NOTE: le parti racchiuse tra i cancelletti ## denotano flashback, parti della storia ambientate nel passato. 
Le parentesi quadre (che si svolgono dopo le tonde, tanto per far felice il mio ex prof di mateca) indicano invece pensieri, più o meno consci, dei protagonisti.


In un paese d'estate

di Unmei

parte XI


Mai aveva provato una tale sensazione di inutilità e quasi…..d'irrealtà.

Mentre avvolgeva in una benda la mano ferita di Ewan aveva quasi l'impressione di stare vivendo quell'esperienza in più livelli; di essere contemporaneamente quel ragazzo atterrito e muto, che sfuggiva il suo sguardo, il cavaliere addolorato che cercava di lenire le sue ferite, con gesti esperti ma goffe parole, e l'osservatore esterno, il terzo, che dal di fuori li osservava, giudicandolo e criticandolo per la sua inettitudine. Perché la colpa era sua, perché non era stato capace di prevedere, di evitare quello che era successo…..perché sapeva che Thomas lo odiava, e sapeva anche che era il tipo di persona a cui piaceva colpire alla spalle, e nonostante tale consapevolezza aveva lasciato Ewan da solo.

Per leggerezza? Per ottimismo? Per stupidità?

Ciò non aveva più importanza, era vano interrogarsi,  sterile rammaricarsi;  niente poteva cambiare il fatto che a fare le spese della sua cecità fosse stato il suo amato Ew-

Guardò il ragazzo rannicchiato vicino a lui, fasciato fino alla vita dalla coperta di vaio e dal lenzuolo di zendàle; i capelli sparsi sul cuscino, come un'aureola dorata, e gli occhi chiusi, benché non dormisse, come rivelava il suo respiro irregolare e teso.

Amato?

Si chiese Edgard.  

Se amava il suo sorriso, la sua voce e la sua dolcezza…..il suo viso fanciullesco e quegli occhi sinceri…..allora poteva dire di amare anche lui.

Ma di che tipo d'amore?

L'affetto profondo che aveva sempre provato verso di lui in cosa era andato trasformandosi?

Era un sentimento molto più complicato quello che ormai lo stava confondendo da mesi, e che gli aveva fatto assumere un atteggiamento talvolta scostante, perché ne era spaventato….. come lo spaventava ciò che sapeva di non poter dominare. Però…..non voleva farne a meno. Non voleva sprecare, ponendosi inutili domande, il tempo che avrebbe invece dovuto impiegare a vivere.

In quel momento, però, aveva dentro rabbia ed amarezza, emozioni che lo accecavano, che si stavano alimentando di ogni sua energia, di ogni suo respiro e che gli proibivano di immergersi completamente in quel calore buono di cui ancora non aveva compreso completamente il significato.

Anzi, quasi gli rendevano impossibile accorgersi di esso.

 

Ewan tossì, colpi secchi e rauchi che lo scossero con tanta violenza  da fargli venire le lacrime agli occhi; si puntellò su un gomito per tirarsi su e riprendere fiato, rabbrividendo.

Edgard gli poggiò una mano sulla fronte, e si accigliò. Scottava.

 "Volente o nolente, adesso prenderai la medicina."

Gli disse, e riprese il calice lasciato da parte quasi intatto, costringendo il ragazzo a vuotarne il contenuto. Lo sorresse, portandogli il bicchiere alle labbra, facendolo bere lentamente, in modo che nemmeno una goccia andasse sprecata.

I loro occhi si incrociarono per un breve istante, sufficiente appena a sfiorarsi, prima che il servitore abbassasse le ciglia, come per nascondersi alla sua vista, per negargli l'accesso alla sua anima. 

Il duca avrebbe voluto fare qualcosa…..qualsiasi cosa per farlo stare meglio; stringerlo, abbracciarlo, chiedergli scusa e giurargli che tutto sarebbe tornato a posto, che non tutte le persone al mondo erano come Thomas.

O se almeno avesse potuto fargli dimenticare ogni cosa: quella orribile notte, ma non solo: ogni dispiacere, ogni angoscia vissuti per colpa sua…..per la sua insensibilità, la sua stupidità.

 Per più di sette anni Ewan era stato sereno e felice, senza che mai nessuna lacrima fosse scesa a inumidirgli le guance, ma sembrava che negli ultimi mesi egli avesse dovuto pagare la contropartita di tanta perfezione. Ma quello scotto era davvero troppo, troppo alto.

