In un paese
d'estate parte
XXVII
di Unmei
Sotto di sé Matthias sentì la terra
fredda ed umida; era talmente breve la distanza da Keith che sarebbe
bastato un passo a coprirla, ma quella spinta, quel mandarlo via, lo
avevano fatto sentire lontano come dall'altro capo del mondo. Aveva il
bisogno più che mai fisico di stringerlo, circondarlo con le braccia e
sentirlo vivo, caldo, suo; il petto muoversi nel respiro; la necessità
suprema di stare pelle contro pelle, protetti nel calore e nel buio,
allacciati senza far nulla, solo ad assorbirsi, percepirsi, silenziosi a
riequilibrare le loro anime dissestate.
Dopo ci sarebbe stato tempo per tutto il resto: per ripercorrere il corpo
di Keith che conosceva così bene, impossessarsene di nuovo e per sempre,
vincolandolo, imprigionarlo in modo che non avrebbe mai più potuto
allontanarsi. Provò rabbia per se stesso, pena per Keith e paura per
entrambi, perché per la prima volta l'idea che forse non sarebbero tornati
insieme lo colpì, mozzandogli il fiato.
Forse Keith non l'avrebbe perdonato, non avrebbe accettato le sue scuse e
giustamente deluso lo avrebbe accusato di aver mancato di fede nei suoi
confronti. Lontani..... lontani per tutta la vita come erano stati quei
due giorni.
Separarsi da lui, ricominciare da solo, poi, un giorno, innamorarsi di
qualcun altro, come fanno tutti al mondo.
Mai!
Keith lo osservava, non distoglieva lo sguardo da lui, dal suo viso su cui
gli occhi spiccavano luccicanti; ammirava i morbidi capelli riccioluti che
erano un posto delizioso dove appoggiare la guancia e riposare,
dimenticare.
Ma se quel Matthias era in carne ed ossa, davvero lì, accanto a lui, non
poteva stringerlo a sé.
Fosse stata solo un'illusione allora sì, avrebbe potuto parlargli,
toccarlo, farci l'amore e restargli accanto; perché nell'illusione tutto
sarebbe sempre andato bene e anche il passato poteva essere dimenticato,
modificato, ignorato. L'illusione era la fuga perfetta, nell'illusione
Matthias non gli aveva mai urlato "va' via e non tornare più",
nell'illusione il suo angelo non aveva mai pianto per le bugie che lui gli
aveva raccontato.
*******
"Sono venuto a prenderti; torniamo a casa."
Lo invitò Matt, tendendogli una mano, offrendogli un appiglio per
strapparlo al baratro sul quale indugiava, affascinato dal vuoto che gli
si spalancava davanti.
"Sono già a casa."
La voce suonava rauca, priva d'energia, per niente somigliante a quella
che tante volte lo aveva consolato, quella che ogni giorno lo riempiva di
parole d'amore, o che si prendeva affettuosamente gioco di lui.
"Non è vero. Abbiamo un posto che ci aspetta, uno dove siamo stati felici
e dove avremo futuro. Qui c'è solo il passato, e il passato non può darci
più niente."
"Mentre il futuro può davvero darci qualcosa?"
"Keith, non dire così, ti prego! Mi dispiace, mi dispiace ad un punto che
non puoi immaginare, e mi dispiacerà per tutta la vita, non mi pentirò mai
abbastanza, ma tu non parlare come se fosse la fine. Io ti impedirò di
lasciarmi, se è quello che hai in mente. Piuttosto..... piuttosto....."
"Piuttosto mi uccideresti?"
Un dolore trapassò Matthias al centro del petto, una fitta acuita
dall'espressione dolce e morbosa sul viso di Keith, dalla sua voce del
tutto priva di rancore, dal sorriso diafano dipinto su labbra altrettanto
pallide.
"Abbiamo sempre in pugno la vita di chi ci ama: tu hai la mia, io forse ho
la tua, e quando uccidiamo non è detto che lo si faccia fisicamente, vero?
Spesso le parole sono più che sufficienti. Se tu volessi uccidermi
piuttosto che permettermi di andarmene io ne sarei felice, orgoglioso, e
ti lascerei fare. Sarebbe meraviglioso, Matt, che altro potrei
desiderare?"
"Di continuare a vivere insieme! Per sempre, ogni giorno, senza perderci
più. Anche se siamo tanto giovani da poter avere mille storie davanti, io
so che ci rimarremo accanto tutta la vita. So che è quello che *dobbiamo*
fare!"
"Vuoi esserlo anche ora che sai proprio tutto di me? Dopo che ti sono
costato lacrime che avrei potuto risparmiarti..... dopo che ti ho fatto
soffrire..... forse ti farò soffrire di nuovo, perché tutto si ripete e
prima o poi sbaglierei ancora."
"Ma tutti quanti sbagliamo! È normale, è persino giusto, non è una colpa!
Perché piuttosto non pensi al fatto che sei stato la fonte della mia
felicità?"
Keith non rispose: cercò nei propri ricordi la felicità di cui Matthias
parlava, ma quella si era nascosta chissà dove e i pensieri che invece
trovò erano grigiamente malinconici. Le parole gli volarono di bocca senza
che lui se ne accorgesse.
