NOTE: le parti racchiuse
tra i cancelletti ## denotano flashback, parti della storia ambientate nel
passato.
Le parentesi quadre (che si svolgono dopo le tonde, tanto per far felice
il mio ex prof di mateca) indicano invece pensieri, più o meno consci,
dei protagonisti.
Un capitolo tranquillo, rilassato, non capita nulla di speciale ma è un
momento di necessaria quiete tra le tempeste...mica posso sempre farli
penare, poi finisce che mi fanno sciopero...(tanto prossimamente avranno
di che divertirsi, ma è un segreto, non diteglielo!) C&C sempre
apprezzati, graditi et incoraggiati! ^_^
In un paese
d'estate
di Unmei
parte XIII
"Se si decide di peccare, bisogna peccare fino in fondo!"
Aveva detto Magalie prima di ordinare un titanico affogato al doppio
cioccolato sormontato da un tripudio di panna montata. Alla fine lui aveva
deciso di prendere lo stesso; da un paio di secoli non toccava alimenti
umani, ma lo stesso non aveva alcuna voglia di mettersi a leggere la
lista, tanto il cibo, in ogni caso, non gli piaceva; per salvaguardare
quel che restava del proprio onore, però, considerò opportuno evitare la
panna.
Il locale era carino, con i tavoli e le poltroncine stravaganti dall'aria
vagamente liberty; la musica, un sottofondo appena accennato, accompagnava
discorsi e pensieri senza disturbarli. C'era una strana tranquillità, in
quel luogo, come se il tempo vi esitasse, limitandosi a ondeggiarvi
intorno come lembi scossi dalle brezza; un buon posto per andare a sedersi
a far finta che tutto stesse andando bene, che non ci fossero né problemi
né preoccupazioni...probabilmente ognuna delle altre persone lì dentro
aveva i suoi crucci e i suoi segreti, o magari c'era anche qualcuno per
cui davvero la vita era un giardino fiorito, e che si sentiva felice senza
vergognarsi di esserlo, ma in ogni caso, in quel momento, ogni affanno era
rimasto fuori dalla porta.
"Da quanto tempo sei qui?"
"Oh, da sei mesi ormai; mi sembra che i giorni siano davvero volati.
E ci sono ancora un sacco di posti dove sarei voluta andare, ed invece me
ne è mancato il tempo!"
"Tu non sei contenta di tornare a casa."
Le disse semplicemente, guardandola, osservando le sue mani, il suo modo
di muoverle, le unghia smaltate di rosa chiaro.
Lei alzò gli occhi dal bicchiere, stupita, e poi sorrise.
"Fai sempre le tue affermazioni con tanta sicurezza?"
"Quando sono ragionevolmente sicuro della loro veridicità."
"E hai altro da dire, su di me?"
Sì, certo che l'aveva, era anzi estremamente facile leggere dentro di
lei, dentro al groviglio dei suoi pensieri, ricordi ed emozioni, dentro
alla sua confusione, ma si limitò a sfiorare la sua mente, di sfuggita,
interpretando, più che leggendo, ciò che era riuscito ad
afferrare...dopotutto quelle intromissioni nell'interiorità altrui erano
un imperdonabile violazione della privacy, e preferiva evitarle, ogni
volta che era possibile.
"Non eri molto contenta di partire, era la prima volta che te
ne andavi da casa per tanto tempo. Nelle prime settimane sei stata sul
punto di fare i bagagli e tornare indietro, ma poi hai deciso che così
facendo avresti perso la faccia, e sei rimasta. Passato quel primo
momento, non ci hai messo molto ad ambientarti, a fare amicizie e a
prendere nuove abitudini. Adesso ti dispiace lasciare questa tua nuova
libertà...specialmente perché la tua piccola città offre ben poco,
rispetto a Londra. E così stai già pensando di partire ancora, e tornare
qui il prima possibile." Concluse, assaggiando un po' del proprio
dolce. Beh, non male, in fondo...
"È...è una specie di scherzo?"
"Sono serissimo."
Provò a sorseggiare un po' della cioccolata e scoprì che il contrasto
fra il caldo di essa e il freddo del gelato era piacevole. Magalie lo
fissava, tormentando la propria panna montata.
"Non è possibile che tu stia tirando a indovinare! Che cosa sei, uno
di quelle specie di medium? Guarda che io in certe cose non ci
credo!"
"Sono uno spirito celeste di circa duecentoquaranta volte la tua età."
Un veloce batter di ciglia e spalancare d'occhi; la ragazza raddrizzò la
schiena, fece ticchettare le unghie sul tavolino e lo fissò per qualche
lunghissimo istante.
