In un paese d'estate

parte XXVI

di Unmei


@ "Capodanno?"
"So che sembra presto, ma è meglio prenotare con un buon anticipo..... allora, dove ti piacerebbe andare?"
Guide turistiche delle città più belle d'Europa erano sparse per il letto, e Matthias stava sfogliando quella di Praga. Avevano cinque giorni di vacanza disponibili per un piccolo viaggio invernale, e Keith gli aveva detto 'scegli quello che vuoi, a ragionevole portata di aereo.'
Sapeva che stava dicendo il vero, che qualsiasi meta avesse deciso lui lo avrebbe portato, fosse stata Atene, Vienna o Amsterdam e, insistendo un po', era certo che Keith avrebbe acconsentito anche ad accompagnarlo a scalare il Karakorum.
"Uuhmm..... senti, non potremmo....."
Matt aveva detto, rigirando la rivista tra le mani.
"Dimmi."
"Non potremmo tornare in Scozia, a casa tua?" 
Keith lo aveva fissato per qualche istante da sotto le sopracciglia inarcate,, probabilmente un po' spiazzato dalla richiesta; dopotutto gli stava offrendo un viaggio in qualche capitale sfavillante e piena di storia e divertimenti, e lui preferiva un piccolo paese sperduto in una valle fredda? 
"Faremo tanti viaggi, in futuro, ma questo primo capodanno insieme voglio che sia solo per noi due. Non voglio cenare in un ristorante pieno di sconosciuti, con veglione organizzato..... Io voglio mangiare con te davanti al fuoco del camino, e quando suonerà mezzanotte fare l'amore in un letto......che sia il nostro, e non quello di un albergo."
L'espressione di stupore si cancellò dal viso di Keith per lasciare il posto ad un largo sorriso.
"Capisco. E senza preoccuparci di farci sentire dai vicini di stanza, vero?"
Matthias aveva chiuso la rivista, ridacchiando e sentendo un leggero calore colpevole scaldargli le guance.@

Era successo solo una settimana prima, ma gli sembrava un tempo ancor più irraggiungibile della sua vita passata; Matthias correva verso casa, ripensando agli ultimi giorni trascorsi, e a tutta la sua relazione con Keith. A come si era sentito sereno, amato, a quanto aveva riso, sorriso, a quanto si era commosso, ed eccitato, e divertito e sentito importante. Pensò alle sere in cui Keith era stanco, tanto da addormentarsi sul divano, con la testa poggiata sulle sue gambe. Pensò agli scherzi, alle chiacchierate fatte al buio, su progetti assurdi ma forse nemmeno tanto irrealizzabili: bastava essere in due perché qualunque cosa gli sembrasse possibile.
Pensò anche al loro unico litigio, all'infelicità e all'incompletezza che aveva inflitto ad entrambi, e tentò di moltiplicare quelle sensazioni per una vita intera, e l'idea lo schiacciò.


*****

Rain si scosse: il senso di costrizione che lo aveva imprigionato per tante ore era all'improvviso scomparso, la pesantezza e l'oppressione svaniti; il muro contro cui la sua volontà non aveva cessato di scagliarsi inutilmente, nel tentativo di infrangerlo, era crollato da sé.
La libertà, il controllo sulle proprie azioni! Avere riacquistato quei beni era una sensazione straordinaria e deliziosa in maniera inverosimile, inoltre avvertiva un piacevole e caldo formicolio che lo percorreva completamente, fornendogli un'energia profondamente protettiva; non ricordava di essersi sentito così bene da molto tempo. Forse perché non si era mai reso conto di quanto fosse prezioso e indispensabile essere padrone di se stesso, ed ora era certo che non avrebbe mai perdonato chi l'aveva privato delle proprie decisioni, calpestando la sua volontà.
Non avrebbe dimenticato la sua superbia, l'indifferenza..... indifferenza portata fino in fondo, nel voltargli le spalle, andandosene senza nemmeno guardarlo negli occhi, quando lui ne aveva ogni diritto. 
Gli aveva confessato di amarlo, ma poteva continuare ad affermarlo, ora? Non pretendeva che lo ricambiasse ad ogni costo, ma dopo una tale mancanza di rispetto, dopo quell'oceano invalicabile che si era aperto fra loro..... quanto poteva sopravvivere l'amore?
Era come togliere ad un incendio tutto l'ossigeno: le fiamme si spegnevano, morivano.
Bene allora, non importava....amore, inutile complicazione, giusto?..... non importava nemmeno più l'amicizia, che gli era stata negata. Agli esseri umani, romanticamente, piaceva credere quei sentimenti eterni, e la vita umana era così breve che l'idea simile poteva quasi essere vera, ma per loro un ideale del genere era semplicemente ridicolo.

