In un paese
d'estate parte
XXV
di Unmei
XXV
Il marciapiede era bagnato, non per via della pioggia ma a causa della mattutina nebbia umida che ammantava la città. Il cielo era ancora buio e sembrava sera, più che mattina; era terribilmente presto, ci sarebbe voluta più di un'ora perché le strade cominciassero ad animarsi veramente e Matthias camminava lentamente, un po' infreddolito, conscio che sarebbe arrivato alla libreria in larghissimo anticipo sull'orario d'apertura, ma la cosa non gli importava molto.
Anzi..... meglio così: nell'attesa si sarebbe preparato una tisana bollente, per confortarsi un po', e avrebbe iniziato a preparare gli ordini della settimana.
Sempre meglio che restare a casa..... l'appartamento vuoto gli sembrava estraneo e silenzioso, ed era pieno delle tracce della presenza, ora passata, di Keith: i suoi vestiti nell'armadio, il romanzo sul comodino con il segnalibro d'argento verso la metà, il cd di Jeff Buckley rimasto nello stereo, l'appunto, su un post it appiccicato sullo specchio in entrata, di ritirare gli abiti in lavanderia.
Quello che stava iniziando era solo il secondo giorno senza di lui, ma le ore sembravano essersi trascinate tanto faticosamente da dargli l'impressione che fossero trascorse settimane, e i giorni felici apparivano lontanissimi come i ricordi di un tempo già finito.
Entrò nel negozio dal retro, accese le luci e si tolse il giaccone, sospirando: si augurò di trascorrere una giornata più tranquilla della precedente, riuscendo a non farsi prendere troppo palesemente dallo sconforto, attirando l'attenzione. Per fortuna poteva incolpare la malattia appena trascorsa per il suo strano umore e lo sguardo lucido, senza dover dare troppe spiegazioni.
Il sig. Maxwell, il proprietario della libreria, era stato davvero gentile, dicendogli che se non si sentiva ancora bene poteva tranquillamente prendersi qualche altro giorno di riposo, piuttosto che rischiare una ricaduta. Lui aveva però rifiutato: restare tutto il giorno in quell'appartamento vuoto?
Non era nemmeno pensabile, si sarebbe sentito ancora più a terra, ancora più solo, ferito e scoraggiato, quando invece doveva attingere ad ogni forza dentro di sé, anche la più piccola e misera, apparentemente insignificante, per guarire.
"Ma le tue forze verranno presto meno: vi siete appoggiati troppo l'uno all'altro per poter stare da soli, adesso."
Matthias sobbalzò, voltandosi verso l'angolo della stanza da cui era provenuta la voce. Per un attimo la sua mente formulò l'ipotesi che l'intruso doveva essere un ladro, e che lui non aveva niente a portata di mano per difendersi.
Poi la ragione gli fece notare che un delinquente lo avrebbe aggredito alle spalle, avendone la possibilità, e certo non si sarebbe intrattenuto in chiacchiere a quel modo.
Infatti la persona che Matthias vide non fu un rapinatore, ma Jael, che lo scrutava enigmatico.
"Buongiorno Matthias, ti stavo aspettando."
Il ragazzo fu talmente stupito dal trovarlo lì da riuscire a mormorare solo un perplesso 'ciao'. Immaginava il motivo di quella visita, ed era certo di non volerne parlare: lui cercava la tranquillità e non tormentare la ferita ancora sanguinante.
"Hai le occhiaie, non hai passato una buona notte, vero?"
"Chi riuscirebbe a dormire serenamente in una situazione come questa?"
"Uhm..... potrei farti un paio di nomi, ma non credo sia il caso. Piuttosto, sono stupito dalla forza che stai dimostrando nel tentativo di uscirne fuori."
"Forza? - quasi gli sfuggì un sorriso amaro - Piango, non riesco a dormire e nemmeno a mangiare..... sono..... pietoso."
"Forza, invece: tu almeno stai tentando di continuare la tua vita. Ciò che ti assicuro è che da solo non ce la farai, non in questo modo, non con la verità che conosci; ma, se lo desideri, io posso aiutarti."
"Sul serio?"
L'espressione di Matt passò dalla diffidenza alla speranza, e Jael annui, avvicinandoglisi ancora un po'.
"Il dolore che provi è legato ai tuoi ricordi..... posso cancellare il tuo dolore, cancellando i tuoi ricordi. E' semplice, non ci vorrà che un attimo."
Tese una mano verso la sua fronte, ma Matthias si ritrasse in fretta, spaventato.
"Stai dicendo che....."
"Ti farò dimenticare la tua passata esistenza; ti farò dimenticare di Edgard.....e di Keith. Naturalmente poi dovrò fare lo stessi anche alle menti dei tuoi amici che lo conoscono, perché il lavoro sia completo. Alla fine sarà come se tu non l'avessi mai incontrato, e non soffrirai più."
Fece ancora un passo verso di lui e gli toccò la fronte, ma Matthias scansò bruscamente la sua mano non appena le dita, stranamente fredde, lo sfiorarono.
"NON VOGLIO! Come puoi pensare che desideri dimenticarlo?"
I momenti felici..... ma anche quelli tristi..... tutto ciò che loro due erano stati assieme e che li aveva uniti e fatti crescere..... non poteva vivere senza: cosa ne sarebbe rimasto di lui, altrimenti? Avrebbe perso metà dell'anima, forse anche di più.
Il Custode inclinò lievemente la testa di lato, congiungendo le braccia sul petto, ma l'espressione neutra sul suo viso non cambiò.
"Il pensiero di lui ti fa star male, e nonostante ciò lo vuoi conservare. Perché?"
Che senso aveva quella domanda? Che necessità aveva di porla? Se li conosceva davvero da tanto tempo doveva sapere già da sé la risposta.
O forse la sapeva, ma lo stesso non riusciva a capirla?
"Io lo amo!"
Disse, un'affermazione, quasi un grido, rimarcando ogni parola, caricandola dell'infinita importanza che vi attribuiva..
"Allora perché sei qui?"
