Una one-shot per l’HanaRu
Day!!!!!! ^^ …per la prima volta scrivo una fic su SD senza i pov e
torno alla narrazione in terza persona…una piccola storia ispiratami da
un film di qualche anno fa, che dedico a Calipso, a Greta, a Ria, a Angie,
Fra e Kia…e naturalmente a tutte le HanaRu fan!
HanaRu Forever! ^^
Everyone
looks for his cat
di
Nausicaa
Una domenica mattina di
fine primavera…
Il sole, il cielo limpido
e sgombro di nuvole…una congiura per farlo sentire pacifico!!! Così
pensava Hanamichi, mentre passeggiava lentamente nel parco; era rilassato
e contento e neanche desideroso di attaccar briga con qualcuno, ma solo di
godersi la natura in risveglio. Probabilmente questo benessere gli
derivava dal basket, da come stava affrontando l’esperienza per lui
nuova di far parte di un club. Ma molte cose erano nuove: il senso di
responsabilità dato dal far parte di una squadra, in cui non puoi non
rendere conto anche agli altri; i compagni dello Shohoku, con molte teste
calde come lui; Rukawa…
Non sapeva perché quel
ragazzo avesse incrociato la sua vita, se non per tormentarlo!!!!
Accidenti a lui!! Fino a due mesi prima, ad aprile, era stato tutto
relativamente nella norma con l’ennesimo rifiuto, anche se indiretto, di
Haruko…insomma, c’era abituato…ma poi aveva conosciuto lui, Kaede
Rukawa, e, sebbene gridasse ogni giorno di non sopportarlo e di avere
voglia solo di prenderlo a pugni, non era tanto ingenuo da non notare che
comunque pensava sempre e solo a lui…che i suoi occhi lo cercavano, lo
scrutavano, lo studiavano…era una cosa che lo metteva a disagio, ma era
anche troppo onesto per negarla; gli dava insicurezza e agitazione, ma
sapeva anche di doverla affrontare, prima o poi…capire il perché e poi
trovare una soluzione. Sempre che ce ne fosse una…
Ah, cos’era questo
pessimismo indegno del tensai?!
Ne sarebbe venuto a capo
prima o poi, avrebbe capito perché non riusciva a togliersi la kitsune
dalla testa!!! Prima o poi…quando sarebbe stato il momento…
Continuando a camminare
un po’ pigramente nel parco, si accorse di essere arrivato nei pressi
del campetto da basket e, vicino alla recinzione, scorse un profilo
inconfondibile, intento a scrutarsi intorno.
Prima o poi…
Il destino aveva deciso
per lui.
Prima.
Ho perso il mio gatto.
Kaede Rukawa si arrese
all’evidenza, per quanto fosse irritante. Si guardava intorno, sperando
di notare il suo gattino spuntare da dietro un albero, ma capì ben presto
che era inutile. E seccante, perché era qualcosa che lui non poteva
controllare. E preoccupante, perché lui era affezionatissimo a quel
batuffolo di pelo e ora aveva paura che si facesse male…
A due mesi i cuccioli
iniziano ad essere curiosi, si sa, vogliono provare ad avventurarsi al di
fuori del loro mondo fatto di poche mura, al massimo di un giardino, e
scoprire se ci sia dell’altro…istinto animale, semplicemente, tanto
poi c’è sempre una casa a cui tornare…e Kaede lo sapeva, insomma, era
un esperto di gatti, ne sapeva quasi più del veterinario, aveva perfino
letto dei libri di zoologia sui gatti e sui felini!!! Ma quella mattina
non aveva chiuso bene il cancello di casa sua e dopo un po’ si era
ritrovato il gattino che si sforzava di camminargli al fianco, tenendo il
suo passo. Avrebbe dovuto riportarlo nel giardino, ma era una bella
giornata, c’era il sole e poi in fondo gli faceva piacere averlo vicino,
perché allora non portarlo al parco, si era detto? Ecco perché.
Per qualche minuto lo
aveva tenuto d’occhio, mentre si allenava nel campetto, ma alla fine si
era distratto per concentrarsi sui tiri e quando aveva voltato nuovamente
la testa il gattino non c’era più; doveva essersi allontanato, per
gioco, per curiosità, magari per inseguire qualche farfalla…ma era
comunque un cucciolo: avrebbe saputo ritrovare la strada? O piuttosto non
si sarebbe nascosto, impaurito? Questo pensiero fece star male Kaede.
Diede un’occhiata tra i
cespugli che fiancheggiavano la recinzione del campetto, poi stava per
allontanarsi quando fu fermato da una voce allegra e un po’
canzonatoria: "Oi kitsune, perché guardi tra i cespugli? Cerchi
casa?".
"Do’aho!!"
Kaede lo disse automaticamente, era la prima cosa che gli facesse venire
in mente Hanamichi!! Be’ forse non la prima…quella era che quel
rumoroso e chiassosissimo attaccabrighe era anche il giocatore con più
potenziale della squadra, dopo di lui ovviamente…però era anche un do’aho
che non si accorgeva del tempo che sprecava in scemenze, non si accorgeva
che avrebbe potuto essere davvero un tensai del basket, anzi che forse lo
sarebbe diventato se solo avesse smesso di proclamarsi tale!!!
