Every You Every Me

di Hisoka K. Shindou



 

“Ehi, ti vedo alquanto distratto...!”

Quelle parole mi colgono di sorpresa. A dire il vero più che quelle parole in sè stesse a farmi sobbalzare è stato il suono di quella voce che ben conosco.

“Mi hai preso alla sprovvista!” rispondo.

Lui ride. “Me ne sono accorto, be’... scusa! Sfogli un libro ed hai lo sguardo perso nel vuoto!”

Ultimamente mi capita spesso di estraniarmi dalla realtà. Lo faccio senza rendermene conto. La mia testa è perennemente affollata di pensieri di ogni tipo.

“Ce li hai cinque minuti per un caffè?” mi chiede.

“Certo.”

Lo seguo fino nella saletta bar, al primo piano della libreria in cui lavora. Provo quasi un senso di nostalgia vedendo la sua figura di schiena. Ho un debole per quelle sue spalle robuste, da uomo. Quando è dietro il bancone ho la sensazione che si senta un po’ turbato. Forse non si aspettava questo incontro.

“Cosa fai, allora, questo week-end? torni a casa?”

“Hmm, sì...,”rispondo vago, “penso di sì.”

“Bene, dopotutto quella povera ragazza non ti vede da ben due mesi!” dice sorridendo, ma dall’espressione sembra dispiaciuto.

“Grazie per il caffè!”

“Prego. Ci vediamo. Fatti sentire quando torni!”

Annuisco sorridendo. Certo che mi farò sentire, come potrei non farlo.

“Baci,” mi bisbiglia.

 

 

Cinque mesi prima.

 

“Non sono più tanto sicuro dei miei sentimenti. Sai, la lontananza non aiuta certo. E comunque, ad esser sincero, non mi è mai importato troppo di quella ragazza.”

“Perchè ci vai a letto allora?!”

“E tu perchè vai con tutti quelli che ci provano con te?!” replicai io.

“Ma che dovrei fare scusa?! Non conosci il detto ‘ogni lasciato è perso’...?” rispose lui.

“Sì... certo certo...” dissi io.

 

 

Tre anni prima.

 

 

Un tizio, che neanche conoscevo, dava una festa in una villa alla periferia di Bologna. Sembra che ogni anno si tenesse un party per la fine della scuola. Il ragazzo con cui dividevo l’affitto della camera mi aveva convinto ad andare.

Era la fine di giugno. Quella sera eravamo tutti più o meno ubriachi. Feci sesso con una ragazza e il giorno dopo non ricordavo assolutamente il suo aspetto nè il suo nome.

Il forte rumore della musica techno mi rimbombava nel cervello. Odiavo quel genere di musica, ma ormai ero come in trance e non ci facevo più caso. Tentai di raggiungere un telefono per chiamare un taxi, ma inciampai su qualcuno sdraiato per terra.

Entrai nel salotto e qui diedi di stomaco vicino al camino. Mi accorsi che vicino a me c’era qualcuno. Non riuscivo però a mettere a fuoco l’immagine.

“Carino... vomitarmi addosso!” sostenne quel ‘qualcuno’ ironicamente.

Sbiancai a quelle parole, sempre che fosse possibile sbiancare ancora di più di quanto già sicuramente ero. Afferrai quel ‘qualcuno’ sentendo il mio corpo vacillare in avanti. Lui mi trascinò in bagno. Mi ritrovai abbracciato al cesso come non mi era più successo dai tempi del liceo. Mi sentivo uno schifo. Stavo da cani fisicamente e perdipiù non avevo idea di chi cavolo fosse il tizio che mi aveva soccorso.

“Che vergognosa performance...” rise lo sconosciuto.

“Scusami,” continuavo a ripetere tra un conato di vomito e l’altro.

Mi chiedevo perchè fosse rimasto tutto il tempo a guardarmi vomitare. Forse aveva dei gusti un po’ perversi. Ancora non riuscivo a vederlo distintamente. Era un tipo più alto di me.

“Stai meglio? Fatti una doccia, ti riprenderai...!”

“Sei rimasto sempre qui?”

“Certo, non potevo mica lasciarti svenire sul cesso! Dai, lavati, fai veramente schifo te l’assicuro... E poi l’acqua fredda ti farà passare la sbornia!”

“Tu vuoi uccidermi!” replicai.

“Spogliati!” mi ordinò iniziando a togliermi i vestiti di dosso.

“Ehi, ma che...?!”

“Dai, muoviti, ragazzino. Vado a prenderti qualcosa di pulito nel frattempo!”

Mi lasciò là, mezzonudo, al freddo. Pensai che sarei morto.

Il tizio che mi aveva soccorso era tornato con degli abiti puliti. Chiuse la porta a chiave e mi spinse sotto la doccia.

“Perchè mi fai questo?!” piagnucolai. “Mi farai prendere un accidente!”

“Siamo in giugno... Non ti succederà niente!”

“E perchè stai lì a fissarmi? Non sarai mica frocio?!”

“Se qui c’è un frocetto che non sa bere e piagnucola come un bambino quello sei tu!”

 

Quello fu il nostro primo incontro. Scoprii poi che quella villa era casa sua. Che gli avevo vomitato su un pregiato tappeto persiano. Che i vestiti puliti erano suoi. Che veramente era omosessuale. E che c’eravamo entrambi iscritti alla facoltà di lettere. Insomma, quella fu una serata che avrei voluto assolutamente dimenticare, ma invece...

“Lui è astemio,” sostiene ogni volta che qualcuno tenta di offrirmi da bere e si mette a ridere.

“E’ solo una birra...”

“Non mi va che mi vomiti in faccia, d’accordo?” scherza lui.

Io e Marzio frequentiamo il terzo anno di lettere, all’ Università di Bologna. Molti dei nostri compagni di corso si sono accorti che tra noi c’è un rapporto che va oltre la semplice amicizia. Anche se tentiamo di comportarci nel modo meno ambiguo possibile gli altri mica sono stupidi. A Marzio non frega molto della cosa, mentre a me sì. Il fatto è che ho una ragazza nel paese in cui sono nato e cresciuto. Una ragazza che molti mi invidiano e che è all’oscuro di tutta la situazione in cui mi sono ritrovato -per caso- a Bologna, dove vivo attualmente.

 

 

 

Due anni prima.

 

“Cos’hai? Non stai bene?”

“Ah, dai, stammi lontano. C’è troppa gente qui!”

Ci conoscevamo da un anno ormai. Eravamo molto amici, ma solo questo. Avrei dovuto mantenere le distanze da uno come lui. Marzio non mi vedeva come un amico, l’avevo sempre saputo. Il suo modo di guardarmi non lasciava dubbi. Fin dalla prima volta, anche se ero completamente brillo, mi ero accorto che c’era qualcosa di strano in lui. A volte lo sorprendevo a fissarmi anche durante le lezioni. Mi sentivo a disagio. Era una vera seccatura, tuttavia non riuscivo a dirgli di piantarla. Pensandoci bene un po’ mi faceva piacere che mi guardasse. Forse stavo impazzendo. Forse stavo diventando come lui. Non mi era mai successa una cosa del genere. E quel che era peggio era che desideravo toccarlo. E desideravo che lui mi toccasse.

“Ma insomma a cosa stai pensando?”

“Falla finita!” risposi seccato.

Nel silenzio della biblioteca tutti si voltarono verso di noi.

“Stupido...” mi disse piano Marzio.

“Non riesci a darmi che dello stupido...” sostenni a bassa voce alzandomi dalla sedia.

“E adesso dove vai?”

“In bagno... o devo forse chiedere il permesso a te?”

Marzio chiuse i suoi libri e uscì dietro di me.

“Perchè mi stai seguendo?” gli domandai una volta nel corridoio.

“Ma figurati! Chi vuoi che ti segua?!”

“Ehi, Marzio!” lo chiamò un tizio. “Passa al locale stasera, ci conto!”

“Certo!”

Mi sfuggì una smorfia e Marzio se ne accorse.

“Che c’è?” disse. “Ti dà fastidio la mia popolarità?” scherzò.

“Come no! Sai quanto me ne importa!” dichiarai.

Mentivo. Mentivo spudoratamente. Ero geloso, invece, della sua popolarità. E non perchè avrei voluto averla anch’io ma perchè mi infastidivano tutti quei tipi che gli gironzolavano attorno. Detestavo il fatto che lui... be’ che lui...

“Torni a casa? Ti va che ti accompagni?”

“No, grazie. Riesco a tornare anche da solo.”

“Che tipetto isterico!” fece Marzio. “Ma perchè ti comporti sempre così?”

“Ah, lasciami stare! Mi stai sempre appiccicato, che palle!”

“D’accordo... Allora, ciao a domani!”

Mi dispiaceva recitare quella parte, non so perchè lo facessi. Quello che dicevo non era quello che davvero pensavo. Avrei voluto stare molto più insieme a lui. Avrei voluto che mi accompagnasse. Avrei voluto comportarmi meno stupidamente.

Quella sera feci una grandissima cazzata. Andai al pub che lui era solito frequentare. Era un locale gay, ma questo già l’avevo intuito. Ordinai una birra. Mentre la stavo consumando un tipo mi si avvicinò per fare conoscenza.

“Sei da solo?”

“No, sono venuto a cercare un amico,” risposi guardandomi in giro.

In quel momento scorsi Marzio seduto ad un tavolo col tizio che avevamo incontrato in facoltà. Sembravano molto intimi.

“Ah, quello è Marzio... niente male, eh? Peccato sia uno che se la fa con tutti...”

“Ah, sì? E quello che sta con lui?”

“Uno dei tanti che frequenta... Qui lo conoscono in molti Marzio!” sorrise maliziosamente.

Finii la birra e feci per andarmene.

“Ci rivediamo?”

“Direi di no... scusa!”

“Beh, comunque io sono Claudio!”

“Piacere,” risposi stringendogli la mano.

“Il tuo nome?”

“Eric.”

Ero convinto che Marzio non mi avesse visto, invece mi sbagliavo.  La mattina dopo, in facoltà, si prese gioco di me.

“Bene bene, è stata una sorpresa scoprire che anche tu sei dei ‘nostri’!”

“Cosa?!”

“Eri al Caprice ieri sera, no? O forse era il tuo alter ego? Sai, quello un po’ frocetto,” scherzò.

“Pensavo fossi troppo impegnato per accorgerti della mia presenza.”

“Non dirmi...” rise. “Sei geloso? Guarda che se vuoi posso soddisfare anche te...”

“Immagino!” sbottai.

“Ma insomma che ci facevi in un posto del genere?” mi chiese poi, serio.

“Volevo...” presi a mentire, “chiederti scusa per ieri pomeriggio.”

“Ah, capisco,” disse lui.

“Divertito col tipo?”

“Certo! Ci frequentiamo regolarmente almeno tre volte a settimana. Con lui è difficile annoiarsi...”

“E’ il tuo ragazzo?”

“No, il posto di ‘fidanzato ufficiale’ è ancora vacante... vuoi prenotarti tu?”

“Perchè devi sempre fare queste battute cretine?!”

“Normalmente agli stupidi ci si rivolge in modo stupido affinchè possano comprendere meglio ciò che gli si sta dicendo...” continuò a scherzare lui.

“Ma va’ al diavolo!”

“Eric... ti sto solo dicendo la verità.”

“Su cosa? Sul fatto che mi ritieni un’idiota?!”

“Anche. Comunque mi riferivo a quel discorso del ‘posto’ di fidanzato... Sei ancora in tempo, sù coraggio fatti avanti!”

“E sentiamo, perchè mai vorresti stare con uno stupido?”

“Vediamo un po’...,” disse fingendo di pensarci. “La tua prima dichiarazione è stata piuttosto originale...”

“Dichiarazione? Ma di che parli?!”

“Ti sei presentato vomitandomi addosso... Dopodichè mi hai afferrato per un braccio, sei quasi svenuto, ti sei fatto spogliare e...”

“Ma finiscila!”

“...e abbiamo fatto la doccia insieme!”

“Come no!”

“Avrei potuto approfittare di te in quel momento... abusare del tuo corpo... non credo avresti reagito... E’ stato per tutto questo che io... mi sto dannando per riuscire a portarti a letto!”

Ero troppo furioso per rispondergli, così me ne sono andato piantandolo lì nel corridoio.

 

              *                       *                        *

 

Che cosa mi piace di Marzio? Non lo so bene neanche adesso. Mi tormento mentre il treno veloce mi porta dai miei genitori, dalla mia ragazza, alla realtà a cui un giorno dovrò tornare. Non riesco a capire cosa provo davvero per quel ragazzo che si è infilato inaspettatamente nella mia vita. Tre anni prima non avrei mai creduto di logorarmi la mente interrogandomi sul perchè abbia completamente perso la ragione per un tipo del genere. Innanzitutto perchè lui è un uomo, come me, e questo non riesco ad accettarlo. Poi, il suo carattere strafottente, spesso cinico, privo di delicatezza. In più di un’occasione ha dimostrato di non avere tatto. E allora perchè mai dovevo essermene innamorato?