Domandò quietamente Jael, senza smettere di guardarlo; non era una domanda dettata dalla curiosità, ovviamente..... voleva solo guidare Matthias attraverso un ragionamento che apparentemente non aveva compiuto.
"C-cioè?"
Fece, esitante, ancora agitato dall'idea che, poco prima, l'essere davanti a lui aveva avuto l'intenzione di giocare con la sua mente.
"Sostieni di amarlo, ma sei qui e non fai nulla: non lo hai cercato, non lo hai chiamato, niente. Dovresti immaginare quanto lui si senta anche peggio di te ora, e invece di andargli incontro lo abbandoni, e permetti che il senso di colpa lo schiacci."
Matt si mordicchiò l'interno del labbro e fissò il pavimento.
Era vero quel che stava dicendo, però..... non era facile. Non riusciva ad immaginare di rivedere Keith, non riusciva a pensare ciò che avrebbero potuto dirsi; da una parte lo desiderava, dall'altra ne aveva una paura folle.
Paura che forse..... forse con quella vita Keith avesse solo voluto lavarsi la coscienza, e che lo avesse amato solo per gioco.
Paura che rivedendolo le sue angosce sarebbero state confermate, e lui lo avrebbe perso veramente.
"E' continuando a stare qui a dolerti che lo perderai davvero, ed irreparabilmente."
Jael aveva captato un'altra volta i suoi pensieri, e non si era fatto scrupolo ad acuire la sua angoscia; Edgard aveva fondato la sua vita su un'unica base, ed ora che ne era stato privato non sarebbe rimasto in piedi a lungo: perdere tempo nell'incertezza avrebbe solo causato danni.
"Io non so cosa fare.....tutto era così bello, e poi..... io..... perché è dovuta accadere una cosa simile? Allora, e adesso..... eravamo felici, ed è finita così!"
"Dai già per scontato che sia finita, Matthias?"
Jael trattene un sospiro, rendendosi conto più che mai di stare apportando la variabile non prevista della situazione.
Proprio lui, che detestava le variabili.
Scompigliano l'ordine, rendono incerto il risultato, mettono in pericolo l'equilibrio.
Stupide variabili.
"Non comprendo bene l'amore: richiede probabilmente un grado di altruismo che non sono in grado di concepire. Eppure c'è anche chi dice esso sia un sentimento egoista..... le definizioni si contraddicono, il che certo non mi rende più chiara la situazione. Però non dirò che il frutto è acerbo solo perché io non riesco ad afferrarlo."
..... Ah, quante parole..... meglio passare subito al vero motivo della sua visita, prima di rendersi del tutto ridicolo.
Interiormente sogghignò: davvero Matt aveva pensato che volesse annientare i suoi ricordi?
"Non posso parlarti di ciò che accadde, lo sai, e se anche potessi dubito che ti sarebbe di una qualche utilità: la tua mente ora è troppo confusa, probabilmente non mi crederesti nemmeno. Quindi cerca di fidarti di me senza fare domande."
In un battito di ciglia Jael svanì, per poi ricomparire alle spalle di Matthias, coprendogli gli occhi con una mano. Il gesto improvviso spaventò il ragazzo, già teso per via dello stress e di quella situazione anomala, che istintivamente tentò di liberarsi da tale costrizione ma venne bloccato con una salda stretta su un braccio.
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Per un istante fu come se il buio impostogli lo risucchiasse, e lui si trovasse ad essere completamente inerme; gli sembrò di perdere ogni suo senso: oscurità, silenzio e vertigine lo invischiavano. Il potere che lo circondava era estraneo ed incomprensibile, freddo, e non avendolo mai conosciuto non riusciva nemmeno a capire se fosse davvero amichevole. Durò solo pochi secondi, e quando finì si sentì come un naufrago sbattuto su una spiaggia buia da onde violente.
Ciò che invece provò quando Jael tolse la mano dai suoi occhi andava ben oltre lo spavento, lo stupore ed ogni altra emozione potesse provare.
Il retro della libreria era scomparso, o forse era lui a non trovarsi più lì..... perché in quel momento stava invece nella sua capanna.
O meglio, in quella di Edgard ed Ewan, esattamente come l'aveva sempre vista, e piena di segni delle persone che l'abitavano: la caraffa sul tavolo, le lucerne che pendevano da una trave, il fuoco acceso, il paiolo che vi bolliva sopra.
Matthias cominciò a tremare, guardandosi intorno; quel posto gli riempiva il cuore di dolcezza e dolore, inquietudine. Non poteva restare lì, non ci riusciva!
"N-no, ti prego, non voglio! Fa troppo male, portami indietro!"
"E' necessario che tu rimanga, o a causa dello shock non ricorderai mai più nulla. Hai chiuso la tua mente, soffocato le sue percezioni, pensando di poterti difendere; ciò che ti stai facendo, invece, ti causerà solo dei danni. Portarti qui è tutto ciò che posso fare per aiutarti: sarà diverso questa volta: non rivivrai i fatti di prima persona, ma vi assisterai come spettatore..... uno spettatore che però avrà anche la libertà di muoversi sul palco ove si svolge il dramma. Saranno qui tra pochi istanti, quindi ora ti lascio. Tornerò a prenderti quando sarà il momento."
"Aspet-"
Niente, se n'era già andato. Matthias restò per qualche istante immobile, intimidito, sentendosi goffo ed agitato, come se quello fosse un posto in cui non aveva il diritto di trovarsi.
Poi un vago sentimento di nostalgia cominciò a snodarsi nella sua anima, divenendo via via più forte. I sentimenti negativi sparirono, lasciandogli solo il calore della tenerezza: era tutto così familiare, buono, amichevole, *suo*. Una casa che aveva inizialmente odiato, e che poi gli era diventata cara, il simbolo della loro libertà, della loro forza, dell'amore che li legava indissolubilmente.
Prese a camminare lentamente, tra le mura spoglie e i pochi e vecchi mobili, sfiorando affettuosamente con le dita ora questo, ora quello, come a salutare tutto, dicendogli 'eccomi, sono tornato, vi sono mancato?'.