Perché lo sapeva?
Perché lo aveva guardato a lungo, lo aveva inquadrato come persona, non
per giudicarlo ma per cercare di capirlo come giocatore. Ma che importava
ora? Il suo gatto si era perso e lui non poteva stare appresso alle
cretinate del do’aho numero uno di Kanagawa. Senza dirgli altro, si
voltò proseguendo la sua ricerca e facendo così infuriare Hanamichi.
"Ehi, stupida di una
volpaccia, come ti permetti di ignorarmi?! Ti ho chiesto cosa stai
facendo!!!" strepitò, rosso in volto, provando una strana sensazione
di tristezza di fronte alla freddezza di Kaede. Ecco un’altra cosa da
cercare di capire, si ripromise…
"Sto cercando il mio
gatto…l’ho perso…" fu la breve spiegazione del volpino e la sua
voce ebbe un’intonazione che Sakuragi non gli aveva mai sentito: un
lieve nervosismo, forse addirittura ansia…quindi si fermò e non disse
più la battutaccia che aveva già pronta, ma rimase a guardare questo
Rukawa così nuovo ai suoi occhi: non il solito ghiacciolo umano, ma un
ragazzo preoccupato per il suo gatto. Notò il pallone da basket
abbandonato in un angolo del campetto e capì che aveva perfino interrotto
i suoi preziosissimi allenamenti per questo micio scomparso…
"Ti aiuto!!"
Hanamichi lo disse prima ancora di rendersi conto di cosa implicasse.
Stava dicendo al suo rivale numero uno che lo avrebbe aiutato e infatti l’altro
lo fissava dubbioso e un po’ insospettito dal suo slancio e forse non
aveva tutti i torti visto che solo fino al giorno prima si erano saltati
alla gola senza tanti complimenti. "Perché vuoi aiutarmi?"
chiese Rukawa. Una domanda semplice e diretta, come piacevano a lui, senza
giri di parole inutili.
E Hanamichi si sentì
arrossire. Cavolo, e ora? Come salvare la faccia? Non poteva dirgli che
aveva voglia di passare del tempo con lui, di stargli vicino fuori da una
palestra e da un campo di basket, che voleva un pomeriggio in cui loro
fossero solo Hanamichi e Kaede e non dei giocatori dello Shohoku. Non ne
sapeva il perché, ma quella era la strada che sentiva di dover percorrere
per chiarire i suoi troppi dubbi… Avrebbe voluto condividere questi
pensieri con lui, magari avrebbe scoperto che anche l’algido volpino
provava qualcosa di indefinito per lui e che la tensione che avvertiva
scorrere di continuo fra di loro non era il risultato della sua fantasia
ipersviluppata, come stava cominciando a temere. Eppure ancora non poteva.
Forse qualcun altro si sarebbe depresso, ma non lui, non il tensai
Sakuragi!! Lui aveva sempre una soluzione! Certo, a volte magari poi le
sue soluzioni non funzionavano, ma intanto le aveva ed era questo l’importante,
no?
Per la prima volta si
permise di sorridere a Rukawa; un sorriso amichevole e sincero nel dirgli:
"Voglio aiutare il tuo gatto, kitsune!!! Che sorte ingrata per lui
avere un padrone così distratto… vedrai che il tensai saprà
ritrovartelo in men che non si dica!!!" proclamò con fierezza,
sforzandosi di ignorare lo sguardo poco convinto del suo compagno di
squadra.
"Bene,
sparpagliamoci!- proseguì, dopo un attimo di silenzio- Tu andrai a destra
e io a sinistra e…" un momento!!! Se si fossero sparpagliati, non
avrebbe potuto trascorrere del tempo con la kitsune!!!
"Ma che cosa stai
delirando, do’aho?!- reagì Rukawa, irritato per i minuti che gli stava
facendo perdere- Intanto non dobbiamo allontanarci troppo l’uno dall’altro,
dobbiamo restare a portata di voce…e poi come pensi di riuscire a
trovare un gatto che non hai mai visto, senza che io te lo
descriva?".
Hanamichi era stupefatto…Kaede
Rukawa stava parlando!! Cioè…frasi di senso compiuto!!! E così scoprì
che gli piaceva la sua voce morbida e avvolgente; immaginò di sentirla
ancora più bassa, che mormorava qualcosa al suo orecchio e rabbrividì
involontariamente. Poi si rese conto di avere la sua nemesi proprio di
fronte e che lui non lo stava guardando in modo benevolo e questo lo
spinse a cercare di darsi un contegno. Insomma, lui era il tensai e quella
era la volpe, che diavolo!!! "Allora descrivimi il tuo gatto!"
lo esortò Hanamichi, sperando che il suo tono fosse il più naturale
possibile e intimamente felice di poterlo sentire di nuovo parlare.
Kaede fece un cenno di
misura un po’ vago con le mani: "E’ lungo pressappoco così, …ha
due mesi ed è nero…si chiama Micky" e tacque, non sapendo che
altro aggiungere.
