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Pairing RuHana
Raiting

Marzo 2006

Dedicato a Hymeko e Lucy che compiono gli anni.
Dedicato a Lara e Shaka che mi hanno incoraggiato a postarlo.
Dedicato a tutti coloro che hanno riso con Anestesia locale….

 

Da Mel.
Con affetto.


Ho pensato Études come un insieme di piccole storie brevi di vario genere e argomento, esattamente come quando disegnavo e facevo degli schizzi preparatori, così saranno queste piccole ficcine, delle specie di divertissement autoconclusive e di carattere leggero (molto leggero).... ho postato la prima circa un anno e mezzo fa….^^ ed adesso ho il piacere di presentare la seconda:


 

 

Héritage

di Mel

 

 

 

 

Pow. Rukawa

 

Va bene, sono spiccatamente misantropo ed un filino misogino, ma mi chiedo se c’era davvero bisogno di arrivare a questo punto….
Non è che io sia sempre, sempre stato così.
Per quanto riguarda la gente che vadano pure tutti a cagare, per quanto riguarda le donne una spiegazione c’è.
Mio padre lavorava oltreoceano da anni, ormai, ed io sono vissuto circondato da donne.

Mia madre era una donna, ovviamente.
La mia governante era una donna.
La mia prima nutrice era una donna.
La mia assistente d’infanzia (o babysitter) era una donna.
La mia precettrice era una donna.
Le nostre cameriere erano donne.
Mia zia e le sue due figlie erano donne.
Persino il cane era una femmina ed il mio cavallo da passeggio una giumenta.

Nella casa di famiglia, a Vancouver, dove sono nato, eravamo in otto, me escluso.
Mia madre, la governante, tre cameriere, mia zia e le sue due figlie grandi.

‘Otto donne ed una volpe’, direbbe quel do’hao di un do’hao.*

Insomma: un incubo al femminile.
Per carità, non ho niente contro le donne in generale, sono buone, belle, brave, intelligenti, governerebbero meglio di tanti politici di mia conoscenza, hanno una sensibilità straordinaria, ma ………………………………. non sono per me.

Affatto.

E questo, alla luce delle mie vicende familiari, non dovrebbe sorprendere nessuno.

Ma tutto ciò fa parte del passato, o almeno lo faceva.
Dopo la morte dei miei genitori, per la quale sento ancora insopprimibili fitte di tristezza, ho vissuto con mia nonna (una donna) per qualche anno, e successivamente, tramite un’agente immobiliare (donna pure lei) ho comprato una tranquilla casetta a Kanagawa, in Giappone.
Ho sempre desiderato abitare nel vecchio, poetico Giappone.
La patria natia di mio padre, uomo dedicatosi al lavoro anima e corpo.
Di lui ho solo pochi ricordi e questi capelli neri.
Di mia madre invece conservo il cipiglio aristocratico e questi occhi azzurri.

Avendo cittadinanza americana, non ho incontrato troppe difficoltà.
Il paese di mio padre mi ha accolto favorevolmente e l’assistente sociale che supervisionava il mio caso (una donna sulla trentina) mi ha firmato tutte le carte necessarie. Essendo canadese, a sedici anni per la legge di quello stato io posso già vivere da solo.

Nonostante avessi seriamente pensato che il mio emigrare sarebbe stato come un cambiare vita, appena arrivato ho capito che non sarei riuscito così facilmente a voltare pagina.

Quattro vicine (tutte divorziate o separate con figlie a carico) sono subito venute a farmi visita.
Del tutto impreparato, le ho dovute accogliere.
Avrei imparato in seguito a fingere di non essere in casa.

Poi è iniziata la scuola.
Il primo giorno, la metà femminile del mio liceo si è subito sentita in dovere di presentarsi ed avvicinarsi.
Dopo gli allenamenti con la nuova squadra sono fuggito, e zigzagando con la bici mi sono perso nei vicoli vicini a casa mia.
Mi ero lievemente addormentato, credo, visto che quella furia rossa che poi avrei conosciuto come ‘do’hao’ mi aveva impedito di dormire quella mattina e così, vagando per le stradine interne, ho conosciuto quello che poi sarebbe diventato il mio gatto.
Una bella ‘micetta’ nera, avevate forse dubbi al riguardo?

Ma il vero problema adesso è un altro.
Sono a Boston in questo momento.
A presenziare all’apertura del testamento della mia famiglia.
I miei poveri nonni sono venuti a mancare pochi giorni fa.
Ho ricevuto un telegramma a Kanagawa, e con il primo aereo sono partito.
Non che mi aspettassi grandi novità: sapevo, e so ancora adesso, di essere l’erede universale di tutta la fortuna dei Rukawa.

Subito dopo la morte dei miei genitori, mio nonno prese in mano la direzione delle aziende RK,  nonostante l’età avanzata, ed io glielo concessi per liberarmi da una carriera amministrativa che sapevo mi sarebbe stata subito stretta.
E poi il mio vecchio nonno, un italo-americano, era un uomo di buoni principi, onesto e simpatico.
Un vero dirigente.

Sono fermo su questa sedia e guardo lo studio asettico della nostra avvocatessa di famiglia.
Il colletto inamidato di questo completo elegante mi sta snervando, ma penso ad altro.
A come fare, per esempio, ad amministrare l’ingente patrimonio che mi hanno lasciato.
Decido già di delegare alla manager privata in carica che aiutava mio nonno (e che era la mia tutrice in Giappone) tutte le questioni aziendali.
E’ degna della mia fiducia e so che farà arrivare tutti i proventi, che la mia quota azionaria mi assicura, sul mio conto.

Bene, l’avvocatessa invita il notaio ad entrare.
Non avevo dubbi sul fatto che sarebbe stata una donna anziana…

Alla mia attenta presenza, lo aprono e lo leggono.
Fin qui tutto bene, tutto come pensavo che fosse.

Ma poco dopo siamo arrivati alle clausole.

 

Terminata la lettura sono in stato comatoso.
La mia mente si è leggermente incastrata dopo la lettura della prima condizione per l’eredità.

 

Ma a quanto pare c’è scritto così.


Per diventare il vero, unico erede del patrimonio dei Rukawa devo rispettare una condizione inderogabile.

 

 

 

 

Devo sposarmi.

 

 

 

Entro la mezzanotte del settimo giorno dalla lettura del testamento.

 

 

 

Questo vuol che -da adesso- ho sette giorni precisi per trovare qualcuno e legarlo a me nel sacro vincolo del matrimonio.

 

Bene.
Benissimo.
Mantengo la calma per i primi, importantissimi secondi.
Poi, in completo silenzio, perdo contatto con la realtà.

 

 

So perfettamente chi ha avuto questa brillante idea nella mia famiglia….
E’ stata sicuramente mia madre…. ah, le donne….
Sapeva perfettamente della mia misantropia e ha voluto sincerarsi che io passassi la vita con qualcuno.

Se non riuscirò a sposarmi entro la data concordata, tutto il  patrimonio verrà smembrato e diviso fra parenti minori, capi d’azienda e società di beneficenza.

Beh, non che io ami così tanto il denaro da volermi sacrificare ad ogni costo per ottenerlo, soltanto mi dispiace perdere la casa di famiglia che avevo lasciato in custodia alla mia anziana governante e mi rattrista l’idea di veder chiudere l’industria che mio padre ha creato dal nulla, con il suo sudore e la sua abnegazione.

 

Devo sposarmi.

 

Se a Kami sono bastati sette giorni per fare il mondo, a me ne dovranno bastare altrettanti per trovare una persona.
Non sarà più difficile che creare la Terra… almeno spero….

L’avvocatessa attende la mia parola.
Mi chiede se accetto o meno la condizione.
Le dico di sì, annuendo.


Ed un’idea folle mi attraversa la mente.
E’ ….semplicemente ……………….perfetta.

Non ci sono regole né restrizioni precise, né riferimenti.
E’ una pazzia, ma sono assolutamente motivato a non passare il resto della mia vita con una donna.

In fondo, a loro non deve importare dove, come o perché mi sposo.
Basta che io lo faccia entro sette giorni.
Per quanto li riguarda, potrei sposarmi alle Hawai, nell’isola di Giava, vestito a righe o in una chiesa avventista, con il riso o con i confetti.

Con una donna           o con un uomo.

 

 

Sì, è deciso.

 

 

Sposerò un uomo.

 

 

Fermo l’avvocatessa e alla presenza del notaio sorrido in tralice.
“Chiariamo subito….” inizio, e do il via al mio progetto

Sono tornato a Kanagawa da un paio di ore.
E’ la sera del primo giorno.
E penso a come deve essere l’uomo che cerco.

Sportivo, assolutamente.
Amante dello sport, del movimento, magari amante proprio del basket, perché no?
Allegro, le mie tristezze basteranno per entrambi.
Pieno di parole, così delegherò a lui il compito di rispondere al telefono ed intrattenere le vicine.
Dev’essere, poi, un tipo deciso, ma sincero.
Della mia stessa età, ovviamente.
E attraente.
Ma non i soliti tipi o la solita bellezza e nemmeno uno di quei tizi da spiaggia che mi fanno passare la fame quando li vedo.
Voglio cercare un tipo più… acqua e sapone… ecco….

E visto che ho deciso di vivere a Kanagawa almeno fino alla laurea, devo trovare qualcuno disposto a restare qui o magari che già vive qui….

Nel silenzio della mia casa ripenso a tutti questi aggettivi e calcolo mentalmente le possibilità di trovare un simile ragazzo nel giro dei prossimo sei giorni.
……






……


……………..


………………………………….


Bene, se mi sistemo sotto il ponte che c’è vicino scuola, magari la mattina riuscirò ad arrivare in orario.







E’ tutto questo secondo giorno che penso.
E’ impossibile.

Sono sulla riva di un fiume, vicino alla ferrovia che passa sopraelevata poco lontano e già sono andato ad ispezionare la mia prossima casa.
Non ho speranze.

Dove potrò mai trovare uno così, disposto a sposarmi, oltretutto?


Improvvisamente il rumore di una bicicletta che sferraglia mi distrae e come un fulmine vedo passare il do’hao.
Seguendo un istinto improvviso, lo seguo.

Monto in sella e parto a tutta velocità.
Lo pedino per i viali della zona commerciale, poi lo vedo svoltare nel quartiere dei ristoranti e mi fermo poco lontano.
Lui entra in un negozio di ramen e ne esce stracarico.
Posa tutto sulla bici e parte a fare le consegne.


Il do’hao lavora??


Non credo proprio.
Forse aiuta i genitori nel lavoro.
Mi avvicino per leggere l’insegna del ristorante.
Se porta il suo cognome, sarà di famiglia.


Entro.
Il locale non si chiama Sakuragi.
Il do’hao lavora davvero.


Mi siedo al bancone ed ordino una scodella di ramen.
Non sono affatto male.

Una vecchietta mi si siede accanto, rubando il posto a due ragazze che volevano avvicinarsi a me e mi guarda.
Sorride.

Le chiedo del fattorino dai capelli rossi del locale e lei mi racconta una storia che non mi sarei mai immaginato.

Sakuragi non ha più famiglia né parenti stretti, vicini o lontani.
Suo padre, l’ultimo a lasciarlo in condizioni tragiche e con un enorme senso di colpa addosso, come eredità aveva solo debiti.

L’anziana donna mi racconta che il signor Sakuragi aveva un’attività commerciale nel quartiere dei ristoranti, assieme ad un suo amico.
Un’attività non molto redditizia, per la verità, ma con buone prospettive d’incremento.
Aveva dovuto riempirsi di debiti per avviarla ed era morto prima di riuscire a ripagarli.
L’amico con cui lavorava aveva rilevato l’impresa, l’aveva personalizzata ed era riuscito ad imporsi.
Aveva pagato i debiti di entrambi ed aveva accolto Hanamichi in casa, per rispetto alla memoria del suo vecchio amico d’infanzia.
Ma nonostante la comprensione, non poteva cancellare i suoi debiti.
E per ripagarli il do’hao lavorava ogni giorno dopo la scuola, ogni fine settimana ed ogni mese di vacanza.
E così avrebbe dovuto continuare a fare per tutta la vita.
Non avrebbe mai potuto ripagare tutto, mai.
Nemmeno lavorando una vita intera.

Così, bevendo il brodo rimasto, penso.
Uno senza soldi come lui.
Uno pieno di soldi come me.

Si può fare.
Si può proprio fare.











Sono in palestra.
E’ il terzo giorno, ma se gioco bene le mie carte entro oggi la mia ricerca finirà.

Osservo di nascosto Sakuragi.

Hanamichi Sakuragi.

In fondo ha buona parte degli aggettivi che ho elencato, oltre a molti altri che io non ho certamente richiesto.
Come il suo essere perennemente do’hao.
Ma conosco la sua storia e penso che vederlo passare ieri sia stato un segno dal cielo.