Il tavolo, solido, la brocca colma posata su di esso; chissà se poteva gustarne il contenuto: intinse un dito e assaggiò, scoprendo un buon sapore di sidro.
Si avvicinò al fuoco, godendone il calore: era così reale che non poteva essere un'illusione. Guardò i mazzi di erbe e fiori secchi che pendevano dal soffitto, inspirando per tentare di afferrarne il profumo, e cercando di riconoscerne la specie e l'uso.
Dalla finestra, poi, vide un grigio panorama invernale, ma non seppe identificare che mese fosse; metà gennaio, forse, ma era più una sensazione che una certezza.
Entrò nella seconda camera e sorrise; anche lì il fuoco era acceso, ma era più piccola dell'altra e quindi più tiepida; sopra lo schienale del letto era appesa una ghirlanda di vimini, fiori secchi e bacche; ricordava la donna che gliel'aveva donata, dicendo che portava prosperità e buona fortuna.
Il baule, i libri che Edgard aveva portato con sé, ed in un angolo 'speciale' la spada, tenuta rigorosamente linda ed affilata, riposta nel suo fodero.
L'arpa era posata vicino al letto; Matthias la prese e provò a passare le dita sulle corde, ricavandone un suono dolce, che lo riempì di commozione: quante volte Edgard aveva suonato per lui quello strumento! Ricordava ogni melodia e gli sarebbe piaciuto ascoltarle ancora, chiudere gli occhi e lasciarsi accarezzare dalla musica.
Era davvero strano potersi muovere a piacimento, esaminando tutto, mantenendo distaccata la propria coscienza di quei tempi; forse sarebbe davvero stato come guardare un film, forse gli avrebbe fatto bene..... o forse avrebbe solo provato altro dolore, e desiderio di fuggire sempre più lontano.
Quell'ultimo sentimento, in effetti, lo provò immediatamente quando sentì il rumore di una porta che si apriva: i padroni di casa erano tornati..... ed ora davvero avrebbe dovuto affrontare il supplizio di vederli insieme, magari ancora felici, sapendo quel che sarebbe dovuto succedere. Vedere la sicurezza e l'amore negli occhi di Ewan..... nei suoi stessi occhi, sapendo che quei sentimenti non avrebbero avuto futuro.
Con il cuore che gli rimbombava al punto di riuscire a sentirlo si affacciò nell'altra stanza.
I due non lo potevano vedere: lui lì era come un fantasma, anche se solido, un ospite inviato a recuperare la serenità che gli spettava, almeno finché era in tempo.
Osservò le passate incarnazioni togliersi i pesanti mantelli, e poi andare vicino al fuoco per scaldarsi meglio, allungando le mani verso le fiamme danzanti.
Edgard così uguale a Keith, solo con i capelli più lunghi, gli diede una fitta petto; buttarsi tra le sue braccia, ecco che avrebbe fatto se avesse potuto! Stringerlo, consolarlo e farsi consolare, chiedergli, ti prego, poni fine alla tristezza, fai tornare tutto come prima, facciamo finta d'avere solo sognato.
..... e chissà dov'era il suo Keith in quel momento.....
Il suo sguardo si posò sull'altro se stesso, osservandosi dal di fuori come non aveva mai avuto l'opportunità di fare: il modo di muoversi, i capelli biondi che incorniciavano un viso delicato, glabro, e sincero. Il suo sorriso era puro, sereno; non c'era traccia di preoccupazione o tristezza a corromperlo, come se tutto stesse andando bene e non ci fosse alcuna crisi fra lui e il suo amante.
Possibile che fosse così?
In che punto del tempo lo aveva mandato Jael? Un mese, una settimana, un giorno prima della fine?
Si avvicinò ai due, ascoltandoli chiacchierare. Quella lingua non era inglese, ma un dialetto ormai estinto, che lui lo capiva benissimo; udirlo era bello e familiare, infondeva tranquillità e gli faceva venir voglia di sedere accanto al fuoco e stare semplicemente ad osservarli, dimenticando il motivo della sua presenza lì.
Dopo qualche attimo di incertezza avvicinò una mano alla spalla di Edgard, titubante se toccarla o meno..... toccarla come aveva fatto con quasi ogni cosa in quella casa, per assicurarsi della sua tangibilità, quando pensava che tutto sarebbe potuto svanire da un momento all'altro.
Si decise, infine, e gli posò una mano sul braccio: era reale. La stoffa, i muscoli, tutto era solido e concreto, e strinse le dita più che poté, reazione del suo fisico all'anima sballottata tra sentimenti opposti..... ma Edgard non si accorse di niente.
Non era che un'ombra, in quel mondo, uno testimone senza peso e senza voce, e poteva solo aspettare che gli eventi proseguissero il loro corso: Matthias sorrise tristemente, e lo abbracciò, poggiando il viso sulla sua schiena, ad occhi chiusi.
"Ti prego, spiegami cosa accadde."
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Il cielo cominciava ad assumere le sfumature del tramonto quando l'attenzione di Edgard parve catturata da qualcosa.
"Ewan, lo senti?"
"Uhm?"
"Rumore di cavalli."
Il biondino chiuse gli occhi, mettendosi in ascolto, ed effettivamente udì, anche se a malapena, uno scalpitio distante e soffocato..
"Si direbbero una decina..... ma chi può essere?"
"Certamente non un poveraccio venuto a chiederci qualche medicamento. Vado a vedere."
Ewan non disse nulla, ma aveva una brutta sensazione, un brivido di freddo, una paura sottile e sfuggente legata a quei visitatori inaspettati, soprattutto dovuta al fatto che essi sembravano tanto numerosi.
Si affrettò però a darsi dello sciocco, raccontandosi che probabilmente si trattava solo di viaggiatori che transitavano da quelle parti, e che sarebbero passati oltre la loro casa senza nemmeno fermarsi.