[Quali bugie vai raccontandoti, quando hai davanti agli occhi un amore che dura da secoli? Ne sei sempre stato convinto: un sentimento autentico non viene sbiadito dagli anni, ma approfondito. Già..... un sentimento autentico, però.]

E per *quel* sentimento lui poteva ancora fare qualcosa, anche da solo, senza l'aiuto di nessuno, a costo di portare Matthias di peso sin da Edg. Da solo avrebbe agito, e da solo ne avrebbe subito le conseguenze, fossero esse disastrose o positive. Da solo, e senza rimpiangere niente e nessuno
Così, finalmente libero di varcare i diversi piani di esistenza, gli bastò concentrarsi su Matthias per ritrovarsi nell'appartamento londinese del ragazzo.

*********

La Cornovaglia lo aspettava, ma Matt non aveva alcun mezzo per raggiungerla; avrebbe potuto prendere il treno, ma una volta giunto a destinazione non avrebbe saputo con cosa muoversi da solo..... gli serviva al più presto un mezzo di trasporto. 
La moto di Andrew!
Se la sarebbe fatta prestare..... e dopo tutti i compiti di matematica che gli aveva passato, il suo amico doveva pur sdebitarsi in qualche modo. Lui non aveva mai guidato una moto, ma immaginò che non doveva essere poi difficile, come una bicicletta su cui non era necessario pedalare.
Beh, forse.
O era meglio chiedere la macchina di sua nonna? Era una vecchia e solida mini, probabilmente sarebbe stata più comoda e ci si sarebbe trovato più a suo agio che sul rumoroso trabiccolo del suo amico.
Salì di volata le scale fino all'appartamento e spalancò la porta, correndo in camera da letto senza nemmeno chiuderla. Si levò il giubbotto e la felpa e indossò sulla pelle nuda il maglione di Keith al quale aveva dormito abbracciato quella notte. Era abbondante per lui: le maniche troppo lunghe e lo scollo, già ampio per il legittimo padrone, gli lasciava le clavicole e metà delle spalle completamente scoperte. Non gli importava, ciò che contava era la piacevole, rassicurante sensazione che quell'indumento gli dava, quasi come essere sempre nel *suo* abbraccio profumato di colonia.

Prese qualche soldo dal cassetto del comodino e si rimise il giubbotto, poi fece un giro della stanza, nervoso ma più che mai risoluto: avrebbero avuto il loro capodanno insieme. 
Uscì a passo deciso nel corridoio e fu lì che finì addosso a Rain, che, se fosse stato umano, sarebbe sicuramente finito a terra.
Matthias fu sul punto di gridare, visto lo spavento. Quello era già il secondo bizzarro incontro della giornata, e anche più sconvolgente del primo; chissà tra i due chi aveva appreso dall'altro la bella abitudine di comparire all'improvviso terrorizzando il prossimo.
Era più che mai felice di vederlo però, per i suoi occhi comprensivi e per quell'idea di intimità che gli pareva di condividere: non aveva dimenticato la chiacchierata di un paio di mesi prima, e i timori sentimentali di Rain. Avrebbe voluto chiedergli come andavano le cose, se aveva trovato il modo di parlare dei propri sentimenti anche con chi ne era l'oggetto..... ma solo dopo aver risolto il proprio problema.

"Devi andare da Edg!"
"Devo andare da Keith!"
Esclamarono simultaneamente, e rimasero qualche secondo a fissarsi stupiti.
"Beh, sono contento di sentirti ragionare! - disse Rain, sollevato - Sono venuto qui credendo di doverti faticosamente convincere a tornare con Edg..... nonché calmare da un incombente esaurimento nervoso..... invece ti trovo bene!"
"Se puoi portami da lui al più presto, per favore!"
"Facile! Ci vorrà solo un attimo."
Rain era letteralmente raggiante all'idea di vederli presto rappacificati e non attese un secondo; impaziente quanto il giovane umano, prese Matthias per un braccio e trasportò entrambi nella stanza d'albergo dove aveva parlato Keith la sera precedente.

