Devo parlare con Sakuragi”

 

Hanamichi fissò il compagno con un’ espressione distesa poi lo osservò mentre con il suo solito sguardo gelido si chiudeva la porta d’ ingresso alle spalle.

 

Si ritrovarono uno di fronte all’ altro.

 

Kaede prese una cosa bianca dalla sua tasca e gliela porse.

 

Hanamichi prese la busta, la riconobbe ed alzò uno sguardo confuso sul ragazzo dagli occhi chiari.

 

“Ehi, stupida kitsune, perché me la riporti?Non l’ ho mica dimenticata, è per te, per il disturbo e le spese……”

 

“Do’hao!E’ solo per le tue condizioni che non ti prendo a pugni. Io non li voglio quei soldi”

 

“Ma…”

 

 

“Pensavi l’ avessi fatto per i tuoi soldi? Per farti avere un debito con me?”chiese lui dai capelli neri

 

“No di certo baka…..è solo che mi sembrava giusto contribuire….”

 

“Avevamo altri accordi…..”

 

“Si….. – sorriso – è vero….e mi hai fatto anche faticare….”

 

“Do’hao”

 

Silenzio fra di loro.

 

 

 

“Uscivi la sera per lavorare?”

 

Hanamichi annuì guardandolo negli occhi poi assunse un’ aria di sfida.

 

“Non pensare che lo facessi solo per te…..sai…..stupidissima kitsune”

 

“Tsk!”

 

Si guardarono di nuovo.

 

“Grazie ancora”un sussurro del rossino

 

“Mi hai già ringraziato prima…”

 

Hanamichi sorrise.

 

“Beh ci vediamo…”concluse

 

“Agli allenamenti”mormorò Rukawa aprendo la porta

 

 

Si girarono ritrovandosi davanti i visi stupiti dei loro compagni.

Non solo per l’ incredibile fatto che i due nemici naturali si fossero parlati per più di un minuto, ma perché lo avevano fatto senza finire in una rissa.

 

Sakuragi raggiunse la soglia e li salutò ancora.

Loro risposero con mesti sorrisi di circostanza e lievi cenni della mano.

Il ricordo delle sofferenze che lo riguardavano era troppo forte.

Bastava lanciargli uno sguardo.

 

Il volto di solito abbronzato sembrava oro pallido, i lividi si potevano scorgere forse più numerosi di un tempo e quella fasciatura bianca, nivea….

..ma il suo viso sorridente sembrava poter offrire la promessa di una ripresa totale….

 

“Ehi, ma cosa avevi da parlare con il tuo mortale nemico?”scherzò Miyagi per alleviare la tensione

 

“Già …cos’è che hai in mano?”chiese Mitsui

 

Hanamichi si agitò.

 

Non sapeva cosa rispondere.

Non poteva dire ‘soldi’.

Sarebbe sembrato assurdo.

 

“Ah……ecco……  – provò con la prima frase vera che aveva trovato, odiava mentire – mi ha solo riportato una cosa che avevo dimenticato da lui”

 

 

Silenzio.

 

 

 

Kaede lo guardò gelido.

Voleva dire ‘Che do’hao che sei’

Ma Hanamichi,con gli occhi nocciola spalancati, lesse anche un po’ di divertimento in quelle iridi incredibilmente azzurre.

Esattamente come quel giorno che lo aveva trovato a ridere sulle scale.

 

Un istante dopo si levò un  coro di voci.

 

“Da lui?!?!”

 

“Sakuragi!!!Che significa??”

 

 

 

Hanamichi arrossì intensamente.

E dopo aver abbassato lo sguardo un attimo lo rialzò confessando.

 

“Beh...quelle tre settimane io…le ho passate da lui……..”

 

“Che coosa??”

 

Per tutti loro fu incredibile.

Proprio loro due che dicevano continuamente di non sopportarsi.

Avevano passato insieme tre settimane.

 

TRE settimane.

 

 

“Tsk”mormorò Rukawa

 

Fu il suo unico commento mentre si allontanava con un cenno di saluto della mano.

 

Hanamichi lo guardò allontanarsi.

Oramai comprendeva i significati delle sue espressioni e capì che non era arrabbiato.

 

Sollevato rise quindi della meraviglia dei suoi amici.

Poi li salutò l’ ultima volta.

 

Infine dopo qualche commento ancora decisero tutti di andarsene e s’ incamminarono.

 

In strada scese il silenzio

Ognuno rifletteva in solitudine.

Tutto quello che era accaduto, la preoccupazione, i dubbi, la verità.

 

“Com’ è possibile….”mormorò distrattamente Kogure attirando l’attenzione di tutti

 

 

 

“Com’ è possibile che dopo quello che gli è successo riesca ancora a sorridere così”

 

 

 

Gettata lì.

Quella domanda dalle implicazioni profonde.

 

Miyagi chinò la testa e la scosse in segno di diniego.

 

 

Non avevano risposta.

“Io non avrei mai pensato che una persona come lui….così allegra e solare…potesse aver affrontato problemi così gravi…io non mi ero accorto di niente…..di niente …………….giuro…..”disse il playmaker

 

 

“E’ stato questo il nostro sbaglio – rispose Ayako dolorosamente realista – abbiamo dato per scontato ciò che non lo era affatto, fino al momento in cui siamo andati a sbattere contro l’ evidenza della situazione….ma ormai era troppo tardi….e noi…noi non siamo riusciti a fare niente di concreto per lui”

 

 

“Noi no, ma qualcun’ altro si”osservò Mito con voce seria e bassa

 

Lo guardarono.

 

Il ragazzo moro si sentiva più in colpa di tutti loro.

Lui non era semplicemente un amico di Hanamichi.

Era il suo migliore amico.

E non gli era stato permesso di fare niente.

Non lo aveva potuto aiutare.

 

 

 

“Io per primo…..noi …non abbiamo fatto niente, ma lui……Rukawa………lui si……non sappiamo come nei particolari….ma lo ha aiutato nel momento in cui ne aveva bisogno…..come un vero amico…………….quando Hanamichi ha chiesto Rukawa si è fatto trovare pronto”

 

“Hai ragione”annuì Kogure con aria grave

 

“E’ vero….ricordate cos’ ha detto Sakuragi mentre raccontava?Che era stato da un amico, un amico che non aveva fatto domande….quindi Rukawa non era al corrente della sua situazione……lo ha aiutato solo perché lo ha visto in difficoltà……..”ragionò Mitsui

 

“Già…eppure gli ha dato lo stesso il suo appoggio…..e Hanamichi lo ha ringraziato e non solo una volta”

 

“Si – intervenne Ayako – infatti è solo in quelle tre settimane che Sakuragi sembrava tornato felice, scherzava e rideva come al solito, no?Ci sembrava tornato tutto a posto ed invece non sapevamo niente……”

 

Dopo un attimo ancora di triste e rassegnato silenzio il capitano prese finalmente la parola.

 

“Hanamichi è un ragazzo forte, ci ha insegnato una grande lezione nonostante tutto, ci ha insegnato a guardarci intorno, a considerare anche le situazioni altrui, a offrire aiuto, a saperlo ricevere…..oramai non possiamo fare più niente, questa volta è andata………ora dobbiamo confidare in lui, nella sua volontà, gli daremo appoggio e sono certo che si riprenderà presto…….è sempre stato così fiero e lo sarà ancora…….è un tensai, no?”