Edgard aprì la porta, e dalla soglia scrutò davanti a sé, contando una dozzina di figure in avvicinamento; riconobbe i colori con cui erano bardati i cavalli, lo stesso delle tuniche che i cavalieri portavano sulla cotta: rosso e verde cupi, i ben noti colori del suo casato.
Riconobbe anche il cavaliere alla testa del piccolo drappello, e il cuore gli mancò un battito: dritto sulla sella c'era suo fratello, ed ebbe appena il tempo di stupirsi, prima che una freccia si conficcasse ai suoi piedi.
Arretrò a serrò la porta dietro di sé, sprangandola, sapendo bene che era una ben misera difesa.
<<Matthias fissava la scena paralizzato, con un dolore acuto che gli trapassava le tempie: i ricordi cercavano di emergere, e si scontravano violenti contro le mura di una fortezza che avrebbe dovuto difenderlo da quel trauma lontano.
Era successo qualcosa di terribile tra quelle mura, qualcosa di tanto forte da lasciare la propria impronta per i secoli a venire. >>
"Edgard, cosa sta succedendo?"
"E'..... Thomas..... con una dozzina di suoi compari."
La voce gli raschiò la gola, uscendo a fatica; la sua risposta suonava come una condanna.
Il suo gemello certamente non si era recato lì per una visita di cortesia, cosa sottolineata dal dardo scagliato poco prima, e dall'abbigliamento guerresco dei suoi uomini.
Edgard vide Ewan impallidire, barcollare lievemente: aveva compreso benissimo la situazione, e quanto essa fosse grave, ma dopo il primo smarrimento si costrinse a non lasciarsi prendere dal panico.
"Che cosa facciamo?"
Edgard tacque per pochi secondi, la fronte aggrottata e le braccia conserte, il viso basso, inseguendo pensieri e formulando ipotesi. Rialzò lo sguardo, duro e pieno di rabbia, rivolgendosi al suo amante.
"Vattene."
Disse, dirigendosi poi nella stanza da letto.
A tale ordine Ewan restò incredulo; non era ciò che avrebbe voluto sentire; corse dietro al suo compagno e lo vide esaminare la spada, saggiandone il filo. Quando Edgard lo notò posò l'arma e andò a lui vicino, afferrandolo per le spalle.
"Prendi il cavallo, e scappa più veloce che puoi, io resterò qui e tenterò di tenerli a bada più a lungo che posso. Raggiungi il villaggio più vicino, c'è una chiesa: se ti rifugerai lì sarai salvo. Ora vai!"
"No."
"Ewan, vattene! Se mio fratello è qui è perché vuole la mia testa, e la tua con la mia!"
Il ragazzo gli prese il viso tra le mani, guardandolo con un'espressione così piena d'amore da bloccare ogni altra parola stesse per pronunciare, con la sua intensità. Gli occhi blu erano lucidi di lacrime trattenute, e sorridevano mestamente.
"Non puoi chiedermi di andarmene da solo. Da solo non avrei senso, senza di te mi spegnerei. Io resterò con te, qualunque cosa accada..... te lo avevo promesso. Edgard....."
La voce gli tremò e tirò verso di sé il suo amante per baciarlo sulle labbra, cercando serenità e coraggio su di esse.
"...... pure scappando credi davvero che avrei delle probabilità di mettermi in salvo? E anche se ci fossero non le accetterei, se significasse lasciarti qui."
Il nobile strinse a sé il suo fedele innamorato, in un abbraccio protettivo e disperato; sentiva il peso del proprio fallimento calpestarlo senza pietà. Aveva promesso ad Ewan una vita serena e felicità, ed ora lo aveva intrappolato in quella situazione. Era stato uno stupido, ed un ingenuo..... avrebbe dovuto immaginare che prima o poi il suo gemello lo avrebbe cercato, poiché gli aveva giurato vendetta, e nonostante ciò lui non aveva fatto niente di concreto per mettersi al sicuro.
Avrebbe dovuto andarsene lontano, tagliando definitivamente i ponti con la propria famiglia, senza svelare a nessuno la sua meta..... fino a varcare il mare, verso la Francia, o l'Irlanda. Avrebbe potuto accettare l'offerta generosa di Cedric, che avrebbe fornito loro protezione e rifugio.....
<<[Come potevi credere che ti avrei obbedito, accettando di lasciarti lì da solo? Noi eravamo legati da qualcosa che non si è spezzato nemmeno durante secoli di lontananza!]
[E come ho potute credere, io, che tu mi avessi..... abbandonato?]
Il senso di colpa gli sbatté in faccia la sua mancanza di fiducia, la sua rapidità nel trarre conclusioni, stupidamente, infantilmente come un bambino spaventato, che chiude gli occhi per non vedere ciò che gli fa paura. Ormai riusciva a capire cos'era successo, anche senza ricordarlo.>>
Thomas gridava, la sua voce risuonava come se anche lui fosse stato in casa, accanto a loro.
"Salve, Edgard! Porto notizie per te! Circa un mese fa il nostro augusto padre ha avuto un..... malaugurato incidente, cadendo da cavallo. La bestia si è improvvisamente imbizzarrita, disarcionandolo. L'avvenimento si è purtroppo rivelato fatale..... una vera disgrazia."
Edgard taceva, e il tono falsamente addolorato del fratello, traboccante di spregio, gli dava il voltastomaco; non aveva alcuna intenzione di rispondere, e sapeva bene che uscire di casa equivaleva ad un suicidio..... e il tempo per trovare una soluzione era davvero poco.
"Devo però ammettere che la sua dipartita ha evitato al nostro casato un buon numero di imbarazzi. Sai, quell'uomo aveva cominciato a pensare di riaccoglierti in casa, insieme al tuo siùrsach, pur senza reintegrarti nei ranghi nobiliari e senza i privilegi della primogenitura. Ho cercato di farlo ragionare, ma senza verso! Ha tentato, anzi, di convincermi a riappacificarmi con te.....
Forse la sua mente vacillava! Forse sarebbe peggiorato al punto di restituirti il titolo di erede, un giorno..... ma evidentemente Iddio non approvava che si concedesse asilo ad un empio quale tu sei, ed ha perciò deciso di punirlo."