L'esperienza di essere trasferito fisicamente non fu molto piacevole per Matthias; gli scombussolò lo stomaco e gli fece girare la testa; qualcosa di diverso da quello che lo aveva aggredito quando aveva sperimentato il potere di Jael. Mentre con il primo era stato come cadere in un baratro gelido, questo gli dava una sensazione di movimento veloce, violento, come una brusca accelerazione.
Intuì il perché, ragionandoci su senza nemmeno rendersene conto: Jael aveva rivoltato la sua mente, creando dai suoi ricordi il fantasma della casa dove aveva abitato e degli eventi che vi erano accaduti, ma non lo aveva materialmente spostato dal negozio; Rain invece lo aveva realmente portato in un altro luogo, e quell'anomala maniera di viaggiare non aveva un effetto particolarmente piacevole sul suo senso dell'equilibrio.
Poteva ben sopportare un lieve malessere, a paragone del fatto che stava per riabbracciare Keith..... però in quella stanza Keith non c'era proprio.
Lui era perplesso e Rain si guardava intorno spiazzato; il letto era intatto, con le coperte perfettamente tese, a parte la leggera spiegazzatura rimasta dove Keith si era seduto. Di sicuro non aveva dormito lì ed era impossibile che la cameriera fosse già passata a riordinare la camera, poiché erano solo le otto del mattino passate da poco.

"Non capisco..... eppure..... lo avevo lasciato qui!"

[Guarda che non è mica un oggetto!]

Avrebbe voluto ribattere Matthias, ma si trattenne; per un attimo, un solo istante, la sua speranza vacillò. Non trovare lì Keith gli fece pensare 'non c'è perché non desidera vedermi, perché ho davvero esagerato e non mi vuole più', e ci credette davvero.
Cacciò quel pensiero con tutta la forza di cui era capace; Keith non lo avrebbe abbandonato
/ Non si sarebbe comportato come lui / 
.....forse però sarebbe stato arrabbiato, per le parole e la sfiducia ricevute. Avrebbe compreso una reazione simile: compreso, accettato, e quasi sperato. Desiderava che si sfogasse, in qualche modo, che liberasse tutti i dolori e le angosce che lo avevano tormentato, e se per farlo gli avesse mollato un paio di ceffoni, a lui sarebbe andato più che bene.....pur di aiutarlo, pur di fargli capire quanto fosse pentito.

"Che sia già uscito? Ma per andare dove, così sconvolto?"
"Rain, quand'è stato che Keith si è trovato in questa stanza?"
"Ieri sera, saranno state circa le otto. Era uscito dall'ufficio, l'ho tenuto d'occhio perché non combinasse qualche idiozia; poi l'ho accompagnato qui e ho cercato di persuaderlo a tornare da te, un tentativo completamente inutile."
"Aspetta, mi stai dicendo che ci troviamo ancora a Londra?"
"Beh, sì..... dove dovremmo essere?"
"In Cornovaglia! Jael mi ha detto che Keith, anzi Edgard, era tornato alla sua vecchia casa, e così - "
"Un attimo! CHI ti ha detto COSA?"

******************

Mentre Matthias spiegava velocemente quanto era avvenuto poco prima, sul viso di Rain sfilò una gamma di espressioni piuttosto considerevole, e che coprivano tutta la scala che andava dallo scettico, all'incredulo, allo stupefatto, per poi concludersi con un cipiglio vagamente irritato.
"Prima critica, dicendo che la mia idea equivaleva a intromettersi poi troppo, e poi fa di peggio! Un motivo in più per litigarci di nuovo..... quel dissociato mentale! Ma quando lo ritrovo....."
"Ah..... ehm..... è successo qualcosa dall'ultima volta che abbiamo parlato di lui?"
Chiese Matt, un po' imbarazzato da quello sfogo, nonché meravigliato dal fatto che il rosso sembrasse ignorare completamente le azioni del biondo, mentre lui era convinto che avessero agito di comune accordo. Senza contare il fatto che la volta in cui avevano parlato insieme dei sentimenti di Rain quest'ultimo era sembrato più che altro amareggiato, mentre ora sembrava..... arrabbiato, punto e basta.

