Parte prima .- Il Kansai ci aspetta
"Kyoto?!".
"Hn".
"Davvero?!".
"No, per finta…".
Sempre simpatico il volpino!!! Insomma, sto scoprendo
adesso che la nostra tanto attesa gita scolastica (l’ultima poi!) si
svolgerà a Kyoto e lui mi guarda con sufficienza!!!
"Do’aho, come è possibile che tu non ne sapessi
niente? I professori ne hanno parlato in classe, li ho ascoltati perfino
io…" mi fa notare la kitsune puntigliosa.
Ehm…come dire…io in classe tendo a distrarmi! Un po’
perché la fantasia di un genio come me non può essere imbrigliata,
quindi la lascio volare a suo estro…un po’ perché cerco di sbirciare
la mia volpe, il che in effetti genera a sua volta tutta una serie di
fantasie, quindi vedete che non c’è soluzione! Ora, non che faccia
così proprio durante tutte le ore di lezione…però, questa cosa mi era
sfuggita: sapevo che dovevamo andare in gita, ovviamente, ma non dove!
"Stupendo! Non sono mai stato a Kyoto, e tu, Kaede?".
Lui scuote il capo: "Nemmeno io".
Ancora meglio! Mi piace molto l’idea che la città
sia sconosciuta ad entrambi, sarà una scoperta nuova per tutti e due.
Adesso stiamo cenando; è una tiepida serata di fine
settembre e la luce illumina ancora il cielo, anche se tenuemente. Io e
Kaede abbiamo deciso di mangiare fuori casa e abbiamo scelto un ristorante
tradizionale poco distante dalla villa: piatti di domburi, di yakitori e
di tonkatsu sono di fronte a noi, per la mia gioia!!!
"Stupendo! Finalmente potrò vedere il Tempio
Toshogu!" proclamo, sfoggiando un po’ della mia immensa cultura.
"Veramente quello è a Nikko, do’aho…"
commenta Kaede, imperturbabile.
Com’è possibile?! Quando l’hanno spostato?! Ah, ci
sono, è una trappola della kitsune infida!
"Non mi freghi, stupida volpe! So quel che dico…"
ribatto, guardandolo fieramente e decidendo mentalmente che ordinare anche
un po’ di tempura non sarebbe male…
"Mi fa piacere, ma se ti riferisci al Tempio
famoso per i suoi intagli di legno, ebbene quello è a Nikko" insiste
lui e in me si fa strada il dubbio. In effetti…ehm…corriamo ai
ripari!!!!
"Ahahahahah…bravo, kitsune! Volevo vedere se eri
abbastanza sveglio da non cadere nel mio trabocchetto!!!- sono un tensai,
no?- Ovviamente volevo dire che non vedo l’ora di ammirare il Castello
dell’Airone Bianco!" visto quanto è vasta la mia conoscenza
artistica?
"Quel castello è a Himeji, Hana, anche in questo
caso è proprio un’altra prefettura" mi corregge placidamente Kaede,
senza scomporsi di un millimetro.
Ma che diavolo sta succedendo ai nostri monumenti
nazionali? Perché non sono dove pensavo che fossero?! Ah, ci sono, con
questo non posso sbagliare!!!
"Intendevo il Tempio Kinkakuji, quello ricoperto d’oro!"
sono sicuro che è giusto, mi ricordo che mi aveva colpito la faccenda
dell’oro…
"Hn" infatti Kaede stavolta non ha niente da
replicare.
"Hai visto che so dov’è?!" insisto io, con
un sogghigno.
"Vorrei anche vedere…la sua foto dev’essere su
tutti i libri di scuola giapponesi dall’asilo in su…" ironizza la
volpaccia.
Ok, cambiamo argomento per adesso…meglio che mi
rifugi in un tema su cui sono più ferrato...
"Ehm…perché non ordiniamo qualcos’altro? Che
so…katsudon, soba saltata, alghe, ramen…e le crocchette di
pesce!!!" mi lancio con entusiasmo in questa enumerazione, ma l’espressione
di Kaede non mi sembra né partecipe né coinvolta! Ma io non mi arrendo:
"Udon? Sukiyaki?" uhm…perché fa quella faccia disgustata?!
Che abbia nominato in modo sconclusionato troppe pietanze?
"Do’aho! Mi stai facendo passare l’appetito!"
mormora, ma il suo è solo un ammonimento a tacere, in realtà continua a
mangiare…
La cena è stata tranquilla, a parte un alterco quando
la volpe mi ha impedito di provare a mentire sull’età per ordinare sake
con la scusa che non possiamo ancora berlo, e ancora di più il dopo-cena…e
non pensate subito male!!! Certo, tra poco succederà anche ‘quello’,
ma io adesso mi sto riferendo a questo nostro camminare insieme, vicini,
per tornare a casa: costeggiamo il lungomare e osserviamo le luci che si
riflettono nella baia…è tutto così tranquillo, sereno… c’è anche
qualcuno sulla spiaggia, un gruppo di amici che deve aver deciso di
trascorrere la serata in riva al mare…
"Sono molto contento di questa gita, sai kitsune?
Sono sicuro che farà impallidire i ricordi delle mie altre uscite
scolastiche…" che non sono state poi molte, ma questo non glielo
dico… cioè, sarebbe seccante dover spiegare che io e Yohei finivamo
spesso in punizione e che i professori non se la sentivano di portarci in
giro e ci definivano ‘teppisti in erba’…e scommetto che quegli
stessi tizi adesso vanno vantandosi di aver avuto l’onore di fare
lezione al rimbalzista numero uno del Giappone!!!! Sapete quelle cose tipo
‘eh, mi ricordo quando il grande Sakuragi era mio alunno…’ .
Tsk!!!!
"Hn. Cosa hai visitato?" mi chiede Kaede, un
po’ inaspettatamente.
Dunque, vediamo…
"Lo Yokohama Curry Museum me lo ricordo piuttosto
bene, perché la mia classe andò in gita con la sezione F, quella di
Takamiya, e lui mi disse di aver provato in tutti i modi a convincere i
professori che lo Yokohama Ramen Museum era meglio…perché il ramen è
più sostanzioso, dice lui, ma anche il curry ha più di un perché
dopotutto, no?… comunque quella fu una bella uscita!" esclamo,
convinto. In effetti, dopo guardavamo il curry con occhi diversi!!!
La mia bellissima kitsune sembra quasi divertita:
"E il museo del ramen?" indaga.
"Oh, quello lo abbiamo visitato dopo, per conto
nostro noi del Gundan! Una specie di regalo di compleanno per Takamiya…vedi
che non ci limitavamo a giocare a pachinko? Invece, scommetto che tu non
lo hai visitato!!!" gli dico con un leggero tono di accusa:
figuriamoci se una volpaccia anoressica come lui si è presa il disturbo
di interessarsi al ramen o al curry!!!
Lui, ovviamente scuote il capo: "In effetti no…però
ho visitato il museo marittimo".
Ecco, quello mi manca…
Le nostre disquisizioni museali proseguono fino al
ritorno a casa, ma una volta lì, nella nostra cameretta, sul nostro bel
futon, la mia mente geniale comincia a fare previsioni per il futuro…(a
proposito, in tv ho visto una pubblicità inquietante: "Con Madame
Kiyota e i suoi tarocchi, il futuro avrai sotto i tuoi occhi!",
chissà se è parente… (*)): "Vedrai, Kaede, ci divertiremo un
sacco…l’inizio dell’autunno è sempre bello e la temperatura è
quella giusta e poi mangeremo un sacco di okonomiyaki e faremo shopping e
visiteremo qualcosa del Kansai, che finalmente lo vedo questo cavolo di
Kansai, dopo che me ne hanno parlato in tremila persone- veramente solo le
due perle di Osaka, Minami e Kishimoto- e poi praticamente saremo in
vacanza, quindi non dovremo pensare a niente e potremo fare l’amore
quando e quanto vorremo…" .
Estasi…
Nel dirlo, mi giro fino a finire disteso sulla mia
volpetta; l’aria è ancora tiepida, dormiamo ancora soltanto con i
boxer, così posso sentire bene la sua pelle morbida contro la mia… mi
chino per dare un bacio sulla punta del naso a Kaede e sorridergli, ma lui
ridimensiona subito le mie aspettative: "Il tuo programma è senz’altro
molto bello, però non hai tenuto conto di una cosa, Hana…".
"Impossibile!- esclamo come prima cosa, ma poi
chiedo a mezza bocca- Sarebbe?".
"E’ una gita scolastica…sicuramente avremo dei
momenti di libertà, ma per il resto credo che dovremo rispettare la
tabella di visite e spostamenti che avranno deciso i professori. Insomma,
temo che non potremo stare chiusi in camera quando e quanto vorremo"
conclude la volpe.
NOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!! Oddio, temo che abbia
ragione!!!! Sarà tutto un andare da una parte all’altra, così alla
fine arriveremo a sera distrutti!!!!
Ok, respiro profondamente e decido che perdermi d’animo
non è da me, non lo è mai stato!!!
"Uhm…ascolta, kitsune, adesso noi vediamo i
nostri professori un po’incartapecoriti, però ci sarà stato un tempo
in cui saranno stati giovani e innamorati anche loro, no?! Io voglio
vedere Kyoto, certo, però se un pomeriggio volessimo stare per i fatti
nostri, forse potremo spiegar loro la situazione e fare appello al loro
buon cuore…" e per convincere meglio la volpaccia mi chino a
baciarlo sulla fronte e sulle labbra.
Ma è del tutto inutile.
"Stai scherzando, Hana?!".
No, eh?! Vabbe’, in realtà è un volpino timido per
queste cose…cioè, non che io sia chissà quanto spigliato, però due
parole con il professore le avrei scambiate, lui si sarebbe abbandonato ai
ricordi di gioventù, che lo avrebbero messo di buon umore o lo avrebbero
distrutto, ma in ognuno dei due casi, secondo me, l’avremmo spuntata!!!
"E poi non sappiamo ancora niente, magari avremo
molto più tempo del previsto per stare un po’ da soli, anche soltanto
per passeggiare da soli per Kyoto" mi incoraggia Kaede.
Io rimango disteso sopra di lui e gli accarezzo il
volto.
"Sì, sì…- non riesco a trattenere uno sbuffo-
…però non mi va che siano altri a decidere del mio tempo, lo sai!!!
Finché si tratta del nonnetto è ok, dopotutto è il coach, ma, quando lo
fanno i professori, mi vengono i nervi!!!".
"Non ci pensare adesso…".
Uh?! Sbaglio o la voce del mio Kaede aveva una nota
maliziosa.
"Perché no?" decido, ovviamente, di
assecondarlo.
Le sue braccia mi stringono, circondandomi le spalle, e
una delle sue gambe si avvolge sensualmente intorno alla mia vita.
"Mmmm?" modula, con un sorriso lievissimo ma
invitante.
Posso sentire il battito del suo cuore, i nostri
respiri si mescolano… lo accarezzo e mi chino a baciarlo, mi manda a
fuoco la passione con cui mi ricambia e il sangue mi scorre più veloce
nelle vene al pensiero che tra poco potrò possederlo…
Davvero adesso non penso più a niente se non a lui…
Dopodomani partiremo per la gita a Kyoto.
I bagagli, che saranno ridotti al minimo
indispensabile, li prepareremo domani: oggi pomeriggio abbiamo ancora
tempo per stare un po’ in giardino prima che il sole tramonti…le
giornate si sono visibilmente accorciate e i colori degli alberi
incominciano a cambiare…
Insacco l’ennesimo canestro nella rete che ho
sistemato in giardino e poi rimango per un po’ fermo a palleggiare
osservando Hanamichi che se ne sta seduto poco distante, tutto preso dalla
lettura del giornale. Almeno apparentemente…non ha fatto cenno di voler
fare qualche tiro, ma è voluto uscire anche lui in giardino per
guardarmi, così ha detto, e infatti ogni tanto avvertivo il suo sguardo
bruciante su di me, ma non ha lasciato neanche per un attimo quel
giornale!
Non mi ha detto cosa stia leggendo, però noto che ogni
tanto segna qualcosa con un pennarello così alla fine mi insospettisco e
lo raggiungo.
Senza dire niente, mi siedo a terra e poi mi sistemo in
modo da poter poggiare la testa sul suo torace, costringendolo a spostare
il braccio.
"Oi, volpaccia… ti sei stancato di sbagliare i
tiri?" sogghigna lui, con la sua faccia più sogghignante.
"Hn… li ho centrati tutti- gli faccio notare,
per poi aggiungere- Capisco che ti sembri strano…" soltanto per il
gusto di farlo alterare.
Lui diventa tutto rosso in faccia per l’indignazione
e io penso che stia per sbottare con qualche proclama, ma poi prende un
bel respiro profondo e dice: "Certe provocazioni non vanno ascoltate,
è indegno dei geni come me!!".
"Hn. Non era una provocazione…" lo stuzzico
ancora, non rinunciando a dare un’occhiata alle frasi cerchiate; scopro
così che sono annunci di lavoro…
"Hana, stai cercando lavoro?" gli chiedo,
raddrizzandomi per poterlo guardare in viso. Ho preferito domandarglielo
direttamente, non sono tipo da giri di parole, io. Lui sì, però…
"Ah, be’… in effetti sì… è che… sai…".
Anche se non sono più appoggiato a lui, posso
percepire benissimo i suoi muscoli che si irrigidiscono, quasi che
prevedesse discussioni.
"Do’aho, parla con calma…" dico
tranquillamente, fissandolo negli occhi.
"Cercavo le parole più adatte per far capire il
mio ragionamento ad una volpe scema come te…- replica lui, piccato, ma
poi prosegue seriamente- E’ per mettere un po’ di soldi da parte,
kitsune: dobbiamo partire e poi dopo il primo semestre al college ci
cercheremo un posticino e allora ci sarà un affitto da pagare…e poi, ad
esempio, io parlavo sul serio quando dicevo di volermi iscrivere a scuola
guida! Ma anche per quello serviranno soldi… sicuramente mi cercherò un
lavoretto non appena ci saremo sistemati, ma ho pensato che sarebbe meglio
se arrivassi con già qualcosa da parte. Anche perché non voglio chiedere
troppo a mia madre… Così mi sono messo a guardare gli annunci e ho
deciso di controllare tutti quelli che cercano qualcuno per fare le
consegne!" mi osserva trionfante e mi acciglio per qualche secondo.
"Le consegne?".
"Sì!!! Tanto il latte o i giornali vanno
consegnati la mattina presto!! E noi ci alleniamo sempre un po’, prima
di andare a scuola: se facessi le consegne, potrei comunque correre per
portare i giornali o andare in bici per il latte, e non mi toglierebbe
tempo per gli allenamenti allo Shohoku o per quel dannato studio, no?
Guarda questo, ad esempio!! È quel negozio qua vicino…vorrei ottenere
il posto prima di partire per la gita, che ne dici? Adesso è tardi,
starà per chiudere, ma pensavo di passarci domattina".
