In un paese
d'estate
parte
XX
di Unmei
####Il
villaggio più vicino alla loro capanna era davvero piccolo, ma più che
sufficiente alle loro necessità. Poche botteghe, non fornitissime, ma che
gli avrebbero sempre messo a disposizione uova e pane, un po' di verdure, e
vino... anche se così leggero e dozzinale che Edgard prese in seria
considerazione l'idea di cominciare a bere solo acqua.
Inoltre, in quel posto così isolato e lontano del castello e dalla città
che era solito frequentare, nessuno conosceva il suo volto, né poteva
riconoscerlo per chi era, e ciò gli permetteva di passeggiare tranquillo,
risparmiandosi chiacchiere ed imbarazzi.
Nel cuore si sentiva colpevole per quei suoi pensieri, per il provare il
sottile disagio del sentirsi fuori posto in quel tipo di vita, in mezzo a
quelle persone così diverse da lui e dalla gente cui era abituato; a fare
da contraltare a quei sentimenti c'erano però la certezza e l'orgoglio di
aver scelto giustamente il proprio destino. In quelle settimane la spoglia
capanna gli era diventata ormai familiare, ed era deciso a renderla un po'
più accogliente.
Per quello ora stava facendo acquisti in paese: aveva comprato un paio di
stuoie da stendere per terra, un nuovo telo per sostituire quello rovinato
che copriva l'entrata della stanza da letto, ed ora davanti alla piccola
bottega di un artigiano stava vagliando l'ipotesi di prendere anche un nuovo
sgabello, poiché quello che avevano si era rivelato marcio e ben poco
resistente.. cosa che avrebbe preferito scoprire prima di sedervisi sopra.
Per il momento, però, si limitò ad acquistare ancora solo noci e miele...
quasi uno stratagemma per blandire Ewan prima della notizia che aveva
intenzione di dargli quella sera.
***
Terminata la cena, Edgard rimase per qualche istante in un pensieroso
silenzio, immerso nelle proprie riflessioni al punto di accorgersi solo
vagamente di stare incidendo il legno con il proprio pugnale; quando infine
si riscosse notò una linea diagonale lunga un paio di pollici e piuttosto
profonda. Ewan, di fronte a lui, lo guardava senza dire nulla, un po'
divertito e un po' preoccupato, cercando di interpretare il suo insolito
atteggiamento. Alzando gli occhi ed incontrando il suo sguardo ceruleo,
Edgard si decise a parlare.
"Negli ultimi giorni ho riflettuto su una cosa, ma visto che è
importante prima di qualsiasi decisione è giusto che chieda il tuo
parere."
"Dimmi."
Lo invitò Ewan sorridendo, spostando da parte le ciotole e le coppe
vuote; dalla finestra aperta entrava una brezza lieve, che cominciava un po'
rinfrescarsi per il finire del giorno, ma ormai era maggio porte e l'aria
era dolce e profumata, la bella stagione finalmente faceva capolino dopo
alterni giorni di pioggia, vento e cielo grigio.
"Ormai siamo qui da un mese, e riguardo il nostro futuro non
abbiamo risolto molto."
"Sì, capisco cosa intendi.. ma perché non ci abbiamo nemmeno
provato veramente. Abbiamo vissuto alla giornata, ed è stato bello, mi sono
sentito felice."
[Ma io ora comincio a sentirmi inutile.]
Fu il pensiero che attraversò la mente di Edgard, ma lui si guardò
dall'esprimerlo ad alta voce.
"Lo so, Ewan, ma così non può andare avanti. Non ho più denaro
che affluisce alla mia borsa senza che io alzi un dito, e che tipo di lavoro
potrei mai trovare, in questo posto?
Niente di ciò che so fare ha una qualche utilità pratica, in un villaggio
simile, e quale artigiano assumerebbe mai un apprendista delle mia età?
Probabilmente sarebbe difficile già per te, e hai sette anni meno di
me."
Le parole suonavano alle orecchie di Ewan come un brutto presagio, il
preambolo a qualcosa che avrebbe preferito non sentire, sebbene il suo viso
fosse atteggiato in un'espressione tranquilla. Si limitò ad annuire, ed
attese la fine del discorso.
"C'è un solo modo che mi consentirebbe di guadagnare quanto
occorre, e forse addirittura di riconquistare dei beni ed una posizione. Se
diventassi cavaliere di ventura mi metterei facilmente in luce, e potrei a
risalire questa china. Inoltre, entrando nelle simpatie di un nobile
sufficientemente potente, potrei addirittura sperare di - "
"Davvero vuoi fare una cosa del genere?"
Lo interruppe, con un'ombra di panico che scura gli si stagliava nel
cuore.
"Che altre possibilità potrei avere? Girare per il paese come un
menestrello?"
Chiese Edgard, tentando di ignorare il dispiacere nella voce di Ewan; sapeva
già fin troppo bene cosa ne pensasse il suo compagno di battaglie e giochi
d'arme, ma a lui non sembrava d'avere molta scelta.
"E' una cosa di cui avevamo già parlato, e nemmeno molto tempo
fa..."
"Però a quel tempo la situazione era molto diversa."
"Ma sei stato proprio tu a dire, quando più mi sentivo
sfiduciato, che ce la saremmo cavata anche da soli."
"È quello che sto cercando di fare! So bene che ho fatto una
promessa, ma allora non potevo certo immaginare ciò che ci sarebbe
successo.. Questa è una questione importante, non più un capriccio. Io
voglio poterti offrire di nuovo quanto di meglio ci sia, perché non meriti
di meno, ed in queste condizioni non posso certo farlo."
Ewan non disse nulla, si limitò a guardarlo per un lungo momento;
impossibile dire quali fossero i pensieri nascosti dietro ai suoi occhi, per
una volta indecifrabili.
Edgard si augurava che Ewan capisse la situazione, ed era pronto a
dipanare tutta una serie di buoni argomenti, nel caso il compagno si fosse
opposto alla sua idea.