"Dannato."
Mormorò a denti stretti Edgard, serrando i pugni, il viso segnato dall'ira, sguardo feroce, incupito e gravido d'odio. Il subbuglio dentro di lui era tale che non riusciva a pensare chiaramente al proprio padre, a comprendere appieno il fatto che egli fosse morto, che non esistesse più, che avesse tentato un altro passo verso di lui, e che gli fosse costato la vita.
Smarrimento e inquietudine sul volto di Ewan, a fianco del suo innamorato; lo prese per un braccio, accarezzandolo per calmarlo; negli occhi aveva dolore e paura, ma li dominava: voleva essere forte per Edgard, degno di stargli al fianco. I mali sentimenti che aveva provato per l'uomo che li aveva cacciati si attenuarono, impallidirono fin quasi a svanire; immaginava quanto orgoglio il duca avesse sacrificato, per decidere di richiamare il figlio a casa, e quanto, nonostante i conflitti e le incomprensioni, i due si volessero bene..... forse, anzi, era proprio per quello che il loro rapporto era stato tanto burrascoso.
<<Ricordava, vagamente.....
Alla mente di Matthias riaffiorarono le parole che aveva appena riascoltato per bocca di Thomas, la soddisfazione che si percepiva nella sua voce, mentre indirettamente li informava di aver assassinato il duca.
Incidente, certo..... provocato ad arte in chissà che modo, quando il gemello sfregiato aveva visto il suo prezioso titolo di nuovo erede minacciato. Il figlio aveva ucciso il padre..... ed il fratello voleva ora uccidere il fratello.
Il dolore alla testa peggiorava, solo il buio e il silenzio l'avrebbero fatto stare meglio, ma ormai sapeva che non poteva, non doveva, non *voleva* scappare; quel passato doloroso poteva salvarlo da un presente che lo era ancora di più, e lui avrebbe imparato da Ewan quella fiducia che aveva negato a Keith, due giorni prima.>>
A chi altri poteva aver fatto del male, quel folle?
Edgard era angosciato, per la propria madre e per Adelius primi fra tutti..... e poi per coloro che erano stati suoi amici, o che avevano dimostrato di parteggiare per lui, tempo prima.
Un mese.
Se aveva aspettato tanto ad andarlo a cercare Thomas doveva aver avuto un motivo, giacché vendicarsi di lui era certamente in cima alle sue priorità.
Forse era il tempo che gli era stato necessario ad acquistare tutto il favore che gli serviva, senza temere conseguenze?
Forse..... anche se per liberarsi di lui ed Ewan gli sarebbero bastati anche solo pochi dei suoi sostenitori; dopotutto sarebbe stato molto facile nascondere la morte del nobile cacciato e del servo che l'aveva seguito.
Edgard si affacciò rapidamente alla finestra, richiudendo immediatamente lo spiraglio dello scuro; prima dalla stanza da letto, poi dall'altra camera; vide ciò che si aspettava, e tornò da Ewan già vicino alla rassegnazione.
"Si sono disposti sui lati, in maniera da circondarci; non abbiamo vie di fuga, adesso."
Seduto sul bordo del letto il ragazzo più giovane strinse le mani sulle ginocchia.
"Probabilmente non le avevamo nemmeno prima..... con tutta quella gente dietro di noi non saremmo riusciti ad andare lontano....."
*****
"Non entrerò in quella baracca, ma ti stanerò come si fa con gli animali! Ti prenderò in un modo o nell'altro, e il tuo sguattero con te.....dopodiché pagherai per ciò che mi hai fatto!"
Parlando Thomas accarezzava la cicatrice che aveva sul viso e la benda di cuoio che gli copriva l'occhio. Sentiva l'euforia della caccia, un piacere quasi fisico, e pregustava il momento in cui avrebbe avuto i due in suo potere, finalmente..... non li avrebbe uccisi subito, tutt'altro. Non aveva intenzione di usare tanta misericordia.
"Sarà mia cura che tu rimanga vivo a lungo, Edgard! Abbastanza da goderti tutto lo spettacolo che ho intenzione di tenere a tuo beneficio, usando il tuo protetto. Quante frustate e quanti ferri roventi potrà sopportare il suo corpo così grazioso? Ci sono tante, davvero tante, cose che ho intenzione di provare su di lui, e ti assicuro che assisterai a tutto, in prima fila, fino a che non morrà davanti ai tuoi occhi!"
A capo chino Ewan stava a sentire e tremava, conscio che Thomas non stava proferendo vane minacce: egli era più che capace di mettere in pratica i suoi propositi..... anzi, ne era di certo ansioso.
Edgard gli sedette accanto, stringendolo a sé, cullandolo, accarezzandogli la testa, sussurrando soltanto, 'no, no, no, non ascoltarlo, non ascoltarlo', una litania rauca che avrebbe voluto proteggerlo, ma come era possibile ignorare le parole che Thomas stava urlando, fuori dalla loro porta? Se un dio di qualunque tipo esisteva perché non interveniva, in quel momento?
<<Matthias era convinto che il proprio cuore avesse smesso di battere. Aveva deciso di non fuggire, ma come poteva resistere a quello? Prima un dolore straziante, che gli aveva tolto il respiro, e poi un grande, desolato, vuoto dentro. Lacrime grandi e silenziose gli rigavano le guance; non aveva bisogno di vedere nient'altro, voleva solo correre da Keith, e chiedergli scusa.....
Scusa.....
"Vieni a prendermi ora! Basta, per favore..... basta!"
Ma nessuno rispose, ed anche se lo desiderava non riuscì a distogliere lo sguardo dalla scena davanti a lui.>>
Thomas continuava a parlare, scandendo le parole, assaporandole con voluttà man mano che lasciavano le sue labbra.
"Oppure potrei torturare quel plebeo allo sfinimento, ma lasciarlo in vita, e piuttosto uccidere te per primo..... che morte faresti, sapendo di lasciarlo nelle mie mani, eh, fratellino? Potrei continuare a tormentarlo, lentamente, per anni, tanto che la morte diverrebbe per lui una speranza di liberazione..... o potrei murarlo in una segreta, a consumarsi d'inedia!"