 

Due anni prima.

 

“Darò una festa anche quest’anno in villa. I miei mi hanno dato il permesso... ci sarai, vero?”

Avevo dato il mio assenso a Marzio. Avrei partecipato alla festa e il giorno dopo sarei tornato a casa, ma di quest’ultima cosa non ne feci parola con lui se non poco prima di salire sul treno. Rachele, mia fidanzata da quattro anni, aspettava impaziente il mio ritorno, e anch’io non vedevo l’ora di riabbracciarla. Le relazioni a distanza non sono proprio il massimo. Già un anno fa l’avevo tradita andando a letto con una ragazza incontrata proprio alla festa a casa di Marzio. Tuttavia, quella era stata l’unica volta. Stavolta giurai a me stesso di non ubriacarmi, avrei bevuto una birra non di più. In effetti mantenni ciò che mi ero ripromesso, però gli eventi presero una strana piega.

Poco prima dell’arrivo dei ragazzi a Villa F., Marzio aveva chiuso a chiave la camera dei suoi genitori.

“Ma chi diavolo è tutta ‘sta gente? Come l’altro anno io metà non l’ho mai vista.”

“Sai, amici di amici...” fece lui, “la voce si sparge in fretta!”

“Sembra uno di quei party che danno in America” constatai io.

Mi rendevo conto dell’enorme differenza di classe sociale tra me e Marzio. Non che non ci avessi mai pensato, ma in questi casi era ancora più evidente.

“Devo tenerti d’occhio. A che livello è il tuo tasso alcolico?” mi chiese.

“Tranquillo... mi sono fatto solo una birra!”

Una bella ragazza abbracciò Marzio, sorprendendolo alle spalle. Lui non ebbe il tempo di dire niente che subito gli fu davanti e non ci pensò troppo ad infilargli la lingua in bocca. Rimasi allibito. Sentii le guance diventare incandescenti.

“Kate...?! Accidenti, quanto tempo!” esclamò felicemente sorpreso Marzio.

“Mi sei mancato! Triste lontano da te!” disse lei.

Era vestita con abiti molto succinti e parlava in modo provocatorio. E con accento straniero. A Marzio non sembrava dispiacere. Allora io mi allontanai. Raggiunsi dei miei compagni di corso che avevo visto vicino al tavolo degli aperitivi. Scambiammo qualche parola, poi Marzio mi raggiunse.

“Vieni di sopra,” mi bisbigliò in un orecchio.

La sua voce mi fece sobbalzare. Non domandai niente e lo seguii. Aprì la stanza dei suoi genitori.

“Entra, dai. Non mi va di stare in tutto quel casino” disse, spingendomi dentro.

“Ma vorresti sparire così? E poi... cosa ci facciamo qua?”

“Quello che vuoi. Possiamo anche dormire... o preferivi stare di sotto?”

“Ma gli altri ti cercheranno!”

“Ma no, si divertono anche da soli, non hai visto? A loro basta bere, fumare e fondersi il cervello con la musica...”

“Allora perchè organizzi questa festa tutti gli anni?”

“Beh, diciamo che quest’anno ci avrei rinunciato se non fosse che... Beh, immaginavo che altrimenti tu se non c’era la scusa della festa non saresti mai venuto a casa mia” mi spiegò, iniziando a rullare una canna.

“Cosa c’entro io? Hai dato la festa perchè eri sicuro che così io avrei accettato il tuo invito?”

“Tu non sai quanto mi faccia piacere stare insieme a te fuori dall’Università...” dichiarò, passandomi la canna.

Marzio aveva richiuso a chiave la porta alle nostre spalle.

“Ma che intenzioni hai?” chiesi preoccupato.

“Nessuna cattiva intenzione. Tieni tu la chiave così quando vuoi scappare...” disse ridendo.

Presi la chiave e me la infilai nella tasca dei jeans.

“Peccato che ‘stavolta tu non sia brillo... Ne avrei senz’altro approfittato!”

“Sempre le solite battute... E comunque mi stai facendo fumare l’erba per intontirmi, no?”

“Sei un tipo perspicace, eh?” scherzò.

“Rispondimi seriamente ogni tanto!” replicai io.

“Purtroppo per te sono serio!” rispose facendosi un altro tiro.

Lo spinello stava già iniziando a farmi effetto. “Marzio...” chiamai.

“Vado un momento in bagno a prepararmi...” disse. “Scappa adesso!” aggiunse, subito dopo, facendomi l’occhiolino.

Mi sdraiai sul letto e mi addormentai. Dormii di un sonno profondo e quando mi svegliai mi accorsi che si era già fatta mattina. Il sole filtrava attraverso la finestra. Cercai dentro la tasca dei pantaloni la chiave, ma non c’era più. Era ovvio che doveva averla presa Marzio per uscire. Quando mi avvicinai alla porta mi accorsi che me l’aveva restituita facendola scivolare sotto la porta. Sorrisi nel vederla.

“Dormito bene?” mi domandò Marzio vedendomi comparire in salotto.

“Hmm... Sono le sette... ma non sei andato a letto?”

“Volevo finire di sistemare, anzi se vuoi darmi una mano..” disse. “Questa volta si sono comportati un po’ meglio e soprattutto nessuno ha dato di stomaco!” rise.

“Ancora con questa storia! Guarda che così anche se avevo intenzione di aiutarti ci ripenso!”

“Scusa se ti ho messo la mano in tasca, per prendere la chiave, senza chiederti il permesso...”

“Non importa. Non mi hai toccato da altre parti vero?”

“Chi lo sa...” rispose in tono malizioso lui.

“Saresti proprio un bastardo se l’avessi fatto veramente!”

“Eri così fatto che sei crollato!” rise. “Toh!” disse poi, appioppandomi in mano una scopa.

Tra meno di tre ore avevo il treno che mi avrebbe portato a casa da Rachele.

“Stai sempre con la testa tra le nuvole!”disse vedendomi soprappensiero.

“Che palle!  Saranno fatti miei, no?”

“Ma sì sì... E allora? quando parti?”

“Alle dieci meno un quarto” risposi.

“Cosa?! Stai scherzando?! Te ne vai adesso?! Bell’amico che sei!”

“Scusa se te lo dico solo adesso.”

“Scusa un corno!” fece lui.

Non mi piaceva vederlo arrabbiato. Chiesi nuovamente perdono per non averglielo detto.

“Eric...”

“Dimmi.”

Mi sentivo stranamente a disagio. Mi era capitato più di una volta, mentre riordinavamo la casa, di sorprendermi ad osservare il suo volto. Non capivo bene perchè ma ero consapevole del fatto che mi stavo innamorando di lui.

“Non posso starti lontano, non riesco a non desiderare di toccarti...!” disse.

“Neanch’io ci riesco...” ammisi io.

Ecco, mi ero condannato da solo. Adesso sì, che non avevo più scampo.

“Stai dicendo che tu... provi le stesse cose per me?!” chiese incredulo Marzio.

Il mio corpo si era fatto leggero. Mi sentivo come sospeso in aria. Come in assenza di gravità.

“Eric, cazzo, vuoi rispondermi...?!”

Dissi di sì, che era vero, che anch’io provavo attrazione per lui.

Marzio scoppiò a ridere. “Non ci credo!” disse.

“Dai, piantala...” feci io, sentendomi preso in giro.

“Ma è incredibile, assurdo, quasi grottesco! Ti sto dietro da quasi un anno... e tu sempre a negarti, a trovare scuse... allora fingevi?! Era tutto un gioco, eh? E bravo...!”

“Non fingevo... ero solo confuso...” tentai di spiegargli.

Marzio mi si fece più vicino. Appoggiò la sua bocca sulla mia, io dischiusi le labbra e lasciai che la sua lingua venisse in cerca della mia. Non era troppo diverso dal modo in cui mi baciava Rachele, anche se mi sembrava che lui lo facesse in modo più sensuale. Chiusi gli occhi. Mordicchiò piano il mio labbro inferiore. Poi prese a baciarmi sul collo. Con una mano mi accarezzava i capelli e con l’altra scendeva giù lungo il mio corpo. Sentire la sua mano tra le mie gambe non era così orribile come avevo immaginato.

“Posso continuare?” mi chiese.

Non risposi.

“Ero sicuro che mi avresti tolto la mano” disse.

Mi palpava da sopra i jeans, poi iniziò a slacciarmeli. Ero fermamente deciso a lasciarlo fare. Attesi che proseguisse, anche se avevo un po’ di timore. Per la prima volta in vita mia permettevo ad un uomo di toccare il mio sesso. Provavo una sorta di curiosità e tutto sommato mi piaceva venir toccato da Marzio. Avrei voluto toccarlo a mia volta, ma provavo vergogna. Ero eccitato. Quando prese in  bocca il mio pene fui invaso da un’ondata di calore. L’imbarazzo c’era, non lo nascondo, ma il piacere che provavo era immensamente superiore. Stavo quasi per raggiungere l’orgasmo, quando la vibrazione del mio cellulare mi distolse da quello stato di ebbrezza in cui ero finito.

In quel momento Marzio, che fino ad allora aveva tenuto gli occhi chiusi, mi guardò. Calde lacrime stavano scendendo sulle mie guance. Si arrestò immediatamente. Si staccò da me.

“No, così non va,” disse.

“Aspetta, non so perchè...!” feci io.

 

 

Quell’episodio segnò l’inizio della mia fine. Il declino del mio vecchio ego.

Marzio mi raggiunse alla stazione e salì sul mio treno.

“Vengo con te!”disse.

“Sei pazzo?!”

“Solo per un giorno, fammi felice dai. Voglio vedere il posto in cui sei cresciuto!”

Non mi consideravo gay. Solo perchè tra noi c’era stato qualcosa di intimo non...

“Giura che ti comporterai normalmente!”

“Ci proverò!”

“No!”replicai. “Guarda che ti butto giù dal treno prima di arrivare!”

Marzio rise divertito. Si era creata una strana complicità tra di noi. Sapevo che quanto era successo quella mattina non sarebbe morto lì, ma avrebbe avuto un seguito prima o poi.

Cenammo a casa con i miei genitori e Rachele. Marzio si comportò nel modo più naturale possibile, quasi mi sorprese. Sapeva fingere un’indifferenza incredibile, anche quando Rachele prese a baciarmi mentre eravamo seduti sul divano a guardare un film in cassetta. Io, invece, provavo un grande imbarazzo e cercavo di allontanarla. Pensavo a Marzio e mi sentivo a disagio. Quando si alzò per andare al bagno, lui mi lanciò un’occhiataccia.

“Sei crudele...” disse piano. “Avreste anche potuto rimandare a domani le vostre effusioni amorose, non avete alcun rispetto nei miei confronti...”

Dal tono della sua voce non sembrava veramente adirato, pensai che stesse scherzando.

Avevamo una stanzetta con un divano letto adibita a camera per gli ospiti e Marzio passò lì la notte. Verso le tre del mattino fece un’incursione nella mia cameretta al primo piano.

“Shh!” m’intimò.

“E’ troppo rischioso” dissi. “Qui non possiamo... tornatene di sotto!”

“Mi piace questa stanza,” sostenne lui guardandosi attorno. “Che bella questa penombra e poi tu... posso?” chiese prendendo ad accarezzarmi le guance.

“Ti ho detto che...”

Adesso le sue dita mi stavano toccando le labbra. Aveva dei modi di fare così sensuali.

“Buonanotte, Eric,” mi salutò baciandomi sulla bocca.

Una volta che Marzio lasciò casa nostra, mio padre mi domandò se per caso non fosse frocio. “Non credo” risposi.

Rachele, quando ci vedemmo nel pomeriggio mi chiese la stessa cosa. “Perchè pensi questo?” le domandai.

“Non saprei spiegarlo con esattezza, ma certe cose si capiscono...”

“A me non dà questa impressione” risposi in tutta sincerità.

Non mi era mai sembrato un tipo effeminato nè dal modo di parlare nè da come si comportava. E allora perchè sia mio padre che Rachele nutrivano quel dubbio?

 

 

 

Tornai a Bologna alla fine di settembre. Mi ero tenuto in contatto con Marzio tramite cellulare e mi aveva detto di aver trovato lavoro, al pomeriggio, al bar della libreria M.B. in centro. Così il giorno in cui feci il mio rientro decisi di fargli una sorpresa andandolo a trovare al lavoro. Appena mi vide, da dietro il bancone, mi raggiunse gettandomi le braccia al collo.

“Ehi, contieniti...” dissi io, guardandomi intorno con aria circospetta.

