Note: uhmmm...non è dei
miei preferiti.....il prossimo sarà meglio...per ora beccatevi questo! Il
resto delle note a fine fic!
In un paese
d'estate
di Unmei
parte XVII
Un braciere, una semplice cassapanca,
stuoie per terra; poi un grosso letto per lui ed uno più piccolo per Ewan;
questo era quanto costituiva l'arredamento della sua tenda...escludendo di
proposito la rastrelliera delle armi e il grosso baule che conteneva la
cotta e il resto della corazza: cose volute da suo padre che, pur non
avendo insistito riguardo alla sua partecipazione al torneo, continuava a
covare la speranza che il figlio cambiasse idea.
D'altra parte il malcontento duca padre poteva essere compreso: Edgard
aveva rinunciato per chissà quale promessa, ed anche Thomas sarebbe stato
assente: era stato costretto a rimanere al castello per via di problemi di
salute; lo squilibrio era dovuto ad un eccesso di bile gialla sugli altri
umori, che aveva incattivito il sangue e portato a febbri e dolori al
ventre, così almeno aveva detto Adelius. Il medico aveva prescritto
un'amarissima tisana da assumere quattro volte al giorno, più riposo,
emetici e salassi per ristabilire l'equilibrio dell'organismo; dopodiché
aveva rimesso il malato alle fidate cure del suo apprendista migliore e più
esperto ed aveva seguito il suo signore e i cavalieri al campo, come
faceva ogni volta, per portare aiuto ai feriti dalla spada e a quelli del
troppo vino.
In quanto a Edgard, la notizia che il suo gemello sarebbe stato lontano
dal campo gli aveva fatto molto piacere, al punto da essere ripreso dallo
stesso alchimista riguardo la sua eccessiva manifestazione di
soddisfazione; non era solo entusiasta che il fratello fosse troppo
occupato a vomitare l'anima per riuscire a stare in piedi, ma anche
notevolmente tranquillizzato dall'idea che non lo avrebbe visto
gironzolare per l'accampamento con troppe armi a portata di mano e troppa
confusione intorno; qualche giorno lontano da lui e dal suo sguardo cupo
sarebbero stati una bene accetta vacanza, nonché l'occasione per rivedere
vecchi amici, come Cedric, che in quel momento, seduto di fronte a lui, già
aveva iniziato a dare il via ai suoi personali festeggiamenti a base
d'idromele.
Il giovane, ricciutissimo e tiziano, era piuttosto brillo, e stava
tentando di far ubriacare anche il suo furetto albino, ma l'animale non
sembrava molto interessato a ciò che il padroncino gli offriva.
"Ah, qui ci vuole un po' di collaborazione... - disse con voce
strascicata - Edgard, tienigli il muso aperto, che io verso!"
"Declino. Francamente ci tengo ad avere tutte e dieci le mie dita
nelle mani."
"Uhhhhm...allora, facciamo il contrario!"
"La povera bestia sta per perdere la pazienza, Cedric. Fossi in te
starei attento."
Il cavaliere lasciò andare all'animale, che lestamente schizzò lontano
da lui, arrampicandosi su per il braccio di Ewan, che stava accanto a
Edgard, andando a sistemarsi sulla sua spalla. Cedric, contrariato,
puntò i gomiti sul tavolo e poggiò il mento sulle mani, e si rivolse al
paggio.
"Hai un padrone antipatico! E senza cuore! Quando avevamo dodici anni
il suo falco si mangiò il mio furetto, e lui ora...hic. non vuole nemmeno
farmi un piccolo favore...hic...scusate, vado a vomitare."
Il giovane si allontanò in fretta, rovesciando il suo boccale sul tavolo,
e Edgard fece appena in tempo a scostarsi prima che il liquido finisse a
macchiargli i calzoni.
"Il convivio deve ancora iniziare e lui è già fradicio...meecheeayllagh."
(Significa 'idiota' ^^)
"Non dovresti dire certe cose dei tuoi amici."
Ewan stava grattando la piccola testa dell'animale, che sembrava essersi
già miracolosamente calmato, e non mostrava più i suoi minacciosi
dentini aguzzi.
"Ti assicuro che entro qualche giorno anche tu lo chiamerai allo
stesso modo."
Disse Edgard, accarezzandolo nella stessa maniera in cui lui stava
coccolando il furetto.
*****
Tutto era pronto per gli scontri, anche il banchetto di buon augurio era
terminato, ed alcuni cavalieri già si ritiravano per la notte, consci che
il mattino successivo i combattimenti sarebbero iniziati poco dopo l'alba.
Anche Edgard ed Ewan erano già nella loro tenda, benché l'alzata
mattutina non li riguardasse; avrebbero potuto prendere le cose senza
alcuna fretta...rimanere al campo significava oziare per tutta la mattina,
andare ad assistere ai combattimenti nel pomeriggio, e attendere
semplicemente che scoccasse l'ora dei vespri, che le mischie finissero e i
cavalieri facessero ritorno...per poi festeggiare ancora fino a notte,
ascoltare le canzoni dei menestrelli e poi ripetere tutto il giorno
successivo.
Da parte sua, il nobile aveva promesso aiuto a Adelius nel medicare ferite
e riaggiustare eventuali ossa rotte, ed anche Ewan si era detto ben
disposto a dare una mano, desideroso di imparare qualcosa di nuovo. Negli
ultimi tempi l' alchimista aveva iniziato ad insegnarli l'uso delle
piante, e lui aveva scoperto di trovare l'argomento molto affascinante, e
anche molto più complicato di tutto ciò che gli fosse mai capitato di
studiare, ma ciò contribuiva solo a farlo sentire un privilegiato, sotto
tutti i punti di vista.
Era esattamente quella l'idea che occupava i suoi pensieri quando il suo
duca, appena richiusa la pesante tenda che copriva l'uscio, lo prese
per le spalle e gli incorniciò in viso di baci, lasciandone sui capelli,
sulla fronte, sulle palpebre, sulle gote.
"Edgard, non possiamo...qui..."
Il duca si fermò per un momento e lo guardò perplessamente: era la prima
volta che Ewan lo bloccava, e francamente non avrebbe mai creduto che
potesse accadere una cosa simile.
"Qualcosa non va?"
"Qui...è poco prudente."