Lo rimise giù, coprendolo per bene, poiché nonostante il fuoco la stanza era ancora fredda, e resistette all'urgenza improvvisa e inspiegabile di dargli un bacio.

No….non era inspiegabile, ma solo inopportuna.

"Prova a dormire, adesso."

 Ma Ewan non chiuse gli occhi: non li chiuse per tutta la notte, né si mosse,  restò immobile, silenzioso e pallido, come se stesse facendo del suo meglio per sembrare trasparente, o per scomparire. 

Precipitare era una cosa facile, ma risalire, recuperare ciò che si aveva perduto…..

Dove trovare abbastanza forza, quando non si è capaci di indifferenza?

Avere Edgard così vicino era al contempo la sua consolazione e la sua tortura, e lui si combatteva tra il desiderio di pregarlo di abbracciarlo di nuovo e quello di chiedergli di lasciarlo solo; non riusciva nemmeno più a reggere il suo sguardo, a rivolgergli la parola, tutto perché…..tutto perché Thomas aveva detto il  vero, aveva avuto completamente ragione: davvero si sarebbe fatto fare di tutto, realmente avrebbe voluto che Edgard…..

Si morse le labbra gonfie e non completò il pensiero; era anche colpa sua, quello che era successo, ed era ancora più colpevole per non aver detto tutta la verità al suo padrone; non era forse un po' come ingannarlo, così?

 Immobile e silenzioso, raggomitolato su un fianco, con la coperta tirata fin quasi sugli occhi, Ewan restò sveglio, fissando l'arazzo sulla parete; nella penombra, e attraverso gli occhi umidi, la scena di battaglia che vi era raffigurata si era trasformata in una grande macchia di colori indistinti.

 

***

 

Nell'attesa che la notte diventasse mattina, Edgard ebbe parecchio su cui riflettere; pensieri che gli rodevano il cuore, e che avrebbero presto finito col divorarglielo completamente. Avesse dato retta al suo istinto, sarebbe uscito da quella camera all'istante…..e sarebbe tornato con un bel regalo per Ewan.  

La testa mozzata di Thomas.

Accarezzò il pensiero per qualche minuto, con qualcosa di molto simile alla voluttà, gustandolo sulle labbra, ed era inebriante come un liquore forte, di quelli che bruciano la gola e il fiato.

Però non fece nulla di tutto ciò, non ancora; continuò a restare accanto al suo paggio, allungando di tanto in tanto una mano per carezzargli i capelli, o un braccio. Nella sua testa però, intanto, risuonava un canto lugubre, che non avrebbe taciuto fino a quando suo fratello non avesse pagato le conseguenze della sua violenza bestiale e vigliacca.

 

***

 

Il sole riempiva la camera di luce; l'aria era tiepida. Edgard si affacciò ad una finestra e lasciò che i raggi del sole lo inondassero; doveva essere circa ora di pranzo, ma voglia di mangiare, comunque,  non ne aveva nemmeno un po'.

Si riavvicinò al letto e ancora una volta toccò le guance e la fronte di Ewan, per controllare la sua temperatura; era di nuovo calda, la medicina sembrava aver finito il suo effetto. Mentre gliene stava dando un'altra dose udì un leggero bussare; Adelius, come promesso, era tornato per visitare di nuovo il suo paziente. Con sé aveva anche una cesta di vimini.

 "Ho immaginato che non sareste sceso, e vi ho portato del cibo. Anche il ragazzo farebbe meglio a mangiare qualcosa. - posò il paniere sul tavolo e si avvicinò al letto - Come sta?"

 "Come pensi che stia?"

Rispose seccamente Edgard, pentendosi immediatamente del proprio tono brusco. 

 "Scusami."

Chiese immediatamente, e il vecchio sorrise, per nulla risentito.

 "Non ce n'è bisogno. Immagino come vi dovete sentire."

 "Lui…..non mi parla."

Disse il nobile, semplicemente, come se quella breve frase spiegasse tutto.

 L'alchimista esaminò ancora  Ewan, che, abulicamente, lo lasciò fare: le mani di Adelius erano magre e fredde, il loro tocco veloce ed esperto. Poco prima di concludere la sua visita, l'uomo gli parlò a bassa voce, che solo il paziente lo potesse udire, e non il duca, che li osservava a distanza.

 "Per quanto sia difficile, devi reagire: chiudendoti così ti stai causando maggior dolore; una pena inutile che non ferisce solo a te, ma anche chi desidera aiutarti."    

Ewan non diede segno di averlo inteso, si appoggiò allo schienale del letto, con le mani raccolte in grembo e la testa china, una cascata di capelli biondi. 