“Vado giù a prendere i tovagliolini, vieni...” fece lui. Mi trascinò con lui nel montacarichi e scendemmo nel seminterrato. Una volta in magazzino, sicuro di trovarsi al riparo da occhi indiscreti, prese a baciarmi. Lo faceva con una passione sfrenata.

“Voglio fare l’amore...” mi sussurrò all’orecchio.

 

 

 

Marzio ed io trovammo una stanza in affitto non molto lontano dalla facoltà di lettere.  La camera non era molto grande, ma per due persone era sufficiente. I letti erano singoli ovviamente. C’era un bagno in comune con le altre due camere dell’appartamento e una cucina abbastanza grande. L’affitto era accettabile.

All’inizio avevo un po’ storto il naso all’idea di dividere la camera con Marzio. Sapevo bene cosa si era messo in testa ed ero un po’ spaventato al pensiero di quale direzione avrebbe preso la nostra amicizia. Dopo quel giorno di giugno, eravamo stati lontani per tre mesi... ma adesso cosa sarebbe successo? Avremmo ripreso da lì ciò che era stato interrotto?

Una sera le mie paure si rivelarono fondate. Era passata la mezzanotte da un quarto d’ora. Tutto sembrava tranquillo. Stavo per addormentarmi quando Marzio mi si avvicinò mordicchiandomi un orecchio. Trattenni a stento un urlo.

“Sei così teso,” disse. “Hai paura?”

Un po’ ce l’avevo, certo, non sapevo bene cosa mi sarebbe potuto succedere. Ero spaventato ma allo stesso tempo incuriosito. Il pensiero di noi due che facevamo sesso mi aveva sfiorato più di una volta. L’idea di essere posseduto da Marzio mi attirava. Ero attratto dal suo corpo, questo non potevo negarlo.

“Smettila... non voglio...” farfugliavo, ma mi piaceva sentire la sua mano che mi accarezzava.

 “Il tuo corpo non sembra del tuo stesso parere!” fece lui, in tono malizioso, mentre mi toccava in mezzo ai pantaloni. “Sei un gran bugiardo... Il tuo amichetto là sotto sta dicendo proprio il contrario!” rise Marzio.

Non pensavo mi sarebbe mai potuta succedere una cosa del genere. Sentivo di star facendo qualcosa di sbagliato. Non era qualcosa di sbagliato verso Rachele però. Verso di lei non mi sentivo affatto in colpa, non era come quando mi era capitato di tradirla con un’ altra donna Quello che mi apprestavo a consumare con Marzio non aveva l’amaro sapore del tradimento.

Mi sfilò piano i pantaloni del pigiama. Ci sapeva fare. Mi sentivo inerme. Ero completamente in balìa di quelle mani ansiose di esplorare ogni centimetro del mio corpo.

“Sta’ tranquillo, va tutto bene...” mi rassicurò, e la sua bocca si abbassò, scendendo in mezzo alle mie gambe. Mentre andava su e giù, il mio desiderio sessuale aumentava. Decisi di affidarmi completamente a lui. Mi sentivo come sotto ipnosi. Mi piaceva.

Cosparse l’indice e il medio della sua mano destra di saliva e le infilò piano dentro di me. Avrei voluto ribellarmi, ma allo stesso tempo non ci riuscivo.

“Cos’è quella...” mi chiese, “un’espressione di dolore? o è solo per capriccio che fai così?”

Non so che faccia avessi. Un po’ di fastidio lo sentivo, ma non mi andava di dirgli di farla finita. “Guarda che se è solo perchè sei un ragazzino capriccioso... non avrò nessuna pietà!” disse, e spinse le dita ancora più in profondità. Stavolta mi lasciai scappare un piccolo gemito di dolore.

“Voltati, dai...non ce la faccio più, sto scoppiando!”

“No, ti prego...”dissi, “fermiamoci!”

“Non ti preoccupare. Farò piano, sarò dolce, lo giuro... ma non tirarti indietro proprio adesso...!”

“Non me la sento, ti prego...!”

“Ma tu mi vuoi, non puoi negarlo... Sei così eccitato!”

Il mio corpo lo voleva. Era assurdo. Volevo farla finita e rimettermi i pantaloni, ma una parte di me voleva che Marzio continuasse a fare del mio corpo ciò che desiderava.

“Almeno... guardiamoci in faccia...!” gli dissi.

“Ma è più complicata la posizione, potresti farti male... non sei mica un contorsionista...”

“Piantala!”dissi, sentendomi preso in giro. “Proviamoci...” insistetti.

“E va bene.”

Chiusi gli occhi. Non volevo davvero vederlo in faccia, sarebbe stato troppo imbarazzante, ma nell’altro modo mi sembrava anche peggio.

Quando la punta del suo pene si appoggiò su di me e spinse gridai.

“Va tutto bene...”

“Ma cosa ne sai...!”

“Resisti, solo un po’...”

“No! Smettila!”

“Dopo andrà meglio, vedrai...”

“...”

Decisi di arrendermi, piegandomi alla sua volontà. Mi dovetti render conto che quella posizione era davvero un po’ scomoda. Non provavo alcun piacere. Ero concentrato solo sul dolore fisico che stavo provando. Marzio, invece, ansimava per il piacere. Io desideravo essere da un’altra parte. Immaginai che il mio corpo astrale si sollevasse da quel letto. Marzio raggiunse l’orgasmo venendo dentro di me. La sensazione fu davvero strana. Era questo dunque l’amore omosessuale?

Dopo aver fatto sesso ci addormentammo abbracciati.

“Come stai?” mi chiese la mattina dopo.

“Male... non credo di potermi alzare...” dichiarai.

“Esagerato!” rispose lui. “O.k, allora non muoverti. Ti porto il caffè!”

“Non mi piace questa cosa...”

“Eh?! Il caffè a letto?”

“Ma no.. parlo del sesso... Non mi piace per niente!”

“Solo le prime volte è così” mi rispose. “Vedrai che facendolo tutti i giorni...”

“T-Tutti i giorni?! Tu sei completamente pazzo! No, questa cosa non fa per me!”

Lui scoppiò a ridere. “Bene, sei tornato in forze!”

“Smettila! Voglio dimenticarmi quello che è successo stanotte...!”

“Ah, sì?” sorrise, maliziosamente. E me lo prese di nuovo in bocca.

“Basta... ti odio!”

“Non puoi resistere, ammettilo. Proviamo le stesse cose l’uno per l’altro...”

“Rimane tra queste quattro mura, ok?” dissi. “Fuori ci comporteremo come sempre!”

“Sì, ipocrita,” rispose lui sorridendo, “come vuoi...”

 

 

In facoltà ci comportavamo naturalmente, o quasi. Io spesso cercavo di evitare volutamente il suo sguardo perchè dover fingere non mi era facile. Mi accorsi di aver attirato le antipatie di Antonio, uno dei suoi  ex amanti. Stavo per sedermi da solo in mensa quando uno dei miei compagni di corso mi fece cenno di raggiungerlo. Così mi sistemai al tavolo con lui.

“Come va?” mi chiese.

Non so come ma sapeva che io e Marzio condividevamo lo stesso monolocale. Senza girarci troppo al largo andò diretto al dunque domandandomi se io fossi gay. Rimasi pietrificato. Non potevo vedere la mia faccia, ma sicuramente l’espressione che feci avrebbe potuto tradirmi. Non sono affatto bravo a mentire.

“Non lo sono. Perchè?”

“Uno come lui, pieno di soldi, che sceglie di vivere in una camera in affitto con un altro studente... Sì, capisco che così sia più vicino all’università però...” sostenne. “No, scusa, ho tratto delle conclusioni troppo affrettate. Scusa. Scusa davvero!”

“Secondo te lui è omosessuale?”

“Non si vede?” sorrise lui.

Si vedeva? Io non mi accorgevo di niente, perchè? Eppure anche mio padre e Rachele avevano notato qualcosa di diverso in Marzio. E in me? Io come apparivo agli altri?

“A giugno, alla festa in villa, l’ho visto baciarsi con una,” dissi.

“Una straniera con i capelli rossi?”

“Sì, non mi sembrava italiana dall’accento...”

“Quella è Kate. Ha l’abitudine di farlo con tutti. Quando ti vede, soprattutto se è passato un po’ di tempo, prende e per salutarti ti infila la lingua in bocca. E’ una pazza!” rise.

“Non ci credo! Be’, comunque, io sono fidanzato...” gli dissi, “con una ragazza!” aggiunsi poi sorridendo.

Bruno, il ragazzo che avevo difronte, mi chiese nuovamente scusa mettendosi a ridere. Pensai di esser riuscito a scagionarmi.

“Senti ma tu sei proprio sicuro che Marzio sia...” cominciai a dire.

Questo fatto del si vede mi preoccupava. Anche di me si vedeva?

“Abbiamo fatto le scuole medie insieme, eravamo nella stessa classe. Alla fine dell’ora di educazione fisica lui aspettava sempre per ultimo a spogliarsi. Diceva si vergognava. Può darsi fosse vero, sentendosi diverso... Una volta lo trovai che rubava un paio di pantaloncini corti... Diventò rosso come un pomodoro per la vergogna, non so se più per il fatto d’esser stato scoperto a rubare o per via che la merce in questione fosse un indumento maschile... Io non dissi niente. Avevo dimenticato di togliermi l’orologio ed ero tornato nello spogliatoio per quello. Feci finta di niente ed uscii.

La conversazione per il momento finì lì. Pensavo di affrontare l’argomento con Marzio prima o poi. Ero curioso di sapere quando aveva scoperto di essere attratto dai maschi. Non ne avevamo mai parlato. Per quanto riguardava me, in quegli ultimi giorni mi era tornato in mente un episodio avvenuto anni prima al liceo. Ero rimasto un po’ scosso da quel ricordo e soprattutto mi preoccupava il fatto di averlo rimosso completamente per sei anni.

 

 

Dicembre di due anni prima.

 

 

“Dove stai andando?”

“A buttare la spazzatura... o vuoi farlo tu?”

“Scendo con te!” dissi infilandomi il giubbotto.

Marzio mi guardò in un modo che amavo. Con uno sguardo dolce che mi disarmava. Non mi guardava spesso così, anzi ultimamente sembrava sempre nervoso per qualcosa di cui ero all’oscuro. Mentre ci avvicinavamo ai cassonetti mi chiese che intenzioni avessi per le feste di Natale.

“Torni sù dai tuoi?”

“Sì...”

“Non potresti inventarti qualcosa e riuscire a passare almeno il giorno della vigilia qua?”

Mi stava dicendo che avrebbe desiderato passare insieme la vigilia di Natale. In effetti, ero stato un vero egoista a non pensare minimamente a lui.

Arrivarono le vacanze natalizie. Il 23 di Dicembre, il giorno in cui sarei dovuto partire chiamai la mia famiglia spacciandomi per influenzato.

“Se starò meglio il 25 vengo sù, tranquilli...” li rassicurai. Poi chiamai anche Rachele.

Cenammo insieme, io e Marzio, nel monolocale che dividevamo. Poteva sembrare squallido, ma per noi non lo era affatto. Già immaginavo che dopo lui avrebbe voluto far sesso e questo mi rendeva un po’ teso. Lo avevamo fatto tante volte in quei tre mesi, ma quella sera non ero dell’umore giusto. La verità era che avevo incontrato Antonio, la mattina, sotto i portici di Via Indipendenza. Mi aveva offerto un caffè per parlarmi a quattr’occhi in una saletta lontana da orecchie indiscrete. Mi aveva spiegato le sue ragioni. Lui era stato il primo ragazzo di Marzio. Erano stati insieme per un anno, ufficialmente, ma anche dopo avevano continuato a vedersi occasionalmente. Il fatto che io, non solo frequentassi Marzio ma, addirittura vivessi sotto il suo stesso tetto lo mandava in bestia. Non riusciva ad accettarlo. Poi mi disse che non capiva come poteva Marzio stare con uno come me. In quel momento non afferrai bene cosa intendesse dire con uno come te.

“Cos’hai? Stai pensando a Rachele?”

“No!” risposi.

Che brutta figura. Abbassai lo sguardo. Marzio aveva preparato un cenetta deliziosa solo per noi due ed io stavo rovinando tutto assentandomi.

“Allora, dove sei con la testa? Qualcosa che ti preoccupa?”

Era quasi mezzanotte. Marzio si alzò andando a frugare nel suo zainetto.

“Tieni!” disse porgendomi un pacchetto.

Rimasi sorpreso, anche perchè io non gli avevo comprato niente.

“E’ un romanzo che dovresti leggere. A me è piaciuto molto.”

Lo ringraziai e scartai il suo regalo. Era un romanzo di Michael Cunningham: “Una casa alla fine del mondo”.