Rispose il biondino, lanciando uno sguardo apprensivo intorno a sé, come
se temesse di scorgere qualcuno nascosto nel loro padiglione, intento a
spiarli. Quel tipo di preoccupazione non scompose Edgard, che la dismise
immediatamente; in risposta sorrise e chinò ancora il viso per baciarlo
un'altra volta; ma Ewan era davvero nervoso, il duca lo sentì teso,
mentre lo stringeva, agitato, come pronto a scattare al minimo rumore,
tanto che alla fine si staccò da lui un'altra volta.
"Stai tranquillo...se mi lasci fare ti posso aiutare a rilassare,
hm?"
Gli scostò i capelli dalla fronte, accarezzandoglieli all'indietro, ma
nemmeno con quel gesto che lo calmava sempre stava riuscendo a
convincerlo.
"Edgard, ho tanta voglia di...di fare l'amore, ma questa è una
tenda, non c'è una spessa porta di legno di quercia, non c'è un
chiavistello né una serratura, e chiunque potrebbe entrare, e..."
"Nessuno entrerebbe senza prima annunciarsi, e nessuno entrerà
comunque se io gli negherò il permesso; non c'è niente da temere."
"E se invece accadesse?...dico davvero, sono nervoso! Non è come
essere a casa, e- - non voglio metterti nei guai"
"Hhhmmm...-Edgard chinò la testa, poggiando la fronte sulla spalla
di Ewan, circondandolo ancora una volta con le braccia - d'accordo, come
vuoi. Anzi, forse hai ragione, c'è sempre il rischio che ci sia in giro
qualche ficcanaso, giusto?"
Con un ultimo, veloce, bacio sul collo lo lasciò andare; c'era una lunga
lettera che voleva leggere ancora una volta, prima di rispondere: si
trattava di Richard, che aveva intavolato un'altra delle sue fumosissime
questioni filosofiche, quindi prese la missiva e andò ad accomodarsi sul
proprio letto per rivederla con calma.
Non si aspettava che desistesse così facilmente, andandosene pacifico a
leggere come se niente fosse stato; avrebbe dovuto provare sollievo per
essere riuscito a farlo ragionare, ed invece era più forte il disappunto
per aver ricevuto così poche insistenze. Certo non poteva rammaricarsene,
visto che Edgard aveva semplicemente fatto ciò che lui gli aveva chiesto,
però...
...chissà. forse era vero che era lui ad essere troppo apprensivo...in
ogni caso era un po' tardi per tornare sulla propria decisione.
Prese il libretto di botanica che aveva portato con sé e decise di
provare a studiare.
*****
Era già da un po' che aveva lasciato perdere la lettera e lo stava
osservando: Ewan sedeva sulla cassapanca e leggeva, ma si sentiva di
scommettere che non fosse molto concentrato: la sua schiena sembrava
stranamente rigida, come se stesse cercando di mostrare una disinvoltura
che non provava, e gli occhi non avevano un'espressione attenta: forse,
addirittura, faceva solo finta di leggere, scorrendo lo sguardo disattento
sulle righe...senza contare che sembrava fermo da tre quarti d'ora sulla
stessa pagina.
Così avrebbe imparato molto, anzi, avrebbe finito con l'annoiarsi...
[...non sia mai...] si disse Edgard.
Andò a sedersi accanto a lui, vicino, ma non abbastanza da toccarlo, come
se stesse semplicemente sbirciando il suo libro, mentre Ewan continuava a
tenere ostentatamente gli occhi sui fogli.
Il nobile non poté fare a meno di sorridere: lievemente, con un angolo
della bocca, involontariamente paragonando il ragazzo a un coniglietto, ma
si liberò in fretta del pensiero, giudicandolo decisamente troppo
bizzarro. S'inumidì le labbra: se proprio avesse avuto paura lo avrebbe
lasciato stare, ma se gli avesse offerto anche solo uno spiraglio...
Si avvicinò ancora un po', tanto da far sì che le loro gambe si
toccassero, all'altezza del ginocchio; a quel semplice tocco Ewan sussultò,
e per un momento il libro tremò nelle sue mani...perché sapeva cosa
aspettarsi?
Edgard gli carezzò fugacemente una guancia con le labbra, e poi la sua
bocca si spostò, per baciare il lobo dell'orecchio, percorse il
padiglione con la punta della lingua e poi tornò giù; la pelle lì era
delicata, e sotto il suo tocco divenne rossa e bollente da fresca che era.
Gli posò una mano sulla schiena, mentre l'altra stava percorrendo
lentamente la sua coscia, su e giù, spingendosi ogni volta di più verso
l'interno, toccandolo dove sapeva bene che era oltremodo sensibile. Ewan
si lasciò sfuggire un profondo sospiro, e un attimo dopo voltò il capo
verso il duca, trovandosi immediatamente catturato dallo sguardo
penetrante del suo amante; mutamente, con quegli occhi ambrati, gli
stava chiedendo 'che cosa avevi detto a proposito del non fare
nulla?".
Quando il paggio sentì la bocca del padrone coprire la sua, il libro gli
sfuggì dalle mani, finendo per terra, dove rimase, dimenticato.
La lingua di Edgard si era introdotta dolcemente nella sua bocca, la punta
vagava sul suo palato, un sinuoso solletico che lo stava facendo mugolare;
il ritmo era languido, il tocco lieve, volto a provocarlo, a catturarlo
gentilmente ma senza possibilità di scampo.
Ewan sapeva di essere una facile preda, e ne ebbe nuova conferma quando il
compagno pose fine al bacio, allontanando il viso dal suo: non sopportò
di venire privato di quel contatto umido e delizioso, il senso di vuoto
era troppo, e d'istinto la sua testa inseguì quella dell'altro,
incollando ancora le loro labbra, cingendogli il collo con le braccia,
andando incontro al suo corpo con il proprio.
Edgard lo attirò completamente a sé e lui d'un tratto gli si ritrovò a
cavalcioni sulle sue gambe, mentre una mano si infilava sotto la sua
blusa, avventurandosi sulla pelle nuda.
Chiuse gli occhi, beato in quelle sensazioni contrastanti che pur si
armonizzavano meravigliosamente: delicate e violente, il cuore come un
tamburo e la testa leggera; un pensiero gli attraversò la mente, come un
ammonimento, ricordandogli ancora quanto fosse rischioso il loro
comportamento...
Rischioso, sì...sconsiderato...ma nemmeno usando tutto il suo buon
senso riusciva a convincersi di svincolarsi e di interrompere quel bacio.