"Fu Adelius a darci sepoltura, sai?"
"Non parlarne! Non serve, ti fa stare peggio."
"Mio fratello se ne andò dicendo che sarebbe stato via per una battuta di
caccia..... ed in fondo lo fu, vero? Tornò senza prede, né trofei, ma
euforico e soddisfatto, e diede una festa che durò due giorni, senza
interruzioni. Non so cosa intuì Adelius, cosa pensò, non so con che
spirito intraprese la strada per giungere alla nostra casa, ma quando vi
arrivò trovò solo misere macerie annerite..... e trovò noi."
Keith si interruppe, e guardò fisso davanti a sé, con l'espressione
svuotata di ogni emozione.
"Riesci a immaginare come deve essere stato?"
"Lascia che ti abbracci."
Implorò Matthias, che non sapeva che risposta dare, poteva solo offrire se
stesso come rifugio e consolazione, sperando che il calore e l'amore
bastassero per dissipare l'antica amarezza, a dare nuova linfa alla
speranza che Keith sembrava aver completamente perso. Doveva far sì che lo
ascoltasse, doveva abbattere le difese che ormai non lo proteggevano,
bensì erano diventate una prigione così opprimente da soffocarlo.
"Thomas prosperò, visse a lungo beandosi del potere che tanto aveva
desiderato, abusandone ogni volta che gli era possibile; morì anziano, nel
sonno, senza un dolore, senza un giorno di malattia. Lui, che avrebbe
meritato la più atroce delle sorti..... lui, che avrei dovuto uccidere
quando ne ebbi l'occasione! Se lo avessi ammazzato allora la nostra vita
sarebbe stata diversa, e invece..... in tutto questo c'è forse stata
un'ombra di giustizia?
".....sì, c'è stata. Siamo qui, ora; la giustizia che ci spettava è data
nell'essere di nuovo insieme, liberi, senza che lui possa più interferire.
Se mi allontani, invece, gli consegnerai una vera vittoria: la nostra
separazione."
Strisciando sulle ginocchia gli si avvicinò un po', cauto.
"Tu hai voluto proteggermi fino all'estremo; mi hai dato una morte
nell'amore sottraendomi alle umiliazioni e a un'agonia molto peggiore. Ti
ringrazio per questo, per il coraggio che hai dimostrato, ma se potessi
tornare indietro sapendo ciò che so ora ti impedirei di farlo. - fece una
pausa, torcendosi la mani - Uccidendomi ti sei addossato ogni
responsabilità, hai sofferto a lungo e soffri ancora adesso. Se avessi
immaginato che morire misericordiosamente per mano tua avrebbe significato
una lunga separazione e così tanto dolore, avrei preferito che Thomas mi
facesse lentamente a pezzi. Capisci, vero, cosa voglio dire?"
"Anche così alla base della tua, nostra, morte sarebbe rimasta la mia
incapacità di -."
"NO! Smettila! Perché non vuoi ascoltarmi? Dici di non poter tornare con
me perché mi faresti soffrire..... ti racconto una cosa: tu mi stai
facendo soffrire ADESSO! Evitandomi, respingendomi, mi stai facendo
sentire solo, disperato e terrorizzato come non lo sono mai stato. -
Matthias prese fiato, e continuò poi con parole che sembravano in procinto
di spezzarsi in un pianto impotente - Non ti rendi conto di quanto è
assurdo stare qui a parlare, di quanto è straziante per me vederti così,
ascoltare frasi che somigliano ad un addio? Keith, io ho bisogno di
te..... e tu ne hai di me. Non tenermi lontano, per favore."
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"Processo? - Rain si stupì per la solennità che permeava la Sala. Era ben
conscio che sarebbe stato punito, quando aveva parlato con Edg e poi anche
con Matt; forse le ore di viaggio risparmiate a quest'ultimo avrebbero
fatto pendere la bilancia della loro sorte un po' troppo da una parte.....
e lui sperava che fosse da quella del favore..... ma un processo! La sua
interferenza non era stata tanto pesante da meritarlo, almeno a suo
parere.
Per una violazione di basso, medio livello i provvedimenti più che altro
noiosi: qualche decennio da vivere come umano in mezzo agli umani, senza
alcun potere e imprigionati in un deperibile corpo di carne, per esempio.
Chi aveva sopportato la debolezza dell'essere solamente uomo, la fatica di
vivere, le malattie e la vecchiaia, di solito poi passava ad un
comportamento molto ligio, più che mai grato di aver riconquistato il
proprio status naturale, e con esso il distacco dalle miserie della
carnalità.
Se la si combinava più grossa, e quello probabilmente era il caso, si
veniva degradati, ma anche in tale evenienza il provvedimento era deciso
senza alcuna cerimonia particolare. Per quanto lo riguardava, poi, un
abbassamento di rango non era cosa da preoccuparlo, anzi! Era già arrivato
più in alto di quanto avesse creduto, e la semi immortalità forniva tempo
in abbondanza per risalire la china.
Un processo, invece, alla presenza dell'intero Consiglio significava guai
seri e la sicura condanna., giacché più che un procedimento per stabilire
l'innocenza o la colpevolezza dell'imputato esso era una cerimonia al solo
fine di additare a tutti chi si macchiava di un crimine, facendone un
monito.
