E tu come stai?

di Francine

 

Ho girato e rigirato

Senza sapere dove andare

Ed ho cenato a prezzo fisso

Seduto accanto ad un dolore.

Sono distrutto.

Ho passato mesi e mesi a setacciare tutto il Giappone sperando di riuscire a trovarti, ma nulla.

Eri sparito dalla faccia della Terra, come se si fosse aperta una voragine e ti avesse ingoiato nel nulla.

Ho vagato, come uno scemo, senza una meta fissa.

Stare dentro casa nostra era diventato impossibile per me, mi sentivo soffocare dall’ondata di ricordi di cui erano imbevute le pareti, le stanze, i mobili, le tende….

Non ne potevo più di quell’ordine maniacale in cui vivevo da solo. Così ho buttato all’aria le tue cose e le ho ammucchiate in mezzo alla stanza.

Mi è sembrato che, da un minuto all’altro, saresti entrato nella stanza chiedendomi scusa per il letamaio che avevi lasciato come al tuo solito.

Ma invece non sei più tornato: ho aspettato sei giorni, ma niente.

Non ce l’ho fatta più: ho preso le mie cose, ho lasciato un edificante biglietto sulle tue e me ne sono andato.

Sono partito, con la speranza di riuscire a dare un senso a questa vita che tu hai distrutto in mezzo pomeriggio.

Esco per comperare dei giornali e fare la spesa, mezz’ora al massimo, e tu non c’eri più.

Ho capito che te ne eri andato via, mancava la foto di tuo padre sul tuo comodino.

E adesso sono qui, in questa fredda casa a Chicago, affacciato all’ampia finestra che da sul Lago Michigan ad osservare le foglie degli alberi dorarsi e cadere verso le acque placide.

Sono ridotto all’ombra di me stesso.

Eppure, che mi manca?

Sono un bel ragazzo.

Sono in perfetta salute.

Ho una bella casa.

Faccio pasti più o meno regolari al ristorante italiano sotto casa.

Gioco nei Chicago Bulls, da titolare.

Che mi manca?

O CHI mi manca?

Mi manchi tu, Hanamichi!

Tu come stai?

Tu come stai?

Tu come stai?

 

Come stai?

Questa domanda mi ronza in testa da anni.

Da quando, il giorno della mia partenza, ti ho visto appollaiato dietro ad una colonna dell’aeroporto, un lungo impermeabile sulle spalle ed un cappello degno di ‘Casablanca’ calato sulla testa.

Non posso credere che ti ritenessi abbigliato in modo da non dare nell’occhio!

Mi hai lasciato di stucco.

Io, Ice-man Rukawa, l’uomo che non ha sentimenti, sono rimasto lì, in quell’atrio pullulante di persone con il cuore in gola.

Che fare?

Spaccarti la faccia?

Correrti incontro ed abbracciarti, fottendomene del resto del mondo, miei compresi?

Ma no, tu non eri lì per fermarmi: ti saresti fatto avanti, anche se con la testa bassa e la coda tra le gambe, cosa che non hai fatto.

Eri lì per accertarti che io partissi e non ti seccassi più.

Perfetto.

Ti ho accontentato, amore mio.

Mi sono voltato e sono entrato a passo deciso al check-in.

Peccato tu non abbia potuto vedere che l’uomo senza cuore che credevi io fossi piangeva.

In silenzio, composto, ma piangevo.

 

E mi fanno compagnia

Quaranta amiche… le mie carte

Anche il mio cane si fa forte

E abbaia alla malinconia.

Non so se te ne possa fregare qualcosa, ma dopo cinque anni sto ancora di merda.

Butto le mie carte all’aria: mai stato paziente al punto da riuscire a finire un solitario.

Osservo il re di cuori che mi guarda dubbioso.

Devo essere impazzito…

Il cane del mio coinquilino mi posa il muso sulla mia coscia. Sì, Hanamichi, vivo con un cane, il gatto l’ho lasciato alle cure di mia madre, sarebbe stato troppo complesso portarlo con me in America, e i primi tempi ho abitato nel campus universitario, dove è proibito tenere animali.