La mano di Edgard vagò sui suoi fianchi, sulla sua schiena, e lui sentiva
un formicolio alla base della nuca, il brivido seducente della pelle
d'oca, una sensazione che si fece ancora più potente quando
l'esplorazione del suo corpo passò da ciò che c'era sopra la cinta a ciò
che stava al di sotto: fremé al tocco delle dita che sfiorarono i suoi
glutei, e ancora di più alla mano che poi si posò aperta sulla natica,
stringendola lievemente.
"Posso?"
Sussurrò il duca, scostandosi dalle sue labbra arrossate quel tanto che
bastava per parlare.
"Che...domande.."
Esalò, chinando la testa contro la sua spalla, prendendo a baciargli il
collo; vellutati tocchi che scorrevano sulla pelle come pioggia
primaverile, e che si trasformarono in un unico bacio, lungo,
veemente, affamato, quando un dito di Edgard si spinse dentro di lui,
iniziando a muoversi in quel modo che in pochi istanti lo privava
completamente di ogni pudore.
Morse e succhiò, strusciandosi contro di lui, soffocando nella carne di
Edgard i proprio gemiti; sarebbe stato facile abbandonarsi del tutto,
lasciare che il suo amante plasmasse a proprio piacimento la forma della
sua beatitudine, ma non voleva restare semplicemente in balia di quel
piacere...
Non voleva solo riceverne, ma anche darne...l'unica cosa che potesse
offrire a colui che gli aveva donato tutto, l'unica cosa che sapeva gli
appartenesse interamente.
Gli fece scendere una mano lungo il petto, sciogliendo i lacci della
camicia, vagando sui muscoli compatti, percependo il respiro un po'
affannato; stava andando molto oltre il controllo che aveva pensato di
imporsi; al momento, però, non gliene importava più nulla.
Scese ancora, sull'addome piatto, muovendosi con la cieca confidenza che
aveva imparato in quei mesi.
"Ewan..."
Le mani del suo angelo erano leggere...lui amava come iniziavano a
toccarlo timidamente, come se avesse paura di stare prendendosi una libertà
troppo grande. Ed amava anche il modo in cui poi conquistavano fiducia, e
si facevano audaci, e lo toccavano con grazia, e passione, e con bisogno
disperato, come se ancora non riuscisse a credere che il l'uomo che
stringeva, e che lo stringeva, fosse suo.
Completamente suo.
A nessun altro avrebbe mai permesso di portarlo così al di fuori di se
stesso, con nessun altro avrebbe mai abbassato tanto le proprie difese...e
le sue difese non esistevano più, erano già tutte cadute con il rumore
di un gemito, quando Ewan aveva stretto la mano intorno al suo pene.
Quella mano che con il suo movimento dirigeva ora il ritmo suo respiro, il
battito del suo cuore...che come un'onda folle mescolava, confondeva e
spazzava mille frammenti di pensieri.
Affannosamente scostò il viso del ragazzo dal suo collo e guardò le sue
labbra, rosse e dischiuse...come i boccioli delle rose quando iniziano ad
aprirsi.
Voleva baciarlo, e lo baciò...dolcemente e ferocemente, come l'orgasmo
che si avvicinava, che si costruiva sui suoi brividi e sul tremito del suo
ventre...che arrivò d'improvviso, squarciando l'ultimo brandello della
sua coscienza.
Edgard restò qualche istante con gli occhi chiusi, a riprendere fiato; il
rombo del sangue nelle sue orecchie si stava quietando, permettendogli di
percepire nuovamente i fruscianti rumori della notte. Ormai dovevano
esserci solo le guardie ancora sveglie, oltre a lui e al suo amore,
in quelle tenebre schiarite dalla luna piena.
Che dormissero pure, gli altri...per loro non era ancora il momento.
"Sai che non abbiamo ancora finito..."
Sussurrò alzandosi, costringendo in piedi anche Ewan; il ragazzo rispose
con un trasognato mormorio, lasciandosi docilmente guidare dal duca fino
alla branda più grossa.
Già durante quel breve tragitto le mani di Edgard avevano iniziato a
spogliarlo, lasciando cadere con indolenza blusa e camicia; i suoi pollici
si fermarono a giocare con i capezzoli rosei, massaggiandoli con lentezza,
fino a quando lo fece sdraiare sul letto più grande.
Terminò di spogliarlo, e a vederlo così, nudo, sulla coperta morbida,
era quanto di più prezioso e desiderabile ci fosse al mondo, tanto da
farlo commuovere.
Perché era suo.
...suo...
E non sarebbe mai stato di nessun altro.
Gli baciò le caviglie e gli accarezzò le gambe, separandogliele
con gentile fermezza. Lo sguardo ceruleo di Ewan era saldo su di lui, un
po' offuscato e come sempre trasparente e sincero; quegli occhi, quelle
labbra umide e l'incantevole sorriso disegnato su di esse, il ritmo rapido
del suo respiro...con tutto ciò lo stava chiamando, più irresistibile
del canto di una sirena.
Il nobile risalì lungo il suo corpo e si chinò sul viso, baciandolo a
lungo sulle labbra, e poi scese sul collo e il petto, fino a mordicchiarlo
insistentemente attorno all'ombelico, entrando e uscendo da esso con la
lingua, mentre sotto di lui Ewan sussultava.
"Edgard, è...è così..."
"Imprudente, ho capito, ma non ho intenzione di fermarmi."
"Io volevo dire bello, ma-a-ahhh!..."
Il resto della frase si perse in un sospiro rumoroso e ondeggiante, che
salì di tono fino a stangolarglisi in gola mentre la bocca dell'altro
scendeva sul suo sesso, baciandolo, solleticandolo per tutta la sua
lunghezza; avvolse la punta, stuzzicando il glande e la piccola fessura
con la punta della lingua.
Ewan tremava, completamente vulnerabile; Edgard poteva sentire i muscoli
del suo ventre tesi sotto le proprie mani, il respiro rapido e il suo
tocco tra i capelli, dita sottili che si muovevano affannose. Non bastava:
voleva travolgerlo del tutto, prosciugare ogni energia dal suo corpo, come
solo a lui era concesso...l'unico a cui era dato d'ammirarlo quando era
così meravigliosamente sconvolto. Spingendosi in avanti ingolfò tutta
l'erezione dell'altro nella bocca e si mosse lentamente, esasperatamente,
accarezzandolo con la lingua, sentendo il pene pulsare contro il palato.