Sakuragi annuì: "Ok,
ho capito…iniziamo a cercarlo da qui intorno?" e poi si pentì
subito, perché aveva chiesto un parere alla volpe e non avrebbe mai
voluto, ma insomma, non era poi così do’aho da non capire che per quel
giorno, per quel tempo da passare insieme, avrebbero dovuto stipulare un
armistizio. E, in fondo, era quello che voleva…
Kaede annuì,
spiegandogli che sarebbe stato meglio osservare attentamente presso gli
alberi e le loro radici e in mezzo ai cespugli; il ragazzo era stupito
come poche volte nella sua vita: se gli avessero detto che, in una
situazione spiacevole, avrebbe ricevuto l’aiuto del suo rivale e nemico
avrebbe dato del pazzo all’autore di una tale asserzione. Che poi…rivale
e nemico, ma perché? Dopotutto, Sakuragi aveva fatto tutto da solo, per
lui non era né l’una né l’altra cosa, ma solo un compagno di squadra
chiassoso e promettente, da tenere d’occhio perché non sprecasse il suo
grande potenziale. E se rispondeva ai suoi pugni o arrivava a provocarlo
era perché non gli era affatto antipatico, anzi…gli dava un fastidio
incredibile, ma doveva ammettere che quel cretino dai capelli rossi sapeva
comunicare con lui come nessun altro!! In un modo un po’ grezzo e
discutibile e rumoroso, d’accordo, ma a volte sembrava…sembrava quasi
che volesse arrivare a lui…da un po’ di tempo gli dava questa
sensazione…che quel suo continuo attaccar briga fosse la maniera in cui
Hanamichi aveva deciso di gridargli ‘Ehi, io sono qui! Accorgiti di me!’.
Ed era proprio la stessa
frase che stava passando in quel momento nella testa del numero dieci
dello Shohoku.
‘Accorgiti di me…’.
Allora, Rukawa sapeva
pensare a qualcosa che non fosse il basket…i suoi occhi potevano
brillare per qualcosa che non fosse un canestro! Avevano avuto una
sfumatura di tenerezza quando stava descrivendo il suo gattino, che gli
aveva fatto stringere qualcosa dentro e fatto sentire una morsa alla bocca
dello stomaco.
Hanamichi continuò a
pensare a questo, mentre rovistava fra i cespugli o si chinava per
osservare meglio gli anfratti creati dalle contorte radici degli alberi:
si disse che forse, e sottolineava forse, fino a quel momento aveva
sbagliato tutto con la volpe, che poteva averlo frainteso…
Uno vede un ragazzo
silenzioso e un po’ scostante, tremendamente bravo nel suo sport e la
cosa più facile del mondo è etichettarlo come un borioso arrogante e
anche un po’ bastardo, dai, che non si deve lesinare mai sulle
critiche!!! Eppure, forse…
Pur continuando nella sua
ricerca (e stava cercando bene, non voleva sfigurare, cavolo, non davanti
alla kitsune! O magari, detto più sinceramente, non voleva deluderlo…),
Hanamichi non riusciva ad impedirsi di sbirciare Rukawa, di osservarlo
mentre l’altro non si accorgeva di essere guardato; e così si accorse
che ora Kaede non era più tanto freddo e che il suo viso tradiva la
preoccupazione, soprattutto con il gesto di mordersi le labbra…poi
guardò nuovamente il pallone abbandonato nel campetto, ormai a diversi
metri da loro, e si diede mentalmente del cretino, ma non come glielo
diceva sempre la kitsune, no! I ‘cretino!’ che si diceva da solo, di
tanto in tanto, erano molto più severi e giustificati!!! Perché
Hanamichi aveva avuto una specie di folgorazione…forse Rukawa non voleva
essere scostante, forse non voleva tenerli a distanza, ma non sapeva
comunicare, non riusciva ad interagire…e, doveva ammetterlo almeno con
se stesso, nessuno di loro aveva fatto poi molto per coinvolgerlo
veramente nella vita ‘di squadra’. E poi, certo, l’orgoglio del
volpino faceva il resto: non sapeva iniziare lui un dialogo ed
evidentemente non era abituato ad averne, perché le sue risposte, spesso
lapidarie o ironiche, non incoraggiavano a parlare con lui.
Per la prima volta
Hanamichi si chiese se per caso Rukawa non fosse un po’ triste per
questo, se non gli pesasse proprio mai non avere amici; lo osservò un’altra
volta di sfuggita e pensò che doveva essere davvero solo come sembrava.
A parte il gattino, si
disse. Il gattino che adesso si era perso.
Sakuragi si diede di
nuovo mentalmente dello stupido e pensò che avrebbe dovuto intuirlo molto
prima.
Cavolo, sono io quello
estroverso, no? Quello che sa comunicare e che ha degli amici!! Mi sono
sempre vantato di saper capire le persone, ma proprio con lui non mi sono
sforzato!! Ma perché?! Per paura di quello che potrei trovare in lui o…di
quello che potrebbe suscitare in me? Di quello che ha già suscitato in me…
Ed era vero, quando ci si
metteva lui le persone sapeva capirle: perché era un istintivo e aveva
intuizione ed era sensibile, anche se nessuno lo avrebbe detto guardandolo
rifilare una delle sue testate…e, in più, da anni era amico di Yohei
Mito e quindi abituato ad ascoltare le osservazioni ora serene ora
pungenti, ma mai campate per aria, che il suo amico era capace di fare sui
loro compagni. Era un po’ come se parte dell’intuito psicologico di
Yohei fosse passato a lui!