 

Lo disse sorridendo alla sua squadra, sollevando gli animi.

 

“Si….ce la farà”

 

Tornarono a casa, quel pensiero fisso in mente e nel cuore, accanto alla speranza di ritrovare presto, prestissimo, il loro compagno.

 

 

 

La settimana nuova Sakuragi tornò a scuola.

Passò quasi tutta la mattina nell’ ufficio del preside a spiegare con insolita calma ciò che era successo di sbagliato nella sua vita.

Alzò la voce solo un istante.

Nel preciso momento in cui dichiarò che non avrebbe permesso a nessuno di fargli lasciare la scuola, la squadra, i suoi compagni.

Per qualsiasi ragione.

Mai.

 

Una sola frase aveva convinto quell’ uomo dal viso pieno di rughe di anni di preoccupazione per i suoi studenti.

 

 

“Io ho provato a vivere – aveva sussurrato mesto lui dai capelli rossi – ma alle volte….alle volte ho avuto paura di impazzire come mia madre e di morire come mio padre…. allora voglio afferrare saldamente le cose che ho adesso…………… con tutte le mie forze”

 

L’ uomo annuì.

Lo capiva, fino in fondo.

 

Sorridendo ammirò la sua forza e la sua determinazione.

L’ insieme della sua ragionata posizione.

Presa, definitiva.

La convinzione con la quale ancora lottava dopo aver perso praticamente ogni cosa.

Capiva e sentiva la sua disperazione, il suo volersi attaccare alle uniche cose che ancora avevano un valore profondo.

 

Parlando lentamente concesse tutto il suo appoggio.

 

Quel pomeriggio stesso Hanamichi fu calorosamente accolto in palestra.

Ayako e Akagi si informarono sulle sue condizioni fisiche, sulle sue ferite, ma il ragazzo dai capelli rossi si disse pronto a giocare, a batterli tutti, a vincere il campionato e a trovare anche il tempo per stendere la baka kitsune.

 

 

 

Il tutto ovviamente perché era un genio.

 

 

 

 

Risero allegri, i loro cuori sollevati.

 

Alla fine dell’ allenamento Sakuragi avvicinò il proprio capitano.

Chiese le chiavi della palestra.

Doveva recuperare il tempo perso con allenamenti supplementari.

Così disse.

Akagi non era d’accordo.

Il campionato era vicino gli ricordò Hanamichi.

Il capitano si decise ad accontentarlo facendogli promettere di non esagerare.

Lui annuì felice.

 

Il basket era l’ unica cosa che ancora gli rimaneva completamente.

Che era sua.

Che forse lo era sempre stata.

 

In palestra poteva concentrarsi solo sulle belle sensazioni che sentiva scorrere sotto la pelle e non riusciva più a pensare alle sue tristezze.

 

Ma quest’ ultimo motivo lo tenne strettamente per sé.

 

Ottenuto quel consenso e prese in mano le chiavi Hanamichi si sentì uno sguardo addosso.

Girandosi incrociò due profondissimi occhi azzurri.

 

Si guardarono a lungo attraverso il campo.

 

Lui dagli occhi nocciola sapeva il perché di quello sguardo.

Ma avrebbero atteso entrambi la fine degli allenamenti per parlarsi.

 

 

 

Nella palestra vuota vi erano solo loro.

 

 

Kaede eseguì un tiro perfetto dalla linea dei tre, con noncuranza, poi chiamò il ragazzo dai capelli rossi.

 

Hanamichi lo fronteggiò, sulla metà di un campo vuoto.

Lo fissò negli occhi  e senza farlo chiedere rispose alla  silenziosa domanda che già da un po’ aleggiava in quegli occhi, passando turchina a velare con regolare cadenza quelle iridi chiare.

 

 

“Non temere kitsune….non rimango qui a dormire …..torno a casa stasera”

 

 

Rukawa lo guardò, alzando un sopracciglio poi lo apostrofò.

“Do’hao”

 

 

“Uno one on one, volpe?”

 

 

 

“Hn”

 

 

I loro occhi brillanti, il sudore, la palla lucida e nient’ altro.

 

 

 

 

Alla fine, stanchi, si lasciarono scivolare a terra contro il muro.

Un sospiro.

 

“Uff, forse ho un po’ esagerato, sono sfinito…”

 

“.. ‘hao”

 

“Ma che vocabolario ristretto stupida volpe”

 

“Anche il tuo per quel che riguarda gli animali”

 

Hanamichi rise.

Poi il silenzio.

 

 

“Kitsune..”

 

“Hn?”

 

 

“Mi dispiace….non volevo offenderti lasciandoti quei soldi…..era solo………solo che mi sembrava poco quello che facevo per sdebitarmi…..so quanto deve averti dato fastidio tenermi a casa tua, hai dovuto rinunciare al tuo silenzio, alle tue abitudini……….io………grazie davvero”

 

Kaede lo guardò stupito.

Non si aspettava quelle parole da lui, quelle riflessioni che lo riguardavano.

Eppure qualcosa lo rendeva immensamente triste…..

Lui non aveva provato fastidio ad averlo a casa.

E non voleva che lo pensasse.

 

“Non ti preoccupare”rispose semplicemente

 

Voleva aggiungere qualcos’ altro, ma non trovava le parole.

Non sapeva come fare.

E Sakuragi lo anticipò interrompendo ancora una volta il silenzio leggero.

 

“Io rimarrò nella mia casa, ma non so per quanto loro mi lasceranno in pace…….”

 

 

“Gli assistenti sociali?”

 

 

Hanamichi scosse la testa.

 

 

 

 

 

“I ricordi……”

 

 

 

 

 

 

Ancora quel silenzio rilassante e loro.

Poi un nome.

 

 

“Sakuragi”

 

 

Il ragazzo dai capelli rossi si voltò sorpreso, per la prima volta si sentiva chiamare da lui con quella serietà nella voce e negli occhi.

 

“Dimmi”sussurrò a tono bassissimo

 

 

 

 

 

 

 

 

“Mi farebbe piacere  averti ancora a casa mia”

 

 

 

 

Silenzio.

 

 

 

“Ti ringrazio – rispose lui – allora verrò a trovarti uno di questi pomeriggi …”

 

 

 

Kaede scosse piano  la testa.

Lo fissò ancora più seriamente mentre scandiva.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Mi farebbe piacere se ritornassi a vivere da me”

 

 

 

 

 

 

Hanamichi sgranò i suoi occhi dorati per poi velarli in un sorriso che illuminava tutto il suo volto.

 

 

 

 

 

“Io…..”

 

 

 

Kaede si alzò senza attendere una risposta, si girò, gli tese una mano per farlo alzare.

 

 

 

 

(Non era più tempo di pensare)

(Lo voleva?)

(Provava serenità?)

(Era un si?)

 

 

 

 

Mentre Hanamichi stringeva quelle dita, accettandole, mormorò.

 

 

“D’ accordo”

 

 

 

 

***

“Sakuragi”

 

 

Lo chiamo con uno sguardo serio ed ho subito tutta la tua attenzione, prima non ho trovato le parole, ma ora…ora le cercherò per te e per me …e se con una sola frase riuscirò a farti capire tutto quello che non ti ho mai detto ….beh meglio così……in fin dei conti io sono una persona di poche parole….lo sai……ed ora che i tuoi occhi  così caldi mi scrutano in attesa delle mie parole e mi sussurri quel ‘dimmi’ come un invito a continuare, so che quello che sto per dirti non è mai stato così vero come adesso……per la prima volta riesco a dire di mia volontà quello che realmente ho provato e che vorrei provare ancora….e non potevi che essere tu a farmelo dire…..

