NOTE: le parti racchiuse
tra i cancelletti ## denotano flashback, parti della storia ambientate nel
passato.
Le parentesi quadre (che si svolgono dopo le tonde, tanto per far felice
il mio ex prof di mateca) indicano invece pensieri, più o meno consci,
dei protagonisti.
Mi spiace per voi, ma questo capitolo è riuscito un cicinino più lungo
della media....perdono!!! E per di più ho come l'impressione che coli
ancora più sappyness deglialtri...ri-perdono!!! Questo accade quando si
scrive smangiucchiando cioccolata alla fragola (era buona!) e dando retta
a due pg troppo innamorati...last but not least darei la colpa anche a
Nicolino Caverna (meglio noto come Nick Cave ^^) che mi ha fatto da
colonna sonora, perchè quel brutto tipaccio con la sua vociaccia mi fa
sempre commuovere, sigh!
In un paese
d'estate
di Unmei
parte XVI
###"Vieni a vedere, sta
nevicando."
La neve fioccava, danzando nella luce pallida dell'alba; fuori tutto era
candido, silenzioso, sospeso...ad alzare gli occhi al cielo, andando
incontro ai fiocchi con lo sguardo in quel bianco infinito, provava una
sensazione simile alle vertigini.
In quella stagione la vita, i ritmi, tutto rallentava, e gli uomini
semplicemente attendevano il risveglio del verde e del sole, ma per lui
mai nessuna primavera era stata più bella dei giorni che stava vivendo in
quel gelido e umido inverno...e meglio se le giornate erano brevi, poiché
significava che più lunghe erano le notti.
Qualcosa d'ampio e morbido gli fu posato sulle spalle, già tiepido come
se fosse stato fino a poco prima a contatto con la pelle di una persona.
"Ewan, fa freddo, non è il caso di stare alla finestra nudo."
Lui si strinse nella coperta, lasciandosi avvolgere dal calore di essa e
dalle braccia forti di Edgard; lo sentiva dietro di sé, sentiva il suo
respiro e le labbra che si posavano sulla sua testa, e poi la guancia che
lenta gli accarezzava i capelli...
Edgard si sporse oltre di lui, chiuse lo scuro e tirò la pesante tenda,
prima che gennaio si succhiasse via tutto il tenue calore della stanza.
"Torniamo a letto ancora un po', va bene?"
Gli sussurrò, tirandolo gentilmente indietro, per portarlo di nuovo al
loro talamo disfatto; fino a sera sarebbero stati separati, Edgard preso
dai suoi doveri al fianco del padre, nell'accogliere gli ospiti importanti
che sarebbero giunti quel pomeriggio...sempre ammesso che la nevicata non
ritardasse il loro viaggio, ipotesi nella quale lui quasi sperava; Ewan
avrebbe servito al banchetto che si sarebbe svolto di sera, ma per il
resto del giorno sarebbe stato occupato nell'aiutare i cuochi e gli altri
servi nel terminare l'allestimento delle coreografiche preparazioni delle
portate e degli entremets, tra fontanelle che gettavano vino, draghi
sputafuoco, composizioni di fiori di seta, e musici, e giocolieri, e
comparse e tutto quanto l'augusto padre amava esibire per far sfoggio
della propria ricchezza. La festa sarebbe andata avanti fino al cuore
della notte, sfibrandoli entrambi, anche se in maniere diverse, perciò
intendeva sfruttare ogni minuto che avevano prima di dare ufficialmente
inizio alla giornata.
Il nobile lasciò che Ewan tornasse fra le lenzuola, e prima di
raggiungerlo prese dal tavolo un cestino di vimini, portandolo a letto con
sé; era colmo di pani all'uvetta e profumati biscotti allo zenzero, e
v'era anche un vaso traboccante di miele.
"Spero che tu abbia appetito."
Gli disse, avvicinandogli uno dei piccoli dolci alle labbra, sfiorandole
con esso affinché lui le aprisse per assaggiare, cosa che Ewan fece con
piacere.
"Che buono..."
Chiuse le labbra sulle dita Edgard per rubare anche le ultime briciole.