"Questa è...questa è la prima volta che vedo uno spirito
celeste...con i baffi di cioccolata!"
Concluse trionfante, ridacchiando divertita nel vedere Jael portare di
scatto una mano alle labbra, per poi osservarsi la punta delle dita ad
affrettarsi a prendere un tovagliolino di carta.
"Sei un tipo strano...non so come tu abbia fatto, ma hai detto il
vero. Mi piacerebbe riuscire a stupirti nello stesso modo, ma non credo
proprio di esserne in grado."
"Non importa...non mi va di sentir parlare di me. Negli ultimi tempi
non nutro una particolare stima verso la mia persona."
"No?"
"No, nonostante tutto il mio narcisismo."
***
Visto che Jael non si faceva trovare, e che lui non aveva niente da fare,
pensò di potersi permettere di vagabondare un po' per la città.
Beh, ecco...a essere sinceri, di cose da fare ne avrebbe avute parecchie,
non aveva che l'imbarazzo della scelta, ma si sentiva certo che,
deconcentrato com'era, non sarebbe stato capace di compiere un buon
lavoro.
Quel gettare occhiate distratte alle vetrine, però, e osservare la gente,
contribuiva solo ad aumentare il suo disagio: non era abituato a stare da
solo, a non avere nessuno a fianco con cui conversare,
discutere...gli piaceva parlare. Chissà, magari era un difetto...Jael
ogni tanto lo prendeva
in giro, al proposito; una volta, interrompendo un suo lungo e un po'
sconclusionato discorso, aveva imitato la voce di un cronista sportivo,
dicendo: "E nell'angolo blu, Rain, campione imbattuto nello stordire
di chiacchiere l'avversario fino al KO."
Ed aveva riso da solo del proprio giochetto.
Quella volta, francamente, era rimasto stupito: non era il suo solito modo
di scherzare. Di solito le battute di Jael lasciavano nel dubbio tra il
fatto di essere stati presi in giro o di aver frainteso le parole: si
divertiva a offendere con garbo, a gettare l'amo e ad attendere le
reazioni...beffare così esplicitamente non era da lui.
E poi aveva anche aggiunto, forse prendendo il suo meravigliato silenzio
per risentimento:
"Però, se tra noi due c'è uno scemo, non sei tu che parli troppo,
ma io che nonostante ciò ti ascolto sempre."
Quella frase gli aveva fatto più piacere di quanto fosse logico
aspettarsi.
Ed ora...avrebbe voluto sapere cosa poteva aver fatto mutare tanto la
situazione.
All'angolo della strada due ragazzi raccoglievano qualche spicciolo
suonando la chitarra; erano specialmente le ragazze a lasciare qualche
moneta nella custodia vuota aperta ai loro piedi, probabilmente per
premiare più la loro avvenenza che non la loro bravura, e i musicisti
ringraziavano con grandi sorrisi e mezzi inchini, come menestrelli.
Si accorse che, girovagando, era finito a Covent Garden e la zona
pullulava di artisti di strada...per una volta, non si sentiva dell'umore
giusto per trovarsi a proprio agio in mezzo a tanta allegria, e si
allontanò senza prestare attenzione a quanto gli accadeva intorno.
La città era grande, spostarsi per lui non era un problema e certo il
tempo non gli mancava.
***
"Grazie per il gelato, allora."
"Di niente, figurati."
Si stavano separando...lei sarebbe tornata alla sua camera ammobiliata,
probabilmente a finire di preparare la valige, e lui...
Non aveva voglia di stare da solo: con l'unica compagnia di se stesso i
pensieri sarebbero ricominciati. Era riuscito, almeno per un'ora, a
distrarsi, e voleva continuare.
"Hai da fare?"
Le chiese, senza riflettere. Probabilmente lei non si aspettava la
domanda, perché lo guardò stupita prima di scuotere in risposta la sua
testa di treccioline.
"Vuoi fare un giro?"
"Un giro dove?"
"Piccadilly?"
Propose Jael dubbiosamente, e Magalie gli si affiancò, mettendoglisi a
braccetto con una confidenza non del tutto inaspettata.
"Piccadilly, dici? O forse intendi Albany?"
"Che c'entra?"
"Hai l'aspetto del giovane scapolo alla moda...non è che vivi lì?"
"No, nemmeno io sono di Londra" - rispose tranquillamente lui, e
solo dopo si rese conto di cosa avesse voluto intendere la ragazza: -
"Guarda che non ci sto provando!"