 

 

“Mi farebbe piacere averti ancora a casa mia”

 

 

Lo dico piano, se non mi conoscessi oserei dire quasi timidamente, ma tu mi guardi con il sorriso negli occhi e mi rispondi allegro.

 

“Ti ringrazio allora verrò a trovarti uno di questi pomeriggi…”

 

No, non hai capito.

Vedi che non sbaglio quando ti chiamo do’hao?

Possibile tu debba sempre farmi parlare più di quanto già mi sforzi di fare?

Sei tremendo.

 

Ma è troppo importante perché io possa lasciar stare e ritirarmi nei miei monosillabi.

Così scuoto piano la testa e ripeto più chiaramente il mio concetto.

 

 

“Mi farebbe piacere se ritornassi a vivere da me”

 

 

Lo dico lentamente per fartelo capire fino in fondo.

Non si sa mai con i do’hao.

Potrebbero fraintendere.

Ma ora osservandoti so che tu ne cogli ogni più piccola sfumatura perché le vedo tutte riflesse nei tuoi occhi mentre mi guardi sconvolto.

E poi, incredibile, ti illumini, con un sorriso dolce.

 

Non sai che dirmi, ma io mi alzo e ti tendo una mano.

Non l’ ho mai fatto prima e so che segna una svolta.

E lo sai anche tu che prendi la mia mano.

E lo sai e accetti.

 

 

 

 

***

 

Mi hai chiamato per nome.

Devo dire che mi hai regalato effetto…un brivido….

Mi giro verso di te e il tuo sguardo serio mi fissa intensamente.

Si crea aspettativa in me e non so cosa pensare.

Ma sento che sarà importante.

Ed il genio non sbaglia mai quindi non farmi sfigurare volpe.

Silenzio.

Non posso più aspettare e ti mormorò un invito a continuare, a rivelarmi questa parte di te, anche solo un singolo pensiero che è valso il mio nome come richiamo.

Oramai dietro ad ogni tuo comportamento ho imparato a scoprire un senso nuovo ogni volta, senza più basarmi sull’ odio, cancellando la competizione e l’ orgoglio.

E tu mi hai ricompensato stupendomi in ogni attimo che mi torna in mente di quelle tre settimane passate con te.

Forse sono io a voler vedere il tuo comportamento in questi termini eppure non sento di sbagliarmi e ripeto ..sono un genio…e tu per non farmi sfigurare mi dici solo un’ unica frase carica di significato.

 

“Mi farebbe piacere averti ancora a casa mia”

 

Lo dici piano.

Ma cosa significa?

Ti confesso che vorrei vederci un significato ancora più profondo in queste parole…ma forse è presto volpe, non credi?

Si ..è presto…..

…io e te….

..insomma …

…tutto quello che è successo nel mezzo e prima e poi…..

….beh lasciamo perdere…

 

Mi risolvo a risponderti con naturalezza, molto più in fretta di quello che credevi, lo vedo dal tuo volto.

E ti dico ancora una volta la verità, basta mentire, basta nascondere.

 

“Ti ringrazio allora verrò a trovarti uno di questi pomeriggi”

 

Non voglio negarmi niente con te.

Non voglio precludermi alcuna possibilità.

 

Ma tu mi sorprendi ancora una volta e  non solo perché continui a parlarmi, ma perché mi dici, dopo aver scosso la testa, tutto quello che io segretamente speravo.

 

“Mi farebbe piacere se ritornassi a vivere da me”

 

Ed io non ci credo e in un attimo d’ immensa incredulità capisco tutto quello che hai detto e quello che volevi dire e non posso fare a meno di sorriderti e di essere felice.

 

Non trovo le parole per accettare, ma tu non aspetti e ti alzi poi, come sempre, non ti limiti a parlare preferisci agire, obbligandomi ad accettare tutti i tipi di aiuto che mi puoi dare.

E mi tendi una mano a farmi forse capire, volpe, che mi sosterrai nel corpo e nello spirito?

Non è una promessa troppo grande per due ragazzi?

Per due che sono stati tutto fuorché amici?

Per me e per te?

 

No.

I tuoi occhi mi rispondono di no.

 

Continui a tendermi una mano e so che non l’ hai mai fatto prima e che adesso significa un nuovo inizio.

 

 

Prendo le tue belle dita fra le mie, per lasciarmi alzare da te, per fare di te il mio unico appoggio.

 

“D’ accordo”mormorò al tuo viso

 

 

Io sono pronto.

 

 

 

 

***

 

 

Quella sera stessa loro due tornarono a casa insieme in silenzio.

Quello stesso silenzio che Hanamichi aveva imparato ad apprezzare  e quello stesso silenzio che Kaede aveva imparato a condividere.

E che entrambi apprezzavano di più se poteva tornare dopo essere stato interrotto dalla voce dell’ uno e dell’ altro.

Dalle loro voci, insieme.

 

Si chiusero la porta alle spalle, felici.

 

 

 

 

Passarono pochi giorni.

Hanamichi si era ristabilito nella stanza degli ospiti e passava i suoi pomeriggi fra il basket, quella casa e quella kitsune.

Aveva continuato a prendersi la responsabilità delle faccende domestiche perché sapeva che Rukawa non avrebbe mai accettato altri soldi e poi oramai ci era abituato e gli piaceva trovarselo all’ improvviso accanto, nei momenti più impensati,  che lo aiutava silenzioso con la sola scusa borbottata che prima finivano prima sarebbero andati a giocare.

 

 

E le partite interminabili, le sfide all’ ultimo canestro e le rivincite, gli allenamenti ed il sogno dei campionati.

 

 

Era tutto così bello.

 

 

 

Un tardo pomeriggio Kaede rientrò da un giro in bicicletta.

Si diresse in salotto.

Aveva acquistato una vhs sul basket e voleva guardarla.

 

Entrando sentì una specie di mugolio basso.

 

Hanamichi dormiva steso sul divano, tranquillo, con il gatto a fianco.

 

Kaede sorrise.

Oramai era una scena quasi quotidiana quella.

 

 

Il ragazzo dai capelli neri si avvicinò senza far rumore e si sedé sulla poltrona lì accanto e prese ad osservare quel viso.

 

Un viso così bello e solare, a lungo.

 

E ripensò quindi a quella frase disperata, angosciante.

Quella richiesta crudelmente negata.

 

‘Volevo solo un posto dove poter dormire, anche di giorno, su un divano senza rischiare di morire’

 

I suoi occhi azzurro cielo si velarono un istante di profonda tristezza blu oltremare, impedendogli per alcuni secondi la visione nitida di quel ragazzo.

Ma poi sorrise a sé stesso mentre ancora lo guardava finalmente riposare tranquillo su un divano.

Non importava di chi, era pur sempre un divano, in pieno giorno, no?

 

Kaede non si decise ad alzarsi, rimase lì fino a che il pomeriggio inoltrato non  illanguidì le ombre crociformi del sole contro la vetrata della portafinestra.

Gli ultimi raggi illuminavano dunque la stanza.