"Posando la cesta sul tavolo ho urtato i calici, facendoli
cadere...ho fatto un bel po' di rumore ma tu non ti sei svegliato, peggio
di un orso in letargo."
"Non sono un orso! Non ci somiglio nemmeno!"
Protestò lui sorridendo, impadronendosi di altri biscotti e dell'intero
vaso di miele: altro che appetito, era realmente affamato, tanto che un
orso, più che altro, se lo sarebbe mangiato.
Edgard intanto sbocconcellava il pane all'uva, bevendo del rosatum,
riflettendo; era un mondo ideale, una vita costituita da momenti preziosi
che si susseguivano come le perle di una collana. Fino a quando avrebbero
potuto goderne? Era piacevole sognare che tutto potesse rimanere per
sempre come in quel momento, ma inconsciamente aveva paura che non fosse
il loro destino...
Non aveva dubbi su se stesso, e nemmeno su Ewan, ma sul resto degli uomini
sì e lo tormentava l'angosciante timore di come avrebbero potuto
separarli, e anche distruggerli...portando via il suo amore dalle sue
braccia, dal suo letto, dalla sua vita...voci che lui metteva a tacere e
relegava in un angolo della coscienza perché non turbassero la loro
felicità.
Un sommesso verso di disappunto lo richiamò dai propri, il suo sguardo si
focalizzò di nuovo sul ragazzo che aveva accanto, e poi sulla goccia di
miele che gli era caduta sul petto. Prima che Ewan la togliesse da se gli
fermò la mano, e si chinò a cancellare la dolce stilla dorata con la
propria bocca.
Sentì un lieve sussulto nel corpo dell'altro, quando le sue labbra si
posarono sulla pelle, il respiro trattenuto per un paio di secondi, e poi
rilasciato lento, quasi voluttuoso, mentre lui continuava ad indugiare
contro il tenue e morbido calore, proprio sopra il cuore. Mosse le labbra
in un sorriso e prima di carezzarlo con l'imitazione di un morso e
staccarsi da lui con un bacio gentile.
"Attento a non sbrodolarti."
Gli disse, come fosse stato un bambino.
Solo pochi istanti, il tempo di legare i capelli con un laccio di cuoio, e
ancora sentì una breve esclamazione; si voltò verso Ewan, che guardava
apparentemente sconsolato il rivolo di miele che gli correva da sotto la
gola fino all'ombelico. Il suo paggio, il suo amante, rivolse lo sguardo
verso di lui, occhi spalancati e ricolmi d'innocenza, mordicchiandosi
appena il roseo labbro inferiore, come a dire, con il muto linguaggio del
corpo, 'non l'ho fatto apposta!"###
****
Anche quando ad aggiungersi era un tassello così piccolo e poco
importante, a lui sembrava un dono grandissimo: qualcosa di speciale, che
gli scaldava il cuore...il quadro che si stava componendo era dipinto con
toni sfumati, ma tra essi spiccavano particolari nitidi e precisi; fino ad
un certo punto ricordava ogni dettaglio, e poi le memorie perdevano
consistenza, si facevano evanescenti fino a scomparire del tutto.
Quella remota mattina invernale, la neve che cadeva, accumulando bianco su
bianco, e le coperte erano morbide e il miele denso sulla pelle...
...la bocca e le mani di Edgard, non meno dolci di quello stesso miele...
...e il suo sguardo divertito, le risate lievi, soffocate con i baci...
...eppure quella serenità così faticosamente conquistata un giorno si
era infranta, simile a un ninnolo di cristallo che si disintegra cadendo
sulla pietra, come i sogni quando entrano in contatto con la realtà, e
gli sembrava impossibile, inaccettabile, ingiusto.
Voleva pensare solo ai momenti felici, magari provando ad esaminare il
vecchio se stesso alla luce della sua nuova vita; ai tempi andati non si
era mai accorto di essere...beh...un piccolo erotomane, benché timido ed
in grado di arrossire in una sola giornata più volte di quante capitasse
ad una persona 'normale' in un intero anno...okay, okay, non era cambiato
poi molto, dopotutto.