"Davvero?" - si intuiva nella voce sia il divertimento che una
punta, appena un po', di delusione - "Beh, andiamo, mi fido! A
proposito, lo sai che anche Byron abitò ad Albany?"
"Ecco, lui ci avrebbe provato." Assicurò Jael.
"Ed io ci sarei stata!"
Dichiarò la ragazza, allegra.
***
Chissà perché poi era entrato in un negozio di giocattoli...forse solo
per la sua aria così particolare, vecchiotta, che non aveva nulla a che
vedere con bambole bionde dalla misure di fotomodelle, videogiochi e auto
telecomandate.
Era traboccante giocattoli di latta, a molla, di legno, orsacchiotti,
piccoli teatri per burattini...
Si fermò un quarto d'ora, accucciato, a osservare una casa di bambola,
impressionante nella sua precisione e accuratezza; allungò un dito per
sfiorare con delicatezza una minuscola sedia a dondolo di velluto rosso,
con un altrettanto minuscola coperta di pizzo che ricopriva lo schienale .
"Bello."
Disse a mezza voce.
"Grazie."
Rispose qualcuno alle sue spalle.
Si voltò, per incontrare lo sguardo del padrone del negozio, un uomo con
capelli grigi, occhiali e giacca di velluto a coste verde scuro.
"Non capitano poi molti giovanotti della tua età, qui dentro. Spesso
genitori che vogliono fare un regalo diverso dal solito ai figli, o nonni
che ci portano i nipotini, e comprano loro costruzioni di legno e bambole
di stoffa, forse più per immergersi nei loro ricordi che per altro...ma
di visi della tua generazione ne vedo davvero pochi."
Rain sorrise e si alzò in piedi.
"Non le spiace se continuo a dare un'occhiata in giro?"
"Prego. E se ti interessano i soldatini di piombo, li trovi al piano
di sopra."
***
Magalie interruppe la loro chiacchierata, più che altro quasi un suo
monologo, per proporre la meta ventura della loro passeggiata.
"Visto che siamo da queste parti, dopo potremmo anche andare a
Pickering... O altrimenti fino a Trafalgar, a dar da mangiare ai
piccioni. Cosa preferisci?"
"I piccioni no di certo. Andiamo ai giardini di Kew."
"Ma è lontano di qua!"
"C'è la metropolitana. E i pullman. E i taxi. Anche l'autostop,
volendo."
"Il teletrasporto no?"
"Sì, potremmo usare quello, ma non fa molto bene a voi esseri
umani."
Magalie puntò una mano su un fianco e lo guardò ironicamente.
Per Jael c'era qualcosa di straordinariamente divertente nel poter essere
così sincero senza correre il rischio di essere preso sul serio.
***
"ENTRATE A VOSTRO PERICOLO"
Recitava la scritta sopra l'ingresso del Dungeon. Per qualche litro di
sangue finto e un po' di automi malfunzionanti la presentazione era
secondo lui eccessiva...
Eccessive erano probabilmente anche le quasi nove sterline del
biglietto...ma alla fine Rain si mise in coda, in attesa del proprio turno
per entrare nel sotterraneo.
******
Il cielo aveva cominciato a tingersi dei colori del crepuscolo e si era
alzato un po' di vento; il traghetto navigava lento sul Tamigi, e nel
panorama che aveva davanti distingueva chiaramente la cattedrale di
St.Paul. E così la giornata stava finendo... quella giornata solitaria,
che non era andata per niente come aveva previsto, o meglio, come aveva
sperato.
"Mi stai lasciando veramente?"
Mormorò, così piano che non si sentì nemmeno lui.
Se così era, avrebbe preferito che glielo dicesse chiaramente: se per
qualche motivo voleva distruggere ciò che era sempre stato, forse non
poteva fare nulla per impedirlo, per legarlo forzatamente a sé...però
Jael avrebbe dovuto spiegargli che aveva fatto di male lui per meritare un
trattamento simile.
Il battello era quasi vuoto, e Rain si era scelto accuratamente l'angolo
più isolato; gli arrivavano di tanto in tanto frammenti di conversazioni,
due voci maschili, mature, che preoccupate discutevano di questioni di
lavoro, sindacati, licenziamenti...voci molto giovani e femminili,
chiacchieravano di un regalo da comprare per un imminente compleanno,
vagliando le poche idee in merito, come fosse stata questione di vita o di
morte...che abisso separava i problemi dei due uomini da quello delle
ragazzine.
"Ciao."