Mi specchio in quei due grandi occhi castani, accarezzo il suo pelo di Golden Retrivier e sorrido, mentre lui scodinzola cercando di farmi vincere la tristezza.

Una lacrima fuoriesce dai miei occhi, e lui mi avvicina il muso al viso, come se volesse leccar via, oltre alla lacrima, anche tutto il nero che mi piomba il cuore.

Grazie Scott…

Tu come stai?

Tu come stai?

Tu come stai?

Hanamichi…

Come stai?

Come stai?

Non faccio altro che chiedermelo, anche se tu sei l’ultima persona di cui dovrebbe importarmi.

Mi hai spezzato il cuore e ne hai calpestato i detriti.

Mi hai usato e gettato via come una camicia di cui ti annoiava il colore fuori moda.

Ma allora per quale fottuttissimo motivo sto ancora qui, seduto su questa sedia in legno scuro, dall’altra parte dell’Oceano Pacifico a scervellarmi per riuscire a sapere qualcosa di te?

Tu come vivi

Come ti trovi

Vai all’Università?

Vivi ancora insieme a tua madre?

Sei tornato a casa, almeno da lei?

Mi ha subissato di telefonate a tutte le ore quando ha saputo che non eri più con me.

Povera donna, per poco non moriva di crepacuore!

Stai bene?

Rivedi almeno Mito?

Poveraccio, l’ho persino preso a pugni, convinto che ti stesse reggendo il gioco e conoscesse dove ti eri nascosto.

"Rukawa, ti giuro che non so dove cazzo sia quello stronzo di Hanamichi!" ha urlato serrandomi le mani e guardandomi dritto negli occhi.

Me lo ha detto tra le lacrime.

Di rabbia, d’impotenza , di frustrazione.

Ma pur sempre lacrime.

Chi viene a prenderti

Chi ti apre lo sportello

Chi segue ogni tuo passo

Sei tornato da lei, vero?

E’ per questo che te ne sei andato: lei.

Haruko Akagi.

L’ultimo litigio lo facemmo a causa sua: io non la sopportavo attorno a te, e tu volevi averla come amica, incurante del fatto che facesse di tutto per dividerci e per mettersi con te.

"Voglio poter respirare! Tu mi soffochi, Kaede!" hai urlato prima di andartene in camera e sbatterti la porta dietro le spalle.

Ti mancava così tanto l’aria?

Cos’era per te ‘respirare’, eh Hanamichi?

Vedere chi ti pareva, quando ti pareva e dove ti pareva?

Era fare il cretino con una sciacquetta che pendeva dalle tue labbra in maniera inequivocabile?

In tal caso, non hai fatto bene ad andartene.

Hai fatto benissimo.

Perché, per me, respirare era stare accanto a te.

Condividere con te la mia vita, dalla prima colazione agli allenamenti di basket, dal film da scegliere al colore per ridipingere la porta del bagno.

Ma sebbene tu ti sia comportato da stronzo, io sto ancora qui a rodermi dalla gelosia, pensando a chi possa il essere il fortunato, o la fortunata, che sta insieme a te.

Chi ti telefona

E ti domanda adesso

Tu come stai?

Vediamo, chi potrebbe essere?

Haruko?

Dopo cinque anni?

No, se sei intelligente almeno la metà di quello che credo, l’avrai lasciata dopo poco.

Una delle tue fan?

Ovviamente non ho mai creduto alla storia della tua convivenza con la cassiera di quel grande magazzino… ingenuo sì, scemo no!

Oppure un ragazzo?

Chi?

Sendo? No, ha la faccia da donnaiolo innocuo, uno di quelli che non sospetteresti mai possa essere uno sciupafemmine.

Mitsui? Naaa… è più facile che nevichi blu!

Miyagi è etero…. a prova di dubbio!

Ma allora chi è?

Per chi mi hai lasciato?

Chi è che può dormire tra le tua braccia, sentire la tua voce per telefono, scherzare con te.

Ridere con te.

Sai che non ho più riso, da quando mi hai abbandonato, Hanamichi?

Tu come stai?

Tu come stai?

