NOTE: le parti racchiuse tra i cancelletti ## denotano flashback, parti della storia ambientate nel passato. 
Le parentesi quadre (che si svolgono dopo le tonde, tanto per far felice il mio ex prof di mateca) indicano invece pensieri, più o meno consci, dei protagonisti.
Mi spiace per voi, ma questo capitolo è riuscito un cicinino più lungo della media....perdono!!! E per di più ho come l'impressione che coli ancora più sappyness deglialtri...ri-perdono!!! Questo accade quando si scrive smangiucchiando cioccolata alla fragola (era buona!) e dando retta a due pg troppo innamorati...last but not least darei la colpa anche a Nicolino Caverna (meglio noto come Nick Cave ^^) che mi ha fatto da colonna sonora, perchè quel brutto tipaccio con la sua vociaccia mi fa sempre commuovere, sigh!



In un paese d'estate

di Unmei

parte XIV




La musica cessò di colpo, inaspettatamente...non una gran perdita, era dello stupido e ripetitivo pop, buono solo per essere ascoltato una volta e immediatamente dimenticato.
Subito dopo ci fu bel altro trambusto...Mark e Shelly che litigavano...un improvviso risuonare di musica da discoteca...agghiacciante.
Matthias roteò gli occhi e sbadigliò: noia terrificante, pessima musica e troppo caldo, in quella stanza...immaginò di potersi dire fortunato a non stare morendo per il mal di testa.

Andrew gli piombò accanto, sul divano, quasi rovesciandosi addosso il bicchiere colmo di gazzosa 'corretta' con la tequila.
"Per fortuna questa casa è in campagna, o ci avrebbero già arrestati tutti per disturbo alla quiete pubblica."
"Dici? Per me ci sentono fino in città."
"Mi sembri un po' assorto, Matthias. È solo mezzanotte, sei già stanco?"
"Più che altro è che...mi aspettavo di divertirmi di più. Senza offesa."
"Quale offesa? Tanto mica l'ho organizzata io questa schifezza...e non è che io mi stia proprio sbellicando, sai? Probabilmente stiamo invecchiando."
"Mah..."
Matthias si alzò e stiracchiò le braccia.
"Vado in bagno a rinfrescarmi prima  di appisolarmi del tutto."
"Usa quello del piano di sopra, che temo che quello che c'è qui di sotto sia stato trasformato in una fumeria d'oppio."
"Roger."

****

Matthias si sciacquò il viso strofinandolo energicamente; poco prima gli si stavano veramente chiudendo gli occhi.
Aveva chiesto a Keith di andare con lui, ma non c'era stato verso di convincerlo:
'Sono i tuoi amici - gli aveva detto - Io con loro non c'entro nulla...e poi ti divertirai lo stesso.'
...Divertirsi, come no!
Aveva aggiunto che in mezzo a molta gente non si sentiva particolarmente di compagnia, che non gli piacevano le feste e il rumore e che preferiva starsene a casa, a rileggersi 'La Gaia Scienza' con colonna sonora di Bach e Bestiaccia a fargli le fusa sulle ginocchia.
Decisione saggia, in mezzo a quella confusione non avrebbe resistito per più di dieci minuti, dopodiché o se ne sarebbe andato senza troppi riguardi, trascinando via anche lui, o avrebbe compiuto una strage.
"Quasi quasi torno a casa."
Si disse, guardandosi nello specchio.


Una musica lieve e vivace gli giunse all'orecchio, arpa e liuto, un flauto...
Strano che ascoltassero qualcosa di simile, di sotto...sembrava piuttosto...
Non era lo stereo! Lo capì quando sentì le gambe piegarsi, e il corpo abbandonarsi mollemente al torpore, la melodia farsi più forte e distinta...
Sedette lentamente, sul tappeto, appoggiando la schiena alla vasca da bagno, e questa volta senza provare né paura né preoccupazione, ma solo un caldo senso di fiducia e dolcezza che lo avvolgeva, lo accarezzava e lo invitava a lasciarsi andare, a farsi portare via, perché non c'era nulla da temere.
Al di là dei secoli c'era qualcuno che lo stava aspettando e lui non voleva farlo attendere.

*****

####Guardando dalla finestra i musici che suonavano nel cortile si era fatto rapire dalla loro melodia, senza accorgersi che il suo padrone, che fino a poco prima stava scrivendo una lettera, si era silenziosamente alzato, avvicinandosi a lui.
Edgard sfiorò con le dita la chioma del suo giovane servo, così lievemente che il suo tocco fu inconsistente, impercettibile; un mese era trascorso da quel giorno sciagurato...un mese passato a fare del suo meglio per aiutarlo a dimenticare, per quanto era possibile.
I lividi ormai erano spariti, il suo sorriso sembrava sereno... ne stava venendo fuori, ma era troppo presto per illudersi che già tutto fosse tornato a posto: Ewan mangiava poco, e aveva perso peso, acquisendo un aspetto ancora più delicato, e certe notti il suo sonno era tutt'altro che tranquillo, popolato sempre dallo stesso incubo che malignamente si ripresentava. Ogni volta che lo sentiva singhiozzare nel buio si avvicinava a lui e lo teneva con sé, abbracciandolo, attenendo che si riaddormentasse, parlandogli sommessamente, a volte recitandogli a mezza voce brani  poesie che fossero liete e serene, accompagnandolo in un sonno che fosse veramente ristoratore.
In tutto quel periodo, non era mai uscito dalla camera, limitandosi a guardare, di tanto in tanto, il mondo dalla finestra, come stava facendo in quel momento.
Così non andava bene...così era darla vinta all'odio, e invece Ewan doveva riprendersi la sua vita...la sua vita accanto a lui.
Affiancandoglisi gli posò una mano su una spalla e Ewan sussultò.
"Non volevo spaventarti."
"No, è che io ero...ero sovrappensiero."
"È musica molto bella, vero?"
Lui guardò la mano del suo padrone, e poi annuendo tornò a rivolgere lo sguardo fuori.
Sì, era davvero giunto il momento di fare ancora un passo avanti.
"Ewan, hai voglia di uscire?"


Quella domanda, di punto in bianco, lo scosse. Sapeva anche lui che prima o poi avrebbe dovuto rimettere piedi fuori da quella stanza, ma dentro di sé aveva sperato di rimandare il più possibile quel giorno, perché ne aveva paura.
Paura... terrore di incrociare Thomas...di avere il suo sguardo addosso, si sentire la sua voce, le sue mani...certe volte ancora tornava, in incubi tanto realistici che si svegliava per il dolore fantasma che gli mordeva le membra, per l'angoscia che tornava a impadronirsi di lui. Quelle volte era il suo signore, a consolarlo, di nuovo...anche se ogni sera per lui era già abbastanza poter dormire in quel suo grande letto, sapendo che gli bastava allungare un braccio per sfiorarlo.
Non era più tornato al suo giaciglio, nessuno dei due vi aveva fatto cenno, anche se era pronto ad obbedire, a malincuore, qualora il padrone gli avesse ordinato di tornarvi.
Stava bene, lì...perché mai sarebbe dovuto uscire?
Si rese conto di una cosa, improvvisamente, e si stupì di non essersene accorto prima: nemmeno Edgard era più uscito. O meglio, lo aveva fatto, ma non lo aveva mai lasciato solo per più di mezz'ora, giusto un paio di volte al giorno; mangiava insieme a lui, nelle camera, non scendeva per i lauti banchetti della sua famiglia...e declinava feste, incontri, battute di caccia ed ogni altra cosa cui era abituato.
"Stare sempre chiuso qui certo non ti giova; vieni fuori con me, non c'è nulla di cui aver paura. Va bene?"
E se poi gli parlava con quel tono suadente e morbido lui non aveva speranza di riuscire a rifiutare, di muovere obiezioni, di opporre un minimo di resistenza.
"Va bene."
Appena un po' incerto nella voce, e con gli occhi rivolti in basso.
"Perfetto!"
Edgard sorrise e subito gli prese una mano, trascinandolo via dalla finestra, tanto che Ewan, spiazzato, rischiò di perdere l'equilibrio.
"Allora  andiamo subito."
"Ma...ma... adesso?"
"Perché no? È un momento buono come un altro. Vieni, selliamo i cavalli e facciamo una passeggiata."