La voce alle sue spalle non lo colse di sorpresa: questa volta aveva
percepito l'aura comparire, avvicinarsi fino a sfiorare la sua. Gli sembrò
che quel contatto così familiare rimettesse tutto a posto, almeno un po',
che la sensazione di disagio per un breve attimo si sopisse, giusto quanto
bastava per un rapido, appena accennato, sorriso rivolto al fiume, prima
di rispondere, seccamente, senza alcuna traccia di simpatia.
"Alla buon ora."
"E' il tuo modo di salutarmi?"
Jael gli si affianco, e Rain non rispose; lo guardò con la coda
dell'occhio e decise che non voleva sapere se la treccia che gli cadeva
morbida sulla schiena se l'era fatta da solo, oppure...
sprofondò ancora di più le mani nelle tasche del giubbotto e continuò a
guardare il Tamigi, mentre il suo viso mostrava un miscuglio di emozioni
che non riusciva a gestire del tutto. Era irritato con Jael, deluso dal
suo comportamento, e...sì, geloso, poteva anche ammetterlo, sebbene fosse
parecchio fastidioso.
Il cercare di mantenere un atteggiamento noncurante, poi, non gli stava
riuscendo per niente, e ciò contribuiva a seccarlo maggiormente,
imbronciandogli le labbra e aggrotandogli le sopracciglia come ad un
bambino indispettito. Il vento gli scompigliava i capelli, mandandogli le
ciocche più lunghe negli occhi, e di tanto in tanto gettava nervosamente
indietro la testa per liberarsene.
Jael alzò gli occhi.
"Guarda quelle nuvole...tra poco pioverà."
"Qui piove quasi tutti i giorni."
Oh, per l'amor del cielo...stavano parlando del tempo! Del tempo!! Avrebbe
desiderato dargli un pugno: almeno a quello avrebbe reagito.
Forse.
***
Strano; non era da Rain dare risposte composte solo da dieci sillabe; a
quanto pareva aveva poca voglia di far conversazione. Sembrava offeso
...se davvero era così, forse non aveva tutti i torti ad esserlo.
"C'è qualcosa che non va?"
"Va tutto fin troppo bene." Disse seccamente, e poi di nuovo
rimase zitto, continuando a guardare il fiume.
"E' perché me ne sono andato?"
Chiese Jael dopo un po'. Si augurava che non fosse così, per più di un
motivo, e soprattutto perché ciò gli avrebbe permesso di scaricarsi la
coscienza, ...ma poteva davvero essersela presa così tanto a male?
Sarebbe stata una reazione eccessiva, sciocca e puerile...
"No, e comunque non sono affari tuoi."
...appunto.
Insistere o lasciar perdere? C'era qualcosa che Rain gli stava
nascondendo, lo aveva capito chiaramente, e continuava a farlo anche in
quel momento...
Ma non si poteva certo dire che lui si stesse comportando correttamente,
tacendo, ingannandolo, tradendo la sua fiducia. Che ne era stato di tutta
la sincerità che c'era sempre stata fra loro?
Morta per colpa sua? Uccisa dalla sua avidità?
"Scusami."
Disse, con voce chiara e mesta. Rain non poteva sapere a cosa si stesse
riferendo in realtà, che non stava chiedendo perdono solo per essersene
andato per conto proprio quando sarebbero dovuti rimanere insieme.
Stava domandando scusa per la propria freddezza e reticenza; perché
nonostante avesse capito di stare comportandosi spregevolmente non
riusciva a rinunciare alle proprie ambizioni.
Scusami...avrebbe dovuto ripetere quella parola almeno mille volte, solo
per avvicinarsi alla minima parte dell'enormità per la quale stava
chiedendo assoluzione.
***
Scusami?
Aveva udito quella parola uscire dalla bocca di Jael ben poche volte nella
loro esistenza...ed era stata quasi sempre pronunciata più per
convenzione o buona grazia che per altro. Invece questa volta sembrava così
...sentita, genuina. Quasi umile.
Jael?
Umile?
L'universo stava impazzendo, probabilmente.
Annui, mugugnando una risposta inintelligibile, e vincendo la propria
esitazione gli rivolse la domanda che avrebbe voluto porgli nello stesso
istante in cui era tornato da lui.
"Senti..."
Si sentiva ridicolo a chiedere una cosa del genere, eppure non poteva
farne a meno.
"...tu e quella...che cosa avete fatto?"
Non sembrò stupito o disturbato dalla domanda; scosse brevemente le
spalle e si appoggiò al parapetto.
"Siamo andati a passeggio, niente di speciale."
"E lei che tipo è?"
"Un'umana un po' triste, un po' felice, che parla quasi quanto
te...quasi quanto te quando sei di buon umore, per essere più
precisi."