"Sia come desideri, allora."
Concesse infine il più giovane dei due, rivolgendogli un sorriso lieve come
la prima luce dell'alba, e quelle parole e l'inaspettata dolcezza colsero di
sorpresa Edgard; le frasi che si aspettava di dover pronunciare si fermarono
a metà della gola mentre la sua mente si affrettava a tamponare la
sorpresa.
"Non hai... obiezioni?"
"Solo una condizione."
Replicò Ewan in tono quieto, mentre il suo sorriso si allargava in uno più
convinto, astuto, che non mancò di mettere in all'erta Edgard, dandogli la
netta sensazione che ci fosse qualcosa di sospetto, in quell'assenso.
"E sarebbe?"
"Quale che sia la tua decisone, non voglio costituire un inutile
peso sulle tue spalle, per cui... insegnami."
"Insegnarti *cosa*?"
In realtà lo aveva capito, ma preferiva convincersi del contrario;
dopotutto Ewan non era certo il tipo da...
"Insegnami a combattere: non è certo troppo tardi, e mi
impegnerò ad imparare in fretta. Promisi che sarei rimasto per sempre con
te, ed intendevo davvero: al tuo fianco anche sul campo di battaglia, se
sarà necessario."
Il peso della cotta, l'elsa stretta nel suo pugno, le grida e il nitrire dei
cavalli, il tonfo dei corpi che cadevano a terra: per un vivido momento le
sensazioni si fecero sentire vive come fossero reali, lì ed in quel
momento, e l'immagine che gli comparve davanti agli occhi, del suo Ewan
sporco di fango e sangue, gli parve quanto di più sbagliato potesse
esistere.
"Non se ne parla nemmeno!"
Esclamò, alzandosi di scatto, mentre Ewan continuava a guardarlo con
espressione del tutto pacifica.
"Credi forse che io non sia in grado di imparare?... beh, so che
non mi piacerebbe, ma lo farò. E se vuoi sono pronto ad iniziare anche
subito."
"Posso anche insegnarti a duellare, se ti interessa, ma finché
avrò vita non ti farò mai avvicinare ad un campo di battaglia, vero o
finto che sia!"
"Tu puoi ed io no? E perché mai?"
"Non voglio e basta! Ma non capisci che è pericol-"
Edgard si interruppe di colpo nello scorgere sul volto di Ewan la
soddisfazione...sentimento più che giustificato, visto che era riuscito a
far dire all'altro esattamente quello che voleva.
"Ribadisco la mia condizione: fai come preferisci, ma sai a quale
patto."
Questa volta il suo sorriso era più splendente che mai; gli era vagamente
passato per la testa che quella sua clausola aveva un po' il retrogusto del
ricatto, ma non era una cosa che potesse preoccuparlo. Anzi... in realtà la
situazione lo stava quasi divertendo, specialmente osservando l'espressione
spiazzata di Edgard, un sopracciglio inarcato al di sopra di uno sguardo
prima perplesso e poi rassegnato.
"Ah... ho come l'impressione di essermi fatto raggirare,
mavourneen."
Ammise Edgard, sconsolatamente.
"Sul serio? E chi avrebbe osato tanto?"
Chiese Ewan, alzandosi a sua volta e andando ad abbracciarlo.
"Un imbroglione dal visetto innocente da cui dovrei imparare a
guardarmi."
"Magari lui l'ha fatto a fin di bene."
"Allora mi auguro che a fin di bene trovi anche la maniera di
permetterci di sopravvivere prima che il nostro denaro finisca."
"Poco fa hai detto qualcosa a proposito di menestrelli..."
****
La mattina successiva ricevettero una visita; Edgard stava tentando di
aggiustare quello stupidissimo scuro che si era rotto per la terza volta;
probabilmente avrebbe fatto meglio decidersi a chiamare un falegname, prima
di combinare qualcosa di irreparabile... poi un rumore lo distrasse, rumore
che si faceva sempre più vicino, e voltandosi verso la fonte di esso vide
un carro avanzare nella sua direzione, e a tenere le briglie dei due cavalli
che lo tiravano c'era Adelius. Ponendo fine ai vani tentativi di riparazione
gli andò incontro, sentendo un largo sorriso farsi strada sul volto.
Adelius saltò giù dal carro, piuttosto agilmente, considerati i suoi
muscoli non più elastici come un tempo; maestro ed allievo si salutarono
con un abbraccio simile a quello che aveva decretato la loro separazione, ma
più sereno, privo d'angosce.
"Avrei voluto venire qui prima, ma il duca non sembrava molto
favorevole. Non lo è nemmeno adesso, ma non può certo murarmi nel mio
laboratorio."
"Non dovresti irritarlo più di quanto lo sia già; non vorrei
che questa visita potesse metterti nei guai."
"Non preoccupatevi, anzi, mi ha fatto bene muovermi un po'. Non
ricordavo che questo posto fosse così lontano..."
"Se ce ne fosse stato uno ancora più distante, avrei scelto
quello." - sogghignò Edgard -
"Per essere arrivato a quest'ora del mattino devi essere partito ieri,
però. Hai trovato alloggio lungo la strada?"
L'alchimista fece un cenno affermativo.
"Ho dormito in una locanda; non molto confortevole, in verità,
ma se non altro rispettabile. ...Ewan dov'è?"
"Sul retro della casa: sta scoprendo velleità agricole. Vieni
con me."
*****
Ewan non si accorse di loro, tutto assorto nel proprio lavoro. Si
stava dando da fare per creare un piccolo orto, ed in quel momento era
intento a gettare cenere di legna tra le zolle appena seminate; lo
sconforto iniziale era ormai completamente svanito, e riversava in quella
nuova situazione tutte le sue energie.
Edgard, giunse alle sue spalle, e chiamandolo gli posò una mano su un
braccio per richiamare la sua attenzione.
"Indovina chi c'è."
Gli disse solo, prima che si voltasse.