Il medico lo lasciò e si avvicinò a Edgard.

 "Avete fatto un buon lavoro."

 "A me non sembra."

Rispose lui, con amarezza.

 "Forse vi parrà impossibile, ma non tutti i problemi si possono risolvere nel giro di una notte solamente." - Adelius sorrise e pensò a quando era Edgard a dover alzare il viso per guardare verso di lui, e non il contrario. -  "Non ho detto a nessuno di quanto è accaduto, e giustificherò la vostra assenza adducendo come scusa una distorsione alla spalla. Nessuno verrà a disturbarvi."

 "Ti ringrazio, soprattutto per aver taciuto. Risolverò questa faccenda personalmente….e poi non voglio che quando Ewan starà di nuovo bene si trovi addosso gli sguardi e i pettegolezzi di tutto il castello."

 "Mi ripeto, signore, ma per favore, non commettete niente di avventato."

 ***

Edgard diede un'occhiata alle provviste portate da Adelius. C'erano carne fredda e pane, frutta essiccata ed un'abbondante ciotola di biancomangiare (1), decorato con mandorle fritte.

Prese quell'ultima vivanda ed il cucchiaio di legno e andò da Ewan.

 "Questo ti piace molto, vero? Su, prendine un po'."

L'altro non toccò nemmeno il cibo che gli era stato messo davanti.

 "Devi mangiare qualcosa; ti farà bene."

Gli avvicinò il cucchiaio alla bocca, ma il servo tenne ostinatamente le labbra serrate, facendo evaporare un altro po' della speranza che aveva il suo padrone di poterlo aiutare.

 "D'accordo, se non vuoi non ti costringerò" - disse, lasciando il cibo accanto a lui - "Ma fino a che tu non mangerai qualcosa, non mangerò nemmeno io"

 [Una volta fui così stupido da essere stato sul punto di mandarti via, ma adesso non permetterò a niente e nessuno di allontanarti da me. Nemmeno a tutto questo."]

 

***

Non era leale.

No, non lo era per niente, quello che gli aveva appena detto Edgard.

Avrebbe voluto scrollarsi di dosso la pesantezza che lo opprimeva, ma non ci riusciva; non voleva mangiare, né bere, né dormire; nemmeno uscire da quella stanza, perché se lo avesse fatto prima o poi avrebbe incontrato Thomas, e ne aveva paura. Il solo pensiero di rivederlo gli dava la nausea, nonostante fosse a stomaco vuoto.

Guardò la ciotola: il profumo di quel dolce era così buono, e lui aveva fame. Ma….no, non avrebbe mangiato.

 

***

L'imbrunire, ormai, cominciava di nuovo a fare fresco e ancora il cibo era intatto, ed Edgard ne aveva davvero abbastanza. Non era certo arrabbiato con Ewan, quello mai, ma era ormai stanco di aspettare.

 "Ti devo lasciare solo per un po'."

Gli disse, accarezzandogli una guancia con la punta delle dita.

Per un istante Ewan spalancò gli occhi.

Da solo? No…..

Alzò una mano, avrebbe voluto fermarlo, ma il suo padrone se ne era già andato.

 

***

 

Conosceva le abitudini di suo fratello, e sapeva quasi con certezza dove avrebbe dovuto trovarsi a quell'ora: nel salone dei trofei di caccia; lui invece non si recava molto spesso quella stanza satura di odore ferino che sembrava piacere tanto a Thomas.

Aprì la porta massiccia che, oliata da poco, non cigolò, ed entrò silenziosamente, richiudendola e tirando il chiavistello. Aveva visto giusto, suo fratello era lì, in piedi accanto alla finestra; stava guardando fuori. 

In un secondo gli fu vicino, e afferratolo per una spalla lo fece voltare verso di sé, con un pugno alzato già pronto a colpire.

Tuttavia, come lo vide in faccia, bloccò il colpo a metà e fu sul punto di compiere un passo indietro.

 "Ma cosa….."

Thomas ghignò.

 "Proprio come trovarsi di fronte ad uno specchio, vero?"

Fece per scrollarsi di dosso la mano di Edgard, ma questi la strinse come una morsa.

 "Non credere che l'avere il mio stesso sangue basti a metterti al sicuro, verme."

E lo colpì con tutta la forza che aveva nel braccio destro. Thomas rimase in piedi solo perché Edgard lo stava stringendo per la spalla. Si asciugò il rivoletto di sangue che aveva preso a scendergli sul mento.