Poi, male che vada, potrò sempre proporre a Sendoh di sposarmi.
Penso che lui si accontenti di una qualsiasi cosa che respiri.
Basta che ci possa far sesso.

Tsk, come se ne avessi intenzione….

Tralasciando i pensieri cattivi, attendo ben oltre l’orario.
So perfettamente che il mercoledì il do’hao deve restare in palestra per l’allenamento supplementare impostogli da Ayako e aspetto per cogliere l’occasione propizia.

Giochiamo in silenzio per diverso tempo.
Mi faccio molte domande su di lui, dandogli ben più attenzione di qualsiasi altra persona.
Mi chiedo se ha dovuto prendere dei permessi al lavoro per restare in palestra.
Mi chiedo se alle volte è triste e non vuole dimostrarlo.
Mi chiedo se sa che anch’io non ho nessuno.

Improvvisamente penso che non ha senso aspettare.
Non ci potrà mai essere un’occasione adatta.
E’ bene farlo subito.


Mi accosto a lui dopo aver posato a terra la palla e lo raggiungo alle spalle.
Lui deve aver sentito i miei passi perché si ferma e si volta.
Mi guarda interrogativamente, ma non dice nulla.

“Sakuragi…” lo chiamo, seriamente, usando il suo cognome


Lui riprende a tirare, si mette in posizione, ma so che mi sta ascoltando.
“Cosa c’è, volpe ?” lo sento chiedere







“Sposami” dico freddamente.








E per l’incredula assurdità di quella proposta fattagli mentre stava tirando, centra pure il canestro.
Perfettamente.

Si volta e mi guarda, con due occhi così sgranati che capisco già adesso che dovrò sprecare un bel po’ del mio fiato per spiegarmi al meglio.
Tento di iniziare il discorso, ma lui scoppia a ridere.

Lo vedo sghignazzare per un buon quarto d’ora.
So perfettamente che crede sia uno scherzo.
E so anche altrettanto perfettamente che appena capirà che non è uno scherzo smetterà di ridere all’istante.

Puntualmente succede tutto questo e lui mi punta due occhi fiammeggianti addosso.
“Stai scherzando, vero?”

“Ti sembro uno che sa scherzare?” domando a braccia conserte.

“Tralasciando il piccolo dettaglio che siamo entrambi uomini, perché mai uno come te dovrebbe volermi sposare?”

“Hai tempo?”

“Adesso, intendi?”

Annuisco.

“Sì, perché?” chiede lui

Mi siedo e gli racconto la verità.
A modo mio, ovviamente.


“Per ereditare tutta la fortuna dei miei parenti, devo assolutamente sposarmi entro sette giorni, detesto l’idea di perdere la casa di famiglia in cui sono nato, perciò ho accettato, ma detesto anche le donne, non mi rimane che sposare un uomo”

Hanamichi mi ascolta in silenzio, seduto per terra come me, in mezzo alla palestra.

“E perché proprio io?” mi chiede con un mezzo sorriso.

Sta ancora pensando che è tutto uno scherzo.

“Ti ho seguito ieri e sono venuto a sapere dei tuoi debiti, se mi sposerai io avrò l’eredità e al divorzio tu avrai la metà dei miei soldi. Tu aiuti me, io aiuto te.”

“Come sai dei miei debiti?”

Ora il suo viso è serio, serissimo.
I suoi occhi sono diventati duri.

“Non ha importanza, dimmi: vuoi veramente lavorare tutta la vita in quel ristorante? Sai che non puoi riuscire a ripagare quell’uomo…”

Mi aspetto di essere aggredito.
Di sentirmi urlare contro che dimentico che lui è un Tensai, che riuscirà a guadagnare così tanto da pagare i debiti e mettersi in proprio.

Ma lui sta zitto.
Non dice nulla.

E capisco che lo sa anche da solo di non potercela fare.


“Allora? Hai deciso di prendere in considerazione la mia idea?”

Lo vedo indeciso.
“Cavolo, volpe! Corri troppo….. io non so che pensare….. e poi… poi, accidenti, volpe! Siamo due uomini, i matrimoni fra persone dello stesso sesso non sono validi!”

Sorrido con astuzia.

“Qui in Giappone non sono validi, ma io, do’hao, ho la doppia cittadinanza perché sono nato in Canada quindi per me sarà un matrimonio in piena regola e tu, sposando me, diventerai cittadino canadese a tua volta, non ci sarà nessun problema..”

“Ma come ….Kami….”

Lo vedo mettersi una mano fra i capelli.
E’ incerto.


Ma io sto esultando.
Non solo non mi ha ucciso dopo la proposta, ma sembra anche intenzionato ad accettarla.

Guardandolo fisso, gli espongo il mio piano.

“Io e te partiremo per Boston il prima possibile, ti presenterò come mio fidanzato agli avvocati e ti sposerò entro domenica. In seguito, passeremo una settimana nella mia casa a Vancouver e lì decideremo di divorziare. La scusa ufficiale sarà incompatibilità di carattere”

“Buona, questa! – ride lui – Non è nemmeno una balla, dopotutto!!”

“Silenzio, do’hao!”

Ci guardiamo ed io proseguo.

“Insomma, dopo che avrò preso possesso dell’eredità, firmeremo in accordo il divorzio, ci vorrà pochissimo per ottenerlo e tu prenderai la metà dei miei averi o una cifra che ti sembrerà adeguata, ma solo soldi do’hao, le industrie e le case devono restare a me, è per loro che sto facendo tutto questo…..”

“Sono un ricordo?” chiede lui, intuendo.

“Sì, l’unico, oltre il mio aspetto…”

Segue un attimo di silenzio e poi riprendo.

“Quindi alla fine della settimana rientreremo nuovamente single a Kanagawa, tu ti pagherai i debiti e vivrai di rendita per il resto dei tuoi giorni ed io avrò quello che volevo e ognuno a casa sua….. che te ne pare?”

“Io non lo so …Rukawa…. non stai mentendo, vero? Perché, altrimenti, io …”

“Te lo ripeto per l’ultima volta…. ti sembro uno che sa scherzare…?”

“Proprio no…”

“Allora preparati. Riesci a sistemare le cose con tutti, per partire dopodomani?”

“Così presto??”

“Do’hao, se non mi sposo entro domenica, perdo tutto….. siamo già a mercoledì……”

“Ma ….ma…. e con il mio datore di lavoro…?”

“Digli che hai ereditato da un parente lontano che non sapevi nemmeno di avere e che devi andare a sbrigare le pratiche legali lontano dal Giappone, così avrai un’ottima scusa per quando gli pagherai tutti i debiti in una volta sola…”

“Sì, ma….. gli altri e …se poi qualcosa dovesse andare storto?”

“Gli altri non sapranno mai niente… dannazione, do’hao! Andiamo a sposarci in America! Se poi ci saranno problemi, li risolveremo un po’ per volta…”

“Mh…… ok…”


Lo guardo soddisfatto.
Soddisfattissimo.



Mi alzo in piedi e lui mi imita.
Lo guardo negli occhi.



“Allora do’hao, vuoi sposarmi?”




Lui arrossisce come se tutto questo fosse vero e, distogliendo gli occhi dai miei, mi risponde.





“Sì”







Boston.
Venerdì.



Siamo arrivati.
Io ed il do’hao posiamo finalmente piede sul suolo americano e lui si guarda intorno.
L’avvocatessa ci ha mandato una bella Mercedes.

Con un’aria da perfetta cenerentola, Hanamichi mi segue in macchina e l’autista ci conduce in hotel.
Camere separate ovviamente.

Gli ho detto poi la verità su quello che penso.
Niente amore.

Non ho mai avuto intenzione di sposarmi per amore.
Per questo ho subito cercato qualcuno che potesse vedere in tutto questo semplicemente dell’interesse.
E così, fortunatamente, è stato.

Lui avrà i soldi per i suoi debiti ed io avrò il mio matrimonio di convenienza.
Niente di più, niente di meno.

Almeno mi sono evitato di convincere qualcuno che l’amo….. tsk…

Mi rilasso due istanti, poi mi rimetto all’opera.
Abbiamo appena un giorno per organizzare il matrimonio.
Chiamo subito un’agenzia specializzata e le affido l’incarico.

Abiti, anelli, testimoni, carte e confetti.
Nessun invitato, una chiesa di campagna che faccia sposare persone dello stesso sesso ed un pranzo privato nella mia villa di Vancouver.
Tutto entro un giorno.

Appena riappendo il ricevitore, sento due colpi alla porta.
E’ Hanamichi.

“Ru…… ehm, Kaede posso entrare?”

Mi chiama per nome e va bene così.
Abbiamo deciso durante il volo che nessuno deve sospettare niente.
Non perché tenterebbero di portarmi via l’eredità, ma per una questione di …orgoglio personale.
Non è mica il massimo far capire subito a tutti che ho portato con me il primo che ha abboccato……

Insomma, dovranno almeno crederci fidanzati da un po’.
E per questo dobbiamo usare i nostri nomi personali e cercare di sembrare una coppia.

Beh, lo guardo e lui mi sembra piuttosto a disagio.
Non sembra riuscire a cominciare il discorso che voleva farmi.

Così lo invito a cena e gli dico che ne parleremo dopo.
Mh …mi sento abbastanza marito in questo momento….


La cena passa piacevolmente.
Oddio, certe volte alcune sue ‘caratteristiche’ finiscono per irritarmi, ma non è una persona spiacevole…
Se solo la smettesse di fare quegli occhi cenerentolosi ogni volta che vede una magnifica portata sul tavolo o legge il prezzo del vino che ci stanno servendo….

Alla fine torniamo nella mia stanza.
Credo ci sia qualcosa che lo angosci.
Non sa darsi pace, si torce le dita e continua a girarsi la chiave della propria stanza fra le mani.


“Allora do’hao, cosa c’è?” chiedo impaziente.

Lui sbuffa.
“Non mettermi fretta, baka kitsune….” pigola lui.


“Perfetto, chiamami così anche davanti all’avvocatessa e tutti capiranno quale folle amore c’è fra noi ancora prima di arrivare all’altare…”

“Sei tu che hai cominciato, non dovevi chiamarmi do’hao… lo sai che ‘baka kitsune’ poi te lo dico per riflesso….”

Mi metto una mano sugli occhi e sospiro scuotendo la testa.
Cosa mi toccherà sopportare ancora???

“Va bene, HANAMICHI – dico sillabando il suo nome – cosa volevi dirmi? Parla….”

“Bene, KAEDE… io ..io volevo sapere se dopo….. dopo che…..”

“Dopo cosa?”

“Dopo …sì, insomma dopo l’altare e tutto il resto….”

“Dopo il matrimonio ?”

Lui fa cenno di sì con la testa.

“Dopo…….. quando saremo……. spo.sposati…….. la sera….del ….. AAAH non ci riesco, non ci riesco….”
Lo vedo arrossire miseramente e mi sento esasperato.

“Insomma, che cavolo vai cercando di dire??”

Lui prende esageratamente fiato e tutto di seguito e a voce bassissima dice.
“Iononvogliofaresessolaprimanottedinozze”

Lo guardo un istante scioccato.
“Fare cosa?”

“Non sperare che lo ripeta” sbuffa lui, rosso come i suoi capelli.


Mi alzo e, per la prima volta da quando mi conosce, Hanamichi mi vede ridere.
Drammaticamente ridere.

Ritorno serissimo.
“Io non ho intenzione di fare proprio niente do’hao… chiaro?”

Lui tira un sospirone di sollievo e, dandomi la buonanotte, va via.



E’ una giornata splendida.
Proprio perfetta per giocare a basket in un bel campo.
Proprio perfetta per sposarsi ed ereditare una fortuna.

Beh, se mi sbrigo forse riesco a fare tutte e due le cose.

Siamo nel giardino della chiesetta che l’agenzia ci ha scelto… non male, devo dirlo….
Lancio uno sguardo a Sakuragi.
E’ teso.
Tesissimo.

Come se dovesse sposarsi davvero.
Che do’hao…

Gli vado vicino.
Lo fisso intensamente e gli dico piano di stare calmo.
Lui annuisce e non dice nulla.

L’avvocatessa ci sta guardando.
Mi sforzo di apparire gentile con il mio futuro sposo e gli metto un braccio sulla spalla.
In un guizzo di follia me lo stringo un po’ contro.

Beh, i suoi capelli hanno un buon profumo..

Finalmente l’avvocatessa se ne va sorridendo soddisfatta ed io lascio andare Hanamichi.
Il grande orologio sul campanile suona le undici.


E’ tempo di sposarsi.


Entriamo in chiesa assieme, fianco a fianco.
Ma senza tenerci per mano.