L'essere timido non era una colpa, al più una seccatura, in certe
occasioni, ed in quanto al resto...beh, per il resto la responsabilità
era tutta di Keith (e prima ancora di Edgard, ovvio). Prima di incontrarlo
era stato un giovane morigerato, e se almeno il suo ragazzo fosse stato un
po' meno bello, un po' meno dolce, un po' meno folle, un po' meno sexy,
avrebbe magari avuto qualche possibilità di resistergli.
Viste come stavano le cose, invece, l'ipotesi era proprio da escludere,
che tanto l'idea di resistere non lo sfiorava nemmeno...
"Perché sogghigni?"
Gli chiese Keith d'un tratto, mettendo nel carrello schiuma da barba e
dentifricio al bicarbonato.
"Niente, pensavo...Oh, ho dimenticato di prendere una cosa!
Aspetta!"
Matthias corse via, sparendo in un'altra corsia del supermercato; Keith
guardò sconsolato il loro carrello già quasi completamente colmo e
controllò la lista della spesa, più per rassegnazione che per altro;
avrebbero dovuto comprare solo una cinque o sei cose, com'era, allora, che
misteriosamente erano state quintuplicate?
"Eccomi!"
Matt depositò nel carrello due barattoli di marmellata di ciliegie e tre
tubetti di latte condensato, poi notò il sopracciglio alzato dell'altro,
che fissava scetticamente l'ultimo acquisto.
"È un sacco di tempo che non lo compro, e così non ho resistito...l'hai
mai assaggiato? È buonissimo!"
"Non ne dubito."
Mugugnò in risposta, augurandosi di poter finalmente raggiungere le
casse, prima che l'importo della spesa raggiungesse una cifra tale da
spingere la sua carta di credito al suicidio, ma Matt lo bloccò ancora,
prendendolo per un braccio e tirandolo indietro.
"Vieni a vedere una cosa! Nel reparto abbigliamento ho visto dei
boxer a fantasia pelle di mucca; perché non ce ne prendiamo due paia
uguali?"
"Muccati?"
"Sì. E poi stasera mi piacerebbe mangiare messicano, perché non
compriamo un po' di chili, la salsa piccante, e le tortillas, e poi come
si chiama quell'altra cosa...ah, e magari anche il gelato alla crema da
mangiare con la cioccolata calda sopra..."
Keith guardò bene Matthias, squadrandolo attentamente da capo a piedi,
poi aprì il seggiolino del carrello, quello dove si fanno sedere i
bambini piccoli, lo esaminò per un attimo con occhio clinico ed infine lo
richiuse scuotendo la testa.
"Eh no...Temo di non riuscire a fartici entrare."
Matthias gli rispose con un pizzicotto sul fianco.
*****
Avrebbe proprio voluto sapere cosa stava combinando Matthias in quella
benedetta cucina; una volta rincasati e sistemata la spesa, Matt gli aveva
in sostanza intimato di starsene buono a guardare la tv, o a leggere, o
quello che preferiva, ma di assolutamente non andare a sbirciare ciò che
stava facendo.
Ovviamente lui, un quarto d'ora dopo, aveva cercato di occhieggiare
l'attività segreta di Matt socchiudendo la porta, ma l'aveva trovata
serrata a chiave, ed era stato immediatamente redarguardito, al girare
della maniglia, dalla voce del suo ragazzo.
"Keeeiiith, che ti avevo detto?"
"Ma ho fame!"
"Puoi ordinare una pizza."
"Preferirei se tu mi facessi un panino."
"Così quando apro per passartelo ne approfitti per entrare. No no,
ordina una pizza, o qualcosa di cinese...anche se penso che tu non abbia
per niente fame; era solo un tentativo di spionaggio, vero?"
Lui non aveva risposto subito, ma dopo qualche secondo si era allontanato
dalla porta, agitando un pugno al cielo ed esclamando con enfasi 'ah,
vendicherommi!'..
...e poi si era riavvicinato, bussando piano.
"Sarai mica arrabbiato perché non ho voluto comprare i boxer muccati?"
Dall'altra parte Matthias aveva ridacchiato, e come sempre era un suono
incantevole.
"Tanto prima o poi te li compro io, e se necessario te li metto con
la forza."
"Oh...- disappunto nella voce - sarebbe stato più lusingante se
avessi detto che me li avresti tolti con la forza...evidentemente sto
perdendo il mio sex appeal...vado a meditare sull'incombente
vecchiaia..."