Anche lui fu più che felice di rivedere l'alchimista, essendogli
affezionato come avrebbe potuto esserlo ad un nonno, benché del suo vero
nonno conservasse solo una vaga memoria: il ricordo di un uomo alto e buono
che era morto prima che lui potesse conoscerlo profondamente.
Circondato dall'affetto di quei due giovani, Adelius si sentì sopraffatto
da tenerezza e tristezza, dal rimpianto di non poter fare nulla perché
fossero riammessi al castello, e provò anche, più acuto del solito, un
senso di astio verso il duca-padre, che consapevolmente si era privato
dell'amore e del rispetto di quel figlio. Cancellò il pensiero prima che lo
intristisse più del dovuto, e prese sottobraccio i due.
" Datemi una mano per scaricare il carro: vi ho portato qualcosa che
immagino vi farà comodo."
Trasportarono dal carro alla capanna due mastelli di carne sotto sale, una
botte di vino ed alcuni bauletti, tutti di legno scuro e contrassegnati da
numeri romani, con cinghie di cuoio e punzoni di metallo, tranne uno, più
piccolo degli altri e di prezioso avorio intagliato a figure umane, animali
e simboliche, con un intaglio di rune che correva tutto intorno ad esso, ed
ora, mentre erano seduti attorno al tavolo con tre coppe d'idromele davanti
a loro, Adelius glieli stava regalando.
"Ma questi... questi non posso assolutamente accettarli!"
Esclamò Edgard; li aveva riconosciuti subito, dopotutto sin da
bambino aveva visto l'alchimista adoperarli, e non erano qualcosa che si
sentisse degno di possedere: si trattava di alcuni dei cofanetti in
cui Adelius custodiva le sue droghe, spezie, medicine, unguenti.
"Ho provveduto a scegliere quanto potrebbe tornarvi più utile,
una discreta quantità di medicamenti e distillati. Dovresti conoscere già
tutto ciò che ho portato, in ogni caso nello scrigno d'avorio sono
contenuti i libretti di appunti che ho scritto io stesso in questi
anni...troverai anche alcuni dei miei strumenti, ed i semi per
crescere nuove piante... un bel caso, che stiate lavorando un orto: sono
certo che Ewan lo renderà simile ad un giardino."
Ewan sorrise al commento, ed esaminò sul palmo della mano alcuni semi
piccoli e scuri, che non riusciva a riconoscere: avrebbe avuto bisogno di
una lezione straordinaria per poterne ricavare davvero qualcosa di buono.
Nel pensarlo si rese conto di quanto gli fossero mancate le ore
d'insegnamento passate con Adelius nello studio affollato di oggetti e
libri, o nel profumato giardino del castello. Seduti vicino a lui stavano le
due persone che erano state suoi maestri, e in qualsiasi modo fossero
eventualmente cambiati i loro rapporti, non lo avrebbe mai dimenticato né
avrebbe cessato d'esser loro grato.
Intanto Edgard continuava a discutere con Adelius riguardo quell'ultimo
inatteso dono.
"Ma perché? Questi ti servono, e li hai da quando ti
conosco."
L'anziano accarezzò uno di quegli scrigni, poi ne aprì il coperchio, e
guardando all'interno un pallido sorriso gli carezzò le labbra: in verità
erano così vecchi che li aveva usati già suo padre.
"Mi sentirai più sicuro sapendo che li avete, ora che siete
lontani da casa e che nessun altro può aiutarvi, a parte voi stessi.
Accettateli e basta, anche se spero non ne abbiate mai bisogno. Inoltre,
Edgard, vostra madre vi manda questa lettera - aggiunse, porgendo a Edgard
un rotolo di pergamena sigillato con la cera - Me l'ha consegnata di
nascosto, in quanto vostro padre... ehr... diciamo che è ancora piuttosto
irritabile, riguardo l'argomento."
"Mio padre ormai non mi interessa affatto, per quel che mi
riguarda ne sono orfano. Comunque stasera risponderò a questa lettera,
così che potrai consegnargliela, al tuo ritorno. Rassicurala che qui va
tutto bene, dille di non preoccuparsi. Piuttosto, è accaduto qualcosa di
interessante, in questo mese?"
Adelius scosse la testa.
"Un mese non è poi così tanto, e la vita procede con i ritmi di
sempre."
"Beh, allora forse un'interruzione ti farà bene: voglio che ti
fermi qui almeno fino a domattina."
Adelius accettò di buon grado: in realtà, fosse stato per lui,
sarebbe rimasto molto più a lungo insieme a quei giovani, figli diletti.
°°°°°°Due settimane dopo°°°°°°
A metà pomeriggio Ewan arrivò trafelato, strappando letteralmente Edgard
dal letto in cui si stava concedendo un breve riposo, e iniziò una
concitata spiegazione.
"Mentre ero in paese ho ascoltato per caso la conversazione tra
un tale, che si chiama Irenbend, ed un bottegaio; quest'ultimo gli stava
chiedendo notizie sulla salute del suo figlio maggiore. Non ho ben capito
cos'abbia, ma pare che stia davvero male e niente di quello che hanno
provato riesce a farlo riprendere."
Edgard continuò a guardare Ewan, intuendo già cosa stava per chiedergli.
"Forse tu sei in grado di fare qualcosa... ho pensato che
comunque tentare non nuoce, e così mi sono intromesso nel discorso, dicendo
che forse potevi curarlo. Per favore, Edgard, tenta di aiutarlo!"
Lui si stropicciò gli occhi con una mano, ancora vagamente intontito
dalla sonnolenza, tanto da non riuscire nemmeno a protestare a quella
richiesta.
"Che ha?"
"Si è fatto male giorni fa, lavorando, ed ora ha la febbre...
non riescono ad abbassarla in alcun modo. Forse tu puoi tentare qualcosa,
con quanto ci ha portato Adelius, e così..."
"Se fosse un versamento interno, tutto ciò che potrei fare
sarebbe chiudere gli occhi al cadavere."