Ci accomodiamo davanti al prete che ci guarda sorridendo compiaciuto ed inizia la funzione che ci unirà per tutta la …settimana.
Pensando con soddisfazione alla riuscita dei miei sogni (e anche a quelli di Hanamichi) non ascolto nemmeno una delle parole che vengono dette.
Mi arrivano solo pezzi qua e là.
…insieme… in salute e malattia… bla bla… rispettarsi a vicenda….. bla bla…

“Scambiatevi gli anelli.”

Prendo le due fedi d’oro purissimo posate sul cuscinetto e ne metto una al dito che lui, timidamente, mi porge.
Sento il tremore della sua mano mentre faccio scivolare l’anello lungo l’anulare.
Alzo lo sguardo e lui deglutisce, arrossendo.
Poi lo vedo prendere l’altra quando gli porgo la mia mano e lui per l’emozione non riesce subito ad infilarmi la fede al dito.
Con un sorriso che mi sforzo di fare, gli sostengo la mano e lo guido.
Confuso mi guarda, e poi risponde al mio sorriso.

“Vi dichiaro sposi” annuncia il prete.

D’improvviso sul viso di Hanamichi esplode un velo rosso che gli colora le guance e lo lascia con le labbra socchiuse dall’imbarazzo.

Kami del cielo, sembra davvero un imbranato sposino novello.

Meraviglioso, li ingannerà meglio!
Sorrido ancora, poi le ultime parole del prete mi gettano nello scompiglio.


“Potete baciarvi, adesso”





Baciarci?




Oh, Kami….
E’ vero.

Questo pezzo l’avevo dimenticato…

Baciarci.


Dobbiamo.
Per forza.


Hanamichi gira di scatto la testa verso di me.
Effettivamente mi ero totalmente dimenticato questo piccolo particolare…

Beh… facciamoci coraggio….

Mi avvicino a lui, ma Sakuragi si tira indietro.
Guardandolo intensamente gli faccio capire che non ha altra scelta, poi gli sorrido e dico a voce abbastanza alta.

“Dai, non essere imbarazzato, non è niente di diverso da quello che facciamo di solito…”

Lo vedo arrossire ancora.
Mi diverte farlo arrossire.
C’è un gusto tutto particolare nel farlo.

Il prete lo guarda comprensivo.

“Suvvia figliolo, non essere timido….”

Se potessi riderei del suo sguardo disperato.
Ma lo afferro per la vita e lo tiro a me, non troppo forte.
E a lui non rimane che mettermi le mani sulle braccia e chiudere gli occhi.

Sta a me, adesso, non tirarmi indietro.
Dannazione.. il mio primo bacio….

Lentamente percorro con il viso la distanza che ci separa e, mentre socchiudo gli occhi, osservo le sue ciglia.
Sono lunghe… e spesse….
Belle…

La sua bocca rossa mi aspetta, tremante.
Mi sembra di costringerlo, ma dobbiamo.

“Non sarà un bacio cattivo do’hao… non temere…” gli sussurro pianissimo.

Lui apre improvvisamente gli occhi, ma io ho già coperto le sue labbra con le mie.

All’inizio sento solo morbido.
Poi avverto calore.

Ed un suo piccolo mugolio.
Ho gli occhi chiusi e posso solo concentrarmi sulle sensazioni.
Pensavo non sarebbe stato poi così piacevole.

Ma devo ricredermi.

Mi spingo lentamente verso di lui, premendo di più.
Lui socchiude le labbra, ma io non avanzo oltre.

Sento il suo petto rimbombare per il battito furioso del cuore e lo lascio andare.
Lo vedo aprire confuso i suoi occhi dorati.
Non avevo mai fatto caso che fossero di un nocciola così chiaro da sembrare oro.

Sono belli.


“Kaede..” lo sento pigolare imbarazzato.

“Ssh…” gli dico e, prendendolo per mano, usciamo dalla chiesa in cui ci siamo sposati.



L’avvocatessa si è complimentata per la splendida cerimonia, aveva un fazzoletto ricamato in mano e gli occhi lucidi.
Con un sorriso smagliante, mi ha chiesto se intendevo seguirla per firmare le carte del testamento.

Ma io sono un ottimo attore e le ho detto che non mi andava di parlare di soldi il giorno delle mie nozze, che volevo passare tutto il tempo con il mio sposo e che avrei pensato all’eredità soltanto l’indomani.
Lei mi guarda compiaciuta e si asciuga altre due lacrime.
La saluto e porto via Hanamichi.


In macchina non parliamo.
Lo sorprendo un paio di volte girato verso di me, ma non dice nulla.


Arriviamo a Vancouver che è tardi, ormai, e sono stanco.
Dopo i convenevoli con la mia governante, ceniamo.
La stanza è piena di fiori bianchi e profumatissimi.

Poco dopo, ci ritiriamo e nessuno sa che prendiamo stanze diverse.



Il mattino seguente scendo per fare colazione.
Nonostante il sonno, ho un impegno che mi aspetta ed una firma da mettere.

Sono contento, nonostante non sappia dimostrarlo, lo sono.

In sala da pranzo trovo Sakuragi.
Sono colpito ….non lo credevo già sveglio…

Lo guardo e mi siedo di fronte a lui.
In casa non c’ è nessuno oltre noi e la governante sarà in cucina, due piani più in basso.



“Benissimo – sorseggio il tè – allora…. quando vuoi divorziare?” chiedo con assoluta noncuranza.


Lui mi guarda.

“Fai tu” risponde.


“Direi di aspettare almeno una settimana….. faremo il giro delle mie proprietà, nel frattempo, e tu penserai a quanto vuoi…..”


“Mh”


Capisco che c’è qualcosa che non va.
Non è da lui usare monosillabi con tutto il dizionario di parole che conosce.
Ripenso a ieri, ma non trovo niente che non dovrebbe andare…

Ignorerò.


“Fra poco esco, vado dal notaio per la firma, vieni con me?”

“Devo?” risponde lui.

Annuisco.
“Ma non mostrarti troppo contento…. accidenti…”

Il viaggio fino allo studio notarile mi sembra fin troppo breve.
Sono davvero soddisfatto.

Ho rispettato le condizioni ed ora vado a prendermi la mia ricompensa…
Ed in fondo sono contento anche per Hanamichi.
Avrà i soldi necessari a ripagare i debiti che altrimenti gli avrebbero rovinato la vita.

Arriviamo e lui, ancora, non parla e non sorride.
Meglio.
Così non sembrerà che mi abbia sposato per i soldi.

Firmo le varie carte, dopo aver letto con cura ed infine stringo la mano al notaio.
“Right” dico e vado via.


Sono l’erede.
Finalmente.

Le proprietà dei miei cari genitori sono salve.
Sorrido soddisfatto.


L’avvocatessa ci invita quindi a seguirla in una sorta di giro panoramico di tutto quello che da adesso mi appartiene.
Mi dice, incoerentemente, che tutti i fondi bancari sono già miei, poi inizia un elenco pauroso di nomi e distretti.
Infine conclude.
“Tutte le industrie concentrate nel nord del paese possono essere divise in 12 parti, le case sono 3 e tutti gli altri beni non liquidi sono divisibili in 6 parti. Per adesso non le appartiene nessuna di questi 21”

“Cosa?”

Lei mi guarda sorpresa.
“Ma come non ricorda? La clausola 1/bis sotto la prima. Per ogni tot di anni che lei passa sposato, signor Rukawa, erediterà una parte della fortuna che le spetta, nel frattempo ne avrà l’usufrutto ovviamente, compresi i proventi…”


Siamo qui.
In questo cantiere che rappresenta il centro nevralgico delle industrie che dovevamo vedere e siamo circondati da persone e rumori.
Improvvisamente è come se non sentissi più niente.

La mia mente annuncia il tilt.


So perfettamente chi ha avuto quest’ulteriore, brillantissima, idea.
Mia nonna.
Vecchia volpe…….


Senza degnare di uno sguardo Hanamichi, che ho sentito sussultare accanto a me, chiedo subito.

“E per la casa di famiglia a Vancouver, quant’è il tempo previsto per entrarne in possesso?”

La donna consulta le sue carte, abbassandosi gli occhiali rettangolari fino alla punta del naso e dice.
“84 mesi, più o meno.”

….







Cioè, per avere la casa di famiglia devo restare sposato 7 ANNI??????
Masiamoimpazziti?????



Hanamichi accanto a me è sconvolto.
Lo vedo sgranare gli occhi mentre l’avvocatessa parte nell’annunciarci sequele di nomi e date.
Mesi e anni enumerati come noccioline….
Kami, che guaio….

“Ed infine, se lei giungerà alle nozze d’argento, avrà tutte le 21 parti patrimoniali. Questo è quanto, signore” e quindi si allontana verso il capocantiere

Mi volto verso Sakuragi.
Lui mi guarda intensamente, sta per parlarmi.

“Ma Ru..”

Lapidario rispondo.

“Non lo sapevo!”

Ed è tragicamente vero.


Senza poter dire altro, io e Sakuragi andiamo via.


A casa, lui mi raggiunge in camera.
Lo vedo dalla sua espressione che è furente.


“Dannata kitsune pulciosa…… sapevo di non dovermi fidare…… come pensi di fare??? Non ho nessuna intenzione di rimanere sposato con uno come te…..!!!!!”

Ecco, ci mancava solo che la parentesi silenziosa di questo do’hao finisse proprio nel momento meno appropriato.
Mi massaggio le tempie cercando di riflettere.

Cavolo, mi sono dato da fare per trovare qualcuno, mi sono sposato, ho sprecato il mio primo importantissimo bacio e tutto per niente??!!
No!
Resteremo sposati.
Assolutamente!

Mi alzo.
Mentre Hanamichi passeggia nervosamente avanti ed indietro.


“Non c’ è altra soluzione, do’hao”

“Cosa vorresti dire?”

“Dobbiamo restare sposati”

“MA TU SEI ANDATO FUORI DI TESTA?? MA TI E’ ENTRATO DEL PELO NEL CERVELLO, STUPIDISSIMA VOLPE????????”


“Non urlare do’hao….fai silenzio e ascolta”

Lo vedo sbuffare, ma si siede.

“Ascoltami bene… non ho fatto tutta questa fatica per non ottenere niente…. alla fine della settimana, noi torneremo in Giappone e saremo ancora sposati…. tu pagherai i tuoi debiti e ti comprerai una casetta o andrai dove ti pare.. io rimarrò a casa mia …..capisci?”

“Dove vuoi andare a parare?”

Il mio sguardo si fa furbo.
“Sei proprio un do’hao….. figureremo come sposati anche se vivremo ognuno per conto proprio, nessuno verrà mai a controllare e noi avremo le nostre vite separate… se poi, un giorno, uno di noi si vorrà sposare sul serio, divorzieremo ed io erediterò almeno tutto quello che abbiamo ottenuto in questo lasso di tempo…. allora?”



Lo vedo riflettere seriamente.
“Beh, mi sembra piuttosto ragionevole…… ma bada che non ci siano altre fregature ….capito, volpe?? ….”

Sbuffo infastidito.
Cosa crede?
Che io abbia tutta ‘sta voglia di ritrovarmi un do’hao per marito???





Oggi siamo tornati in Giappone.

Appena arrivati a Kanagawa, stacco un assegno con la metà dei miei beni liquidi e lo porgo a Sakuragi.
Merita questi soldi e desidero che estingua subito il suo debito con quell’uomo.

Ci separiamo qui, alla stazione.
Di schiena, senza girarci.

Come se non fosse cambiato nulla fra noi.
Come se non fossimo appena tornati dal paese in cui ci siamo sposati.

Ed è un riflesso triste quello che la luce trae dalla fede che porto ancora al dito.



Una settimana.
Passa in fretta e guardo Sakuragi provare un tiro da tre.

Lo centra e sorride a Mitsui che gli sta insegnando.
L’altro giorno mi ha fermato dicendomi che ha acquistato una casetta in un quartiere tranquillo e soleggiato.
Sono stato contento per lui.

E lo sono anche per me.
In fondo ho tutto quello che desideravo.


La mia, da oggi in poi, sarà una vita tranquilla, penso sulla via di casa.





Come non detto.
Come non detto.



Mi copro gli occhi con una mano.
L’emicrania mi assale, mentre so con certezza che dopo aver visto Sakuragi, oggi a scuola, peggiorerà ulteriormente.

Mi strillerà nelle orecchie che sono una volpe deficiente al quadrato, che sono un incosciente e che se potesse me lo farebbe ingoiare quel pelo che mi è rimasto incastrato fra i neuroni.


E la cosa peggiore è che avrà ragione.



Ma io cosa ne potevo sapere che esisteva una postilla nella postilla in quel dannato testamento??
No, diamine, non è un testamento …..è una trappola per topi!!!!!!!