Ewan si contorse, sopraffatto da un piacere tanto intenso che dava
l'impressione di essere impossibile da sostenere, ma che, se ne rendeva
ben conto, non era ancora giunto al culmine: continuava ad aumentare, a
salire, a riempirlo, intenso, vivido, in cerca di sfogo.
...e voler gridare 'basta!', e voler gridare 'ancora!'...
Assordato dai suoi stessi rantoli, gettò la testa all'indietro e
fece appena in tempo a coprirsi la bocca con una mano, per non svegliare
mezzo accampamento con il suo grido, quando l'orgasmo lo ghermì.
Serrò gli occhi e si morse le dita, mentre tutti i suoi muscoli si
tendevano allo spasimo...gli sembrò che per qualche istante la testa gli
galleggiasse, che davanti le sue palpebre chiuse si accendessero migliaia
di scintille dorate.
Lasciò che quelle sensazioni si consumassero, avvolgendolo in un beato
velo di spossatezza, leggero come fumo; fu il bacio che Edgard gli posò
sulla fronte che gli fece aprire gli occhi, e quando il suo sguardo
incrociò quello del duca sorrise, incerto.
Probabilmente era sciocco, ma non poteva fare a meno di sentirsi
imbarazzato appena dopo aver fatto l'amore. Chissà se prima sarebbe
riuscito a vincere quel difetto...sempre ammesso che fosse un difetto.
"Grazie."
"Perché mai dovresti ringraziarmi?
Domandò Edgard sdraiandosi su un fianco accanto a lui, tenendo una mano
ferma sul suo petto...che cose strane diceva a volte il suo angioletto.
Però ormai doveva essere veramente molto tardi; Ewan baciò le labbra del
compagno vicino a sé e fece per alzarsi, seppur svogliatamente...meglio
andare prima che il sonno lo catturasse, come una ragnatela dolce e
tiepida.
"Io torno al mio letto, Edgard. Buonanotte."
Ma la mano dell'altro si chiuse attorno al suo polso, salda, fermandolo.
"Resta qui."
"Ma..."
Gli occhi di Ewan si fermarono sul tendone che copriva l'uscio della tenda
e poi tornarono a fissarsi sul nobile, che lo tirò verso di se
costringendolo a sdraiarsi di nuovo.
"Se prima ti ho convinto a fare l'amore con me, dovrei riuscire anche
a persuaderti a restare qui accanto a me."
"Lo so... - ben misero autocontrollo, si disse il paggio, pensando a
quanto facilmente Edgard lo aveva indotto a cedere - ma credimi, mi
sentirei troppo in ansia per dormire."
"Avanti, smettila con tutte queste paure... sai che nessuno ci
farebbe caso; è normale condividere il letto con qualcuno, per scaldarsi
meglio."
"Sì, ma non tra persone di rango così differente!"
Edgard sorrise; tirò la trapunta a coprirlo per bene e spense la lampada.
"Shh, chiudi gli occhi. Rilassati e pensa a qualcosa di bello: di
sicuro non prenderai sonno, se continui a preoccuparti così."
Ewan infine si arrese e gli diede retta; teso dapprincipio, il sopore
sembrava averlo abbandonato, ma poi si accorse con meraviglia che il buio
ed il silenzio erano rassicuranti, che lo abbracciavano proprio come
faceva Edgard. Si inquietava eccessivamente, era vero...con il passare dei
minuti cominciò a sentirsi molto più rilassato e fiducioso, forse anche
troppo. Nell'oscurità si avvicinò ancora di più il viso a quello
del suo compagno, sussurrandogli.
"Sai, pensavo che non è del tutto giusto dire che abbiamo fatto
l'amore; insomma...non siamo andati proprio fino in fondo. Vero?"
...-...-...-
"Edagard?"
...-...-...-
"Stai dormendo sul serio?"
...-...-...-
"Buonanotte."
Gli augurò, prendendogli una mano e chiudendo di nuovo gli occhi.
********
Due giorni erano passati...
Due giorni trascorsi esattamente come si aspettava.. .
Due giorni in cui, per la prima volta, era riuscito a divertirsi ad un
torneo, a considerarlo anche lui una festa, almeno un po', perché ancora
non capiva quale fosse il divertimento nel praticare o nell'assistere a
quella che era, per lo meno secondo lui, nient'altro che violenza.
Però, poiché c'è sempre un però...c'era come una nota stonata, una
piccola discordanza che stava facendo del suo meglio per passare
inosservata, ma che lui aveva notato.
Avrebbe preferito non farlo, avrebbe voluto che gli fosse sfuggita, per
continuare a ridere delle buffonate di Cedric e delle imbarazzanti canzoni
che intonava dopo essersi sbronzato; per continuare, senz'altri pensieri,
a passare le mattine ad imparare ciò che Adelius aveva da insegnargli,
nella teoria e nella pratica, poiché, come diceva l'anziano, gli
occidentali erano dei folli a sostenere che il mestiere del medico e
quello del cerusico dovessero restare separati.
Invece se n'era accorto, e non poteva tacere, sarebbe stato male con se
stesso, sarebbe stato egoista...e si decise a parlarne, una sera, tra le
coperte.
"Ti stai annoiando, vero?"
Disse, improvvisamente, interrompendo il quieto silenzio. Edgard spostò
il viso per guardarlo meglio, e appoggiò il mento sul suo petto.
"No, ma cosa dici!"
"Sei annoiato, l'ho capito. Vorresti esser anche tu sul campo, e non
mero spettatore della battaglia. È chiaro, e non a me soltanto."
Ewan aveva parlato in tono quieto e certo, ma anche amareggiato, ed il
cavaliere tacque.
Aveva pensato che sarebbe stato facile tenersi fuori dagli scontri, sia
per l'importanza della persona a cui l'aveva promesso, sia perché aveva
avuto la sincera certezza di non amare la battaglia in sé quanto la
strategia e la pura arte delle armi. Ora, invece, sapeva di essersi
sbagliato: il clangore delle spade, la calca, le grida degli uomini, il
nitrire dei cavalli, quel mescolarsi di colori e suoni, avversari con i
quali misurarsi...tutto gli lanciava un richiamo al quale era doloroso
resistere.
Voleva qualcosa che non si era mai reso conto di desiderare sino a che non
ne era stato privato: poter combattere per il gusto di combattere.