Ewan si aggrappò più strettamente alla blusa di Edgard, ed alzò il viso per guardarlo negli occhi. Quelli d'ambra erano opachi, lontani, straniti; quelli di zaffiro pieni di terrore, sofferenza, ma anche di determinazione.
Il ragazzo voleva ancora la consolazione di un bacio, che lo sottraesse alla cattiveria di Thomas, che lo portasse via da quella casa che era stata la loro salvezza ed era infine divenuta una trappola.
E in quel bacio Edgard sentì le proprie guance bagnate dalle lacrime di Ewan; lacrime rassegnate che scendevano senza un singhiozzo, e che bruciavano così tanto da rodergli la pelle.
Ewan aveva avuto sempre totale fiducia in lui, ed ecco dove ciò lo aveva condotto..... l'anima meravigliosa che era la sua luce si sarebbe spenta. Lui aveva giurato di proteggerlo ed invece lo aveva portato in braccio ad una morte crudele.
"Edgard, io..... io sono sempre stato felice con te. Anche ora..... anche ora lo sono, perché siamo rimasti insieme. Qualsiasi cosa accada non rimpiango nulla, però sorridimi ancora una volta, ti prego! Se lo farai sarò tranquillo, e potrò ricambiare..... per favore."
Un sorriso..... ci provò, davvero, sinceramente.
Sembrava molto importante per lui, come se quello da solo potesse salvarli, ed avrebbe tanto voluto donarglielo, ma non ci riuscì: le sue labbra erano rigide, ghiacciate. Asciugò le lacrime di Ewan con un gesto affettuoso, e poi cancellò anche l'umido che esse avevano lasciato sulle sue guance.
Colpi picchiati sulla porta, violenti. Altre grida.
"Se ti arrendi ora forse sarò magnanimo, e potrei finirvi con un solo fendente! Ma se continui a resistere utilizzerò metodi che non ti lasceranno scelta!"
Lo sguardo di Ewan era ancora fisso nel suo, stelle che brillavano su un viso dolcissimo.
..... voleva proteggerlo ad ogni costo, e lo avrebbe fatto.
Non avrebbe permesso né a Thomas né a nessuno di fargli male. Niente ferite sul suo corpo, o lividi sulla sua anima, niente terrore, niente agonia..... Ewan era la sua incontaminata fonte d'amore, e lui l'avrebbe protetto fino alle estreme conseguenze, anche se il suo cuore moriva nel deciderlo, e la mente si schiantava al pensiero di quella scelta.
Gli accarezzò lieve i capelli, le gote; pelle che sarebbe stata per sempre liscia, fili d'oro che mai sarebbero ingrigiti.
"Perdonami."
Lo implorò, e gli baciò le labbra.
"Perdonami per ciò che sta accadendo."
Ancora un bacio, più lungo, più spietato nella sua dolcezza.
"E perdonami per quello che farò."
Sempre baciandolo sciolse i lacci della sua blusa e gli posò poi le labbra sul mento, sul collo, spingendo Ewan giù, sul giaciglio di paglia, e il ragazzo arrendevolmente non oppose alcuna resistenza, ma si lasciò andare, fiduciosamente come se quello fosse un altro amplesso d'amore, e non la fine delle loro vite.
Ma la fiducia e il desiderio di coraggio non gli impedivano di essere spaventato, di tremare, e i suoi incontrollati brividi erano avvertiti più che perfettamente da Edgard, attraverso la gola che stava baciando e la mano che gli accarezzava la testa.
La voce invece era quasi salda, quando Ewan gli parlò.
"Ho detto che starò con te per sempre, non devi chiedermi perdono. Io non..... io non voglio che ci separino. Non farlo vincere, Edgard, ti prego."
"No, non vincerà. Non ti toccherà più, l'ho giurato."
<<E così l'aveva salvato dalla morte peggiore. L'aveva strappato alla tortura, ad una lunga agonia, all'umiliazione, uccidendolo per amore. Uccidendolo *con* amore, anche se quella scelta aveva distrutto ogni cosa dentro di lui. Matthias si lasciò cadere in ginocchio, con le spalle incurvate, con una mano premuta là dove il suo cuore ancora non voleva tornare a battere.>>
"L'ho giurato."
Ripeté Edgard, in un'eco morta, con una voce che somigliavo solo lontanamente a quella che gli apparteneva. Non possedeva più energia, né speranza, solo buio.
"Ti porto via di qui."
Bisbigliò, e le sue mani si strinsero attorno al collo fragile di Ewan.
Sentì il pulsare del cuore, il respiro che si bloccava. Strinse, ancora, e vide gli occhi blu spalancarsi, e nuove lacrime scendere, e l'espressione sul viso amato deformarsi in una smorfia di dolore e paura.
Scosse la testa. Strinse più forte.
Non doveva pensarci, non doveva sentire più nulla, o non sarebbe riuscito a finire ciò che aveva iniziato. Quella era la sua promessa..... quello era tutto ciò che poteva fare.
Da fuori sentiva la voce di Thomas gridare ordini, ma non riuscì a decifrare le parole. Giunsero alle sue orecchie senza che lui vi prestasse attenzione: non erano più importanti, erano solo..... rumore.
Sul viso di Ewan si era faticosamente composto un faticoso, morente sorriso; sentì la sua mano accarezzargli una guancia. Gli occhi di Edgard si spalancarono nel vedere le labbra muoversi tremanti a comporre un'ultima frase, muta.
L'ultimo 'ti amo' delle loro vite.
Non era vero che dentro di sé aveva ormai un vuoto buio, perché l'agonia che sentì poteva derivare solo da un cuore spezzato.
Gli stava facendo male! Non avrebbe dovuto, mai, nemmeno per salvarlo, ed invece le sue dita stavano lasciando segni evidenti sulla carne sotto di loro.
Sciolse la stretta, il mondo vacillò.