"Hn" ha pensato davvero a tutto…
"Geniale, vero? Assolutamente degno di me!"
mi sorride lui, soddisfatto, e ha ragione di esserlo: coprendo il suo
ragionamento e lo trovo giusto. Però…
"Fammi vedere l’altro annuncio" gli dico,
cercando di togliergli di mano il giornale. Non voglio che faccia da solo:
anche se non potremo lavorare nello stesso negozio, voglio cercarmi anche
io un lavoretto simile, per essergli vicino nelle intenzioni, per una
scelta di condivisione.
Hanamichi, invece, scuote il capo, serio, e allontana
il giornale dalla mia mano, dopo aver capito benissimo le mie intenzioni:
"No, kitsune, stavolta non c’è bisogno che lavori anche tu".
"Perché no?".
"Non ne hai bisogno! E non guardarmi male, non ti
sarebbe mai venuto in mente se non te ne avessi parlato io…Non mi va che
ogni volta che decido di trovarmi un lavoretto tu ti senta obbligato a
fare altrettanto!" conclude.
Ma io non mi sentivo affatto obbligato e le sue parole
mi fanno accigliare, perché mi sembra di non essere capito neanche da
lui.
"Non è un obbligo: quando saremo in America
lavorerò anche io part-time i primi tempi, non voglio chiedere troppi
soldi a mio padre, lo sai che mi dà fastidio" non può non saperlo,
glielo ho detto molte volte.
"Lo so benissimo… io ascolto tutto quello che
dici, kitsune, cosa credi? È solo che… è solo che vorrei che tu
potessi concentrarti solo sul basket, Kaede!" e nel dirlo Hanamichi
mi sfiora la guancia con il dorso della mano.
"E io vorrei lo stesso per te…" mormoro,
facendomi più vicino a lui.
"Mi concentrerò, amore, non temere: per questo
preferisco mettere da parte il più possibile adesso.- Hana mi rivolge uno
sguardo affettuoso, poi assume il tono più da do’aho del suo
repertorio- Vedrai, batterò ogni record di rapidità di consegna, sarò
perfetto come solo un genio può esserlo! E poi, volpaccia, diciamocelo:
se tu facessi un lavoro simile, invece di guadagnare qualcosa dovresti
ripagare la merce danneggiata!".
Questa cosa non l’ho capita bene…
"Perché dovrei danneggiare la merce?".
"Perché ti addormenteresti sulla bicicletta e ti
schianteresti da qualche parte!" sogghigna lui.
"Hn" su questo non ho niente da ribattere.
"E io voglio stare tranquillo, già sto in ansia
quando andiamo o torniamo da scuola…- la mia testa rossa mi abbraccia,
baciandomi una guancia-… quindi, Kaede, non preoccuparti di cercare
anche tu qualcosa. Io lo so che posso contare su di te, ok?".
"Ok" mormoro in un soffio, cingendogli le
spalle con le braccia.
Istintivamente, le mie mani accarezzano i suoi capelli
ormai abbastanza lunghi da essere raccolti in un codino (niente a che
vedere con quello di Kishimoto, precisiamo!) che gli sfiora la base del
collo.
"Stai bene pettinato così" gli dico
improvvisamente, spontaneamente, cogliendolo di sorpresa.
Hanamichi mi guarda, un po’ meravigliato, e poi
ridacchia: "Vero? Questo look piratesco mi dona da morire, no?".
Gli dona davvero, lo rende ancora più solare, il suo
sorriso sembra ancora più aperto e caldo, comunica allegria; ma non
glielo dico, preferisco farlo arrabbiare per iniziare una delle nostre
schermaglie, così lo guardo da sotto in su e scuoto il capo: "Sei
sempre esagerato, do’aho! Diciamo che questo look ti rende passabile…".
"CHECCOSA?! Stupidissima volpe, non hai il minimo
senso estetico!!!" si altera lui, accigliandosi pericolosamente.
"Lo so, l’ho capito quando ho deciso di stare
con te" rincaro la dose.
"AH, MA ALLORA VUOI CHE TI RIDUCA AD UNA STOLA DI
PELLICCIA??!!" grida, gettandomisi addosso.
Per un attimo rimaniamo a fissarci con i nostri sguardi
più cupi, degni delle migliori risse che abbiamo avuto quando facevamo il
primo anno, e poi scattano gli… spintoni!!!
Già, niente pugni, non ci farebbe bene, e niente
testate oggi, in compenso diventa una gara a chi spinga prima l’altro
sull’erba: è divertente, ma non dura moltissimo, perché dopo diversi
minuti il do’aho approfitta di una mia distrazione (avevo sentito un
miagolio dei miei gatti) per farmi finire disteso per terra e bloccarmi
sotto di lui.
"Non vale, idiota!" gli faccio notare.
"Eheheheh… non ci sono regole e quindi vale
tutto quanto!" ribatte lui, ridendo in modo particolarmente cretino.
Ah, sì? E allora…
"Preparati, kitsunaccia, ora il tensai… ehi!!!
Non vale!!! Smettila subito!!! Cioè, no…" si agita, mentre io mi
struscio lentamente contro di lui, sotto di lui.
"L’hai detto tu che vale tutto quanto…".
"Volpastra infida e malefica!!!" mormora il
mio Hana, con il respiro leggermente affannato e un piacevole rossore
sulle guance.
"Che voleva fare il tensai?" lo provoco,
sorridendo maliziosamente.
Lui ricambia il sorriso, chinandosi su di me: "Non
me lo ricordo, ma non importa… questo è sicuramente più importante…"
sussurra sulle mie labbra, prima di baciarmi.
Lo Shinkansen della linea Tokaido corre veloce verso il
Kansai, percorrendo lo stesso percorso dell’autostrada Tokyo-Kyoto.
Sono seduto accanto al finestrino, naturalmente nel
senso della corsa del treno, che è il modo migliore di viaggiare, e ogni
tanto il mio sguardo indugia sul profilo del Fuji-san… vedo che anche
per il mio Hana è così.
Il do’aho siede accanto a me, mentre di fronte
abbiamo i nostri tre compagni di squadra Ishi, Sasaoka e Kuwata; giorni di
gite per gli studenti del terzo anno dello Shohoku! Credo che il preside
abbia tirato un sospiro di sollievo all’idea di avere la scuola un po’
più tranquilla.
Con noi è partita anche la classe della Akagi.
"Io sono stato nel Kansai una volta, da bambino, e
voi?" ci chiede Sasaoka.
Mi limito a scuotere la testa, facendo intendere di no,
mentre Hanamichi si abbandona a una dissertazione sul perché il tensai
negli anni passati si sia sentito in dovere di non allontanarsi da
Yokohama per non lasciare la città senza difese.
"Forse sarebbe stato più bello fare la gita in
primavera, con i ciliegi in fiore, non trovate?" interviene Ishi,
pulendosi gli occhiali con il bordo della giacca della divisa.
"Be’, ma anche l’autunno ha dei bei colori!
Vedremo gli aceri in tutto il loro splendore…" ribatte il mio Hana,
con un tono di voce diverso che capisco essere diretto a me.
Hn… se non ci fossero gli altri lo prenderei per
mano, ma non so come potrebbero reagire i nostri compagni e sinceramente
mi risparmio volentieri di vedere Ishi, Sasaoka e Kuwata sconvolti!
"Capitano, una pausa ci voleva proprio,
vero?" sorride Kuwata, rilassandosi contro il sedile.
"Dipende dai punti di vista" mi limito a dire
io; dal mio ovviamente no… ossia, sono contento di andare in gita con
Hanamichi, soprattutto in un posto nuovo per entrambi, ma allo stesso
tempo temo che il basket mi mancherà un po’ durante questi giorni senza
allenamenti e senza campetto… Però posso capire i miei compagni: sono
state settimane pesanti, lo so; ci siamo riposati un po’ subito dopo la
vittoria, ma poi i ritmi del club sono ricominciati a pieno regime in
vista del ritiro delle amichevoli da giocare in autunno e delle selezioni
invernali. E, inoltre, io e il mio Hana abbiamo tra non molto pure il
ritiro della nazionale juniores.
"Be’, capitano, mettiamola così: saremo più
rilassati nell’affrontare le prossime amichevoli!".
"Però le matricole non erano un granché contente
di essere rimaste allo Shohoku" nota Sasaoka, ridacchiando, forse al
ricordo degli sguardi invidiosi che ci hanno lanciato al momento dei
saluti, ieri, alla fine degli allenamenti.
"Hn… Miura lo era" non posso fare a meno di
notare, concedendomi poi di nuovo di osservare il profilo del Fuji-san.
"Ah, sì?".
"Bah, Kaoru non ci sta con la testa, secondo
me!!!- interviene Hanamichi- Prima di tutto, la volpe è il suo idolo e
già questo la dice lunga sul suo stato mentale…".
"Do’aho!!".
"… inoltre si sta facendo trascinare anche lui
nel vortice degli stakanovisti del basket, sempre per colpa della suddetta
volpe! Ha detto che avrebbe costretto il nonnetto a far provare alla
squadra altri schemi del ‘triangolo’, durante la nostra assenza. Per
perfezionare il livello delle matricole!" la mia testa rossa sembra
davvero stupita dalle intenzioni di Kaoru Miura e questo mi meraviglia un
po’.
"E’ un proponimento lodevole, non capisco
perché devi criticarlo tanto" replico, accigliandomi.
"Ma dai, sono matricole: dovrebbero essere tutti
contenti dell’assenza dei senpai… sai, potrebbero rilassarsi un po’
anche loro, e invece…" mi spiega lui, tornando più serio.
"Sono ancora euforici per la vittoria: dopotutto
non capita a chiunque di iscriversi ad un club e di vincere subito il
campionato nazionale. E poi forse ha ragione il capitano…".
"Grrr… quando mai!!!" ringhia Hanamichi,
guardando storto i nostri compagni.
"… nel senso che quello schema di gioco è stato
fondamentale per la nostra vittoria ed è un bene se anche i kohai lo
perfezionano".
Perché Kuwata ha sempre voglia di parlare? Mica
penserà di fare così fino all’arrivo a Kyoto, vero?
"A proposito, non ho capito bene perché Phil
Jackson ha dato questo nome strano ai suoi moduli" interviene Sasaoka.
Sono quasi rassegnato al pensiero di dover parlare per
spiegare il motivo di tale denominazione, quando il do’aho mi precede,
con tono entusiasta.
"Lo so io!!! È perché il padre di Jackson era un
pastore!!!" esordisce.
Bene, se lo ricorda.
"Sì, ma che c’entra?".
"Be’, avrà allevato bufali, mandrie… che ne
so, sai com’è in America, no? Con tutto quello spazio… e quando ci
sono le cariche c’è il capomandria che si mette alla testa del gruppo e
poi gli altri corrono dietro di lui: insomma, dall’alto sembrerebbe di
vedere un triangolo!!!" conclude Hanamichi, dopo aver parlato a
raffica. Una delle cose che ammiro di più è la sua fantasia inesauribile…
"Ah!" i nostri compagni di squadra non
sembrano convinti e si voltano verso di me, incerti, come a chiedere
conferma del racconto.
"Era un pastore protestante" specifico io,
lapidario.
"Ah!" esclamano, in tono diverso.
"Faceva bene a protestare, doveva essere un lavoro
faticosissimo" osserva il mio idiota personale, annuendo.
"Do’aho, io so di essere molto ignorante in
materia religiosa, ma tu stai peggio di me" è la mia unica,
definitiva, considerazione.
"CHE COSA??!! Un tensai non può essere ignorante,
volpe cretina!!!! Ritira subito quello che hai detto!!!!" mi grida
contro lui, facendo voltare buona parte degli altri passeggeri, specie
alla parola ‘volpe’.
Hn… mi stupisce la tua richiesta, amore mio. Ho mai
ritirato qualcosa, da quando mi conosci?
"Mpf! Idiota, perché non leggi mai ‘Hoop’ e
le altre riviste a cui sono abbonato? Così eviteresti di dire
scemenze!!" ribatto io, non ritirando proprio niente.
"Io le leggo le tue dannate riviste, ma mi
interessa il gioco, guardo le foto delle azioni! Non sono arrivato ad un
punto di ossessione da imparare gli alberi genealogici degli allenatori
dell’NBA, chiaro?!" strepita lui, trattenendosi dal saltarmi alla
gola.
"Ehm… ragazzi, per favore, litigate piano… gli
altri passeggeri…" tenta Ishi, ma viene incenerito da un’occhiataccia
di entrambi. Tutti e due troviamo terribilmente irritante che qualcuno si
intrometta nelle nostre discussioni!!!
"Oi tu… hai deciso di prendere il posto di
Megane-kun?! Ma cosa sono, gli occhiali, a farvi questo effetto?!"
gli si rivolge Hanamichi, guardando con sospetto ostile la sua montatura;
è vero, era un po’ un incubo del senpai Kogure di non disturbare gli
altri quando la squadra viaggiava in treno o in metro.
"N-no… figurati…" fa marcia indietro lui;
in effetti, la faccia torva di Hanamichi non è lo spettacolo più
rassicurante del mondo.
"Volevo ben dire! Dove eravamo rimasti, volpaccia
malefica? Ah, sì… non osare mettere in dubbio le vastissime conoscenze
del tensai!".
"Hn. Metto in dubbio tutto quello che mi
pare".
"Kitsuneeeeee!!!".
Andiamo avanti così per un po’, perché da insulto
nasce insulto quando battibecchiamo, ma nella confusione riesco comunque a
sentire Kuwata dire ad Ishi:
"Non ti preoccupare: dopotutto sono tre anni che
fanno così, no?".
Già.
Tre anni bellissimi.
Parte seconda.- A Kyoto
"Questo non è un ryokan!!!".
"Sakuragi, ne avevamo già parlato mi pare…"
il professore di giapponese, Takahashi, che ha avuto il compito di
accompagnare la nostra classe in gita e che da stamattina esibisce per
questo una deprimente espressione da condannato, sospira leggermente
sentendo il mio tono accusatorio e risentito.
"Io avevo fatto presente che sarebbe stato molto
più bello soggiornare in un ryokan!" insisto, incurante degli
sguardi perplessi dei miei compagni.
"Sì, mi ricordo… ma rammento anche la risposta
che ti diedi: che pernottare in una normale pensione sarebbe stato meno
dispendioso e soprattutto più pratico. La nostra è una gita scolastica,
visiteremo in lungo e in largo Kyoto e sicuramente i nostri orari
sarebbero inadatti e inconciliabili con quelli di un ryokan e l’ultima
cosa che potrei volere sarebbe recare disturbo o, peggio, offesa ai
gestori e agli altri ospiti".
Il tipo osa pure voltarsi, considerando evidentemente
terminata la conversazione con il tensai, per osservare il piccolo e
curato giardino che circonda l’edificio, il breve vialetto che ci ha
portati fin qui.
Ok, non è male, ricorda molto la pensione Chidori
(quella dove eravamo stati a Hiroshima, vi ricordate?), però… io volevo
un posto più romantico in cui stare con Kaede!!!
"Staremo bene, Hana" mi dice a bassa voce la
volpetta, affiancandosi a me.
"Certo, con me staresti bene dovunque, stupida
kitsune!!- ridacchio, facendolo sospirare appena di rassegnazione per non
darmela vinta- Vabbe’, ci torneremo, Kaede!! E allora visiteremo davvero
Kyoto come vorremo noi…".