Rain si liberò ancora il viso dai capelli e non ricambiò il
sorriso che gli venne rivolto.
"Sono stato in giro anche io. Ho anche provato a cercarti, ma m'è
sembrato che non volessi farti trovare. Forse eri troppo occupato."
"Dove sei stato?"
Ignorò l'ultima constatazione, espressa con tono sarcastico, sperando di
riuscire a spostare la discussione su altri argomenti.
"Oh, di qua e di là, da un negozio di vecchi giocattoli ad una
visita guidata che era l'apoteosi dello splatter e dell'inesattezza
storica."
"E non ti è piaciuta?"
Non gli sfuggì l'inflessione lievemente canzonatoria con cui Jael gli
aveva posto la domanda, e la cosa finì con il farlo arrabbiare del tutto.
Non capiva quando era il caso di scherzare e quando no?
Oh, sì, ora sì che moriva sul serio dalla voglia di picchiarlo...non
poteva veramente essersi innamorato di un tipo simile! Nessun con un po'
di buon senso lo avrebbe fatto! Si stava ingannando, si era solo confuso!
Strinse i pugni nelle tasche per sfogare un po' dell'energia che li
riempiva, e si voltò di scatto verso Jael, pronto a dirgli in faccia
quello che pensava di lui.
Egoista!
Stupido!
Cieco!
Ma le parole gli si bloccarono quando vide il viso sorridente dell'altro,
su cui non c'era più traccia di ironia.
"Non intendevo prenderti in giro."
Gli disse dolcemente.
"No?"
Il vento continuava a soffiare, a scompigliargli i capelli, e lui aveva un
bel gettare la testa indietro per scostarli dal viso.
"No."
Jael, rispondendogli, allungò una mano verso di lui, gli sfiorò il viso,
raccogliendo le ciocche che svolazzavano, e delicatamente gliele portò
dietro un orecchio, pettinandole con la punta delle dita.
"Non avresti fatto prima così?"
Come se non fosse mai cambiato nulla, come se niente stesse andando
male...quel calore, tanto vicino, tanto piacevole. Poteva solo perdere,
contro quel calore...altro che pugni, altro che confusione... il benessere
che aveva provato nel vedere quel sorriso e nel sentire la mano che lo
toccava era abbastanza da togliergli ogni dubbio residuo che poteva
essergli rimasto.
Alzò una mano e prese quella di Jael prima che l'allontanasse e la
strinse nella sua.
"Rain?"
La voce interrogativa, stupita, lo raggiunse appena, mentre gli si
avvicinava, tanto come non aveva mai fatto, finché sentì il suo sottile
profumo ambrato avvolgerlo.
Stava per commettere uno sbaglio, se ne rendeva conto benissimo...
Un errore irreparabile, che chissà a cosa avrebbe portato...
A un disastro, forse, oppure...oppure...
Chiuse la poca distanza che era rimasta fra loro e lo baciò.
Le sue labbra....non credeva che fossero così incantevolmente morbide, e
tiepide. Chissà perché, se le era immaginate fredde e rigide, ed invece
erano un piccolo paradiso di calore nel quale si sarebbe volentieri
perduto, felice del proprio smarrimento.
Sarebbe stato bello lasciar cadere i muri con i quali aveva nascosto i
propri sentimenti, perché l'altro non li captasse, e avvolgerlo
nell'amore che provava per lui e rimanere lì nell'imbrunire, con il
quieto rumore dell'acqua come sottofondo, e il leggero odore d'ozono
dell'aria.
Ma tanto erano morbide, quelle labbra, tanto erano indifferenti,
impassibili. Non si mossero, non si schiusero, non gli risposero;
pazientemente lasciarono che lui facesse il suo tentativo, ma senza dargli
di che sperare; aprì gli occhi e gli si ghiacciò il cuore nel vedere lo
sguardo dell'altro, così distaccato e indifferente.
Si staccò da lui, lasciò anche la sua mano, accorgendosi di riuscire a
malapena a sostenere la situazione:
il viso di Jael non esprimeva nulla: né imbarazzo né fastidio, non vi
era alcun rossore, né di rabbia né di stupore o turbamento, come se quel
bacio non fosse mai avvenuto...o come se per lui fosse stato completamente
insignificante.
E quanto faceva male, vedere quella non-espressione: sarebbe stato molto
più facile accettare una smorfia disgustata, o uno sguardo furente,
piuttosto che quell'imperturbabilità.
"Perché?"
Chiese pacatamente Jael, con voce bassa, ma liscia, senza una piega, senza
un tentennamento.