Ewan tossì, nel tentativo di respirare, con l'istinto che fa aggrappare alla vita anche nelle situazioni senza speranza.
.....Se avesse aspettato ancora un solo secondo non ci sarebbe più riuscito.
Strinse ancora, ma in modo diverso, e sollevandolo un poco. Una torsione, breve, veloce, senza preavviso. Uno scatto, e gli occhi di Ewan si fecero vacui, mentre la vita fuggiva dal suo guscio.
<<Come una diga che si rompe, il vedere la propria morte causò la liberazione di tutti i ricordi chiusi dentro Matthias. Gli scorsero davanti a finalmente liberi, e lui sentì di poterli guardare serenamente. Tutto era chiaro, non c'era più d'aver paura: si sentiva triste e felice, più sicuro, e ancor più bisognoso di riabbracciare Keith. Perché non era ancora finita?
Guardare i due amanti del passato lo commuoveva ed addolorava, perché la loro fine era disperata, e perché sapeva che per molto tempo non si sarebbero incontrati (per una legge cieca e impietosa)..... ma in fondo a tanto dolore, come in un vaso di Pandora, c'era la Speranza: avrebbero ricominciato insieme, un giorno. Glielo avrebbe urlato, se l'altro avesse potuto sentirlo: 'Noi torneremo! Non essere triste, non darti colpe! Noi torneremo, ci incontreremo ancora!'
Ma sarebbe stato inutile: Edgard era prigioniero del proprio tormento, ora che di Ewan gli restava solo il corpo vuoto.>>
Ewan era immobile, con la testa reclinata..... troppo reclinata, e gli occhi aperti, ma spenti.
Con tutta la delicatezza che le sue mani scosse riuscirono a trovare gli abbassò le palpebre, e si fermò con le dita sulla guancia, fissandolo. La sua espressione sembrava quasi serena, libera dalla paura.
"Aingeal....."
Lo chiamò se richiamò, sottovoce, avvicinando il volto al suo e chinandosi a baciargli le labbra, piano, teneramente..... perché non lo voleva svegliare.
Ewan era stanco, doveva riposare e lui avrebbe vegliato sul suo sonno, finché non avesse riaperto gli occhi.
Illusioni, bugie..... inganni che la sua mente stava forgiando per proteggersi, per non soccombere al senso di colpa e alla follia.
Senso di colpa, non pentimento. Era diverso, molto, secondo lui. La colpa di quella situazione era sua, la colpa di una morte così straziante era pure sua..... ma non era pentito di averlo così strappato alle mani di Thomas.
Una parte della sua anima mentiva, l'altra conosceva fin troppo bene la verità, e lui, nel mezzo, si stava lasciando lacerare.
Sedette al centro del letto, prendendo tra le braccia il corpo esanime. Gli accarezzava i capelli, il volto, il petto, continuava a baciarlo come se sperasse che l'altro lo ricambiasse, e intanto il suo cuore si riempiva delle lacrime che non poteva piangere.
Aveva sulle labbra un pallidissimo sorriso, solo un incurvarsi degli angoli della bocca e tanto amore negli occhi asciutti, mentre gli parlava, di tanto in tanto.
"Sì, ora dormi..... domani sarà un giorno lungo, impegnativo, dovremo viaggiare, e chissà per quanto. Dormi, quello di prima è stato solo un brutto sogno, ed ora non ne farai più..... mai più."
Così immersi in quel momento, sia Edgard che Matthias, non notarono del fumo che stava riempiendo la stanza.
Poi, di colpo, il ragazzo che era lì come osservatore si riscosse, accorgendosi del tetto in fiamme, delle pareti di legno attraverso le quali il fuoco cominciava a propagarsi.
La sua mente gli ripeté le parole gridate in precedenza da Thomas, che lui non aveva afferrato bene, perché davanti a lui il vecchio se stesso stava morendo.
Le parole di Thomas..... le parole del suo vero assassino..... l'ordine di scoccare delle frecce incendiarie, per costringerli ad uscire.
E il tetto di paglia, il legno..... tutto avrebbe preso fuoco molto velocemente, riducendo la capanna ad una grande pira funebre.
Solo il tempo di formulare quel pensiero ed un pezzo infuocato del tetto crollò cadendo a due passi dal letto su cui stava Edgard. Le fiamme bruciarono la stuoia per terra, raggiungendo il giaciglio della coppia, mentre Edgard le guardava indifferente, continuando ad accarezzare la testa bionda di Ewan.
Matthias gridò, e gridò. Chiamò Edgard, chiamò Keith, gli disse di andare via, gli urlò che non poteva stare lì; ma l'altro non poteva sentire la sua voce, perché non apparteneva a quel tempo.
Edgard si limitò a distendersi, portando Ewan giù con se; stringendolo e proteggendolo quanto più poteva con il proprio corpo nell'ultimo abbraccio che gli era concesso, anche se era come stringere al petto una bambola.
Altri tizzoni caddero, uno colpì di striscio il letto; era piccolo, ma le fiamme divamparono subito, alte e violente.
<<Matthias gridò disperato e si slanciò in avanti: lo avrebbe tirato lui fuori di lì, a qualsiasi costo.
Non lo avrebbe lasciato morire in quel modo orrendo, non avrebbe permesso che si arrendesse; gli avrebbe aperto gli occhi, costretto a reagire! E se non ci fosse riuscito sarebbe rimasto lì, accanto a lui, a lasciare che il rogo li consumasse assieme.
Qualcuno lo trattenne, stringendolo per una spalla in maniera saldissima, che pur non facendogli male lo bloccava immobile dov'era, impedendogli di buttarsi tra le fiamme..... fiamme che comunque a lui non avrebbero recato alcun danno.
"E' tutto già successo, non puoi cambiare le cose, non lo puoi salvare. Non in questo tempo, almeno."
Matthias singhiozzò e si strofinò gli occhi; la voce improvvisamente gli mancò ma la sua mente urlava disperata, chiamando Keith più forte che poteva.>>
Il dolore che gli straziava la carne era insostenibile, non poteva essere descritto a parole, non poteva essere spiegato: bruciava tutto attorno a lui, bruciava lui stesso.