"E’ una buona idea, do’aho".
"Certo: io ho sempre buone idee!" proclamo.
"Vero, specie quando segui i suggerimenti di
qualcun altro".
"E infat… KITSUNE!!!!!!!! Quanto le odio queste
tue frasi a tradimento!!!!!" gli ringhio, attirando gli sguardi dei
miei compagni.
Una signora gentilissima ci accompagna verso le nostre
stanze e, mentre andiamo trascinandoci dietro i nostri borsoni, io lancio
rapide occhiate tutto intorno a me e mentalmente approvo lo stile
tradizionale e semplice al tempo stesso di questa pensione.
Ma sì, può andare!!!
Alla classe di Haruko vengono assegnate le prime stanze
che incontriamo e io mi accosto a Yohei:
"Oi, controlliamo quale camere si prenderanno i
professori: voglio stare lontano da loro il più possibile!" gli
bisbiglio e lui annuisce; a questo punto sembriamo due radar più che due
studenti e individuiamo subito il punto da evitare. Non solo, ma come se
si fosse messa d’accordo, tutta la nostra classe si sposta in massa sul
fondo del corridoio.
"Le stanze sono da tre o da quattro futon, capito?
– ci insegue la voce del professor Takahashi- Dopo che avrete posato i
vostri bagagli, raggiungetemi all’ingresso: devo darvi il programma di
questi giorni, dobbiamo pranzare e poi uscire sul presto… mi avete
sentito?".
Sì, sì…
Dunque, adesso dobbiamo dividerci le stanze e fin qui
è tutto regolare: sapete come funziona quando si va in gita, no? In
realtà tendono a riproporsi gli stessi gruppi, con le stesse divisioni,
che si formano a scuola, il che non significa sempre che non si vada d’accordo,
solo che è normale che certe persone ci siano più simpatiche di altre e
si voglia stare con quelle.
Ragionamento impeccabile del genio.
Quindi tiro un sospiro di sollievo quando io, la
stupida volpe e Yohei riusciamo ad accaparrarci l’ultima camera, dalla
parte destra del corridoio; perfetto: niente scocciatori di troppo,
staremo belli tranquilli!!!!
Kaede apre gli shoji ed entra per primo, guardandosi
subito intorno. Mentre il mio amore posa il suo borsone in un angolo della
stanza, mi volto verso il mio migliore amico ed è solo allora che noto
sul suo volto i segni di… che cosa? Disagio? Sì, forse sì…
I suoi occhi sembrano apparentemente calmi come al
solito, ma si muovono veloci nell’osservare la stanza, si fermano un
attimo su Kaede, sull’armadio a muro dove troveremo i futon e gli yukata,
su di me…
La verità è che non ci avevo pensato.
Non ci avevo davvero pensato, non avevo considerato che
dividere la stanza con noi sarebbe stato un po’ troppo per lui…ma ora
non so che dire, non vorrei che fraintendesse e poi…
"Uhm… mi sa che dovrò organizzarmi…"
dice Yohei, inaspettatamente, con voce tranquilla, facendo qualche passo
nella stanza e appoggiando il suo bagaglio a terra.
"In che senso?" gli chiedo, cercando di avere
un tono il più naturale possibile, imitandolo nel liberarmi del borsone a
mia volta.
"Nel senso che le mie cose staranno qui, ma… mi
sa tanto che dovrò aggirare i controlli dei professori per andare a
dormire nella stanza di fronte!" lo dice sorridendoci, come se già
pregustasse la beffa a danno dei controlli del professor Takahashi.
"Yohei… scusa, ma non ti seguo…" devo
ammettere.
"Neanche io…- interviene Kaede, osservandolo un
po’ accigliato- Qui saremmo in tre e invece di fronte a noi sareste in
quattro. Che problema c’è? Non ti faremo assistere a niente di
imbarazzante, te lo assicuro…".
Yohei gli sorride: "Non ti preoccupare, non è per
questo. E’ che… sai, in gita ci si diverte: abbiamo già organizzato
un paio di bische con gli altri ragazzi, abbiamo portato le carte da poker
e anche il Mah-jong per i momenti di riposo, faremo le ore piccole e
magari anche l’alba…insomma, quelle esperienze devastanti che forgiano
l’anima! Ma mi dispiacerebbe disturbarvi con il mio andare e venire,
quindi penso che sarebbe più pratico così: il mio bagaglio rimarrà qui,
ma di sera, dopo che i prof si saranno ritirati, porterò il mio futon
nella stanza di fronte".
Una spiegazione logica e pacata, tipica del mio
migliore amico.
"E la mattina?".
"Tornerò qui un minuto prima che i professori si
alzino, il corridoio non è largo e non avrò alcun problema. Ok, vado ad
avvertire i ragazzi che ho messo a punto il piano!!!" ride e fa per
uscire, ma io lo raggiungo, sotto lo sguardo non completamente convinto di
Kaede.
Una volta nel corridoio gli bisbiglio: "Yohei, io
non…" non so cosa dire, perché non ne abbiamo più parlato e io ho
sempre dato per scontato che fosse qualcosa di superato…o forse era solo
quello che preferivo credere, forse non è proprio così…
"E’ tutto a posto, Hanamichi".
"Davvero? Però non credo che i ragazzi sappiano
che dormirai con loro, no?" insisto.
Lui solleva appena un angolo della bocca, in un accenno
di sorriso: "Sarà una sorpresa…".
Be’, entro anche io nella stanza con lui, non si sa
mai….
E infatti!!!
Yohei spiega rapidamente ai nostri compagni di classe
(ma davvero questo tizio è in classe con noi? No, perché io la sua
faccia non me la ricordo! Ok, in genere sono costantemente voltato verso
il mio volpacchiotto che sonnecchia con la testolina china sul banco,
quindi è possibilissimo che mi sia sfuggito qualcuno!) le sue intenzioni
e io scorgo delle espressioni di sorpresa e disappunto che non mi
piacciono per niente.
"Però, Mito-kun, non sarebbe molto giusto, così
saremmo in quattro a dover dormire qua dentro…" inizia uno, bassino
e somigliante a Takamiya, solo che Takamiya è meglio di lui.
Io faccio un passo verso di loro e torreggio su di lui,
fissandolo torvamente: "Scusa, stai dicendo che non ti va di dividere
un po’ di spazio con il mio migliore amico, nonché uomo di punta della
Sakuragi Gundan?".
"N…n-no… non sto dicendo questo…"
indietreggia lo gnomo, diventando improvvisamente pallido.
"Dove c’è posto per tre futon, c’è posto
anche per un quarto!" proclamo io, con il tono di un capo che non
ammette discussioni. Il tono che mi si addice, insomma!
Accanto a me, sento Yohei che ridacchia palesemente
divertito.
"Sicuramente sì, Sakuragi, non ti preoccupare…è
solo che…" interviene un altro, un tipo che mi pare sia nel club di
baseball.
"Comunque, giusto per la cronaca, Yohei è
allergico all’albero che è proprio davanti alla finestra della nostra
camera. Non vorrete che stia male, veeeero?" mi invento lì per lì.
Però mi devo fare i complimenti da solo, è credibile, sì sì…
"Allergico?" si stupisce il terzo. Ora che lo
guardo meglio, sembra la versione cresciuta di Harry Potter e questo lo
rende inquietante.
"Sì… in una forma molto acuta, oltretutto:
rischierei una crisi asmatica che potrebbe soffocarmi…".
Yohei è eccezionale!!! Un attore nato, giuro. Non solo
mi ha assecondato, cosa che comunque non deve stupire perché siamo
abituati da anni ad assecondarci l’un l’altro in questi casi, ma ci ha
regalato una grande interpretazione: aveva proprio un tono rammaricato e
dolente davvero perfetto.
"Ma non è stagione di allergie, siamo in
settembre" osserva l’Harry Potter giapponese.
"Fammi capire: vorresti che corresse comunque il
rischio di sentirsi male?" lo tacito, fulminandolo con una delle mie
migliori varianti dello Sguardo che Uccide.
"Certo che no, ci mancherebbe. Dai, ragazzi, in
fondo sarà divertente: Mito, hai davvero le carte da gioco con te?"
si informa il giocatore di baseball. Si chiama… Matsudaira, mi pare.
"Naturalmente sì, in questi casi le porto sempre…
non si sa mai!" scherza Yohei, facendo ridere anche i nostri
compagni.
"Allora mi insegnerai a giocare a poker, affare
fatto?".
"Mi sembra il minimo- annuisce il mio amico- Anzi,
se volete prender confidenza da subito…" e, inaspettatamente, tira
fuori dalla tasca della giacca una scatoletta; mentre i quattro si
dispongono a terra, seduti a semicerchio, io mi avvicino agli shoji.
"Allora ci vediamo fra poco" li saluto.
Yohei si volta verso di me e mi strizza l’occhio,
sorridendo, e mi fa un cenno con il capo verso le carte che ha in mano;
ridacchio anche io: sicuramente avrà un full di Jack…
Alla fine esco e chiudo gli shoji alle mie spalle, ma
non mi allontano immediatamente; per qualche secondo resto lì, fermo, per
poter calmare i pensieri che mi girano in testa, veloci, da diversi
minuti.
Non posso trattenere un sospiro e mi dico che forse ho
sottovalutato molte cose e, allo stesso tempo, che se ho potuto
sottovalutarle è stato proprio per merito del comportamento di Yohei…
Non so che fare.
È il mio migliore amico e gli voglio un bene dell’anima,
eppure stavolta non posso aiutarlo; se fossi tranquillo come Kogure forse
potrei farlo, se fossi posato come Akagi… ma non sono come loro, mi
agito facilmente e pasticcio con le parole e ho paura di dire le cose
sbagliate, o cose che potrebbero essere fraintese.
Forse… forse Yohei sa molto meglio di me cosa sia
giusto fare, me lo fa capire l’atteggiamento che ha avuto finora: quello
di sempre. E se, stavolta, non è riuscito ad assumerlo fino in fondo,
preferendo dormire in un’altra stanza piuttosto che con noi, è
semplicemente perché comunque non si può chiedere troppo ad una persona,
non fino a questo punto.
Respiro profondamente e mi dico che non devo
preoccuparmi: lui è in gamba, lo è sempre stato… supererà anche
questa… anzi, la supereremo insieme…
Questo pensiero mi rinfranca molto, riesco di nuovo a
sorridere mentre apro gli shoji della camera mia e di Kaede.
Il mio volpacchiotto se ne sta sdraiato a terra sul
tatami e si è assopito, o almeno così credo io, vedendolo con gli occhi
chiusi… in realtà appena entro li apre e li fissa su di me.
Ho già detto che sono bellissimi?
"Hn? Allora?" mi chiede.
"Tutto a posto. Yohei e gli altri stanno già
giocando a poker… quanto scommetti che si pagherà i souvenir del Kansai
con i soldi che riuscirà a vincere a quegli ingenui inesperti?" gli
rispondo allegramente. In effetti, pensandoci bene non è affatto male
come piano…
"Se li scopriranno, passeranno un guaio. E tu non
ci pensare nemmeno!!!".
"A cosa?" scatto io, sulla difensiva.
"Tu non andrai a giocare a poker, chiaro?".
"Ooooh… il mio volpacchiotto non vuole che la
notte mi allontani da lui…" ridacchio, atterrando su Kaede e
premendomi contro di lui, stringendolo forte a me.
"Hn… idiota… guarda che questi sono shoji!"
mi fa notare lui, indicando con il capo le pareti, che non sono
esattamente il massimo della larghezza. Non ho davvero bisogno di parole
per capire a cosa stia alludendo…
Ma di sicuro non basta questo per scoraggiare un tensai
come me!
"E allora? Non mi piace affatto dove vuoi arrivare
con questo discorso, sai volpaccia?".
"Lo sapevamo che in questi giorni ci saremmo
dovuti dare una controllata…" mi ricorda lui.
"Uff…- sbuffo io, palesemente scocciato,
chinandomi poi a baciargli la bocca- … e vabbe’, ci controlleremo,
però potrò comunque stropicciarti tutto, kitsune!!!" rido,
scompigliandogli i capelli e arruffandoglieli come piace a me.
"Do’aho…".
Ce ne stiamo belli avviticchiati, abbracciati e
aggrovigliati, persi in un bacio da Guinnes dei Primati, quando si sente
echeggiare per tutto il corridoio la voce funesta del professore che ci
chiama per farci radunare all’ingresso.
Bastardo!!! Ecco, adesso ci tocca alzarci!!!
Oddio, una certa fame comincio ad avvertirla anche io,
ora che ci penso…
"Kitsune, secondo te cosa dobbiamo portarci
dietro, a parte qualche soldo?".
"Hn?".
"Voglio dire, la macchina fotografica me la
porto?".
"Non vorrai mica sembrare un turista?!" mi
squadra malissimo lui.
"Perché, che siamo, scusa? E poi non pesa niente,
è così piccola…" e nel dirlo rovisto nel mio borsone cercandola e
infilandola nella tasca interna della mia giacca. Un genio deve sempre
dare ascolto alla sua prima ispirazione.
Quando usciamo dalla stanza, ci ritroviamo in mezzo
agli altri nostri compagni e dopo qualche secondo, una volta arrivati all’ingresso
della pensione, ci si avvicina Haruko, tutta sorridente.
"Ciao, Hanamichi! Ciao… Rukawa-kun…- non mi
sfugge la lieve esitazione che ha nel pronunciare il suo nome- Siete
capitati in una bella stanza? Io la divido con le mie amiche".
"Ah, sì! Siamo io, il volpino e Yohei- le
rispondo, mentre la kitsune osserva la scena in modo un po’ apatico,
anche se so benissimo che non lo è- Bah, non vedo l’ora che ci lascino
liberi di girovagare per Kyoto da soli!!!" esclamo a voce abbastanza
alta, perché senta anche chi deve…
"Io credo che già da domani ci daranno qualche
ora nel pomeriggio, sai? Lo spero anche io: devo comprare qualche regalo e
poi vorrei trovare una bambola che mi piacesse…".
Ehi, anche io devo pensare a qualcosa da riportare a
mia madre!!! Vorrà dire che trascinerò la kitsune in giro per negozi!
"Hn… dobbiamo andare…" ci avverte la
suddetta kitsune, notando come i nostri compagni stiano seguendo i
professori fuori dalla pensione.
A questo punto, lei raggiunge le sue amiche, io
individuo Yohei poco distante da noi, impegnato in una conversazione con
il tipo del baseball, e una volta percorso il piccolo viale le strade di
Kyoto si spalancano davanti ai nostri occhi!!!
Durante il pranzo non succede niente di che, quindi
penso sia inutile che mi dilunghi a raccontarlo, anche se per giustizia
devo almeno ricordare che i takoyaki erano la fine del mondo!!!!!!!!
La visita di Kyoto vera e propria comincia adesso, al
Castello Nijo.
"Ecco, quando dicevo che dovevamo alloggiare in un
posto caratteristico, mi riferivo proprio a qualcosa di simile!"
esordisce il mio do’aho, appena varcata la soglia della porta Karamon.