Quei capelli rossi li riflettevano, sembravano fuoco, bruciante fuoco liquido in perfetto contrasto con il gelido candore del bianco ghiaccio della stoffa e quel corpo, davanti al quale Kaede sapeva di non rimanere indifferente, sembrava così caldo….

Si alzò avvicinandosi e spostò una mano, sfiorò leggero le guance, erano come le aveva immaginate, portò quelle dite un po’ più su, fra i capelli, sentendoli morbidi sotto i propri tocchi, così lisci sotto gli ultimi raggi morenti di sole a riscaldarli e…. ne rimase incantato.

 

Hanamichi si mosse, mugolando ancora nel sonno e Kaede si decise ad allontanarsi, agitato.

 

 

Il ragazzo dai capelli rossi si svegliò poco dopo, si guardò intorno, aveva avvertito la presenza di qualcuno.

Si alzò stiracchiandosi, senza infastidire il gatto che dormiva ancora ed uscì in giardino.

Da lì proveniva un rumore familiare.

 

Si fermò sulla soglia della portafinestra, dietro gli infissi in legno e osservò in silenzio il ragazzo moro che giocava senza accorgersi di altro intorno a sé.

 

Il crepuscolo illuminava appena i contorni degli oggetti e rendeva ancora più scuri quei fili neri che ondeggiavano al vento e più chiara la pelle bianchissima, esaltando quel ragazzo in tutte quelle tonalità ombrose.

Ogni movimento era perfetto.

Vi si leggeva potenza.

Vi si vedeva eleganza.

Vi si coglieva velocità.

 

Perfetto.

 

Lui era perfetto.

 

Perfetto e così bello.

 

 

Da quanto lo pensava non lo sapeva e poco gli importava mentre, rotolando nella sua direzione, quella palla maliziosa non lo rivelò agli occhi in tempesta del suo padrone di casa.

 

E lui gli sorrise.

 

 

 

Subito dopo cena Rukawa lo chiamò per vedere insieme la videocassetta.

Si sistemarono entrambi a terra, sul morbido tappeto di lana.

 

I minuti passavano.

Si creò una strana atmosfera.

 

Aspettativa.

 

Le occhiate fugaci iniziarono a trasformarsi in sguardi sempre più lenti ed attenti , i battiti si fecero sempre più irregolari fino a che, mentre i titoli di coda scorrevano sullo schermo, nessuno dei due riuscì a distogliere lo sguardo dagli occhi dell’ altro.

 

Il videoregistratore ebbe tutto il tempo di scattare e la televisione quello di spegnersi automaticamente, ma a loro non importava.

 

Stavano parlando e non volevano essere disturbati.

 

Parlavano con il silenzio, usando i loro occhi come parole, i loro sguardi come frasi, i battiti di ciglia come virgole e punti.

I loro battiti cardiaci invece erano il metronomo che scandiva l’ inizio e la fine di ogni periodo.

Che scandiva il  tempo che ancora mancava a ciò che inevitabilmente li aspettava.

 

Kaede spostò leggermente un piede.

Quel piccolo movimento diede ad Hanamichi il coraggio di muoversi, di avvicinarsi senza smettere di fissarlo, mentre il suo compagno dai capelli neri si sporgeva in avanti, aspettandolo.

 

Lui dagli occhi nocciola si fermò in ginocchio fra le sue gambe aperte ed arcuò la schiena, raggiungendolo lentamente.

 

I loro respiri  veloci uscirono l’ uno incontro all’altro mentre Hanamichi inclinava la testa di lato per arrivare alla sua bocca.

Kaede iniziò a chiudere gli occhi, lentamente, un millimetro alla volta.

Regolando il proprio tempo a seconda di quello che il suo compagno impiegava per raggiungerlo.

Chiuse gli occhi velandoli completamente ed accettò quel ragazzo dai capelli rossi sulle proprie labbra socchiuse.

 

Un bacio semplice e si lasciarono.

Poi Hanamichi si alzò, tremando impercettibilmente e  salì al piano di sopra, sparendo sulle scale.

 

Allora era stato solo un bacio della buonanotte?

 

Kaede se lo chiese alzandosi lentamente dopo qualche minuto, salendo a sua volta dopo aver spento tutte le luci.

 

Si fermò davanti alla porta chiusa di quel ragazzo.

Indeciso.

 

Non sapeva cosa fare.

Per la prima volta nella sua vita.

Non sapeva cosa fare.

 

Bussò leggermente.

Forse troppo piano.

 

 

Nessuna risposta.

 

Forse aveva interpretato secondo i propri desideri lo sguardo che Hanamichi gli aveva regalato prima di salire.

 

Non bussò una seconda volta e tornò in camera sua, non accese la luce, voleva pensare e ripensare.

Rivivere per tutta la notte quel dolcissimo attimo d’ affetto reciproco.

 

Si avvicinò al letto, deciso a lasciarvisi andare sopra.

 

E fu allora che alla luce delle finestre lo vide.

 

Steso lì.

Sul suo letto.

Fra le sue lenzuola.

 

Che lo aspettava.

 

Kaede perse il respiro mentre lo guardava  girare il viso sul cuscino, il suo cuscino e fissarlo sorridendo.

 

 

 

“Quanto mi hai fatto aspettare…….”

 

 

 

Un sussurro timido.

Di lui disteso.

 

 

 

Lo fece impazzire.

 

 

Kaede salì sul letto e poi a cavalcioni su di lui.

 

“Mi farò perdonare”gli mormorò all’ orecchio e lo baciò leccando la sua bocca e la sua lingua

 

 

Hanamichi si girò, facendo stendere  il compagno al suo fianco mentre continuava a cercare e ricambiare i suoi tocchi di labbra.

Kaede si sollevò su un gomito, fissandolo negli occhi, gli sfilò la maglia gettandola a terra, lontano ed iniziò a passare le mani su quel corpo bollente, lasciandosi a sua volta accarezzare dalle dita dell’altro.

 

I loro gesti erano lenti e timidi e solo per questo ancora più sensuali ed eccitanti.

Sapevano di completa inesperienza.

Nessuno dei due sapeva cosa fare, come fare e si ritrovarono più volte a cercare l’ uno le risposte negli occhi dell’altro.

Cercando nell’ amante la fonte delle proprie sicurezze.

 

Kaede accarezzò il suo corpo con le mani fino ad incontrare la stoffa spessa dei jeans, fece scorrere veloci le dita davanti ed iniziò a sbottonarli.

 

Hanamichi nascose il viso contro la sua spalla e il ragazzo dai capelli neri lo strusciò con la propria guancia, teneramente, mentre finiva di spogliarlo.

Rimase un istante a guardarlo, perso, poi si lasciò a sua volta svestire dal compagno.

 

Si abbracciarono, tremando lievemente, vestiti solo della loro pelle e di quella dell’altro.

 

Kaede coprì entrambi con il lenzuolo leggero prima di cominciare a baciarlo sul serio.

 

Gli aprì la bocca con la lingua spingendola all’ interno in un intreccio umido e avvolgente, con le mani, nel frattempo, continuava a toccarlo donandogli piacere.

 

Hanamichi non restò immobile e si spostò ben presto sopra il compagno, desideroso di dargli lo stesso identico piacere con i suoi movimenti.

Scese sul collo, sul petto, sul ventre con le mani e la lingua arrivando fino alle gambe, iniziando una carezza più intima ed eccitante fra di esse.