Aveva sentito Matthias ridere di nuovo, borbottando qualcosa, ma non aveva
capito bene cosa...forse 'scemo', ma non ne era del tutto sicuro.
Così se ne stava semidisteso sul divano a giocare a scacchi contro il
computer, ma con ben poca concentrazione e scarso piacere: era molto più
appagante misurarsi contro un avversario in carne ed ossa, muovendo pedine
tridimensionali su una scacchiera tangibile.
Quella che possedeva un tempo era d'ebano e avorio, con i pezzi erano in
lucido e trasparente alabastro, così piacevoli al tatto che anche una
sconfitta poteva essere facilmente accettata...
Nell'ultima parte della sua vita aveva preso a intagliare gli scacchi nel
legno, con risultati discreti, considerata l'inesperienza; giocare con
quelli sarebbe stato di sicuro ancora più soddisfacente, ne era certo: in
ogni pezzo ci sarebbe stato il riflesso del tempo e dell'impegno spesi a
scolpirli...peccato non avere fatto in tempo ad usarli nemmeno una volta;
anzi, peccato non essere neppure riuscito a finirli: mancava solo il re
bianco; avesse avuto un po' di tempo in più...
Keith chiuse di scatto il portatile e lo mise da parte; alzò le mani
davanti al viso e rimase a fissarle, come se nell'intrecciarsi delle linee
del palmo avesse potuto vedere il proprio futuro, o quale avrebbe potuto
essere il corso alternativo della storia; strinse forte i pugni, prima di
lasciar ricadere stancamente le braccia.
Dalla cucina provenivano rumori, strani tonfi sordi, e musica; Keith volse
lo sguardo verso la porta e poi chiuse gli occhi.
####La nevicata era terminata, lasciando dietro a sé aria pungente e una
luce bianca e fredda, che entrando dalle vetrate della Sala Grande la
inondava di una strana luminosità invernale.
L'ampio camino posto al centro del salone ardeva da ore e aveva già
riscaldato l'ambiente in maniera ottimale; tre tavolate erano state
allestite, di diverse grandezze, disposte ad U, ed ognuna era
apparecchiata con lusso e riccamente decorata, le tovaglie erano lunghe e
candide, le panche coperte di pelli pregiate o velluti pesanti.
A far bella mostra di sé, e dell'opulenza del padrone di casa, erano
stati esposti sul buffet, in attesa di passare alla tavola, brocche,
bacili, piatti e vasellame preziosi: oro, argento, che non venivano mai
usati normalmente, ma ostentati solo in simili occasioni...peltri e
terrecotte potevano restare chiusi negli armadi delle cucine fino alla
partenza degli ospiti.
Le mura di grigia pietra erano interamente ricoperti di arazzi e
affreschi, e troneggiavano sulla parete principale gli stemmi e gli
stendardi del casato; anche la pedana sulla quale avrebbero suonato i
menestrelli e si sarebbero esibiti i giocolieri, rubando parte
dell'attenzione degli ospiti dalle portate del pranzo, era ormai pronta.
Presso la tavolata alcuni servi stavano sistemando le fontane da vino, per
provarle prima del banchetto...in definitiva, nulla che non avesse visto e
rivisto, in diverse forme, da quando avesse memoria sufficiente per
ricordare, e sapeva bene quanto allo stesso modo anche i camerieri vi
fossero abituati, forse anche più di lui, quindi Edgard desunse che la
sua presenza ai preparativi fosse, in fin dei conti, del tutto superflua.
Lasciò il salone e passò nella sala attigua dove altri servitori erano
egualmente affaccendati, e tra essi c'era anche Ewan; ancora qualche ora e
gli ospiti avrebbero fatto la loro entrata nella Sala Grande, quindi il
fermento era alto, ma il duca immaginò di potergli rubare un po' di
tempo.
Silenziosamente gli andò vicino e gli levò dalle mani un bacile
d'argento sbalzato.
"Vieni con me, ti rapisco per qualche minuto."
Gli sussurrò, poggiandogli poi una mano sulla schiena per condurlo con sé.