Con espressione furente sul viso cinereo, entro in palestra e chiamo da parte Sakuragi.
Rimandare sarebbe inutile.



“Cosa devi dirmi, volpe?” mi sorride dal muro del corridoio dove si è appoggiato per ascoltarmi.

Non so da dove cominciare.
Mi manca la forza d’animo per dirglielo.

E non perché temo la sua reazione.
Ma perché spero ancora che sia solo un dannato incubo.



“C’è un problema…..”


Sakuragi sorride ancora.
Non capisce a cosa mi sto riferendo ovviamente.

“Un problema? Riguardo a cosa?”


“Riguardo l’affare che abbiamo ….svolto in America….”


“Ah…. il… -e qui abbassa la voce mentre sul viso gli compare un velo rosso ed imbarazzato - ..matrimonio…?”

“Nh” faccio io e lui si rabbuia.


Parlottiamo per cinque minuti e gli spiego la gravità della situazione.
Un attimo e lui esplode.



“CHE COSAAAAA???????”


Io sbuffo, guardandolo a braccia conserte.


“Rukawa, esigo che tu mi dica che stai scherzando!!! Adesso!!!”


“Se ti fa sentire meglio posso dirlo, ma questo non cambia i fatti. Ieri sera la mia manager è venuta a trovarmi. Mi ha chiesto dov’eri, ho detto che ti stavi occupando di arredare la nostra nuova casa, che la mia era troppo piccola per due. E subito dopo lei ha sorriso pronunciando queste esatte parole: ‘Rukawa-san, sono contenta che vi siate ricordato che secondo la postilla 1b/ter, per rendere valido il matrimonio, e quindi il testamento, deve risultare necessariamente che abitiate sotto lo stesso tetto..’ ”

 

 



Hanamichi passeggia nervosamente avanti ed indietro.
Io invece mi sento come ermeticamente chiuso in un incubo.
Assolutamente incapace di destarmi.

Detesto sentirmi così impotente!!


So perfettamente chi ha avuto quest’ulteriore sfolgorante idea.
La mia governante!

Astutissima faina!!

Sapeva che mi sarei opposto con tutte le mie forze ad una cosa del genere ed ha trovato il modo di incastrarmi definitivamente.

Sono qui, seduto sul tatami della nuova casa di Sakuragi, una vena enorme mi pulsa sulla fronte.
Detesto dare ragione a questo do’hao, ma mi sento tanto come una volpe in una tagliola.

Improvvisamente lui si volta verso di me.

“Kitsune..”


“Non una parola do’hao!!”lo fermo, lapidario


Sbuffa, lasciandosi cadere sul letto.
Mi guardo attorno con la coda dell’occhio.

Pur avendo ottenuto da me così tanti soldi ha un gusto del sobrio che si addice, in fondo, al suo carattere.
Questa stanza è semplice come lui.

Chiara, luminosa.
Le tende bianche, il tatami che profuma di nuovo, il futon di stoffa buona, le mensole e la lampada.
Un tavolino basso e due cuscini.

Il suo viso è pulito come questa stanza.



Ma questo non cambia il fatto che ………………..ci hanno incastrati.


“Kitsune”mi chiama ancora lui, in tono annoiato

“Silenzio ‘hao…sto pensando..”

“E cosa vuoi che ci sia ancora da pensare???”risponde imbronciato

“Troverò una soluzione…mi appellerò a qualche articolo.. sistemerò questa situazione….”

Lui si alza, di scatto.

“Ma non capisci????Ormai ci hanno fregati!! O facciamo come dicono o possiamo dire addio al matrimonio….ma in fondo che mi arrabbio a fare….da una kitsune idiota come te cosa potevo aspettarmi??E poi non mi importa niente di questo matrimonio…..era un’unione senza senso e senza sentimenti …..possiamo anche lasciar perdere tutto…..”


“NO”mi alzo anch’io


“No – ripeto deciso – non ho fatto tutta questa fatica invano, non ho nessuna intenzione di arrendermi…..forse quella donna rimarrà solo qualche giorno per sincerarsi della nostra convivenza…forse resterà fino a che non compiremo la maggiore età……forse andrà via domani………….c’è ancora speranza….non possono controllarci per tutta la vita!!!Io non intendo arrendermi!!”

“E’ una follia!!Ed io non intendo assecondarti…le tue idee non hanno portato a nulla di buono …..adesso basta, BASTA!!!”


Il mio sguardo si fa penetrante.
“Però i miei soldi ti hanno fatto comodo, vero?”


Lui si avvicina camminando fieramente, sfidandomi con lo sguardo.

“Puoi anche riprenderteli tutti fino all’ultimo yen, volpe, ricordo ancora come si lavora e non mi spaventa affatto continuare a cavarmela con le mie forze. Tu piuttosto, sei così avido da non fermarti davanti a niente?”

“Conosci i miei motivi”rispondo concisamente

“Esci da casa mia, Rukawa”

Ed io me ne vado.





E’ stato un colpo basso, lo so.
Ero nervoso ed irritato.

Ma adesso sono consapevole di averlo offeso.

Son passati due giorni.
Ci incontriamo soltanto durante gli allenamenti ed i nostri sguardi si stornano a vicenda.

Non so quanto ancora riuscirò ad ingannare quella donna.
Le dico che Hanamichi è troppo impegnato e che ha chiesto ancora un po’ di tempo.

Non so più che fare, che dire.
Che pensare.


Mi ritrovo qui a lucidare palloni accanto a lui.
E’ il nostro turno oggi e siamo soli qui dentro.


Facendomi violenza apro le labbra.



“Lei continua a chiedere di te, Sakuragi…..devi proprio essergli piaciuto….”

“Certo, volpe, tutti amano il Tensai”


“Nh…ho esagerato…..”


Lui si volta verso di me, certo di aver udito male.
Ma non mi ripeterò.
Lo guardo fisso negli occhi.


“Da quando in qua rifiuti una sfida, do’hao?”

“Di cosa stai parlando?”chiede in tono vago, ma ha capito perfettamente a cosa mi riferisco

“Non posso costringerti e non lo farò, ma hanno tarpato le ali anche a me cosa credi?Non voglio dargliela vinta, non adesso, non così!”


Lui accanto a me sospira, rumorosamente.

Lo guardo ancora una volta, l’ultimo tentativo che mi concedo.
Non ho mai pregato nessuno e non comincerò a farlo adesso.

“Non si tratterà di fare di più che dividere, come due amici, la stessa casa..”

“E va bene – concede lui voltandosi verso di me – ma non saremo lo stesso amici, nossignore!Capito, volpe?Ho una reputazione io….”e sorride, cercando di darsi al tempo stesso un certo tono

“E’ ovvio do’hao….assolutamente ovvio…”rispondo




E così è cominciata la nostra avventura.
Adesso attendiamo insieme l’arrivo della manager, qui, a casa di Hanamichi.
Insieme ripassiamo cosa dirle, deve trovarci concordi sulla nostra versione dei fatti, altrimenti addio credibilità!!
Abbiamo deciso che faremo di tutto per sembrare sposi perfetti, così si convincerà in fretta che la sua presenza qui è superflua.

D’improvviso Hanamichi mi guarda, minaccioso.
Sospettoso.

“Kaede – e calca sul mio nome proprio che è stato costretto a rispolverare – vedi di assicurarti che non spunti fuori un’altra postilla in cui magari c’è scritto che il matrimonio non è valido se non è stato consumato perché allora sì che verrai ad abitare con me…..stenderò la tua pelliccia davanti al camino nel mio salotto…..!!!Chiaro?!?”

Se non fosse un’eventualità tragica riderei.
Un lampo di panico mi attraversa la mente….

….che ci possa essere una postilla del genere, conoscendo mia zia, non è una possibilità poi così remota…!!

Ripromettendomi di chiedere informazioni alla donna che sta per arrivare mi alzo.
E’ quasi l’ora e noi scendiamo in cucina.

Ed è in questo istante che noto un piccolo, piccolissimo particolare.


Il mobilio.


Un tavolo, una sedia, un futon, un armadio, una poltrona.


Uno.
In questa casa è tutto per una persona sola!!!!!!!!!!!!!

Ed io ho detto che lui la stava arredando per entrambi!!!!


Oddio.


Mi volto verso Hanamichi con il suo nome sulle labbra.

In questo esatto momento suonano alla porta.




E’ lei.







Passano dieci minuti durante i quali in strada si odono i più disparati suoni appena fuori dal cancelletto di casa Rukawa-Sakuragi.






Cercando di riacquistare un’espressione seria apro finalmente la porta.
Ho la fronte sudata, la camicia sbottonata e le guance arrossate.

Subito mi raggiunge anche il mio compagno di squadra che si trova nelle mie stesse identiche condizioni.

Lei ci guarda intensamente poi sorride, come una bambina e con voce amabilissima dice.

“Scusate se vi ho interrotto in un momento di intimità….magari ripasso più tardi….”


Hanamichi risponde d’istinto.

“No, no si figuri stavamo solo……”di colpo si blocca e capisce cosa credeva lei e cosa significa quel sorriso da bimba che ha in viso

Disperatamente mi guarda.
Ed io chiedo perdono al cielo per ciò che ho fatto di male (sicuramente) in una delle mie vite precedenti.

“……..solo giocando…”rispondo aprendo la porta e facendo spazio


Mentre lei entra, e ci dà le spalle, Hanamichi mi guarda con odio e tenta di tirarmi un destro.
Lei si volta d’improvviso ed io, che avevo schivato il suo colpo, lo faccio sbilanciare e gli circondo le spalle con un braccio.


Lei ci guarda comprensiva, sta quasi per dire che vuole togliere il disturbo.
Ma io lascio Hanamichi e faccio strada.

“Come può vedere, Sarah-san, abbiamo avuto dei problemi….”

“Sì, infatti la casa è vuota, non ci sono mobili..non capisco….”

“E’ colpa mia, Sarah-san”esordisce Hanamichi

Lei lo guarda interrogativamente.

“Ho contattato un’agenzia immobiliare, sembrava piuttosto seria ed ho ordinato tutto l’arredamento su un catalogo…invece quando sono arrivati praticamente hanno portato solo la metà delle cose…ed il tutto bastava solo per una persona……”

“Oh, mi dispiace molto…..”

Sembra affranta, meno male, Hanamichi si è ricordato per intero la bugia che ho inventato mentre spostavamo tutti i suoi dannatissimi e pesantissimi mobili in giardino.

“Eh sì…non ci può fidare di nessuno oggi….” e ridacchia

Improvvisamente lei batte le mani.
Segno che ha appena avuto un’idea.


“Siete già stati in viaggio di nozze, vero?”

Scuoto la testa.

“Perchè?”sembra delusa, quasi sospettosa

“Mh….volevamo stare fra di noi….siamo una coppia che ricerca molto la propria intimità…..”


Adesso i suoi occhi sono tornati luminosi.

“Oh, che cosa romantica! – cinguetta –Benissimo, allora mi occuperò io di tutto!!Basta che non passiate qui questo week-end ed io trasformerò questa casa in un nido d’amore!!!”


Non ho la forza materiale, né spirituale, di guardare il viso di Hanamichi mentre lei ci spinge fuori dalla porta.
Un refolo di vento solleva le foglie sulla strada deserta.



Chiudo il cellulare e lo rimetto in tasca.

“Forza do’hao, fai i bagagli…”

“Cosa?”

Lo guardo a braccia conserte.
E’ seduto a terra nella mia vecchia casa, sta guardando un video dell’NBA che avevo lasciato nel videoregistratore.

“Casa mia è piccola…non mi va di dividerla con te…”

“Oi volpe, cerchi rogne?”

“Scegli do’hao: o qui a dividere l’unico letto che c’è con me e con lei che ti chiede se le tende le vuoi rosa salmone o rosa confetto o in prima fila a vedere una partita di basket americano a New Orleans….”


Le pagliuzze dorate nei suoi occhi s’accendono come fuochi d’artificio la notte di Tanabata.
Non riesco a reprimere un mezzo sorriso.


“Forza do’hao, ti porto a vedere l’NBA!!”





Partiamo con il primo aereo della sera e passiamo il primo giorno in giro per la città.
L’America è davvero un gran bel posto.

In serata entriamo nel palazzo dello sport ed io acquisto due biglietti.
New Orleans Hornets contro Phoenix Suns.
Mentre ci accomodiamo in prima fila lui mi guarda e con ingenuità sorride.

“Sai volpe? Potrei anche abituarmi a tutto questo…..”

Sbuffo e mi concentro sul fischio d’inizio.