Jael era tranquillo quanto lo erano i Consiglieri sui loro augusti seggi;
sembrava sapere molto più di lui, che al contrario non si capacitava di
cosa stesse accadendo.
Dal trono centrale Lariel li guardava, mantenendo il più possibile un
nobile contegno imperturbabile; a un suo gesto uno dei Consiglieri si
alzò; aveva folti capelli color rame, intrecciati a fili d'oro, e vestiva
di uno scuro colore verde bosco.
Il tono della sua voce era neutro, pacato; accanto, seduto, c'era colui
che era il suo compagno. L'opposto nei colori, con i suoi capelli neri e
la veste argentea..... e l'opposto anche nel cuore, perché la sua
espressione era dolente, le sue emozioni ben chiare: non era felice di
essere lì, detestava ciò che stava per accadere, lo rattristava il non
poter far niente per cambiare quelle leggi che si perdevano in un passato
lontanissimo.
"L'accusa nei vostri confronti è l'insubordinazione verso ordini ricevuti
direttamente dai Sommi. Avete agito di vostra iniziativa quando eravate
stati deposti dall'incarico di Custodi della coppia di umani un tempo
affidatavi. Non avete agito da osservatori come si converrebbe e avete
influenzato il corso degli eventi, ma questo fatto assume importanza
secondaria di fronte alla vostra disobbedienza: è solo per essa che sarete
condannati."
Istintivamente Rain compì un passo indietro.
Disobbedienza diretta agli ordini..... non a ordini del Consiglio, ma
addirittura a quelli dei Sommi! Tanto valeva rassegnarsi all'idea di
essere bell'e morto, il 'fu' Rain, spacciato, finito, kaputt, defunto e
tutta una serie di pittoreschi sinonimi, perché era certo che non sarebbe
sopravvissuto alla condanna che lo attendeva.
Lariel parlò, e nelle sue parole non c'erano rabbia, spregio o freddezza o
una qualsiasi delle negatività che Rain si sarebbe aspettato da lui. La
sua voce era cortese, rassegnata, quasi dolce; una voce che non poteva
appartenere a qualcuno che lui aveva sempre e solo considerato poco più
che un manichino di ghiaccio senza interessi al di fuori di se stesso.
"Un'indisciplina di tale livello non può essere tollerata. Vorrei evitare
tutto questo, ma non posso fare eccezioni: il mio comando era stato
esplicito, sul non avere più contatti con quei due umani."
Deposizione dal loro incarico su Edg e Matthias? Rain non era a conoscenza
di niente del genere, e confuso inclinò la testa di lato, cercando di dire
che doveva esserci un errore, forse uno scambio di persone: a lui mai
nessuno aveva detto che.....
"Ah, chiedo scusa! Posso avere la parola?"
Jael si era intromesso, voce chiara, tono casuale; non era intimorito e
nemmeno confuso. Rain avrebbe anzi giurato che si stesse godendo la
situazione, non fosse stato che in quel frangente c'era tutto da fare
fuorché ridere. Se avesse almeno potuto scambiare due parole con lui
avrebbe capito qualcosa di più, ma così poteva solo sperare che il
compagno avesse in mente qualcosa di efficace per tirarli fuori da quel
ginepraio.
"Temo proprio di essermi scordato di comunicare a Rain l'ordine in
questione. Non so proprio come sia potuto passarmi di mente, davvero. Il
mio compagno *non* può essere punito per aver trasgredito un comando che
ignorava, giusto?"
"J-Jael? Cosa stai -"
Il biondo gli fece un secco gesto con la mano, come a dire 'stai zitto!',
e non distolse gli occhi dalla Corte. Ora sì che Rain poteva distinguergli
addosso una certe tensione, mentre attendeva la risposta alla sua domanda;
le sopracciglia impercettibilmente aggrottate e le labbra tese, come uno
scienziato che attende di vedere se l'esperimento appena tentato gli è
riuscito o se ha commesso un errore ormai irreparabile.
Uno dei Sommi, colui che sedeva alla sinistra di Lariel, si rivolse
direttamente a Rain.
"Sta dicendo la verità?"
"Io..... beh, non sapevo niente di questa storia, però....."
[Però credi che se l'avessi saputo me ne sarei rimasto buono buono a
girarmi i pollici, specie di idiota?]
Un mormorio di diffuse tra le fila del Consiglio, bisbigli indistinti ci
cui non riuscì a carpire nemmeno un brandello di frase. I Sommi si stavano
consultando, e Lariel in silenzio ascoltava ciò che gli altri due avevano
da dire, senza peraltro prestarvi molta attenzione: sedeva sul suo trono,
osservando gli imputati, le dita congiunte davanti alla bocca, assorto.
Lui già sapeva come sarebbe andata a finire, e si domandava se i suoi due
colleghi avessero colto la pura realtà. Non di disobbedienza si trattava,
né di dimenticanza, ma di un unico schema, congegnato infrangendo le loro
stesse leggi celesti per ottenere un obiettivo ben preciso.
Ingegnoso, ma pericoloso; guardando ora il suo sottoposto non era del
tutto sicuro di essere felice di averlo lasciato fare, di aver permesso
che si spingesse così oltre, addentrandosi di proposito in un territorio
che di solito tutti rifuggivano.