 

Com’ era bello……com’ era perfetto…lo avrebbe voluto almeno una volta, ma non lo avrebbe chiesto…….

 

Kaede gemé più forte alcune volte, spingendo il ragazzo dai capelli rossi sul suo corpo.

Lo sentì risalire strusciando le loro intimità finché il desiderio non divenne insopportabile per entrambi.

 

Allora si stesero uno di fianco all’ altro, guardandosi negli occhi e si abbracciarono ancora.

 

 

“Hanamichi”sussurrò lui dagli occhi chiari

 

 

“Kaede”

 

 

Ripresero a baciarsi con urgenza, il desiderio che continuava a crescere, le loro intimità tese.

 

Il ragazzo dai capelli neri si stese sotto di lui.

Hanamichi stupito lo chiamò piano.

 

 

“Va bene così Hana – sussurrò – tu hai sofferto anche troppo, non voglio farti provare ancora dolore”

 

Un grande significato dietro, un grande affetto.

Interesse per chi aveva sopra di sé.

 

“E pensi che io voglia farlo provare a te?”

 

 

“Do’hao”rispose guardandolo, trascinandolo per annegarlo nei suoi occhi in tempesta

 

Significava

‘Non temere io sono pur sempre Kaede Rukawa’

 

 

“Kaede…io…”

 

Il ragazzo moro decise per il bene d’ entrambi  di porre fine alla questione con un bacio caldo ed eccitante poi prese la mano di Hanamichi per portarsela alla bocca e succhiarne le dita.

 

Mentre le leccava gli sussurrò.

“Ma non sarà sempre così….ricordalo”

 

 

Hanamichi annuì, rapito dalla bellezza del suo viso così vicino e sensuale e lo aiutò a farsi scivolare sulla lingua quelle dita.

 

Un attimo dopo si sentì sussurrare sulla pelle.

“Preparami Hana”

 

Il ragazzo dai capelli rossi lo baciò con trasporto mentre con un dito entrava delicatamente dentro di lui.

 

Kaede emise un lungo gemito mentre quel dito entrava in profondità, mentre cominciava a muoversi strusciando nel suo corpo.

Il ragazzo dagli occhi azzurri si strinse ad Hanamichi e sentì sospirando un secondo dito raggiungere il primo ed unirsi a quel movimento ritmico e profondo.

Lui dagli occhi nocciola continuava a baciarlo sul viso, sul collo, sulle spalle mentre con il terzo dito Kaede si lasciava sfuggire un ansito di fastidio.

I loro corpi presero a muoversi con quelle dita, Kaede chiamò il suo amante.

 

“Hana…adesso”

 

Hanamichi si sollevò su di lui,  il ragazzo dai capelli neri schiuse le gambe permettendogli di sistemarvi i fianchi e lo chiamò, ancora, invitandolo, senza voler inutilmente attendere.

 

Il ragazzo dai capelli di fuoco cominciò a penetrarlo lentamente.

Kaede chiuse gli occhi stringendo i denti candidi, il dolore si fece strada serpeggiando nel suo corpo mentre Hanamichi affondava dentro di lui.

Lui dai fili di seta nera ignorò ogni altra cosa che non fosse quella pelle amata su di sé.

 

Lui.

Che si lasciava violare così, quando per anni aveva anche solo rifuggito semplici strette di mano.

Lui.

Che godeva di quello che provava quando da meno di un mese aveva imparato a sentire sentimenti così forti.

Lui.

Che amava chi aveva sopra, di un amore folle ed irrazionale ed inspiegabile.

Così tanto da fargli mettere da parte la propria fisicità, il ruolo che sentiva proprio in quel rapporto…

…solo per non fargli provare quel piccolo dolore che già si era sopito assieme ad un minuto di attesa.

 

Sorrise.

No.

Proprio non aveva voluto per lui, per il ragazzo così triste che aveva sofferto una vita intera, neanche un altro istante di sofferenza, nemmeno voluttà, ma solo piacere.

 

Poi, si disse, quando il suo amore sarebbe stato meglio avrebbe preso anche lui ciò che di diritto ormai gli apparteneva e gli sarebbe appartenuto per sempre.

 

Kaede lo sentì ora entrare centimetro per centimetro e si aggrappò alle sue spalle.

Hanamichi lo guardò, con preoccupazione e si chinò sfiorandogli le labbra.

 

“Ti amo”vi soffiò contro

 

Rukawa aprì gli occhi mentre lui entrava completamente.

 

Il silenzio, i respiri ansanti.

 

Un sussurro.

 

“Kae….de come …va?”

 

“Hana dimmelo ancora….”

 

E lui lo ripeté iniziando a spingere.

 “Kaede sei così……kami……ed io ti amo…….”

 

Hanamichi spinse ancora una volta, più forte, poi un’ altra, mentre il corpo di Rukawa lo accoglieva iniziando a rispondere a quel ritmo.

Ben presto le spinte divennero più forti, portate da tutto quel corpo.

Kaede cominciò a gemere a voce sempre più alta, il dolore scomparso, il piacere sempre maggiore.

 

Hanamichi gemendo a sua volta, guidato dalla mani del suo amante, lo prese per i fianchi muovendosi con tutta la sua forza, mentre il piacere davvero saliva.

 

Il ragazzo dai capelli neri lanciò un unico grido isolato.

 

Lui che non alzava mai la voce.

 

Un unico grido.

Perché aveva avvertito la prima delle ultime spinte violente.

Hanamichi fece da eco, continuando ad alzare la voce in grida inarticolate solo per tutto quel piacere che vibrava nel suo corpo e si irradiava dai loro ventri uniti.

Spinse ancora un’ ultima, profonda volta.

 

 

Hanamichi si lasciò andare sul corpo del suo amante avvertendo nel silenzio interrotto dai loro ansimi solo il martellare furiosissimo del cuore del suo Kaede e del proprio.

 

Due cuori veloci ed irregolari o forse in quel momento erano uno solo…………..

 

Si lasciarono scivolare uno accanto all’ altro senza separarsi e così si addormentarono, sfiniti.

 

 

 

La mattina radiosa li svegliò tardi.

Si prepararono velocemente dopo un bacio leggero.

 

A scuola si incontrarono sulle terrazze.

Il vento si divertì a giocare con i fili di seta di Kaede e quelli di lino di Hanamichi.

 

“Kae….io pensavo…….”

 

 

“Nh?”

 

 

“Non posso….non posso rimanere per sempre a casa tua……..cosa direbbero i tuoi ?”

 

 

“Tsk”

 

 

“Si, ma sono pur sempre un estraneo per loro……”

 

Kaede gli si accostò, stringendolo alla vita, le mani salde sui fianchi.

 

“Beh, ma non lo sei per me e per il mio corpo  quindi….”

 

Hanamichi rise.

Superficialmente.

 

 

“E’ inutile rimandare…….non voglio ferirti…anzi…stare con te, vivere lì con te è meraviglioso……..una cosa che non avrei mai neppure immaginato ….ma non posso continuare ad evitare il problema………………………………devo tornare in quella casa”

 

 

“Perché?”

 

 

Hanamichi afferrò con una mano la rete verde metallico, guardando lontano.

Verso l’ orizzonte.

 

“Per me e per te………per diventare ancora più forte…….per essere degno di te……”

 

 

“Tu lo sei già……..”