Di misurarsi.
Di superarsi.
Un altro cavaliere avrebbe potuto capire, ma chi non aveva mai schivato un
fendente potenzialmente mortale non avrebbe mai immaginato l'emozione,
l'energia, la soddisfazione. ..
Lui non aveva bisogno di tornei per conquistare fama e denaro, era il
primogenito del casato favorito del re; non era una necessità, ma un
capriccio dell'orgoglio...un difetto, un limite, forse.
"Non sono abituato a rimanere in disparte, tutto qui, ma domani sarà
l'ultimo giorno, torneremo a casa e così non ci penseremo più."
"Ma la prossima volta? E quella dopo ancora? Che cosa
farai?...proprio perché domani è l'ultimo giorno, se vuoi partecipare...
fai pure. Non voglio costringerti a mantenere una promessa che ti è
pesante."
"Ewan, è solo uno sport! Non è importante, mi va bene così."
L'altro sorrise appena, chiudendo gli occhi.
"Hai un tono tale che non servirebbe a convincere nemmeno te stesso.
Sono stato sempre con te, e ti ho osservato; occupi ogni minuto, in
qualsiasi attività, come per far scorrere il tempo più in fretta, e il
pomeriggio, quando anche tu vai ad assistere al torneo, sei così attento
e preso che si direbbe ti dimentichi di respirare. È evidente che il tuo
posto non è sugli spalti...ed io non ho il diritto di tenertici per
forza."
"Tu hai ogni diritto su di me."
"Allora è in nome di questo diritto che voglio tu faccia come
preferisci."
Tre secondi di silenzio.
"Adesso non pensarci...dormi e basta."
Non pensarci.
Non pensarci...
...come poteva non pensarci?
Silenzio ancora, per tutta la notte, rotto solo dai loro respiri vicini.
*****
Il mattino, quando si svegliò, d'istinto si rese conto che doveva essere
più tardi del consueto...ma soprattutto notò immediatamente di essere
solo: il posto accanto al suo era vuoto e freddo.
Poteva essere che fosse semplicemente andato a mangiare qualcosa...che
fosse uscito per lavarsi. Forse, andando fuori, lo avrebbe subito
incrociato...o magari lo avrebbe trovato a giocare a scacchi o a dadi con
qualche cavaliere che aveva dovuto rinunciare al terminare gli scontri a
causa di una ferita...
Forse.
Però le armi che mancavano dalla rastrelliera dicevano ben altro, ed
erano molto più sincere delle sue illusioni. Ewan si alzò, e per prima
cosa, lentamente, si diresse verso il baule che conteneva la corazza; lo
aprì, sapendo già che cosa vi avrebbe trovato dentro.
Niente.
Era vuoto...vuoto perché ciò che avrebbe dovuto contenere era stato
indossato dal legittimo proprietario.
Si vestì lentamente, e intanto sentiva le mani farsi più fredde e
intorpidite ogni istante che passava...
Ebbe un'ondata di nausea
L'avesse almeno svegliato per dirgli: "Vado", invece di
allontanarsi silenziosamente, come di nascosto. Eppure in un certo modo
aveva presagito, già dalla sera prima, ciò che Edgard avrebbe scelto, e
ci si era preparato...ma nonostante ciò il suo cuore batteva ancora
troppo forte.
*****
"Riguardo l'aconito, le foglie e i fiori che servono per preparare la
tintura devono essere usati freschi, e vanno colti in giugno, quando sono
nelle migliori condizioni. Le radici debbono invece essere disidratate, e
si raccolgono in autunno, precisamente dopo che la pianta è seccata ma
prima che il boccio..."
Adelius smise di parlare, notando come lo sguardo di Ewan fosse sì fisso
sulle erbe disseccate disposte sul tavolo, ma totalmente assente; poteva
capire che talvolta la botanica fosse pesante, ma certe cose dovevano
essere apprese con totale precisione, specialmente quando si trattava di
una pianta simile: un minimo errore nei modi o nelle dosi e, invece
di un anodino, avrebbe ottenuto un veleno formidabile.
...vero che il dolore sarebbe cessato comunque e in maniera definitiva,
però forse non sarebbe stato il modo ottimale di curare un malato...
Comprendeva il ragazzo: non doveva essere facile concentrarsi
sapendo che il suo adorato padrone stava rischiando di farsi
seriamente del male... che importanza poteva avere per lui, in quel
momento, sapere quante dracme d'elenio occorrevano per placare la tosse e
quante per curare l'idropisia?
L'anziano picchiò le nocche sul tavolo, per richiamare l'attenzione del
suo allievo.
"Ewan...vogliamo smettere? Preferisci andare ad assistere al
torneo?"
Il ragazzo alzò subitamente lo sguardo, pieno di una richiesta di scusa
per la propria distrazione, e scosse la testa, intrecciando le mani sulle
ginocchia.
"No. Non credo che questa volta riuscirei a sopportarlo."
"Sì... posso comprendere. Nemmeno a me piacciono particolarmente
quei tipi di svago, specialmente quando anche Edgard combatte; a volte
sembra avere davvero ben poco a cuore la propria vita. Se fossi io suo
padre gli vieterei di partecipare, anziché incoraggiarlo."
L'anziano sorrise, ma pronunciò la frase malinconicamente, e la nota di
rimpianto nella sua voce era perfettamente chiara, brillava come il
Vespero.
Adelius era un uomo erudito, di carattere forte e indulgente; e per via
della sua indole solitaria spesso rifuggiva la compagnia; Ewan si accorse
di non sapere molto su di lui, nemmeno di quale fosse di preciso la sua età,
se avesse una famiglia, e se sì, dove fosse.
"Voi non avete figli?"
L'uomo scosse la testa, riponendo delle radici nella bisaccia.
"No, mia moglie morì presto. Ed era incinta quando
avvenne...quindi..."
"Mi dispiace...avrei fatto meglio a non chiedere."
"Oh, non potevi saperlo, ed ormai è un dolore molto vecchio...fa
ancora male, è pervaso di rimpianto, ma ci convivo da sempre e senza di
esso mi sentirei smarrito. - fece una pausa per radunare le memorie che da
tanto tempo non narrava ad alcuno - Avevo venticinque anni, allora...Edgard
era ben lungi dal nascere, e suo padre aveva appena compiuto un lustro;
vedi bene quanto tempo è passato."