“Non l’ho preso alla M.B. Sono andato ad acquistarlo in un’altra libreria... nel caso che qualcuno comunque non abbia nessun sospetto sulla mia presunta omosessualità!” sostenne ridendo.

Avevo intuito di cosa parlasse anche senza che lui me lo facesse capire.

“Scusa, io non ti ho portato niente...”

“Potresti farti perdonare ricambiando con...”

Avevo paura. Sì, avevo paura. Le mie gambe tremavano.

“Ma insomma si può sapere cosa ti prende?” insistè Marzio vedendomi titubante.

Mi sentivo confuso. Ero insolitamente e inspiegabilmente turbato da Marzio. Visto che lui si stava spazientendo alla fine gli confessai di aver parlato con Antonio. Gli raccontai tutto quello che mi aveva detto filo per segno.

“E il problema quale sarebbe, scusa, non capisco!” disse Marzio.

“Che cosa ci trovi in me?”

“Pessima domanda, pericolosa direi... Come ci rimarresti se dovessi risponderti che desidero solo scoparti? Che sto con te perchè sono attratto fisicamente da quel ragazzino indifeso che appare davanti ai miei occhi. Che dal nostro primo incontro ho desiderato fortemente abusare di te. Che per me sei solo uno svago temporaneo...”

“Forse non me ne stupirei più di tanto,” ammisi. “Perchè proprio io? Voglio dire, il mondo è pieno di ragazzini no?”

“Era meglio se partivi per il tuo paesello. A quest’ora io me ne sarei stato tranquillamente a tavola con i miei, avremmo scartato i regali, e non mi sarebbe andata di traverso tutta la cena!” dichiarò.

Era in collera con me. Avevo rovinato tutto.

“Era la verità quella che hai detto?”

Lui scoppiò a ridere. “Ma certo! E’ dal momento in cui ti ho visto nudo che ti desidero... Certo non avrei potuto aspettarmi qualcosa da te...Non potevi che suscitarmi tenerezza...Hai il fisico di un bambino! “

Nell’udire quelle parole mi sembrò di capire cosa avesse voluto dire Antonio con uno come te. Sperai di essermi sbagliato. Avrei voluto essermi sbagliato.

“Allora perchè...?”

“Non lo so... Alcune cose accadono e basta! E’ strano perchè dopo averti visto nudo hai spento in me ogni forma di attrazione!” scherzò.

“Cosa vorresti dire? Se il mio corpo non ti soddisfa allora non...!”

“E dai! Possibile che tu debba sempre prendertela così! Non avverti l’ ironia nelle mie parole?”

“Per una volta sii serio!”

“D’accordo. Dunque, il momento in cui mi sono innamorato di te? Hmm, ma quello è un po’ più recente...”

“Scherzi di nuovo?”

“Scusa. Sai, all’inizio non pensavo che sarebbe potuto nascere qualcosa di serio con te.”

“Ah, bene...”

“Sono stato sincero, no?” chiese lui. “E comunque adesso i miei sentimenti sono molto diversi. Mi faceva piacere passare la vigilia di Natale insieme, tutto qui. Possiamo anche non fare l’amore se non ne hai voglia, ma smettiamola di litigare inutilmente. Io ti amo...!”

 

 

Non c’era nessuna certezza, nessun futuro per la nostra storia, per una relazione che si consumava di nascosto in 30 mq di un monolocale in affitto.

Trascorsi un paio di settimane a casa dai miei genitori. Mi comportai normalmente con Rachele e penso che lei non sospettasse niente. Mi chiese di Marzio, una sera che eravamo seduti sul divano del salotto di casa mia a guardare la tv. Il solo sentirle pronunciare quel nome mi fece contrarre lo stomaco. Le dissi che stava bene e cambiai in fretta discorso.

Marzio invitò me e Rachele a passare l’ultimo dell’anno nella sua villa. Rachele accettò con entusiasmo, mentre a me la cosa rendeva molto nervoso. Andò tutto bene. Eravamo una decina di persone. Marzio ci presentò Kate e suo fratello Brian. La stretta di mano di quest’ultimo e quello sguardo deciso con cui scrutò dentro i miei occhi mi colpirono. Per un attimo pensai che non avrebbe più mollato la presa. Subito dopo il brindisi di mezzanotte vidi Marzio e Brian salire al piano superiore. Rachele aveva bevuto un po’ troppo e ci mettemmo sul divano. Si addormentò sulla mia spalla. Non riuscivo a togliermi dalla testa quei due. Chissà che diavolo stavano facendo. Eppure la risposta la conoscevo. Finii per addormentarmi anch’io.

“Svegliati!” mi sussurrò la voce di Marzio in un orecchio.

Aprendo gli occhi me lo trovai davanti sorridente.

“Potete sistemarvi di sopra, starete più comodi” disse.

Mi guardai intorno con aria circospetta. “Dov’è Brian?” chiesi.

“In camera mia...”

“Sei stato con lui?”

“Io e Brian ci conosciamo da anni!”

“Sì, ma ci sei andato a letto?” continuai a chiedergli.

“E se anche fosse, a te che importa? Andate di sopra, dai!”

“Marzio...”

“Porta la tua fidanzata in camera!”

Feci come diceva lui. Svegliai Rachele e andammo a dormire in una camera al primo piano.

“Sono sbronza, Eric...”

“Lo so, non preoccuparti” dissi, aiutandola a stendersi sul letto.

Qualcuno bussò alla porta: era Marzio.

“Avete bisogno di qualcosa? Una coperta in più?”

“No, è tutto ok, grazie!”

“Vieni qua un momento...”

Lo raggiunsi sulla soglia della porta.

“Sarai mica geloso di Brian, eh? Non sei stato tu a dire che fuori dalla nostra casa abbiamo le nostre vite e dobbiamo comportarci normalmente...? Io sto alle tue regole, tutto qui...!”

“Sì sì,” mi limitai a rispondergli.

A Natale aveva detto di amarmi quel gran bastardo. Lo so, ero in torto io. D’altra parte io ero fidanzato con Rachele e andavo a letto con lei quindi

“Buonanotte Eric”, mi augurò. “Superala!”

“Eh? Ma di cosa parli?”

“La tua linea d’ombra... cerca di superarla! Ti aspetterò!” rispose dandomi un bacio sulle labbra.

Tornai a letto da Rachele e mi infilai sotto le coperte con lei. Non mi sentivo a mio agio. Il pensiero di Marzio che faceva sesso con Brian mi angosciava. Eppure non potevo farci niente. Non potevo interferire nella vita di Marzio, almeno fino a che non avessi deciso di oltrepassare la mia linea d’ombra. E forse questo non sarebbe avvenuto mai. Forse perchè non era quello che volevo o forse perchè avevo solamente paura. Forse temevo quello che avrei potuto trovare al di là di quel mio confine mentale.

Quando ripresero i corsi all’università, i primi di gennaio, tornai a Bologna. Io e Marzio riprendemmo la nostra vita di coppia. Riprendemmo a giocare agli amanti tra quelle quattro vecchie mura. Tuttavia, avevo la sensazione che qualcosa si fosse incrinato nel nostro rapporto. Credevo che Brian fosse tornato a Londra, invece scoprii che viveva nell’appartamento di Kate qua a Bologna. Immaginavo che Marzio continuasse a frequentarlo e questo mi faceva star male. Una sera Kate si presentò da noi in lacrime. Disse che suo fratello era rincasato ubriaco e l’aveva picchiata. Rimase a dormire da noi. Marzio le cedette il suo letto e lui venne a dormire nel mio. Non era la prima volta che dormivamo in due in un lettino singolo. Spesso dopo aver fatto l’amore ci addormentavamo abbracciati e ci svegliavamo solo al mattino. Anche se stavamo un po’ stretti era comunque molto piacevole poter passare tutta la notte vicini.

Scoprii che Brian era il vocalist e chitarrista di un  gruppo rock. Fu Kate a dirmelo. Le avevo chiesto come avesse conosciuto Marzio e lei mi parlò del loro incontro a Londra. Non sapevo che lui avesse trascorso tre mesi in Inghilterra per una vacanza studio. Aveva conosciuto Brian durante un loro concerto in un piccolo locale underground della capitale. Erano usciti insieme spesso e tra loro si era creato un rapporto che andava ben oltre l’amicizia. Poi, lei si era trasferita in Italia, a Bologna, per studiare ed aveva ritrovato Marzio.

“That’s all!” esclamò, infine, entusiasta.

Io le sorrisi e lei ricambiò. Eravamo seduti in un bar del centro a berci una birra. Erano già le otto di sera, così la salutai e m’incamminai verso casa. In quei giorni pensavo molto a ciò che sarebbe stato il mio futuro. Pensavo alla direzione che avrebbe preso un giorno la mia vita. Mi sarei laureato e poi avrei forse trovato un buon impiego e poi

Cazzo, mi resi conto che quelle erano le ultime cose che per me contavano. Piuttosto mi domandai cosa ne sarebbe stato dei miei sentimenti, del mio amore per Rachele, e della mia storia con Marzio. Quest’ultima temevo avrebbe finito per rompersi una volta terminati gli studi universitari. Non ne avevamo mai parlato, forse perchè entrambi preferivamo vivere la cosa serenamente, senza il senno di poi. Così credevo, poi scoprii che Marzio aveva le idee alquanto chiare in proposito. Era una parte dei suoi progetti futuri che ignoravo. Un qualcosa di cui mi aveva sempre tenuto all’oscuro. Una rivelazione secca e decisa che mi si conficcò dritta nel cervello, spaccando ogni sorta di dubbio che fino ad allora vi era stato, e poi raggiunse il mio stomaco. E rimase lì, piantata come un masso irremovibile.

“Una volta laureato lascerò questa città, anche se i miei non approveranno. Raggiungerò Brian a Londra. E’ una cosa che avevo programmato da tempo, molto prima d’incontrare te.”

“Come mai me ne parli adesso?” chiesi. In realtà avrei voluto dire -soltanto- adesso.

Sorrise senza rispondere alla mia domanda.

“Kate mi ha detto che lui canta in un gruppo”, dissi.

“Sì, la prima volta che l’ho visto infatti è stato ad un suo concerto. Suonavano in un angusto live club di Londra. Mi colpì subito. Forse complice l’alcol iniziai a fantasticare su di lui. Desideravo ardentemente che quelle dita che si muovevano così esperte sulle corde della stratocaster lo facessero sul mio corpo...”

Era visibilmente imbarazzato per ciò che mi stava confessando.

“Sì, ho capito”, dissi.

Proiettai la mia vita avanti di un anno e mezzo. Vidi me stesso in un possibile futuro. Vidi la mia vita senza Marzio.

“Sai, devi proprio vederlo suonare”, continuò entusiasta.

“Certo, magari verrò a trovarvi a Londra, che ne dici? Tra un anno, dopo il diploma...”

Lui avvertì un leggero sarcasmo nelle mie parole. “Eric...”

“Sì, verrò!” dichiarai.

“Ma perchè fai così? Tu sei fidanzato. Hai la tua vita, perchè io non dovrei avere la mia?”

Era vero. La mia vita era con Rachele. Avevamo già fatto delle scelte prima di conoscerci. Il nostro incontro non avrebbe cambiato le cose. Ero stato tentato di pronunciare quell’inutile frase scontata che spesso si dice in situazioni del genere, ma decisi di non farlo. Fu Marzio a dirla al posto mio. “Se ci fossimo conosciuti prima, magari...”

Io scossi la testa. “Mah, probabilmente non avrebbe funzionato lo stesso.”

“Può anche darsi. Forse il nostro destino era solo quello di incrociarsi per un breve periodo...”

“Meglio così”, sostenni.

“Non vorrei che tu pensassi che ti abbia preso in giro. Sapevo che comunque un giorno tu saresti tornato da Rachele perciò...”

Che cosa pensavo? Non mi sentivo preso in giro? Cercai la risposta dentro di me. Scoprii che mi sentivo tradito. La fiducia che riponevo in Marzio era stata tradita. Ero stato ferito.

 

 

Verso la metà di maggio Kate venne a stare nel nostro appartamento. Occupava la stanza difronte alla nostra, tra il bagno e la cucina. Brian era tornato in Inghilterra da un paio di mesi e Marzio negli ultimi tempi era diventato intrattabile. La nostra amicizia stava andando a puttane. Inutile dire che dormivamo ognuno nel proprio letto la notte e che non avevamo più fatto sesso. Io mi rifiutavo di avere rapporti con lui dal giorno della sua confessione.

 

 

Giugno di un anno prima.

 

Ero rimasto in casa a studiare tutto il giorno perchè tra una settimana dovevo dare un esame importante, ma pensavo a Marzio e non riuscivo a concentrarmi. Poi, una telefonata di Rachele mi aveva messo ancora di più in agitazione. Diceva di sentire troppo la mia mancanza e sospettava che avessi un’altra. Andai a letto molto presto, senza neanche cenare. La tensione nervosa accumulata durante la giornata non mi permetteva di prender sonno. Kate bussò alla mia porta e la feci entrare. Barcollava. Si diresse verso il mio letto e li si sedette. Tirò fuori una cartina e dell’erba.