Replicò l'altro, alzandosi in piedi e infilandosi la casacca; a
quella frase brusca Ewan sbatté stupito gli occhi, chiedendosi se non
avesse fatto male ad offrire aiuto a quello sconosciuto senza aver prima
interpellato Edgard: in fondo sarebbe stato lui a dover rimboccarsi le
maniche e a gravarsi del peso di un possibile fallimento.
"Sei arrabbiato?"
Chiese titubante, ma Edgard scosse la testa e quando parlò ancora la
sua voce si era temperata.
"No, non lo sono... ma non vorrei che tu avessi creato in
quell'uomo aspettative esagerate. Dunque, ti ha detto dove abita?"
"Me lo ha spiegato, e credo d'aver capito: non è molto lontano
da qui, un quarto d'ora a cavallo di buon passo."
"Andiamo, allora."
Prima di partire prese con sé solo una manciata di foglie secche, che
infilò dentro ad una bisaccia che appese alla cintura.
"Non prendi nient'altro?"
"Non so a cosa mi troverò di fronte, e portare via tutte e
quatto le cassette sarebbe scomodo. Mi sono limitato ad alcune erbe
antipiretiche, se avrò bisogno d'alto ti manderò indietro a prenderlo, va
bene?"
"Perfetto."
E dopo ciò presero il cavallo e si misero in cammino.
****
Quando bussarono alla malconcia porta d'ingresso venne loro ad aprire un
uomo dai capelli castani, semilunghi e sporchi. Guardandolo Edgard pensò
che non doveva essere poi molto più vecchio di lui: avrà avuto poco più
di trent'anni, anche se il tempo aveva lasciato già troppi segni sul suo
viso e nel suo sguardo.
Entrando nella capanna, il cuore dell'ex nobile si strinse in una miscela di
sentimenti: pietà, disgusto, imbarazzo... e pensare che lui aveva giudicato
squallida la sua nuova abitazione, che in confronto a quella miseria
appariva come un nido splendido e confortevole.
Era composta solo da una stanza spoglia, con il pavimento di terra ricoperto
di vecchia paglia e un focolare al centro, accanto al quale sedeva la moglie
dell'uomo, tenendo un magro bambino di tre anni sulle ginocchia; un
tavolaccio dall'aria malferma e del vasellame accumulato su una rozza
credenza contro la parete costituivano tutto l'arredamento.
C'era un solo grande pagliericcio, in cui dormiva tutta la famiglia,
ma che al momento era occupato solo dal malato: un ragazzino che avrà avuto
al più dodici o tredici anni, magro e dal colorito cereo, tranne che per
due chiazze febbricitanti sulle gote.
Andatogli vicino gli posò una mano sulla fronte e si accigliò: la febbre
doveva essere davvero alta.
"Qui dentro fa troppo caldo, gli rende difficile respirare -
disse, liberandolo dalla coperta - e ha bisogno di bere."
La madre del malato si affrettò a portare una scodella ricolma
d'acqua, e poi prese a farla deglutire pazientemente, a piccoli sorsi, al
figlio semi incosciente, anche se metà del liquido andò persa in sottili
rivoli lungo il mento; nel mentre Edgard esaminava il giovinetto, ma non gli
ci volle che un istante per capire quale fosse la causa del suo malessere.
C'era una ferita gonfia e infetta che partiva dalla caviglia e che
saliva per circa una spanna verso il polpaccio; la carne aveva assunto un
colorito preoccupante, la lacerazione era purulenta e qua e là c'erano
alcune vesciche gonfie, anch'esse sul punto di andare in suppurazione.
Imprecò a bassa voce, tastando con circospezione la lesione, che
cominciava ad emanare un cattivo odore; certo, gli era capitato di vedere
ferite ben peggiori, ma mai su un ragazzino.
"Che cosa gli è successo?"
"Si è ferito con una falce, lavorando... non sembrava niente di
grave, ma poi ha cominciato a stare male, e non siamo riusciti a farlo stare
meglio. Il vecchio Caradoc ci aveva suggerito un impacco di fango e - "
Edgard interruppe l'uomo con un rumoroso sospiro di disapprovazione,
chiedendosi quanto ulteriore danno avesse provocato quella cura grossolana
ed inutile. Fece cenno ad Ewan perché si avvicinasse, ed anche lui si
accigliò nel vedere la piaga.
"Pensi di poter fare qualcosa?"
"Sicuramente, ma resta da vedere se quel qualcosa servirà a
salvargli la gamba. La ferita non è stata ben pulita fin dall'inizio, ed
ora è quasi in cancrena. Ewan, torna subito a casa, ho bisogno del terzo
cofanetto, e portami anche un lenzuolo pulito, mi servirà."
Il ragazzo annuì e partì di corsa, lasciando Edgard da solo a dare
istruzioni ai genitori del paziente.
"Avete del vino?"
La donna fece cenno di sì, pur non capendo a cosa esso potesse
servire in quel momento.
"Versatene allora alcuni boccali, e mettetelo a scaldare sul
fuoco basso: non dovrà cominciare a bollire prima che il mio compagno sia
tornato. Avete anche del latte?"
"Quello no, signore, mi dispiace."
"Uhm..suppongo di poter fare anche senza."
Volgendo di nuovo gli occhi al malato, si accorse che il ragazzo aveva
aperto gli occhi, scuri, stanchi e lucidi, e che lo stava guardando.
"Ciao."
Lo salutò, sedendosi accanto a lui e rivolgendogli un sorriso,
sentendosi tuttavia piuttosto goffo, come sempre ci si sente di fronte ad un
malato quando si è forti ed in salute.
"Chi sei?"
"Mi chiamo Edgard, e tu?"
"Casey."
"Casey... un bel nome. Significa 'coraggioso', lo sapevi?"
Il ragazzino accennò un sì, tirandosi a sedere come meglio poteva, e si
appoggiò alla parete alle sue spalle. Edgard gli porse di nuovo dell'acqua,
e questa volta l'altro bevve avidamente, terminando in pochi istanti la
ciotola che gli era stata offerta. Guardandolo Edgard si augurò che il
coraggio non risiedesse soltanto nel suo nome.