"Non farci caso.....comunque non ho voglia di discuterne. E poi il problema urgente adesso è il tuo."
"Sì, ma..... mi dispiacerebbe molto se fosse successo qualcosa di male tra voi. Gli hai poi parlato, riguardo ciò che provi per lui?"
"Oh, sì. Credo che non gliene importi niente. Penso anche che non voglia più avere a che fare con me, ma questo doveva essere qualcosa su cui meditava da tempo. In ogni caso i miei sentimenti non gli interessano, e nemmeno quelli degli altri."

Matthias lo guardava senza parole, pentito della domanda che aveva posto; non era bello far parlare le persone dei propri dolori, soprattutto quando non si sapeva come consolarle. Sentire quel tono, così amaramente rassegnato, screziato di acre ironia, sorpassava di molto quello che la sua sensibilità riusciva a sopportare. Empaticamente sentiva il suo dolore, e avrebbe voluto aiutarlo, come Rain aveva aiutato lui.
"Mi dispiace, Rain, davvero..... ma ne sei davvero certo? Perché non gli parli ancora? Dire che non gli importi mi pare..... esagerato. Quando era con me mi è sembrato..... non so come spiegarti."
"..... provaci."
"A me è sembrato più disincantato su se stesso che indifferente agli altri..... e certo tu lo conosci meglio di me, ma se come affermi non gli importa di niente, perché è venuto a parlarmi, a mostrarmi la verità?"

A Rain parve di sentire una vaga speranza prendere forma, ma la soppresse dicendosi che era inutile farsi illusioni: aveva detto chiaramente di non avere intenzione di aiutarlo.

Però poi lo aveva fatto, a modo suo. 
Ora non voleva pensarci..... non poteva farsi distrarre, e cambiò discorso con tutta la naturalezza che gli era possibile.

"Dunque Edg non è più a Londra..... può darsi che, invece di andarsene a dormire come avrebbe dovuto, ieri sera si sia messo in viaggio. Incosciente, bevuto com'era -"

"Che?!"

[Uuhh, che stupido!]
Pensò Rain di se stesso e si affrettò a smentire le parole appena pronunciate, agitando una mano come per cancellarle da una lavagna, mentre sorrideva impacciato.
"Ah, no, no.....intendevo solo dire che era un po' svagato." 

"Davvero?"
Matthias era un po' esitante, e si accorse di avere improvvisamente i nervi a fior di pelle
"Se gli fosse accaduto qualcosa di grave lo avrei sentito, non temere. E poi non gli avrei mai permesso di farsi del male, te lo garantisco."

Matt gettò ancora un'occhiata alla stanza, e poi tornò a rivolgersi a Rain.
"Tu potresti portarmi da lui così come mi hai trasportato qui?"
"Potrei, certo, ma..... già mi sembra che già la piccola distanza che abbiamo coperto ora non ti abbia fatto molto bene, e gli effetti sono proporzionali allo spazio percorso. Portarti fin laggiù.....beh, non lo troveresti divertente."
"Significa che potrei subire dei danni?"
"Non ti farebbe male, ti *sentiresti* male, più che altro. E parecchio, anche: come a scendere da tre ore e mezzo di montagne russe, ma non subiresti alcuna conseguenza permanente."
"Allora fallo! Che vuoi che mi importi di un po' di nausea, o di un giramento di testa? Devo essere da lui subito, devo riparare alle mia parole. Io non ho capito nulla..... ho visto solo il mio dolore, la mia paura, ho ignorato la sua infelicità anche se potevo leggergliela sul viso. Gli ho voltato le spalle, l'ho accusato, cacciato via, sono stato egoista, io.....io....."
Matthias, vicino al crollo, si interruppe e chiuse gli occhi, respirando profondamente; sentiva di stare agitandosi e sapeva che era l'ultima cosa da fare.
"Io avrei dovuto comprendere, guardare oltre le apparenze ..... portami da lui, per favore."