Ora sarebbe stato lui a firmare la sua condanna, come aveva fatto già con
quella di Kijan..... e non poteva tentare niente per impedirlo, perché se
lo avesse fatto Jael lo avrebbe odiato, e la freddezza che sentiva
abitualmente intorno a sé gli era già più che sufficiente senza aggiungere
ad essa anche quella dell'unico forse-amico che avesse.
Andasse come Jael desiderava, allora..... e se tale era la sua fine
probabilmente si trattava di quella più adatta a lui.
"In questo caso..... - lo sguardo di Lariel si concentrò su Rain - tu sei
libero di andare. Bada solo di rammentare che la coppia non è più affar
tuo. Capisco il desiderio di aiutarli, ma il rischio di cedere alla
tentazione di manovrare le scelte degli umani secondo il proprio gusto è
troppo alto. Loro prima di tutto devono essere liberi di tentare,
sbagliare e imparare."
*****
Erano parole di assoluzione che avrebbero dovuto recargli sollievo, ma
l'effetto che stavano sortendo era invece ben diverso. Lariel si stava
rivolgendo a lui, e a lui soltanto: si pretendeva che uscisse solo da quel
salone, e probabilmente senza possibilità di parola. Il silenzio che lo
circondava non significava nient'altro: approfitta della clemenza che ti è
accordata e vattene. Sii grato della comprensione che hai trovato, perché
pochi sono stati altrettanto fortunati.
Ma era forse fortuna, quella? Lui si sentiva intrappolato, invischiato in
un gioco in cui non aveva reale possibilità di partecipare, quasi come se
fosse lui stesso la posta in gioco, e in un certo senso la cosa lo
offendeva ancor peggio che esser stato usato come pedina.
"O siamo entrambi colpevoli o entrambi innocenti..... affrontare insieme
ogni cosa, è questo il senso dell'avere un compagno. Io non me ne vado da
solo!"
"Non essere melodrammatico, Rain. - gli sussurrò Jael - o vuoi rendere
inutile ciò che ho fatto?"
"Inutile?"
Il biondo annuì
"Fatti prendere dal tuo benedetto idealismo adesso e manderai il mio piano
all'aria. Non sarebbe molto simpatico da parte tua, considerando che lo
sto facendo per te."
"Eh?"
Domandò intelligentemente Rain, raggiungendo nuove vette di confusione.
"Vuoi dar retta ai Sommi, per favore, e andartene?"
"Ma a te cosa accadrà? E poi che significa 'piano'? Hai causato tutto
questo apposta?"
L'altro sospirò, inarcando rassegnato entrambe le sopracciglia, visto che
per il suo grado di esasperazione uno solo non era sufficiente.
"Avrei dovuto immaginare che aspettarsi una silenziosa collaborazione da
parte tua era pia illusione."
"Perché hai voluto fare tutto per conto tuo?"
"Hai finito con le domande o no?"
Rain lo guardò rabbuiato e Jael capì che il compagno non avrebbe demorso.
In realtà, a vederlo con quel viso dove l'arrabbiatura stentava a trovare
posto, perché quello che c'era era già occupato dalla preoccupazione, si
pentì del tono velatamente canzonatorio che aveva usato. Forza
dell'abitudine, forse, ma innegabilmente anche una scappatoia alle
risposte che gli venivano chieste.
Il rosso era troppo serio da troppo tempo, e lui lo preferiva rumoroso,
scanzonato, esageratamente sincero, con tutti quei difetti poco adatti a
creature che dovevano fare del distacco la principale virtù.
"Voglio parlarti da solo!"
Esclamò Rain, ma esaudire quella richiesta non era possibile, i loro
superiori non l'avrebbero permesso; per questo Jael scosse la testa,
cominciando a provare, suo malgrado, un vago disagio, una lieve paura.
Era più che normale sentire timore nello sfidare la sorte all'estremo, ma
si ostinò nel proprio orgoglio e negò a se stesso d'ammettere l'esistenza
di quella crepa.
"Non c'è tempo, Rain; potrebbero anche cambiare idea sul tuo conto, se
insisti nel restare. Esci da qui."
Il loro primo incontro, proprio in quel salone, schermaglie, complicità,
la ricerca della conoscenza, insieme, e i punti di vista così diversi,
l'appoggio che si erano prestati l'un l'altro; Rain pensò a tutto il tempo
passato insieme, pensò aveva sempre ritenuto che loro due sarebbero stati
inseparabili e che il destino dell'uno fosse quello dell'altro, e perciò
decise che non se ne sarebbe mai andato da solo.
C'era un castigo? Lo avrebbero pagato entrambi.
Fece per parlare, ma prima che potesse proferire una sillaba Jael lo
bloccò.
"Osa fare di testa tua e non ti perdonerò mai."
E sibilato ciò lo afferrò per le braccia, sospingendolo indietro con passo
svelto; preso alla sprovvista da quell'atto impulsivo Rain restò
imbambolato a farsi guidare, tornando presente a se stesso solo quando
s'accorse di essere giunto agli imponenti portali del salone. Lì si
inchiodò, rifiutandosi di procedere oltre, anzi, tentando a sua volta di
spingere indietro al compagno, per tornare di fronte al Consiglio. Si
stringevano per le braccia, ora, ma non somigliava per niente
all'abbraccio che aveva sperato ed immaginato..... o all'unico abbraccio
che ricordava, e che aveva rievocato nella memoria tanto da consumarlo.