“Ti va di fumare?”

Annuii con la testa. Così ci facemmo una canna. E finalmente riuscii a rilassarmi. Ci sdraiammo entrambi sul letto e ci addormentammo.

Mi svegliai verso le sei del mattino. Era domenica e il sole si era appena alzato e stava facendo penetrare i suoi timidi raggi attraverso la finestra.

Marzio era andato dai suoi genitori.

Kate dormiva ancora.

Mi diressi in bagno e vi trovai Brian sotto la doccia.

“Oh, scusa...” dissi imbarazzato e richiusi la porta.

Brian alloggiava nella stanza di Kate da qualche giorno e vi sarebbe rimasto fino a quando non sarebbe ripartito nuovamente per Londra.

Non so come successe. Voglio dire, non l’avevo programmato...

Il corpo magro e ben fatto di Brian mi si era piantato nel cervello. L’immagine di lui sotto la doccia mi eccitava da matti, non riuscivo a togliermela dalla testa.

Marzio ancora non si era fatto vivo, neanche con una telefonata.

In quell’ultimo periodo la mia vita stava sfuggendo al mio controllo. Mi ero ritrovato in situazioni in cui non riuscivo a riconoscermi. Era come se stessi recitando un ruolo che non era il mio. Quasi tutto ciò che mi capitava era come se in realtà fosse solo il frutto di un sogno. Da un paio di giorni ero ossessionato dal rapporto che c’era tra Marzio e Brian. Era stata una sorpresa scoprire quanto Marzio fosse legato a lui. Non credo di esagerare dicendo che avevo la sensazione che la vita di Marzio dipendesse quasi del tutto, o comunque in buona parte, da quella di Brian. Tutto questo mi rodeva il fegato perchè avevo creduto di contare qualcosa per Marzio. Mi ero illuso che lui si fosse un po’ innamorato di me.

“C’è un caffè anche per me?” domandò Brian.

Era appena uscito da sotto la doccia ed indossava soltanto un asciugamano attorno ai fianchi.

“Ma c-certo...” balbettai, tradito dalla mia timidezza.

Capivo perchè Marzio ne fosse tanto attratto. Era dannatamente provocante. Con quel suo fisico asciutto da modello e quel suo modo di fare e quell’espressione del tipo ma dove sono? che ti spiazzava completamente. Sembrava perennemente fatto.

Comunque non credo sia stato per quello che io...

In piedi davanti a due tazze di caffè, io mi sentivo Marzio davanti agli occhi di Brian. Era davvero assurdo. Immaginavo di essere Marzio. Brian bevve il suo caffè, poi mi chiese di seguirlo. Andammo nella sua stanza, quella affittata da Kate. Non scambiammo neanche una parola ma sapevamo entrambi quelli che volevamo. Lui mi tolse i vestiti. LO fece come la cosa più naturale del mondo. Neanche ci baciammo che iniziò a toccarmi. Ed io non lo fermai. Avevo la sensazione che il mio corpo non fosse più il mio ma quello di Marzio.Volevo esser toccato da Brian. Mi piaceva esser toccato da Brian. Mi spinse deciso verso il letto. Io chiusi gli occhi. Le sue mani sulla mia pelle mi trasmettevano sesso. Solo sesso. Non c’era alcun tipo di sentimento. Non sentivo amore in quel contatto. Ero confuso, ma sentivo che quello che ci apprestavamo a fare era ciò che volevo fare. Mi ero autoconvinto di essere Marzio, se non fosse che dopo aver fatto sesso Brian mi chiamò per nome rompendo quella sorta d’incantesimo in cui mi ero trovato per tutto il tempo. Sentir pronunciare il mio nome mi riportò alla realtà. E la realtà era che io ero andato a letto con Brian.

 

 

 

“Sai una cosa che adoro di te? Che ti si legge sempre tutto in faccia, come ai ragazzini,”sostenne Marzio sedendosi vicino a me alla mensa universitaria.

Mi guardai intorno timoroso che sguardi indiscreti si posassero su di noi. Infatti scorsi Bruno che guardava nella nostra direzione. Mi sentivo a disagio.

“Non preoccuparti, sarò breve... Vieni un momento in corridoio!”

Lo seguii come un cagnolino fedele e spaventato, con la coda tra le gambe.

Sapevo che era in collera con me. Mi aspettavo anche di venir colpito. Pensavo ad un pugno, mentre invece mi sorprese mollandomi uno schiaffo. Fu meno violento di quanto avessi creduto. Leggevo tutta la rabbia nei suoi occhi: era davvero furibondo!

“Sei proprio uno stronzo!” mi accusò, con disprezzo. “Ti rifiuti di fare l’amore con me e vengo a sapere che scopi con Brian!”

Non mi sarei certo scusato. Volevo solo esser lasciato in pace. Era finita. Tra me e Marzio era la rottura definitiva.

“E’ uno sbaglio non parlare mai!” mi disse. “Cosa credevi di fare?”

“Volevo solo capire quanto davvero fosse speciale Brian...” risposi, con una strafottenza che non credevo di avere.

“Fai schifo...” mi disse. “Lo sai questo? Sei uno squallido omosessuale represso...”

“Casomai bisessuale,” lo corressi io.

Marzio rise. “Figurati! Sono convinto che quando vai a letto con Rachele in realtà immagini di far sesso con me... o con Brian... o con chissà chi...!”

Aveva colto nel segno. Era vergognoso ammetterlo ma era proprio quello che mi succedeva da un po’ di tempo a questa parte.

Marzio interpretò, giustamente, il mio silenzio come un’asserzione.

“E’ colpa del tuo parlare sempre di lui!” dichiarai.

In parte era vero. A forza di parlarne aveva finito con l’accrescere in me l’interesse per Brian.

Come si poteva non rimanerne affascinati? Brian era incredibile. Aveva un carisma eccezionale. Ammiravo la sua personalità così schietta. Brian era Brian. Era sempre sè stesso.  Era quello che pensava. E faceva tutto quello che pensava. Era un tipo davvero istintivo. Forse per questo non aveva esitato neanche un istante a venire a letto con me.

“Spero per te che tu l’abbia fatto solo perchè eri attratto da lui”, mi disse.

“Ma che t’importa!” risposi seccato.

Marzio se ne andò, mollandomi lì in corridoio. Bruno venne verso di me.

“Ma che succede? problemi con Marzio?”

“Avevi ragione, sai? sta con un tizio, londinese, e nonostante questo c’ha provato con me!”

“Hmm...il fratello di Kate?”

“Sì, lui.”

“Credevo fosse stata una storiella di poco conto.”

“Tu lo conosci Brian?” “

“Conosco la sua musica più che altro.”

Sorrisi. “E cosa ne pensi?”

“Mi piace!” dichiarò.

 

 

Guardavo Marzio tutto intento a pulire la cucina. Ero come rapito dai suoi movimenti.

“Come mai ancora in piedi?” mi chiese. “Non hai un esame importante domani?”

Ultimamente i nostri dialoghi si erano fatti ancora più sterili. Spesso quando Marzio rientrava dal lavoro mi facevo trovare già a dormire. Molte volte fingevo. Lui prendeva una lattina di birra e la stappava in camera. Vedevo il suo corpo seduto sul letto in penombra.

Da quando Brian era ripartito non avevamo più parlato di lui, tuttavia le cose tra noi non erano tornate a posto.

Una sera rincasò piuttosto tardi. Era ubriaco ed andò a sbattere contro il tavolino da fumo vicino alla poltrona. Imprecò e uscì dalla stanza lasciando aperta la porta. Barcollava. Lo vidi accendere la luce della cucina. Mi alzai e lo raggiunsi.

“Ehi, va tutto bene?”

Mi guardò sorpreso. “Ma sei scemo? Tutto bene un cazzo!”

“Dove sei stato fino ad ora? Sono le tre passate...”

“Ti amo Eric, lo giuro. Ti amo, brutto stronzo!”

Io sorrisi, cercando di mantenere la calma. “Sei messo proprio male”, dissi.

“Te la fai una birretta con me?”

“Non credi di avere già abbastanza alcol nello stomaco per stasera?”

Rise. “Sembra che si siano invertiti i ruoli, non trovi? Comunque, eviterò di vomitarti addosso!”

“Dai, ti porto di là...”

“Stasera però lo facciamo! Dai, di’ di sì!”

“Come no! Però faccio tutto io...tanto tu non ne saresti in grado!”

Rise di nuovo. “Non te lo permetto”, disse sorridendo.

“Staremo a vedere!”

Sostenendolo per la vita l’aiutai a sdraiarsi sul letto, il mio, e gli tolsi le scarpe.

“Questo è il tuo...”

“Lo so, ma era il più vicino! E poi sei tu che ti ci sei buttato sopra! Vorrà dire che io dormirò nel tuo per stanotte.”

“C’è il tuo odore...”

A quelle parole sentii un brivido lungo la schiena. Il mio odore... Il mio odore che presto si sarebbe mischiato al suo...

Senza renderme neanche conto mi ritrovai con la sua mano tra le mie gambe.

“Ehi, cosa fai?!” dissi. Cercai di usare un tono duro, ma di duro avevo solo qualcos’altro.

Marzio si mise a ridere. “Tu non puoi stare senza di me!”

“Ma va’ a quel paese!” sbottai.

“Anche se niente tornerà più come prima,” disse, “vorrei che cessassero i rancori tra di noi.”

“Ci proverò, ma non ti assicuro di riuscirci.”

“Tu non puoi riuscirci?! E allora io cosa dovrei dire? Sei andato a letto col mio ragazzo!”

“Ho fatto una cosa stupida. Puoi perdonarmi?”

“Ti perdono, ma fatti toccare ancora un po’...!”

A quel punto gli tolsi con rabbia la mano.

“Eric...?”

“Tornatene dai tuoi, per favore” dissi. “Non possiamo continuare in queste condizioni, non ce la faccio più! Mi hai stancato!”

Marzio cercò la mia mano. Me la strinse forte. “Farò come vuoi,” disse.

“Allora rimani”, dissi. Poi risi. “Sono proprio un sadico. E lo scopro in questo momento...”

 

 

 

 

Estate di un anno prima.

 

Le cose con Rachele precipitarono. Andai a trovarla alla fine di giugno. Passammo la giornata a litigare. Lei era convinta che io frequentassi un’altra ragazza. Sospettava si trattasse di Kate. Sapeva che adesso lei si era trasferita nel mio stesso appartamento. A niente serviva spiegarle che comunque avevamo camere separate e che lei aveva un mezza relazione con Marzio.

“Quello è frocio marcio! Figurati se sta con quella!”

Ero stufo di difendermi dalle sue accuse e alla fine la piantai come una stupida in mezzo di strada. Presi lo scooter e me ne tornai a casa. Rimasi in paese solo un altro paio di giorni, poi feci ritorno a Bologna.

Marzio aveva organizzato una festicciola alla villa dei suoi genitori. Aveva invitato solo gli amici più intimi. Brian era arrivato in città la sera prima. Mi aveva chiamato ed eravamo andati a bere un paio di birre insieme. Non avevo rifiutato il suo invito perchè in fondo Brian mi piaceva. Trovavo piacevole stare in sua compagnia.

Quando arrivò alla festa mi salutò calorosamente, suscitando la gelosia di Marzio.

“Che intenzioni hai?” chiese Marzio a Brian.

Vedendo l’aria che tirava mi allontanai dai due. Mi misi a sedere vicino al tavolo degli stuzzichini. Pensavo a Rachele. Ci pensavo da quando avevamo litigato. Non l’avevo più rivista ne risentita. Era già passata una settimana.

“Pensa a divertirti!” esclamò Kate vedendomi in disparte. “E’ da quando sei tornato che sei strano, è successo qualcosa a casa?”

Scossi la testa. “Ma no.”

Brian mi portò un gin tonic. “Cin cin!” brindò con me.

Marzio seccato ci infilò un dito dentro che poi mi ficcò in bocca.

“Lui sta con me,” disse rivolgendosi a Brian.

L’inglese sorrise divertito.

Marzio lo guardò con aria di sfida.

Che stava succedendo? Cos’era adesso quel cambiamento? Perchè non riuscivo mai a seguire Marzio nelle sue diavolerie? Che cavolo stava complottando?

La chiamata sul cellulare di Rachele mi fece allontanare dai due. Stava piangendo e mi chiedeva scusa per come si era comportata. Le dissi che sarei tornato a casa la domenica successiva e che ne avremmo parlato. Ero felice di sentirla. Bevvi il drink e tornai dai ragazzi.