"Sakuragi, questo era il castello fortificato di
uno Shogun…" sospira il professore, senza più neanche la forza di
alzare la voce; a dire il vero non ha più molta forza neanche per parlare
in generale, dato che decide di lasciarci liberi di visitare il monumento
da soli, senza dover stare necessariamente in gruppo.
"Soltanto…- ci avverte con uno sprazzo di fiato-
…osservate bene i ‘pavimenti dell’usignolo’, mi
raccomando!!".
Certo, probabilmente è ciò che ci ha incuriosito di
più: i famosi pavimenti che emettono un ‘canto d’usignolo’ e che
servivano a scoprire intrusi malintenzionati…
"Ma secondo te i morsetti e i chiodi si
vedono?" mi chiede Hanamichi, puntando come un falco i suddetti
pavimenti.
"Non lo so… abbiamo letto che erano sotto la
superficie, quindi non dovrebbero vedersi".
Ci siamo documentati: il mio do’aho si è
entusiasmato per questo ‘sistema di allarme’ antico e mi ha coinvolto
nella ricerca che ha fatto prima di partire, anche se poi ha dovuto
ammettere che non è replicabile a casa nostra.
"Ah, eccoli!!!" esclama, una volta entrati
nella sala dei ricevimenti: sono nei corridoi esterni…
"Hn. Tu saresti stato subito scoperto, Hana: già
fai casino pure sulla moquette, figuriamoci qua sopra!!" non posso
trattenermi dal provocarlo un po’, facendo arrossare il suo volto per l’indignazione.
"Stai scherzando, vero? Necessità fa virtù: se
avessi dovuto introdurmi qua dentro puoi star certo che avrei escogitato
un sistema rivoluzionario, che sarebbe passato alla storia! Ma ci si può
camminare sopra?".
Il tossicchiare risentito di uno dei custodi, proprio
accanto a noi, fa capire ad Hanamichi che forse non è il caso.
"Giusto due passi, solo per provare…" tenta
lui.
Il custode si lascia cogliere da un attacco di tosse
convulsa.
"Ok, ok, ho recepito! Vabbe’, dai, Kaede,
andiamo a vedere i ciliegi in fiore!!".
No, non si è ammattito il mio do’aho, da voler
vedere i ciliegi fioriti a settembre: si sta semplicemente riferendo ad
una delle più famose pitture su pannelli scorrevoli di tutto il Giappone,
una scena di ciliegi in fiore, appunto; girovaghiamo un po’ finché non
li troviamo e rimaniamo ad osservarli per diversi secondi, in silenzio.
Poi, d’un tratto, la mia testa rossa esclama: "Che ne dici di
qualcosa del genere in salotto, kitsune? Cioè, quando avremo un salotto
tutto nostro, non adesso… so che sarà una casa all’occidentale, ma un
bell’affresco farebbe la sua figura e soprattutto ci sarebbe un rimando
al cognome del genio, che ci sta sempre bene!".
"Hn".
"Era un sì?".
"Era un no" ribatto, guardandolo di sfuggita.
Per qualche minuto lo sento borbottare contro le
stupide volpi prive di senso artistico, ma mi segue comunque quando io mi
allontano dalle sale del castello per osservare meglio i Giardini, le
acque tranquille e rilassanti del lago, le piccole isolette che contiene,
a forma di gru e di tartaruga…
"Ti piace, kitsune?" la sua voce è di nuovo
calma, forse grazie allo spettacolo di pace che ci offre questo angolo di
verde.
"Hn".
"Vedrai, avremo qualcosa di simile in
giardino!" ride, divertito, facendosi più vicino a me.
"So che molti pensano che io sia un egocentrico
megalomane, ma mi sto accorgendo che tu lo sei più di me" scherzo,
pur mantenendo un tono serio; camminiamo lentamente, distaccandoci pian
piano dagli altri, mettendo fra noi e loro più spazio possibile e lo
facciamo di comune accordo, anche se non ci siamo scambiati una parola a
riguardo…
"Sai com’è, sto decidendo cosa potrebbe essere
all’altezza del tensai, ma a parte questo… A parte questo, Kaede, mi
piace tantissimo pensare a come sarà casa nostra. Voglio dire, la casa
che compreremo insieme, e non sarà di tuo padre e neanche di mia madre o
di qualche americano che vuole affittarla, ma sarà nostra!!! Potremo fare
tutti i cambiamenti che vorremo, da un giorno all’altro, senza dover
consultare nessun altro, sarà qualcosa di tutto nostro. Io ci penso
spesso… ok, quasi sempre… va bene, sta diventando un’idea ossessiva,
in senso buono però!!!" ammette lui, parlando d’improvviso
velocemente, tutto d’un fiato; anche se non possiamo neanche sfiorarci (l’ho
sempre pensato che la presenza degli altri può rivelarsi molto
superflua!!!), riesco ad avvertire perfettamente la sua emozione nel dirmi
queste cose, come se in questo modo prendessero ancora più forma e
consistenza. Come se fossero già quasi realtà.
E lo saranno, amore mio…
"Ci penso anche io" dico semplicemente,
cogliendo subito il suo sussulto felice.
"Allora…" riprende lui, con un tale slancio
entusiastico che per un secondo temo voglia correre ad una agenzia
immobiliare, ma viene interrotto dalla voce stanca e quasi implorante del
professor Takahashi, che ci richiama.
"RAGAZZI, INIZIATE A RADUNARVI!!! Dobbiamo andare
a visitare il Palazzo Imperiale!!".
La mia testa rossa sgrana gli occhi:
"Oggi?!".
Ovviamente nel gruppo dei nostri compagni di classe che
ci passa accanto c’è anche Mito, che ridacchia sentendo la domanda di
Hanamichi: "Già… è qua vicino. Spero che ci arrivi la
metropolitana, perché non ho molta voglia di andare a piedi".
"Nemmeno io, se è per questo, e poi non abbiamo
ancora sentito gli usignoli…".
Alla fine sugli usignoli mettono una pietra sopra, come
doveva essere, e il nostro gruppo si avvia verso l’altra tappa della
giornata; Hanamichi e Mito si lamentano un po’ durante il tragitto… io
taccio, ma avrei preferito a mia volta interrompere le visite per questo
primo giorno: ci siamo alzati presto, ho sonno…
È lo stesso pensiero che ho la mattina successiva,
quando i miei occhi vengono sfiorati dalla luce che filtra nella nostra
stanza; il mio do’aho, però, è ben sveglio e non è dello stesso
avviso.
"E daaaaai, Kaeeeeede!!!!!!" implora.
Però lo fa direttamente dentro il mio orecchio,
stordendomi più di quanto non sia già!!
Hn.
Eppure lo sa che per me la mattina è un momento
drammatico!!
"Mmmm…" ecco, non riesco neanche ad
articolare un insulto di senso compiuto.
"Dai, Kaede, ci farà iniziare bene la
giornata!" insiste, chinandosi a depositarmi una miriade di baci
possessivi e appassionati sulla gola e sulle spalle, provocandomi brividi
a fior di pelle.
Sta già iniziando bene la mia giornata, con il suo
corpo forte premuto sopra il mio, le sue braccia che mi stringono forte in
uno dei suoi abbracci ‘da tensai’ e la sua bocca che ricopre di baci
le mie labbra e la mia pelle, facendomi desiderare di più… E tuttavia
riesco a trovare la lucidità per dirgli che non mi pare abbia scelto il
momento adatto.
"Kitsune scema, è sempre il momento
adatto!!!" protesta lui, con convinzione, dandomi poi un altro bacio
per dimostrarmelo, passando le sue mani fra i miei capelli e poi facendole
scivolare lentamente lungo la mia schiena…
"Non se c’è il rischio che Mito rientri in
camera da un momento all’altro…- gli faccio notare, indicandogli, con
uno sforzo, la sveglia-… guarda l’ora: tra cinque minuti suonerà e…".
"Non importa, dai, io ne ho tanta
voglia!!!!".
Come sarebbe, non importa?!
Sto per ribattergli che è davvero un grandissimo do’aho,
ma lui mi bacia di nuovo e le sue mani si intrufolano sotto il bordo dei
miei boxer, facendomi tendere contro di lui e soffocare un gemito nella
sua bocca.
"Sì, lo sento…- gli mormoro quando ci
stacchiamo, passandogli una mano fra i capelli sulla nuca e alludendo alla
sua eccitazione che preme contro di me-… e hai fatto venire voglia anche
a me, ma davvero non è il momento!" insisto; oltretutto inizio a
sentire dei rumori di voci e di oggetti spostati dalla camera accanto.
E li sente anche lui, costretto a rassegnarsi a questo
punto: affonda il capo contro il mio collo e si lamenta: "E’ già
ora di alzarsi…".
"Cosa credi che abbia cercato di dirti
finora?" lo riprendo, continuando a giocherellare con le sue ciocche
rosse.
"ARGH!!! COME SOFFROOOOO!!!!" esclama,
simulando anche un accenno di pianto che mi fa ridere leggermente; lo
stringo a me con più forza e gli sussurro all’orecchio:
"Lo sapevamo che in questi giorni sarebbe andata
così…".
Il mio adorato do’aho si solleva appena puntandosi
sui gomiti e fa una smorfia di disappunto: "Non è che la cosa sia
consolante…- poi mi guarda e si china a baciarmi la punta del naso-…
comunque, kitsune, se avessi saputo che ti sarebbe piaciuto giocare tanto
con i miei capelli, me li sarei fatti crescere molto prima!!!" ride,
alludendo al codino in cui adesso li raccoglie.
"Questa è la lunghezza che ti sta meglio, Hana"
osservo, ricevendo un altro bacio.
Poi lui si stacca da me e si alza, sbuffando
infastidito: "Vado a farmi una doccia fredda, la prima di una lunga
serie, temo. Se mi verrà una polmonite denuncerò il professore per danni
fisici e morali!!!! Non si scherza con la salute del Tensai Sakuragi!".
"Danni morali?" lo interrogo, mentre rimango
sdraiato sul futon.
"Certo, mi si impedisce di fare l’amore con te:
questa è crudeltà mentale… e non stiracchiarti in quel modo sexy
proprio adesso, volpe malefica, o non saprò resistere!!!" sbotta
Hanamichi, arrossendo e decidendo per una strategica ritirata sotto la
doccia.
Hn…avrei tanto voluto anche io rimanere qui e passare
una mattinata lenta e lunga, di quelle in cui non ci alziamo mai dal futon...
Però è anche vero che ho un sonno terribile: ieri ho
potuto dormire meno del solito e poi, adesso che ci penso, stamattina non
potrò neanche dormire sul mio banco, perché saremo in giro per Kyoto!!!!
Oddio…
Mi sforzo di sollevare le palpebre quando mi arriva il
rumore leggero degli shoji che vengono aperti, segno che Mito sta tornando
nella camera.
"Buongiorno!!!" mi saluta allegramente,
infatti, mentre io mi metto a sedere sul futon.
"… ‘giorno…Com’è andata con i tuoi
compagni di stanza?" non ho ancora ben capito perché non abbia
voluto stare qui.
"Bene: ho vinto già 1000 yen e mi sto rivelando
un bravo insegnante di poker! Hanamichi è già sotto la doccia, vedo:
dopo vuoi andare tu?" mi chiede, mentre sistema nell’armadio a muro
il suo futon nuovamente arrotolato.
"Hn".
"Rukawa, ma ti senti bene? Hai un’espressione
strana…" nota lui, dopo aver osservato per qualche secondo il mio
viso.
Io non ho un’espressione a quest’ora del mattino.
Mi lascio ricadere sul futon e dico a bassa voce:
"Sto morendo di sonno…".
Lui ridacchia, ma poi si crea una gran confusione
quando Hanamichi esce dal bagno e inizia a parlare con il suo migliore
amico: vede i 1000 yen e protesta che vuole vincerli anche lui, poi si
lamentano del fatto che anche in gita si deve indossare la divisa
scolastica e tante altre cose che però io non riesco più a seguire
perché vado a farmi la doccia.
Nonostante la porta chiusa, mi arrivano le loro voci
che si accavallano, che scherzano, che commentano; mi piace il loro
rapporto, quello di due veri amici, perché è qualcosa che io non ho mai
avuto e che non conosco. Hanamichi è anche il mio migliore amico, è
vero, ma non è la stessa cosa, perché ci sono di mezzo anche l’amore,
l’attrazione, il sesso, che sono mescolati a questa ‘amicizia’; i
senpai Mitsui e Kogure sono sicuramente ciò che ho di più vicino al
concetto di ‘amico’, ma non parliamo moltissimo di cose personali, io
non sono un tipo che riesca a confidarsi…
Il getto d’acqua tiepida mi colpisce gentilmente,
svegliandomi almeno un po’: penso al luogo che stiamo per andare a
visitare (un posto che sento nominare da quando ero bambino) e mi sento
contento all’idea di vederlo per la prima volta con la mia testa rossa
preferita.
Il tragitto dalla pensione fino alla nostra meta
mattutina è stato davvero rilassante, nel senso che ho potuto dormire
nella metropolitana; io di mio tendo ad addormentarmi anche quando vado in
bicicletta, quindi si può immaginare che effetto debba avere su di me il
movimento monotono e perfettamente ritmato di un vagone della metro…
Così mi sono rilassato sul sedile e in pochi secondi il mondo si è fatto
scuro, e quando mi sono svegliato, una volta a destinazione, ho trovato
anche il mio do’aho raggiante, perché nel sonno avevo appoggiato la
testa sulla sua spalla ed era sembrato un gesto fatto nell’incoscienza!
Che poi lo era, ma gli ha permesso comunque di avermi stretto, appoggiato
a lui…
Percorriamo a piedi l’ultimo tratto di strada e
infine ci troviamo davanti al viale alberato che ci fa capire che siamo
arrivati; chi più chi meno eravamo tutti curiosi e ansiosi all’idea di
venire qui e adesso non si sentono chiacchiere, non c’è il solito
vociare che in genere accompagna le scolaresche… ci sono solo i nostri
passi lungo il viale e il rumore delle fronde degli alberi per il vento
leggero che rende piacevole il caldo settembrino.
E poi, dopo poco, la strada si apre su uno degli
spettacoli più belli del Giappone.
Sullo sfondo c’è il monte Kinugasa, davanti a noi c’è
un giardino con un laghetto e i raggi del sole si riflettono sulla foglia
d’oro che ricopre il tempio Kinkakuji e rendono splendente tutto l’edificio
e il giardino… è come se un pezzo di sole fosse in quest’angolo di
mondo…
Io e Hanamichi rimaniamo fermi a fissarlo, le nostre
mani si stanno sfiorando impercettibilmente; anche i nostri compagni di
scuola si muovono lentamente, camminando piano, osservando tutto quasi
trattenendo il fiato.
Io non ho mai fatto molto caso all’architettura
tradizionale e, non andando mai ai templi, non ho neanche avuto molto modo
di vederla, ma non bisogna essere degli esperti per comprendere la
bellezza di questo posto: le linee perfette del tempio, la discrezione
della sua eleganza, la flessuosità della fenice di bronzo che ne orna la
sommità… e poi tutta questa luminosità che nasce dall’oro. Dal sole…
"Kaede, è…" Hanamichi si blocca, non
trovando le parole adatte.