"E avete sempre lavorato presso la famiglia del duca?"
"Sì, io, come mio padre e mio nonno prima di me. Quando ero un
ragazzo studiavo la medicina e le piante di malavoglia, solo perché ciò
era considerato mio dovere, una tradizione da continuare, ma era un
mestiere per cui non provavo passione, non era ciò che desideravo. In
realtà non sapevo esattamente cosa volessi, avevo molte idee e progetti,
ma tutti troppo vaghi. Quando si è giovani, però, non ci si sofferma
molto a riflettere sulle conseguenze delle proprie azioni, e suppongo che
sia quasi sempre giusto così, o la giovinezza stessa non avrebbe
senso... Appena dopo sposato me ne andai, con l'intenzione di crearmi da
solo una vita, anziché continuare quella già iniziata da mio padre. Poi,
quando mia moglie si ammalò e morì nel giro di pochi giorni, capii che
non ero nulla. Che non conoscevo abbastanza la medicina per essere un
medico, e che quel poco che sapevo era tutto ciò che sapessi fare...e non
era comunque servito a niente. Forse se avessi appreso di più avrei
potuto curarla. Forse se fossi rimasto al castello l'avrebbe salvata mio
padre. Dovevo fare ammenda per la mia colpa, e così tornai da lui, troppo
preso dal mio dolore per accorgermi di quanto fosse umiliante ammettere il
mio totale fallimento. Ed eccomi ancora qui."
"...c'era molto di più di un fallimento, di mezzo."
"Già."
"Però non credo che dobbiate sentirvi in colpa; forse non sarebbe
cambiato nulla anche se voi foste rimasto al vostro posto, forse nemmeno
vostro padre avrebbe potuto fare qualcosa."
"Appunto, ragazzo mio: 'forse' è la parola chiave. Due brevi sillabe
che non ti lasciano in pace, che sono in grado di tormentarti per
anni...per un'intera vita passata a chiederti dove ti avrebbe condotto una
decisione diversa. Un tormento che è in grado di distruggere chiunque, a
poco a poco...ed io fui un uomo davvero molto scontroso, fino a quando un
insolente bambino di cinque anni che faceva un sacco di domande non decise
di diventare il mio nuovo, personale tormento."
Ewan lo guardò incuriosito, dimenticando per un po' il proprio affanno;
Adelius ripose con cautela le erbe velenose nella bisaccia e gli sorrise.
"Sto parlando del tuo padrone, ragazzo."
"Cosa? Ma...insolente?"
"Quando il duca lo affidò ai miei insegnamenti, Edgard era quanto di
più pestifero, presuntuoso e saccente avesse mai incrociato il mio
cammino, forse perché era sempre stato servito e riverito come se ogni
cosa gli fosse dovuta per diritto divino. Ma era anche intelligente, e
curioso, nella giusta maniera. Ho detto che faceva molte domande, e
nessuna era a sproposito. Le prime settimane furono drammatiche, comunque:
io ero tutt'altro che accomodante e immagino di aver alquanto frustrato la
sua convinzione di 'onnipotenza'."
"Non sembra nemmeno di stare parlando della persona che conosciamo
oggi...lui è così...gentile."
"Già. Ma vedi, poi...in pochi mesi...si addolcì in una maniera che
non avrei mai creduto possibile, come se si lasciasse ogni giorno alle
spalle una parte del guscio che nascondeva il suo vero carattere. Mi
sembrava che mi fosse grato poiché non lo trattavo come facevano tutti
gli altri...perché lo sgridavo ogni volta che era necessario, e lo lodavo
solo se lo meritava. Avrei dovuto insegnargli la matematica, il greco ed
il latino e non avrei mai immaginato che lui stesso mi avrebbe chiesto di
istruirlo almeno un po' sulla medicina, cinque anni dopo. Chiamala follia
di un uomo che in sé conclude la propria stirpe, ma quella richiesta mi
commosse. Credo che ci salvammo a vicenda...lui impedendomi di diventare
l'uomo avvelenato che rischiavo di essere, ed io evitando che divenisse un
ragazzino viziato, che una volta cresciuto non sarebbe valso nemmeno la
minima parte di ciò che è ora."
"Allora ho un'altra cosa per cui ringraziarvi, e...e riprendiamo
pure, se volete, Sarò più attento."
"Però con qualche pianta un po' meno mortale, per questa volta, che
ne dici? Magari la menta..."
****
I primi cavalieri stavano facendo ritorno al campo, e ciò che significava
che le lotte erano finite. Ewan li guardò passare, chi ancora dritto sul
proprio cavallo e chi invece si era lasciato crollare, piegando la
schiena, esausto. Perché il suo cuore fosse in pace Edgard avrebbe dovuto
essere in testa al drappello, così, vedendolo, si sarebbe
rasserenato...invece non era con quel primo gruppo.
Arrivò invece poco dopo, con un secondo drappello, più numeroso del
primo, quando già Ewan si stava facendo prendere dall'apprensione. Era
vero, già: troppo emotivo, ma che cosa poteva farci? Non era certo una
cosa che potesse cambiare in se stesso, non facilmente, almeno. Così nel
giro di pochi minuti provò tre diversi batticuori: il primo, non vedendo
Edgard arrivare. Il secondo, vedendolo giungere sano e salvo.
Il terzo, infine, notando il suo volto sporco di sangue.
Edgard ne aveva rivoli ormai secchi che gli scorrevano sul lato sinistro
del viso, fino al collo, ed un ematoma viola scuro che gli copriva la
tempia e scendeva sullo zigomo. A vedersi faceva impressione, ma lui
sembrava stare benissimo, addirittura rideva, scherzando con Cedric che
cavalcava accanto a lui.
Quando i loro occhi si incrociarono, il duca fermò il cavallo, scendendo,
ed Ewan gli andò incontro, di corsa. Il ragazzo dovette fare uno sforzo
di volontà per non gettarglisi al collo, stringerlo, chiamarlo per nome;
fu difficile limitarsi a tendere una mano per prendere le redini per
portare il destriero all'abbeveratoio, e chiedere solo:
* "Come state?"*
*"Vi siete divertito?"*
*"Vi fa male quella ferita?"*
E altrettanto difficile fu accontentarsi di brevi risposte, e di uno
sguardo dolente.