***

Il duca notò il modo che Ewan aveva di osservare le persone che incrociarono mentre scendevano: era insicuro, titubante, come se temesse... 
...come se temesse che qualcuno potesse comprendere quello che gli era successo semplicemente guardandolo in viso.
"Nessuno sa ciò che ti è capitato: Adelius e io abbiamo giustificato la tua prolungata assenza dicendo che eri malato di polmonite."
Lo informò, contando di tranquillizzarlo un po'.
"Polmonite?"
"E' una giustificazione  plausibile, non credi? Nessuno ha motivo di dubitarne, non temere."
"Grazie, signore."
"Sono l'ultima persona che dovresti ringraziare, poiché è accaduto tutto a causa della mia leggerezza. Con tutto ciò che ho fatto e detto fino ad ora, so che in realtà è stato mia fratello a vincere: io avrei dovuto portarti con me...quella che chiami gentilezza è il mio tentativo di chiederti scusa."
"Oh...sì, capisco."
"Ma non è solo quello. Io non potrei fare a meno...neanche se lo volessi..."
[Ti ho sempre voluto bene, sai, dalla prima volta che ti ho visto. E ho anche sempre saputo che tu ne vuoi a me...ma se quello che provi è amore, tutto cambia. Non so più come comportarmi, cosa pensare; è come se non riuscissi più a distinguere i miei sentimenti: al mio affetto si è aggiunto qualcosa che ne ha mutato nome e significato, e ora...ora, quando ti ho vicino, quando ti abbraccio, per consolarti dal dolore, alla mente mi torna l'immagine del tuo corpo bianco e nudo che si stringe a me cercando protezione, la liscia, compatta consistenza della tua pelle sotto le mie dita, e desidero sentirla ancora, calda, contro la mia, ed è una cosa sbagliata, oscena, indegna!]


L'esclamazione soffocata di Ewan lo distrasse; istintivamente il ragazzo fece un mezzo passo indietro, quasi nascondendosi dietro di lui, stringendogli una mano su un braccio con una forza tale che si domandò dove riuscisse a trovarla, in muscoli tanto sottili.
C'era Thomas, a pochi passi, che si stava dirigendo verso di loro. Vestito di nero, era cupamente regale ed elegante; un occhio e parte del suo viso erano coperti da una benda di cuoio scuro, e attorno ad essa era visibile una ragnatela di cicatrici e di carne ustionata, orrenda, che attirava sguardi impressionati. I gemelli si scambiarono una lunga occhiata pregna d'odio reciproco, gelida e al contempo bruciante; non si dissero una parola, perché se lo avessero fatto la tensione fra loro sarebbe esplosa all'istante e sarebbero saltati l'uno alla gola dell'altro come cani rabbiosi.
Ewan sentì una mano ghiacciata corrergli lungo la schiena quando Thomas passò loro accanto, rivolgendogli uno sguardo in tralice, fulminante; riuscì a tirare il fiato solo quando gli passò oltre, e sentì i suoi passi allontanarsi lungo il corridoio.
"Che cosa...che cosa gli è successo?"
"Lui ha fatto del male a te, io ho fatto del male a lui... E se ti si avvicina ancora, lo sgozzo."
Spiegò Edgard asciuttamente, e a guardarlo in viso Ewan ebbe paura dei suoi occhi improvvisamente freddi e taglienti, ombrosi, così diversi da quelli che era solito conoscere.
Temeva quello sguardo, ne aveva già sperimentato uno simile su di sé...aveva già visto il suo padrone perdere il controllo, e quella volta era stato veramente vicino al venire da lui battuto. Edgard aveva sfregiato in quel modo il proprio fratello. Non riusciva, né voleva, immaginare Edgard usare tanta ferocia, su nessuno, nemmeno su Thomas.
Sarebbe davvero stato capace di ucciderlo? Di uccidere per lui?
Dentro di sé sentì che la risposta era sì, e nel petto gli si rimescolarono tante emozioni diverse, alcune delle quali non era in grado di nominare, ma riusciva a distinguere chiaramente un affascinato timore, come quello che si prova davanti alla furia di una tempesta, ed una strana, lusinghiera felicità, tale che si vergognò di nutrire un simile sentimento.
"Non ci pensare più, Ewan."

***


Autunno, ormai...gli sembrava d'aver perso una fetta di vita; per quanto avesse potuto pensarlo, il mondo non si era fermato per lui. L'aria era fresca, una brezza leggera gli scompigliava i capelli e faceva frusciare le foglie, ormai sfumate di colori caldi; Edgard cavalcava al suo fianco, il suo viso era assorto e imperscrutabile. Certe volte gli sembrava irraggiungibile...sempre così pronto a dimostrare comprensione verso di lui ma mai disposto a svelare qualcosa in più su se stesso: educato alla fierezza e all'orgoglio, ammettere di avere delle debolezze gli costava moltissima fatica.

"Posso prendermela con ciò a cui mio fratello tiene, con ciò che ama, con ciò che desidera proteggere."

Le parole usate da Thomas...parevano significare che proprio lui era la principale debolezza di Edgard...lo aveva anche detto esplicitamente, no?
Voleva fare del male a lui per ferire il fratello...era stato lo strumento, il tramite.
Si impose di smettere di pensarci, una volta per tutte, perché solo così avrebbe potuto smentire quello che Edgard aveva detto: non era stato Thomas a vincere, né lo avrebbe mai fatto.
Sorrise, avvicinando ancora un po' la propria cavalcatura a quella del padrone.
"Seguendo questo sentiero arriveremo in città, vero?"
"Esattamente. Ho deciso di approfittare dell'occasione per fare in paio di acquisti."

***

La bottega di  Robert Gordon, sarto, era piccola, ma eccellente: le stoffe pregiate, la perizia che veniva impiegata nel confezionare gli abiti, le passamanerie, i ricami e i dettagli, la rendevano inaccessibile non solo al popolo, ma anche ad una certa fetta di nobiltà; d'altra parte era il negozio a cui il re si era rivolto per farsi confezionare un manto da cerimonia per il quale erano stati adoperati migliaia di ermellini.
L'artigiano accolse Edgard a braccia aperte, cominciando già ad elencare le bellezze e le qualità delle ultime stoffe che aveva acquistato, e di come la seta color rosso cupo appena arrivata dall'oriente sarebbe stata magnificamente addosso a lui.
"Stiamo entrando nella stagione dei freddi e mi consigli la seta?"
"Oh, siete giovane e avete un fisico forte! E poi il freddo tempra, mio signore!"
Edgard scosse la testa e sogghignò: se quell'uomo non gli fosse stato simpatico avrebbe trovato profondamente irritante il suo modo di fare. 
Intanto da retrobottega era corso fuori un cagnolino minuscolo e vivace che, correndo tra le gambe dei due che stavano conversando, si era precipitato da Ewan, rimasto più indietro, dimenando una piccola coda mozza e buffissima e saltellandogli attorno su due zampe.
"Ma guardate quel piccolo venduto! Non l'ho mai visto comportarsi così!"
"Già, di solito lui i clienti li morde."
Completò la frase Edgard, con leggerezza, e il padrone del negozio avvampò, grattandosi imbarazzato il retro del collo.
"Ahh.le chiedo ancora scusa per quella volta..."
Edgard fece un cenno con una mano, a significare che l'incidente non aveva nessuna importanza, che più che altro aveva trovato divertente trovarsi quella pulce a pelo lungo attaccata alla caviglia; intanto osservava Ewan, chinatosi a giocare con il cane, che scodinzolante si faceva stropicciare e ribaltare, e si metteva a zampe all'aria alla ricerca di una grattatina sulla pancia.
Sorrideva, Ewan, rideva, come un bambino, e sembrava così felice che gli fece bene al cuore; quella di andare fuori era stata decisamente una buona idea, anzi, avrebbe dovuto farlo prima, senza aspettare così tanto tempo.
"Bene - stava intanto dicendo Gordon - A vedervi direi che le vostre misure siano sempre le stesse...di che avete bisogno? Tuniche? Camicie? Panta--"
"Veramente non è per me. Ewan, vieni qui."