"Senti... tu stai male, ed io forse posso farti sentire meglio,
ma l'unica cura che conosco è dolorosa. Vuoi accettare comunque il mio
aiuto?"
"Non... non guarirò da solo? - chiese dubbioso il giovane
paziente - Mi sono già ammalato altre volte, ma alla fine sono sempre
guarito senza nessuna cura particolare. Questa volta però la febbre non
passa..."
"E' colpa del taglio che ti sei fatto, che si è infettato e sta
avvelenando il sangue, non puoi 'guarire da solo'. Lasciando le cose come
sono, non farai che peggiorare."
"Peggiorerò quanto?"
Edgard lo guardò attentamente, chiedendosi fino a che punto fosse
giusto essere franchi con un ragazzino in quelle condizioni; non voleva
spaventarlo, ma nemmeno illuderlo. Casey aveva sicuramente il diritto ad una
risposta esauriente, e non ad un illusorio trattamento protettivo che gli
avrebbe solo fatto del male. Usò infine le stesse parole semplici che aveva
scelto per spiegargli quale fosse la sua malattia, per quanto esse potessero
suonare brutali.
"Se questo male dovesse propagarsi sarebbero costretti ad
amputarti la gamba... o potresti anche morire. Se invece riuscissi a curarti
adesso ti rimarrà una cicatrice, ma torneresti sano come prima."
"Sei un guaritore, un cerusico?"
"Un po' sì e un po' no riguardo entrambi, suppongo di dover
dire."
Rispose Edgard, ripassando mentalmente le sue nozioni di medicina e
rivivendo scene che un tempo gli avevano causato nausea, ma a cui infine si
era abituato: la prima volta che aveva assistito Adelius durante
un'amputazione aveva quindici anni, e finito il tutto era fuggito a vomitare
tra i cespugli.
"È assurdo pensare di poter separare la medicina dalla
chirurgia, lo sosteneva anche Avicenna - aveva poi detto l'alchimista,
mentre gli preparava un infuso per placare lo stomaco in subbuglio - Un
medico che disdegni il maneggiare i ferri avrà ben poca utilità per
salvare delle vite, ed un cerusico che non conosca a fondo la medicina sarà
sempre poco di più di un macellaio molto abile con i coltelli: in questo
gli arabi hanno molto da insegnarci, e se ne avessi la possibilità sarei
lieto di apprendere a fondo le loro tecniche."
Al che gli aveva spiegato come operare di cataratta, dolendosi di non
aver mai potuto assistere dal vivo ad un intervento simile, essendosi
limitato a studiarlo dal Canone di Medicina del già citato Avicenna, per il
quale egli nutriva una sconfinata ammirazione.
La voce di Casey lo strappò d'improvviso dalle sue reminiscenze e, pur se
infiacchita dalla malattia, gli suonò sicura.
"Fai quello che devi: meglio una gamba con una cicatrice che una
gamba di meno."
"Sagge parole, amico mio. Intanto tieni queste - gli porse
alcune delle erbe che aveva portato con se - tienile in bocca, ti farà
calare la febbre."
Gli batté un colpetto d'incoraggiamento sul braccio, per poi alzarsi
ed andare a controllare il vino sul fuoco. Non gli restava che attendere.
****
Non appena Ewan fu di ritorno, cominciò a preparare quanto gli occorreva.
Controllò le erbe che aveva a disposizione, e fu felice di constatare che
la memoria non l'aveva ingannato, vedendo che aveva a disposizione quanto
gli serviva. Prese delle foglie di persicaria e le buttò nel vino che
stava sobbollendo, e poi si rivolse alla madre del ragazzino.
"Rimestatele di tanto in tanto, e togliete il recipiente dal
fuoco quando il vino si sarà consumato di due terzi... inoltre ho bisogno
di più luce, portatemi altri lumi, per favore."
Si rivolse poi al padre, dandogli istruzione di ridurre il lenzuolo di
lino che si era fatto portare a lunghe strisce, e di realizzare poi con esse
bende e alcune compresse. Sterilizzò i ferri nel fuoco, ed infine chiamò
Ewan, che gli era rimasto silenziosamente a fianco.
"Tu dovrai rimanere accanto a lui: cerca di rassicurarlo, e
tienilo fermo se sarà necessario. Gli darò dal papavero per stordirlo, ma
probabilmente sentirà comunque dolore... dovrò pulire la ferita in
profondità se vogliamo essere sicuri di riparare definitivamente
all'infezione."
"Sono sicuro che andrà tutto bene."
Disse Ewan, accarezzandogli fugacemente il viso, e andando accanto a Casey,
a cui scostò i capelli sudati dalla fronte.
Prima di tutto iniziò a lavare semplicemente la piaga con acqua, poi la
spalmò con un unguento dall'odore pungente; con le dita cominciò a
tracciare alcuni segni, indicandosi mentalmente dove poi avrebbe inciso.
Rivolse un'occhiata a Casey e si accorse che il suo sguardo cominciava a
farsi vacuo a causa della droga, indice che ormai era il caso di iniziare
veramente.
Il vino ormai si era consumato a dovere, e lui ne fece prelevare una piccola
quantità, giusto due dita, incaricando Ewan di farla bere al paziente,
senza sprecarne una goccia, mentre usò tutto il resto per inzuppare le
compresse di lino che aveva fatto preparare poco prima. Cominciò con il
tamponare la ferita, e poi prese il bisturi ed incise la pelle.
Nonostante stesse usando mano delicata e l'effetto del papavero, Casey
gemette durante l' operazione, e tentò inconsciamente di svicolarsi, al che
Edgard chiamò il padre del giovane perché gli tenesse ferme le gambe:
doveva andare piuttosto in profondità e se per un movimento brusco avesse
dovuto recidergli una vena non ci sarebbe stato più nulla che fosse in
grado di fare, per salvarlo.