"Hn".
"Stavo pensando… - riprende d’un tratto-… ma
secondo te quanto vale quell’oro?".
Che cosa?
"Do’aho!!! Chi se ne importa di quanto
vale!!!" gli sibilo, visibilmente seccato per questa sua uscita!!
Insomma, non ci capita spesso di vedere monumenti nazionali!!!
Sto per allontanarmi, ma lui mi afferra per il braccio,
trattenendomi e rivolgendomi un sorriso di scusa: "Stavo scherzando,
kitsune, davvero!!! Volevo farti arrabbiare… Senti, ho portato la
macchina fotografica anche oggi, posso farti una foto qui?".
Io mi imbroncio: "Non mi piace farmi fare le
foto" e lui lo sa benissimo.
"Lo so- dice infatti- ed è per questo che ieri
non te l’ho mai chiesto, ma questo è un posto speciale, dai!!! Una
soltanto, daaai!!!".
Sembra tenerci davvero tanto e a me non va di dirgli di
no.
"D’accordo. Dove vuoi che mi metta?".
Il suo volto si illumina tutto, come se fossi riuscito
a renderlo felicissimo anche soltanto con il mio assenso; dovrei esserci
abituato, ma in realtà non finisco mai di stupirmi di fronte all’allegria
continua che sanno dargli anche cose semplicissime.
"Fai qualche passo verso il Padiglione… ecco,
fermo lì… sembrerai avvolto da un mare di luce, Kaede…" mi dice,
e comincia a fare le prove per la giusta inquadratura.
"Hn… vedi di non tagliarmi la testa o le gambe,
piuttosto. Non sei troppo vicino?" lo provoco.
"Grrrr… la fiducia questa sconosciuta, vero
volpaccia antipatica? Per tua informazione la mia macchinetta è impostata
per le foto panoramiche e io so inquadrare benissimo!!! E ora di’ ‘cheese’!!!!"
mi avverte lui, preparandosi a scattare.
Ma neanche morto!
"Hn".
"Vabbe’, diciamo che va bene lo stesso…- mi
prende in giro la mia testa rossa-…Fatto! Non vedo l’ora di far
sviluppare il rollino!!!".
Hanamichi fa qualche passo verso di me, raggiungendomi,
e per qualche minuto rimaniamo in silenzio, osservando il Padiglione d’Oro,
i riflessi quasi ipnotici che si espandono da lui; i nostri compagni di
scuola passeggiano lentamente nel giardino, fanno anche loro delle
fotografie: a qualche metro da noi ci sono Mito e la Akagi che stanno
ridendo mentre le amiche di quest’ultima fingono di mettersi in posa.
Poco distante, c’è il professore, circondato dai pochi studenti che
hanno voglia di sentire la sua spiegazione.
"Cosa ti piace di più di questo posto, Kaede?"
mi chiede d’improvviso Hanamichi.
Io lancio una rapida occhiata generale e poi rispondo:
"Il giardino".
Mi piace la natura, mi piace sentire e vedere il verde
intorno a me, anche se preferisco il mare.
"Ah ah. Avremmo dovuto portare i gatti, pensa a
quanto sarebbero stati contenti!!" ridacchia lui, immaginandosi la
scena dei nostri micetti intenti a giocare e a ronfare in un giardino
così grande.
"E a te cosa piace?" stavolta è il mio turno
di chiedere.
Lui ci pensa un po’, si passa anche una mano fra i
capelli e dietro la nuca come fa sempre quando è indeciso o nervoso o
imbarazzato, e poi dice: "Il Padiglione… non per l’oro, eh!!!
Cioè, anche per quello, però il fatto è che… be’, è veramente
bello. Ogni tanto fa bene vedere cose davvero belle, non credi, volpe? Fa
bene allo spirito, intendo. Oi, naturalmente sto parlando di edifici!!!
Per il resto, io sono fortunato visto che ogni giorno vedo te…" e
queste ultime parole me le mormora piano, temendo di essere sentito.
Io guardo il sorriso caldo e innamorato che mi sta
rivolgendo e sento qualcosa sciogliermisi dentro.
"Do’aho…" gli dico in un soffio. Lo so
che lui sa interpretare le mille sfumature con cui pronuncio il suo ‘soprannome’
preferito…
Camminiamo in silenzio, avvicinandoci al laghetto: il
tempio Kinkakuji e gli alberi che lo circondano si riflettono
splendidamente nello specchio d’acqua davanti a noi… e questa
superficie di un azzurro trasparente è arricchita a sua volta dai
bagliori del tempio, come se fosse piena d’oro…
Nessuno di noi due sente il bisogno di dire qualcosa,
certi momenti non devono essere ‘parlati’, ma solo condivisi e lo
sappiamo entrambi.
Dopo un po’ Hanamichi mormora: "Deve essere
bellissimo, qui, con la neve".
"Sì, una volta ho visto una foto" confermo
io.
"Allora abbiamo una scusa per tornare, vero,
kitsune? Una bella vacanza innevata a Kyoto…" propone il mio do’aho.
Facciamo qualche altro passo intorno al laghetto,
dirigendoci a malincuore verso il gruppetto di studenti dello Shohoku che
si è formato intorno al professore: penso che adesso una bella
spiegazione con tanto di ripasso di storia giapponese non ce la toglierà
nessuno, ma forse non dovremmo lamentarci…in fondo ci stanno lasciando
abbastanza libertà, e dopotutto questa è pur sempre una gita scolastica.
"Oi, kitsune, ti ricordi il nome dello shogun che
ha fatto costruire il tempio? Sono sicuro che il prof lo chiederà a me,
ci metterei la mano sul fuoco!!!" borbotta Hanamichi, guardando
malissimo il professore, impegnato a far domande oltre che a spiegare.
"Mi ricordo un Ashikaga…" inizio io, ma lui
mi interrompe subito, esclamando:
"Ah!!!! Sì sì, Ashikaga Yoshimitsu!!! Avevo
associato il nome a quello di quel cretino di Mitsui!".
"Il senpai sarà contento di saperlo"
commento, mentre raggiungiamo il gruppo.
"Sakuragi, chi ha fatto costruire il
tempio?".
Il mio do’aho non ha fatto in tempo ad avvicinarsi
che effettivamente il professore l’ha preso di mira, ma stavolta lo
sorprende rispondendo con prontezza: "Ashikaga Yoshimitsu!!"
proclama trionfante, con un gran sorriso orgoglioso.
"Eheheheheh… hai visto che faccia ha fatto,
kitsune? Non si aspettava che rispondessi, credeva di trovarmi impreparato
o distratto!- mi bisbiglia dopo aver assestato il colpo al professore-
Comunque io mi sono stufato di dover stare con gli altri: che ne diresti
di cercare una via di fuga?".
Kaede non mi prende sul serio, ma io non sto
scherzando: vorrei fuggire! Cioè, non mi sembra giusto che i ritmi delle
nostre visite debbano essere decisi da altri; io ad esempio vorrei restare
ancora un po’ in questo posto da sogno per godermelo con la mia adorata
kitsune e invece no! Dovremo seguire questi bipedi bradipi per andare…
per andare… oddio, mi sono scordato!!!
"Pst, Yohei…" bisbiglio al mio migliore
amico, che è vicino a me e che sta osservando ancora il Padiglione.
"Hanamichi, mi stavo chiedendo… quanto varrà
quell’oro?".
"Vero che è una domanda interessante? Me la sono
posta anche io!- non posso fare a meno di vantarmi, lanciando un’occhiataccia
alla volpe antipatica che sospira di sopportazione accanto a me- Qualche
milione di yen? – la verità è che non ne ho idea- Comunque, senti, ma
adesso dove dobbiamo andare?" domando, a voce bassissima.
Yohei sembra rifletterci per qualche secondo: "Uhm…al
Tempio Ginkakuji e poi…".
"Ma ci siamo già!!!" obietto io, stupito.
"Ginkakuji, non Kinkakuji" mi precisa Yohei,
alzando un poco il suo tono per farmi sentire meglio.
"Do’aho!".
"Volpe scema, vedi di tacere! Vorrei vedere te a
cercare di carpire le sillabe giuste con il borbottio di questo coso in
sottofondo!!" replico alla kitsune, con fare sostenuto. Ah, il ‘coso’
sarebbe il professore naturalmente…
"…e poi ci facciamo tutta la Passeggiata del
Filosofo" conclude Mito.
Uhm… si tratta di fare qualche chilometro a piedi, ma
per un atleta come me sarà uno scherzo!!!
So che sono posti bellissimi e io sono sinceramente
contento di vederli, ma non vedo l’ora che sia domani. Perché? Be’
perché avremo TUTTA una giornata di libertà, potremo girare da soli e
fare quello che vorremo e io mi sto già organizzando a dovere!!! Essere
costantemente circondato dai nostri compagni si sta rivelando più dura
del previsto…
Non posso sfiorare le mani di Kaede quando camminiamo,
né scompigliargli i capelli o baciargli velocemente una guancia…
So cosa state pensando: che queste cose comunque non
potrei farle neanche nel centro di Yokohama o nella nostra aula e che,
quindi, sto rompendo per niente; allora, punto primo, il tensai non rompe
mai (e ha licenza poetica di creare rime!) e, punto secondo, vedo che
mancate moltissimo di acume psicologico al contrario di me, ma questo non
dovrebbe stupirmi, infatti il genio sono io e non voi…Il fatto è che
quando si è lontani da casa ci si lascia andare, no? Ci si sente più
liberi. Non sto dicendo che potrei andare in giro per Kyoto mano nella
mano con Kaede, anche se mi piacerebbe (che poi, nelle strade vicino casa
ormai a volte camminiamo mano nella mano, tanto lo hanno capito tutti che
stiamo insieme…), però potrei comunque comportarmi in modo meno
costretto di come mi obbliga la presenza di questi tizi!!!
Ok, mi rifarò domani! Ho già un piano di battaglia
per la giornata: dovrò solo convincere la kitsune a fare tutto quello che
voglio io e sarà perfetto! Impresa disperata? No, stavolta forse no…
oltretutto c’è un posto vicino a Kyoto che vorrei visitare a tutti i
costi e non penso che Kaede farà dei problemi per andarci, non ne avrebbe
motivo.
"E dove pranziamo?" chiedo, mentre tutto il
gruppo si avvia a ritroso verso l’uscita, percorrendo al contrario il
bel viale alberato.
"Non è molto che abbiamo fatto colazione" mi
fa notare la kitsune anoressica.
"E’ vero…- una pausa, poi domando- E dove
facciamo merenda?".
"Do’aho!" mormora lui, scuotendo
leggermente il capo.
"Oi, non dimenticarti che devo avere a che fare
con una stupida kitsune e che quindi mi servono un sacco di
energie!!" gli ricordo, assumendo un tono forzatamente sostenuto.
E poi voglio provare gli okonomiyaki del Kansai…
Mi lancio in un discorso sul potenziale istruttivo del
cibo e sul valore culturale della cucina tradizionale e, tutto sommato,
devo risultare convincente perché alla fine il professore acconsente ad
una piccola sosta per uno spuntino, guarda caso proprio mentre stiamo
passando davanti ad un locale di okonomiyaki, mentre il professore della
classe di Haruko non è altrettanto magnanimo e si trascina il gruppo, che
ci lancia occhiatacce invidiose.
"Mica per niente, così saremo ancora più di buon
umore quando arriveremo al tempio Ginkakuji!" esclamo, prendendo
posto su una delle sedie accanto al lungo bancone.
"Hn. Do’aho, vedi di non finire con la faccia
sulla piastra".
"CHECCOSA?! Mi hai preso per un
deficiente?!".
"Sono tre anni che ti chiamo do’aho: ci sarà un
motivo…" osserva placidamente la malefica volpe.
"Vedi di non caderci tu, sulla piastra, dopo
esserti addormentato!!" ribatto, furibondo, anche se da questo punto
di vista il volpino è al sicuro: non potrebbe mai cadere da nessuna
parte, io lo prenderei al volo e lo sorreggerei! Sono un eroe…
"Mpf. Qui sei tu il do’aho, non io e poi da te
mi aspetto di tutto".
"Bene. Questa frase la prendo come un’ammissione
delle infinite capacità del mio genio" annuisco convinto, mentre
Kaede lascia andare un sospiro di rassegnazione.
"Ehi, ragazzi- interviene Yohei, divertito- Credo
che la signorina stia aspettando le nostre ordinazioni".
Si sa che è scortese far aspettare le persone…
Quando usciamo dal locale tutti i nostri compagni mi
ringraziano per aver convinto il prof a farci fare questo spuntino fuori
programma; lo so, lo so… sono il salvatore della classe dopo essere
stato quello del club di basket!
"Che ti ridi, do’aho?".
Ehm… ok, meglio sorvolare a riguardo con lui…
A parte questo, ho avuto ancora una volta buon occhio:
gli okonomiyaki erano buonissimi e io ne ho mangiati uno e mezzo; be’ il
mezzo era di Kaede, ma sapete com’è lui, no?
Chiacchierando, arriviamo senza fretta al tempio
Ginkakuji, il Padiglione d’Argento, identico nell’aspetto al Kinkakuji.
Ok, il giardino è splendido: ci sono pini, laghetti e
dune di sabbia davvero suggestive e io fotografo tutto.
Certo, per il Giappone questo tempio è importante per
la tradizione antica di ikebana, cerimonia del tè e incenso.
È vero: la sua architettura è bella.
Però…
"Quel nome è una fregatura: l’argento non c’è!!"
protesto io, accigliato. E pensare che sarebbe stato bello avere il
pendant in argento della lamina d’oro del Kinkakuji…
"Non c’è mai stato argento qui" osserva
Kaede, a bassa voce.
"Lo so benissimo, per questo dico che è una
fregatura: un conto è saperlo dai libri, ma poi a vederlo di persona…
be’, fa tutto un altro effetto, ecco! Insomma, non credo di essere l’unico
ad essere rimasto male guardandolo!" insisto.
"Vabbe’ ma lo sanno tutti: i visitatori sono
preparati" mi fa notare Yohei.
"E tu che ne sai? Eh, mi devo rassegnare al fatto
che nessuno raggiunge le vette di precisione del tensai!".
"Comunque, ho letto che, di notte, la luna si
riflette sulle dune di sabbia, quindi anche se non c’è la lamina penso
che sia bello lo stesso" anche Ishi, alle nostre spalle, dice la sua.
"Ah, guarda, è proprio la stessa cosa…"
borbotto
suo sguardo imperturbabile.
Be’, la giornata sta per finire, le ore di luce sono
già diminuite parecchio e ora il cielo sta imbrunendo e a noi rimane l’ultima
fatica di questo nostro secondo giorno a Kyoto. Oddio, fatica… Ceneremo
in uno dei ristoranti che si affacciano sul canale; ora come ora,
guardando la mia adorata kitsune, mi sembra uno dei posti più romantici
di Kyoto…
I ristoranti sul canale hanno acceso le loro lanterne
di carta e lo spettacolo è davvero suggestivo: mi spiace di non essere da
solo con il mio do’aho, ma anche questo ci fornisce una scusa in più
per tornare qui da soli.