Gli posò una mano sulla schiena quando l'ebbe vicino.
"Ha bisogno di abiti nuovi...vedi di confezionargli qualcosa di bello."
Mentre Ewan rivolgeva uno sguardo stupito al suo padrone, il sarto lo studiava con occhio clinico.
"Così a occhio e croce ha la stessa corporatura di mio figlio...uhm, bene, allora andiamo a prendere le misure. Vieni, ragazzo."
Lui seguì il sarto nella stanza attigua, guardando però indietro verso il suo padrone, che aveva un'aria piuttosto compiaciuta, mentre Gordon tesseva le lodi dei suoi velluti, e di come sicuramente l'azzurro, il turchese e il blu sarebbero stati sicuramente bene addosso al biondo Ewan.
Edgard guardò in basso, e vide il cagnetto che lo fissava con occhio truce, rivolgendogli anche un paio di secchi abbai giusto per fargli intendere di non godere della sua simpatia.
"Ho visto topi più grossi di te."
Gli ritorse contro il nobile, facendo un giro per il negozio alla ricerca di stoffe di suo gradimento.

******

"Perché non mi avete detto che avevate intenzione di comprarmi queste cose?"
"Non sarebbe stata una sorpresa, altrimenti."
"Vi ringrazio, ma...ma non era necessario, non dovevate prendervi un simile disturbo."
"Lasciami almeno decidere di farti qualche regalo, allora."
Ci sarebbe voluto qualche tempo per gli abiti, ma stavano facendo ritorno al castello con pergamena, inchiostri e colori, fibbie decorate all'acquaforte e fermagli d'argento. Avevano pranzato in una locanda: Edgard gli aveva detto di mangiare tutto ciò che desiderava; considerato che era da un bel po' che mangiava poco e non si muoveva per nulla, quella giornata all'aperto gli aveva messo fame, e così aveva fatto onore ad arrosti e formaggi, con grande soddisfazione del suo padrone.
...sembrava che quel giorno Edgard avesse in animo di comprargli ogni cosa gli piacesse.

Stavano chiacchierando, prendendo il ritorno con calma, quando l'aria cominciò a farsi decisamente fredda; il duca spiegò il mantello che teneva arrotolato vicino alla sella e se lo mise sulle spalle: uno sbalzo di temperatura davvero repentino... e a quanto pareva l'inverno sarebbe stato precoce, quell'anno.
"Ewan, non hai con te nulla di pesante?"
"Ah..no..ma sto bene così."
"Non direi, stai tremando."
A dir la verità poco ci mancava che battesse i denti... si sarebbe volentieri accoccolato vicino ad un bel fuoco caldo.
Lasciò per un attimo le redini e si strofinò le mani, riscaldandole con il fiato.
"Si tratta solo di arrivare al castello, mi scalderò lì."
"E nel frattempo la polmonite la prenderai veramente. Sali sul mio cavallo."

L'invito di Edgard sembrava quasi un ordine, fermo, anche se espresso gentilmente; il duca fermò il cavallo e si spostò leggermente indietro, accennando a Ewan di prendere posto davanti a lui.
Egli si ritrovò così praticamente tra le braccia del suo padrone, che gli avvolse intorno il proprio mantello, ampio abbastanza da coprire tutti e due.
"Ecco, tieni chiusi i lembi. Non credi sia meglio, così?"

Sotto il manto i loro corpi crearono un guscio di calore tiepido e piacevole, una carezza che gli si insinuò nei muscoli, sciogliendogli.
Sentiva le braccia di Edgard contro di sé, mentre questi teneva le redini, e cedette alla tentazione di lasciarsi andare: si rilassò contro di lui, appoggiandosi al suo petto con un sospiro felice, chiudendo gli occhi. Dopo qualche istante, forse di indecisione, o di stupore,  il duca raccolse le briglie in una mano sola, e usò il braccio libero per circondargli la vita, stringendolo a sé.
[Perché non cada.]
Si disse, provando a illudersi che fosse solo per quello che lo stava abbracciando,  e fallendo miseramente.

Avrebbe voluto che la strada non finisse mai...l'intera giornata era stata un meraviglioso regalo, era felice di essere uscito, e quel momento sembrava promettere che, da lì in avanti, tutto sarebbe sempre andato bene.
Il calore di Edgard e la tranquillità che da esso traeva, la sua stretta e il muoversi cadenzato del cavallo gli recarono un leggero sopore, un delizioso dormiveglia in cui si sentiva gentilmente cullato e protetto.
Nella mente gli si sovrapposero immagini e sensazioni, amiche e piacevoli, e sentiva ogni pensiero triste, ogni brutto ricordo dissolversi come nebbia...
La sera stava scendendo, e socchiudendo gli occhi vide in lontananza il castello...passo dopo passo si stavano avvicinando, e l'incanto si sarebbe spezzato. Forse sarebbe stato opportuno separarsi, prima di fare ingresso entro le mura...forse era bene che Edgard fermasse il cavallo e lo facesse scendere, e che lui tornasse in groppa alla propria cavalcatura, tanto ormai non mancava poi molto e non si sarebbe infreddolito troppo: ...quello era ciò che la ragione gli diceva, ma sinceramente avrebbe preferito continuare a riposare beatamente come un gattino in braccio al suo padrone.
Beh...l'ultima parte della frase non era lontana dalla verità, pensò con un sorriso.

***

"Ewan...su, svegliati."
Gli sussurrò, scuotendolo leggermente, affascinato dall'espressione sul suo viso; non era sicuro di poterle attribuire un aggettivo  completamente adeguato, ma 'angiolesca' era la prima  parola che gli veniva alla mente...forse poi non stava nemmeno del tutto dormendo, poiché sulle labbra gli aleggiava un vaghissimo sorriso.
"Siano arrivata, apri gli occhi."
[Di certo ormai sono perduto.]
Aggiunse, a mente, accarezzandogli il capo, seppellendo la mano tra i suoi capelli soffici.


Ewan rialzò la testa di scatto, aprendo gli occhi, rendendosi conto di essersi veramente addormentato, e di essere ormai nella stalla; l'ultima cosa che aveva pensato era stata che sarebbe stato meglio separarsi, e invece, puntualmente...
"Oh no, mi sono addormentato!"
"Non ci vedo nulla di male, dovevi essere stanco."
Smontarono da cavallo, lasciando i due animali alle cure di uno stalliere e un'idea si affacciò alla mente di Ewan, perseguitandolo fino a quando giunsero in camera e tenendogli a lungo compagnia, quella sera.
Il perché gli fosse balenato improvvisamente quel pensiero, così, senza alcun motivo, non lo capì mai, nemmeno quando ci ripensò, in futuro.
Si ricordò che quando Edgard se ne era andato, tempo prima, era stato per conoscere colei che sarebbe potuta diventare sua sposa. Tutto quanto gli era capitato aveva cacciato quella preoccupazione in un angolo del suo cuore, certo non l'aveva dimenticata, e ora che gli sembrava di poter essere di nuovo sereno, l'idea si ripresentava, pungolandolo.
Edgard non aveva detto nulla, a riguardo...se avesse avuto un matrimonio in vista gliene avrebbe parlato di sicuro...vero? O forse non lo aveva fatto solo per evitare turbarlo ancora più di quanto già non fosse. Forse quella giornata passata assieme...passata a viziarlo, era stata il saluto di Edgard, perché se davvero si fosse sposato le cose tra loro sarebbero cambiate inevitabilmente.
Se avesse preso moglie si sarebbe occupato di lei, e con lei avrebbe diviso la propria camera, la propria vita, i propri sentimenti, e per lui non ci sarebbe più stato spazio.
Ewan  avrebbe continuato a servirlo fedelmente, ma forse si sarebbero allontanati, si sarebbe spezzato un ingranaggio nel loro meccanismo perfetto.
Di tanto in tanto osservava Edgard, studiando i suoi gesti, come se da essi potesse interpretare una risposta alla sua domanda ancora inespressa, e poi tornava ad abbassare gli occhi, non volendo che il duca si accorgesse di essere sotto esame.