Tu come stai?

Tu come stai?

Sto impazzendo, sul serio.

Sono giorni che vado avanti a chiedermi che fine tu abbia fatto, proprio ora che sono in un momento cruciale della mia carriera sportiva!

Perché adesso?

Perché l’autunno è la tua stagione preferita?

Perché è stato in autunno che abbiamo fotto l’amore, per la prima volta?

Te lo ricordi? Quando abbiamo deciso, con un semplice sguardo, che era arrivato il momento di donarci completamente l’uno all’altro.

Sono un masochista, lo so!

Mi alzo dal divano e vado ad aprire alla porta: la portiera mi consegna la corrispondenza.

"Thank you, Mrs Robinson!" le dico abbozzando un’espressione riconoscente per il fatto di essersi premurata di portarmi le letterine d’amore delle mie fan e altre scartoffie che guarderò dopo, al ritorno dagli allenamenti.

Prendo la sacca e scendo in strada, deciso a farmela a piedi, per scaldare i muscoli.

Come mi manca la mia cara, vecchia bici rosa che aveva a casa!

Ma qui è impensabile poter pedalare per le vie trafficate, con il rischio di essere investiti da qualche tassista o da qualche autobus…

Procedo dritto per la mia strada, quando la mia mente fa un ultimo disperato tentativo e mi ricorda con insistenza un particolare che mi era sfuggito finora.

Un francobollo giapponese!

Una lettera proviene dal Giappone!

Sarà mia madre… mi dico cercando di trovare risposta a quel quesito ingombrante.

Ma sei mia madre è partita ieri mattina!!!

Giro sui tacchi e corro verso casa.

Tu come stai?

Tu come stai?

Corro, ansimando per le strade, attraversando con il rosso un paio di semafori e rischiando la pelle in tre occasioni. Un nerboruto signore scende addirittura dalla sua macchinona familiare con su tre bambini e un a nidiata di cani, imprecando e lanciando insulti al mio essere asiatico.

Ma me ne frego.

Devo correre.

Devo sapere!

"E se fosse Ayako, o qualche tuo vecchio compagno di liceo?" mi dice una vocina acida nella testa.

"Usano le e-mail!" rispondo sorridendo e scavalcando un paio di mocciosi che giocano con le biglie.

Il cuore batte all’impazzata, sento che manca poco che schizzi fuori da sotto lo sterno e se ne vada per fatti suoi. E’ sull’orlo del collasso, dell’implosione, ma non posso di certo fermarmi adesso, a prendere fiato. Sento che quella lettera è importante. Sento che….

Hana, sei tu vero?

Hana, stai bene?

Hana!

Oggi ho ritrovato

le tue iniziali nel mio cuore

non ho più voglia di pensare

e sono sempre più sbadato.

E’ da ieri che ho riscoperto di non essermi mai dimenticato di te.

Ti avevo messo in un cantuccio del mio cuore, da cui ti avrei ripescato quando sarei stato abbastanza forte da non piangere più.

No, esternamente non ho pianto.

Solo dentro di me ho sentito il cuore andare in mille pezzi ed un macigno di ghiaccio prendere possesso del mio stomaco.

Ti amo ancora, Hanamichi, ti amo da pazzi!

Mi cadono le chiavi per terra.

Le raccolgo, frenetico e tento di inserirle nella toppa ; mi trema al mano, sembro ubriaco.

Sono talmente preso dalla lettera che solo tra il settimo e il nono piano mi ricordo di aver lasciato le chiavi inserite nella toppa del portone dal palazzo.

Gran bel lavoro, Kaede!

Ma adesso, devo fare una cosa ben più importante che preoccuparmi della sicurezza degli altri condomini.

Tu come stai?

Tu come stai?

Tu come stai?

Merda!

Le chiavi di casa!

Sono nello stesso mazzo!

Prendo a pugni la porta, pregando che Steve, il mio coinquilino, sia ancora in casa.

Nulla.

Posso fare una sola cosa.

Giù a rotta di collo per le scale, non ho tempo di aspettare che uno stupido ascensore torni al piano.

Miracolosamente, le chiavi sono ancora nella toppa.