 

 

Un'altra piccola risata.

Poi Kaede catturò le sue labbra.

 

 

“Ne parleremo stasera”

 

 

 

 

Quella sera li trovò abbracciati sul divano, in piene effusioni di reali sentimenti.

Avevano condiviso amore la sera prima, Hanamichi sperò che adesso fosse il suo turno di lasciarsi al corpo dell’altro.

E cercava insistentemente un contatto con lui.

Fosse anche solo quello dei loro cuori che tamburellavano vicini.

 

 

Ma  Kaede lo scostò lievemente, guardandolo negli occhi.

 

Kami come lo amava quel ragazzo dai capelli rossi.

Gli era entrato nell’ anima a poco a poco.

Dolcemente.

Lo amava e lo voleva.

Perché qualcosa era rimasto ancora in sospeso.

 

Ma non quella sera.

 

 

Si alzò, Hanamichi con lui.

 

Il ragazzo dagli occhi nocciola lo anticipò correndo su per le scale.

 

Aveva voglia di giocare.

 

Kaede spense le luci e lo seguì.

 

Nel buio della sua stanza non lo trovò.

Cercò allora nell’altra.

 

E lo vide steso sul suo letto, nella camera degli ospiti.

 

Sorrise.

Una notte per uno.

In ogni stanza.

Ad alternarsi in amore.

 

 

Ma non doveva cedere o avrebbe perso quell’ unica opportunità di rendere ancora più forte il suo amante.

 

Si avvicinò sensualmente e salì su di lui.

 

Si scambiarono molti baci.

A lungo.

Ma poi Kaede si alzò.

 

“Vieni andiamo a dormire di là,  il letto è più grande”

 

Hanamichi lo fissò confuso.

Anche al buio il ragazzo dai capelli neri vide i suoi occhi riempirsi di delusione.

 

 

“Allora non vuoi …?”lasciò in sospeso il rossino

 

Kaede si sedé sulla sponda del letto per accarezzarlo, ma il suo amante si scostò.

 

“Perché?”chiese Hanamichi

 

“Non ora Hana, domani, domani promesso”

 

 

“Mi dirai la stessa cosa anche domani ?”

 

La voce più alta, il tono ferito, ferito a morte.

 

“No, te lo dico solo stasera, perché domani non avremo il tempo per parlare……..”mormorò calmo, malizioso

 

Hanamichi scosse la testa.

 

“No, io capisco solo che non mi vuoi …..cos’ è ….ti disgusto?”

 

La volpe alzò uno sguardo irato lasciando scintillare al buio i suoi pericolosi occhi ghiacciati.

Afferrò Hanamichi e lo gettò di  nuovo sul letto dal quale si era alzato.

 

 

Lo fissò tenendolo prigioniero solo con quello sguardo gelido.

 

 

“Non   osare   mai   più   pensarlo     chiaro?”scandì lentamente Kaede

 

 

 

Hanamichi non rispose.

 

 

 

“Se vuoi fare il do’hao fallo con gli altri…….non con me……….”sussurrò ancora il ragazzo moro

 

 

Poi velocemente gli slacciò il bottone dei pantaloni ed infilò dentro la sua mano.

Trovò quel che cercava ed iniziò a toccarlo, a farlo gemere e poi gridare.

 

Muovendo velocemente quelle dita, sempre più forte, con un po’ di violenza.

 

Hanamichi perse la ragione, inarcando completamente la schiena, godendo disperatamente.

 

Kaede strinse ancora la presa, delicatamente e lo lasciò venire.

 

 

Il ragazzo dai capelli rossi ansimò piano, qualche volta, prima di far riprendere al suo cuore un ritmo normale.

 

Improvvisamente i suoi occhi vennero feriti dalla piccola luce di una abat-jour.

I loro sguardi si incontrarono.

 

Facendo attenzione Kaede portò fuori da quei pantaloni la propria mano.

La osservò un istante, desiderando per sé quei piccoli rivoli lenti che scendevano.

Schiuse le labbra e davanti al viso incredulo del suo amante la ripulì.

Leccando, succhiando.

 

Quando finì l’ unica cosa che vide fu il rossore intenso che colorava le guance del suo Hanamichi.

 

Si alzò quindi, lasciando che il suo dolce compagno si accorgesse della sua intimità tesa sotto la stoffa e gli tese una mano.

Il ragazzo dai capelli rossi la accettò, senza dire niente.

Parlò Kaede per entrambi.

 

 

“Andiamo a dormire ora……..dobbiamo svegliarci presto domani ……..verrai in un posto con me…………”

 

 

“Si…ma tu….dimmi solo una cosa……ora……adesso…e non mentirmi …..”

 

“….”

 

“La proposta di vivere con te…….l’ hai fatta solo perché provavi pietà…di me?”

 

 

Silenzio.

 

 

“No…….la prima volta ti ho ospitato perché mi andava…………...perché servivi alla squadra……..”

 

 

Silenzio.

 

 

“E la seconda….questa?”

 

“Perché servivi a me”

 

“Mi amavi già?”

 

“Ti amo”

 

 

Un bacio.

 

Si allontanarono e si stesero insieme qualche metro più in là, in un’ altra camera.

Per dormire abbracciati, nuovamente sicuri dei loro sentimenti, sereni.

 

 

 

L’ alba seguente li trovò di nuovo insieme e si rallegrò.

Kaede aprì i suoi occhi di cielo e svegliò l’ amante.

Un paio di umidi baci e si alzarono.

 

Kaede condusse per strada il compagno.

Passeggiavano tranquillamente, sfiorandosi con lo sguardo.

Fino a che il paesaggio circostante non adombrò il sorriso luminoso di Hanamichi.

 

Rukawa non lo guardò, lo costrinse a proseguire, entrò nello stabile, salì con lui le scale ed aprì la porta.

 

Vetri rotti e odore di chiuso li  avvolsero.

 

 

Hanamichi rimase immobile, il respiro debole, senza un suono, quasi temesse di infrangere la quiete che regnava in quella semioscurità.

Kaede lo prese per mano ed entrò senza indugio.

Sotto i loro passi i vetri gemevano contorcendosi.

Lui li ignorò per entrambi.

 

Il ragazzo dai capelli neri si inoltrò nelle stanze interne.

Ne aprì una.

Un grande letto matrimoniale vetri infranti e tende strappate anche lì.

Kaede entrò.

 

 

Spinse Hanamichi sul letto, fra le lenzuola divelte e salì su di lui.

 

Il ragazzo dai capelli rossi lo fissò in quegli occhi in tempesta.

 

 

“Cosa…?”

 

 

“Mmmh….non volevi essere preso?”sussurrò iniziando a baciarlo

 

 

“Si……..mmfh….si, ma non qui……perché qui….perché Kae?”

 

 

“Perché tu hai dimenticato che anche in questa casa c’ è stato amore……..sei nato qui, no?”

 

 

Hanamichi annuì, sorpreso.

 

 

“Il dolore lo ha un po’ cancellato, ma ora lo faremo rivivere……..non temere”

 

 

Il rossino lo abbracciò.

 

“Capisco…ma perché proprio qui, perché non nella mia stanza?”

 

 

“Non essere impaziente, andremo anche nella tua dopo…”

 

 

“Dopo……?”