Hanamichi alzò il volto
e si accorse che avevano visionato un bel tratto, ma che del gattino
ancora non c’era traccia e che il tratto che mancava da visionare era
ancora più vasto…
Con la nostra fortuna,
sicuramente il micio è andato dalla parte opposta a quella in cui lo
stiamo cercando!!!
D’un tratto, con suo
grande imbarazzo, sentì il suo stomaco protestare per la fame: guardò l’orologio
e pensò che forse non sarebbe stato male mettere qualcosa sotto i denti,
considerando che si era fatta l’ora di pranzo.
Poi, tornò ad osservare
Rukawa.
Il campione dello Shohoku,
invece, non si era accorto di che ora fosse…non aveva fame e aveva
soltanto un po’ di sete, ma l’avvertiva appena.
Come sempre quando faceva
qualcosa che gli stava a cuore, la sua attenzione si concentrava su
quella, rendendo opaco e lontano il mondo circostante; capitava quando
giocava a basket, ed era lo stesso adesso, per cercare il suo adorato
gattino.
Buffo come una palla di
pelo potesse coinvolgerlo tanto!
Dopo aver avuto questo
pensiero, Kaede sospirò impercettibilmente: no, non era buffo dopotutto…era
un po’ triste dover ammettere che la ‘palla di pelo’ era la creatura
con cui comunicava meglio e che si era spesso chiesto perché non potesse
essere così semplice anche con le persone…e invece no, con le persone
bisognava ‘parlare’ e per parlare saper scegliere le parole e lui in
questo non era molto bravo: era deciso e gli veniva spontaneo usare frasi
bevi e concise. Già alle medie si era reso conto che il suo atteggiamento
poteva essere frainteso e gli ‘arrogante’ e ‘gelido’ erano gli
aggettivi che ricorrevano più di frequente accanto al suo nome, ma non
conosceva un alto modo di comunicare. E poi…e poi…e poi c’era l’orgoglio
a fare la sua parte! Non era mai capitato che gli altri facessero uno
sforzo per capirlo o andargli incontro, perché avrebbe dovuto farlo lui?!
Quasi nessuno…
Si corresse mentalmente
Rukawa, e non poté impedirsi di lanciare un’occhiata al numero dieci
dello Shohoku, che rovistava fra i cespugli a pochi metri di distanza da
lui.
Non se lo sarebbe mai
aspettato un aiuto da parte sua, Sakuragi lo aveva davvero spiazzato con
il suo gesto! Inoltre…Rukawa si sarebbe fatto tagliare la lingua
piuttosto che ammetterlo, ma la presenza di quel ciclone vivente in quel
frangente lo rassicurava: sapeva di poter contare su di lui e che l’altro
lo avrebbe aiutato davvero, perché aveva capito che Sakuragi era una
persona leale e di parola, che si gettava a capofitto in un’impresa se
prendeva un impegno!
"Kitsune?".
Kaede sobbalzò. Non si
era reso conto che il compagno gli si fosse avvicinato.
"Hn?" lo
interrogò con lo sguardo.
"Da questa parte non
c’è, mi sembra chiaro…e poi io ho fame, si è fatta l’ora di pranzo…".
L’asso dello Shohoku
provò una dolorosa fitta di delusione: possibile che si fosse sbagliato
così completamente su Sakuragi? Aveva appena finito di pensare che la sua
presenza gli dava fiducia e l’altro stava per dirgli che aveva fame e
che se ne tornava a casa per ingozzarsi?! Stavano per salirgli alle labbra
parole sarcastiche e taglienti, ma Hanamichi lo precedette.
"…avrai fame anche
tu: senti, perché non andiamo a mangiare qualcosa al fast-food qui fuori
e poi ricominciamo con la nostra ricerca?".
Sakuragi sentì un lieve
calore alle guance, mentre praticamente invitava Rukawa a pranzare con lui…ok,
due panini al volo potevano essere considerati al massimo un pranzo un po’
informale, ma insomma, andava bene lo stesso!!!!
Di’ di sì, di’ di
sì, di’ di sì!!! si trovò a
pregare Hanamichi; senza che se ne accorgesse, il suo desiderio di stare
vicino a Rukawa era aumentato tantissimo da quando lo aveva incontrato
quella mattina e ora se ne stava lì, imbarazzato e imbranato, a sperare
che l’algido volpino volesse mangiare qualcosa con lui…
L’algido volpino, da
parte sua, era diviso tra due sensazioni: il sollievo, perché allora non
era poi così incapace nel comprendere le persone, aveva avuto la giusta
intuizione nei confronti di Sakuragi, e poi la confusione…
Lo aveva invitato a
pranzare con lui? D’accordo, era un fast-food, niente di che, però…cos’era
quel rossore appena accennato sul volto della testa rossa? E perché
sembrava nervoso, in attesa della sua risposta? Già, e lui cosa doveva
dire?