Via via che proseguiva si convinceva di aver fatto appena in tempo: la
quantità di pus da cui stava liberando la piaga malsana era impressionante.
Pulire e tamponare, pulire e tamponare...
[Impiastri di fanghi! - ringhiò mentalmente - E suppongo che potesse anche
andare peggio, visto che certi guaritori da baraccone consigliano persino
impacchi di sterco, in casi come questo!]
"Edgard, il ragazzo è svenuto."
Gli fece notare Ewan, passando una pezza umida sulla fronte madida di
Casey.
"Meglio, questo mi faciliterà le cose, e lui non sentirà più
il dolore."
E buttò da parte una compressa di lino ormai sporca e inservibile per
prenderne una nuova.
***
Gli ci vollero un paio d'ore, una nuova dose di fomento di persicaria, molta
pazienza e alcuni punti di sutura, prima di essere certo di aver fatto un
buon lavoro; fasciò la gamba ferita e uscì infine a respirare a pieni
polmoni l'aria della sera, stanco morto per la tensione accumulata. Il
lavoro però non era ancora finito: preferiva continuare a stare lì fino a
che Casey non avesse ripreso conoscenza, e anche dopo ciò si sarebbero
dovuti aspettare alcuni giorni prima di essere sicuri che l'infezione fosse
stata effettivamente debellata.
"Grazie per quello che hai fatto."
Disse alle sue spalle Irenbend , uscendo a sua volta.
"Non ringraziarmi ancora, è ancora un po' presto per parlare,
temo."
"Il tuo tentativo è stato caritatevole: hai aiutato persone che
non avevi nemmeno mai visto, e già di questo ti siamo grati. Torna dentro,
mia moglie ha versato del sidro, e sta preparando qualcosa da mangiare per
te e il tuo amico. Purtroppo non abbiamo molto da offrire, di questo te ne
sarai accorto anche tu."
"È già più che abbastanza."
Rispose Edgard, rientrando in casa.
Il magro pasto di quella sera gli sembrò uno dei più gustosi che avesse
mai mangiato in vita sua, e consumandolo una strana sensazione di calore e
soddisfazione gli riempì il petto. Poi, dopo aver suggerito ai genitori di
coricarsi e riposare, lui ed Ewan rimasero tutta la notte in quella
casa, a tenere d'occhio i progressi del ragazzino: Casey non si svegliò, ma
la febbre scomparve del tutto, permettendogli di dormire tranquillamente.
"Riposati anche tu, Ewan; a questo punto posso badare da solo a
lui."
Ewan scosse assonnatamente la testa e gli sedette accanto.
"Ora starà di nuovo bene?"
Gli chiese sottovoce.
"Spero sì, ma avrà bisogno di altre cure se
vogliamo maggiori probabilità di ripresa." Ewan sorrise e alzò
il viso verso di lui per sfiorargli la guancia con le labbra.
"Ero certo che saresti riuscito ad aiutarlo."
"Nutri davvero troppa fiducia in me. Ewan. Prima o poi finirai
con l'avere una grossa delusione, temo."
"Non ne vedo proprio il perché."
Nella penombra Edgard sorrise, e circondò le spalle di Ewan con un
braccio, accarezzandolo pigramente..
"Ti ringrazio per l'aiuto."
"Non mi sembra di essere stato poi molto utile, hai fatto tutto
tu. - rispose - Sarebbe davvero il caso che mi rimettessi a studiare... e tu
potresti darmi una mano, mh?"
"Come desideri."
Qualche istante di silenzio, e poi Ewan parlò ancora.
"E poi dovresti essere tu, a riposare, adesso: sei molto più
affaticato di me. Baderò io a lui, e ti sveglierò se ce ne sarà
bisogno."
"Agli ordini, tighearn."
Per quanto gli sarebbe piaciuto negarlo, era davvero desideroso di dormire
qualche ora e accettò con gratitudine la proposta di Ewan, coricandosi
sulla panca e poggiandogli la testa sulle ginocchia.
****
Il mattino dopo il giovane malato era seduto sul letto, un colorito già
più sano gli tingeva il viso.
"Buongiorno, Casey, come ti senti?"
"Bene! E sono contento di avere ancora la mia gamba!"
A sottolineare le proprie parole, il ragazzino fece per sollevarla, ma
Edgard lo fermò.
"Per qualche giorno non la dovrai muovere, d'accordo? Tornerò a
trovarti e ti dirò io quando ti potrai alzare."
Il paziente annuì vigorosamente e si quietò, limitandosi a chiedere
di essere aiutato a sedersi sul letto, e annunciò di avere una gran fame,
un segno positivo che indicava ai due che si erano presi cura di lui che
potevano tornare a casa e riposare a loro volta.
Prima di andarsene, però, Edgard parlò ancora con i genitori, lasciando
istruzioni; porse loro un piccolo borsello di pelle consunta.
"Qui c'è dell'assenzio. Fatelo bollire dentro a della salamoia;
dovrete bagnare la ferita con la soluzione che otterrete almeno tre volte al
giorno, e poi copritela con una compressa di stoffa pulita: preverrà
eventuali ricadute. Ah, e inoltre... - si sentì imbarazzato nel trarre
dalla borsa appena alla cintola alcune monete, consegnandole in fretta
all'uomo che aveva davanti - per rimettersi in forze dopo la febbre ha
bisogno anche di mangiare qualcosa di sostanzioso, quindi comprate della
carne... carne rossa, o selvaggina, qualcosa che faccia sangue."
La coppia prese anche il denaro: quando c'è davvero la fame non si ha
scrupolo ad accettare l'elemosina altrui, e i soldi che erano stati dati
loro sarebbero bastati a sfamarli tutti e quattro per alcuni giorni. Il
padre di Casey chinò il capo in segno di omaggio, e consegnando alla moglie
l'assenzio e le monete, prese la destra di Edgard tra le proprie mani e la
strinse.