 "Sei impazzito?"

 "Non osare parlare! Non farmi infuriare ancora di più, perché sto per perdere il controllo!"

Lo scaraventò contro il muro, mettendogli una mano al collo.

 "Forse dopotutto ti ucciderò, nonostante abbia promesso di non farlo."

Thomas sembrò quasi riflettere, come se stentasse a ricordare cosa potesse aver fatto per causare tanta ira nel proprio fratello. 

  "E' forse per via di quello sguattero che ti tieni appresso? Te la prendi per così poc- Ahh!!"

Serrando ancor più la mano, Edgard gli sbatté violentemente la testa contro la parete.

 "Schifoso bastardo."

Gli sibilò, arricciando le labbra.

 "Attento…..a quello che fai, e che dici, fratello!"

 Thomas sferrò un pugno allo stomaco di Edgard, forte abbastanza da farlo impallidire e piegare su se stesso, allentando la presa. Il suo gemello ne approfittò per svicolarsi, dirigendosi verso una rastrelliera carica di armi. Edgard però si riprese in fretta, e fu su di lui prima che riuscisse a raggiungerla; gli restituì il pugno, e per maggior sicurezza, quando l'altro per il dolore si piegò,  gli afferrò prontamente la testa assestandogli una ginocchiata sul naso, facendolo crollare a terra.

 Fu più o meno allora che il lume della ragione si spense.

Una frase abusata, ma veritiera, diceva che il sangue chiama sangue, e in quel momento, dimenticò la parola data, scordò ogni buon senso. Cessò di essere tutto quello che era, il nobile colto, il giovane generoso, il cavaliere gentile; diventò quello che rimane nel fondo dell'anima di ogni uomo, anche dopo secoli di civilizzazione: il barbaro assetato di violenza, per il quale l'unica legge valida è quella del taglione, se non di peggio. 

Pensò a Ewan, ai suoi occhi terrorizzati, alle ferite che gli aveva curato, al sangue secco che aveva lavato via dalle sue cosce e natiche, e vedendo Thomas accartocciato a terra, con il sangue vivido che gli usciva dalle narici, aveva solo voglia di ucciderlo a furia di calci.

E furono proprio calci quelli che gli diede, così tanti che ne perse il conto, e smise solo quando fu certo di avergli rotto qualcosa, di avergli maciullato la milza.

 Finita quella gragnola  di colpi Thomas cercò di strisciare via, ma Edgard lo fermò, calpestandogli una mano.

 "Ci equivaliamo sul campo di battaglia, fratello, ma sfortunatamente per te ora sono molto, molto arrabbiato, e questo mi da un certo vantaggio."

Le ossa sotto il suo stivale scricchiolarono.

Con un ultimo calcio lo voltò sulla schiena e poi si inginocchiò sopra di lui, puntandogli un ginocchio sul plesso solare, rendendogli difficile respirare.

 "Voglio. Sapere. Il. Perché."

 Thomas gli restituì fermamente lo sguardo, e poi cominciò a ridere; una risata bassa e gutturale che si trasformò ben presto in un eccesso ti tosse. 

Voltò la testa, sputacchiando saliva mista a sangue e riprese fiato.

Qualcosa gli pungeva il fianco, il dolore era lancinante; Edgard doveva avergli rotto qualcosa e si era anche divertito, nel farlo.

Oh, sì…..e lo aveva colpito più duramente di quanto lui avesse picchiato quel plebeo; dunque, dov'era la differenza tra loro due?

Gli venne quasi da ridere, e lo avrebbe fatto, se ne avesse avuta la forza.

 "Io e te siamo…..veramente simili."

 "RISPONDIMI!"

 "Il perché? Lo sai benissimo. Quando vuoi ferire il tuo nemico a morte, devi colpire il suo punto debole. È proprio quello che ho fatto io. Questo tuo furore è la prova che ho avuto ragione nel scegliere di rovinarti quel tuo pezzente."

Edgard lo schiaffeggiò, facendogli saltare la testa di lato. Avesse permesso alle sue mani di fare ciò che desideravano, gli avrebbe spezzato il collo.

 "Oh, sì" - continuò l'altro - "Ho proprio visto giusto. Facendo male a lui sono riuscito a colpire te! Ah ah….. la situazione a un certo punto mi è anche sfuggita di mano. Ma è stato….. divertente! All'inizio volevo solo gonfiarlo un po', e prendermi gioco di lui. Ma sai, mi teme, mi evita, sa benissimo di non piacermi. Volevo avvicinarmi a lui anche perché avevo un certo sospetto." - ghignò - "Così mi sono rasato e sono entrato nella tua stanza, dove lui ti aspettava….."