Rukawa pensò
rapidamente: era vero, da quella parte del parco del gattino non c’era
traccia e poi se fosse successo qualcosa se ne sarebbero accorti gli altri
visitatori e avrebbero avvertito uno dei custodi…in effetti, se fosse
accaduto qualcosa a Mickey lo avrebbe già saputo, anche solo scorgendo un
gruppetto di gente, come sempre si formano quando ci sono animali in
difficoltà o situazioni inusuali.
"Ok…ma deve essere
una cosa rapida!" aggiunse subito.
Rukawa vide il volto del
compagno aprirsi in uno dei suoi sorrisi più caldi e sinceri, come se
avesse ricevuto un dono e quello che non sapeva era che per Hanamichi era
proprio così!
Dopo che lo avremo
ritrovato, dovrò fare un monumento a quel gattino!
pensò Sakuragi: dopotutto, era merito suo se lui e la volpetta stavano
parlando!
"Cos’hai da
ridere, do’aho?" chiese Kaede, con tono curioso.
L’altro si rese conto
di aver iniziato a sghignazzare ad alta voce…
"Ah…oh…ehm…andiamo!"
disse Hanamichi, pasticciando con le parole; lui e la volpe si avviarono
verso l’uscita e attraversarono la strada per raggiungere il fast-food
che era sul lato opposto. I due ragazzi camminarono in silenzio, un po’
spiazzati da quella situazione inusuale, un po’ turbati da quella
corrente che sentivano scorrere fra di loro…come una tensione costante,
ma non data dall’ostilità, non fastidiosa…era invece qualcosa di
sottile e insinuante, che si infilava sottopelle e provocava un lieve
stordimento.
Ma c’era sempre stata?
Probabilmente sì,
soltanto che loro non si erano mai concessi di prenderne atto e Rukawa
ancora non capiva bene cosa fosse, disabituato com’era a sensazioni di
questo tipo.
Quello che la avvertiva
maggiormente era Hanamichi: mentre facevano la fila per pagare, mentre
tornavano nel parco e sceglievano una panchina su cui sedersi per
consumare comodamente il pasto… il numero dieci dello Shohoku avvertì
che il battito del suo cuore accelerava ed era così perché aveva vicino
Rukawa, perché era seduto con lui sulla panchina di un parco e poteva
vedere il suo profilo bellissimo, la frangia nera, folta e lucente, che
velava quegli occhi così belli e così tristi adesso…
Hanamichi deglutì,
cercando un argomento, uno qualsiasi, per poter parlare con il compagno.
Era una di quelle occasioni in cui gli venivano certi nervi…e malediceva
quella sua timidezza, quella goffaggine data dall’insicurezza che gli
impediva di fare un discorso decente quando si emozionava troppo! Niente…o
sparava cavolate sulla sua genialità o pasticciava con le parole,
sembrando ancora più impedito di quanto in realtà non fosse! Diede un
morso al panino, respirando profondamente, a disagio per il silenzio che
sentiva al fianco.
Già, Rukawa non avrebbe
mai parlato per primo, toccava a lui…
Toccava a lui e, per la
prima volta, sentiva che era qualcosa di davvero importante: questa
consapevolezza era ben fissata nel suo cuore prima ancora che nella sua
testa. Glielo gridava l’istinto.
E il motivo per cui lo so
così bene è lui. Sta tutto in questa parola: lui.
E allora fu facile farsi
guidare di nuovo dall’istinto; semplicemente si voltò e disse:
"Sai, io non ho mai avuto un animaletto in casa, ma deve essere
divertente, vero?".
Kaede sussultò sentendo
le sue parole; aveva capito da un pezzo che l’altro era sulle spine, che
avrebbe voluto parlare ma poi si tratteneva…non soltanto per intuito, ma
Sakuragi stava quasi saltando sulla panchina, tanto era nervoso! E la
kitsune non capiva e comunque si aspettava uno dei soliti discorsi sul
fatto che lo avrebbe battuto, nel basket, o qualche tirata sulla sua
asocialità, tanto in molti prima o poi si sentivano in dovere di farla.
Era già pronto a scrollare le spalle e a liquidare qualsiasi scemenza
fosse venuta fuori dalla testa e dalla bocca di quel do’aho cronico ed
ecco che lui se ne usciva con quella domanda…era la cosa più personale
che Sakuragi gli avesse mai chiesto.
"Sì- si sforzò di
rispondere usando un numero superiore a tre parole- Gli animali sono
affettuosi e…" stava per dire che tenevano compagnia, ma poi si
trattenne; davvero non ci teneva a palesare quel velo di malessere che
talvolta gli lasciava addosso la sua solitudine.
"Ah, ma io starei in
ansia se avessi un cucciolo! Come si fa a capire se sta male, dato che non
può parlare? Avrei paura di non accorgermene!" continuò Hanamichi,
molto più sciolto di prima. E anche molto più incantato di prima:
perché stava ascoltando la voce di Rukawa, che era morbida e leggera e
vedeva le sue belle labbra muoversi per parlare a lui come non era mai
capitato…
"Gli animali sanno
farsi capire quando hanno bisogno di qualcosa. Credimi, è facile
comprenderli…" disse Rukawa, inclinando il viso verso di lui.
Hanamichi sentì le guance andare a fuoco, vedendolo così bello, e tornò
ad occuparsi del panino per avere una scusa per voltare la testa.