Esaltato per lo scontro mozzafiato Hanamichi non fa che parlare, rivive le azioni migliori e mi confessa le sue impressioni, riempiendo il silenzio durante il nostro passeggiare per le vie illuminate a giorno.
Mi giro a guardarlo ancora una volta mentre mi investe con il suo fiume di parole e sotto i neon sfavillanti della city lo vedo per come è.

Un ragazzo pieno di vita che ama alla follia il mio stesso sport.

Un pensiero irrazionale, subito cancellato, mi sfiora la mente.




In fondo anch’io potrei abituarmi a tutto questo.









No, scherzavo.
Non mi abituerò mai a tutto questo.

Sarah-san ci guarda soddisfatta e sorridente.
Ha appena finito di farci fare il giro turistico del nostro………………..nido.

“Perfetto, io qui ho finito – trilla lei – questo è il mio regalo di nozze per voi Rukawa-san, adesso vi lascio alla vostra intimità….se avete bisogno di me sappiate che ho preso in affitto un monolocale qui vicino”

E così come è arrivata se ne va.


Hanamichi non trova nemmeno la forza di urlarmi contro.
Più realisticamente mi colpirà con un oggetto contundente non appena mi girerò di spalle.
E mi secca ammettere che, tuttavia, me lo sarò meritato.

Invece lui si siede sul nuovissimo canapè bianco latte e non dice nulla.

Poi improvvisamente artiglia il bracciolo e si alza.

“Rukawa”

Non volpe.
Non Kaede.


E’ infuriato.



Mi fingo indifferente.


Lui si porta le mani sui fianchi.


“Passi la camera matrimoniale con la nostra foto di nozze, passino le tende rosa confetto in cucina e, per quanto disgustoso, passi il dondolo dell’amore fuori in veranda, ma lei non può venire qui, aprire l’ultima stanza in fondo al corridoio e girarsi per dire : ‘Ecco questa è la stanza per il bambino, non vedo l’ora ne arrivi uno!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!’ NO, NON POSSO SOPPORTARLO!!!!!VOLPE, VOGLIO IL DIVORZIO, ADESSO!!!!”




Ha ragione su tutta la linea, ma non voglio ancora arrendermi.
Con un mezzo sorriso ironico lo guardo.

“Di che ti preoccupi, tanto tu non puoi restare incinto…”



E mentre lui grida che è ovvio, che è un maschio, che ha una dignità, che mi scuoierà, che demolirà quella stanza e ne farà una pelletteria io vado su, ad affrontare, si spera, l’ultimo problema della sera.


Dove dormire?



Sarah-san ha gettato via il futon di Hanamichi, il canapè è troppo piccolo per uno qualsiasi di noi e la culla per il bambino non è nemmeno menzionabile.
L’unico letto della casa è quello che sto guardando in questo momento.


Un trionfo di cuscini a due piazze.
Color salmone.



La porta si apre ed il do’hao mi trova ancora qui, in piedi, a decidere come fare.
Lui mi guarda, poi guarda il letto, riguarda me e sbuffa, esasperato.


“Eh certo, cosa dovevo aspettarmi, un letto a castello??”mormora


Si spoglia rapidamente e s’infila nel letto.
Poi prende uno ad uno tutti i cuscini e costruisce una barricata lungo il centro del letto.


Torna a fissarmi regalandomi uno sguardo di fuoco.


“Questa, kitsune, è la mia metà del letto. Guai a te se osi oltrepassarla anche solo con una delle tue stupide gambe!!!Intesi?”


Si gira e si copre, mugugnando maledizioni contro le volpi che parlano con leggerezza di uomini incinti.

Non mi rimane che sdraiarmi nella mia metà.






I giorni scivolano via.
Inutile dire che la convivenza è impossibile.

Quel dannato do’hao si sveglia prestissimo, tira le tende, inciampa nei vestiti e fa un sacco di rumore.
Ho perso già tre domeniche di sonno e sono di pessimo umore.

Di notte scalcia e si rigira continuamente.
Lascia tutto quello che prende fuori posto e non sistema mai.

Mi accusa di occupare il bagno per ore, non capisce che la mattina ho bisogno dei miei tempi sotto la doccia per svegliarmi.
Mi rimprovera il lasciare le luci accese nelle stanze ed il lavare male i piatti.

Piuttosto che lasciarmi cucinare si compra un panino secco alla mensa ed ha il coraggio di affermare che di notte IO russo.

IO!!!



L’unica nota positiva è il poter condividere l’impegno di mandare avanti una casa.
Hanamichi sa fare bene la spesa, sceglie sempre i prodotti migliori a parità di prezzo.
E sa cucinare.


Tsk, almeno non ho sposato un completo do’hao!!
Questo è l’unico pensiero che mi consola quando in serate come questa lui pretende di venire ad insegnarmi l’educazione.

Sono sul divano, assorbito completamente da un’intervista ad un famoso professionista del basket.
Lui mi raggiunge con un piatto in mano.

E mi porge una fetta del dolce che ha preparato oggi.

Lo guardo appena e mugolando protendo una mano per afferrare il piatto.
Ci sono quasi e lui cosa fa?

Me lo toglie di mano!!!

Lo fisso, sconcertato.

Lui mi sorride candidamente e dice.

“Grazie”

Vuole che lo dica?Ma scherza?L’ho già detto prima, il mio grazie era quel mugolio!

Allungo una mano e ripeto.
“Nh”

Lui allontana ancora di più il piatto.

“Grazie”dice ancora e non sorride più

“Nnnnnh”mugolo cercando di sfilarglielo di mano, ma lui fa un passo indietro

“No, kitsune, è una questione di principio!! G r a z i e”


Sbuffo e nonostante cerchi in tutti i modi di prendergli il piatto lui me lo impedisce.
Lui si mette fra me e la televisione.
Ed il suo sguardo è eloquente.

Alzo gli occhi al cielo e mi arrendo.
Dannato do’hao!

“Tsk….grazie..”


Lui sorride di nuovo, mi dice ‘Prego’ e finalmente io riesco ad avere il mio piatto.
……avrei una voglia di rovesciarglielo addosso…….

Come quando dalla cucina spunta con il mestolo in mano e mi dice di andare ad apparecchiare la tavola, come quando mi toglie il giornale di mano e dice che quando stiamo mangiando non devo leggere, come quando mi dice che devo andare a sistemare il garage.

Oddio come capisco quegli uomini che decidono di non sposarsi mai!!!



Questa sera siamo a cena fuori con Sarah-san.
Una volta alla settimana lei fa in modo di incontrarmi per poter parlare dell’andamento delle mie proprietà, ma sono certo che lo faccia anche per controllare il mio matrimonio.
Chiede sempre che io porti anche Hanamichi e ci guarda, osserva come ci comportiamo fra di noi.
Ma ormai questo non è più un problema.

Siamo entrati nella parte infine.
Con la coda dell’occhio osservo il mio compagno.

Forse lui è entrato un po’ troppo nella parte.
Discorre amabilmente con lei sulla scelta degli elettrodomestici e sull’impiego dello smacchiatore sui capi colorati.
Io mi copro gli occhi con una mano e sospiro.

Ma perché proprio a me?

Improvvisamente mi sento lo sguardo di Sarah-san addosso.
Lei sta osservando il mio viso.
No.
Sta osservando attentamente la mia mano poggiata sul mio viso.
E subito dopo guarda quella di Hana.


Non capisco.


Poi il suo sguardo si fa amareggiato.


Ma che le prende?
Pfui!
Donne.
Non le capirò mai!


La sera passa tranquilla e la giovane donna mi aggiorna sui titoli azionari della mia società e su tante altre cose.
Mi parla di qualche problema sorto in una delle zone industriali del nord America, dovranno ridimensionare il personale se non vogliono chiudere l’attività in quella zona e vedo il volto di Hanamichi rattristarsi senza capirne con precisione il motivo.
Dal canto mio le dico solo di fare quello che ritiene più giusto per il bene delle industrie.
Hanamichi invece interviene.
Parla di operai specializzati, che dovremmo assumerne di più per ridurre le spese e migliorare i prodotti.
Sarah-san approva.
Potrebbe essere una buona idea, certe volte non è del tutto un do’hao senza speranza, ma che non si aspetti un elogio da me.





Usciti dall’ elegante ristorantino passeggiamo sul marciapiede diretti verso la zona residenziale.
Sarah-san cammina fra me ed il do’hao, senza dire niente.

Arrivati davanti casa lei ferma Hanamichi e li sento parlare sommessamente.
Non mi interesso al loro discorso semplicemente perché non sembra che io sia stato chiamato in causa, poco dopo ci salutiamo.

Apro la porta di casa nostra lentamente e senza una parola entriamo dentro.
Hanamichi sospira ed io mi volto lanciandogli uno sguardo eloquente.

Se ha qualcosa da dirmi che lo faccia.


“Uff……Sarah-san mi ha chiesto perché né tu né io portiamo più la fede…..”


Dannazione!!
E’ vero!!


Dopo il giorno in cui ci siamo separati, rientrando a Kanagawa, non l’ho più messa e lei stasera l’ha notato guardando la mia mano.
Diamine!
Avrà dei sospetti adesso!!

“E tu cosa le hai detto…?”


“Che le abbiamo portate da un orefice perché le misure non erano giuste e che siamo arrabbiati perché ormai ci stanno facendo aspettare troppo…….”


E’ una scusa accettabile…
Fantastico!!
Allora non è davvero soltanto un do’hao.

“Hai fatto proprio bene….”gli dico con un pizzico di compiacimento

Il mio orgoglio è salvo.


Mi volto verso di lui, certo di vederlo gonfiarsi come un pavone per quest’inaspettata approvazione che gli ho concesso.
Ed invece lui è………..…….. imbronciato.

Non capisco.

Storna il mio sguardo e sale su in camera, si corica senza una parola.

Ma cosa gli è preso??
Ormai una bugia in più…una in meno…..che differenza fa?


Lo imito velocemente.
E’ tardi.





Il giorno dopo ci alziamo in fretta.
Ricomincia la settimana, le quotidiane attività, il club, la spesa, la cucina.

Ed il tempo vola, non senza che io noti una lieve differenza nei suoi occhi.

I suoi grandi, grandi occhi di cioccolata.
Hanno un velo in più sopra che non sembra donare loro.


Ma non ho tempo per pensarci.


Questa mattina fermo Hanamichi.
Gli dico in breve che è passato tempo sufficiente affinché la scusa dell’oreficeria non sembri campata in aria.
Da oggi dobbiamo ricominciare a portare i nostri anelli.

Lui non dice niente, sale in camera e quando torna giù lo ha di nuovo al dito.
Brillante come la luce del sole.
Falso come la luce dei neon per le strade.

Ma non ho tempo per pensarci.


Le lezioni pomeridiane scorrono via veloci e ben presto raggiungo la palestra.
Ci cambiamo tutti velocemente, tranne il do’hao, che per qualche strano motivo rimane vicino agli acquai.

Io e la squadra ci dirigiamo in campo e prendiamo i palloni.
Senza indugio inizio a riscaldarmi.

Palleggio.
Tiro.


“Kitsune”


Palleggio ancora ed il mio sangue scorre al ritmo di questo battito selvaggio.
Tiro ancora.


“Kitsuneee”



Salto ed insacco di nuovo.


“Insomma, Kaede!!”


Nh?
Chi è che mi chiama?


Mi volto e vedo il do’hao che spunta dagli spogliatoi per metà.

“Da quando in qua Sakuragi ti chiama per nome?”chiede retoricamente Mitsui, sconcertato

Tsk, che scocciatura.
Dimentico che noi ormai siamo abituati a non usare suffissi in casa, ma che per i nostri compagni è un’incredibile novità.


“Che c’è?”rispondo seccato, ignorando la domanda del senpai


“Ehm…..potresti venire un attimo qui?...Ho un ….problema…”

Ma che diamine vuole??
Sbuffando lo raggiungo, almeno smetterà di chiamare il mio nome davanti a tutti.


“Oddio, fermate il mondo….. - grida Miyagi - ..Hana-kun ha un problema e chiede aiuto alla ‘kitsune malefica’….non ci posso proprio credere…”

Sento Ayako che ride e mi infilo nel corridoio.
Hanamichi mi aspetta appoggiato al muro.


“Allora ?Cosa è successo?”chiedo a braccia conserte

Giuro che se mi ha chiamato davanti a tutti per una sciocchezza prenderò seriamente in considerazione il divorzio!!
Casa o non casa.

Hanamichi sembra imbarazzato.

“Vedi …ehm…stamani mi hai detto di rimettermi quel coso perché Sarah-san potrebbe venire a prenderci a scuola stasera e l’ho fatto e oggi lo volevo togliere prima di arrivare in classe e ….”

“ ‘hao arriva al punto, veloce!”

Arrossisce di brutto, tutto d’un colpo.

“Non riesco più a toglierlo!!!”