****
Edgard lo riportò in camera, chiudendosi dietro la porta; non aveva
spiegato nulla durante il loro tragitto e stava ancora continuando a
mantenere il silenzio.
"È successo qualcosa?"
Gli chiese lui, dubbioso e anche un po' preoccupato.
"Togliti quei vestiti."
"I...vestiti? Adesso?"
La richiesta, anche se gradita, era del tutto inaspettata, e le guance di
Ewan si colorarono di un lieve rossore.
"Voglio solo che ti cambi - spiegò il nobile con un sorriso
divertito, notando la sua reazione; si chinò a sussurargli all'orecchio
in tono soave - Perché, cosa avevi capito?"
"Niente! - lo disse un po' troppo in fretta per suonare credibile -
Ma perché vuoi che mi cambi?"
"Mi piacerebbe che indossassi quella - indicò un abito piegato su
una panca - E' la livrea con i colori della mia famiglia; dopo tutti
questi anni hai più che il diritto di portarla, in simili
occasioni."
Ewan si avvicinò alla veste e la accarezzo; era di morbido velluto, di un
rosso e un verde cupi e profondi, e aveva bordini di pelliccia e ricami
lungo le maniche e le spalle; accanto all'abito c'era una cinta di cuoio
nero da legare in vita, su cui era già stata applicata una delle fibbie
che il suo padrone gli aveva donato alcuni mesi prima.
"È bello..."
"Non c'è solo quello."
Edgard, di nuovo accanto a lui, gli prese una mano e senza una parola di
preavviso gli fece scivolare al dito il proprio anello, una fascetta d'oro
scolpito con al centro un rubino sanguigno.
"Questo mi appartiene da sempre, ma ora voglio che lo abbia tu, a
simboleggiare che non possiedi solo il mio avvenire, ma anche il mio
passato."
L'altro guardò stupito il gioiello che gli luccicava all'anulare con la
sua pietra preziosa e cupa
"È stupendo, io...vorrei poter ricambiare con qualcosa di
altrettanto prezioso..."
"Ewan..."
"Ma forse non è il caso che me lo regali..è un gioiello della tua
famiglia, lo porti da quando ti conosco, e da prima ancora di quel tempo,
che spiegazione daresti a tuo padre per averlo donato a me?"
Il duca gli posò due dita sulle labbra, chiudendogliele.
"Stai dicendo troppe parole quando a me ne basta una: lo
accetti?"
Anche il gioiello pareva attendere la risposta che avrebbe decretato il
suo cambio di proprietario.
"...Sì...è solo...solo un po' largo, scivola."
Sorrise, mostrando la mano.
Edgard sfilò l'anello dal quarto dito e glielo mise al pollice, dove
sembrava calzare un po' meglio e non avrebbe corso il rischio di perderlo;
poi trattenne la sua mano nella propria.
"Non mi lascerai, vero, Ewan?"
Perché quella domanda? Lasciarlo, quando finalmente era riuscito ad
averlo? Solo ad immaginare come avrebbe potuto essere la fine del loro
rapporto si sentiva svuotato e lacero, privato del proprio cuore.
Lasciarlo...sarebbe stato come smettere di respirare. A volte era così
strano, Edgard...
"Starò con te per sempre."
"Ma se quel giorno fosse stato un altro a incontrarti e a prenderti
con sé...forse ti saresti innamorato di lui, così come ti sei innamorato
di me, non credi?"
"No! - Ewan strinse la mano libera sul suo braccio, spasmodica -
Pensi forse che il mio amore sia solo riconoscenza? È un qualcosa di cui
non riesco a vedere l'inizio né la fine, e la gratitudine, anche se
sconfinata, è soltanto una piccola parte di esso. E poi...solo tu; solo
tu avresti potuto... - allentò la stretta e fece risalire la mano lungo
il braccio, posandola sulla sua spalla - chi altri si sarebbe fatto carico
di orfano gracile e completamente inutile? Se non mi avessi preso sarei già
morto da tanto, ne sono certo. Edgard...se non ti avessi conosciuto non
avrei potuto amarti, ma se fosse stato un altro a salvarmi, pur dandogli
il mio affetto e la mia gratitudine, non me ne sarei innamorato, perché
lui non sarebbe stato te."