Ringrazio tutte le divinità, mentre mi accingo a risalire i dieci piani di scale che mi porteranno davanti alla porta di casa.

Penso che andrà bene come allenamento supplementare, no?

Tu cosa pensi

Dove cammini

Mi batte il cuore all’impazzata, mentre infilo la chiave nella serratura e la giro.

Cosa mai ti avrà spinto a scrivermi dopo tanti anni?

Forse mi hai visto su qualche rivista?

Mia madre è venuta a trovarmi con un raccoglitore ad aneli in cui aveva inserito tutti, ma proprio tutti gli articoli di giornale che parlano di me.

Mi hanno anche intervistato per quel programma sportivo di Fuji tv…

Mi avrai visto sulla copertina di quel giornale, passeggiando per strada?

Magari assieme al tuo nuovo amore….

Chi ti ha portato via

Chi scopre le tue spalle

M’infurio a quest’ultimo pensiero: non mi sono mai voluto fare castelli in aria.

Nessuno resta da solo per cinque anni!

Solo un povero idiota come me, ancora innamorato di uno stronzo che gli ha frantumato il cuore in mille pezzettini.

Tu, poi, sei stato ad andartene… figuriamoci se non mi hai già rimpiazzato!

Ma con chi!!!!

CHI!!!!!!!!!!!!!!!

Chiudo fragorosamente la porta alle mie spalle, mentre sento lo stomaco contorcersi dalla rabbia e il mio fegato ingrossarsi sempre più.

Chi si stende al tuo fianco

Chi grida il nome tuo

Chi ti accarezza stanco.

Chi fa l’amore con te, Hanamichi?

Chi ha il permesso di baciare la tua calda pelle?

Chi stringi, nelle notti di ghiaccio, al petto?

A chi hai scompigliato la vita, entrando come un ciclone e mandando per aria anni di equilibrio psicologico?

Chi ti accarezza sul collo? Sa come deve fare?

Sa dove deve insistere?

L’ha imparato da solo… oppure glielo hai detto tu?

Mi sento come se lo stomaco si stesse accartocciando su se stesso.

Mi fermo davanti al tavolo del salotto: la lettera è lì, tra le altre, ma non ho il coraggio di prenderla…

E se non fossi tu?

No, non potrei sopportarlo!

Il mio cuore di cristallo s’incrinerebbe per sempre.

Tu come stai?

Tu come stai?

Tu come stai?

Tu come stai?

Coraggio, Kaede!

Dimostra di essere uomo e vai incontro al tuo destino!

Deglutisco a vuoto e prendo a stringermi convulsamente le mani.

Mi accorgo solo ora che mi sudano. Le asciugo e inspiro profondamente: adesso o mai più!

Avanzo come un treno verso il mio nemico, sparpaglio il mucchio di lettere e trovo la busta incriminata.

"Kaede Rukawa P.O. Box 334h567 Chicago USA"

La calligrafia non è la sua, ma mi sembra conosciuta…

La giro…

Mito!

Sta a vedere che…

Apro, anzi straccio la busta e ne estraggo un foglio di carta bianco, perfettamente teso, ed una specie di residuo, appallottolato, stirato e spiegato premurosamente da qualcun altro.

" Ciao, Rukawa. Scusami se salto i convenevoli, ma non sono mai stato bravo in questi!

Forse mi sarei dovuto farmi i cazzi miei… ma siccome non me li sono fatti, ecco qua.

Non so cosa tu provi ancora per Hanamichi, ma se tanto mi da tanto, sei nella stessa situazione di quel testone.

Lo sai come è fatto: gioca a fare l’uomo, mentre è ancora un ragazzino.

Quel coso ( non mi azzardo neppure a definirlo una lettera!) lo ha scritto Hanamichi, è l’ultimo in ordine di arrivo.

Come al solito, li scrive, li appallottola e li lascia lì… detto tra noi, la vostra casa è un letamaio!

Sbrigati a tornare, Hanamichi ha bisogno di te, come tu ne hai di lui.

Leggi e poi mi saprai dire.