 "Che cosa?" - Edgard lo interruppe, e gli sollevò la testa afferrandolo per i capelli - "Hai finto di essere me?"

 Gli occhi di Thomas si spalancarono in una irridente espressione di innocenza offesa.   

 "Fingermi te? No, per niente. Io sono semplicemente entrato in quella camera, e ho rivolto la parola al tuo servo, comportandomi normalmente. Non ho fatto proprio nulla che potesse identificarmi con te, è stato lui a sbagliarsi, confondendoci."

 Edgard si accorse che un muscolo della mascella aveva iniziato a contrarglisi ritmicamente, come per un tic nervoso.

Thomas continuò a parlare, quasi trovasse affascinante quel modo di scavarsi la fossa.

 "Certo non immaginavo che mi sarei eccitato, picchiandolo, soprattutto perché non mi piacciono certo gli uomini…..anche se definire 'uomo' quel ragazzino è eccessivo."

SLAP!

Un altro ceffone; ora entrambe le guance del giovane erano infuocate, ma lui sembrò non darvi peso.

 "Mi domando se sia il caso di confessarsi, per quell'atto contro natura. Ho più di vent'anni, quindi dovrei andare dal vescovo, una seccatura (2)…..ma visto che non sono affatto pentito, una confessione sarebbe superflua, sicché me ne risparmio il disturbo. Certo è assurdo parlarne ad un ateo come te, vero?"

 Stava provando una sorta di sadico piacere: tutto quello che Edgard gli aveva fatto con pugni e calci, lui poteva restituirglielo con le parole. Riusciva vedere chiaramente nei suoi occhi quando le sue frasi centravano nel segno…..Oh, sì…..e il meglio glielo doveva ancora dire.

  "Sai qual è la cosa più divertente? Che se mi fosse andato di ingannarlo veramente, se avessi sul serio finto si essere te….." - disse, guardandolo con sfida - "mi avrebbe fatto fare i miei comodi senza opporsi. Anzi, sarebbe stato felice di offrirsi spontaneamente."

 "Che stai dicendo?"

 "Semplicemente che, scambiandomi per te, sarebbe stato pronto a offrirmi il suo bel fondoschiena almeno dieci volte…..e probabilmente anche altri servigi."

 "Tu menti."

Sussurrò Edgard, fissandolo.

 "Niente affatto. Vedi…..gli ho accarezzato il viso, e lui ha baciato le mie dita. Oh, se tu avessi lo avessi visto in quel momento! È stato allora che ho capito che le mie supposizioni erano esatte, almeno in parte; avevo indovinato sul fatto che il servo fosse innamorato di te, ma sbagliavo credendo che tu te lo fossi già portato a let-"

 "TU MENTI!!"

Gli urlò, colpendolo un'altra volta.

 Thomas fece una smorfia di dolore, e poi inarcò le sopracciglia.

 "Devo supporre che non sei a conoscenza dei suoi sentimenti? Oh, dio!" - rise, con fatica ma di gusto - "Ma guardatelo, tanto intelligente, tanto sensibile, e poi non si accorge nemmeno delle emozioni di qualcuno che gli sta intorno tutti i giorni da anni. Ti facevo più sveglio, Edgard, sul serio!"

 Dopo quelle parole Edgard si rese conto di quanto 'veramente' era successo; di quanto doveva essere profondo lo choc di Ewan.

Ma poteva veramente essere come affermava suo fratello? Ewan aveva sul serio quel genere di sentimenti verso di lui? Se era davvero così Thomas aveva ragione: non aveva capito nulla, non si era accorto di niente. Considerando un amore taciuto, certi gesti e parole di Ewan, certi suoi rossori, assumevano un significato diverso da quello che lui vi aveva attribuito, e che andava bel oltre una semplice timidezza.

 [Ed io me ne sono andato incontro a probabili future spose, lasciandolo qui. Chissà cos'ha pensato, chissà come si è sentito…..e poi ha creduto Thomas che fosse me, e si è fidato…..]

Si alzò in piedi, scosse la testa come per schiarirsi le idee; già, quella era una cosa che avrebbe dovuto fare al più presto.