Edgard poggiò la fronte contro quella di Ewan e chiuse gli occhi,
sentendosi molto più forte rispetto ad un attimo prima.
"...per sempre, hai detto?"
"Fino a quando tu mi vorrai."
"Dunque è davvero per sempre."####
****
"Ehi ..."
Si era addormentato!
Non ci aveva messo poi molto a preparare la sua piccola sorpresa, ed erano
solo le otto di sera, come si faceva a dormire a quell'ora? Matthias si
sedette sul divano, osservando Keith; era voltato su un fianco, una mano
poggiata sul cuscino e le labbra socchiuse, un po' rannicchiato, come se
avesse freddo. Il suo viso era sereno, chissà cosa stava sognando, cosa
vedeva dietro il buio benevolo delle palpebre chiuse; ricordi o fantasie?
E lui vi era compreso?
"Sai che sono gelosissimo? - gli sussurrò, avvicinandosi ancora di
più - "Se provi a sognare qualcun altro ti prendo a morsi...Keith...sveglia!"
Lo scosse per un braccio con delicatezza, e l'altro aprì gli occhi; il
suo sguardo fu per un attimo spaesato; non si era reso conto di essersi
addormentato, né si era accorto di aver rivissuto dei ricordi;
svegliandosi e vedendo quel viso sorridente davanti a sé aveva pensato
'chi sei tu? Dove siamo?', e solo dopo il resto della sua coscienza si era
illuminato, rammentandogli che l'amato giovane di cui aveva tenuta tra le
braccia l'esangue cadavere, era rinato...che lui era rinato...e che il
'per sempre', quella volta, sarebbe stato un periodo molto più lungo.
"Sai che fare pisolini a quest'ora leva il sonno per tutta la
notte?"
"Hhhmmmm...sopravviverò."
Keith si mise a sedere, stiracchiandosi e sgranchendo le spalle, e poi si
massaggiò il retro del collo indolenzito. Non gli sfuggì il fatto che
sul tavolino c'erano una bottiglia piena di liquido rossastro ed un grosso
bicchiere.
Accorgendosi che quegli oggetti avevano attirato la sua attenzione, Matt
sorrise e affrettò a spiegare.
"Ho preparato una cosa per te! Era da tanto, veramente tanto, tempo
che non la facevo più e non so se sia venuta bene...un po' l'ho
assaggiata e credo che dovrebbe andare...però mi dovrai dire tu se va
bene o se devo cambiare qualcosa."
Matthias riempì l'intero boccale e poi glielo porse con l'espressione di
qualcuno che non stava più nella pelle.
"Ecco, assaggia."
"Mi devo fidare? Il numero del centro antiveleni è a portata di
mano?"
Chiese, fiutando circospetto il contenuto; il profumo gli piaceva,
intenso, ricco di contrasti, gli dava un senso di deja-vu, riferito a
qualcosa che sapeva di conoscere bene ma che nella sua testa non riusciva
a mettere in relazione con l'esatto collegamento per dargli un nome; non
aveva dubbi che fosse buono, ma stuzzicare Matthias aveva per lui qualcosa
di irresistibile, perché...
"Eddaiiii!!"
...il suo tono da bambino impaziente lo divertiva da matti; lo stava
fissando con aspettativa e lui bevve un sorso, lentamente.
Era un sapore forte, ben conosciuto, ma tanto lontano che quasi lo aveva
dimenticato...e che era convinto non avrebbe nemmeno più gustato, perché
troppo lontano da qualsiasi canone di piacevolezza dei tempi moderni.
Rimase assorto, con gli occhi fissi sul vino e, come Combray era sorta da
una tazza di thè, così anche i suoi ricordi gli parvero ancor più
vividi, avendo quel solido appiglio.
A volte è un sapore, a volte un suono, o un profumo, un semplice oggetto
a rimandarci indietro...una parola pronunciata in un certo modo, uno
sguardo, il caldo rosso del fuoco...
"Allora?"
Chiese curioso Matt, sporgendosi verso di lui, dissolvendo il suo velo di
pensieri.
"È ottimo."
"Sul serio?...Sono contento! Però non capisco proprio come faccia a
piacerti, secondo me ha un sapore atroce... che gusti barbari hai: vino
speziato...black pudding... whisky..."