Era davvero deciso, il ragazzo: la sua voce era emozionata, ma negli occhi oltre il pentimento aveva solida determinazione. Si sentiva più leggero, come se la crisi fosse già passata, come se niente al mondo potesse andare male, come se Keith fosse già lì.
Forse tutte quelle sensazioni positive, tutta quella sicurezza, sarebbero sbiadite alla resa dei conti, quando avrebbe dovuto consolare, e non essere consolato; forse avrebbe ceduto e si sarebbe sciolto in lacrime, e avrebbe stretto forte Keith senza riuscire a parlare..... ma lui avrebbe capito.
Avrebbe compreso il significato di quel pianto, e avrebbe ricambiato l'abbraccio, e gli avrebbe detto 'va bene', lo avrebbe baciato, e sarebbero tornati a casa insieme. Ed un giorno, ricordando quei momenti, sarebbero stati anche in grado di riderne, di guardare a loro stessi come a dei ragazzini inesperti che si erano capiti male, e ricordare tutto come un ammonimento.

"Va bene. Dammi la mano." 


*******

"E vedi anche di sbrigarti, Rain, perché non resisterò a lungo."

Tenere inchiodato il suo impulsivo compagno era stato facile, anche troppo, ma ora opporsi agli ufficiali che cercavano di rintracciare entrambi, per portarli a forza davanti al Consiglio, stava bruciando ogni grammo della sua forza. Li sentiva incombere, pressanti, ed era ben conscio che si trattava solo di una questione di tempo, prima di soccombere.
Poteva schermare se stesso e Rain solo per altri pochi minuti e poi avrebbe dovuto arrendersi a un'energia più grande della sua..... e giustamente pagare per aver ignorato ordini precisi. 
Strano però..... infrangere gli ordini con il permesso di farlo. 
Perché così era andata, e così ancora stava andando: Lariel si era sicuramente accorto di quanto stava facendo, e lui in persona avrebbe potuto bloccarlo in qualsiasi momento, in una frazione di tempo tanto breve da non essere neppure misurabile. Avrebbe potuto cancellarlo con un gesto, ne aveva il diritto e la capacita.
Invece gli aveva concesso di spingersi fino a quel punto e di cambiare il corso degli eventi, rendendogli il gioco difficile, ma non troppo; Il Sommo lo stava osservando, non aveva alcun dubbio.
Forse tollerava la sua insubordinazione perché ne comprendeva il motivo, e lo condivideva, o forse si stava solo divertendo a lasciargli credere di poter fare le cose a modo suo. La cosa certa era che Lariel doveva avere i suoi scopi perché, se come dicevano in tanti, loro due si somigliavano, allora anche il Sommo stava sempre ben attento ai propri tornaconto personali, prima di agire. 
O di non agire, in quel caso.
La ragione non aveva più importanza: nel vedere il suo compagno e il giovane umano scomparire seppe che una metà del suo intento era stata probabilmente raggiunta e che lui avrebbe ottenuto ciò che voleva.
Per i due amanti non poteva fare nient'altro, e per Rain..... per Rain aveva già fatto tutto.

*****

L'avvertimento di Rain non era stato eccessivo, anzi: tornò quell'impressione di spostamento violento, ma molto più intensa. Una sensazione simile all'esser trascinato da una corrente, all'essere schiacciato tanto forte da sentir scricchiolare le costole, all'avere la bocca e gli occhi pieni di spilli.
Stava davvero accadendo? Essere trasportato in quel modo da un luogo all'altro era una sfida alla fisica, era una cosa per cui sarebbe stato guardato come un pazzo, se avesse provato a raccontarla. A pensarci bene c'erano tante cose ormai nella sua vita che a esser narrate avrebbero causato il medesimo effetto.

Giunsero in pochi minuti, o forse solo pochi secondi, non riusciva a discernere con precisione il tempo.
Crollò in ginocchio, scosso dai conati di nausea. Erano profondi, acuti e dolorosi, ma andavano a vuoto, riempiendogli la bocca di acido e gli occhi di lacrime provocate da quello sforzo anormale. Era digiuno da giorni, il suo corpo non aveva niente da rigettare, ma nonostante ciò la crisi durò alcuni minuti, e finì con il vomitare solo acri dei succhi gastrici. 
Restò chino a riprendere fiato, tremando violentemente, placando gli spasmi che gli attraversavano il torace. Le guance bruciavano, gli occhi erano umidi e si sentiva drenato di ogni energia; il vento freddo che gli batteva sul viso non tardò a schiarirgli la mente, e lo costrinse a stringersi nel giubbotto per trattenere un po' di tepore. Rimase a fissare ipnotizzato il proprio respiro che si condensava in nuvolette, e gli sembrava irreale, un lattiginoso dipinto sospeso nell'aria.