Lo guardo sconcertato.
Come non riesce più a toglierlo ? ? ?

“Cosa?”


“Sì, dannata volpe spilorcia, ho provato in tutti i modi, acqua, sapone…… potevi prenderlo un po’ più grande…è di una misura troppo stretta e si è incastrato!!!”


Improvvisamente la voce curiosa di Ayako si fa sentire.

“Misura di cosa??”


“Ah……uh…u.una maglia che mi ha prestato la volpe….”recita pessimamente Sakuragi


Io lo guardo scettico, poi tranquillamente dico.

“Prima ti stava, sarai ingrassato do’hao…”


“INGRASSATO?????IO!!??!!”grida infuriato


Sento i passi della squadra che si avvicina.
Velocemente dico.


“Allora la farò cambiare, quale porti? 6°, 7°?”


“Ma cos’è una taglia di reggiseno??”sghignazza Miyagi facendo capolino

“No, la misura del dito, deficiente…”risponde piccato Hanamichi




Perfetto.
Veramente magnifico.


In questi due istanti di completo, intensissimo, silenzio tutta la squadra qui fuori ha avuto il tempo materiale di compiere la semplice equazione mentale ‘misura dito = anello’.

Perché proprio a me?
Perché proprio a me?


“R..R..Ru….kawa ha preso un anello a …….. Sakuragi…??”esclama Mitsui, guardandoci stralunato



A che scopo mentire?
Tanto non smetteranno di farci domande.

Meglio dire tutto subito, adesso.


“Tsk….tanto vale dirglielo……”

E appena detto questo mi volto verso tutti gli altri.












“Noi siamo sposati da due mesi ormai”affermo













Rientro a casa esausto.
Veramente, mentalmente, esausto.


Dopo la piazzata pubblica, alla quale il do’hao mi ha costretto con la sua infelice uscita, gli allenamenti sono andati a farsi benedire.

Diamine.

Ci hanno riempiti di domande.
Dove.
Come.
Quando.
Perché.
Per come.

E noi lì a spiegare tutta la storia.
Con Miyagi che chiedeva scandalizzato se lo facevamo anche e Hanamichi che urlava ‘MA SCHERZI?!!!’.


Un incubo.
Altro che le tende rosa confetto in cucina e le saponette a forma di cuore in bagno.


Ho minacciato tutti di non far uscire questa storia dalla palestra.
Non voglio altri guai.
Non li voglio proprio.

Hanamichi adesso mi guarda a metà fra l’affranto e l’offeso.
Poi s’imbroncia di nuovo.

“Insomma mi aiuti a toglierlo??”

E con una boccetta di olio per meccanismi, qualche strattone dopo, risolvo il suo problema.
Lo fisso negli occhi e gli dico duramente.

“Sei proprio un do’hao..”

E vado a dormire.






Sarah-san guarda alternativamente me e Hanamichi.
Ha notato sicuramente che c’è qualcosa che non va.

E’ ovvio che qualcosa non vada quando c’è di mezzo quello stupido do’hao.

Grazie a lui la nostra vita a scuola è peggiorata notevolmente.
La squadra sa e non perde occasione per fare uscite di spirito, si sono improvvisati tutti comici, giusto per farmi saltare quei pochi nervi che mi sono rimasti dopo la convivenza forzata con Sakuragi.
Intanto il tempo sembra non passare mai e questo matrimonio mi sta sempre più stretto.

Le donne saranno pure complicate, ma certi uomini sono peggio dei tetris.
Non oso chiedermi se avrei fatto meglio a sposare una di loro.

So soltanto che continuare a fingere che tutto vada benissimo mi sta nauseando.
Non sono io questo.
Non sono io.


Questa sera mi rinchiudo fra le pareti di silenzio che mi sono proprie e non dico altro che sì e no.
Non ho voglia di sentire le sciocchezze di Hanamichi né quelle di Sarah-san.

Voglio solo tornare alla mia vita da scapolo anonimo.


Hanamichi mi guarda e non comprende le mie necessità.
Come potrebbe?
Non abbiamo mai avuto un’intesa particolare noi due.
E’ soltanto uno che è capitato al momento giusto nel posto giusto.

Avevo bisogno di un marito e lui di soldi.

E’ stato tutto semplice e vantaggioso.

Ma non ho pensato alle conseguenze ed anche questo, come tutto il resto, non è da me.

Adesso è tardi per tornare indietro, ma posso sempre ignorare tutto e tutti e tornare alla vecchia, sicura, apatia.
Sarah-san se ne farà una ragione.
E Sakuragi lo dovrà accettare.

Mi estraneo dalla loro conversazione anche se il tavolo di questo locale è così piccolo.
E passo la serata a fingere di non vedere in quanti modi Hanamichi tenti di coinvolgermi.


Lui non capirà mai il mio bisogno di solitudine.



Usciamo e come sempre Sarah-san ci accompagna a casa e si ferma puntualmente a discorrere con Hanamichi davanti al cancelletto di ferro.
Aspetto due minuti poi, seccato dal vento freddo che sta spazzando la strada, richiamo il do’hao in tono brusco.

“Io vado dentro, fai in fretta e vedi di chiudere la porta quando rientri…”


E me ne vado, sentendo sulla schiena i loro sguardi congelati.



Passano due giorni.
Sono in salotto che leggo una rivista quando Hanamichi mi raggiunge.
Giuro che se mi chiede ancora una volta se ho sistemato il giardino lo mando a ca**re.

Alzo gli occhi un istante e lo vedo sedersi.


“Kaede?”


“Nh?”


“Dobbiamo parlare..”

“Stiamo già parlando…”

“Intendo dire seriamente…”

“Che vuoi ‘hao?”

“Dobbiamo …..insomma…..anche se non ho capito cosa è successo, io e te dobbiamo fare pace….almeno fingiamo davanti a Sarah-san….”


Poso la rivista.
Da quando gli interessa cosa pensa lei?
Non era lui quello che voleva il divorzio dopo aver visto la stanza del bambino?


Capisco.
Orgoglio.


Assumo un’aria insolente.
“Cos’è?Non vuoi far brutta figura?”

Aspetto di sentirlo urlare ed arrabbiarsi, ma lui invece sospira.
E si massaggia le tempie.

“No, baka, voglio solo che lei la smetta di regalarmi cose come questa…”dice col tono di chi, ormai, è abituato a tutto

E così dicendo solleva un capo di intimo maschile in seta nera, semitrasparente e strettissimo.

“Cos’è quella cosa orrida?”chiedo, alzando un sopracciglio

“Ma che diamine ne so!! - sbotta lui e si alza - So solo che l’altra sera me lo ha rifilato guardandomi con aria complice e dicendomi ‘Quando qualcosa non va in una coppia la cosa migliore è parlarne a letto, dopo aver riacceso la passione…’……”


Non ho parole.
Diciamo che …ecco….per evitare ancora simili bestialità potrei fingere che tutto sia tornato a posto.
Non vorrei vedermela venire vicino porgendomi delle manette…




E così accolgo la richiesta di Hanamichi e fingo di essere tornato Kaede, il marito perfettamente felice…..e perfettamente incastrato.




Ma l’insofferenza rimane e quanto Sarah-san non c’è diventa facile litigare.
Siamo tornati alle risse ed agli insulti.
Io mantengo il mio silenzio di ghiaccio e lui non sa come sopportarmi.

La sera, appena finito di cenare, mi alzo.
Non che parlassimo poi molto prima, ma almeno ci alzavamo insieme per guardare le partite in tv.
Adesso invece viviamo insieme come due estranei che s’incrociano, come se i corridoi fossero i marciapiedi del centro.

E questa sera Hanamichi scoppia, siamo soli in casa e fuori piove.

“Basta!!Non possiamo continuare così…non puoi continuare così!!!Mi hai messo tu in questa situazione e adesso fai la vittima??Che diamine vuoi??”

Lo guardo con sufficienza.
Deve stare attento…molto attento.
Se vuole la verità l’avrà, ma che non venga dopo a lamentarsi.

“Sono stanco di tutto questo …”dico

“Già, certo…perché io sono felice….”mi risponde ironico

“A quanto pare invece ti interessa o non ti sforzeresti così tanto davanti a Sarah-san…”

“Lo conosci il motivo….devo farlo altrimenti non solo si preoccupa, ma se ne esce fuori con quelle indecenze sulla nostra vita sessuale che secondo lei ha bisogno di una scossa…..”

“Ma quale vita sessuale…. - rido sprezzante - …vita sessuale un c***o….dannazione, a pensarci bene non mi servi proprio a niente….se avessi sposato una donna almeno ci avrei potuto scopare…”

Lo vedo chiaramente il cambiamento immediato sul suo viso.
I suoi occhi sono talmente infuriati che il suo stesso sguardo sembra prendere fuoco.

Getta a terra il canovaccio che teneva in mano e s’allontana a grandi passi.
Sulla soglia si ferma e gira il viso verso di me, col corpo fremente d’ira.

“Se anche fossi stato una donna con uno str***o come te non ci avrei mai scopato!!!”


Tsk, sapevo che sarebbe finita così.

So che lui non ha tutte le colpe se le cose sono andate male.
Ma non ho il tempo materiale né la forza di stare a pensare anche a cosa vorrebbe lui.

Non so nemmeno cos’è che vuole…

Fare pace?
Smettere di litigare sempre?
Divorziare?


No.
Non ho tempo per pensarci.

Che tutto vada come deve andare.
Non me ne frega niente.



Ma un leggero malessere interiore mi smentisce subito.
Perfetto.

C’è ancora qualcuno che deve rivoltarmisi contro o abbiamo finito?

Dannazione.
Sono stufo.
Stanco di tutto.


Salgo in camera e vado a dormire.
Domani, in fondo, è un altro giorno.



Un tuono fragoroso mi riscuote.
E’ notte fonda.
Il buio mi avvolge gentilmente.
Non l’ho mai temuto.
Ho imparato a conviverci.

Rimango fermo ad ascoltare il suono dolce della pioggia che batte forte sui vetri e che cade sull’erba.
Sui piccoli girasoli che Hanamichi annaffia ogni mattina.

Mi volto verso il suo lato del letto.
Questa barriera di cuscini mi impedisce di scorgerlo e, spinto da una strana curiosità, mi sollevo su di un gomito per vedere se nonostante tutto è poi venuto a dormire qui.



Vuoto.

Il letto è vuoto.

Le coperte sollevate e sgualcite mi fanno intuire che poco fa era qui accanto a me e che adesso si è alzato.
Per fare cosa nel cuore della notte?

Non sento lo scorrere dell’acqua nel bagno adiacente.
Non sento suoni.

Dov’è andato?


Perché poi dovrebbe importarmi?
Mi rimetto giù e continuo a guardare la pioggia che scivola sul vetro, la tenda scostata sembra tanto la mia vita.
A metà.
A metà di un cammino che segue il percorso obbligato del bastone dal quale pende.

Potrei strappare tutto.
Strapparmi da qui, da momenti come quelli vissuti questa sera.
Oppure continuare, scivolare avanti e vedere cosa c’è alla fine, cosa c’è in fondo.

Mi rigiro e la barriera di cuscini mi ricorda che lui non è ancora tornato.
Dannato do’hao.

Mi alzo.
E, silenzioso, giro per casa.

Improvvisamente un luce al piano inferiore mi attira.
Piano scendo le scale, i suoni del temporale fuori coprono i miei passi.

Mi accosto allo stipite della porta del salone e mi affaccio.

Hanamichi è lì, sul canapè bianco latte, gli occhi fissi su di un grande libro rilegato che tiene in grembo.



Il cuore mi si ferma e poi riparte di colpo.







Quelle sono le nostre foto di nozze.


Fatte fra gli alberi vicini a quella chiesa, laggiù in Canada.


Perché le sta guardando?
Perché le guarda di notte, nella penombra, mentre pensa che io dorma?



In stupito silenzio lo vedo voltare lentamente le pagine ed osservare ogni immagine, come se volesse memorizzarne anche i più piccoli particolari.
A tratti sorride, a tratti chiude gli occhi.

Sta ricordando quel giorno.


Perché?



Perché??



D’un tratto emette un sospiro.
Uno strano sospiro…..dolcissimo ….


Ed allunga una mano, con dita tremanti sfiora una pagina e la accarezza.
Negli occhi ha un oceano di pensieri che mi sono preclusi.


La pioggia ci sta facendo lentamente naufragare in un mare di suoni illanguiditi che si sposano con i suoi sospiri ed i suoi gesti sono di una lentezza grave di cui non lo facevo capace.
Con un dito porta via una goccia d’acqua che è caduta su di un foto in cui noi siamo seduti vicini, sull’erba, fra i fiori bianchi.

Quando ha iniziato a piangere?