"...tu..."
Il gusto barbaro in questione scattò mollandogli un leggero pugno su una
spalla;
"Ehi, vuoi morire giovane?"
"Un'altra volta?"
Keith lo disse in tono leggero, sorridendo, alzando il bicchiere come per
un brindisi, ma Matthias si sentì egualmente interdetto e improvvisamente
la sua espressione si fece seria; gli sembrava d'aver fatto una gaffe, di
aver scelto la peggiore frase possibile: ebbe l'impressione che neanche
impegnandosi avrebbe potuto trovare una battuta più sconveniente.
"Scusa."
Disse mortificato, come se avesse dovuto farsi perdonare un'offesa.
"Eh? Di cosa?"
Lui stesso si rese conto di quale fosse la risposta non appena terminato
di porre la domanda.
"Matthias, non c'è bisogno di misurare ogni parola."
"Ma sono stato... indelicato; è stata un'uscita di pessimo
gusto."
"Guarda che se non mi ci avessi fatto pensare tu non ci avrei nemmeno
fatto caso. Lo so che il proverbio dice di non parlar di corda a casa
dell'impiccato, ma ormai ho superato benissimo la mia dipartita...tanto
che se vuoi ti dico come mi piacerebbe che fosse il mio prossimo
funerale."
"Non credo di volerlo sapere..."
Disse Matthias con un pallido sorriso, ma Keith non gli diede retta:
"Prima di tutto voglio essere cremato..."
"Keith..."
"E insieme a me dovranno essere cremati i miei cd e anche i
libri...poi si potrebbe ingaggiare un gruppo rock, per animare un po'
l'atmosfera... e credi che delle bomboniere a lutto con confetti alla
liquirizia potrebbero avere successo?"
"Bevi il vino, va."
Sospirò, divertito suo malgrado, Matt, rimettendogli il bicchiere tra le
mani.
"Se non ti piace significa che non ne berrai per tenermi compagnia,
vero? - Keith sembrò deluso, espressione che sul viso evidenziò di
proposito in una maniera caricaturale - E io che speravo di farti
ubriacare per poi approfittare di te!"
"E da quando hai bisogno di farmi ubriacare?"
"Beh, se ti ricordi, la prima sera che uscimmo..."
"Quella volta mi sono ubriacato senza il tuo intervento! E quando hai
approfittato di me ormai ero sobrio!"
****
####
"Edgard, ti ritiri anche tu?"
Gli chiese il genitore, quando egli gli presentò il proprio commiato:
La notte era ormai fonda, parecchi ospiti erano già andati a dormire, ma
c'era ancorano musica, danze, e libagioni, ricami dorati e gioielli che
scintillavano alla luce di torce e candele; profumi d'incensi arsi sui
bracieri impregnavano l'aria.
Lui stava abbandonando la festa, desideroso di potersi stendere e
riposare, dormire a lungo e svuotare la mente di tutte le chiacchiere e il
chiasso che aveva assorbito.
Non poteva dire che la giornata fosse stata spiacevole, anzi...di
compagnia e conversazioni piacevoli ne aveva avute a volontà, ma sentiva
che dopo tante ore la sua capacità di socievolezza aveva raggiunto la
saturazione, ed ora tutta quella confusione e quelle persone semi-estranee
cominciavano a dargli noia.
Tempo prima aveva congedato Ewan, vedendolo stanchissimo ed assonnato, ed
egli se ne era andato lanciandogli un'occhiata che gli chiedeva di
raggiungerlo presto; ormai erano passate due ore e si era fatto abbastanza
tardi da poter abbandonare i propri invitati, o per meglio dire, quelli di
suo padre, senza apparire scortese.
"Sono stanco padre, e credo di aver ecceduto in cibo e vino."
Padre e figlio, l'uno di fronte all'altro, identici nel portamento, nel
colore d'occhi e capelli, entrambi fieri della propria nobiltà,
battaglieri ed orgogliosi, ma diversi per mentalità e carattere, pur
originariamente plasmati con la stessa argilla, formati dalla stessa
educazione.