***

Era da un po' che il ragazzo fissava la pergamena ancora immacolata di fronte a sé; durante la giornata era stato  entusiasta del nuovo materiale, impaziente di cominciare a tracciare qualcosa; era molto che trascurava la sua passione ed aveva parlato con ardore di quello che gli sarebbe piaciuto realizzare, delle opere che avrebbe voluto trascrivere e dei colori che aveva intenzione di miscelare, tentando di ottenerli più luminosi. Era stato impaziente di mettersi al lavoro, ed ora che si trovava con tutto ciò che gli serviva sotto il naso si era bloccato, meditabondo...
Tic-tic-tic
e anche un po' in tensione, a giudicare da come con l'unghia dell'indice continuava a picchiettare e graffiare il legno scuro dello scrittoio.
Tic-tic-tic
Non diceva niente, c'era solo quel rumore ripetitivo e cadenzato...
Tic-tic-tic
...che avrebbe finito col farlo impazzire.
"Pensieri, Ewan?"


"Eh? No...no."
Sì, invece! Da quando erano tornati non riusciva a mandarli via...non riusciva a concentrarsi su qualcos'altro. Ovviamente Edgard non credette alla sua risposta, e rimase in paziente attesa, osservandolo da sopra le pagine del libro che stava leggendo; se lo conosceva bene come pensava avrebbe presto ceduto, e gli avrebbe parlato di ciò che lo turbava.
E il silenzio, infatti, durò solo alcuni minuti:
"Signore?"
"Dimmi."
  "Posso farvi una domanda?"


Edgard non rispose ad alta voce, ma sorrise e gli fece un lieve cenno affermativo con la testa, per invitarlo a continuare. Nonostante tutto l'imbarazzo che stava provando, era troppo tardi per Ewan per tornare indietro.
"Perdonatemi se sono indiscreto, ma ...prima che accadesse...ciò che è successo, quando siete andato via..."
Esitò e ammutolì, aveva quasi voglia di rimangiarsi le parole, già pentito d 'aver parlato: nonostante tutto, forse, avrebbe preferito non sapere nulla fino all'ultimo. Ma ormai Edgard non avrebbe accettato il suo tacere.
  "Che cosa vuoi chiedermi?"
"Voi eravate andato in visita presso gli Ashmore..."
"Ah, quello...i disperati tentativi di mio padre di trovarmi  moglie."
Usò un tono ironico, credendo di far così sorridere Ewan, e un po' si stupì nel vedere di non esserci riuscito.
"E' proprio a questo che avevo una domanda...volevo sapere com'è andata. Se devo...se devo farvi le mie congratulazioni per il vostro futuro matrimonio."
Concluse, riuscendo a sforzare anche un piccolo sorriso.


Ecco cos'era! A quello stava pensando Ewan...lui si era persino scordato di quella faccenda, aveva avuto in mente bel altra cose, molto più importanti.
Decise che sarebbe stato sincero...sincero fino in fondo: lo doveva a Ewan, e anche a se stesso.


"Beh, devo ammettere di essere partito seccato per quell'iniziativa, e un po' prevenuto, immaginando di dovermi trovare davanti a chissà quali streghe, scialbe e noiose. Invece sono stato subito smentito nel fare conoscenza di queste due sorelle; erano amabili, piene di grazia e intelligenza..."
"Davvero?"
"Sì, ne sono rimasto colpito. In età le separano solo un paio d'anni, e conversare con loro si è rivelato molto piacevole. Nel cantare, poi, hanno veramente due voci angeliche. Specialmente la maggiore ha in sé qualcosa di speciale...nemmeno io saprei dire cosa; un fascino che incanta le persone, che farebbe sentire a chiunque a proprio agio. Mi sono fermato dagli Ashmore solo poco più di una giornata, e certo non posso dire di averle conosciute approfonditamente, ma sono sicuro che entrambe saranno un giorno delle castellane benvolute."


Il sentimento che Ewan provò nel sentire quelle lodi fu molto vicino alla gelosia...gelosia ed una morsa allo stomaco, e alla gola, e un brivido secco gli scosse le spalle.
Lo aveva chiesto lui, no? E Edgard gli aveva risposto in sincerità...non poteva lamentarsi con nessuno se quelle parole lo stavano facendo sentir male...se proclamavano che era vero, che aveva ragione a temere... presto avrebbe perso il suo signore.
Non voleva darlo a vedere; non voleva fargli capire come si sentiva, almeno non più di quanto non fosse già evidente.
Edgard aveva detto che si sarebbe sposato solo se avesse amato...e allora c'era ancora una cosa da domandargli.
"Dunque siete innamorato?"
Chiese, fievolmente, sforzandosi di mantenere la voce ferma, ma senza riuscirvi, perché sull'ultima parola gli tremò un po'.


Edgard si sentì intenerito, felice, commosso; era quella la domanda, il dubbio, la preoccupazione che aveva tanto preso Ewan quella sera?
Forse era giunto il momento i compiere un passo in avanti...
Di stringere Ewan in un abbraccio diverso...di illuminare quella parte della propria anima ancora oscura, non del tutto compresa, ma così attraente...


"Sì, Ewan, molto innamorato."


Chinò la testa e si sentì morire.
Ecco, la fine. E così, con solo poche, semplici parole era stato decretato il suo destino.
Quella spina nel petto, che gli faceva così male...  spaventosamente male...chissà quando sarebbe riuscito a toglierla.
E intanto Edgard continuava a parlare...


Il duca si alzò, avvicinandosi a lui, lentamente.
"Il mio amore riempie ogni mio pensiero, ogni respiro...il mio amore ha i capelli color del miele, e occhi più azzurri, grandi e belli del cielo. So che qualcuno lo chiamerebbe peccato, ma a me non interessa, perché se un'anima esiste sono anche disposto a dannarmela... e perché è solo sulle sue labbra che io desidero vivere e morire."


Con una mano, teneramente, gli rialzò il viso, costringendolo a guardarlo negli occhi, e gli sorrise, adorando il perdersi nel suo sguardo confuso e stupito.
"E' te che amo, Ewan."
Sussurrò, accarezzandolo e chinandosi a sigillare la propria confessione con un bacio sulle labbra, lieve, lasciando sfumare ogni pensiero, ogni timore, ogni indecisione: voleva solo che Ewan fosse felice, e voleva esserlo anche lui...voleva creare la perfezione e regalargliela.
Aveva sprecato tanto tempo, amandolo senza accorgersene, forse rifiutandosi inconsciamente di essere del tutto onesto con se stesso; aveva causato dolore a Ewan, anche lacrime, lo sapeva e se ne vergognava, ed era venuto il momento di farsi perdonare.
Rimase con viso vicino al suo, con gli occhi chiusi, contro una guancia che si era fatta bollente come per la febbre, prima di allontanarsi un po' per guardarlo ancora.