Rimasero in silenzio per
qualche altro minuto, sorpresi perché avevano avuto la loro prima vera
conversazione e la tensione fra loro era sfumata, o meglio era cambiata:
ora non era più data dal nervosismo, ma da una lieve emozione per la
reciproca vicinanza.
Quando ebbe finito di
mangiare, Rukawa allungò una mano per prendere uno dei tovagliolini di
carta che avevano preso al fast-food e Hanamichi fece lo stesso gesto,
nello stesso istante. Ma non si ritrovò a toccare la carta…no, era la
pelle di Kaede, morbida e liscia come il velluto, bianca come la neve…non
riuscì a spostare subito la sua, fu più forte di lui: aveva bisogno di
quel contatto e addirittura, vinto il timore per la reazione della volpe,
strinse leggermente la presa e azzardò una carezza su quelle dita lunghe
e sottili, che compivano miracoli su di un campo da basket.
Fu un attimo.
Poi, Rukawa si voltò
stupito verso di lui e Hanamichi ritirò la mano di scatto.
"Ah, scusa!!! Mi
serviva un tovagliolo…" nooo…cretino,
cretino, cretino…che cavolo di frase è?!
"Niente…prendi
pure…" mormorò il ragazzo dai capelli neri; era meravigliato, sì:
cos’era quel batticuore? Perché così all’improvviso? E quella
sensazione di calore e di benessere che gli era entrata dentro, facendo
abbassare le sue difese…
Con un pizzico di
riluttanza, i due compagni di squadra si alzarono e buttarono le buste del
pranzo, come se temessero che facendo così si sarebbe spezzata l’atmosfera
serena che li aveva avvolti, ma per Rukawa tale timore durò pochi attimi,
il tempo che la sua attenzione si riconcentrasse sul micio scomparso.
Il mio gattino…
Anzi, si sentiva pure un
po’ in colpa per essersi distratto nell’ultima mezz’ora!!! Riportò
i suoi bellissimi occhi blu sui verdi vialetti del parco e si rivolse a
Sakuragi: "Allora adesso cercheremo da quest’altra parte".
In un altro momento, in
palestra ad esempio, Hanamichi non si sarebbe limitato ad annuire con aria
decisa, ma avrebbe iniziato a strepitare, a dire cose tipo ‘non osare
dare ordini al tensai, stupida volpe!’ e da lì sarebbe partita la
solita, quotidiana baruffa fra di loro. Ma non stavolta, perché ‘stavolta’
era uno spazio di tempo tutto per loro…doveva aiutarlo a trovare quel
gatto e poi…e poi parlargli!!!
Per dirgli cosa, non lo
so, ma intanto devo parlargli assolutamente!!! Saprò trovare le parole…
si ripromise il numero dieci dello Shohoku.
La ricerca riprese,
meticolosa e stancante, con Rukawa che cominciava ad aver paura davvero e
a chiedersi dove diavolo fosse finito quel batuffolo, e a dirsi che forse
era stato stupidamente ottimista e che non avrebbe dovuto perdere tempo
pranzando! Probabilmente gli altri frequentatori del parco non lo
avrebbero notato se si fosse messo in pericolo e non avrebbero chiamato
nessun custode: come diavolo gli era venuta in mente questa
possibilità!!! In genere era un tipo pragmatico e invece adesso…ma ne
conosceva il motivo: era l’energia di Sakuragi, era il suo ottimismo e
la sua certezza di riuscire a fare quello che prometteva. Erano
contagiosi; o meglio, anche lui era ottimista e sicuro di sé, ma la
vicinanza del compagno…rendeva tutto diverso!
Anche Hanamichi era
leggermente alterato, poco distante da lui.
Maledetto botolo, dove ti
sei cacciato?! Sto facendo una figuraccia con la stupida volpe e se
dovessi sbagliare qualcosa, dopo non vorrà vedermi neanche dipinto!!!
ringhiava mentalmente il rossino, mente alcuni arbusti graffiavano le sue
mani che frugavano fra i cespugli. Quand’ecco…
Una coda!!! Ma sì, è
una coda di gatto, non ci sono dubbi!!! Evvaiiiiiiiiii!!!
Hanamichi si slanciò con
tutta la sua agilità sull’animaletto che sonnecchiava placido sotto le
fronde, causandogli un mezzo infarto quando lo sollevò bruscamente.
"KITSUNEEEEE!!! Un
gatto!!!! L’ho trovato!!!!!" gridò all’indirizzo della volpe,
che si era voltato subito verso di lui. La kitsune lo raggiunse correndo,
giusto in tempo per assistere al tentativo di squartamento da parte de
felino, che però Sakuragi fu rapido ad evitare.
"Ecco qui!"
annunciò trionfante la testa rossa, senza nascondere un ghigno di
soddisfazione.
Rukawa lo squadrò e
socchiuse gli occhi.
"Do’aho, quello
cos’è?" chiese a voce pericolosamente bassa.
"Il gatto!"
Hanamichi spalancò gli occhi; che domande assurde faceva la volpaccia ?!
Rukawa sospirò: "Lo
vedo che è un gatto, ma non è il mio!".