"Finiscila!"
Quello di Jael fu un sussurro gridato, irritato, esclamato con una tale
intensità, pur nella voce smorzata, che fece cessare all'istante i suoi
dibattimenti, lasciandoli per un attimo immobili a fissarsi in un silenzio
assordante.
"Finalmente. E pensare che l'ultima volta che ci siamo visti eri così
arrabbiato con me da urlarmi contro."
"Tu parlavi come se non ti importasse nulla di me."
Rispose piccato il rosso, imbronciandosi in un'espressione quasi infantile
e fissandolo con uno sguardo che avrebbe fatto sentire colpevole anche una
pietra.
"Non è colpa mia se non hai capito niente."
"E che avrei dovuto capire? Le tue parole non lasciavano molto spazio
all'interpretazione!"
Il portone si aprì da solo, quel tanto che bastava per permettere di
uscire, e Jael spinse oltre la soglia il proprio compagno, continuando a
tenerlo saldamente.
"Questo amore che dici di nutrire..... e forse è vero..... mettilo da
parte. Scordatene, o meglio ancora sfruttarlo: se è grande abbastanza
prendi la sua energia, che ora fai bruciare inutilmente, e usala per
diventare più forte. Ci riuscirai, non ho dubbi..... e quando ce l'avrai
fatta ti parlerò chiaramente come desideri."
"Lo prometti?"
"No. Non stringo promesse che forse non potrò mantenere."
Solo in quel momento Rain si rese conto di non avere più alcun potere su
ciò che stava per succedere; mesi di incomprensioni, l'amarezza per un
sentimento che non aveva trovato sfocio, la gelosia, la sensazione di
essere stato raggirato, tutto venne perdonato in quell'istante, mentre
cominciava a comprendere la situazione, ricostruendone il quadro con i
pezzi raccolti qua e là, interpretando in modo nuovo parole, gesti e
situazioni. Ora capiva: ora che stava per essere lasciato solo, forse per
sempre, si accorgeva di aver agito anch'egli da egoista, di aver sempre
preteso di essere capito senza aver provato lui stesso a capire.
"Non combinare disastri mentre non ci sono."
Lo ammonì Jael, ma con dolcezza, o con la cosa più somigliante alla
dolcezza che riuscisse ad esprimere, mentre lo allontanava frettolosamente
da sé, lasciandolo andare.
Gli sfuggì dalle braccia; Rain tese una mano ma non riuscì a riafferrarlo,
si trovò nel lungo corridoio vuoto, con le maestose porte chiusegli in
faccia.
Come se prendersela con esse avesse potuto cambiare qualcosa, le riempì di
pugni rabbiosi e rassegnati, uno sfogo inutile ma assolutamente
necessario.
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"Non voglio tenerti lontano, ma tutto questo è..... è troppo. Io uccisi
più di una persona, in duelli, tornei, battaglie. Versare quel sangue non
mi fece alcun effetto, e nemmeno ora provo qualche particolare emozione
nel ricordarlo. Era così che vivevo, la morte faceva parte del gioco, ed
ero pronto a morire violentemente così come lo ero ad ammazzare: non ci
vedevo niente di sbagliato. Ma con te! Aver tolto la vita a te, quale sia
stato il motivo, è un'idea che non riesco a sopportare; mi schiaccia!
Basta che si affacci alla mia mente per sconvolgere tutto ciò che credo,
che penso e che spero. E quante volte ho sognato quei nostri ultimi
istanti, quanto volte ho rivissuto quella scena, al rallentatore,
amplificando ogni particolare. Quante volte ho cercato di dimenticare,
senza mai riuscirci!!"
Con voce disperata e furiosa Keith accusava il mondo, la vita, l'immenso,
di tutte le angosce che lo tormentavano, del denso mare scuro nel quale
annaspava.
"Allora non dimenticare; accetta, e basta. Il nostro passato è pieno anche
di bellissimi ricordi, di momenti incantevoli, di persone che ci hanno
voluto bene. Noi siamo stati davvero felici, e posso dirlo non solo perché
adesso anche io ricordo tutto, ma anche perché lo sento: qui. - posò sul
cuore una mano che tremava appena - Ed abbiamo ancora molta felicità da
riscuotere, se tornerai con me."
Parlando Matthias gli si era avvicinato ancora, ma questa volta Keith non
fece cenno di scansarsi, né lo respinse quando gli prese il viso tra le
mani, guardandolo negli occhi. Sarebbe potuto crollare il mondo, esplodere
il sole, il cielo sarebbe potuto divenire porpora e i due non avrebbero
spezzato il labile contatto finalmente stabilito.
Matthias decine di volte baciò le labbra dell'amante, e i suoi occhi, la
sua fronte, mettendo sempre una preghiera tra un bacio e l'altro.
"Ritorna"
"Perdonami."
"Ascoltami."
..... e lui, l'ascoltava, sì. Barcollava nel buio cercando di raggiungere
quel bagliore che vedeva in lontananza, ma quando ci si è abituati
all'oscurità a volte si distoglie lo sguardo dalla luce per non restarne
feriti.....