Rain ridacchiò e scosse la testa. Perché, gli chiedeva! A che livello di
idiozia, ottusaggine o semplicemente di insensibilità era capace di
arrivare?
"Non c'è nemmeno gusto a farti uno scherzo, se questo è il
tuo modo di reagire."
Replicò, forzandosi a dare un tono beffardo alle proprie parole, e si
affrettò a scomparire prima che il ghigno gli si dissolvesse dalla
faccia.
"Non hai capito quello che ti stavo chiedendo."
Mormorò Jael, rivolto al niente, ormai.
******
[NO!!]
Nel pieno di quella che sarebbe dovuta essere una notte tranquilla,
Matthias si svegliò di botto, sudato e spaventato, completamente senza
fiato. Sentiva il battito veloce del proprio cuore martellargli le tempie,
e la gola così serrata che gli ci volle qualche secondo per riuscire a
respirare di nuovo.
Un incubo?
Sì, forse...ma non riusciva a ricordare: aveva addosso una sensazione di
buio e debolezza, nessuna immagine, nessun suono, niente che potesse
giustificare quel panico.
Accese l'abat-jour e la sua luce, seppure smorzata, gli ferì gli occhi;
rivolse lo sguardo a Keith, che dormiva pacificamente al suo fianco,
tranquillo come se non avesse un pensiero al mondo.
Meglio così.
Chissà se quel suo brutto sogno, o meglio, quella brutta sensazione, era
legata ai ricordi del passato, a qualche fatto che non era ancora riemerso
dalla sua memoria.
Forse non c'entrava proprio nulla, forse era solo frutto della carne
bourguignonne che avevano mangiato quella sera al ristorante...
Ma era troppo stanco, sentiva già gli occhi che si richiudevano e non
aveva voglia di pensarci, così, sbadigliando, spense la luce e si infilò
di nuovo sotto le lenzuola; gli ci vollero solo un paio di minuti per
addormentarsi ancora, serenamente.
******
...Quel pomeriggio l'ultima persona che Magalie pensava di poter
incontrare sotto casa era quel ragazzo un po' strano e coi capelli lunghi
con il quale aveva passato la giornata il dì precedente. E tra l'altro
sembrava che stesse aspettando proprio lei; appoggiato alla buca della
posta proprio di fronte all'entrata del suo palazzo, pantaloni neri e
camicia viola, pallido e biondo com'era, attirava una certa dose di
attenzione.
"Ciao! Sei da queste parti per caso o stavi cercando me?"
Gli aveva chiesto, fermandosi davanti a lui
"Mi chiedevo se oggi avevi da fare. Se non sei troppo impegnata con i
preparativi per la partenza, avresti voglia di passare qualche ora con
me?"
Quella era la sua tipica fortuna...quando incontrare un ragazzo del
genere, se non all'antivigilia della partenza?
"Mi piacerebbe fare un giro a Portobello. Andiamo insieme,
allora?"...
E fu così che si ritrovarono a passeggiare e curiosare tra un variopinto
mare di bancarelle, in mezzo ad una folla altrettanto colorata.
Le cose si erano fatte ancora più complicate...Jael sentiva il bisogno di
non pensare ancor più del giorno precedente, di cancellare dalla testa ciò
che era avvenuto sul battello: dopo che Rain se ne era andato, lui non lo
aveva raggiunto: non credeva fosse il caso di avere a che fare con lui,
almeno per qualche giorno.
Di male in peggio...
Chissà perché gli si parò prepotentemente nella mente l'immagine di
Lariel, e dei suoi occhi grigi e inespressivi, freddi ...Lariel, che tra i
Sommi era il più importante, il più sapiente... che, come tutti
sapevano, non aveva esitato a sacrificare immediatamente il proprio
compagno, quando questi non riuscì a mantenere il suo passo.
Lariel, che una volta gli aveva detto 'Sono ben pochi quelli che riescono
a salire il livello dei Sommi, ma tu ci puoi riuscire, perché sei simile
a me, Jael.'
Si fermò a guardare la propria immagine riflessa in un vecchio specchio
macchiato. Simile a lui?
Cercò nel proprio viso un'emozione che lo differenziasse
dell'inespressività di Lariel, ma per un istante il pezzo di vetro che
aveva davanti gli rimandò un'immagine che sembrava quella di uno
sconosciuto: non si riconobbe in quella maschera vuota, che quasi gli mise
i brividi.
Forse era già troppo tardi...
Troppo tardi per cosa?