"Mai nessuno si premura di aiutare così povera gente come noi, e
già credevo che avrei perso mio figlio. Ora non ho modo di dimostrare la
mia gratitudine, ma prima o poi troverò l'occasione di ricambiare la vostra
carità... per il momento posso solo augurarmi che Dio benedica e
protegga te e il tuo amico, saoidh."
****
Mentre cavalcavano verso casa la stanchezza cominciava a farsi sentire con
tutto il suo peso: fatica fisica e mentale si erano accumulate indisturbate
per troppe ore... e per troppe ore erano state ignorate.
Ewan si voltò verso Edgard, sorridendogli.
"Saoidh."
Ripeté semplicemente, in tono soddisfatto, come se avesse trovato la
definizione adatta a descrivere il suo amato signore.
"Non credo di essere stato particolarmente generoso, in fin dei
conti... ho fatto solo ciò che avevo la possibilità di fare,
nient'altro."
"È proprio in ciò che consiste la generosità. E poi, dopo
tutto questo, forse abbiamo trovato il modo di guadagnarci la vita,
non credi?"
"Sarebbe a dire?"
"Hai visto anche tu cosa può comportare una cura mal
consigliata; i poveri, ma anche bottegai e contadini più benestanti che
quella famiglia, non possono certo permettersi un medico... però sono
sicuro che la voce di come hai curato Casey si spargerà, e che altri
verranno a chiederti aiuto."
Edgard sogghignò, appoggiando il mento sulla spalla di Ewan.
"Non so quanto convenga loro: certo, so cucire ferite e
aggiustare qualche osso, placare la febbre e la tosse, ma è un po' poco,
per esser considerato un medico."
"Per chi non è in grado di fare altrettanto, questo poco è
sicuramente molto."
"Sarà... certo che finché sarò io ad elargire denaro ai miei
pazienti sarà un po' difficile 'guadagnarci da vivere', come hai
detto..."
"Ma quella era una famiglia davvero misera, servi della gleba,
non tutti sono come loro. E poi non è detto che debba per forza essere il
denaro, la ricompensa. Per esempio, per quanto povera, quella gente ci
ha offerto da mangiare: anche un pagamento in natura potrebbe andare bene,
no?"
Sentì Edgard soffocare una risata.
"Se tu acconsenti..."
"Hai capito benissimo quello che intendevo!"
Protesto Ewan, dandogli un leggero schiaffo sulla coscia.
Edgard sorrise, e gli sparse baci sulla nuca e sul collo, spronò il
cavallo, proseguendo sulla strada del ritorno al galoppo, e senza rispondere
ammise con se stesso di provare uno strano senso di appagamento, quasi
d'orgoglio. Valutava con scetticismo l'idea di Ewan, dubitando di poter
essere di qualche reale utilità, sempre convinto che ciò che sapeva fare
meglio implicasse l'uso di una spada e non di un bisturi, ma doveva
riconoscere che l'avere le mani sporche di sangue per aver salvato qualcuno,
e non per averlo ferito o ucciso, gli aveva reso il cuore leggero, ed il
senso di inutilità che lo aveva oppresso era svanito senza lasciare
traccia, come non fosse mai esistito.####
Keith si stava asciugando i capelli, e intanto ascoltava Matthias raccontare
il suo ricordo; lo spiava dal riflesso nello specchio, mentre faceva il
bagno, immerso fino al collo nella schiuma profumata... schiuma che tra
l'altro era piuttosto disturbante, dato che gli impediva una chiara visuale
di quell'amatissimo corpo rilassato nell'acqua, tutto ciò che poteva vedere
era un braccio lasciato ciondolare pigramente oltre il bordo, a gocciolare
sul pavimento.
"Continuasti, allora?"
"Ti riferisci al perseverare nel giocare al dottore?"
Matthias gli soffiò addosso un po' di schiuma e si lasciò scivolare ancor
più profondamente nell'acqua;
"Sempre se puoi dirmelo."
"Non credo che riguardo a questo possano esserci problemi. Sì,
continuai, - rispose, andando a sedersi sul bordo della vasca - tra successi
e fallimenti, per quanto potei."
"Fallimenti?"
"Ci furono casi in cui ogni sforzo fu vano... come dissi, non
avevo né la scienza né i mezzi per contrastare certi mali - occhi ambrati
si riempirono di malinconia e rimpianto - e così in più di un caso non
potei fare altro che guardare la morte vincere, a dispetto dei miei
sforzi."
"Ti sentisti in colpa?"
Keith annuì, sfiorando l'acqua con la punta delle dita, l'aroma dolce e
intenso dell'iris gli solleticava piacevolmente le narici.
"Non devi... se ti adoperasti per quanto più ti era possibile,
quello era già tutto."
"Lo so, ma... mi sentii così inerme, impreparato e sciocco. La
prima volta che morì un mio paziente non seppi nemmeno dire che cosa lo
affliggesse... riuscii solo a farlo dormire nel suo periodo peggiore,
perché passasse dal sonno alla morte serenamente."
"E di questo lui deve esserti stato grato. Che sintomi
aveva?"
"Il ventre contratto, e un dolore lancinante che dal lato destro
si estendeva all' ombelico e all'inguine sinistro... febbre alta, nausea, ma
gli sforzi di vomito andavano a vuoto. Ora so che era peritonite...
razionalmente capisco che anche di questi tempi si muore della stessa cosa,
e che non avrei potuto proprio fare nulla, però... temo che nella mia
logica ci fosse qualcosa di difettoso... più o meno come adesso."
Matthias gli prese una mano, accarezzandone il dorso con il pollice.
"Non devi più sentirti afflitto."
"Non lo sono. Non per questo, almeno."
Keith si sporse in avanti, sfiorando con grazia le labbra socchiuse
di Matthias con le proprie: per quel che lo riguardava, il momento dei
pensieri tristi finiva lì, ed era il momento di cambiare discorso.
"Sai, una cosa che mi piace di questa vasca è che mi ci posso
stendere comodamente allungando le gambe... quella di dove vivevo prima era
molto più piccola."