Ewan aveva la bocca schiusa in un'esclamazione muta, e gli occhi sbarrati; tremava e non diceva nulla; guardava Edgard e restava immobile, il viso alzato verso di lui e le braccia abbandonate, molli, contro i fianchi, deboli che gli sembrava si fossero sciolte le ossa, e i muscoli fossero paralizzati.
Il nodo in gola non gli aveva mozzato solo la voce, ma anche il respiro e il groviglio nel suo stomaco pulsava violento come il suo cuore.
Almeno fosse riuscito a muoversi...
A dire qualcosa...
A fare qualcosa...anche svenire, piuttosto che rimanere lì come una statua di sale.


Non era quello che Edgard si aspettava; aveva immaginato diverse reazioni, ma non quello choc, il silenzio.
Che avesse sbagliato qualcosa?
Che avesse sbagliato tutto?
Sì, forse...forse era stato un avventato. Gli posò una mano su una guancia, solo una carezza, e la ritrasse.
"Scusami, forse ho frainteso i tuoi sentimenti."
Fece un passo indietro, sperando di non essersi reso ancora più ridicolo di quanto pensasse.


Ewan si scosse; ancora non riusciva in modo del tutto chiaro...era successo così in fretta, contro ogni sua aspettativa, contro ogni speranza, che aveva pensato di esserseli immaginati, quel bacio e quelle parole...dopo tutto, aveva già tanto fantasticato e sognato su quello che sembrava essere divenuto realtà.
Si slanciò in avanti, con tanta veemenza da rovesciare la sedia, un tonfo secco e pesante, e si strinse a Edgard come se tentasse di fondersi con lui.
"Io vi amo...vi amo, vi amo, vi amo - continuava a ripetere, d'un fiato, con il viso nascosto, premuto contro il suo signore, mentre la spina che aveva sentito poco prima si dissolveva - Avrei voluto dirvelo così tante volte, ma non riuscivo a farlo...non potevo, avevo paura, credevo che voi non mi avreste voluto... che vi sareste offeso.."
"Offendermi, Ewan? È impossibile."
Edgard gli chiuse la braccia intorno, in una stretta che aveva un sapore diverso da tutte le altre.
Ecco dove l'aveva portato quella scelta fatta otto anni prima, prendendo sotto la propria custodia un bambino un po' gracile, incrociato per caso...
Se quel giorno non si fosse trovato a passare per la sua stessa strada...
O se ci fosse passato qualche minuto prima, oppure dopo...
O se avesse camminato distrattamente, senza accorgersi di lui...
Forse non si sarebbero mai incontrati, e lui non si sarebbe ritrovato innamorato, a stringere fra le braccia quello stesso bambino, oh, certo, cresciuto... ma che aveva ancora lo stesso sguardo.


Ewan alzò il viso verso di lui, circondandogli il collo con le braccia, cercando la sua bocca, quella bocca che una sola volta aveva toccato con la propria, di nascosto, pieno del timore che fosse un bacio d'addio.
Ora invece tutto era diverso... era l'inizio, il primo passo.
Sentì le labbra del duca dischiudersi, le proprie fare lo stesso...assaggiarsi a vicenda,  incontrarsi, unirsi, e tutti i suoi sensi erano impazziti, saturi di Edgard. Il tatto: il suo calore addosso, sotto le mani il suo corpo e i suoi capelli; il gusto: quello della sua bocca, della sua lingua, e poi il suo profumo vago a riempirgli le narici, il rumore del bacio, leggero mugolare, il separarsi e il riunirsi delle loro bocche...e socchiudere brevemente gli occhi e vederlo; come sincronizzati incrociare gli sguardi, quelle iridi di ambra e di ombra.
Era una tempesta che gli spazzava l'anima, confondendo i pensieri, spazzando via tutto, lasciando solo il desiderio, che nutrito per tanto tempo in solitudine era diventato tanto grande da minacciare di inghiottirlo, soffocarlo...ed ora era proprio Edgard a tirarlo fuori da quel gorgo, a dissetarlo con labbra che migrarono dalla sua bocca, errando sul collo, mentre una mano, ciecamente, scioglieva i lacci della sua blusa, per scoprire ancora più carne da poter toccare, baciare, marchiare.
C'erano troppe emozioni che gli premevano dentro, che volevano uscire dalla sua bocca come sorrisi e singhiozzi, come lacrime cristalline e felici dai suoi occhi. Sussultò, lasciò andare il fiato in un solo respiro lungo e tremante.
Lo sentì, Edgard, quel fremito, e interruppe la catena di baci per guardarlo in viso, guardare le sue gote ancora asciutte e gli occhi giù umidi; glieli coprì con le mani, poggiando la fronte contro la sua.
"Oh, no, non osare metterti a piangere ora!"
[O questa volta piango anche io, e non sarebbe affatto una bella cosa, a vedersi!]


Ewan sorrise di quell'ammonimento, pronunciato con un tono falsamente severo, intimamente dolce, scherzoso, e annuì, reclamando un'altra volta i baci del suo signore.
Sentiva la pelle bollente, formicolante sotto i vestiti, le gambe farsi molli, il pavimento sembrava inclinarsi; dovette stringersi più forte, quasi appigliarsi, per non scivolare a terra.
Fuori ormai era calato il buio, il cielo coperto oscurava la luna e le stelle, parecchi degli abitanti del castello dovevano ormai essere a dormire, ma lui non era più stanco, non aveva sonno: il sangue scorreva troppo veloce, per poter riposare.
Si impose di tornare saldo sulle gambe, invece di pendere come una specie di ciondolo aggrappato al collo del suo duca...tornare saldo, sì, e muoversi, compiere qualche passo...anche se non capì se fosse lui a dirigersi ciecamente verso il letto, o se Edgard lo conducesse, o ancora se l'uno portasse l'altro, fino a quando caddero con un soffice tonfo sul materasso.


Edgard gli fissò addosso due occhi incandescenti, le sue mani cercarono quelle di Ewan e vi intrecciò le dita, scese il viso contro il suo collo, baciò la porzione di pelle che l'apertura della camicia lasciava scoperta.
"Padrone, vi prego..."
Chiamò l'altro, alzando il viso, stringendo ancor più le dita, sentendosi già ebbro, ma ben lungi dall'essere sazio.
"Non è più il caso di chiamarmi così."
...a parole poteva dirlo, ma tale appellativo, anche se abituale, in quella situazione gli diede un fremito che seducentemente andò ad annidarglisi nel basso ventre.
Che strana sensazione...potente, stordente...
*Vi prego!*
Quelle due parole...
...il corpo di Ewan, sottile, sinuoso, morbido... il petto che si alzava e abbassava in un respiro un po' affannato...non poteva bastare una piccola finestra di pelle, per assaporarlo.
Gli fece scorrere addosso le mani e scese fin oltre la vita, prendendo i bordi della blusa e sfilandogliela, mentre Ewan alzava la schiena per aiutarlo.
...perdono...per aver aspettato così tanto prima di decidersi ad aprire gli occhi...'perdono', pensò, disegnando sentieri di baci sul suo torace nudo, lasciando morsi gentili, stringendo fra i denti la pelle candida, succhiandola piano, accarezzandola con la lingua.
[...Perdono se ti ho fatto aspettare fino ad oggi...]
Il respiro veloce, spezzato di Ewan era l'assoluzione che andava cercando.


Quello non poteva bastare...non a lungo, non quando le emozioni e i sensi avevano preso il sopravvento su tutto il resto, e i movimenti dei loro corpi, il toccarsi e cercarsi si era trasformato in affanno.
Le mani di Ewan si muovevano alla cieca, tentando di sfilargli la camicia, e lui velocemente si liberò dell'indumento venuto a noia, godendosi poi con un profondo sospiro il loro tocco che gli correva sui muscoli, i fianchi, la schiena, caldo e leggero.
Il toccarsi delle pelli nude, petto contro petto, causò un'altra esplosione di sensazioni, di desideri...desideri che si toccavano e sfregavano, tesi sotto la stoffa dei pantaloni.