La sgradevole sensazione scomparve d'improvviso, e si sentì di nuovo se
stesso, il volto gli tornò familiare, seppur aleggiato da un'espressione
vagamente scettica.
"Ehi, Narciso, guarda lì!"
Esclamò Magalie, tirandolo per un braccio poco più avanti, sempre alla
stessa bancarella.
Per la maggior parte la merce esposta era ciarpame: imitazioni e
falsi spudorati, ma c'era anche qualche inaspettata e piacevole
eccezione...purtroppo per lui, il cappello che la ragazza gli aveva messo
in testa rientrava nella categoria dello svergognatamente fasullo: a
cercare bene all'interno, avrebbe sicuramente trovato l'etichetta con su
scritto 'made in Taiwan". Nonostante ciò Magalie sembrava
assolutamente deliziata nel vederlo indossare quella specie di imitazione
di berretto da ufficiale nazista della seconda guerra mondiale.
Lui lanciò uno sguardo perplesso allo specchio davanti a cui si era
fermato poco prima. Mah...
"Caspita, è fatto apposta per te! Stai benissimo! Non so, sarà
perché hai un aspetto molto..."- sventolò la mano alla ricerca del
termine giusto - ariano!"
"Ariano?"
Mentre Magalie continuava entusiasta ad esaminare la merce in vendita lui
si guardò ancora nello specchio, sempre più convinto del fatto che se
gli umani erano strani, le umane li battevano di molte lunghezze.
"Guarda che bella!"
Gli toccò una spalla per richiamare la sua attenzione, indicandogli poi
una scatoletta d'argento, rotonda e un po' ammaccata, con un bel fregio di
rose lungo i bordi e due figure a sbalzo ritratte sul coperchio.
Pareva molto vecchia ed avrebbe avuto bisogno di una lucidata...dalla
grandezza avrebbe dovuto essere un portacipria...allungò una mano e la
prese per esaminarla.
"Sì, è bella...ed è anche originale, della metà del secolo
scorso."
"Visto che alla tua ragazza piace, perché non la compri e le fai un
bel regalo, giovanotto?"
Era stato il proprietario a intromettersi, mentre si divideva tra un
potenziale cliente e l'altro, ma con l'orecchio prodigiosamente teso verso
ogni parola che gli veniva pronunciata attorno.
"Ah, io non sono la sua r-..."
"Prendo anche il cappello."
Disse Jael, tendendo al venditore i due oggetti.
Magalie alzò uno sguardo spalancato verso il suo accompagnatore, che
intanto infilò la mano in una tasca vuota per poi tirarne fuori un
piccolo rotolo di sterline. (in qualche parte di Londra, nello stesso
momento, il Primo Ministro di Sua Maestà si trovò misteriosamente con il
portafogli vuoto).
"Questi dovrebbero bastare, vero? Tenga il resto."
E preso il sacchetto con la loro roba, si allontanò con la ragazza,
sentendo però distintamente il commerciante salutarlo calorosamente e
invitarlo a 'tornare a trovarlo'.
"Non era il caso, sai?"
"Avevo un debito con te."
"Se ti riferisci a ieri, hai speso certo molto di più tu per
questo regalo che io per un gelato."
"Non parlavo di quello, e comunque i soldi per me non sono un
problema."
"Sei ricco?"
"No, per niente."
Lei lo fissò di nuovo, poi lo prese di nuovo sottobraccio.
"Che tipo assurdo!"
***
I freddi goccioloni di pioggia si stavano facendo più fitti, e dovettero
fare una corsa per andare a ripararsi sotto il portone del palazzo dove
Magalie aveva la sua camera in affitto.
"Guarda, appena in tempo!"
Disse lei, mentre la pioggia, improvvisamente, cominciò a venir giù
violentemente. Si appoggiò ad una colonna, incrociando le braccia dietro
la schiena.
"Il mio aereo è domattina, alle undici...per cui questo è un addio,
vero?"
"Già. Non penso ci incontreremo ancora...anche se ne avrei bisogno:
tu riesci a distrarmi."
"A distrarti da che?"
Jael scosse le spalle e non disse nulla, come se quel gesto da solo
costituisse una risposta, e Magalie aveva abbastanza intuito da capire
quando non era il caso di continuare con le domande; così semplicemente
gli si avvicinò, tendendogli una mano.
"Sono stata felice di conoscerti."
"Anche io."
Le strinse la mano leggermente abbronzata, e lo sguardo gli cadde su quel
polso femminile, sui sottili braccialetti che lo ornavano...così tanti,
persino troppi. Riempivano sia quello destro, che quello sinistro. Già,
lo aveva detto...una ragazza un po' triste, un po' felice...solo che
nessuno si era mai accorto di fino a che punto fosse triste.