Stammi bene

Yohei"

Sgrano gli occhi e mi metto a sedere sul divano.

Guardo quella pagina spiegazzata come se scottasse.

Ma perché ho paura?

Mito non mi ha forse detto che Hanamichi….

Perché ho paura che sia vero?

Inspiro profondamente e vedo la tua calligrafia spiccare sul foglio bianco.

" Io ti amo ancora.

Da cinque, lunghi anni.

Sì, ti amo e ti ho lasciato."

Il mio cuore esplode dalla gioia!

Non è cambiato niente, no

Il vento non è mai passato tra di noi

Tu come stai?

 

Hai scritto un sacco di stronzate, in quella lettera, idiota!

Io non ti avrei mai e poi mai incolpato di nulla!

Non credi di essere stato un po’ troppo presuntuoso nel decidere tu per me?

Non fa niente, avrò modo di recuperare il tempo perso.

L’unica, vera cosa importante è che tu nutra gli stessi sentimenti per me.

Gli stessi di quando ti ascoltai sotto la doccia, dopo la partita contro lo Shoyo.

Gli stessi di quando affrontammo le ire del Gorilla, che ci beccò a farlo in palestra.

Gli stessi di quando facemmo l’amore per la prima volta: ricordi?

Piangevamo entrambi dalla gioia!

Ma ho un solo modo per saperlo.

Prendo il telefono e compongo il numero.

"Mito? Sì, ricevuto… senti, fa come vuoi, ma tienilo con te finché non arrivo. Picchialo, tramortiscilo, legalo, fa quello che vuoi, ma NON lasciarlo scappare!"

Non è accaduto niente, no

Il tempo non ci ha mai perduto

Come stai?

 

Fermo il taxi davanti alla porta di casa tua.

Scendo, mentre l’auto riparte di gran carriera: non capita tutti i giorni di portare a spasso una celebrità per le strade di Yokohama! Alle sette del mattino, poi!

Suono, con il cuore in gola, e aspetto il momento della verità.

Apri tu la porta, ancora assonnato ed in pigiama, lo stesso che ti regalai per il nostro ultimo anniversario: è un segno del destino!

DEVE essere un segno del destino!

" Come stai, Hanamichi?" ti chiedo come se ci fossimo salutati ieri sera.

Rimani di sasso, le labbra aperte e gli occhi sbarrati dalla sorpresa.

Io, per tutta risposta, ti do un pugno che ti fa cadere all’indietro.

Entro, mi chiudo serafico la porta alle spalle e mi getto su di te, scaricandoti addosso anni e anni di dolore represso sotto forma di pugni.

Alla fine mi accascio addosso a te e ti stringo forte, mentre tu singhiozzi come un bambino.

"ti amo, Hacchan" sussurrò al tuo orecchio, prima che tu ricambi la mia stretta e inizi a piangere.

Ma di gioia.

" Anche io… Kacchan… ti amo ancora…"

Come stai?

Tu come stai?

 

Mi sveglio, con te al mio fianco. Dormi, le ciglia che si sollevano dolcemente al ritmo del tuo respiro. Sei stanco, amore?

Seguo il tuo profilo con un dito, fermandomi ad accarezzare la tua bocca di pesca.

Fare l’amore con te è stato come vivere un sogno: tutto è rimasto uguale, anche se addolcito dal fatto di aver dovuto aspettare cinque anni per colpa della tua testa bacata.

Ma sono felice di averti qui tra le mie braccia, di vedere il tuo viso sereno adagiato sul cuscino e di sentire il calore del tuo corpo accanto al mio.

Il tempo non ha intaccato il nostro amore, non è cambiato nemmeno di una virgola.

E neppure noi.

Io sono sempre chiuso e riservato, come una notte d’inverno, adatta a dormire o a pensare rimirando la luna.

Tu, di rimando, sei sempre allegro e vitale, come una assolata giornata di Maggio, da trascorrere all’aria aperta sotto i caldi raggi del sole.

E anche per quello che riguarda l’ordine, è tutto come prima: tu fai casino e tocca a me mettere a posto.

Ma ti amo da impazzire, stupido idiota!

 


 

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