Ed è piacevole anche stare seduti allo stesso tavolo
con Ishi, Sasaoka e Kuwata e Mito. Si chiacchiera, o meglio loro
chiacchierano, e si fanno progetti per domani, per sfruttare per bene la
giornata di libertà.
"Io sarei curioso di vedere una sala giochi del
Kansai" scherza Yohei.
"Potrei accodarmi a te, Mito: domani voglio solo
divertirmi… a dire il vero non sono molto bravo, specie a Pachinko, ma
non è questo l’importante" gli dice Sasaoka.
"Accompagnami pure…".
"E voi due, dove andrete?" chiede Kuwata, a
me e ad Hanamichi.
Lui ufficialmente non sa che stiamo insieme e non
saprei dire se ufficiosamente l’abbia invece capito, quindi mi colpisce
questo suo dare per scontato che noi due passeremo la giornata assieme.
Forse i nostri compagni l’hanno intuito, tutto sommato… e forse non se
ne sono neanche stupiti più di tanto…
"Ho programmato tutto da Yokohama! – annuncia,
con una certa fierezza, Hanamichi- Dovremo prendere il treno perché il
posto che ho in mente è a qualche chilometro da Kyoto, ma non vi dico
altro! Poi vi racconteremo domani sera a cena…" conclude, con
atteggiamento misterioso.
Del resto, non ha voluto dire neanche a me dove andremo…
"Capitano, scommetto che ti manca il basket: sono
già due giorni che non tocchi palla!" mi dice Ishi, ridendo.
"E’ vero, mi manca- ammetto, anche perché
sarebbe stato ipocrita negarlo- Però posso ancora sopravvivere" e
questo lo dico soprattutto per Hanamichi, perché non vorrei che pensasse
che la sua presenza non mi basti per essere contento.
"E comunque…- aggiungo dopo un attimo di
silenzio-… quando torneremo a Yokohama recupererò questi giorni di
pausa".
"Ah, be’…".
"Mi sembrava strano…".
"Volpe stakanovista!".
Ridacchiano e scherzano prevedendo che mi dedicherò ad
allenamenti supplementari.
"E li recupererete anche voi, si intende"
termino, senza scompormi.
Adesso da loro non sento una sola parola, c’è solo,
in sottofondo, la risata divertita di Mito.
"Sì, dunque… - si riprende Hanamichi, dandosi
un contegno- Dicevamo di domani?".
Parte terza.- Kitsune
La sveglia non ha ancora suonato, ma io ho gli occhi
ben aperti già da diversi minuti; Kaede è accanto a me, naturalmente,
sdraiato su un fianco, con la schiena premuta contro il mio torace dalle
mie braccia che lo cingono in un abbraccio.
Il suo respiro è lento e costante, segno che il mio
amore è ancora profondamente addormentato e io gli accarezzo lievemente
il fianco, stando però attento a non svegliarlo.
So benissimo che ha un sacco di sonno arretrato!!!
I miei muscoli sono completamente rilassati e io provo
un senso di rilassatezza incredibile, e forse per questo impiego qualche
secondo per rendermi conto che il leggero rumore che ho appena sentito
proviene dagli shoji; questo può essere solo Yohei e ciò significa che
tra pochissimo suonerà la sveglia; lo sento camminare silenziosamente
fino all’armadio a muro e poi sistemarci dentro il suo futon e allora mi
punto su un gomito per sollevarmi e fargli capire che sono già sveglio.
Lui si sta dirigendo verso il suo bagaglio, appoggiato
nell’angolo, per prendere qualcosa, quando si accorge del mio movimento
e si volta per guardarmi.
Io gli faccio un cenno di saluto, ma poi mi porto un
dito alle labbra indicando allo stesso tempo Kaede che è ancora
addormentato, con i capelli scompigliati sul cuscino e un’espressione
incredibilmente serena; Yohei annuisce, ci scambiamo un’occhiata,
sorridendo, e poi entrambi portiamo lo sguardo su di lui e so che stiamo
continuando a sorridere nel guardarlo ed è una sensazione strana, perché
avverto perfettamente che non c’è invidia, non c’è gelosia, ma solo
il perfetto equilibrio di due ragazzi che sono amici e che osservano
insieme, dolcemente, chi per loro è molto importante… mi chiedo… mi
chiedo quante volte si possa raggiungere nella vita un equilibrio simile…
Poi Kaede si muove leggermente, mugola qualcosa nel
sonno, segno che sta per svegliarsi, e l’atmosfera si spezza; Yohei
distoglie lo sguardo, dopo un ultimo sorriso, e inizia a frugare nel suo
bagaglio.
"Posso andare io per primo a farmi la
doccia?" mi chiede, tranquillamente.
"Ah… certo…".
Sto per chiedergli dove pensa di andare oggi, quando le
mie parole sono coperte da un suono fastidiosissimo e odiato in tutto il
mondo.
DRIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIN.
"Ma che rottura…" sbuffo.
DRIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIINNNNNNNN!!!!!!!
Sto per spegnere questa cavolo di sveglia quando,
veloce come un fulmine, mi precede la manata che le dà Kaede, che è
ancora ad occhi chiusi tra parentesi, e che si abbatte impietosamente sul
povero oggetto.
Yohei si gira di scatto, sorpreso dal rumore secco,
giusto in tempo per ammirare la sveglia agonizzante, mentre io ridacchio.
"Non perdoni neanche le sveglie, eh,
volpacchiotto?".
"Mmmmm…" mugola lui, affondando il volto
nel cuscino.
"E dai che dobbiamo andare alla stazione!!"
gli ricordo, cercando di farlo alzare.
"Hanamichi, allora io vado a farmi la doccia"
mi avverte Yohei, prima di chiudersi in bagno.
"Sì sì, vai pure… oi, kitsune addormentata!!!!
Guarda che il treno non aspetterà te!!" insisto.
"Parti da solo…".
"CHECCOSA?! Io non vado da nessuna parte senza di
te!!!!" e per fargli capire bene il concetto decido anche di
applicare uno dei miei metodi per svegliarlo meglio riusciti. Quale? Be’,
baciarlo fino a fargli perdere il respiro….
Tre quarti d’ora dopo siamo già alla stazione più
vicina alla pensione dove soggiorniamo, in attesa che arrivi il vagone.
Per Kaede la nostra destinazione è ancora avvolta nel mistero dato che ho
voluto andare da solo a comprare i biglietti.
"Mi dà un po’ fastidio partire alla cieca…"
mi fa presente la volpe, mentre io mi sistemo meglio sulle spalle lo
zainetto che ho deciso di portare.
Certo, il modello forse sarebbe più appropriato per
una gita tipo ‘sopravvivi in Amazzonia per due giorni con le tue
provviste’ che non per arrivare a pochi chilometri da Kyoto, ma io ho
fatto il ragionamento che non si sa mai cosa si può vedere nei negozi e
che sarebbe un peccato avere poco spazio. Il Tensai Sakuragi è anche un
modello di previdenza…
Comunque, la kitsune rompe ancora e io nella mia
magnanimità decido di darle un piccolo indizio.
"Dai, Kaede… posso solo dirti che ti riguarda
molto da vicino" gli concedo, ghignando.
"Riguarda me?" si stupisce lui, sgranando
appena gli occhi.
"Sì sì!".
"Ma io non ho niente che mi leghi al Kansai…- mi
fa notare, a bassa voce; poi però noto un lampo malizioso nel suo
sguardo- A meno che non stiamo per fare visita a Minami" dice con
noncuranza studiata.
"STUPIDA VOLPE, COSA VAI DICENDO?! NON C’E’
NIENTE CHE TI LEGHI A LUI!!!!" gli grido contro, furibondo, facendo
voltare mezza stazione e agitandogli un pugno sotto il naso.
"Stavo scherzando" ribatte lui, senza
scomporsi, ma con una luce divertita in quelle stupende iridi blu.
La sua voce calma e morbida ha il potere di
tranquillizzarmi immediatamente, così tossicchio per darmi un contegno e
poi cerco di guardarlo con sufficienza:
"Ah, be’… lo so benissimo, che credi? Era per
seguire il tuo gioco…altrimenti ti avrei già scaraventato sulle rotaie,
che credi?" borbotto.
"Hn".
È solo l’arrivo del treno a mettere fine al nostro
battibecco; io e Kaede saliamo e, concordandolo tacitamente, ci sediamo
uno di fronte all’altro, per non discutere su chi avrà il finestrino.
Poi il treno riprende la sua corsa e la mia kitsune gira appena il viso
per osservare il panorama che scorre sempre più velocemente.
"Allora, non indovini dove stiamo andando? Ti ho
pure detto che ti riguarda…- lo sapevo, sono sempre il solito: so che
dovrei starmene zitto e non svelare nulla al mio Kaede, eppure allo stesso
tempo mi sembra di scoppiare a dovermi trattenere dal parlargliene- … ti
do un altro indizio, ma solo perché sono magnanimo: il posto che dobbiamo
raggiungere è a sud di Kyoto" e nel dirlo mi protendo in avanti,
più vicino a lui.
"Hn. È Osaka?".
Ora mi incavolo sul serio!!!
"E ANCORA CON OSAKA!!!! Tu non ci metti piede ad
Osaka, ok?!" gli grido contro, quasi scattando in piedi.
"Do’aho, io vado dove mi pare" è la sua
affermazione. Pacata, calma: una constatazione di libertà.
Sì, dunque… non è una cosa furba imporre a Kaede
qualcosa e poi lo so che vuole soltanto punzecchiarmi e provocarmi… e ci
riesce benissimo, maledizione!!!!
Quindi mi calmo, respiro profondamente e dico: "Ad
Osaka andremo quando avrò messo a punto un piano infallibile per l’eliminazione
del calimero e del codino, quindi mi serve tempo, chiaro?!".
"Io non voglio andare ad Osaka" replica il
mio spirito-volpe personale, guardandomi con una luce più dolce negli
occhi. E io mi sciolgo… volpe dispettosa e adorabile…
Tossicchio, per darmi un tono: "E allora non
nominarla più! Comunque, hai sbagliato alla grande… ti do il terzo
indizio e voglio proprio vedere quanti ne serviranno ad una volpe scema e
mezza addormentata come te: vedremo un santuario…".
A questa parola, gli occhi di Kaede si spalancano
leggermente: "Un santuario? Noi?!".
"Ti ho detto che ti riguarda…" gli sorrido,
indugiando ad osservare i lineamenti perfetti e bellissimi del suo viso, e
divento ancora più contento quando lo vedo illuminarsi. Ha capito.
"Fushimi… Hn. Do’aho, devo preoccuparmi?"
mi chiede, ed è l’ultima domanda che mi aspettavo.
Eh? Che intende? A volte… come dire?… faccio ancora
fatica a capirlo.
"No, no: è tutto sotto controllo, di cosa
dovresti preoccuparti?".
Kaede accenna ad un sorriso e io mi sento sciogliere…
"Inari, eh? Si comincia con il kami del sakè e si
finisce agli Alcolisti Anonimi" scherza, fissandomi dritto negli
occhi.
Io scoppio a ridere: "Ah, per questo! Ma figurati…
a parte che non ho ancora mai bevuto sakè e, tra parentesi, vorrei anche
farlo visto che mi ha rotto questa faccenda della maggiore età! E
comunque io ho una volontà di ferro e so resistere alle tentazioni, ok? L’unica
a cui non so resistere sei tu, ma in questo caso è colpa tua, ecco…"
e mi rilasso contro lo schienale della poltroncina.
Kaede torna a scrutare il panorama e io mi perdo ad
osservare il suo profilo perfetto, gli occhi allungati, magnetici,
bellissimi… la pelle bianchissima…
La mia kitsune.
"Sei contento di andare a Fushimi, Kaede?"
gli chiedo d’un tratto. Be’ l’idea è stata mia e di sicuro lui
adesso deve seguirmi, a meno che non si voglia buttare giù dal treno in
corsa ma mi sembrerebbe drastico, però vorrei comunque che avesse il mio
stesso entusiasmo.
"Mi incuriosisce, sì" annuisce, lanciandomi
un’occhiata come per confermare le sue parole.
"Staremo benissimo, ho programmato tutto: andiamo
al santuario, compriamo qualcosa da mangiare e pranziamo e poi nel primo
pomeriggio riprendiamo il treno per Kyoto: ho già gli orari" gli
annuncio, tutto fiero. Modestia a parte, sono davvero orgoglioso di aver
programmato ogni cosa nei minimi particolari!
"Perché ripartiamo presto?" mi chiede la
volpe.
"Perché a Kyoto ci aspetta una pensione vuota…
tutti i nostri compagni e vicini di stanza saranno in giro per la città!-
non posso fare a meno di ridacchiare, anche se so di avere assunto un tono
un po’ maniacale- Capito, volpetta scema?" e gli strizzo un occhio
con complicità.
"E’ davvero un buon programma, Hana. Chi te l’ha
suggerito?".
Perché? Perché non si è fermato alla prima frase?!
"IL TENSAI NON HA BISOGNO DI SUGGERIMENTI, CHIARO?
E’ TUTTA FARINA DEL MIO SACCO!!!!".
Lo grido, così magari capisce meglio il concetto e
già che ci siamo lo capiscono anche gli altri passeggeri.
Tra una discussione e l’altra arriviamo a Fushimi,
che è davvero vicina a Kyoto; dunque, magari qualcuno ha già capito a
cosa ci stavamo riferendo io e Kaede, ma qualcun altro magari no e allora
vi dico che Inari è il kami protettore del riso e del sakè e che ci sono
un sacco di santuari in suo onore in tutto il Giappone, ma questo è il
più importante e comunque ci tenevo a vederne uno, visto che non ne ho
uno vicino casa a Yokohama.
Che dite? Il nesso? Non è per il sakè, eh? Tra poco
vedrete…
Dal mio bellissimo zaino (che fa tanto Chatwin in
Patagonia) tiro fuori una mappa di Kyoto e dintorni e con il suo aiuto io
e Kaede ci orientiamo subito, non appena usciamo dalla stazione.
"Guardati intorno, kitsune: se vedi un
supermercato ci fermiamo a comprare il pranzo. O magari potremmo andare in
un ristorantino carino, che dici? È più romantico, vero?".
"Vediamo…".
Non ci mettiamo molto a raggiungere la nostra meta; in
una delle strade interne poi scorgo l’insegna di un alimentari e decido
che uno spuntino di mezza mattina ci vuole.
"Andiamo prima là, Kaede" gli dico,
afferrandogli il polso e tirandomelo dietro.
"Hn. Non c’è bisogno che ti affretti, Hana…"
mi fa notare lui e lo so che è vero, ma in questi casi, quando sono molto
contento, divento anche impaziente.
Comunque, nel giro di due secondi siamo dentro al
negozio, io punto come un avvoltoio dei pacchi di biscotti che mi sembrano
invitanti, li osservo meglio e poi…
"KAEDEEEEEEE!!! Guarda: biscotti a forma di
volpe!!!!!!!!!!!!!!!!!!".