 

 

 

 

“Oh si, pensi che io possa accontentarmi di una volta sola?”

 

“No, non possiamo qui….no, Kae…..”tentò di divincolarsi debolmente

 

“Sssh…ti avevo promesso che non avremmo avuto il tempo di parlare perciò zitto amore…”

 

Kaede si chinò su di lui e unì le loro labbra, profondamente.

 

Voleva violarlo in ogni parte di quella casa.

Per fargli capire che lo amava, che poteva e voleva lasciargli solo bei ricordi.

Che glieli avrebbe lasciati cancellando quelli tristi.

Che lui c’ era e ci sarebbe stato.

Ancora per molto, molto tempo.

 

Avrebbero fatto rivivere l’ amore in quella casa.

Anche se in modo diverso.

Perché l’ amore non è mai un sentimento che possa rimanere uguale.

Ma l’ avrebbero fatto.

Insieme.

 

 

 

 

Kaede scese lungo il suo corpo, toccando, suggendo.

Intensamente.

Con desiderio.

Tutto il desiderio represso del giorno prima.

 

 

Spogliò l’ amante dando ad ogni pezzetto di pelle nuda il benvenuto al suo sguardo con un bacio umido e leggero.

Esplorò il suo corpo con millimetrica precisione, ogni singola parte.

Sfiorò e lisciò i suoi capelli, intrecciò le dita in essi, morse la sua gola, succhiò il suo mento, prese fra le labbra il lobo del suo orecchio.

Scese lungo la sua pelle dorata, invaso dai gemiti e dai sospiri, seguì la maliziosa linea dei fianchi fino alla virilità tesa.

La assaggiò delicatamente, gentilmente.

Sentendo le dita contratte del suo compagno serrarsi sui suoi fili di seta nera.

Lo accontentò chiudendo lieve la bella bocca su di lui.

Lo lasciò impazzire per un altro attimo poi si allontanò.

 

Un puro sguardo di sfida si dipinse negli occhi nocciola.

Hanamichi invertì le loro posizioni e giocò a lungo con l’ amante.

Mordendolo, strusciandosi su di lui, ma senza poi toccarlo veramente.

 

Con un movimento rapidissimo Kaede lo afferrò per trascinarlo sotto di sé, lo immobilizzò poi gli portò alle labbra le proprie dita.

Non era più il momento di giocare.

Volevano entrambi appagamento e piacere.

 

Hanamichi accolse con la lingua quelle dita, succhiandole dalla punta fino alla base.

Curiosando fra gli spazi aperti fra l’ una e l’ altra.

Kaede lo aiutava facendosi incontro a quella lingua quando la vedeva guizzare in cerca di lui ed allontanando la mano nei momenti in cui il suo amore voleva solo riprendere fiato ed un po’ di ragione.

 

I secondi passavano lenti.

Kaede lo preparò con cura, scivolando dentro e fuori, accarezzando, allargando.

Imponendo a quel corpo un movimento leggero, che partiva dal basso spingendo verso l’ alto.

I gemiti s’ impennarono come già il respiro sconfitto dagli ansiti d’ amore.

 

Lui dagli occhi chiari si stese su quel corpo in sospiro e chiese spazio fra le sue gambe.

 

Hanamichi acconsentì volentieri, schiudendole per lui, lasciandogli libero accesso e tutto lo spazio necessario a fargli ogni cosa.

 

Poco prima di posarsi sulla sua apertura Kaede sussurrò.

 

“Fermami se senti troppo male”

 

“Troppo male?”

 

“Si…un po’ è inevitabile”

 

“Mmh e per quale motivo dovrei farlo adesso che lo so?”chiese Hana

 

Il suo sottile tono divertito sfuggì al compagno.

 

“Non sei obbligato…..se vuoi possiamo fare come l’ altra sera” mormorò spostandosi sotto di lui

 

 

“No – rise Hanamichi ribaltando ancora una volta le posizioni, circondando con le cosce i fianchi dell’ amante – non posso lasciarti tutta la gloria”

 

“Non devi dimostrarmi niente”gli soffiò sul viso Kaede cercandolo in un bacio

 

“Ora che lo so lo voglio ancora di più….voglio vedere il tuo viso preoccupato che mi guarda quando spingi un po’ più forte, voglio le tue mani che mi accarezzano per calmarmi, voglio le tue parole dolci…………e poi non ho voglia di fare fatica….su vieni ……voglio tutto il piacere che puoi darmi”

 

Kaede sorrise.

Un sorriso vero e dolce.

Mentre lo penetrava con decisione.

 

Hana si tese, mugolando di dolore.

Cercò le spalle forti del suo Kaede, esattamente come quella sera il suo Rukawa aveva cercato le sue.

 

Cercò di respirare, di arginare il dolore.

Ed allora vennero in suo aiuto le cose che aveva chiesto prima sussurrando.

 

Gli sguardi preoccupati, le carezze di quelle mani grandi, le parole dolci e tutto il resto.

Tutto per lui.

Solo per lui.

 

 

Si sentiva così bene.

Nonostante tutto il fastidio che il suo corpo provava si sentiva così bene dentro, con sé stesso e con lui in sé.

Era come se tutta quella pelle affondata in sé portasse via con il piacere ogni altro pensiero e ricordo.

 

Davvero sentì sparire la sofferenza e la tristezza.

 

Ogni sofferenza.

Ogni scia di dolore rimastagli nell’ animo da quando se ne era andato da quella casa.

 

Dimenticò gli orrori e ripensò a quando stava crescendo in quella casa, all’ amore familiare che lo aveva circondato, a tutto quello che di bello aveva condiviso quando ancora era piccolo.

 

Kaede fu il suo amante dei ricordi.

 

Con lui dentro di sé ripensò a quanto dimenticato e messo da parte.

Si sentì bene.

Così bene da lasciar scendere una lacrima fraintesa dal suo ragazzo dai capelli neri.

 

Kaede si chinò sul suo bel viso abbronzato e leccò via quella perla liquida, accarezzandolo.

 

“Andrà bene……dai…….”mormorò

 

Hana sorrise.

 

“Va già bene……”

 

“Ne sono felice”

 

“Spingi ti prego, pensa solo a spingere ora”

 

“Come vuoi”

 

Le prime forti spinte non si fecero attendere.

Hanamichi gridò con tutto il fiato che aveva.

Perso in quella sensazione perfetta.

Diversa da quella della sera precedente.

Diversa da ogni altra esperienza.

 

 

“Kami…quanto sei caldo ………”ansimò Kaede

 

“Anche tu lo eri ……anche ...tu”rispose Hanamichi

 

“Tu lo sei senz’ altro di più…….caldo e umido………stretto…..kami, kami Hana”

 

“Kae….mmh….”

 

Kaede gemé a sua volta, spingendo con tutta la sua forza.

Quelle grida che gli salivano al volto lo facevano andare a fuoco e quel corpo caldo in cui era immerso,quelle sensazioni, lo spiraleggiare del piacere.

D’ istinto si tirò indietro per poi riaffondare in profondità, gridando il suo nome, sentendo gridare il suo mentre insieme raggiungevano un orgasmo perfetto. 

 

 

Riposarono insieme.

Fino a metà mattina poi Kaede si alzò.

 

“Vestiti Hana, vieni con me”

 

Il ragazzo dai capelli rossi lo seguì, al centro del piccolo salotto.