Ewan singhiozzò un respiro tra le labbra schiuse, arrossate, che Edgard tornò a coprire, a reclamare con più veemenza in un bacio frenetico, febbrile; Ewan gli affondò le mani tra i capelli, stringendo le dita tra le ciocche corvine, strusciando una gamba contro tra le sue, lentamente, ancor più lascivamente di quanto potesse pensare.
Il duca terminò il bacio a malincuore e lo fissò negli occhi, turchini, fiduciosi, limpidi e allo stesso tempo offuscati da un velo di piacere...i desideri di Edgard e Ewan si completavano, combaciavano, l'uno complementare all'altro.
"Ancora."
Disse solo Ewan, muovendosi all'indietro, sugli avambracci, fino a raggiungere i cuscini a capo del letto, abbandonandovisi sopra mollemente, tendendo le braccia verso il suo amore finalmente conquistato.


Edgard gli passò una mano sul viso, scendendo piano lungo la guancia, il collo, ed il petto, proseguendo ancora sul ventre, fino a posarsi, con una stretta appena accennata, sulla sporgenza che gonfiava i pantaloni del ragazzo. Ewan sussultò, lo sguardo incapace di slegarsi dal suo padrone; si portò una mano al petto, e accarezzandosi sentì i propri capezzoli diventati sporgenti e induriti, sensibili al punto che toccarli gli fece quasi male.
Vi esitò qualche istante, e poi scese ancora, fino a raggiungere la mano di Edgard e a coprirla con la propria.
Era una risposta, l'acconsentire, l'invito a continuare, e il duca non indugiò oltre, slacciando e sfilando l'indumento.

***


Nudo, candido, delicato, abbandonato con languore, come poteva apparire tanto innocente e tanto sensuale al medesimo tempo?
Il viso acceso e il leggero tremare, denti piccoli che mordicchiavano labbra umide,  il membro eretto tra  ciuffi biondi, era l'incarnazione dell'amore e dell'eros.
Edgard terminò di spogliarsi a sua volta, e rimasto nudo tornò da Ewan, scorrendo le mani sulle sue gambe, sistemandosi sopra di lui in modo che potesse sentire il suo peso, ma senza esserne schiacciato.
Si mosse prima lentamente, sperimentando la sensazione del contatto totale tra i loro corpi, pelle contro pelle...sentì la propria voce, come se provenisse da lontano, lasciarsi sfuggire un gemito, sospirato insieme al nome del suo tarrishagh.


***
Quasi una danza, quella dei loro corpi incollati, mentre si strusciavano l'uno contro l'inguine dell'altro, regalandosi e prendendosi un piacere che diventava sempre più urgente, smanioso, fino a quando quella carezza vicendevole, provocatoria non bastò più.
Ewan si spinse più forte contro Edgard, ma il suo padrone smise di muoversi e si sollevò un po', spostandosi leggermente indietro e restando a guardarlo; il ragazzo tentò di sollevarsi, per riguadagnare il contatto perduto, ma il duca gli posò una mano sul petto, imponendogli di restare giù.
"Padrone, perché--Ahh!"
Il resto della domanda si perse quando la mano di Edgard scese, chiudendosi sul suo pene, restando lì immobile per un breve attimo prima di cominciare un movimento ritmato, carezzandogli, tormentandogli, la punta umida con il pollice.
Ewan chiuse gli occhi e gettò la testa all'indietro, mostrando la gola bianca e tenera, dentro alla quale stava soffocando gemiti a cui si vergognava di dare voce.


"No, Ewan...voglio che mi guardi."
La voce di Edgard era rauca, velata: non l'aveva mai sentito parlare così; gli obbedì, rivolgendo lo sguardo verso di lui, fissandolo negli occhi, e poi su quella mano che si muoveva facendolo impazzire, e poi ancora sul viso del suo padrone, incapace di sostenere le due immagini per più di qualche secondo, come il sole che non si può guardare troppo a lungo senza venirne accecati.
Il bizzarro imbarazzo che provava stava svanendo...non era più strano che un altro, per la prima volta, gli stesse facendo qualcosa che fino ad allora si era fatto soltanto lui stesso.
Era invece bellissimo...e ancor di più, perché a farlo godere era la stessa persona a cui aveva sempre pensato quando era solo...e il piacere che stava provano in quel momento non era più vuoto, né amaro, né triste...se gli avesse fatto venire le lacrime agli occhi sarebbe stato solo di gioia, e non di tristezza o vergogna.
Afferrò la mano libera che Edgard gli porgeva, stringendola mentre vacillava sull'orlo dell'orgasmo, la sua presa diveniva sempre più convulsa e serrata via via che sentiva di avvicinarsi al limite...e quando lo raggiunse ne venne colto di sorpresa...ci fu un momento abbagliante che lo stordì, un'esplosione interiore che gli frantumò il respiro e gli portò via la voce.
La tensione gli svanì di colpo dal ventre, abbandonò il suo corpo e si ritrovò mollemente e deliziosamente incapace di muoversi, a placare il proprio respiro affannato, guardando Edgard che con il suo sperma si disegnava una croce sul petto, all'altezza del cuore.
Il duca si distese accanto a lui e lo abbracciò, baciandolo dolcemente su una tempia, ripetendogli, sussurrate nell'orecchio, le parole che da quel momento in poi gli avrebbe detto ogni giorno, in ogni lingua che gli fosse venuta in mente.
"Moo graugh hoo. Ego amo te. Eime eroteumenos mazi sou. Anee ohev otakh."


Ewan non riusciva a smettere di sorridere; si accoccolò contro il suo padrone, intrecciando le gambe con le sue.
"Non ho riconosciuto l'ultima lingua."
Disse, estatico, con gli occhi chiusi.
"Ebraico."
"Non sapevo lo parlaste."
"Infatti:  so solo qualche frase, probabilmente pronunciata con accento sbagliato."
"L'accento non importa..."


Spingendosi contro Edgard, Ewan toccò con una coscia l'erezione dell'altro, ancora piena e tesa, causandogli un brivido che lo irrigidì.
Si rese conto che solo lui era stato appagato; Edgard si era fermato, sembrava aver intenzione di far finire tutto lì...ma così l'unione sarebbe stata incompleta, la perfezione si sarebbe guastata.
"Signore, non possiamo smettere ora!"
"Il mio nome è Edgard, Ewan."
"Lo so.."
"Allora chiamami così, adesso."
Lui annuì, facendogli scorrere una mano sul torace, toccando il proprio seme che si stava seccando.
"...noi...non possiamo smettere ora...Edgard."
Ma il duca gli bloccò la mano prima che terminasse la sua corsa.
"Per me va bene così."
"No! Non ci credo!...a me così non va bene...non basta. - arrossì e baciò il suo padrone su una spalla - non può bastare a nessuno dei due."


"Io...io non posso."
Disse Edgard, mettendosi a sedere.
Lo desiderava, lo voleva follemente...affondare nel corpo delicato di Ewan, ubriacarsi del suo calore, lasciarsi andare e perdere felicemente il controllo, mormorando quel dolce nome come una litania...
Ma non poteva farlo!...gli sarebbe sembrato di...di far ricordare a Ewan quello che lui desiderava scordasse per sempre.
"Perché?"
Gli chiese, abbracciandolo da dietro e poggiandogli il viso sulla schiena.
"Ewan, per favore, non chiedermi--"
"Visto che mi riguarda dovete dirmelo...e dovete essere sincero. Io con voi lo sarò sempre, lo prometto."