Ops…fu
la parola che iniziò a rimbombare nella testa di Hanamichi.
Guardò l’animale che
teneva fermo con le mani con un profondo sguardo di accusa.
"Ti avevo detto che
il mio gattino è nero e che ha due mesi" gli fece notare il
compagno, ammorbidendo un po’ il tono.
"Sì…be’…".
"Quel gatto è
rossiccio e deve pesare almeno sei chili!" concluse la kitsune, in
tono definitivo.
Hanamichi scattò, come
faceva sempre quando si sentiva sulla difensiva: "Va bene, ho capito,
stupida volpe!!! Ho visto un gatto e mi sono entusiasmato, ecco!", ma
fece un passo in avanti e si mosse bruscamente, troppo per il gatto
spaventato e innervosito che aveva raccolto da terra. Il felino si
divincolò, soffiando e miagolando con rabbia, e riuscì nel suo intento:
colto di sorpresa, il rossino allentò la presa lasciandolo libero di
saltare a terra.
"Accidenti! Stupido
gatto!!!" esclamò Hanamichi, scostandosi per schivare una zampata
diretta contro la sua mano; il micio corse via, sparendo oltre un
cespuglio.
"Ti ha
graffiato?".
Sakuragi trattenne quasi
il respiro, quando vide accanto a sé Rukawa con una espressione
lievemente preoccupata, a pochi passi da lui, così vicino…
"Eh?" chiese,
deglutendo a fatica, restando con la mano sospesa a mezz’aria. Quel
profumo che veniva da Rukawa…era così buono…
Rukawa prese
spontaneamente la sua mano tra le sue, per controllarla: "E’ un
randagio…se ti avesse graffiato, dovremmo andare dal medico".
"Dovremmo?"
osservò Hanamichi, sperando che non trapelasse la sua emozione nell’udire
quel plurale.
"Do’aho, idiota
come sei te ne scorderesti e ti prenderesti un’infezione…" si
limitò a dire Rukawa, rendendosi conto all’improvviso di quel che aveva
detto e di quel che stava facendo; rilasciò la mano di Sakuragi, turbato:
lui non si scomponeva mai, non lasciava mai trapelare i suoi sentimenti…invece
per quella stupida scimmia rossa si era preoccupato!
Naturale, si
disse, chi vorrebbe ascoltare poi
le sue lamentele sul tranello teso al tensai da parte della stupida volpe…sarebbe
capace di dirlo fino al giorno del diploma!!!
E gli serviva di
mostrarsi così sarcastico, anche soltanto con se stesso: così poteva
dare meno ascolto a quella vocina fastidiosa che gli ripeteva che era
tutto molto più chiaro e limpido e che, semplicemente, lui voleva che
Hanamichi non si facesse male, che stesse sempre bene…
Ma non era facile da
ammettere e così il ragazzo preferì voltare le spalle al compagno e
proseguire la ricerca poco più in là, lasciando l’altro fermo, in
piedi, perso a osservare la sua schiena che si allontanava, con i caldi
occhi nocciola che brillavano raggianti.
Rukawa poteva dire quello
che voleva, poteva dirgli ‘do’aho’ all’infinito, ma stavolta
Hanamichi aveva percepito la piccola nota d’ansia che il compagno voleva
mimetizzare con l’insulto. E così, dopotutto, un legame tra loro c’era.
Non l’ho mai sentito
tanto chiaramente…
E lo sapeva anche se
apparentemente non aveva niente in mano, tranne un moto di preoccupazione
e uno sguardo non impassibile come al solito, ma vivo, addolcito.
Intanto, Rukawa si era
spostato di qualche metro; stava bene con Hanamichi, doveva ammetterlo…prima,
durante quel battibecco per il gatto rossiccio, aveva dovuto fare uno
sforzo per non sorridere di fronte alla vivacità e all’irruenza con cui
il do’aho si era difeso per giustificare il suo sbaglio. Sempre più
spesso, quando si trovava vicino Sakuragi, provava una sensazione di
leggerezza che lo faceva sentire intimamente allegro, sereno…ed erano le
sue battute sceme, l’energia che emanava, la risata genuina a cui si
abbandonava spesso…era quella capacità di farlo stare bene, che non
aveva provato molto spesso nella sua vita…
Mentre rifletteva su
questo, Rukawa voltò quasi per caso la testa verso un albero e fu lì che
lo vide.
Il suo gattino.
Tutto raggomitolato fra
una radice e l’altra…sembrava che dormisse, ma il respiro era
accompagnato da un tremito, come se avesse paura e si sentisse insicuro e
probabilmente era proprio così; si avvicinò con cautela, per non
coglierlo di sorpresa nel sonno e non spaventarlo ulteriormente, e quando
fu di fronte a lui si inginocchiò, lo accarezzò sulla testolina finché
non gli vide aprire un occhio e allora gli fece annusare la sua mano,
perché il cucciolo si tranquillizzasse subito con il suo odore familiare.
Un miagolio.
E allora Rukawa sorrise e
se lo prese in braccio, stringendolo al petto.
"Stupido gattino
imprudente…" gli mormorò, accarezzandolo; poi diede una voce al
compagno: "Oi do’aho, la ricerca è finita!".