 [Che cosa provo per lui? Io…..io non lo più. Non capisco più nulla. Come è possibile che tutto questo stia accadendo realmente? ]

 Mentre Edgard si allontanava da lui, Thomas si rimise stentatamente in piedi. Sentiva il viso gonfio, doveva avere il naso rotto, tutta la cassa toracica era ridotta a un ammasso di dolore, e cosi pure la testa. Faticava anche a muovere la mano; ciononostante immaginava che gli fosse andata bene: non aveva considerato di poter scatenare tanta rabbia nel proprio fratello fino a quando non se lo era visto davanti, con quell'espressione grondante collera, lucida follia. Ma un giorno l'avrebbe pagata cara, lo giurava sul proprio nome.

  "Ho promesso di non ucciderti….." - disse Edgard, con tono assente. C'era davvero qualcosa di tremendo nella sua voce: era simile a indifferenza, ma c'era anche una nota sinistra, impaziente e compiaciuta - "Ma posso fare di meglio, sai?"

Thomas vacillò per restare in piedi…..doveva aver sbattuto la testa più violentemente di quanto avesse pensato. E che stava dicendo Edgard? Perché si dirigeva verso il camino? Se solo avesse avuto la forza di attaccarlo ora, che gli dava le spalle….se avesse avuto abbastanza velocità per raggiungere un pugnale e piantarglielo nella schiena!

  "Tu hai detto che Ewan ti ha scambiato per me. Già, ricordo che quando eravamo piccoli nessuno era in grado di distinguerci, anche nostra madre talvolta sbagliava. Mi fa schifo l'idea di avere la tua stessa faccia." - fece una pausa, chinandosi - "Mi nausea pensare che ti sei avvicinato a Ewan con il mio viso. Lui ti ha confuso con me.….ma io ora farò in modo che un equivoco simile non possa mai più capitare."

E raccolse qualcosa che era stata dimenticata tra le fiamme, rialzandosi d'improvviso.

 Thomas lo vide avventarglisi addosso, e fu una visione magnificamente terribile: con gli occhi accesi e luccicanti e il braccio alzato, brandiva l'attizzatoio rovente come l'arcangelo Michele brandiva la sua spada…..era come una creatura celeste, ma di quelle del vecchio testamento, quelle che servivano un dio crudele e vendicativo, e che flagellavano, punivano e uccidevano chi si opponeva loro.

Violenza gloriosa…..non era mai stato così affascinante e così spaventoso.

Quell'arma di fortuna, incandescente e pesante, si abbatté su di lui, scaraventandolo ancora una volta a terra.

 Cadde con un urlo atroce, premendosi le mani là dove il ferro lo aveva colpito, sulla pelle ustionata e fumante di metà del suo viso, e là dove una volta c'era stato il suo occhio sinistro, trasformato in un orbita piena di sangue e di liquido denso e sfrigolante.

Rotolò sul pavimento, e poi inarcò la schiena, continuando a gridare; non credeva potesse esistere un dolore così orribile; ma il fiato necessario a urlare gli mancò di colpo quando un piede di suo fratello gli calò brutalmente sullo stomaco, facendogli per reazione schizzare le mani via dal viso.

 "Ora più nessuno potrà confonderti con me…..metà della tua faccia se ne è andata. Ti avviso, Thomas, stai lontano da Ewan. Se dovesse accadergli qualcosa, qualsiasi cosa…..se mai trovassi su di lui  un solo graffio, non importa come se lo sarà fatto, riterrò te responsabile, e sarò molto meno tenero di questa volta. Prova solo a spaventarlo, o a guardarlo nel modo sbagliato, ed io ti uccido."

 

*** 

Lasciò suo fratello sul pavimento ed uscì all'aperto: aveva bisogno di aria fresca.

Al momento non gli importava nulla delle spiegazioni che avrebbe dovuto dare, sempre che ce ne fosse stato bisogno; non era un segreto per nessuno che i gemelli fossero da anni in pessimi rapporti e l'esplodere della situazione era una cosa che si aspettavano in molti. Thomas aveva i suoi partigiani, e Edgard i propri; probabilmente sarebbero nati dei problemi, sarebbero aumentati i contrasti e il loro padre si sarebbe infuriato, ma non aveva importanza; ciò che contava era che lui si sentiva molto meglio, soddisfatto, alleggerito, aveva quasi voglia di ridere. Chi parlava delle vendetta come di un male inutile era sicuramente un ipocrita, oppure uno stupido, forse un ingenuo: porgere l'altra guancia era qualcosa che lui, invece, non era disposto a fare.

Tirò su dal pozzo un secchio d'acqua e si lavò il viso e le mani; la questione non era finita lì, se ne rendeva conto benissimo, ma non aveva voglia di pensarci; per il momento gli bastava godersi quell'impressione di compiacimento passeggero.