L’alcol stava iniziando a fare effetto nella mia testa.

“Piantala di fare lo stupido, Brian!” stava dicendo Marzio.

“Gli ho solo offerto un cocktail, quante storie!”

“Glielo porto io da bere!”

Mi piaceva vedere Marzio geloso. Mi piaceva essere conteso. Mi piaceva Brian e questo non mi piaceva molto.

“Stronzo! Sei uno stronzo...!” mi  disse.

In quel momento Kate richiamò la nostra attenzione gridando: “Ehi! Uh-Huh!” Ed iniziò a dare spettacolo con uno strip tease. Prima che si togliesse anche gli slip rosa, Marzio e Brian sparirono al piano superiore. Kate finì lo spogliarello solo per me.

Cosa diavolo ci facevo lì? Mi sentii fuori luogo, di troppo. Kate mi afferrò per un braccio e mi spinse sul divano. Prese a baciarmi. Io non mi opposi, ma pensavo a Marzio. Pensavo a Marzio e Brian, di sopra. Pensai a cosa mai stessi combinando. Pensai a Kate. Pensai al mio passato. Pensai al futuro, ma solo per una frazione di secondo. Pensai a com’era strano e straordinario sentirsi leggeri. Un’ ultimo pensiero, infine, lo rivolsi a Rachele.

 

 

 

Mi sentivo vuoto. Uno schifo. Non credevo di poter essere una persona simile. Una persona squallida che si concede liberamente ogni volta che ne capita l’occasione. Alla fine anch’io non ero che come Marzio? Avevo iniziato a darmi all’amore facile? Ne provai paura.

Tornai a casa mia i primi di luglio e ci rimasi fino alla fine di settembre. Sarebbe stato il mio ultimo anno a Bologna. Mi sarei laureato e poi

“Ehi, Eric!” mi chiamò Bruno.

Eravamo nel bar davanti alla facoltà di lettere. Parlammo un po’ di Marzio. Non capivo come mai finivamo sempre a parlare di lui. Così iniziai a sospettare che nutrisse un certo interesse per il suo ex compagno di scuola, ma sbagliavo.

Un giorno parlando di Brian e del suo gruppo mi invitò a casa sua con la scusa di farmi ascoltare un loro cd. Sembra strano ma non avevo mai sentito nessun pezzo di Brian, neanche da Marzio e Kate.  Mentre eravamo seduti sul divano poggiò una mano sul mio ginocchio.  Lo stereo suonava l’album di Brian. Tolsi bruscamente la sua mano. Lo interpretò, giustamente, come un rifiuto. Si accorse di aver frainteso.

“Credevo che anche tu...” disse scusandosi.

“Ma ti ho detto che sono fidanzato, no?”

“Pensavo fosse...come dire..” sorrise timidamente, “una copertura...” sostenne.

Ero sul punto di spiegargli tutto. Non mi andava di mentirgli ancora. Da una parte avrei voluto che sapesse di me e Marzio, ma dall’altra mi ostinavo a voler mantenere la facciata di ragazzo ‘normale’. Decisi di non dirgli nulla, anzi ribadii che avevo una ragazza.

“Dimentichiamo questa vicenda, ok?”

“Sì.”

Brian continuava a cantare riempiendo la stanza di buona musica rock.

“Che ne pensi del cd?”

“Niente male.”

Una volta rientrato a casa andai dritto in bagno. Rimasi per un po’ davanti allo specchio interrogandomi se si vedesse o meno che ero gay. Non mi sembrava di avere particolari movenze o un qualche atteggiamento ambiguo.

 

Cinque mesi prima.

 

“Non sono più tanto sicuro dei miei sentimenti. Sai, la lontananza non aiuta certo. E comunque, ad esser sincero, non mi è mai importato troppo di quella ragazza,” sostenni.

“Perchè ci vai a letto allora?!” chiese lui.

“E tu perchè vai con tutti quelli che ci provano con te?!” replicai io.

“Ma che dovrei fare scusa?! Non conosci il detto ‘ogni lasciato è perso’...?” rispose lui.

“Sì... certo certo...” dissi io.

“Che pretese, ragazzino! Hai una bella faccia tosta!”

“Ci stiamo prendendo in giro,” dissi. “Tu mi hai preso in giro... be’, ti sei divertito?”

“Non hai proprio capito niente,” disse. Dal tono della voce sembrava seriamente deluso.

“Mi hai tormentato per un anno intero. Poi c’è stato quello che c’è stato tra noi e alla fine esce fuori un tizio, dal nulla, e tu mi mette in disparte come se niente fosse... Ecco quello che mi hai fatto! Mi chiedo solo perchè tu abbia scelto me per divertirti...”

“Quando ho detto di amarti ero sincero. Ma anche tu eri consapevole che la nostra relazione inevitabilmente sarebbe finita prima o poi, no?”

“Hai detto a Brian: ‘Lui sta con me!’ E adesso mi stai lasciando...! E poi non è affatto vero che mi ami, altrimenti tu...!”

“Altrimenti cosa? Da cosa deduci che io non ti ami, sentiamo.”

“Non mi chiami mai per nome, per esempio!” gli feci notare.

“E’ così importante?”

“Certo che lo è! Ti rivolgi a me sempre con un ‘ehi!’E mi dai sempre dello stupido!”

“Non credevo te la prendessi per cose del genere, E-ri-c,” disse scandendo il mio nome.

“Ecco che mi sfotti!”

“No, scusa. E’ il mio modo di fare. Sei tu che sei spaventosamente suscettibile.”

“Magari hai davvero ragione tu. Sono stupido. Sì, ma sono fatto così. Non ha molto senso continuare a discutere di questo, comunque, perchè tu tanto te ne andrai tra qualche mese. Una volta mi hai detto che il ruolo di fidanzato ufficiale era libero... sei un gran bugiardo!”

“Ma quel posto -è- libero. Se tu lo volessi io potrei...”

“Potresti cosa? Avevi già deciso tutto, no?”

“Ascolta, che ti si stampi nel cervello una volta per tutte, io non voglio un amore recluso tra queste quattro mura del cazzo! A te piace recitare due parti ben distinte: una vita cosiddetta ‘normale’come fidanzato modello e una ‘trasgressiva’ dove dare sfogo a tutte le tue perversioni sessuali con qualcuno del tuo stesso sesso. Be’, io non sono affatto così. Possiamo anche continuare ad essere amanti se vuoi, e non mi dispiacerebbe, ma non puoi pretendere che non abbia rapporti con altri uomini.”

Era giusto ciò che diceva, ne ero cosciente, solo che...

“Perchè fai quella faccia da ebete?” mi chiese.

Mi dava proprio ai nervi, certe volte. Decisi di non rispondere alle sue provocazioni.

“Ho parlato con l’amministratrice. Alla fine del mese lascio la stanza,” disse.

“Bene,” risposi.

 

*                         *                             *

 

 

La prossima stazione è la mia. Sono quasi arrivato a casa. In realtà avrei una voglia pazzesca di tornarmene indietro. O di oltrepassare quella fermata. In quel momento il controllare mi chiede il biglietto. Mi frugo in tasca e trovo un tovagliolino di carta piegato in quattro parti. Mostro il biglietto al capotreno e torno ad occuparmi del misterioso tovagliolo. Lo apro.

“Stammi bene” c’è scritto dentro, a penna. Solo adesso mi rendo conto della situazione. Salto la stazione in cui sarei dovuto scendere e dove ad attendermi c’è la mia famiglia e la mia ragazza. Alla stazione successiva mi precipito a terra riuscendo a prendere il regionale che viaggia nella direzione opposta. Torno a Bologna, ma subito mi pento di averlo fatto. Ho capito che Marzio partirà per Londra molto presto. Ho la sensazione che potrebbe farlo in questo week-end. Non voglio che vada a finire così. Alla fine desisto dalla voglia di correre da lui. Non mi vedrà tornare scodinzolando come un cagnolino!

Quando sono tornato a Bologna, domenica sera, ho scoperto che Marzio se n’era già andato. Non avrebbe terminato l’università. Non si sarebbe laureato.

Con Rachele ho fatto pace, ma mi sono reso conto definitivamente di non amarla più. L’unica persona a cui penso, ossessivamente, è Marzio. Quel maledetto stronzo. Si era raccomandato che mi facessi sentire. Pura formalità. Semplici frasi di circostanza. ‘Fanculo!

 

Ho smesso di frequentare le lezioni all’università. Trascorro gran parte della giornata a gironzolare in giro per Bologna.  Rachele mi ha telefonato. Abbiamo parlato dei nostri sentimenti. Mi ha confessato di vedersi con un ragazzo. Non mi ha fatto piacere, ma tra noi ormai era tutto finito.

Kate mi ha parlato di una sua amica londinese che potrebbe ospitarmi nel suo appartamento per qualche tempo. Io non ho mai espresso apertamente il desiderio di andare a Londra. Kate ha imparato a conoscermi molto bene. Le sorrido.

“Se resisti ancora un paio di mesi ci andiamo assieme a Londra!” mi dice.

“Non verrò. Non ha senso che io ci venga.” le rispondo, ma non è affatto quello che penso.

Ho iniziato a fumare. Stando molto tempo con Kate era inevitabile. Ogni tanto ci facciamo qualche canna. E il venerdì sera ci sbronziamo a casa come due poveri sfigati. Poi il sabato mattina abbiamo mal di testa tutto il santo giorno. A volte ci capita di far sesso tra di noi. Non so lei a chi pensi in quei momenti. Io penso a Marzio, anche se non vorrei. Io e Kate non ci amiamo. Facciamo sesso per il puro divertimento di farlo. E’ soltanto sesso punto.

Un sabato sera che Kate era uscita con le sue amiche sono andato al Caprice. Qui ho incontrato Bruno e dopo un paio di cuba libre gli ho confessato la verità. Siamo usciti dal locale che io non mi reggevo in piedi. Ho persino creduto di vedere Marzio al mio fianco, al posto di Bruno, che mi sosteneva per un braccio. Ci siamo seduti sui gradini di una chiesa. Sarei voluto scoppiare a piangere come un idiota. Ho poggiato la testa sulla sua spalla.

“Come ti senti?”

“Malissimo.”

Sono convinto di sentire l’odore di Marzio nell’aria fresca della notte. Tre anni fa chi l’avrebbe mai detto. Rido di me stesso. Mi sento patetico. Finisco con l’addormentarmi tra le braccia di Bruno, ma lui mi scuote.

“Non puoi dormire qui. Ti prenderai un accidente!”

Riesco ad alzarmi in piedi e quasi a camminare.

“Scusa, non reggo proprio l’alcol.”

“Me ne sono accorto. La mia macchina non è lontana. Pensi di farcela?”

Lui mi prende a braccetto e un po’ barcollando arriviamo all’auto. Mi porta a casa e mi aiuta a salire. Io spero vivamente di non incrociare la padrona di casa. Mi accompagna fino alla porta della mia stanza.

“Non andartene, per favore,” gli dico in tono supplichevole.

“Non devo...?”

Sono fregato. Non vorrei che lui possa aver interpretato male le mie parole.

“O.k, credo di potermela cavare. Scusa, ti ringrazio per avermi accompagnato fino a qui.”

“Figurati. Ti lascio allora?”

“Sì sì, hai già fatto anche troppo per me” gli dico sorridendo.

Bruno mi sta a pochi centimetri. Mi guarda restando in silenzio.

“Ci sentiamo. Buona notte!” lo saluto chiudendogli praticamente la porta in faccia. “Scusami”, penso.

 

 

“La prossima settimana me ne torno a casa,” dice Kate. “Vieni anche tu? Ho sentito l’amica di cui ti avevo parlato, puoi stare da lei...”

A Londra?! Potrò andare a Londra...

“Decidi in fretta così domani vado a prenotare i biglietti per il volo.”

In realtà ho già deciso. Andrò a Londra. Mi vedrò con Marzio. Ci parlerò e

Kate mi si siede in collo, a cavalcioni. Mi bacia appassionatamente. Mi do’ all’amore facile. Prendo l’amore che mi offrono. Lo prendo e lo restituisco, in modo che così non me ne resta dentro. Sono diventato schifosamente superficiale, ma non me ne curo. Credo che nessuno possa darmi il vero amore, quello di cui avrei bisogno. Mi sento così insensibile. Non provo niente. Assolutamente niente.

Un paio di giorni fa è stata qui la madre di Marzio. Cercava il figlio, ma sospettava fosse andato da ‘quel tossico’ di Brian. Mi sembrava seriamente preoccupata e un po’ ho provato pena per lei. Marzio e sua madre si somigliano moltissimo. Era la prima volta che la vedevo. E’ una donna ancora piuttosto giovane e molto bella. Possiede la stessa luce di suo figlio negli occhi. Guardandola stavo per commuovermi. L’ho rassicurata dicendole che le avrei fatto avere notizie di Marzio se lo avessi incontrato a Londra.. Mi ha ringraziato sorridendo.