Non si era accorto che
Hanamichi aveva visto la scena, che lo stava guardando anche in quel
momento e che il sorriso che era comparso sul viso di Rukawa gli era
sembrato quanto di più luminoso avesse mai visto, e che gli si era
stretto qualcosa nel petto vedendo quanto potesse essere dolce un suo
abbraccio…
Tutto sembrò tornare al
suo posto e ricomporsi: lui voleva bene a Kaede…per come era e per
quello che ancora c’era da scoprire in lui, per la sua forza e per il
suo viso d’angelo. Voleva bene al Kaede che aveva conosciuto in quelle
settimane, quello scostante e silenzioso, e a questo che gli si era
rivelato in una mattina qualsiasi di primavera: sempre di poche parole, ma
non scostante…solo, un po’ introverso e gentile in quel suo modo
particolare. E la dolcezza con cui coccolava il suo gattino la voleva per
sé…ma non era solo quello, no…voleva essere lui a stringerselo e a
coccolarlo, per dimostragli quale bellissimo sentimento fosse diventato
quell’insieme intricato di sensazioni che costituiva il loro rapporto:
rivalità, ammirazione, tensione emotiva, complicità…
Hanamichi camminò fino a
lui, con il cuore che gli batteva forte per quello che voleva fare, che
voleva dirgli. Era quasi un salto nel buio…
Rukawa girò appena il
bellissimo viso verso di lui: "Eccolo qui: ho ritrovato il mio
gatto!".
E d’improvviso due
braccia forti lo cinsero alla vita, stringendolo da dietro e poi avvertì
il volto di Sakuragi che affondava nei suoi capelli scuri e che ne
inspirava profondamente l’odore prima di mormorargli: "Anche io ho
trovato il mio…".
Rimasero entrambi
immobili, trattenendo il respiro; Rukawa poteva sentire il cuore di
Hanamichi che batteva furiosamente contro la sua schiena, e il rilievo del
suo torace ampio, fatto apposta per abbracciare…e quel sussurro quasi
impercettibile della testa rossa: "Non ti lascio andare…".
Non me ne voglio andare…
fu quello che pensò, in un lampo, il ragazzo dai capelli scuri; e sorrise
mentre le braccia del compagno accentuavano la loro stretta, facendolo
sentire a casa…semplicemente, nel posto giusto…
Lentamente, Rukawa si
girò nell’abbraccio di Hanamichi per guardarlo in viso e quando i loro
occhi si incontrarono fu come un fuoco d’artificio: capirono che a volte
è vero quello che si sente dire, che ad alcune persone non serve parlare
per capirsi, che basta guardarsi e tutto viene detto ugualmente…
Hanamichi continuava a
tenere stretto Kaede, a cingergli la vita, e gli sorrise fissandolo: un
sorriso entusiasta e carico di promesse, mentre osservava il viso luminoso
del suo Kaede, e la luce felice dei suoi occhi blu, mentre la volpe
se ne restava fra le sue braccia, stringendo ancora, a sua volta, il
gattino.
Poi lo sguardo di
Hanamichi si fermò sulla bocca di Kaede, sulle sue labbra delicate che
dovevano essere tanto morbide…e che lo attiravano come una calamita; ma
non aveva il coraggio di chinarsi e di baciarlo, per quanto lo desiderasse
intensamente: un conto era un abbraccio, ma un bacio? E se la kitsune non
se la fosse ancora sentito di baciarlo?
Forse dovrei
chiederglielo…ma come?!
D’improvviso fece una
faccia un po’ preoccupata, senza comunque distogliere gli occhi dal viso
e dalla bocca del compagno; e Rukawa se ne accorse e gli venne da
sorridere, da scuotere la testa e da abbracciarlo forte, ma poi si limitò
a fare come gli suggeriva l’istinto.
Kaede chiuse gli occhi,
in un tacito invito, facendogli capire che non si sarebbe scostato…e
dopo pochi secondi, le labbra di Hanamichi, calde e umide, premevano sulle
sue.
Il mio primo bacio…pensarono
entrambi, prima di abbandonarsi a quella sensazione di dolcezza che li
aveva avvolti.
Non avrebbero saputo dire
quanto durò il bacio, ma quando si separarono rimasero stretti, le fronti
che si toccavano, i nasi che si sfioravano, i respiri che si mescolavano…
D’un tratto il gattino
miagolò, agitandosi, sentendosi forse un po’ soffocato.
Hanamichi ridacchiò,
felice ed emozionato, e si scostò per guardare meglio il micetto in
braccio al suo Kaede; questi osservò il suo animaletto sorridendo e
disse: "Credo che ora sia il suo turno di avere fame".
Hanamichi rise ancora di
più e gli tese la mano, per riaccompagnarlo a casa, per imparare una
strada che sapeva avrebbe percorso molte e molte volte da quel momento;
Kaede non disse niente, ma intrecciò le dita alle sue e iniziò a
camminare con lui.
Finalmente nella stessa
direzione.
Fine ^^
Il film che mi ha fatto
venire l’idea del gattino perduto e mi ha suggerito il titolo è :
"Ciascuno cerca il suo gatto- Chacun cherche son chat" di B.
Klapish.
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