Il mio grido fa sobbalzare la negoziante, che mi fissa
stralunata e un po’ preoccupata.
Oddio, sono bellissimi, devo assolutamente comprare
tutti i pacchetti!!!!!! Lo dicevo, io, che mi sarebbe servito lo zaino
formato gigante!!!!!!!
"Che ti urli?- mi rimprovera a bassa voce Kaede,
accostandomisi- E poi mica li vendono solo qua…".
"Sì, ma io non li vedevo da un sacco di tempo.
Quanti pacchi ne prendiamo? Sette basteranno?" comincio a tirarli
giù dallo scaffale, sotto lo sguardo terrorizzato della donna che forse
teme che tiri giù anche lo scaffale…
"Sette?".
"Hai ragione, i numeri pari sono meglio per
dividerceli poi: facciamo otto" concordo con il mio volpacchiotto.
"Due basteranno" sentenzia Kaede, con il tono
di voce che ha quando non c’è possibilità di negoziare.
Io mi volto verso di lui, sbigottito: "Che? Due?!
Ma non mi basteranno neanche per il viaggio di ritorno a Yokohama, che ci
faccio con due pacchetti?! E poi una volta tornati a casa… Uhm…senta,
questi si trovano anche a Kanagawa?" chiedo alla negoziante.
"Sì, certo" mi risponde lei, quasi timorosa.
Cerco di ignorare l’occhiata di Kaede, che mi dice
‘te lo avevo detto’, e decido che visto che il tensai è così
magnanimo posso concedergli qualcosa: "Ok, ne prendo quattro…"
e il mio volpino indisponente non ha nulla da ridire a questo numero,
quindi pago e usciamo dal negozio.
Io mi rigiro un pacchetto fra le mani, prima di
ficcarlo con gli altri nello zaino: "Non sono carini? La nostra gita
è iniziata benissimo!" ridacchio, soddisfatto.
"Hn".
"Li assaggi anche tu, vero Kaede?".
"Ok".
Chiusa questa parentesi, ci ritroviamo davanti all’impressionante
ingresso al santuario Inari di Fushimi; non è una questione di dimensioni…
è che di torii non ce ne è uno e neanche due, ma diverse decine! Sono
tantissimi e formano come un corridoio da seguire… io mi fermo prima per
fare una fotografia, perché uno non può venire qui e non immortalarsi
accanto a questa sfilata di torii e poi raggiungiamo finalmente il
santuario vero e proprio.
E qui posso vedere quello che volevo: le volpi.
Sì, le statuette delle volpi con le pettorine, in
pietra, che proteggono i santuari Inari…
È stupendo.
No, lo è davvero, capitemi: ci sono le volpette di
pietra, quelle di biscotto nel mio zaino, e la mia kitsune accanto a me…
Sono circondato da volpi!!!!!!!! E non posso trattenermi dal palesare a
Kaede la mia estasi…
"E’ fantastico, kitsune: volpi
ovunque!!!!!" glielo dico però a voce forse un po’ troppo alta,
perché un paio di altri visitatori si volta a guardarci e Kaede alza un
sopracciglio con aria critica:
"Magari è meglio che qui non mi chiami ‘kitsune’,
altrimenti sembrerà che tu stia parlando con le statue…" osserva.
Eh? non ci avevo proprio pensato… ma chissenefrega!
"Bah, io non sono un tipo che si formalizza per
queste cose: il tensai Sakuragi deve essere libero di parlare come vuole e
di sicuro…- abbasso la voce, lo fisso negli occhi- … di sicuro non
voglio rinunciare a chiamarti ‘kitsune’ solo per evitare qualche
occhiataccia!".
Mi piace chiamarlo così, e non solo perché trovo che
sia un soprannome davvero perfetto per lui (modestamente, non poteva
essere altrimenti visto che glielo ho dato io), ma perché è qualcosa che
ci lega: solo io mi rivolgo a lui in questo modo, e lo faccio da quando
non stavamo ancora insieme…
"Hn…- lui mi lancia uno sguardo indagatore-… e
come mai tutto questo entusiasmo per le altre volpi? Non ti basta la
kistune che hai già?".
Oi, non scherziamo!!!!
"Che c’entra? È che mi piace tutto quello che
mi fa pensare a te!- ecco, adesso vorrei chiedergli una cosa, spero solo
che non si rifiuti perché il tensai potrebbe prenderla male- Uhm…
avanti, kitsunaccia, mettiti vicino ad una delle volpette che ti faccio
una foto!".
"Ieri ti avevo detto che non mi sarei più fatto
fotografare" è la sua drastica risposta.
Lo sapevo, me lo sentivo…
"Sì, vabbe’, si dicono tante cose…"
provo a sdrammatizzare, togliendomi lo zaino dalle spalle e cercandovi la
macchinetta. Eppure l’avevo buttata qua dentro, stamattina…
"Io quando parlo, parlo sul serio" ribadisce
lui, accigliandosi con l’espressione come-ti-viene-in-mente-di-mettere-in-dubbio-le-mie-parole.
"Anche il tensai, quindi mettiti in posa e non
rompere" gli ringhio; eppure mi sono ricordata di prenderla, lo so…
"Non darmi ordini" il mio Kaede non ringhia,
in compenso la sua voce minaccia terribili ritorsioni.
Ah, eccola, questa dannata macchinetta! Era finita fra
due pacchi di biscotti.
Mi rialzo sbuffando piuttosto platealmente:
"Stupida volpe, quella kitsune di pietra è più simpatica di
te!!".
"Hn. Perché non te la fai tu la foto con le
volpi? Te la scatto io" propone lui, all’improvviso.
Ah! Non ci avevo pensato… In effetti in questi giorni
ho fotografato un sacco di monumenti e Kaede, ma io non compaio mai da
nessuna parte; non so, forse perché quando mi immagino intento a
sfogliare l’album dove riporrò i magnifici scatti del tensai, mi
rallegro all’idea di vedere il viso di Kaede e non mi importa di vedere
il mio. Però… be’, mettermi in posa accanto alla volpe mi piace come
trovata!
"Ok!" annuisco con entusiasmo e mi posiziono
accanto ad una delle statue.
Il mio amore regola la macchina fotografica e scatta…
e adesso con questo probabilmente pensa di aver risolto la questione ‘foto’.
Volpetta ingenua…
Prima che possa rendersi conto del mio piano, agguanto
per la spalla un altro turista che si stava avvicinando al tempio per i
fatti suoi e gli chiedo:
"Ehi, ci faresti una foto davanti alle
statue?".
Ho usato un tono gentile, ma mi accorgo ora che questo
tizio è più basso di me di almeno quaranta centimetri: mi fissa un po’
terrorizzato e stralunato e si affretta ad annuire, sollecito.
Eheheheheheh…ho fregato Kaede!!! Non gli piace ‘dare
spettacolo’, quindi non si metterebbe mai a questionare con me in un
luogo pubblico, davanti ad estranei.
"Cretino…" mi mormora, mentre lo trascino
davanti alla volpe che preferisco e gli cingo amichevolmente (agli occhi
degli altri) le spalle con un braccio.
"Di’ ‘cheese’, kitsune" ridacchio io.
"You, idiot…".
Clic.
Il tipo mi restituisce la macchina fotografica e io lo
ringrazio; poi mi volto trionfante verso Kaede-amore-della-mia-vita:
"E’ inutile, una stupida volpe non può opporsi
alle geniali trovate del tensai!".
"Do’aho" lui mi fa una smorfia.
"Vedrai, Kaede, sarà bellissima
incorniciata" gli dico subito dopo, con un tono di voce
improvvisamente diverso, molto affettuoso. Lo guardo negli occhi e gli
sorrido.
E allora anche il suo sguardo cambia, diventa più
luminoso, più intenso… si fissa nel mio e mi fa sentire al centro del
mondo: la persona più fortunata e felice della Terra…
E anche il suo ennesimo "Do’aho", mormorato
in un soffio, è diverso…
Ti amo anche io, Kaede…
"Secondo te qui vendono omamori con le
volpi?".
"Non ci serve un omamori" mi limito a dire,
continuando ad avanzare lungo la strada che ci farà uscire dal santuario;
siamo stati bene qui, ma adesso è il momento di andarcene, di pranzare,
visto che non abbiamo molto tempo a disposizione.
"Antipatico!" borbotta Hanamichi, fingendosi
più imbronciato di quanto non sia.
Camminiamo lentamente, guardandoci intorno, fermandoci
a comprare due bento perché alla fine abbiamo deciso che preferiamo
mangiare noi due da soli, e andrà bene anche solo sederci da qualche
parte, rilassati…
Ad un tratto imbocchiamo una strada che fiancheggia un
canale: marciapiedi spaziosi, qualche albero ogni tanto, l’erba che
ricopre il terreno che via via scivola verso le sponde del fiumicello e
poi una piccola banchina…
"Ci fermiamo a pranzare qui, Kaede?".
Mi hai letto nel pensiero, amore mio…
"Sì".
Questo posto non ha niente di speciale, ce ne sono
tanti simili in tutto il Giappone, eppure è piaciuto ad entrambi; facendo
attenzione a non scivolare, scendiamo per un tratto del pendio e ci
sediamo sull’erba. È rigogliosa per il calore del Sole e allo stesso
tempo è fresca dove arriva l’ombra della chioma di un albero.
Apriamo i bento e li consumiamo in silenzio… o
meglio, io resto in silenzio, ma Hanamichi no: si lancia in un resoconto
di tutto quello che lo sta entusiasmando di più di questa gita e scopro
che ha tante cose da dire: mi parla di quanto gli sia piaciuto il tempio
Kinkakuji, dei negozi di incenso e di tè lungo la Passeggiata del
Filosofo, e poi mi dice che vuole regalare una delle famose bambole di
Kyoto alla madre e che di sicuro sceglierà la più bella…scherza ancora
sulle volpette del santuario Inari e dà un giudizio positivo sugli
okonomiyaki che ha mangiato finora nel Kansai…
"Anche questo bento non era male, non ti pare? Ed
ora il dessert!!" ridacchia, appoggiando il contenitore per terra e
aprendo il suo zaino per tirarne fuori le buste di biscotti.
Io finisco di mangiucchiare la mia porzione e per
qualche secondo i miei occhi si fissano sulla corrente d’acqua che
scorre tranquilla, pacifica, rilassante; solo dopo un po’ mi accorgo che
c’è uno strano silenzio accanto a me.
"I biscotti non sono buoni?" gli chiedo,
senza voltarmi.
"No, non è questo, è che… AAAAAH!!! Mi fa
impressione mangiare una volpetta, ecco!!!!!!!!" sbotta lui, con un
tono di accusa, quasi che fosse colpa mia.
Mi giro a guardarlo, leggermente accigliato: "Oi,
sei scemo? Non è una volpe, è solo un biscotto" gli faccio notare
piuttosto seccamente.
"E’ un biscotto a forma di volpe" insiste
lui, impuntandosi, osservando l’oggetto incriminato fra le sue dita.
"Hn".
Per tutta risposta glielo prendo dalle mani e me lo
mangio io!
"Ehi, quello era mio! Bah, sei sempre la solita
kitsune antipatica… - prima assume un’aria mortalmente offesa, poi mi
sbircia e mi chiede- … uhm… com’è?".
"Buonissimo" ed è vero.
"Mpf, cosa vuoi che capisca di dolci una volpaccia
anoressica come te?! Devo per forza mangiarlo anche io, per sapere se è
davvero buono" proclama in tono sostenuto.
"Hn".
Adoro il modo un po’ brusco in cui si manifesta la
tua sensibilità, lo sai, amore mio? E magari sarà anche un po’ da do’aho
impressionarsi al pensiero di assaggiare un biscotto –volpino, ma mi è
piaciuta questa tua reazione…
"Effettivamente sono buonissimi!- esclama lui,
contento, sgranocchiando- Lo sapevo, avrei dovuto comprarne otto
pacchetti, non devo mai darti retta!".
E allora io mi protendo verso di lui e gli do un bacio
sulla guancia: "Li ricompreremo a Yokohama".
Non allontano di molto il mio viso dal suo e Hana ne
approfitta per strofinare la punta del naso contro la mia, sorridendomi;
mangiamo biscotti per un altro po’, io ne prendo altri tre e Hana
scherza su questo fatto, dice che è contento che i dolci mi piacciano…
Adesso abbiamo finito di pranzare, ma possiamo restare
qui ancora un po’ di tempo; si sta bene, non fa troppo caldo e poi noi
siamo riparati dall’ombra dell’albero.
Io mi sdraio.
La freschezza e il pizzicore dell’erba mi fanno
sentire bene e chiudo gli occhi per rilassarmi ancora di più.
Mi raggiunge subito la voce di Hanamichi: "Hai
sonno, volpacchiotto?".
"Un po’… voglio restare così…".
Lui si muove, si sposta e lo sento poggiare il capo sul
mio ventre, abbracciandomi i fianchi.
"Mi dà leggermente fastidio il cotone della tua
maglietta, ma siamo pur sempre all’aperto…- sussurra, premendosi
contro di me- … buon riposo, amore…".
E so che a questo punto anche lui ha chiuso gli occhi…
"OH, CAVOLOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!".
Il grido di Hanamichi, che mi avrà sicuramente causato
lesioni al timpano, mi fa sobbalzare procurandomi uno dei peggiori
risvegli che abbia avuto nelle ultime settimane.
Il mio sonno non era molto profondo, questo è vero, e
forse proprio per questo l’effetto è stato più deleterio: i suoni non
mi sono giunti ovattati e lontani, ma ben più nitidi.
Non sento più il peso di Hanamichi sul mio corpo e
questo perché si è sollevato di scatto, come soltanto lui sa fare. A
volte, sembra una molla…
"Do’aho!" gli dico, in tono non esattamente
affettuoso, puntandomi sui gomiti e osservandolo mentre raduna velocemente
e in modo un po’ caotico ( e continuando a borbottare) quello che
dobbiamo buttare.
"E’ tardi, è tardi, è tardi!!! Kaede, ti sei
addormentato!!!" mi accusa, arrabbiato.
"Perché, tu no?" gli faccio notare,
alzandomi e spolverandomi con le mani i vestiti.
"Siamo in ritardo: il treno partirà fra poco più
di mezz’ora!! ARGH!!! Dov’è lo zaino?! E poi è tutta colpa tua se ho
dormito anche io! Dove diavolo è un cestino per i rifiuti?! Ah, eccolo
lassù… e sbrigati, stupidissima volpe!".
Hn. Più che arrabbiato sembra agitato…
"Insomma, non voglio perdere quel treno!!".
Risaliamo il piccolo pendio piuttosto in fretta, lui
butta i rifiuti e poi iniziano la corsa e le discussioni.
"E’ colpa tua!" ripete, e allora sono io a
seccarmi.
"Potevi evitare di addormentarti anche tu, se era
tanto importante prendere questo treno".
"Se tu fossi rimasto sveglio, lo sarei rimasto
anche io: invece tu, tempo dieci secondi, eri già nel mondo dei sogni e
io ho dovuto dormire per non annoiarmi!!" protesta lui, sempre
correndo.
"Hn. Risparmia il fiato per la corsa" gli
dico e poi, con uno scatto improvviso, lo supero di qualche metro.