Un gesto delicato, ma deciso, le voltò il polso, e con la mano libera
scostò gli ornamenti d'argento, madreperla e oro bianco, scoprendo le
pallide cicatrici al di sotto.
"E' il modo più triste di ammettere la sconfitta...ma a volte anche
l'unica via per guarire dal dolore."
Disse, seguendone le linee con l'indice.
Quasi non si stupì, anzi, in un certo senso, se lo aspettava.
"Sono passati tre anni, ormai...non vuoi farmi la predica,
vero?"
"Chi si permette di sputare sentenze su qualcosa di simile è uno
stupido. Io ti auguro soltanto di non sentirti mai più così."
"E' quanto di meglio mi sia mai stato detto in proposito."
***
Jael non riuscì a spiegarsi cosa gli prese in quel momento. Forse fu il
tono in cui lei gli parlò, o forse fu l'improvvisa sensazione
di...vicinanza... avrebbe voluto farle delle domande, avrebbe voluto
chiederle un sacco di cose, non su di lei, ma su se stesso, perché, lo
sapeva, stava correndo il rischio di perdersi di vista, di venire
risucchiato dalla proprie aspirazioni e vanità.
Poteva anche essere disposto a sacrificare tutto per esse, ma se poi la
realtà non fosse stata all'altezza dei suoi desideri? A volte è meglio
che i sogni restino tali, per evitare brutte delusioni...ma solo a volte.
Lui...aveva bisogno di capire. Di capirsi...e aveva la sensazione che lei
sarebbe riuscita ad aiutarlo, anche inconsapevolmente, a trovare una
risposta.
Fu probabilmente per quello che si chinò verso di lei, e la baciò.
Sapore di lucidalabbra alla ciliegia, di caramella alla menta.
Profumo dolce di mughetto, leggero leggero.
Solo un po' di felicità...se avesse potuto regalarla a lei, e magari
tenerne un po' anche per sé...
Troppo tardi per tornare indietro?
Sì.
Probabilmente sì.
***
"Beh, io...wow."
Fu ciò che lei disse quando si divisero, con le guance un po' arrossate e
un sorriso imbarazzato.
"Se sei arrabbiata per quello che ho fatto, io--"
"No, no, anzi...mi hai solo colta di sorpresa, ecco."
"Se è per questo, ho colto di sorpresa anche me stesso."
"Possiamo dire che questo è stato il nostro ultimo saluto,
giusto?"
"Giusto."
Si erano già voltati le spalle, e lei aveva già aperto il portone,
quando con un brivido, improvvisamente, si voltò.
"Aspetta!"
Jael si fermò, proprio ad un passo dal tornare sotto la pioggia e si girò
verso la ragazza.
"Sei senza ombrello, ti bagnerai."
"Sì, ma non credo che prenderò il raffreddore. Non ti
preoccupare."
"Però..." - guardò verso l'atrio e poi di nuovo verso di lui -
"Se vuoi puoi salire da me, almeno fino a che non smette di
piovere."
"Da te?"
Come a sottolineare quanto fosse preferibile una stanza asciutta ai fiumi
d'acqua che scendevano dal cielo, la pioggia cominciò a scrosciare con
ancora più violenza.
"Forse hai qualcuno che ti aspetta?"
Chiese lei, e si sentì quasi sciocca per la proposta che aveva appena
fatto.
Nella propria mente Jael ebbe una fugace, inspiegabile, visione di capelli
color rosso scuro, ma durò solo una frazione di secondo.
Sorrise, e si rese conto che era il primo sorriso che rivolgeva a quella
ragazza.
"No, non mi aspetta nessuno."
Tornò verso di lei ed entrarono insieme, e la porta si richiuse
silenziosamente dietro di loro.
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-----vorrei specificare che in questo cap. Jael ha praticamente fatto ciò
che cavolo ha voluto.ho quasi il sospetto che si sia seduto nottetempo al
mio pc scrivendo quel che gli pareva...------
Ah, non credo che la tipa non farà più alcuna apparizione, e non
specificherò mai cosa è successo a casa sua tra lei e Jael.liberi di
interpretare se hanno mangiato thè e biscotti guardando Friends oppure...uhm.beh.....^^;;
A parte che i gusti sessuali di Jael non li ho capiti manco
io....probabilmente è asessuale e basta ^^;;;;;;
Beh, ancora una volta, grazie per essere giunti fino a qui!! Come sempre i
commentini sono graditi.....sbacetti a tutti,
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