Il fuoco lo avrebbe mangiato fino alle ossa, divorato mordendolo come un lupo affamato, lo sapeva.....ma l'istinto di correre, di mettersi in salvo, di cercare di spegnere il rogo che lo avvolgeva, era come non esistesse.
Non gli importava di lottare, non aveva motivo per farlo..... e poi scappare di lì significava solo sfuggire una morte per cadere nelle spire di un'altra.
No, il fuoco andava bene..... il fuoco purificava, e il dolore era una punizione che accettava volentieri.
Il fumo era soffocante, l'aria ardente..... tossì, respirando con difficoltà, ustionandosi i polmoni; forse sarebbe stato quello ad ucciderlo, e non le fiamme.
Non faceva differenza.
Nelle narici sentiva odore di carne bruciata; abbracciò ancor più stretto Ewan e chiuse gli occhi, aspettando.
Pochi secondi dopo il tetto crollò quasi completamente, seppellendolo tra fiamme e scintille.######
Si fece di nuovo tutto buio, ed un istante dopo Matthias era nel retro della libreria, sconvolto e traballante; le gambe gli tremavano al punto che cadde a terra, a capo chino, fissando il pavimento.
Ora che il passato era limpido, ora che il dolore era stato rivissuto fino in fondo, faceva meno male.
Come se nubi spesse si fossero finalmente schiuse a mostrare un cielo limpido, lasciando passare la luce, ora poteva vedere e capire meglio ogni cosa.
La sofferenza era dentro di lui, amara e densa, ma non più legata al passato, bensì al presente, ancor più acuta perché sapeva di averla causata lui stesso con infantile impulsività.
Dov'era la sua sensibilità quando aveva affrontato Keith, quel giorno, usando parole crudeli?
Come aveva potuto credere che Edgard lo avesse ucciso per avidità?
"Io..... io gli ho detto cose orribili, l'ho accusato senza concedergli nemmeno un po' di fede! Lui morì in quel modo tremendo..... ed io l'ho cacciato!"
Picchiò i pugni a terra così forte da ferirsi; che stupido, ingenuo e cieco.....
"Hai passato interi secoli soffrendo perché desideravi tornare con lui, quando vi era proibito, questo lo sapevi già. Hai accettato di rinascere, senza sapere a che tipo di vita saresti andato incontro, solo per incontrarlo di nuovo. Se l'avessi odiato, se avessi avuto paura di lui, perché mai l'avresti voluto indietro?"
Già, perché?
Era un fatto ovvio, eppure lui l'aveva ignorato, forse volutamente, desiderando non sapere, nascondersi, chiudersi, evitare il dolore. Ma comportandosi così, invece, ne aveva patito ancor di più, e non solo: ne aveva anche provocato, scaricandolo addosso a qualcuno che non lo meritava.
"Dov'è Keith, adesso? Voglio..... andare da lui..... voglio chiedergli scusa!"
Matthias provò pena per se stesso: il suo cuore si rispecchiava nella voce, spezzata e tremante, che stentava ad uscirgli attraverso la gola stretta dalle emozioni.
"Edgard è tornato a casa, Matthias, ma non dove tu pensi. È tornato dove tutto iniziò, tanto tempo fa."
Jael aiutò Matt a rialzarsi: il giovane era ancora sconvolto, ma quella prova lo aveva fatto crescere. Ora avrebbe avuto tutta la forza necessaria a rimettere a posto le cose, a guarire il proprio compagno e a iniziare *davvero* dal principio. Il passato, finalmente, non aveva più fantasmi.
Il suo compito con Matthias, quindi, finiva lì; restava solamente un'altra cosa da fare; un altro aiuto, piccolo ma indispensabile..... però non sarebbe stato lui a fornirglielo.
"Dove tutto..... iniziò? ..... Ho capito! Ma mi ci vorranno ore, e non so che strada prendere..... Non ho nemmeno una macchina!"
Si preoccupò Matthias; vero che c'era la macchina di Keith parcheggiata sotto casa, ma le chiavi le aveva lui, e in casa non ce n'era una copia. La loro vecchia terra era la Cornovaglia, aveva un'idea della zona esatta, ma raggiungerla così, da solo ed alla cieca.....
"Non preoccuparti e vai: sarà molto più facile di quanto credi."
Matt guardò dubbiosamente Jael, che sorrise misteriosamente.
La cosa lo stupì, ma lo rassicurò anche: dopotutto, nonostante il metodo piuttosto brusco, quello spirito, o-che-cavolo-era, aveva agito a suo vantaggio e forse aveva predisposto qualcos'altro per dargli una mano.
Non sapeva di preciso da che parte iniziare, ma poteva farsi trascinare dalla corrente.
"Va bene!"
Esclamò con rinnovato vigore, e nel pronunciare quelle due parole si sentì d'improvviso certo che le cose si sarebbero aggiustate, che doveva pazientare ancora poco perché lui e Keith facessero ritorno insieme a Londra, ed alla loro vita attuale, senza più spettri su di loro.
Se quel convincimento fosse una percezione del futuro, o solo le parole che il suo cuore si raccontava per rassicurarsi, non lo sapeva, ma voleva crederci fino in fondo.
Jael scomparve all'istante, senza aggiungere altro e lasciandolo solo prima che avesse il tempo di ringraziarlo, come desiderava fare. Avrebbe rimediato, prima o poi, ma al momento voleva solo affrettarsi e raggiungere Keith..... 'dove tutto era iniziato', e chiudere il cerchio..... per tracciarne insieme uno nuovo.
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"Beh, dovrebbe esserci abbastanza tempo, no?"
Chiese Jael, alzando lo sguardo alla statua della creatura somigliante ad Eros, al centro di Piccadilly Circus, che però non rispose alla domanda.
"Sempre che i miei calcoli siano giusti, certo, ma se lo conosco..... farà esattamente ciò che mi aspetto."
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