"Ehi, dove credi di andare?!" mi grida dietro
il mio do’aho, accelerando a sua volta.
"Ma è la direzione giusta?".
"Sì, prima ho visto una indicazione…".
Mi accorgo che la gente ci osserva stupita: due ragazzi
con gli zaini, che corrono e si parlano lanciandosi anche qualche insulto…ma
non importa, alla fine ci stiamo divertendo…
Ripercorriamo a ritroso il percorso che avevamo fatto e
ritroviamo facilmente la stazione, e a questo punto mi concedo di
rallentare un po’.
"In questi giorni ho sonno perché la mattina non
ho nessun banco su cui dormire- gli dico, quando lo sento dirmi per l’ennesima
volta che ci saremmo risparmiati questa fatica se io non mi fossi
addormentato- Tu che motivo avevi, invece?".
"Te l’ho già detto" borbotta lui, forse
accorgendosi dell’inconsistenza della spiegazione.
"Sì, e mi hai pure disturbato- decido di
provocarlo; mi piace tanto farlo…- Sentivo un rumore fastidioso in
sottofondo ed era il tuo ronfare!".
Il mio Hana si ferma in mezzo alla strada, a pochi
passi dall’entrata della stazione: "CHE?! CHE COSA STAI
INSINUANDO?! Stai dicendo che russo?!".
Mi fermo per un attimo anche io: "Un po’
sì" gli rispondo, mentre il suo volto diventa rosso per l’indignazione.
"Non è vero!!" protesta con decisione.
"Hn. Non startene fermo lì, do’aho, o lo
perderemo davvero il treno".
Ai biglietti aveva già pensato il mio Hana a Kyoto,
adesso dobbiamo solo timbrarli, salire su un vagone e trovare un paio di
posti a sedere e, incredibilmente, alla fine ci riusciamo… abbiamo il
fiato corto per la corsa, ma mi è piaciuto farla… mi mancano gli
allenamenti, mi mancava quella sensazione particolare che lascia addosso
la stanchezza dello sport…
Più che sederci, ci lasciamo cadere sui posti che
abbiamo rimediato, uno di fronte all’altro; Hanamichi mi guarda ancora
storto, ripensando a quanto gli ho detto prima.
"Non è vero che russo" si imbroncia.
"Invece sì, ma non ho detto che mi dia
fastidio" preciso, accennando un sorriso.
"Ah, no?" si rilassa lui, fissandomi
speranzoso.
"No: quando il sonno mi diventa profondo non
sentirei neanche un jet…" gli ricordo.
"Così non va però…- il mio Hana mi sorride,
decidendosi a prenderla sul ridere-… dovresti dirmi ‘sì, amore, ti
sento ma sei musica per me’".
"Hn" non sono proprio tipo da frasi così
sdolcinate!
"Ah! Il treno sta partendo. Bene, bene: tra non
molto saremo alla pensione".
Il volto di Hanamichi è mooooolto espressivo nel dirmi
questo, palesandomi le sue aspettative; ma evidentemente oggi mi diverte
in modo particolare provocarlo, perché replico:
"Ti dirò, Hana, mi hai irritato con quel discorso
sul sonno e adesso non mi va più…".
Lui spalanca gli occhi, allarmato: "Eh?! Ma come…".
"Sei proprio un do’aho!" rincaro.
"Kaede, stai parlando sul serio?!" quasi me
lo mormora, timoroso di una conferma.
"Hn".
Però mi dispiace vederlo con quel viso improvvisamente
abbattuto: lo sguardo di Hanamichi è fatto per essere allegro e non
voglio che non lo sia per causa mia.
"Cretino…" glielo dico sorridendo e lui
prima si acciglia e poi comprende che lo stavo prendendo in giro e allora
si distende.
"Mpf! Una volpe scema può fare solo scherzi
scemi: non era affatto divertente!!" sbuffa, fissandomi. Vorrebbe
sembrare accigliato, ma lo vedo bene che il suo sguardo brilla nel
guardarmi.
"Non volevo che fosse divertente".
Mi rilasso contro lo schienale della poltroncina,
cullato dal tran-tran del treno. L’ho già detto che ho sonno?
"Svegliami quando arriviamo a Kyoto…"
mormoro al mio do’aho, chiudendo gli occhi.
"Ma uffa, kitsune! Mica ti rimetterai a dormire!!-
esclama lui, di getto, poi sembra bloccarsi e infine fa marcia indietro-
Cioè, dormi pure, è meglio se dormi adesso: dopo ti voglio tutto per me…".
Sarà così, Hana…
Siamo arrivati alla pensione.
Non facciamo in tempo a chiudere gli shoji alle nostre
spalle che già ci ritroviamo sul pavimento, uniti da un abbraccio
strettissimo e persi in un bacio di quelli mozzafiato, al termine dei
quali non solo non si ha più il fiato, appunto, ma nemmeno la testa.
"Era da stamattina che non potevo baciarti…"
gli sussurro a fior di labbra, infilando le mani sotto alla sua maglia e
sentendo un tremito percorrere la sua pelle.
"Praticamente un’eternità…"mormora lui,
circondandomi il collo con le braccia, inducendomi a chinarmi nuovamente
sulla sua bocca; ed è un nuovo bacio, con le nostre lingue che si
cercano, le nostre mani che hanno bisogno di toccare il corpo dell’altro…
Non saprei neanche dire con precisione come abbia
fatto, ma sono riuscito a sfilargli la maglia e a gettarla lontano, in un
qualche angolo della stanza, e ora passo alla mia camicia, che sbottono
con foga. Mi accorgo vagamente di uno ‘strap’ e la frase divertita di
Kaede che mi dice : "Attento, do’aho!" mi conferma che devo
aver strappato la stoffa, ma non me ne importa niente, non adesso che
posso far aderire i nostri corpi e avvertire la sua pelle morbida contro
la mia… le sue braccia mi stringono di nuovo e la loro stretta è salda
e forte; mi eccita sentire le sue mani che accarezzano la mia schiena, le
sue dita che quasi mi graffiano mentre il bacio che ci stiamo scambiando
diventa sempre più travolgente e dopo un po’ la sua bocca già non mi
basta più: scendo sul suo collo, che lui arrovescia all’indietro per
permettermi di baciarlo meglio, e intanto le mie mani iniziano a sfilargli
i pantaloni… il suo profumo mi stordisce come sempre, il suo sapore mi
fa impazzire. Ma impazzire sul serio…
Mi allontano da lui per un attimo, a malincuore, per
spogliarlo completamente e la sua visione mi fa trattenere il respiro…
è mio… è davvero mio? Sono davvero così stupido da non riuscire
ancora a capacitarmene? Potrei restare a contemplarlo per un tempo
infinito, ma Kaede mi afferra per un braccio e mi tira nuovamente contro
di lui.
"Non devi starmi lontano, do’aho!" finge di
sgridarmi, portandosi però le mie dita alla bocca per inumidirle.
"Non c’è davvero pericolo quanto a questo,
kitsune…" gli sorrido.
E poi sono di nuovo baci.
Baci sul suo viso, sul suo collo elegante… baci sul
suo petto bianco che si alza e si abbassa più velocemente, baci sulla sua
pelle morbida, baci sui suoi capezzoli rosa da mordicchiare e poi di nuovo
sulle sue labbra, mentre la mia mano scende ad accarezzarlo intimamente,
per prepararlo…
Lui sospira ed emette un primo gemito quando si tende
al tocco intimo delle mie dita… adoro vedere il suo corpo quando si
inarca in quel suo modo terribilmente sexy e languido al tempo stesso…
Allontano di poco il mio viso dal suo e la mia eccitazione cresce ancora
di più al solo guardarlo: le guance di Kaede si sono arrossate, il suo
respiro è veloce, le sue labbra sono gonfie e rosse dai baci, gli occhi
velati dal desiderio e dall’attesa del piacere… Mi chino e ricomincio
a baciarlo sul collo, mormorandogli:
"Se tu vedessi quanto sei bello e dannatamente
seducente, Kaede… - non è che sia la cosa più facile del mondo parlare
quando ti manca il respiro, ma questo devo dirglielo-… la verità è che
tu dovresti fare soltanto l’amore con me… quando non giochi a basket,
si intende!" aggiungo perché l’ultima cosa che voglio è sentire
una sua protesta a riguardo, e il volpacchiotto ne sarebbe capace.
"Infatti mi pare che sia già così…" mi
risponde con voce leggera e divertita, con quel suo tono che adoro forse
proprio perché è raro, e subito dopo si tende sotto una mia carezza
profonda con un gemito roco per l’eccitazione.
"Non proprio, a volte mangiamo e studiamo…"
rido io.
Sento che le sue mani mi stringono di più e poi mi
arriva un suo mormorio appena percettibile, morbido e terribilmente
eccitante.
"Non basta, Hana…".
"Eh? Che cosa, non basta?".
"Questo. Io voglio te…".
Mi scosta leggermente da sé e poi vedo che mi sfiora
il bordo dei pantaloni, che indosso ancora; con un movimento allo stesso
tempo elegante e sensuale sbottona il primo bottone e poi si ferma
lanciandomi uno sguardo carico di aspettativa… e vi assicuro che il suo
gesto mi ha eccitato di più che se non mi avesse spogliato completamente…
Mi libero velocemente di questo fastidioso indumento e
torno a coprirlo con il mio corpo: ho di nuovo le sue braccia intorno al
collo, le sue gambe mi cingono i fianchi.
"Ti voglio adesso, Hana…".
"Io invece ti voglio sempre…".
"Idiota…".
Scivolo dentro di lui il più delicatamente possibile
ma anche il più profondamente possibile…e poi rimango immobile e ci
fissiamo negli occhi, con il fiato corto, gli occhi offuscati… è
bellissimo anche così, sentire distintamente i nostri corpi uniti… il
suo, così caldo, che stringe e avvolge il mio… ma non può durare
troppo a lungo questa immobilità; è l’istinto a farci muovere: in me
diventa prepotente il bisogno di spingermi dentro di lui, in lui quello di
accogliermi in profondità e allora sono soltanto i nostri corpi che si
muovo armonicamente e sincronicamente e i nostri sospiri, i nostri gemiti,
le nostre labbra e le mani che si cercano…
"Di più, Hana…".
Aumento la forza delle spinte e lui grida più forte…
adoro sentirlo gridare mentre fa l’amore con me… lui che parla sempre
poco, che parla con toni morbidi e mai alti… eppure quando è mio,
quando lo possiedo, io riesco a sentire la sua ‘vera’ voce, quella
più completa, che mostra anche quanto ci sia di passionale in lui, ossia
tantissimo…
"HANAAAAA…" Kaede grida ancora di più e
poi lo vedo inarcarsi, arrovesciare il capo all’indietro e mordersi il
labbro inferiore… spingo con più forza e lui viene con un grido più
alto ed è una visione talmente meravigliosa che anche io, subito dopo, mi
sciolgo dentro di lui e poi gli ricado addosso… sono stravolto, l’unica
cosa che continuo a percepire del resto del mondo è, come sempre, la
vicinanza di Kaede: il suo profumo, la sua pelle umida, il respiro
affannato, i muscoli che si stanno rilassando dopo il piacere e mi sento
invadere da una sensazione bellissima, di completezza assoluta, di… di
perfezione… dopotutto, forse è vero che può esistere il paradiso in
terra…
"Stupida volpe…" gli mormoro, senza motivo,
solo per il gusto di chiamarlo.
"Oi do’aho…" sussurra lui in un soffio,
portando una sua mano fra i miei capelli per accarezzarli; quando, a
malincuore, devo lasciare il suo corpo caldo gli scivolo al fianco e gli
accarezzo il viso, ne seguo i contorni con un dito, sfioro le sue labbra e
continuo a pensare a quello che mi è venuto in mente prima e sento il
bisogno di condividerlo con lui.
"Senti, Kaede… tu pensi che ci siano molte altre
coppie al mondo fortunate come noi?" gli chiedo, d’improvviso.
Lui volta verso di me il suo bellissimo viso, con una
luce interrogativa nello sguardo che mi invita a proseguire e a spiegarmi
meglio.
"Perché io penso… e bada che sto parlando
seriamente e non c’entra niente la tua fortuna di avere accanto il
mitico tensai- scherzo, strizzandogli un occhio con complicità e ridendo
del suo sbuffo di finta sopportazione- … io penso che noi siamo perfetti
insieme, Kaede. Dico davvero! Se pensi a tutto ciò che serve perché un
rapporto funzioni, sia sul piano sentimentale che su quello fisico, noi ce
l’abbiamo. E tanto anche… cioè, siamo diversi e magari su alcune cose
la pensiamo in modo diverso…ok, su molte cose… e ci possono anche
piacere cose diverse, ad esempio c’è il fatto che tu ti ostini a non
voler nemmeno vedere una delle mie bellissime videocassette sui film dei
ninja e non vuoi giocare a Pachinko e io pensavo che gli X- Japan
suonassero ancora insieme, è vero, però… però poi la pensiamo nello
stesso modo sulle cose fondamentali e il nostro sogno è lo stesso. O
meglio, tu sei una volpe prepotente e quindi adesso il tuo sogno è il
mio, ma io non avevo mai avuto sogni prima di avere te. Ossia, sogni che
andassero al di là del mio naso, intendo! E c’è un progetto in comune
e lo stiamo facendo crescere insieme… e insieme ci divertiamo, no?- lo
guardo aspettando un suo cenno di assenso, ma il volpacchiotto mi ascolta
attentissimo, senza muovere un muscolo- Non ci siamo mai annoiati. E a me
piace anche litigare con te, perché poi facciamo sempre pace e perché…
alla fine non è che ci scontriamo, ci confrontiamo e questo è diverso,
kitsune. E condividiamo i nostri pensieri. Magari non saremo d’accordo l’uno
con l’altro su alcune cose, ma non è questo l’importante, l’importante
è che manteniamo le nostre idee e capiamo perché l’altro la pensa
diversamente, e capire non vuol dire approvare ma forse è più
importante! È solo che condividiamo i pensieri, appunto… uff!!! mi sa
che sto facendo un gran casino con le parole!!! Ma io adoro stare con te,
vivere con te, averti sempre accanto; non c’è mai stato un momento in
cui sarei voluto stare da un’altra parte. E poi…- adesso il mio tono
è più malizioso-… anche la componente fisica va alla grande, no? Se
potessi, farei l’amore con te ogni ora…" e nel dirlo mi chino per
inumidire con la lingua uno dei suoi capezzoli, prima di baciarlo
dolcemente.
Forse non avrei dovuto. Nel senso che quando bacio la
sua pelle, quando sento un suo sospiro, un suo gemito, non capisco più
niente e mi scordo di tutto quello che avevo da dire, ed è così anche
ora, o quasi.
Le mie labbra scendono lungo il suo corpo bianco,
imprimendovi baci sempre più possessivi e con l’ultimo barlume di
lucidità che ho gli chiedo: "Non credi che sarebbe davvero triste se
non ci fossero anche altre persone così fortunate, amore?" e poi mi
dimentico del mondo, mi dimentico di tutto e sarà anche egoista da parte