 

 

Non ce la farò a laurearmi quest’anno come avevo in programma. Anzi, è probabile che non mi laureerò mai. La vita mi si sta mostrando per quella che è. Ciò che conta per me adesso è qualcos’altro. Non posso rimanere qui. Qualcosa mi sta chiamando a gran voce. Sono pronto a sbagliare, non m’importa. Dopotutto sono soltanto uno stupido, no?

 

 

                                    *                          *                           *

 

 

C’era qualcosa nel mio passato, neanche troppo remoto, di cui mi ero scordato. A dire il vero qualche frammento era rimasto nella mia testa, ma non ero certo si trattasse di qualcosa di realmente accaduto. Un pomeriggio che mi ero ritrovato in casa da solo chiamai un numero che giaceva in una vecchia rubrica da anni. Cercavo una conferma ai miei ricordi incerti.

La voce che rispose all’altro capo del telefono era di una giovane donna.

“Buonasera,” salutai. “Cercavo Samuele, è in casa?”

Come potevo aver rimosso una cosa del genere.

“Pronto?”

Per un momento provai l’impulso di riagganciare.

“Sammy? Sono Eric...” dissi. “Ti ricordi?”

“Dio!” esclamò entusiasta. “Eric?! Ma da dove salti fuori? Che strana sensazione sentirti dopo tanto tempo...!”

“Sì, io... scusa...” farfugliai, lasciandomi prendere dall’imbarazzo. “Ti pensavo in questi giorni e... be’, come dire...alla fine ho deciso di chiamarti e...”

“Ed eccoti!” disse lui, finendo la mia frase. Sembrava davvero felice di sentirmi. E lo ero anch’io.

“Sai, da quando mi sono trasferito a Roma ho perso i contatti con tutti. Ma, tu come stai?”

“Bene. Al momento mi trovo a Bologna, studio qui all’università. E tu?”

Il problema era arrivare al dunque in quella conversazione piuttosto formale.

“Ho preso giurisprudenza. La strada è lunga, devo dare ancora un casino di esami.”

Dovevo affrontare l’argomento che  mi ossessionava da un po’ di giorni.

Sentii Kate che rincasava. Canticchiava, al solito.

“Sammy...” Era strano pronunciare quel nomignolo adesso, dopo anni che non ci sentivamo.

“Buffo!” disse.

“Cosa?”

“Nessuno mi chiama più così. Neanche mia madre!” disse ridendo.

“Ah, scusa. Mi è venuto naturale!” dissi, mettendomi a ridere anch’io.

“No. Va bene. Mi piace, dopotutto. Mi fa tornare alla mente cose piacevoli.”

“Allora o.k.,” dissi.

“Perchè non vieni a trovarmi a Roma un fine settimana?” propose lui.

L’idea mi stuzzicava un pochino, ma risposi in tono vago: “Sì, magari un giorno ci vediamo...”

In quel momento Kate irruppe nella mia stanza chiamando il nome di Marzio.

“Ehi, non potresti bussare?” le chiesi seccato.

“Cosa potrei vedere che non ho già visto? Tu e Marzio che fate...”

Le lanciai contro l’agenda con i numeri di telefono. “Vattene!”

Appena uscì dalla camera mi scusai con Samuele. Chissà se aveva sentito le parole che aveva pronunciato. Se aveva sentito il nome di Marzio.

“Ma è la tua ragazza?”

“No, figurati. E’ solo una coinquilina dell’appartamento in cui vivo. E’ un’insolente e una violatrice della privacy altrui. E’ davvero senza ritegno...”

Sammy rise.

“Ascolta, ti ho chiamato perchè vorrei delle conferme da te...”

“Di che tipo?”

“Eravamo molto amici alle superiori, ricordi? Passavamo quasi tutti i pomeriggi insieme.”

“Sì... Mi fai un po’ paura. Dove stai cercando di arrivare?”

Mi vennero in mente le parole di Marzio a proposito della mia linea d’ombra.

“Nella tua soffitta... quel giorno...”

“Avevamo detto di non parlarne più.”

“Sammy, sii sincero... perchè mi hai baciato?”

“Eric, avevamo promesso. Mi hai cercato dopo più di sei anni per questo?!”

“Ho rimosso una cosa fondamentale... aiutami, per favore, devo sapere la verità...! Sono stato io a prendere l’iniziativa? Non lo ricordo molto bene...”

“Sì. Poi ti sei ritratto sconvolto. Mi hai fatto giurare di dimenticarmi dell’accaduto e di non parlarne mai con nessuno. Io ho prestato fede alla promessa.”

Ero stato io. Avevo baciato Sammy di mia spontanea volontà. La cosa era partita da me. Come avevo potuto dimenticarlo? Avevo provato una vergogna incredibile. Avevo avuto paura di quel gesto. E l’avevo rimosso dalla memoria per tutto quel tempo.

“Sammy... Che cosa hai pensato quella volta?”

“Vuoi saperlo? Sicuro?”

“Certo.”

“Che finalmente il mio desiderio veniva soddisfatto. Mi sentivo al settimo cielo. Avevo sempre represso i miei sentimenti per te per paura di perderti. Non volevo rovinare la nostra amicizia. Avevo paura di quello che avresti pensato di me. Se tu non ti fossi subito pentito di quel gesto io ti avrei abbracciato. Ti avrei stretto forte a me.”

Non sapevo più cosa pensare. Mi affrettai a salutarlo promettendogli che mi sarei fatto risentire presto.

 

Vivo nell’appartamento di Alicia, l’amica di Kate, da quasi un mese. Le pago parte delle spese lavorando nel locale di una famosa catena di fast food. So dove vive Brian. Ho fatto qualche giro in quel quartiere, ogni tanto, ma non l’ho mai incrociato per strada. A dire il vero conosco anche il suo indirizzo esatto ma non posso mica presentarmi alla sua porta come se niente fosse.

Oggi, nel fast food neanche a farlo apposta è entrato Marzio. Ero soprappensiero e quasi non l’avevo riconosciuto. I nostri sguardi si sono incrociati.

“Marzio...?” ho chiesto, come per riceverne conferma.

“Ciao...” dice lui e fa per andarsene.

“Ehi!” lo richiamo. “Non puoi mica andartene così!”

Lui si volta verso di me. “Cosa ci fai qui?” mi chiede.

“Passavo di qua!” tento di scherzare.

Avevo pensato più e più volte a questo momento. E quasi stavo finendo per perdere ogni speranza. E adesso che Marzio è lì difronte ai miei occhi stanchi io non

“Una parte di me... non riesce a starti lontano...!” dichiaro.

Marzio sorride controvoglia. “Sì, però, un futuro con me non lo vuoi,” dice.

Mi sento sempre un ragazzino davanti a lui. Quel maledetto senso di inadeguatezza non mi abbandona neanche adesso.

“Vieni a sentire Brian stasera? Toh, ecco l’indirizzo...!” dice dandomi il volantino di un locale.

“Cerca di arrivare abbastanza presto. Ci sarà un po’ di casino.”

La sua voce ha un suono così freddo.

“Mi hai preso in giro... Eri tu a venirmi dietro e poi... mi hai fatto questo...!”

In quel momento ho sentito di non avere più nessuna dignità.

“Ne parliamo stasera, o.k?”

Gli rispondo di sì con la testa.

Chiedo il permesso per allontanarmi dalla cassa e andare al bagno. “E’ fatta!” penso. “Stasera chiarirò questa situazione del cavolo!”

“Aspettami, fuori. Tra dieci minuti ho finito il turno. Devo parlarti.” gli dico.

Mi aspetta fuori dal locale. Facciamo qualche passo insieme nel quartiere di Soho. Non parliamo. Lui aspetta che sia io a rompere il ghiaccio. Avverto il peso della distanza tra di noi.

“Non dovevi dirmi qualcosa?” chiede spazientito Marzio, mentre imbocchiamo Gerard Street.

Il quartiere cinese è affollato di turisti.

“Sono venuto fino a qui perchè vorrei chiederti di tornare insieme,” gli confesso.

Marzio sgrana gli occhi, incredulo. “Stai scherzando?!”

“No,” rispondo deciso.

“E’ tardi,” risponde facendo dietro front.

“Dove vuoi andare?”

“A cena. Sono già le otto. Ci vediamo stasera.”

Cerco il contatto fisico prendendolo per un braccio. Si volta verso di me furibondo.

“Proprio non vuoi capire, eh?” mi dice.

Scuoto il capo. No. Non voglio proprio capire. E sono stanco di questa situazione.

“Senza rancore,” dice. “Finiamola qui, prima di peggiorare le cose.”

Sto impazzendo, credo. La testa mi scoppia.

“L’ho superata!” dichiaro. “La mia linea d’ombra!”

“Che bravo!” mi schernisce lui.

Io lo tiro verso di me e lo bacio. Marzio non rifiuta le mie labbra. Poi, mi guarda incredulo. I suoi occhi sembrano talmente piccoli alla luce del crepuscolo.

“Che ti prende?” gli chiedo.

“Dovresti lasciarmi in pace una volta per tutte, lo sai?”

“No. Non ci penso proprio.”

“Siamo in mezzo di strada! E comunque questa tua stronzata non prova nulla. Ti comporti così liberamente perchè siamo a milioni di chilometri da casa nostra. Lo fai solo per questo!”

“Ma che cosa devo fare? Dimmelo.”

Sono deluso. Credevo avrebbe reagito diversamente.

“Tornatene in Italia. Sparisci. Non ha senso che tu ti ostini a voler rimanere nella mia vita.”

“Anche se dico di volere un futuro con te? Mi cacci ugualmente?”

“Sì. Ti stai comportando come uno stupido. Ma quanto vuoi umiliarti ancora?”

“Ma quello che c’è stato tra noi allora...!”

“E’ tutto finito. I sentimenti cambiano continuamente.”

Lascio il suo braccio che ho continuato a stringere per tutto il tempo. Mi allontano un poco da lui. Che diavolo ci faccio qui?

“Che diavolo ci faccio a Londra?” grido.

“Smettila! Abbiamo già attirato abbastanza  l’attenzione, non ti sembra?”

Mi sento proprio un idiota. Come ho potuto perdere la testa fino a questo punto per un uomo?

“Che ne dici di una cenetta cinese?”

“Come...?” mi sorprendo. Non mi aspettavo certo un invito del genere.

Entriamo in uno dei tanti locali del quartiere di Soho.

“E’ la prima volta che andiamo insieme al ristorante,” dico.

“E sarà anche l’ultima” risponde Marzio, ma la sua voce risulta poco credibile.

“Vuoi torturarmi? Ti diverti, eh?”

“Ero convinto di odiarti, sai.”

“E invece?”

“Quando te ne torni a casa?”

“Rispondimi. Non cambiare discorso.”

“Che rottura che sei! Guarda che ti lascio qui a lavare i piatti!”

“Perchè mi prendi sempre in giro? Sono stufo d’esser trattato in questo modo. Vuoi davvero che me ne vada?”

“Devi laurearti,” mi dice. Stavolta il tono della sua voce è serio. “Non puoi restare qui.”

“Tu che farai?”

“Conosci già la risposta.”

“Ho capito.”

“Bene. E Rachele?”

“Ci siamo lasciati. Lei sta con un altro adesso. Meglio così, per entrambi. E tu con Brian?”

“Tra noi le cose vanno bene.”

 

Prima di partire alla volta di Londra mi sono incontrato con Bruno in un pub. Anche se non era nelle mie intenzioni alla fine ho tirato fuori l’argomento ‘Marzio’. Mi chiedevo come poteva qualcuno sbucato dal nulla portarmi via la persona che amavo.

“Sbagli,” mi ha risposto Bruno. “Brian non è apparso dal nulla! Se fosse stato così probabilmente presto sarebbe tornato nel suo ‘nulla’, mentre invece Brian proviene dal passato di Marzio. Un passato che Marzio non si è buttato alle spalle. E’ stato una parte importante della sua vita. E’ chiaro che deve amarlo sul serio, per seguirlo fino a Londra...”

“Quindi non posso farci niente?” ho detto.

“Dovresti capire le tue vere intenzioni verso di lui. Quanto è serio il vostro rapporto? Cosa sei disposto a fare per stare con lui? Devi metterti in gioco, Eric.”

“Mi stai dicendo che se guardandomi dentro capissi di non volere davvero una relazione con Marzio... Dovrei lasciargli vivere la sua vita con Brian?”

“No. Nient’affatto. Brian non è il tipo che fa per lui. Sta commettendo un errore. Anche se lui non se ne rende conto. Lo porterà alla rovina. Devi aiutarlo!”