Troppa confusione, troppe persone intorno, e se pure avessero voluto
aggiungere qualche parola non avrebbero potuto, poiché si trovarono
separati dall'arrivo di un terzo gruppo, e dai compagni d'arme di Edgard,
che infine s'allontanò con loro per farsi medicare la ferita.
****
Il banchetto a conclusione del torneo; falò ardenti a riscaldare la sera
umida, la luna circondata da un alone rosso...quella l'ultima occasione di
baldoria prima della quaresima. Tutti sembravano avere voglia di sfogare
quanto più divertimento possibile, prima di dire addio per un buon pezzo
a lauti pranzi e feste.
"E tu cos'hai da dire, figlio? Trovarti in campo stamani è stata una
lieta sorpresa!"
Il duca padre alzò il boccale verso il proprio erede, cedendogli la
parola, e il cavaliere, guardandosi intorno, si accorse che di tutte le
persone che scorgeva a quella tavola, erano ben pochi quelle a cui lui
tenesse davvero, e che quella più importante ed amata, l'unica
indispensabile, era in piedi, un po' in disparte, silenziosa ed in attesa
di ordini, e si domandò che ci facesse lui, lì seduto, invece di essere
accanto al suo tesoro.
"Io invece sono pentito. Anche se ero stato sciolto dal voto che
avevo espresso, non avrei dovuto partecipare. È stato poco onorevole da
parte mia, ma soprattutto molto egoistico. Se era un modo di mettermi alla
prova, so di aver fallito, e chiedo scusa, anche sapendo che le mie parole
non possono fare ammenda per la preoccupazione e la delusione che ho
cagionato."
Edgard, parlando lentamente, non distolse lo sguardo da Ewan; era palese
agli occhi di tutti che si stava rivolgendo a lui, ma i due amanti non si
erano resi conto di aver attirato l'attenzione: il brusio che li
circondava per loro si era fatto silenzio e lo spazio che li separava in
quel momento era annullato nei loro occhi che non si lasciavano.
Ewan sorrise; non era il luogo né il momento di rispondere a parole, e
forse non ce ne sarebbe stato bisogno nemmeno dopo; c'era molto più
significato in quel lungo guardarsi che non in un intero discorso.
Il duca padre fissò il proprio figlio, mentre questi continuava quel muto
dialogo con il paggio. Il suo erede si era dunque messo a far promesse di
quel genere a un servo? E ad usare tali parole di biasimo verso la propria
persona, come se si stesse rivolgendo ad un suo pari? Per quanto la
cortesia fosse una dote che avrebbe dovuto essere propria di ogni
cavaliere, quel comportamento superava il segno.
Il serio colloquio che aveva intenzione di tenere con Edgard non poteva
essere ulteriormente procrastinato.
****
L'ultima notte nella tenda prima di fare ritorno al castello...finalmente.
"Ti fa male?"
"Non molto."
"È un brutto livido, e sta gonfiando...ed è così vicino
all'occhio..."
Le dita di Ewan scorrevano leggere e fresche sulla ferita; scostarono i
capelli scoprendo la lacerazione che si trovava proprio alla base della
loro attaccatura.
"Avresti potuto chiedere a me di pulire il taglio."
Disse sottovoce, continuando ad accarezzarlo, e quel tocco era un
sollievo.
"Mi sembravi scosso, e ho preferito lasciarti stare. Ho
sbagliato?"
Edgard sorrise ed aprì gli occhi, e vide che il viso di Ewan portava
ancora traccia della preoccupazione provata, nello sguardo e nelle labbra
pallide. Non doveva angosciarsi così per quello che era poco più di un
graffio e che aveva solo un aspetto molto peggiore di quanto fosse in
realtà.
"Era solo un po' di sangue."
"Solo un po' di sangue?...ma non capisci? Non sai come mi sono
sentito quando ti ho visto ritornare così! Credevo che fosse- -"
"Ewan...sono tornato sulle mie gambe, no?"
"Ma sei stato ferito alla testa! Non è stato niente di grave, è
vero, ma sarebbe bastato poco di più per farti male veramente. Avresti
potuto perdere un occhio. O addirittura peggio...Ho...ho avuto paura. So
che sono stato io a dirti di fare come preferivi, e so che non vi avresti
preso parte altrimenti. Non avrei mai dovuto proportelo, visto che speravo
che non partecipassi! Ho fatto proprio una stupidaggine, a quanto pare
parlo senza ragionare, però..."
"Ewan, non è ver.."
"...però avrei lo stesso voglia di picchiarti!"
All'ultima frase Edgard batté un paio di volte le ciglia, non molto
sicuro di aver capito bene..aveva davvero fatto tanto da risvegliare
istinti violenti persino in un ragazzo come Ewan?
Poi si accorse di quanto fosse arrossito l'altro, e di com'era comicamente
imbarazzata la sua espressione...beh, che la frase gli fosse sfuggita, che
l'avesse pensata veramente o l'avesse detta solo per dire, non aveva
importanza.
Sorrise ed allargò le braccia.
"Va bene."
"Cosa?"
"Me lo merito. Picchiami."
"C-come?"
Balbettò il ragazzo, sconvolto.
"Beh, come preferisci...pugni, schiaffi..."
"Edgard, per favore..."
Lui rise e drizzò la schiena per sedersi meglio, poi tamburò con
leggerezza le dita sullo stomaco.
"Avanti, prova qui."
Ewan lo guardava dubbioso; allungò una mano verso di lui, ma non diretta
al bersaglio che gli era indicato, bensì alla fronte...probabilmente la
ferita era stata sottovalutata, ed ora aveva la febbre, e vaneggiava...se
non sbagliava in quei casi un infuso di bardana poteva aiutare...
Edgard sospirò rumorosamente e gli prese la mano, e gliela chiuse a
pugno, portandosela a battere nel punto indicato poco prima.
"Vedi, non è difficile, specialmente quando l'avversario non
reagisce ."
"Mphf."
Ewan si lanciò su di lui, atterrandolo tra i cuscini, e nascose il viso
contro la sua spalla. Probabilmente erano stati sciocchi entrambi...come
se non avessero avuto abbastanza problemi fino a quel momento, avevano
fatto il possibile per crearsene un altro da soli. Iniziò una sommessa
risata che terminò con un lungo sospiro, e chiuse gli occhi.
"Ho un sonno terribile, Edgard...sono stato agitato tutto il giorno
ed ora..."
"Ed ora vuoi farmi sentire in colpa, e ci stai riuscendo
benissimo."