Certo un piacere effimero, che già cominciava a sfumare al ricordo che il problema principale era lungi dall'essere risolto, e per quello non sarebbe stato altrettanto semplice trovare una soluzione. Anzi, il racconto di Thomas gli rendeva tutto ancora più complicato; non poteva certo chiedere ad Ewan quale fosse la verità. Forse suo fratello aveva mentito, gli aveva detto quelle cose solo per deriderlo…..

Ma a che scopo cercare di fomentare ulteriormente la sua rabbia?

Volse gli occhi al cielo stellato, e sospirò silenziosamente.

 "Se quello che Thomas mi ha detto è la verità, Ewan, e se io non ho mai capito nulla, il tuo amore è davvero malriposto, perché io ne sono indegno."

 

***

 

Ewan non era più nel letto, quando rientrò in camera.

Era andato a sedere accanto al camino, e indossava una vecchia camicia del padrone, dentro alla quale avrebbe potuto stare dentro due volte. All'entrata di Edgard alzò lo sguardo e dopo averlo visto si affrettò a fissare la ciotola semi vuota che teneva in grembo, e a posare il cucchiaio che stava per portare alla bocca.

Il duca sorrise, vedendolo, e andò a sedergli accanto sulla balla di fieno.

 "Sono contento che tu abbia deciso di mangiare qualcosa." - gli toccò una guancia, e poi la fronte - "E la febbre è bassa. Vedrai che comincerai a stare meglio."

 Meglio…..che parola assurda, si disse il nobile. Certo, fisicamente poteva guarire, ma sarebbe servito a poco se non fosse uscito dal suo guscio. Quel continuare a rimanere silenzioso, ad evitare di guardarlo, di stargli troppo vicino, persisteva ed era scoraggiante.

 "Senti, Ewan….lo so che no ho alcun diritto di parlare, però…..sei sempre la stessa persona di prima. Non voglio che tu permetta a quanto è successo di distruggere la tua vita. Lascia che ti aiuti, parlami, dimmi cosa posso fare per te."

Ewan fece per voltare la testa verso di lui, lentamente, ma cambiò idea.

Si alzò e tornò a letto, e anche Edgard si preparò ad un'altra lunga notte insonne. 

************ 

 L'espressione di Adelius, quando si presentò il giorno dopo, era inequivocabile.

Guardò Edgard inquisitorio, irato e anche preoccupato, e tirandolo da parte gli parlò a voce bassa, ma animata.

 "Vi avevo pregato di non commettere sconsideratezze!"

 "Infatti non l'ho ucciso. È ancora intero, no?"

Beh…..quasi intero, si disse con un certo autocompiacimento.

 "Signore…..sapevo che sareste andato da lui, ma…..resterà sfregiato a vita!"

 "Perfetto."

La notizia era decisamente soddisfacente, un ottimo modo per iniziare la giornata. L'anziano incrociò le braccia, rassegnato.

 "Sono qui anche per dirvi che vostro padre desidera vedervi."

 La notizia non stupì Edgard, anzi, l'attendeva con certezza, e non aveva nessun timore di fronteggiare il genitore. 

La vera causa dell'incidente sarebbe stata taciuta: lui non ne avrebbe fatto parola e certo Thomas non desiderava che si sapesse cosa aveva fatto per irarlo a quel modo. Suo padre, poi, per quanto furibondo, non si sarebbe intromesso in una questione d'onore, fosse pure stata essa tra i suoi unici figli.

In definitiva, probabilmente se la sarebbe cavata con una gran lavata di capo, con una delle solite, interminabili prediche che il duca padre amava elargirgli in ogni occasione.

 "Rimani qui con Ewan, allora, per favore." 

*** 

Non era riuscito a capire cosa si fossero detti Adelius e il suo padrone; però quando Edgard fu uscito il vecchio alchimista scosse stancamente la testa.

 "Quel giovane ha sempre avuto un vero talento, per il mettermi in apprensione."

Gli disse, avvicinandosi al letto. Quell'uomo canuto e dagli occhi verdi doveva essere stato bello, in gioventù; lo si capiva dai tratti del suo viso, affilati e decisi ma ancora armoniosi, nonostante l'età. 

 "Dunque, Ewan, come stai?…..non mi sembra che tu ora abbia la febbre, ma continua a prendere la medicina. Però non hai affatto un bell'aspetto: occhiaie profonde e occhi arrossati. Ti stai sciupando…..non riesci a dormire, vero?"