Ha versato solo una stilla e si è fermato.
Guarda fisso davanti a sé, come se non vedesse veramente.

E lentamente apre le labbra e chiede alla solitudine del salotto qualcosa che io stesso non ho avuto il coraggio di chiedermi mai.




“Cosa stiamo facendo ?”




Ed io me ne vado.
Non sono poi così tanto marito da potermi permettere di entrare e posargli una braccio sulle spalle.
Non così tanto marito da dirgli ‘Non temere, non abbiamo sbagliato’

Perché io non lo so.
Non lo so.


So soltanto che sono stanco di prestare tutta la mia attenzione alle apparenze.
Che ho passato giorni e giorni a costruire la facciata del mio essere, trascurando le fondamenta.


Ed adesso il suono del crollo si ode fino alla spiaggia giù per la collina.



Vado via e torno in stanza.
Mi aggrappo ad una tenda e penso.

Il freddo mi investe e torno a letto.
Nel mio piccolo spazio circondato da una barriera di cuscini.





Ed il giorno dopo e quello dopo ancora sono una fotocopia dei giorni precedenti fatta con un toner che ormai sta per finire.
Sempre più slavata, sempre più consunta in quegli schemi che occupano la nostra quotidianità.



Vorrei strappare tutto e gettare tutta la carta nel cestino, ma non posso.
Ed intanto il dubbio sottile s’insinua nei miei pensieri.


Gli occhi caldi di Hanamichi si stanno scurendo come fanno le foglie sugli alberi al principiare dell’autunno.
Vedo, sento, so che non è felice.


E non ne capisco appieno le cause.
Potrei domandarglielo, ma so che mentirebbe e, cosa ancora più importante, chi mi assicura che reso felice lui, di riflesso, sarò più sereno anch’io?

Sono qui, solo, sul tetto della scuola e guardo il cielo monocromo di questa Kanagawa dove io ho deciso di passare una parte della mia vita.
Le mani dietro la nuca mi sollevano la testa dal pavimento e penso a quanta strada abbiamo fatto io e lui, Hanamichi, da quel giorno in cui mi ha preso a testate qui sopra.

Abbiamo litigato.
Abbiamo giocato insieme.
Ci siamo sposati.
Siamo diventati qualcosa di simile a due amici.


Eppure…..se le prime due voci di questo mio inventario mentale sono dannatamente vere le ultime due mi sembrano così…..false….
Ma non false come qualcosa che non è mai successo – diamine! Le ricordo ancora adesso le sue labbra che ho dovuto baciare in quella chiesa – più che altro …stonate…..fatte con una motivazione falsa, irreali, senza fondamento…fittizie..


Ed è veramente brutto pensare che non sono poi cose così sciocche, ma molto, molto importanti per tutta la gente di tutto il mondo…
…chi sposare…..chi avere come amico…..



Mi alzo e mi dirigo alla rete metallica.
Verde e blu a scacchi del cielo, pessimo accostamento.

Da qui un ragazzo come me può sentirsi il dominatore, il padrone della vita, del tempo e di tutto il resto.
In realtà non mi sento niente fra le mani.
Tutto scivola.
E non so perché.


Non voglio domandarmi se abbiamo preso…se ho preso…. la decisione giusta.
Ho paura di rispondermi che sono solo un egoista avido, senza scrupoli e senza cuore che ha usato qualcosa di puro per arrivare ai suoi scopi
E non parlo solo della sacra unione del matrimonio, parlo di lui, il ragazzo più puro che abbia mia conosciuto in tutta la mia vita.

Il ragazzo che quella notte di pioggia scrosciante, certo di essere solo in salotto, guardava le foto del nostro matrimonio.
E ne accarezzava i bordi con mani tremanti.

Chiedendosi perché abbiamo fatto un passo del genere.



Ed ha ragione nel farlo.
Perché?

Perché ho scelto lui?
Perché ci siamo sposati?
Perché l’ho costretto anche dopo a mantenere la nostra unione, quando tutto, anche le clausole del testamento, erano contro di noi?
Perché l’ho convinto a vivere insieme a me?


Mi conosco almeno un po’.
Devo aver avuto una ragione per tutto questo.

Stringo nella mano le maglie della rete di metallo.
E giuro contro me stesso che prima o poi la scoprirò quella ragione.





Torno a casa tardi perché ho ripreso possesso dei miei spazi e dei miei tempi.
Sono stato in spiaggia, al parco, dovunque e da nessuna parte.

E adesso rientro in silenzio.
So che Hanamichi non mi aspetta.
Sa anche lui quanto io possa essere strano e solitario a volte.

Salgo al piano superiore e sento subito il rumore dell’acqua.
Ma non dell’acqua che scorre.
Quello dell’acqua che viene spostata da chi vi è immerso dentro.

Piano mi avvicino.
Scosto gli shoji vetrati dell’anticamera del bagno e vedo i suoi vestiti.
Lì nel cesto.

 

Il mio cuore, che già aveva un ritmo strano, d’improvviso accelera.

Il mio corpo segue l’impulso d’avanzare prima ancora che la mia mente abbia trovato un modo per fermarlo..o almeno una buona scusa per giustificarlo….

Di poco apro le ante e guardo il ragazzo steso nell’acqua.

Le volute vaporose e calde preservano giustamente le sue forme nude dal mio sguardo.

Ha il viso poggiato sulle braccia conserte sopra il bordo della vasca.

 

La tristezza domina persino nei suoi occhi chiusi.

 

 

Non è felice.

 

 

SO che non è felice.

 

 

Fra i vapori umidi dell’acqua bollente appare come uno di quei ritratti di angeli, tanto belli quanto tristi, sospesi nel cielo incolore dei soffitti.



Vado via perché desideri ed impulsi strani mi confondono.
Parlandomi di ‘consolare’, ‘guarire’, ‘toccare’………………………………………… ‘amare’…

Chi?
Cosa?
Perché?

A letto ripenso a lui.
Quando mi raggiunge, dall’altra parte della trincea che abbiamo costruito, è come se la trasposizione della malinconia stessa si fosse stesa accanto a me.
Il suo sonno arriva tardi e non lo lascia riposare.

Si agita, muovendosi a piccoli scatti e sospira, geme quasi.
Per quest’incompleta infelicità in cui l’ho gettato.


Ed è adesso, nel cuore della notte, che i miei freni cadono.
Lentamente, scivolando fra le lenzuola, sinuoso come un serpente, porto una mano verso di lui.
Incontro la barriera di cuscini.
Scavo un tunnel sotto di essa e cerco lui al di là.
Il suo corpo, la sua mano.

La stringo.
Un attimo.


La tensione che lo pervadeva sembra scemare come la marea.


Stupito dal modo in cui lui riesce a sentirmi rimango immobile per un tempo impossibile da quantificare.
Ed ora, veramente, non so cosa pensare.


Poco prima di cedere al sonno ritraggo le dita.
E chiudo gli occhi.


Accompagnato dalla sensazione di avere, per la prima volta, avuto cura di lui.


 

I suoi occhi mi guardano, i suoi occhi mi cercano.
Ed io desidero che lui sorrida.
E lui desidera che io lo faccia sorridere.

 Lui occupa la mia casa.
Lui occupa i miei spazi.
Lui occupa il posto accanto a me nello stato civile.

 Lui occupa la mia mente.

 

 Fra quanto occuperà il mio cuore?







Oggi sono giunto ad una conclusione.
Non è giusto continuare a fingere.
Non è giusto continuare a mentire.

Non è giusto per le nostre vite.
Non è giusto per Sarah-san.
Non è giusto per i nostri compagni.
Non è giusto per me.
E soprattutto…
..non è giusto per Hanamichi.


Questa sera gli parlerò di divorzio.
Al diavolo i soldi, al diavolo la casa.



Lui mi ascolta, seduto sul divano bianco latte, le mani in grembo come chi è rassegnato alle parole che sente.
Come chi già le aveva pensate ed assorbite.

Mi guarda, annuisce.
Si alza e se ne va.


Fra quattro giorni torneremo in America approfittando delle nostre vacanze scolastiche e divorzieremo.
Passo questa prima notte a calmare il suo sonno con la mia mano.

La seconda la passo ad accarezzare il suo braccio, il suo collo.

Durante la terza spingo le dita fino al viso.
Tocco la sua pelle e non capisco perché, tanto magneticamente, mi attragga.
Né, tanto meno, perché il mio cuore diventi aritmico mentre lo faccio.

Indugio ancora un po’ e lui d’improvviso si volta.
Schiaccia dolcemente la mia mano fra la sua guancia ed il cuscino.

Dorme ancora.
E’ così calda la sua pelle.

E’ così dannatamente innocente.


Passa il sole, scende la luna.
Oggi è l’ultima notte.
L’ultima notte di matrimonio.
L’ultima notte di convivenza.

E penso che nonostante tutto ….nonostante tutto..cosa?


Ho scelto.


E non si torna indietro.
Domani mattina ci alzeremo presto e partiremo e nel primo pomeriggio firmeremo tutte le carte e domani sera saremo liberi.


E soli.



Hanamichi non riesce a dormire.
Si gira a lungo ed è già notte.

Vorrei toccarlo, come faccio da diverse notti, ma lui è sveglio.
Attendo, attendo ancora.
Lui mi dà le spalle.




E poi……..poi divento matto ed improvvisamente spingo due oltraggiose mani sotto ai cuscini per raggiungerlo.
E lo trascino verso di me, verso il mio petto, che mai si congiungerà con la sua schiena perché una barriera di piume si erge fra di noi.



“Hanamichi…”sussurro

Lui stupito, mi risponde in un mormorio.

“Kaede…cosa fai?”


“Non lo so” dico


“Kaede..”


“Togli questi cuscini, Hanamichi….”


“Perché?Domani divorzieremo….”


“Lo so…”


“Kaede…”


Lo stringo più forte, serro la sua vita, avverto il suo corpo.
Voglio che tolga questi dannati cuscini..

Voglio sapere che diavolo mi sta succedendo…
..e voglio saperlo stretto al suo corpo…


“Se non lo fai tu, lo farò io..”dico




Ed uno per uno li getto in aria.
Scagliandoli a terra, lontano da me, lontano da noi.

Appoggiato su di un gomito Hanamichi mi guarda.

‘Kaede?’ chiedono i suoi occhi


Ed io con un scarto improvviso sono su di lui.
Non siamo mai stati così vicini come adesso, mai in tutta la nostra ‘coniugale’ vita.

Lo guardo negli occhi spalancati con cui mi fissa, immobile sotto di me.


Lo stringo forte e mi struscio su di lui.
La mia bocca lambisce il suo collo in fretta.
E sale e scende.

Lui s’inarca di scatto.


Di colpo lo desidero.


Strappo quasi via la maglia del suo pigiama, le mie mani incontrano un petto forte e dorato.
E lo tocco.

Lui mi spinge lontano un attimo dopo.
Si copre come può e dice.

“Cosa stai facendo?”

E poi deglutisce.
E so perché.

E’ il mio sguardo.

Il mio sguardo blu acquerello sotto la frangia liquida come una mareggiata di petrolio nell’oceano.
Il mio sguardo deciso, il mio sguardo serio, il mio sguardo dolce, il mio sguardo d’attesa.
Il mio sguardo di volontà ed il mio sguardo di desiderio.
Il mio sguardo di coraggio ed il mio sguardo di svolta.


Il mio sguardo finalmente per lui.



Non dice più niente.

Divorzieremo domani?
Rimarremo insieme domani?

Non lo so.
Non importa adesso.

Adesso che mi avvicino e gli dico con gli occhi che non può dirmi di no.

E mi rituffo sulla sua pelle.
Preso da una strana frenesia coltivata in quelle notti di fugaci tocchi incompleti.
Innaffiata con il desiderio di vederlo felice.
Cresciuta con la speranza che sia la soluzione che cercavamo.


Lui mugola un rifiuto.

“Siamo ancora sposati……è perfettamente legale….”gemo morbidamente, strusciando il ventre contro il suo

Lui apre di nuovo le labbra, ma stavolta lo fa per sospirare.
Prendo i nostri sessi fra le mani e li struscio uno contro l’alto, dolcemente, delicatamente.

Sempre più forte, ma con attenzione.
Sempre più veloce, ma con accortezza.

Lui stringe le lenzuola e geme, geme, geme.

La sua voce è forte e chiara, sincera come lui.
Gettiamo vicino le nostre teste e veniamo.

Insieme.



Riprendo fiato sul suo corpo e lui alza finalmente le braccia.

“Hanamichi..”

“Facciamo l’amore?”

“Domani probabilmente divorzieremo…”

“Facciamo l’amore?”