"Lasciati andare."
"Perdonati."
..... ci provava da tanto tempo. Aveva *fatto finta* di provarci, di
vivere solo nel presente, ma quei giorni di pace che riusciva a
conquistare venivano alla fine uccisi dalla voce della colpa che lo
derideva, ricordandogli quanto fragile fosse la vita che stava costruendo
con tanta dedizione.....
"Per favore."
"Non fuggire."
..... lui non era mai fuggito! Mai.....mai per tutti quei secoli.....mai......a
fuggire..... da se stesso..... appena ne aveva l'occasione..... mai.....
fuggito mostrandosi forte anche quando in realtà moriva di dolore..... per
la vergogna di aver bisogno d'aiuto.
"Per favore."
"Tu sei tutto."
"Tu mi prendesti: ora non puoi abbandonarmi."
"Non me ne andrò da solo, non mi muoverò fino a che non ti arrenderai."
"Per favore."
E così, goccia dopo goccia, le parole e l'amore di Matthias vinsero il
guscio dentro alla quale Keith viveva, la prematura bara che si era
costruito per tenere lontano il mondo. Si mossero attraverso ogni tipo di
sentimento, e l'opposto di ognuno, oltrepassarono, bruciando, la paura, lo
spregio di sé, l'orgoglio testardo ed inutile. Piovvero vita sul prato
rinsecchito della fiducia, facendo del deserto un giardino. Giunsero al
cuore, portando l'energia di cui la stella aveva bisogno per brillare
ancora, generando l'esplosione di dolore sublime e purificatore necessario
ad ogni nascita.
E nel calor bianco di quell'esplosione Keith strinse a sé Matthias, con la
forza di un uomo che si aggrappa all'unica salvezza che possiede, e chinò
il viso sulla sua spalla, contro il collo, a metà tra la pelle nuda e il
maglione. Ammise così la propria debolezza, vincendo contro se stesso,
finalmente libero.
Matthias sentì l'umido delle lacrime che gli bagnavano il collo, gocce di
pianto versate in silenzio.
Erano le lacrime taciute da sempre, rinnegate per secoli, ricacciate nel
profondo ogni volta che tentavano di affiorare agli occhi a cercare
liberazione.
Erano le lacrime rimaste a fermentare nel cuore fino a diventare brucianti
e corrosive, ma che ora scorrendo sulle guance erano un tiepido e gentile
balsamo.
Erano il battesimo di una nuova vita, erano le lacrime che solo gli
innocenti possono permettersi, e Keith finalmente le stava piangendo.
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"Grazie per aver permesso tutto questo."
Il Sommo dismise la frase scuotendo la testa, sentendo di non meritare
riconoscenza per un gesto che compiuto a malincuore.
"Forse mi sbaglio, o c'è affetto in quello che stai facendo?"
"Credi? Non mi pare. Io possiedo solo due cose importanti: la mia
ambizione e Rain. Il non voler rinunciare a nessuna delle due mi sembra
più egoismo che affetto."
"Hai risposto senza dare risposta."
"A me sembra invece si essere stato chiaro."
Lariel gli pose una mano al centro del petto, esitando per un solo
secondo, e cominciò a richiamare il gelido potere che da tempo evitava di
usare. Era solito lasciare ai suoi due pari il compito di punire i
trasgressori, ma in quel caso particolare doveva, voleva, essere lui in
persona ad agire, eseguendo quella che poteva essere una condanna fatale o
l'inizio di una lontana risurrezione.
Era il suo compito, era la legge, era il giusto, era ciò che Jael aveva
pianificato, ma nonostante tutto non riusciva a adempiere al proprio
dovere serenamente.
"Ne sei proprio sicuro? Sai già a cosa vai incontro, vero?"
"Lo so bene, continua. Sono pago delle mie azioni, e il prezzo da pagare
l'ho scelto io stesso, no? Con una calcolata trasgressione ho ottenuto il
massimo risultato possibile; Edg e Matthias hanno sconfitto la sorte che
li voleva separati, e durante la mia prigionia Rain avrà tutto il tempo di
acquisire e dominare un maggiore potere, senza correre alcun pericolo a
causa mia.Quando tornerò sarò tale e quale ad ora, ma le nostre forze
saranno di nuovo in equilibrio."
"E così potrete entrare insieme nelle fila del Consiglio, come desideravi.
*SE* tornerai."
"Oh, ce la farò - e la sua voce non avrebbe potuto essere più sicura, ed
il sorriso più provocatorio - perché io miro più in alto che al Consiglio
ormai. Dammi tempo, e un giorno siederò al tuo fianco, se non addirittura
al tuo posto."
"Non aspetto altro."
Era sincero, Lariel, tanto che sorrise di rimando: lieto di avere
finalmente qualcuno da attendere e qualcosa in cui sperare dopo tanto
tempo passato soltanto a lasciarsi scorrere addosso i giorni e le vite
altrui.
"Comunque preferirei..... al tuo fianco che al tuo posto."
Le ultime parole di Jael: uno sforzo che gli costò le estreme forze che
aveva a disposizione. Poi precipitò nel buio, nel freddo, nella
sospensione di se stesso, una fiammella che arde in una notte di vento.