La desolazione lo colpì nuovamente, a tradimento.

 

Osservò le irregolari macchie di sangue rappreso.

Come odiava la vista della sua casa in sfacelo dopo aver ricordato che di giorni più belli quelle mura ne avevano vissuti tanti.

 

Kaede gli strinse una mano e lo baciò, costringendolo a chiudere gli occhi e poi a riaprirli per vedere solo lui.

 

“Ho deciso…..”

 

“Cosa, volpe?”

 

“Sistemeremo insieme casa tua”

 

“Sistemare?”

 

“Si…..faremo tutto nuovo …..imbiancheremo, puliremo, sposteremo i mobili”

 

“Kae….”sussurrò commosso

 

“Ci stai do’hao?”

 

“Non chiamarmi do’hao…..kitsune maledetta”

 

 

“Ok, cominciamo dal salotto e dall’ ingresso, andiamo a comprare quello che ci serve”

 

“Si, ma useremo i soldi del mio lavoro…e non accetto un no, stavolta, chiaro?”

 

Un sorriso condiviso e scesero insieme.

 

Lavorarono fino al primo pomeriggio.

Mangiarono insieme.

Le macchie di sangue sparite dal pavimento.

 

Lavate via da Kaede che le aveva osservate con astio mentre intristivano lo sguardo del suo amante.

 

Il sole e l’ aria di quel bel pomeriggio entravano facendo a gara ad oltrepassare gli infissi dorati della finestra.

I vetri furono tutti raccolti e gettati.

 

Lontano dagli occhi, lontano dal cuore.

Non varrà per le persone si disse Hanamichi, ma di certo valeva per gli oggetti.

 

Mangiarono sul tappeto, con le schiene appoggiate al divano poi Kaede lo prese per mano, interrompendo la quiete, baciandolo.

 

“Vieni, andiamo di là”

 

“Dove, volpaccia?”

 

“In camera tua….”

 

“Ma non abbiamo nemmeno finito di sistemare l’ ingresso….”

 

“Ma io non voglio sistemare……voglio fare pausa…..”

 

“Perché di là?”

 

 

“Parli troppo do’hao…ti basti sapere che di là c’ è un letto”

 

 

Si amarono ancora.

Intensamente.

 

Portando via ancora un altro pezzo di radicata malinconia.

Mentre il lenzuolo scivolava dai suoi fianchi impegnati in quei movimenti erotici Kaede affondò ancora in lui e lo fece di nuovo sentire bene.

 

Così bene, pieno di libertà e piacere.

 

Hana aveva adorato avere per sé il corpo del compagno, ma stava troppo bene così.

Pieno di lui.

In dono.

 

Sembrava la cosa giusta.

La cosa più giusta e bella che avesse fatto al mondo.

 

E la riprovò ancora, quando il suo Kaede lo spinse a fine pomeriggio sul divano, per giocare con lui un altro po’.

 

“E’ questo il divano che non ti ha fatto dormire?”

 

Hanamichi annuì.

 

“Vedrai come riposerai quando ti avrò stancato per bene”

 

“Hn…sono già stanco”mugolò il ragazzo dagli occhi nocciola

 

“Se vuoi lasciamo stare allora….”

 

“Non sia mai, volpe, mi piace troppo averti dentro di me……vorrei fosse sempre così…”

 

“Beh si può fare………”

 

Hanamichi rise.

Poi sospirò sentendosi ancora cercare, aprire, piacevolissimamente invadere.

 

Per sempre, si ripeté raggiungendo l’ accecante completezza dell’ apice.

 

 

‘Beh si può fare…….’

 

 

 

Il tempo scivolò via fra amore (uh uh…il suo Kaede sapeva diventare un amante premuroso…..lo prendeva con forza e passione poi lo accarezzava, lo cullava e coccolava  sotto le coperte….dopo..)basket e lavoro a casa (si dissero sempre più felici ogni volta che ci rientravano).

 

 

 

Il giorno dopo la squadra scoprì da Hanamichi il loro progetto.

In pubblico Kaede rimproverò il suo compagno con un semplice do’hao.

In privato …beh, in privato…….diciamo che chiese scuse più…’approfondite’.

 

La domenica seguente imbiancarono insieme tutta la casa.

Si sentirono utili.

La squadra, il guntai, Hanamichi e Kaede.

 

Fu uno splendido pomeriggio.

 

E quella sera fra le braccia della sua volpe, rispondendo alla semplice domanda ‘Sei stanco?’, Hanamichi si disse pronto anche subito ad uno one on one, a battere tutta la squadra uno ad uno, a vincere il campionato, a fare rissa con lui e poi  farsi amare nelle tre stanze che ancora rimanevano da ‘esplorare’.

E tutto insieme anche.

Ovviamente poiché era un tensai.

 

Kaede si alzò prendendolo per mano.

“Vieni tensai dalle grandi energie …la cucina è una di quelle tre stanze”

 

 

 

 

 

 

 

 

Fine

 

 

 

 

 

 

 

 

 

19 settembre 2004

Per molti è una data che non ha nessun senso……per me oggi ne ha uno importantissimo…….è passato esattamente un anno da quando ho cominciato a pubblicare allo ysal……..quindi è una data importantissima, un anniversario che ho deciso di festeggiare in privato regalandomi questa ff.

Questa ff non è una semplice idea del momento.

E’ la mia prima ff yaoi su Slam Dunk.

Con la mia prima lemon.

La scrissi all’ incirca nel febbraio del 2003………..(mamma quanto tempo)……era in bella calligrafia rossa su 23 fogli bianchi da allora…..e aspettava…aspettava il momento in cui sarebbe stata trascritta……e pubblicata……..

Mi è dispiaciuto interrompere il ciclo delle mie dediche, ma questo anniversario andava festeggiato.

E’ un mio esclusivo vezzo.

 

Chiedo scusa a chi ho dovuto mettere in cavalleria (Hyme, Naj perdono)e chiedo scusa a chi troverà brutta questa ff.

Abbiate pazienza, è molto diversa dai miei registri di scrittura, in fondo in un anno e mezzo si matura, no?

 

In più nonostante il titolo sia Ruhana è più propriamente una hanaruhana ……mi dispiace moltissimo, avevo promesso a qualcuno che l’ avrei cambiata completamente in ruhana ma poi non l’ ho fatto….

Non l’ ho fatto perché tenevo troppo alla sua originalità e nonostante la prima lemon non mi abbia suscitato grandi emozioni (a dimostrazione dei miei sani istinti ruhana….difatti verso la fine attesto che sia per Hana che per Ru la soluzione ruhana è la migliore…e anche per me ovviamente…..è una specie di manifesto della mia scelta ruhana….quando ancora non sapevo scegliere fra le due…….chi mi conosce lo sa, forse gliene ho parlato …)la adoro perché è la prima loro lemon da me pensata e scritta….insomma vedetela come la prima tela di un pittore, che per quanto grezza ha per quest’ ultimo un grande valore affettivo…….

E poi si deve ringraziare questa ff se poi ho amato alla follia Hana e Ru e ho scritto tutte le altre……

Ultimo appunto…..in questa ff noterete molti spunti presenti anche in altre mie storie…beh non lasciatevi ingannare…essendo nata prima ‘Ruhana’ è la capostipite, la fic regina, quindi parte tutto da lei….ih ih datele onore…..^_________________^

 

Baci,

 Mel