“Facciamo l’amore….”sospiro





Non so se questa sarà la cosa più giusta che io abbia mai fatto, ma di certo non sarà la più sbagliata.
I rapporti con le persone che ci circondano sono così strani.
Dici una cosa e magari ne pensi un’altra, mentre loro ne capiscono un’altra ancora.
E tutto diventa un terno al lotto.

Eppure mi piace pensare che un po’ di potere per cambiare le cose come vogliamo, forse, in fondo, lo abbiamo.
Ed io stasera ho intenzione di usarlo.

Iniziamo piano a far l’amore come fossimo una coppia di vecchi sposi.
Sbuffo sorridendo.
E’ dannatamente strano pensare che non abbiamo fatto l’amore la nostra prima notte di nozze e che adesso ci ritroviamo a farlo l’ultima.
Se non fosse un pensiero malinconico ne riderei.

Hanamichi si inarca mentre cerco di prepararlo, le mie dita incontrano un bel po’ di resistenza.
Vorrei solo che provasse piacere stanotte, che fosse felice almeno quest’ultimo momento insieme con me.

Ed allora il mio fare l’amore con lui diventa un cocktail di passione, inesperienza e risoluzione da bere caldo, adesso, così come sgorga dai nostri cuori.
C’è abbandono in lui nonostante i suoi nervi siano tesi ed incerti.

Ho spinto a lungo le dita nel suo corpo mentre mi guardava, conscio che ci sarebbe stato dell’altro dopo.
L’ho sentito sospirare affannato e l’ho guardato in ogni momento, ogni volta che estendeva la testa, ogni volta che girava il viso, ogni volta che stringeva i denti e ogni volta che si leccava le labbra secche e riarse.
E lui ha guardato me.
I suoi occhi mi correvano addosso, scivolando come la meglio riuscita delle carezze.

Mi sono steso ancora su di lui, gli ho infilato le mani fra i capelli e gli ho baciato il viso.
Il naso, le guance, il mento, la fronte.

Non sono stato un marito serio.
Almeno adesso sarò un marito delicato.

Hanamichi guarda ancora me.
Mi guarda negli occhi e gemendo si fa accarezzare fra le cosce, mentre piano le socchiude per concedermi l’ingresso.

Di comune accordo ci stringiamo una mano ed io prendo fiato prima di immergermi nel suo corpo.
Immediatamente lui cerca di rimanere fermo, ma si lamenta.

Si lamenta d’amore.

Lancia lunghi lamenti.
E continua a guardarmi.

I suoi occhi lucidissimi, come marmo appena cerato, cercano appoggio nei miei ed io gli stringo fortissimo una mano, gemendo per la sua strettezza.
Con un lungo, lunghissimo sospiro arrivo fino in fondo, portando via la mia e la sua verginità in una volta sola.

Mentre attendo di recuperare fiato e ragione, allungo una mano verso il suo viso, lo accarezzo e lui gode dei miei tocchi, insegue le mie dita con la guancia, chiude gli occhi e si rilassa pian piano.

Io dal canto mio lo osservo, mi sento lucido come un folle.
In questo momento io, Kaede Rukawa, voglio bene.

Voglio bene a qualcuno.
Voglio bene a lui.


Improvvisamente Hanamichi annuisce.
Capisco che possiamo andare avanti insieme.

Che siamo pronti.

Lentamente mi ritraggo di poco e spingo.
Fosse un cucciolo direi che sta guaendo.

Ma lui è semplicemente Hanamichi.
Ed i suoi occhi parlano e gemono e guaiscono per lui.

Anche se la sua voce fa da eco.

Si aggrappa alla mia mano e alla mia nuca.
Si muove con me, nonostante tutto e pian piano apre le labbra.

Respira veloce e adesso emette bassi suoni rochi di gola.
Tanti, veloci, sordi ‘Ah’

Ed io rispondo penetrandolo.
Chiudendo gli occhi per far passare una goccia di sudore, che dalla fronte vuole gettarsi fra le braccia di questo ragazzo dai capelli rossi, mi faccio più appassionato.
Accarezzo il suo membro, mentre il mio riceve già le dovute attenzioni dalle pareti del suo corpo bagnato e bollente.
Schiudo la bocca.

“Nh….nh….nh…nh…..nnh……”mugolo


A ritmo con le mie spinte.
Lui scuote la testa, cerca di guardarmi, ma si sta perdendo.


Finalmente.

Finalmente.

Ne sono felice.


Si sta perdendo nel piacere.


“Nh…nh…nh..nh..nh..nh..nh”

Aumento il ritmo.
Aumento le sensazioni.

Lui mi abbraccia i fianchi con le gambe, solleva bene i glutei dal letto ed io scivolo fino in cima al suo ventre.
Lui spalanca gli occhi e torna a lamentarsi d’amore.
Poi mi stringe la schiena, poi mi accarezza un braccio, poi stringe la mia mano aperta, insinuandosi fra gli spazi tra le dita, stringe forte.

Ed è sempre più roco il suo tono.
Sempre più roco il suo sguardo.
Sempre più torrido il suo corpo.

D’improvviso intravedo le porte.
Le porte del cielo.


Non temere, non sarò un marito egoista.
Le passeremo insieme.

Lavoro sempre più velocemente sul suo sesso.
Spingo con attenzione.

“Nh.nh.nh.nh”

Lui lancia piccoli urli.
Piccoli, ma forti.

‘Hana’..


‘Hana’..


D’improvviso estendo la schiena, getto la testa indietro e mi libero la fronte dalla frangia.
I miei occhi vengono inondati dalla luce bianca dell’apice.

E so che anche lui sta diventando momentaneamente cieco come me.
Lo prendo l’ultima volta e mi riverso in lui.

Un brivido fortissimo subito lo scuote e lui s’inarca verso di me e verso il cielo che ci è stato offerto.
Con le mani gli tengo i fianchi mentre lui, di sua volontà, si spinge l’ultima volta contro di me per venire.

Geme, urla, guaisce e sospira.
Tutto in un unico, languido, verso.



Ed insieme, stremati, ci stringiamo.
La notte scorre pigra.

Poco dopo mi rialzo.


Sono momenti di serenità questi.
Sotto il mio sguardo vigile e morbido Hanamichi si accoccola al mio fianco, coprendosi i fianchi con le lenzuola.
Piano gli accarezzo la pelle della schiena, con un ritmo ozioso che sembra piacergli.

Quando mi fermo lui alza il viso.



Ci guardiamo.
Mi chino per concludere tutto con un unico, primo ed ultimo, bacio.

Ma lui rifiuta, distogliendo il viso.



“Che senso ha?..….E’ finita ormai….”sussurra con un fil di voce



Finita?
Chi lo ha deciso, mi domando con improvviso raziocinio?


Improvvisamente, anche se si trova vicino a me, è come se lo vedessi allontanarsi.
Fuggire lontano.


Ricolmi d’incertezza aspettiamo l’alba.



Sono le sei e mezza.
L’aria è fredda e umida, densa.

Seduti sul canapè bianco aspettiamo il suono del taxi che deve venirci a prendere.
I ricordi della notte infinita che abbiamo diviso riempiono allo stesso modo i pensieri di entrambi.

Mentre stringo in mano i due biglietti che ci porteranno verso la conclusione di questa pazza avventura.
Sembra tanto la trama balzana di un film dei tempi andati.

Se non fosse per questa inquietudine.
I minuti scorrono.

Hanamichi si volta a guardarmi un paio di volte.
Seguo il suo sguardo con il mio e lo catturo.

“Io..”
“Io..”

Diciamo insieme.


Nulla.
Silenzio.


Lui sospira.
Muove nervosamente le mani.
Le poche valigie sono nell’ingresso.

Il taxi è in ritardo.

Accavallo le gambe irritato.

Di sfuggita vedo che lui mi guarda ancora.
Mi giro e lui si volta dall’altra parte.

Sbuffo.

Fisso il muro davanti a me e ancora colgo i suoi occhi che mi scrutano.
Mi volto di scatto e lui mi sfugge ancora una volta!

Socchiudo le iridi minaccioso e mi preparo.
All’ennesima volta che lo sento guardarmi lo afferro per le spalle e lo tengo fermo.

Che abbia il coraggio almeno di fissarmi come si deve!


Ci scrutiamo.
Non lo lascio andare.


Il mio sguardo si abbassa sulle sue labbra.
Poi guardo i suoi occhi.
Di nuovo le labbra.
Ancora gli occhi.

Veloce.

In un istante lo abbraccio forte e sprofondo nella sua bocca, divorandolo.
Lo bacio intensamente mentre fuori dalla nostra casa un taxi suona allegramente.


Al diavolo tutto!


Chi ha deciso niente?

Chi ha deciso tutto?




Solo io ho scelto.
Solo e sempre io.
Mettersi insieme.
Lasciarci.
Mai ho chiesto cosa voleva lui.
Mai.




E non glielo chiederò nemmeno adesso.



Perché penso di averlo già capito.
Di averlo letto sulla sua bocca arrossata, nei suoi occhi luminosi, nel suo viso unito al mio.




 

Insieme finalmente saremo felici.

Ma non lo faremo per Sarah-san.
Non lo faremo per la casa di Vancouver.
Non lo faremo per i soldi o per le industrie.

 Lo faremo solo per Hanamichi e per Kaede.
Lo faremo per continuare ad essere noi.

 Per essere felici.

 E non ci saranno più album da sfogliare con malinconia.
Costruiremo un futuro migliore, fatto di ricordi migliori e di foto più belle.
Un futuro in cui io e lui saremo davvero insieme per la vita.

Finché morte non ci separi.









Epilogue


 

 


Hanamichi si copre gli occhi con una mano.
Yohei, il suo migliore amico, è venuto a visitare la nostra dimora.

Io lo vedo passare per il corridoio al piano di sopra.
Con lo sguardo fisso davanti a sé, come un folle, ripete soltanto.


“Non può essere vero….è uno scherzo……è uno scherzo…..è uno scherzo……”


Credo proprio che abbia visto la stanza del pupo in fondo al corridoio.


Diciamo che è una stanza che ha fatto effetto un po’ a tutti.
Quando Ayako, auto-invitandosi con tutti gli altri, l’ha vista si è voltata verso me ed Hanamichi con due occhi veramente enormi ed estasiata ha giunto le mani ed ha chiesto.

“Quand’è che la riempirete?”


O sono diventato sul serio una baka kitsune io o tutte le donne che conosco hanno dimenticato com’è in realtà che si fanno i figli.



A proposito di donne che non sanno che i bambini non li porta la cicogna, ieri sera eravamo seduti insieme sul divano quando abbiamo ricevuto una telefonata.
Sarah-san ci invitava fuori con lei.

Siamo usciti, passeggiando accanto per le strade, all’angolo l’abbiamo incontrata.
Hanamichi si è sbracciato per salutarla ed io quasi ho sorriso.

E’ tornato così tipicamente lui.


E mi piace.


Sarah-san ci ha guardati.
Ci ha osservati.
Ha capito che qualcosa è cambiato.

Si è alzata e ci ha annunciato che sarebbe tornata negli States.
E poi ha sorriso.

“Vi auguro tutta la felicità di questo mondo..”

E ci ha abbracciato.

Che avesse capito tutto ben prima di noi, Hana?



***


Il riflesso di un viso arguto di donna sorride amabile sul finestrino dell’aereo.
Occhi che sanno, cuore sereno.
Sguardo da bimba, forse.
Ma un’intelligenza fuori dal comune nell’attuare le ultime volontà fatte scrivere su quel testamento.
Adesso poteva finalmente tornare in America.



“Postilla 1c/4 sulla postilla 1b/ter: che il nostro amato figlio Kaede sia felice insieme alla persona che avrà scelto di portare con sé nel cammino della vita”



 

 

 







Fine

 

 

Note:

Héritage in francese significa eredità.

*Riferimento ad un film che si intitola ‘Otto donne ed un mistero’

 

Ih ih ih
Dunque l’idea mi è venuta guardando un film del mitico Totò.
E mi son detta… perché non farci una fic?

Eccola qui, la seconda di Études.
Spero vi abbia divertito.

 

Premetto che non ho ricercato informazioni riguardo le leggi canadesi e che, anche se il Canada è uno dei pochi Stati che dà valore legale ai matrimoni omosessuali, non sono affatto convinta che un minore di anni 18 possa sposarsi né tanto meno vivere da solo.
Inoltre sono stata informata che il Canada fa capo alla Gran Bretagna, come ordinamento.

Ma permettetemi qualche vezzo, n’est-pas?

 

^___________^

Ringrazio la mia beta-reader, Elyxyz (puccia, mi manchiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii), per l'aiuto....grazie amò!!!!!!!!!


 

A Hymeko a cui avevo dedicato Anestesia, in attesa di quello che lei sa.
A Lucy, la ragazza più dolce del mondo.

 

Mel

 


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