"Va' pure, ma prima ho un avviso per te: avanti di primavera ci sarà
un altro torneo, e voglio che i nostri cavalieri siano sfolgoranti! Nuove
spade e scudi, nuove armature, nuove tende per l'accampamento, e
naturalmente i destrieri migliori. Dimostrare potere e ricchezza in simili
occasioni è cosa che procura buoni alleati..."
"E altrettanto buoni nemici."
Aggiunse pigramente il figlio.
"Ma sia chiara una cosa, Edgard: non voglio incidenti fra te e tuo
fratello; tenetevi ben a distanza, perché non ho intenzione di passare
dai festeggiamenti di un torneo alla celebrazione di un funerale."
"Da parte mia non ci saranno problemi, visto che non ho intenzione di
partecipare agli scontri."
A quel commento il duca fissò il proprio figlio con occhi spalancati. Da
quando aveva quindici anni Edgard non mancava un torneo, e vista la sua
abilità egli pensava che avrebbe continuato a prendervi parte fino a che
avesse avuto la forza di reggere una spada.
"Che sciocchezze vai dicendo? Sai bene di non poter mancare!"
"Verrò all'accampamento, se ci tenete, ma non parteciperò alle
mischie."
" E che ne sarà del tuo onore, osservando un simile, vigliacco,
comportamento?"
"Per quel che mi riguarda, c'è più onore nel prestare fede ad una
promessa che nel partecipare ad un certame. Siete stato voi ad insegnarmi
a mantenere la parola data, padre."
Il duca si massaggiò una tempia, sospirando, sentendosi intrappolato
dall'educazione cavalleresca che egli stesso aveva impartito. Permettere a
Edgard di chiamarsi fuori dalle battaglie avrebbe forse dato adito a
curiosità e voci, ma a dirgli di andare contro i dogmi che lui gli aveva
tramandato avrebbe perso la faccia, almeno agli occhi del figlio.
"Una promessa, eh?...Di solito le dame chiedono ai propri paladini di
combattere fino allo stremo e di tornare vincitori, non di tenersi fuori
dalla tenzone. Mi domando chi ti abbia chiesto..."
"Nessuno mi ha chiesto nulla, è un voto che sono stato io ad
esprimere."
"Tu non mi sembri proprio il tipo da fare voti, figliolo..."
"C'è sempre una prima volta...e comunque non ci sono dame di
mezzo."
Rispose sorridendo Edgard, pensando che l'amore di una fanciulla era cosa
ben pericolosa, se la bella in questione gradiva vedere il proprio
cavaliere rischiare il collo per una vittoria piuttosto che tornare a casa
sani e salvi.
"Va bene, fa' come preferisci. D'altra parte.... è ciò che fai
sempre." ####
___________________Continua_________________________________________
Okay...magari come capitolo è un po' breve rispetto a certi altri, ma si
tratta di una fase 'di transizione'... e in realtà ho tagliato un paio di
pagine con la descrizione del banchetto perché mi sono accorta che
sembravano più un trattato di cucina e galateo medioevale che una fic
^^;;;così siccome non volevo annoiarvi ancora più del solito ho
preferito evitare (se poi siete curiosi di sapere la ricetta della
lampreda in salsa, dei morelli o della carne di Cipro ditemelo che ve le
mando.)
In ogni caso i banchetti dei nobili medioevali duravano sempre ore e ore
ed erano composti di una quantità impressionante di portate, spesso
servite in maniera spettacolare, e accompagnati da musica, mimi e
giocolieri, rappresentazioni teatrali, spettacoli con animali ammaestrati
e quanto più si poteva per sbandierare la propria ricchezza...
Naturalmente la seduta a tavola rispecchiava la gerarchia e l'importanza
dell'ospite, e per essere considerati ben educati c'era un galateo di
cinquanta 'buone creanze' da rispettare.
Da ciò che ho letto, dopo il festoso banchetto e vino a fiumi, poteva
capitare che l' eccitazione della festa degenerasse in un
'festino'^^...ragion per cui, tanto per cambiare, la Chiesa vedeva in malo
occhio questi banchetti ritenendoli colpevoli di indurre, oltre che alla
gola, alla lussuria.
Grazie per la lettura e la pazienza!
Chu chu
Unmei
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