"Tutto bene?"
Due mani poggiate sulle sue spalle, che lo massaggiarono leggermente, donandogli un po' d'energia, calda e benefica, simile al conforto di un letto morbido quando si è terribilmente stanchi, o all'abbraccio sincero di un amico quando si è mortalmente tristi: così dolce e benevolo da essere commovente.

"Va meglio, sì...... sono solo un po' sottosopra."
Rispose Matthias alzandosi; nel giro di qualche secondo gli tornò l'equilibrio, ma le gambe erano ancora molli e i primi passi che fece furono incerti e traballanti come quelli di un'infante. Preferì fermarsi per qualche momento e guadagnare un maggior controllo, piuttosto che cadere rovinosamente a terra. 

"Con calma, Matthias, ormai sei qui. Ecco, bevi un po' di questo."

Matthias fiutò la bevanda che Rain gli aveva offerto in una bianca tazza fumante, produncendola come al solito da chissà dove; aveva un profumo leggero che gli era familiare, ed un colore pallido, e all'assaggio scoprì un sapore conosciuto.
"Acqua e salvia - disse - me lo preparava anche mia nonna, quando stavo male."
"I rimedi delle nonne sono sempre efficaci."
Affermò Rain con una scrollata di spalle..... fossero esistiti anche rimedi per i sogni svaniti ed i cuori infranti ne avrebbe bevuto volentieri una tazza o due anche lui.

Il sole ormai era quasi completamente sorto, ma la sua luce faticava a trapassare gli spessi nuvoloni che riempivano il cielo; il vento era una lama che feriva il viso e scompigliava i capelli, e nell'aria l'odore dell'ozono era pungente. La pioggia era imminente , e se non si fosse sbrigato a trovare Keith si sarebbe probabilmente inzuppato.
Pioggia.....
Pioveva il giorno in cui si erano incontrati, quando lui aveva guardato negli occhi di 'Edgard' senza riconoscerlo, e se ora la loro riunione fosse avvenuta ancora sotto la pioggia lui avrebbe amato per sempre quell'acqua che scendeva dal cielo, anche i temuti e angosciosi temporali. Avrebbe alzato il viso, accogliendo le gocce fredde come lacrime benedette che non sarebbe stato lui a piangere.
Mandato giù l'ultimo sorso di tisana la tazza gli svanì dalle mani, lasciandogli solo una sensazione di tepore su di esse a testimonianza della propria passata presenza.

"Sono già stato qui."
Mormorò Matthias, guardandosi intorno. 
Quella che provava non era una comune sensazione di dejà vù, non un'impressione sfocata che ignorava il come e il perché della propria esistenza: lui conosce, lui *sapeva*.
Nonostante tutti i cambiamenti, nonostante lì avrebbe dovuto esserci un villaggio che invece era scomparso, cancellato dai secoli, dalle guerre e gli spostamenti, lui riconosceva il posto come se ci avesse sempre vissuto.
Si trovava in mezzo ad un campo incolto, vicino ad una strada, ed alle sue spalle erano visibili, a non eccessiva distanza, gli edifici periferici di una qualche città. Davanti a sé invece, a solo qualche di centinaio di metri di strada in salita, vedeva le rovine di quello che un tempo era stato il castello della famiglia di Edgard. Distingueva i resti delle diverse mura di cinta, alcune torri quasi perfettamente conservate..... 
Ecco ciò che restava di tanta ricchezza, di nobiltà e orgoglio, potere e distinzione: rovine tra le quali i turisti scattavano foto, e una stirpe la cui diretta linea di sangue si era già estinta da secoli.
Keith era lì, in mezzo ai fantasmi; era andato a cercare il passato per rifuggire il presente, lui, che non era mai indietreggiato davanti a nulla.
"Rain, è da quella parte! Dobbiamo fare..... presto."
Terminò confuso Matthias, accorgendosi che Rain non era più con lui. Ma cos'era quell'abitudine di comparire e scomparire senza preavviso? Era decisamente disorientante!
"Comunque grazie per avermi portato sin qui!"
Esclamò, sperando che in qualche modo l'altro lo potesse sentire