Restò i silenzio, attendendo una risposta, accarezzando con il proprio respiro la pelle del suo padrone.
Del suo amante.
Lo sentì sospirare, e poi il duca soddisfece la sua curiosità.
"E' perché...perché dopo quello che ti ha fatto mio fratello, io...desiderarti in quel modo mi sembra in qualche modo...ingiusto. Mi sembra di essere tale e quale a lui. Di mancarti di rispetto nella stessa maniera. Capisci?"

Ewan sentì qualcosa chiudergli la gola, pizzicargli gli occhi. Deglutì e sperò che la voce non gli tremasse.
"Capisco che allora vostro fratello ha avuto ragione nel dire che non mi avreste più voluto..."
Strinse le labbra tra i denti senza terminare la frase.


"No! No, cosa dici!"
Edgard si voltò subito verso di lui, la voce venata di panico, mentre mentalmente si insultava come non aveva mai fatto prima. Lo prese per le spalle e lo costrinse a guardarlo in viso.
"Io ho paura di farti male, di comportarmi come lui, di somigliare a lui! Ma ti voglio, non puoi immaginare quanto! Devi credermi, è la verità."
Ewan sorrise, e con le dita sfiorò le labbra di Edgard, schiudendole.
"Vi credo. E vi ho già detto che non somigliate per niente a Thomas. Non gli somiglierete mai. Non dovete paragonare ciò che mi ha fatto lui con il vostro desiderio, perché noi ci amiamo...ed è proprio per questo che io non ho paura...cioè, in verità ne ho, è vero, ma è molto più grande la mia fiducia; so di potermi abbandonare a voi, che non mi fareste mai del male...per favore..."
Si sporse per baciarlo sulla bocca.
"Per favore..."
Scese sul collo, dove sentì una vena palpitare sotto le proprie labbra;
"Per favore..."
Disse di nuovo.
Scese sul petto, incontrando il proprio sapore sulla pelle di Edgard.
"Per favore..."
Ripeté ancora.
Andò giù, con le mani sui suoi fianchi, fino a trovarsi davanti la sua erezione, la prova che le parole dette prima erano state sincere. Lo baciò anche lì, coprendolo poi con tutta la propria bocca, accarezzandolo con la propria lingua, sentendo l'eccitazione nascere di nuovo anche dentro se stesso.


Edgard gli prese la testa, scostandolo da sé, tirandolo verso la propria bocca per baciarlo selvaggiamente.
Pazzo, se avesse continuato lo avrebbe fatto svuotare nel giro di pochi secondi e lui non voleva che andasse così, avrebbe rovinato qualcosa di prezioso...doveva calmarsi, perché poi tutto fosse perfetto.
"Va bene."
Ansimò, con il viso e gli occhi accesi, lisciandogli all'indietro i capelli sudati. Gli poggiò il viso nell'incavo della spalla, facendogli scivolare la braccia attorno alla vita.
"Fammi solo restare così per un po'...solo qualche minuto..."
"Sì."
Rispose Ewan, chiudendo gli occhi e sorridendo in un modo che era tenero e malizioso assieme...aveva vinto.


Respirare con calma...pensare ad altro...rilassarsi, contare i battiti del proprio cuore.
Aprì gli occhi, gli accarezzò la testa, seguì con le dita la sua colonna vertebrale...
...tutto perfetto...
Sciolse l'abbraccio e si diresse verso il bordo del letto.
"Aspetta un momento."
Disse, scendendo.


Ewan lo guardò dirigersi verso la nicchia nella parete e cercare qualcosa; intanto sentiva il proprio cuore a mille e capì di avere anche lui bisogno di calmarsi. Guardò la coperta sotto di sé, ormai stropicciata, e si mise a piegarla ordinatamente verso i piedi del letto, sia per tenersi occupato, sia perché così avrebbero potuto coprirsi più comodamente, dopo...
Edgard tornò da lui, portando con sé un'ampolla che egli riconobbe: era quella che aveva dato loro Adelius, quella di olio di calendula.
Il duca sedette appoggiandosi alla spalliera del letto, lasciando a Ewan spazio per sedersi tra le sue gambe.
"Vieni qui, appoggia la schiena al mio petto."


Lui obbedì, accomodandosi come gli era stato detto, e sentì l'erezione dell'altro premergli contro.
"Farò piano..ma se ti faccio male dimmelo subito."
Edgard si versò una generosa dose di unguento nella destra, e infilando poi la mano tra i glutei  di Ewan, cercando la sua piccola apertura.
Infilò prima il medio, fermandosi per qualche secondo dopo aver introdotto la punta, e poi entrando completamente, massaggiando lentamente; Ewan sospirò e alzò un braccio, portandoglielo dietro la nuca e accarezzandogli i capelli.
Lui aggiunse l'indice, scivolando dentro con relativa facilità, flettendo e divaricando le dita per ammorbidire, abituare i muscoli; Ewan gemette e si tese, ma la sua mano continuava normalmente a carezzarlo, e aprì la bocca cercando la sua, che gli concesse immediatamente.
Fu in mezzo al bacio che provò ad introdurre un terzo dito, ma al solo provare della punta lo sentì singhiozzare e fremere, e non poteva ingannarsi, seppe che quella volta gli aveva fatto male; fece per ritrarsi, ma fu Ewan a spingersi contro di lui, terminando la penetrazione con un sommesso lamento ed una lacrima che sfuggiva alle palpebre serrate.
Edgard si allarmò, deciso a smettere, ma l'altro gli tenne la mano dov'era usando la propria e aprì gli occhi lucidi.
"...va tutto bene...continuate."
"Ma stai piangendo."
"Piango perché sono felice. Prima mi avete detto di non farlo, ma ora concedetemelo."
Spiegò sorridendo.


Fece come Ewan gli aveva chiesto: continuò a massaggiarlo, divaricando un po' alla volta le dita, allentando la stretta dell'anello di muscoli; man mano vedeva l'espressione sul viso del ragazzo cambiare, lo sentiva strofinarsi contro di lui, accompagnando.
Arrivati a quel punto nessuno dei due poteva più aspettare oltre: Edgard ritrasse le dita e si spostò, facendo adagiare l'altro sui cuscini; prese di nuovo la boccetta della calendula e la porse a Ewan.
"Vuoi farlo tu?"
Gli chiese.


Rispose sì, sentendosi ebbro, quasi incapace di riconoscersi in quella creatura che aveva perso la propria timidezza. Edgard si mise tra le sue gambe aperte e gli versò nel palmo un po' d'olio; il profumo dell'unguento gli arrivò alle narici, in un modo tale che Ewan seppe con certezza che per il resto della vita avrebbe associato quella fragranza al sesso: allungò la mano verso il membro di Edgard e lo accarezzò, lo strinse, frizionandolo con un movimento lento, fluido.
"Basta così."
Disse Edgard, fermandolo; la mano di Ewan scivolò via obbedientemente andando a poggiarsi sul petto che si alzava e abbassava in respiri veloci.
Il duca gli alzò il bacino, separò le natiche appoggiandosi alla sua apertura, premendo, usando tutta la delicatezza possibile.
Lo sentì cedere poco a poco, mentre scivolava lentamente dentro, i muscoli si schiudevano, accogliendolo, e poi tornavano a chiudersi, stretti, bollenti, intorno di lui. Ewan si teneva alle sue spalle, teso, respirava forte; faceva un po' male, ma non poi tanto, perché Edgard lo aveva preparato e lubrificato a sufficienza, e continuarono a tirarsi l'uno all'altro.
Entrò completamente e rimase immobile fino a quando non vide il ragazzo sotto di lui rilassarsi un po', dando segno di essersi abituato all'intrusione; allora ricominciò a muoversi, tirandosi indietro e affondando di nuovo. Il piacere lo travolse e lo trascinò via come la risacca, stordendolo per un momento; Ewan, aggrappato a lui, gli stava incontrollatamente piantando le unghie nella schiena. Ripeté il movimento, ancora e ancora, sentendo di stare perdendo il controllo...cercò di andare lentamente, perché voleva che tutto durasse il più a lungo possibile; era difficile negare, placare, quello che i suoi sensi sconvolti reclamavano.
"Sei davvero mio, ora...mio in ogni senso...nel senso più importante."
Guardava il viso di Ewan, rosso e trasfigurato dal piacere, lo sentiva muoversi e spingersi verso di lui in sincrono con i suoi movimenti, singhiozzando, gemendo, chiamandolo per nome, non più padrone, né signore. 
"...n-non ti fermare! Baciami, per favore!...quanto...quanto ho desiderato tutto questo!"