Lariel guardò la propria opera: la statua di cristallo celeste pallido,
trasparente come acqua pura. Contemplò l'accurata perfezione di ogni
lineamento, delle ciocche che ricadevano sulle spalle, delle ciglia lunghe
e arcuate, bionde fino ad un minuto prima; tutto era di un'esattezza
impressionante, dal rilievo degli arabeschi ricamati sul vestito allo
sguardo vivo che era rimasto impresso negli occhi.
All'interno di quell'involucro c'era ancora la vita, ma solo un barlume,
poteva sentirne la vibrazione con la mano che ancora era poggiata sul
petto freddo.
Ora doveva solo aspettare: aspettare più di tre secoli..... con il rischio
che non tornasse mai, inghiottito dal niente. O che tornasse, sì, ma
diverso, cambiato, immemore.
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Mentre guidava, scorrendo il lungo nastro d'asfalto senza fretta, Matthias
rivolse uno sguardo con la cosa dell'occhio a Keith che dormiva sul sedile
accanto al suo, spossato dell'esaurimento emotivo di quei giorni.
Con il respiro quieto e la testa mollemente reclinata sembrava in pace, e
il riposo e l'affetto gli avrebbero cancellato dal viso i segni dello
stress.
Matt sapeva che forse non sarebbe stato così semplice, che il nemico che
covava dentro a Keith non poteva essere sconfitto così, in una sola volta,
ma era certo che la strada per guarire era stata imboccata. Lo aveva
compreso abbracciandolo, mentre accoglieva il suo stanco pianto
liberatorio e gli accarezzava la testa e la schiena, felice di riuscire ad
essere forte anche lui, capace di donare rifugio e conforto alla persona
amata.
Così aveva aspettato fin quando Keith esaurito le proprie lacrime ed era
rimasto contro di lui, ringraziandolo poi senza parole ma con baci leggeri
da farfalla, che gli solleticavano il collo e che lui adorava; se ne era
beato sorridendo ad occhi chiusi, reclinando la testa per offrirsi
completamente.
Era andato incontro alle sue labbra, smarrendosi a lungo sopra di esse e
dentro la sua bocca; il calore umido del bacio lo scaldava completamente,
portava un solletico inconfondibile alla bocca dello stomaco. Le guance
gli si erano infuocate, i sottili capelli alla base della nuca si erano
rizzati per l'emozione ed il piacere; il desiderio era sceso tra le gambe,
nel membro che si gonfiava di sangue.
Quasi non sentivano più il freddo e l'umido di quella mattina quasi
invernale, e l'idea di fare l'amore tra quelle rovine, come una rivincita,
li aveva tentati con una voce soave e insistente.
Non lo fecero..... non quel giorno, forse in primavera: con il sole
tiepido e il profumo dell'erba bagnata di rugiada e non imbiancata dalla
brina. Si erano alzati insieme, e insieme avevano abbandonato il castello
e i suoi fantasmi, stretti per la vita come gemelli siamesi, senza dire
una parola, verso casa.
Matthias aveva fermato Keith che sembrava intenzionato a mettersi al
volante del fuoristrada, costringendolo invece ad accomodarsi al posto del
passeggero; era troppo esausto per sopportare ore di guida e lui era
abbastanza sicuro di saper tornare a casa senza perdersi lungo la strada.
O almeno: senza perdersi del tutto..... in fin dei conti non c'era fretta,
non più.
Così, nel tepore e nel silenzio, nel piacevole e sottile profumo dei
sedili in pelle, Keith si era in fretta assopito.
Stringendo il volante Matthias sorrise; non sapeva di preciso quante ore
sarebbero occorse per arrivare a Londra ma sarebbe stato un viaggio a cuor
leggero.
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I portoni che si spalancarono davanti a lui quasi lo stupirono; ora che
poteva entrare, come tanto desiderava, esitò sulla soglia, scrutando il
Salone e i suoi occupanti. Sentì i propri passi echeggiare in un silenzio
irreale e gli occhi di tutti i presenti fissi su di sé; si chiese se
l'architettura gloriosa di quella grande stanza fosse stata studiata
appositamente per provocare soggezione in chi vi entrava, e se ci si
potesse abituare a tale grandiosità adamantina.
Jael non c'era, nonostante avesse sperato che in qualche modo il compagno
avesse volto la situazione a proprio vantaggio con qualche discorso di
logica contorta; ma il non trovarlo, in fondo, non lo stupì più di tanto.
Poi vide la nuova statua, e la riconobbe, in una nicchia che era stata
vuota l'ultima volta che si era trovato lì.
Si avvicinò quanto gli era possibile e allungò una mano per toccarla;
inutile, essa era posta troppo in alto anche solo per sfiorarla con la
punta delle dita.
"Vista la situazione dovremmo cominceremo a selezionare un nuovo compagno,
più adatto a te. Hai qualche preferenza?"
Gli domandò una voce che non riconobbe, e che risuonò dentro di lui come
una campana a morto. Fissò in viso la statua, imprimendosi nella mente
l'espressione. Non malinconia né paura, o semplice indifferenza, come le
altre, ma un'aria di compiacimento che a ben guardare era persino
seccante.