Ewan spostò il capo, infilandolo sotto il mento del nobile,
solleticandolo con i suoi capelli sottili.
"Davvero? Ne sono felice, così non mi farai più preoccupare."
Quella sera si addormentò vestito, con la mano destra del duca che gli
accarezzava affettuosamente la testa, giocando con la sua chioma.
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"Tieni su i capelli fino a che non ho finito."
Edgard portò indietro le ciocche corvine, permettendo ad Ewan di
applicare più comodamente il linimento sulla sua ferita, come faceva
tutte le mattine, prima di alzarsi.
"Sono passati dieci giorni, ormai, e non si vede quasi più...non
potresti finire di mettermi addosso quell'impiastro maleodorante?"
"Se non si vede quasi più è proprio grazie a questo...dai, stai
fermo!"
Il cavaliere rimase pazientemente immobile, e quando Ewan ebbe finito, e
lasciò scivolare la mano lungo la sua guancia, voltò il viso,
baciandogli il palmo.
"Sai che se me lo avessero raccontato non ci avrei mai creduto?"
"A cosa?"
Chiese Edgard, giocando con le sue dita, sfiorandole e intrecciandole con
le proprie.
"A...questo - con un cenno della testa Ewan indicò le loro
mani unite - Che il mio sogno non era una follia; ogni volta che ti guardo
mi sento così orgoglioso del tuo amore che la mia fortuna mi pare
impossibile."
"La fortuna non c'entra proprio niente."
Il duca si sporse verso di lui, cingendolo con un braccio e
accarezzandogli la gola con baci lievi e lenti, soffermandosi a vellicare
e succhiare il pomo d'adamo; lo sentì muoversi sotto le sue labbra, vivo
e delicato.
"Fammi...fammi solo posare il vasetto, prima che combini un
disastro."
Guardò affascinato il muoversi dei muscoli sotto la pelle, quando Ewan si
sporse oltre il bordo del letto; l'incarnato eburneo e liscio,
morbido...pensò che avrebbe potuto passare tutta la vita ad accarezzarlo,
anche rimanendo in silenzio, anche senza fare nient'altro, trasformando
l'intero mondo in loro due solamente. Stringerlo, carezzarlo e baciarlo
tanto da consumarlo...
Appena poggiato a terra il balsamo Ewan si raddrizzò, lasciandosi poi
cadere di traverso sul grande letto, rotolandosi sullo stomaco con un
sospiro soddisfatto. Sentì le labbra di Edgard poggiarsi sulla sua nuca,
e poi scendere un bacio dopo l'altro lungo tutta la sua spina dorsale; i
capelli che gli scivolavano sulla pelle facevano il solletico, le mani
sulle sue anche irradiavano un calore che si stava velocemente diffondendo
in tutto il suo corpo. Si puntellò su un gomito, voltandosi per
guardarlo, bisbigliando il suo nome...
Quel nome ...comunicava forza ed aveva una nota dura, severa, in quelle
due sillabe nette e quasi aspre...ma Ewan non credeva esistesse parola più
melodiosa da pronunciare.
Edgard risalì verso il suo viso, sporgendosi oltre la sua spalla a
baciarlo in modo che la loro posizione non fosse troppo scomoda.
Lentamente, ad occhi chiusi nella luce brillante di un mattino dal cielo
terso e cristallino...
"Edgard."
Il suo nome, pronunciato una volta sola, con voce alta e piatta.
Stupefacente come il silenzio possa andare in frantumi, nel vero senso
della parola...mozzarti il respiro, gelarti il sangue, fermarti il
cuore...e poi rinascere ancora, identico ma del tutto diverso... ...un
silenzio leggero, dolce e pieno di calore, trasformarsi in una fredda
assenza di suoni e di vita, in un'incarnazione di repentina angoscia, di
vera e propria paura... Il giovane nobile, dopo l'istante necessario e
rimettere insieme i pezzi della propria coscienza, volse gli occhi verso
la porta, sulla soglia della quale stava suo padre, altero ed immobile,
con l'accusa e il disprezzo dipinti sul volto.
_____________________CONTINUA____________________
Anche questo è finito...ehm...spero che la sorpresina finale non se
l'aspettasse nessuno...Edg & Ew certo no...poverini^^!
Va bene, le solite due paroline sul Medioevo (sono noiosa, lo so ma che ci
posso?), in particolare sui tornei.
Nel XII secolo il torneo è un gioco di squadra che vede opposti gruppi di
uomini, tutti nobili, sia a cavallo che a piedi, secondo regole ben
precise...molto diverso da quello patrimonio dell'immaginario
popolare grazie al cinema; per intenderci, quello in cui si sfidano due
soli cavalieri, tentando di disarcionarsi: quello era chiamato giostra, e
prese piede solo a partire dal 1300.
Il torneo a cui mi riferisco io è la 'mischia', in cui ci si
scontrava per tutto il giorno, a gruppi, prima a due a due, poi tutti
insieme, come in una vera battaglia, ma seguendo l'origine geografica e
feudale.
Si creava così una tale confusione che presso gli spettatori si trovavano
degli araldi che avevano il compito di descrivere i fatti d'arme più
importanti e chi ne era stato l'autore (come gli speaker delle partite di
calcio ^^) Durante lo scontro si cercava anche di catturare un avversario
per poi chiedere un riscatto, o sottrargli le armi, i finimenti, o il
cavallo...difatti molti partecipanti a questo sport erano figli minori di
nobili, che consideravano il torneo un'occasione per arricchirsi e
mettersi in luce.
Pur trattandosi di un gioco, le armi che venivano usate erano autentiche,
i feriti numerosi e gli incidenti mortali non erano rari; più avanti nel
tempo le armi vere furono sostituite con altre con punte e tagli smussati,
se non addirittura di legno, ma ciò successe solo dopo la metà del XIII
secolo.
Il feudatario che organizzava il torneo doveva anche provvedere
all'alloggiamento dei partecipanti, a far preparare tende, scuderie e
tribune e tutto il contorno necessario a far divertire le grandi folle, di
tutte le categorie ufficiali, che accorrevano per l'occasioni...
Confesso che mi piacerebbe fare un viaggio nel tempo per assistere ad uno
di questi eventi...insomma, altro che "Milan-Inter"...lì sì
che mi sarei divertita ^^
Bene, questo è proprio tutto, grazie per la pazienza!
Ja ne! ^__^
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