****************************************
Un attimo prima si trovava con Matthias ed ora l'ambiente che lo circondava non era più quello di un grigio autunno, ma l'etereo, fulgido splendore della Salone del Consiglio, e tutti i suoi membri lo stavano osservando. Così come il triumvirato dei Sommi e le statue di traslucido cristallo nelle nicchie..... così come Jael accanto a lui e che, magari però si stava sbagliando, aveva un vaghissimo sorriso soddisfatto stampato sul volto. I ricami dorati sul suo abito luccicavano come se avessero imbrigliato la luce e la sua immagine si rifletteva nel pavimento semitrasparente come se si specchiasse nelle acque di un lago di montagna.
Lo stupore fu tanto da fargli dimenticare per un momento tutto quello che era accaduto tra loro l'ultima volta che si erano visti, e tutto ciò che desiderava dirgli.
"Ma che sta succedendo?"
Il biondo non rispose, ma distolse gli occhi da lui per volgerli verso Lariel, seduto al centro dei tre; egli ricambiò lo sguardo e fece un gesto distratto con il braccio; pronunciò una sola frase, che zittì il brusio di tutti i presenti: 
"Il processo abbia inizio."

**************************************************

Il fuoristrada argentato, uno di quelli di lusso, costosissimi e con tanto di interni in pelle, era stato frettolosamente parcheggiato; la portiera era stata lasciata aperta e la chiave d'accensione era ancora inserita, benché il motore fosse spento. Un adesivo sul lunotto posteriore informava che si trattava di una vettura a nolo di un'agenzia di Londra, e sebbene l'interno fosse del tutto impersonale, cosa normale, in un'auto di quel genere, intuì che doveva trattarsi di quella usata da Keith per giungere fin lì.
Prese la chiave e chiuse la vettura, tirò le maniche del maglione a coprirgli le mani per scaldarle, e poi si mosse per coprire la breve distanza che ancora lo separava dalle vestigia del castello, decidendosi a chiamare a voce alta il nome del suo compagno; la sua voce gli sembrò terribilmente piccola di fronte al silenzio che la circondava.

**********************


*********************

Affaticato dalla salita superò ciò che restava delle alte mura di cinta, camminò tra i ruderi di grigia pietra, resti di scalinate ricoperti di muschio, pareti dalle strette feritoie. Proprio lì, dove stava muovendo i suo passi, aveva incontrato Edgard la prima volta; ricordava bene le sue parole e la voce, che non aveva ancora del tutto acquisito la profondità che avrebbe posseduto in seguito, ma che già era calda e gentile.

..... ..... "Credo che quella sia troppo pesante per te. Non avresti dovuto caricarla tanto."..... .....

Ecco, lì un tempo c'era il granaio, e vicino la legnaia, ed una delle abitazioni dove dormivano i servi e gli artigiani che vivevano all'interno del castello.
Dalla parte opposta gli alloggi delle guardie, e lì accanto le stalle..... tutti edifici in legno, di cui non era rimasto più nulla. E poi, ormai davanti a lui, ciò che restava del grande edificio centrale: muri crollati ed altri che sembravano intatti, archi, consumati fregi gotici, finestre che davano sul vuoto cielo grigio, altre che si aprivano sugli interni semisventrati, saloni abbandonati al piano terra dove ormai cresceva l'erba.
Avrebbe potuto avventurarsi all'interno del rudere, ma lasciò che la tentazione restasse tale e preferì scegliere un altro percorso che lo portasse alla corte interna, aggirando quelle vecchie stanze. Il suo cuore intanto batteva come se si trovasse all'esterno del petto.