Si alzò con un movimento fluido e slacciò l'accappatoio, lasciandoselo
scivolare lungo le spalle per poi farlo cadere a terra, una macchia blu
notte sulle piastrelle celesti.
"E scommetto che ci si sta a meraviglia anche in due."
Continuò con un sorriso seducente, completamente a proprio agio in
quella nudità; Matthias capì al volo quello che aveva intenzione di fare e
scattò a sedere facendo ondeggiare l'acqua.
"Non puoi entrare anche tu! La vasca è piena fin quasi all'orlo,
inonderai il bagno!"
"Prometto che dopo asciugherò tutto. Te compreso."
Disse Keith con un sogghigno, prima di immergersi, causando il predetto
traboccare d'acqua e schiuma.
Quel corpo contro il suo fece rabbrividire Matthias di anticipazione... le
carezze di Keith unite a quelle dell'acqua non erano una sensazione del
tutto nuova. Si erano già amati sotto la doccia, con tutte le contorsioni
del caso, visto che la cabina era tutt'altro che spaziosa... la vasca era
una novità (chissà perché non ci avevano mai pensato prima... eppure
tutti gli altri angoli della casa erano stati debitamente esplorati), ma
l'acqua che lo circondava così dolcemente, sommando liquide carezze a
quelle del suo amante, gli dava un preciso deja vu.
Un improvviso flashback e capì il perché: il fiume nelle vicinanze della
capanna.. acqua fresca e limpida... c'erano andati solo per lavarsi, ma poi
la situazione aveva preso loro la mano, e tra cascatelle vivaci e polle
d'acqua più tranquilla, il posto era un attraente invito al praticare un
certo peccato capitale.
Una vasca da bagno non aveva certo lo stesso fascino di quel luogo, ma il
suo corpo reagì immediatamente al tocco carezzevole di Keith.
Appoggiandosi allo schienale, Matthias lo attirò più strettamente a
sé, petto contro petto, e gli regalò innumerevoli baci, sulle labbra,
leggeri e solleticanti, concedendo solo lo sfiorarsi delle loro lingue di
tanto in tanto.
Keith lo lasciò giocare così per qualche minuto, poi d'improvviso
prese la sua bocca in un bacio vero, profondo e bagnato.
Matt gli fece scivolare le mani lungo la schiena, scendendo fino a
stringerle sui glutei sodi, vincendogli un mugolio d'approvazione, e
Keith ondeggiò il bacino contro di lui, provocando un contatto ancor più
stravolgente tra i loro sessi, che tolse del tutto il fiato, già
corto per via del bacio, ad entrambi. Avrebbero voluto molto altro, ma lo
spazio, per quanto sufficiente in lunghezza, non lo era in larghezza, e
stava procurando loro qualche ammaccatura contro le pareti della vasca.
"Non è poi così comoda, vero?"
Si lamentò Matthias, tentando di muoversi come meglio poteva,
sporgendo una gamba oltre il bordo della vasca, per fare più spazio a Keith.
"Basta trovare la posizione giusta, magari facendo un po' di
pratica. Se tu venissi un po' più avanti potremmo sistemarci in modo da
-"
La spiegazione fu interrotta da un miagolio proveniente da molto vicino a
loro; si voltarono, trovandosi a ricambiare lo sguardo smeraldino del gatto
che, seduto elegantemente come quelli scolpiti dagli egizi, li fissava da
sopra il piano di marmo del lavandino.
"Ciao, Bestiaccia!"
Salutò Keith allegramente, mentre Matt si passava una mano fra i capelli,
borbottando a proposito di un felino voyeur.
Effettivamente non era una novità trovare il gatto a fissarli in
'certi' momenti: in camera da letto spesso li aveva osservati dal comò,
attento e con le vibrisse frementi, durante il loro fare l'amore, e in un
paio di occasioni era addirittura balzato sul letto, strofinandosi contro di
loro emettendo fusa entusiaste.
La prima volta che Matthias si era accorto di quella spia, aveva tentato di
farlo sloggiare tirandogli il libro che aveva a portata di mano sul
comodino, ma Keith lo aveva fermato.
"Dai, lascialo stare, non sta facendo niente di male."
"Ma ci sta guardando!"
"Non mi dire che ti senti in imbarazzo davanti ad un gatto!"
Aveva esclamato l'altro, incredulo; lui aveva tentato ribattere che no...
insomma... però... ma Keith aveva iniziato a fargli qualcosa che gli fece
dimenticare completamente la presenza del micio.
"Perché non vai a farti una dormita, guardone di un mangiatonno
a tradimento? - disse Matthias, muovendosi e riuscendo finalmente a
trovare una posizione confortevole per entrambi - Keith, quando ci
compreremo una villetta a Richmond assicuriamoci che abbia una vasca bella
grande, magari idromassaggio, okay?"
"Certamente, ora come ora ci mancano solo ducentocinquantamila
sterline. Praticamente possiamo cominciare a scegliere la tappezzeria
del soggiorno."
Guidando ancora una volta la bocca di Keith verso la sua, Matthias
pensò che non aveva alcuna importanza: in qualunque luogo, e tempo,
avessero vissuto, l'unica cosa di cui avevano bisogno era tra le braccia
l'un dell'altro.
_____________C O N T I N U A ____________________
Dunque... prima di tutto spiego le parole celtico-gaeliche usate in questo
capitolo.
- Mavourneen: è un appellativo affettuoso, qualcosa del tipo 'tesoro', o
'darling' in inglese
- Saoidh: é un termine usato, in certi casi, per riferirsi ad un uomo
generoso, di buon cuore
- Tighearn: signore, padrone
Spero che la versione medioevale di ER non vi abbia rotto le scatole ^^;;;;
ma non è colpa mia se è questo il mestiere che s'è messo a fare Edg....
se volete prendervela con qualcuno, piuttosto fatelo con Ewan!
E se doveste farvi qualche brutto taglio, voi lasciate perdere persicaria,
salamoia e assenzio e usate l'acqua ossigenata ^_^
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