Edgard si chinò sulla sua bocca, riempendola di un bacio che aveva lo stesso ritmo dei loro corpi uniti, scorrendogli le mani sul petto, sulle spalle, mentre Ewan gli stringeva la testa fra le mani.
Il suo affondare e ritrarsi si fece più vigoroso, più veloce; mancava poco, ormai, lo sentivano tutti e due: Edgard nel corpo teso di Ewan...
Ewan nel contrarsi di Edgard dentro di lui...
L'idea di stare per venire entrambi, regalandosi reciprocamente un piacere che erano stati sul punto di negarsi, diede loro la spinta decisiva verso l'orgasmo: Ewan soffocò un grido, emettendo  però un verso strano, sensuale, dal fondo della gola e si inarcò violentemente, spargendo sperma sul ventre di Edgard e poi ricadendo languido tra le coltri...
E Edgard, un paio di secondi dopo sprofondò la volta decisiva, liberandosi in lui con un respiro rumoroso,  ansimante. Rimase immobile per un po', bevendosi il viso meravigliosamente sconvolto del suo innamorato, scostandogli i capelli e riempiendolo di piccoli baci lievi, e poi uscì, ancora semirigido, sdraiandosi di nuovo vicino a lui.
Per qualche minuto nessuno dei due parlò, mentre placavano il respiro...il sudore si stava asciugando sui loro corpi accaldati, facendoli rabbrividire; Edgard prese la coperta e coprì entrambi, attirando a sé Ewan, che docilmente si annidò fra le sue braccia. Capelli biondi e capelli neri si mescolarono sul cuscino.
Il sonno si stava impadronendo di loro e opporre resistenza sarebbe stato inutile...e poi perché mai avrebbero dovuto? Era bello addormentarsi assieme dopo aver fatto l'amore, nella penombra tremula del camino.
  "Buonanotte, aingeal."
"Buonanotte, mio...amore."
Augurò Ewan, insinuando una mano in quella di Edgard.

******

Al suo addormentarsi nella vita passata coincise il uso risveglio nel presente.
Matthias tornò padrone di sé e sbatté gli occhi qualche volta per schiarirsi la vista; non riusciva ad impedirsi di sorridere, commosso...finalmente!
Finalmente lo aveva ricordato! Finalmente Edgard e Ewan erano riusciti ad essere felici dimenticando dubbi, paure e ombre. Si alzò in piedi appoggiandosi al lavandino e diede un'occhiata all'orologio: sembrava essere passato solo un quarto d'ora, non era ancora la mezza.
Basta con quella stupida festa, sarebbe tornato subito a casa, avrebbe strappato il libro di mano a Keith se lo avesse visto a leggere, lo avrebbe buttato giù dal letto se lo avesse trovato a dormire...o meglio, no, lo avrebbe tenuto a letto ma lo avrebbe svegliato in maniera molto particolare senza dargli nemmeno il tempo di rendersi conto di cosa stesse succedendo.
Sì, era proprio quello che avrebbe fatto.  Poi lo sguardo gli cadde verso il basso...
"Oh, merda!"
Esclamò, scoprendo la macchia sui pantaloni, all'altezza dell'inguine...e poi messi puliti proprio quella sera! Cercò di coprire il segno inequivocabile con la felpa, che era abbastanza lunga, per evitare che qualcuno lo vedesse e pensasse che era stato chiuso in bagno a farsi una sega...sarebbe stato decisamente imbarazzante!
Uscì in fretta, tirando fuori di tasca le chiavi della macchina e salutando Andrew ormai mezzo addormentato sul divano, che gli rispose con una specie di grugnito.

***

"Keith, sono arrivato!!!"
Esclamò spalancando la porta di casa e svegliando il gatto, che sobbalzò sul suo cuscino guardandosi intorno allarmato.
Buio e silenzio...era già andato a dormire...beh, allora poteva mettere in atto il suo piano!
Corse nella loro camera e accese la luce, pronto a buttarsi sul suo ignaro ragazzo.
E gelò lì dov'era.
Il letto era vuoto e intatto.
Era uscito, dunque? E a piedi, tra l'altro, visto che la macchina l'aveva prestata a lui.
Era l'una di notte, non era tardissimo, magari era solo andato a farsi un giro perché si annoiava...però non poté fare a meno di sentirsi deluso dal non averlo trovato in casa: aveva una gran voglia di raccontargli tutto, di fare l'amore subito, e rumorosamente...accantonare il progetto fino al suo ritorno sembrava insopportabile.
Si spogliò e fece una doccia veloce, infilandosi nel letto, deciso ad aspettarlo...ma il sonno lo vinse, e dopo mezz'ora crollò addormentato, un sonno pesante e denso che durò qualche ora.
Quando riaprì gli occhi si trovò a fissare una radiosveglia che indicava le cinque del mattino passate da poco, e ad avere accanto un posto ancora vuoto. Ora era preoccupato, e molto.
Poteva essergli successo qualcosa...non era ancora tornato, non aveva telefonato, e non era da lui fare tardi senza avvisare...sentì il cuore accelerare e le mani farsi sudate; stava per accendere l'abat-jour, voleva provare a chiamarlo sul cellulare, cercarlo, essere sicuro che stesse bene...un attimo prima che allungasse un braccio fuori dal plaid sentì rumoreggiare con la serratura di casa. Decise di restare immobile ad aspettare, e qualche minuto dopo la porta della camera si aprì; Keith, scalzo e già spogliato, entrò, facendosi luce con la fiammella di un accendino.
Senza sapere perché Matthias chiuse gli occhi, come se stesse dormendo, e tese l'orecchio per captare i suoi movimenti.


Raggiunse la propria parte del letto e vi si infilò, girandosi un paio di volte alla ricerca della posizione giusta...sospirò stancamente, rimanendo poi immobile nel buio per qualche minuto; a Matthias sembrò di sentirgli mormorare qualcosa, ma non riuscì a distinguere chiaramente.
Stava per rivolgergli la parola quando  Keith si sporse dal suo lato: lo circondò con un braccio e gli baciò un angolo della bocca. Rimase immobile, stretto a lui, mentre il respiro gli si faceva regolare, addormentandosi.
Matthias si voltò su un fianco, verso di lui, alzando nel buio una mano per accarezzarlo alla cieca; non era il momento di chiedersi dove fosse andato, o che avesse fatto; voleva dormire fino a tardi stringendosi a lui... ne avrebbero parlato il giorno dopo.
Di dove era stato Keith.
Di ciò che aveva ricordato lui...di quello era davvero impaziente.
[Sono sicuro che ne sarai felice.]
Pensò, chiudendo gli occhi.

_____________________CONTINUA___________________________


L'ho riletta già una volta e non la rileggo più che sennò mi viene da cancellarla ><...se non si capisce niente è perchè le ultime dieci pagine le ho scritte praticamente tutte di fila senza interruzioni e mi hanno fuso quel poco di cervello che mi ritrovo...
Quando non ne potete più di questa storia fatemi un fischio che la smetto ^^;;;

Grazie per la pazienza!

Kisu

Unmei




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