****

C'era ancora il pozzo! E la fontana, dove era ancora visibile qualche traccia del mosaico che la decorava un tempo: alberi, fiori e strani animali, immagini così consumate che solo lui, che le aveva ammirate quando erano nuovo e nitide, poteva distinguere chiaramente cosa fossero.
Solo lui, e Keith, che pure era lì.
Il cuore di Matthias fece un balzo, si fermò, riprese a tamburare.
Keith era seduto a terra, una gamba distesa davanti a sé, l'altra indolentemente piegata, la testa china, le braccia lungo i fianchi. Era appoggiato ad un muro dove, qualche metro più su, si aprivano le finestre di quella che era stata la loro camera. A Matt sembrò di poter vedere l'immagine dei due sfortunati amanti, lì affacciati a guardarli, attendendo che rimettessero le cose a posto. Edgard ed Ewan erano lì, l'uno accanto all'altro, cingendosi a vicenda con un braccio, insieme come era giusto che fossero.
'Salvalo da se stesso, dalle colpe che è convinto di avere'
Dicevano con il loro silenzio.

Keith alzò la testa, spostò lo sguardo, e lo vide.
Il suo viso non mutò espressione, ma in risposta il suo corpo fu interamente percorso da un tremito; non si mosse, né parlò; quella per lui era una visione tra le altre che si erano mosse davanti ai suoi occhi.
Matthias non poteva essere lì, non ne aveva il motivo..... era lui, che lo desiderava così fortemente, ad aver creato la sua immagine; anche se si trattava di un gioco della sua mente, un'illusione dovuta a quelle due terribili notti insonni, il desiderio di stringerlo era reale come non mai.
Non riusciva ad alzarsi, però; ad essere sincero non ci stava nemmeno provando: la stanchezza era troppo pesante e densa, e se quella era una sua fantasia sarebbe stato sufficiente immaginare che Matthias fosse proprio accanto a lui, per prenderlo tra le braccia. Bastava desiderare che fosse lì vicino, che non fosse più arrabbiato e che non lo odiasse.

Erano pensieri che Matthias non poteva conoscere; tutto ciò che sapeva era che Keith lo aveva visto e non aveva mosso un muscolo, né detto una parola. Aveva abbassato lo sguardo senza concedergli un cenno né un sorriso, e quell'indifferenza lo preoccupava terribilmente.
Si comportava così perché non aveva intenzione di perdonarlo, e di tornare insieme? O era spezzato al punto di non voler reagire, di soccombere senza lottare?
In entrambi i casi avrebbe preferito qualsiasi cosa a quel distacco angosciante, anche l'ira, anche un pugno.
[Dimmi quanto sono stato stupido, e picchiami se servirà a farti sentire meglio, dico davvero..... ma dopo perdonami, ti prego.]

Si avvicinò a lui lentamente; avrebbe voluto correre, ma gli sembrava che la fretta non si addicesse a quel luogo. Avrebbe voluto gridare ancora il suo nome, ma tra quei resti le voci non dovevano alzare il tono.
Gli si inginocchiò accanto e osservò il viso cereo, gli occhi chiusi, e si accorse che ogni parola che aveva avuto in mente di dirgli appariva improvvisamente inadeguata. Keith indossava un paio di pantaloni scuri ed una camicia di velluto, ma nient'altro; quel freddo e l'aria umida avrebbe finito con il farlo molto male; Matthias si levò il giubbotto e lo posò sulle spalle di Keith; era piccolo per lui, ma gli avrebbe fornito almeno un po' di calore. 
Non poteva stargli così vicino senza fare niente, e obbedì all'impulso di baciarlo; solo un casto tocco sulla guancia gelida, un gesto per richiamare la sua attenzione.

**************

Tepore, labbra morbide, così morbide che potevano appartenere solo a Matthias..... a quello vero, in carne ed ossa, non ad una creatura della sua immaginazione. Si voltò e lo vide lì, accanto a sé, che gli sorrideva commosso. L'angelo disse il suo nome.
"Keith."
Una volta sola, una parola in cui aveva messo tutto il cuore. 
Era stupito davvero, Keith.
Stupito e sconvolto. Matthias era lì, Matthias lo aveva trovato.
Matthias gli sorrideva, pieno di tenerezza, e gli accarezzava il viso con mani tiepide, e si sporgeva verso di lui per abbracciarlo.

E Keith lo spinse via.


________C_O_N_T_I_N_U_A_______________


Ecco lì, li lascio tutti nelle curve, ah ah ah!!!! 
Grazie per la solita pazienza!

Chu

Unmei




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