"N-non..... non credo che ce ne sarà bisogno. Presuntuoso com'è tornerà di
sicuro, è questione di principio."
Rain odiò la propria voce, così soffocata quando lui avrebbe voluto darle
tutt'altro accento; non si accomiatò dai suoi superiori con il rispetto
dovuto e lasciò frettolosamente la stanza per cercare un luogo dove stare
un po' in pace senza che nessuno gli rivolgesse la parola.
Doveva ancora elaborare del tutto la separazione appena avvenuta, perciò
mantenuto una tale parvenza calma; se doveva disperarsi, o arrabbiarsi,
gridare, preferiva farlo una volta solo con tutti gli eccessi di cui aveva
bisogno.
Dopodiché avrebbe avuto molto tempo per riflettere su quanto era avvenuto,
sul suo compagno e, soprattutto, su se stesso.
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Keith aprì gli occhi nella penombra e nel silenzio; girò lo sguardo per la
stanza, il luogo più vicino al paradiso che potesse immaginare, ignaro se
fosse mattino o pomeriggio, e anche del giorno preciso. Non che di quelle
informazioni gli importasse granché: essere lì era già più che abbastanza,
come per un esule che ha ritrovato la propria terra.
Tutto il male gli sembrava lontano, ma certo non dimenticato; il se stesso
afflitto era come un fantasma tornato nel proprio sepolcro, e lui navigava
in un beato stato di pace, sprofondato nel letto caldo e tra le generose,
amorevoli braccia di Matthias.
Lisciò lieve i capelli spettinati del ragazzo ancora addormentato e con il
pensiero lo benedisse per averlo salvato, per averlo riaccolto nel loro
eden. Matt gli faceva tenerezza, così completamente stretto a lui,
avvinghiato a tal punto da impedirgli di muoversi, di spostarsi, come per
assicurarsi che non scappasse. Era per certi versi un uomo più forte di
lui, e per altri un bambino bisognoso di protezione, un fanciullo dal
cuore purissimo.
Avrebbero potuto vivere anche l'uno senza l'altro, ma mutilati ed
emotivamente incompiuti; perché le loro anime avevano margini frastagliati
ma che tra loro combaciavano alla perfezione, e solo unendosi creavano un
intero.
Dopo quella che fu probabilmente una mezz'ora sentì il corpo allacciato al
suo muoversi torpidamente, con un profondo sospiro; capì che Matthias si
stava svegliando, e lo scorrere del tempo si arrestò.
Due splendidi occhi nocciola lo fissarono ed una bocca dalle labbra rosee
si mosse a comporre il suo nome, con un sorriso incerto, con speranza e
fiducia nella voce.
Matthias in realtà già sapeva di avere vinto, ciò che desiderava era solo
di averne la conferma; avrebbe così ritrovato *completamente* il ragazzo
che amava. Voleva riavere da subito non solo il romanticismo, la passione
e la forza, ma anche l'ironia, il divertimento, il bizzarro umorismo con
cui lo aveva punzecchiato sin dal primo momento.
Voleva sia le lacrime e i sorrisi, voleva *lui* completamente, per questo
lo chiamò.
"Keith?"
...........
Lui gli posò una mano sul viso, guardandolo a lungo e ringraziando
chiunque gli avesse permesso di possedere tanta ricchezza.
"Sono qui."
Rispose.
Il tempo riprese a scorrere, l'universo a girare, e le loro vite
iniziarono ancora una volta.
-------------------FINE (X ORA)----------------------
Bien, eccomi.
Che devo dire? Scrivere questa fic è stato bellissimo, ed è stato
bellissimo ricevere i vostri commenti..... questa è anche la prima volta
che scrivo qualcosa di così lungo finendolo.... senza distruggerlo a metà
strada disgustata dalla pochezza del tutto.
Ho riflettuto molto sulla fine...... sapevo da sempre come sarebbe andata
tra Jael e Rain, mentre ero molto indecisa per Keith e Matt; confesso che
fino all'ultimo ho avuto in animo di uccidere Keith, mi sembrava una cosa
meravigliosamente tragica, e poi mi piace scrivere scene di morte!
Così era combattuta tra un riavvicinamento, la morte, o il farli lasciare
per sempre. Avevo anche pensato di scrivere tutto così com'è ora fino agli
ultimi paragrafi... solo con Matt che quando si sveglia trova Keith morto
a causa di un quale ictus (magari dovuto allo stress). Sarebbe stata una
gran cosa da scivere, no? Ci si poteva davvero mettere dell'intensità
emotiva.....
Poi però ho pensato che la vita fa già schifo di suo, e che almeno in una
fic, per una volta, si possono far finire bene le cose.Magari il finale
sembra un po' brusco, non so.... ma volevo che fosse ben definito e 'puro'....
e che lasciasse ben sperare per il futuro.
Ah, e non mi sono 'plagiata' da sola: volutamente le ultime battute
somigliano a quelle in cui Matthias ricorda la vita precedente! Mi
piaceva, lo trovavo 'significativo'.
.....O forse sono solo io che dovrei smetterla di bruciare l'incenso
mentre scrivo, specialmente quello all'oppio! ^^
Grazie a tutti, come sempre e più del solito, per la lettura e la
pazienza!
Unmei
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