 

Il concerto di Brian è stato davvero strepitoso. Ha suonato con una grinta incredibile. Ero totalmente rapito, affascinato da ogni movimento della sua persona. Ho cantato i pezzi che conoscevo, quelli che ho imparato a forza di ascoltare il cd che mi ha registrato Bruno.

Alla fine dell’esibizione sono andato nel backstage con Marzio. Brian era sorpreso di vedermi, però sembrava esserne contento.

Marzio mi accompagna in taxi a casa di Alicia. Paga il conto. Scendiamo dall’auto. Nelle vicinanze c’è un hotel. Mi accorgo che Marzio lo guarda interessato.

“Ci vediamo,” mi saluta. Dandomi la mano mi lascia tra le dita una piccola bustina quadrata. Senza aprire la mano capisco immediatamente di cosa si tratta.

“Non prendertela. E’solo una proposta.”

“D’accordo,” rispondo.

La sua espressione appare stupita. Sembra non sia la risposta che si aspettava di ricevere. Non capisco se la cosa gli faccia piacere o meno.

“Bene!” esclama poi compiaciuto.

Passiamo la notte insieme. Facciamo l’amore ma senza amore. Forse si tratta soltanto di sesso. Ma senza passione.

“Cosa c’è che non va? Non eri mica obbligato!” dice Marzio vedendomi pensieroso.

“Lo so,” rispondo voltandomi dall’altra parte.

Il letto sembra così grande. Troppo grande.

“Con Alicia ci vai a letto?” mi domanda.

Rispondo di no con la testa. Ecco che mi sento di nuovo un bambino.

“Ma con Kate sì, eh?”

Mi sento accusato. Ingiustamente accusato.

“E’ forse un male?” chiedo innocentemente, cercando di giustificarmi.

“Ma no,” dice lui. “Sei innamorato?”

“Sì...” rispondo per testare la sua reazione, ma il suo sguardo rimane impassibile, “di te!” aggiungo subito dopo. E stavolta la sua espressione cambia leggermente. Sembra rimanere colpito da quanto gli ho appena dichiarato.

“Io non potrò mai renderti felice, Eric. Mi dispiace. Sono una persona troppo complicata, perfino per me stesso. Non voglio che tu soffra. Non lo meriti.”

“Mi stai già facendo soffrire. Ah, dimenticavo. Ho una cosa da darti.”

Mi alzai e frugando nello zainetto tirai fuori un libro.

“Ecco. Volevo restituirtelo. E’ l’unica cosa che ancora ci lega...”

“Me lo restituisci? Ma è un regalo che ti ho fatto...”

“Sono venuto qui con la convinzione che potessimo ricominciare da capo. Noi due.”

“Non insistere ancora. Sei ossessionante. Patetico. Insopportabile.”

Sono le ennesime parole di rifiuto che ricevo questa sera.

“Vuoi che ce ne andiamo adesso?” chiedo.

Marzio mi accarezza dolcemente una guancia.

“Scusa, non volevo innamorarmi di te” dice. “Sono felice che tu sia venuto a Londra. E che adesso tu sia qui con me. E che tu abbia oltrepassato la tua linea d’ombra...!”

“Già, ma sembra non sia servito a niente.”

“Sì, ma non è colpa tua. Quindi tranquillizzati.”

Come diavolo faceva a parlarmi in quel modo? Era dotato di un egoismo spropositato. Non potevo crederci!

Marzio scoppia a ridere di gusto e sembra non riuscire più a fermarsi. Quando riprende il controllo mi chiede perdono. Io fingo di prendermela.

“Permaloso!” mi addita lui. “Sempre il solito permaloso!”

Lì per lì mi sento sprofondare dentro i vecchi ricordi della nostra intimità.

Marzio mi stringe forte a sè. Mi sento protetto da quell’abbraccio. Mi addormento sereno.

 

“Cosa dico ai tuoi?” domando a Marzio quando siamo all’aeroporto.

“Di’ che non mi hai incontrato. Che ti ha detto Brian che ho lasciato Londra.”

“Tua madre era disperata quando è venuta da me a cercarti...”

“Figurati! Forse era solo inorridita dal fatto che suo figlio avesse vissuto in quello sporco appartamento. E che avesse diviso la sua camera con un uomo.”

“Marzio,” dico.

“Sì?”

“Ti aspetto a casa. Non metterci troppo a tornare, o.k.?”

Immagino che potrei anche aspettare per anni. Sono quasi del tutto convinto che non tornerà mai più.

“Ti lascio una parte di me...” dice.

“Una parte di te? Ma che vuol dire?” domando.

L’altoparlante annuncia l’ultima chiamata per il mio volo. Devo andare. Non ho più tempo.

Marzio mi bacia leggermente sulla bocca. Avrei voluto un vero bacio, ma non sta bene qui davanti a tutti i passeggeri in attesa di imbarcarsi. Ci sono anche famiglie con bambini. Non si può.

“Stammi bene, Eric.”

Annuisco. Non mi confortano certo le sue parole. Nè il suo bacio dato in fretta.

“Starò bene. Uscirò con Bruno nel frattempo. Sai, è un bravo ragazzo.”

“Lo so. Ed è gay. E’ perfetto, davvero. Perfetto per te. Ti auguro di essere  felice!”

“Grazie. Io ti auguro altrettanto. Mi mancherai.”

Ci stringiamo la mano. Non ho mai amato nessuno così tanto in vita mia. Non vorrei dovermi separare dalla persona per cui sono riuscito ad abbattere i miei confini.

 

E’ il primo di dicembre. Questa mattina tra i vari volantini pubblicitari nella cassetta della posta c’era una cartolina di Marzio. Mi tremavano le mani. Kate vedendola me l’ha strappata di mano.

“Oh, my darling!” ha esclamato riconoscendo la calligrafia di Marzio.

“Restituiscimela!” le ho ordinato. “L’ha inviata a me!”

Alla fine mi arrendo. Lascio che la legga, poi le chiedo “Cosa dice?”

“Niente...”

“Come niente? Fa’ vedere, dai.”

Mi consegna la cartolina.

“Ciao,” ho letto, “finalmente ho superato anch’io il miei confini... A presto! Baci, Marzio.”

“E allora?” domanda Kate. “Che significa?”

Sorrido tra me e me. “Sta per tornare” le dico.

 

Sabato mattina, due dicembre del 2006. Marzio l’indomani è difronte a me. Vorrei accoglierlo con un caldo abbraccio, ma sono bloccato.

“Era per Brian...” mi rivela. “La mia linea d’ombra era Brian. Adesso sto molto meglio. Ho capito cos’è davvero importante per me...” dice. E mi bacia sulla porta della nostra vecchia stanza. I miei occhi si fanno lucidi per la felicità che m’invade.

“Mi dai una mano con le valigie?” mi chiede poi.

“Certo!” rispondo afferrando immediatamente uno dei suoi bagagli.

“Che disastro questa camera,” nota Marzio.

“Bentornato,” lo saluto di nuovo.

Lui entra e chiude la porta dietro sè.

“Tu non puoi farcela senza di me,” dichiara.

“Che presunzione,” dico io divertito. “Cos’è stato che ti ha fatto decidere?”

“La tua foto sul cellulare.”

“Che foto?”

“Questa...” dice mostrandomi il telefonino.

“Non posso crederci! Sei un grandissimo bastardo!” E’ una foto scattata la sera del nostro primo incontro. Sto sul pavimento e stringo a me la tazza del cesso.

“E’ solo un souvenir di quella notte,”  sostiene lui sorridendo con naturalezza.

“Questa ti avrebbe aiutato a decidere di tornare da me?! Stai scherzando?!”

“Forse è stato allora che... Be’ me ne sono reso conto solo adesso, ma è successo qualcosa dentro di me.”

“Cancellala...,” dico. Sto perdendo la pazienza. Riesce sempre a mettermi in imbarazzo. Sembra ci provi veramente gusto.

“Sei... perverso!”

“Ma dai, Eric... Ho guardato ogni giorno quella foto da quando ho lasciato Bologna. Pensavo che non ti avrei mai più rivisto. Quel giorno, in libreria, ho capito che stavo perdendo una parte di me.”

“E Brian...?” chiedo.

“Niente Brian. Te l’ho già detto. Lui rappresentava la mia linea d’ombra, il passato che non riuscivo, non volevo, dimenticare. Era la mia ossessione. Per quanto lo amassi continuava a restarmi dentro una sensazione di vuoto e solitudine. Anche quando facevamo l’amore lui mi appariva sempre lontano. Talmente distante che anche se guardavo dentro i suoi occhi non riuscivo a sfiorare minimamente il suo ‘io’.”

“Aspetta, aspetta, non ti seguo più...”

“Scusa,” sorride, “sto facendo discorsi folli.”

“Un po’. Sparirai di nuovo?”

“No. Perchè ho trovato qualcuno che mi tiene legato. Forse il filo invisibile che ci tiene uniti è sottile, ma è di un materiale sorprendentemente resistente. Adesso dichiarerai apertamente al mondo di essere gay oppure...?”
Sapevo saremmo giunti a questo. “Dammi un po’ di tempo, o.k.?”

“Te lo concederò. Dopotutto non mi dispiace custodire un così piacevole segreto tra queste quattro mura. Anzi, ti dirò, mi eccita. Mi eccita da matti.”

“Anche a me. E’ qualcosa che rende il nostro rapporto speciale, non credi?”

“Adesso esageri. Non starai cercando di giustificare il fatto che non hai il coraggio di  rivelarlo agli altri. E i tuoi, come la prenderanno? E Rachele? E all’università?”

“Li affronterò tutti. Uno per uno. Non mi nasconderò. Te lo prometto.”

“Mi fa piacere sentirtelo dire.”

“Quando eri a Londra ho chiamato al telefono un amico che adesso vive a Roma. Non ci sentivamo da anni.” Mi metto a ridere. “Avevi ragione sono un frocetto represso!” dico.

Marzio mi osserva incuriosito.

“L’avevo baciato. Un pomeriggio dopo la scuola, a casa sua. Sai,non lo ricordavo più. Ne avevo solo un vago ricordo e non ero neanche certo si trattasse della realtà. Così ho chiesto conferma a lui.”

“Lo sapevo. Certe cose si capiscono. Non potevo sbagliarmi,” dice  autocompiacendosi.

“Si capiva dalla mia faccia?” chiedo, temendo la risposta.

Marzio assume un’espressione perplessa. “Non saprei...” dice. “E’ che ritengo di avere un intuito naturale per certe cose.”

“Capisco,” asserisco.

“Vado a farmi una doccia” dice.

“Vengo con te.”

“Sì, l’idea mi piace,” risponde lui.

“Anche a me,” dico. “Mi sei mancato, sai? Pensavo non volessi più saperne di me. Mi hai fatto stare da cani!”

“Mi farò perdonare, tranquillo” dice, facendomi l’occhiolino.

Amo i suoi modi di fare. La malizia nei suoi gesti.

Gli sorrido e lui ricambia. Sembra che tutto sia tornato a posto. L’intesa tra noi sembra essersi ristabilita. Scaccio via il volto di Brian che per un momento si era affacciato nei miei pensieri.

“Non ti lascerò andar via di nuovo!” dico.

Marzio mi spinge verso il  bagno. Entra e chiude la porta a chiave. Mi ritrovo contro la parete rivestita di piastrelle azzurre.

“Sono io quello che non può stare lontano da te...” mi bisbiglia. E subito dopo prende a baciarmi mentre mi sbottona la camicia. Mi accarezza il petto. Con le labbra scende sul collo. Stringe i miei capezzoli. Il mio respiro aumenta assieme alla voglia di esser posseduto da lui.

“Una parte di me ti odia...” gli dico, “sei uno stronzo!”

“Anche una parte di me ti odia...” risponde lui. “Mi sento come in catene. Non posso allontanarmi. E anche se lo faccio non posso fare a meno di tornare...!”

“Ti amo!” dico. “E guai a te se scopro che te la fai anche con altri!”

“Ma tu hai tanto da imparare,” mi dice.

Non capisco, dal tono della voce, se stia scherzando o meno. Ad ogni modo lo colpisco con un leggero pugno allo stomaco.

“Sono ansioso di apprendere!” dichiaro con aria di sfida.

“Permaloso... Accidenti, mi hai fatto male!”

“Se decidiamo di stare insieme voglio rispetto, altrimenti...!”

“Chiudi quella bocca!” dice tappandomela con un bacio.

Io e Marzio ci prendiamo così. Mi abbandono tra le sue braccia. Il mio corpo gli appartiene.  Abbandono lo stato di solitudine che mi aveva accompagnato nei mesi scorsi quando facevo sesso. Desidero soltanto darmi a lui.

“Va tutto bene,” mi dico. “E’ amore. Soltanto amore. E’ ciò che voglio. E’ la linea d’ombra che ho superato!”