L'uomo si avvicinò al tavolo, ingombro di lumi e libri, la caraffa del vino e il vassoio con il cibo.

  "Bene, almeno vedo che hai mangiato qualcosa. So che sei stato tu, perché a Edgard non piace il biancomangiare; troppo dolce, per lui…..ah, ragazzo, spero che gli stia andando tutto bene. Ho paura che si sia messo in un guaio ancora peggiore di quanto non creda."

 Che cosa intendeva con quelle parole? 

Ewan avrebbe voluto chiederglielo, ma la voce ancora rifiutava di uscirgli. Gli si bloccava in gola e non aveva la forza di continuare. Eppure avrebbe voluto parlare….. e ringraziare, sia il suo padrone che Adelius, per il loro aiuto, per tutta quella gentilezza. 

Chissà se prima o poi ci sarebbe riuscito. 

*** 

Ebbe un bel preoccuparsi, Adelius, poiché l'erede del ducato fece ritorno solamente al tramonto, ed aveva un'aria esausta e tesa. 

 "Dunque?"

La domanda del vecchio arrivò ancor prima che lui avesse compiuto un passo nella stanza.

 "Porto ancora il mio nome e il mio titolo, se è questo che intendi."

Rispose, arcuando brevissimamente le labbra in un mezzo sorriso privo d'emozione.

 "Non vedendovi tornare ho creduto che fosse stato immediatamente esiliato."

  "Quella, ora come ora, non sarebbe nemmeno stata una punizione. Grazie per essere rimasto tanto tempo qui: ho passato del tempo con la moglie di mio fratello, e i miei nipoti. Affrontare mio padre, in confronto, è stato facile; già sapeva che eravamo in rapporti difficili, e credo si aspettasse che prima o poi la situazione tra noi si sarebbe incendiata. Non ha voluto sapere quale sia stato il fattore scatenante. Però parlare a mia cognata….. è stato difficile.  E c'è gente che mi guarda con un certo timore, là fuori, sai?"

 "Vi guarderei anche io con timore, se non conoscessi il perché delle vostre azioni, Edgard."

 "E lui?"

Chiese il nobile, indicando con un cenno del capo il servo seduto in un angolo del letto, con le ginocchia strette al petto.

Adelius scosse la testa, spiegando con quel solo gesto i numerosi tentativi di instaurare un discorso, di far reagire il ragazzo a qualche stimolo.

L'espressione di Edgard si rabbuiò, e quando l'alchimista uscì dalla camera, si appoggiò stancamente contro la porta, chiudendo gli occhi. Mai nella vita si era sentito così abbattuto.

Raggiunse il letto e si sedette, completamente stanco ed esaurito. Troppe emozioni, troppe domande, più di quanto fosse pronto ad affrontare; si sentiva come Atlante, solo a reggere il mondo sulle spalle…..un mondo, però, che stava andando in frantumi senza che lui potesse fare nulla per rimediare.

Fece un gesto, come per allungare una mano e sfiorare Ewan, ma si fermò; probabilmente non gli faceva piacere essere toccato, non dopo quanto gli era successo.

 "Ewan…..dovrò attendere che si celebri una messa ad Ys per risentire la tua voce?"

Ewan mosse impercettibilmente gli occhi verso Edgard, così velocemente che il duca fece appena in tempo a notare un bagliore blu tra ciocche di capelli biondi.

 "Non conosci la leggenda di Ys? Se ti va posso raccontartela, tanto abbiamo tutta le notte. Non è nulla più che una favola, ma forse ti distrarrà."

Edgard si distese, unì la  mani dietro alla nuca e cominciò a raccontare l'antica vicenda narratagli per la prima volta dalla madre, tanti anni prima.

 "Secoli fa un re chiamato Gradlon fece costruire per sua figlia una città, fiorente e meravigliosa; venne eretta sotto il livello del mare, e fu chiamata Ys. A proteggerla dalle acque c'erano dighe e forti mura, di cui solo il re possedeva le chiavi che servivano ad aprirle, per consentire alle navi di prendere il largo. Ma quanto Gradlon era buono e saggio, tanto sua figlia Dahut era maligna e avida. La fanciulla trasformò quel popolo onesto di pescatori in una marmaglia di pirati, ed ogni notte aveva un nuovo amante che il giorno dopo faceva uccidere. Una dama interessante, non credi?…..Ma un giorno, si presentò a palazzo un cavaliere bellissimo, e per una volta fu lei a essere sedotta, e non il contrario. Come pegno d'amore il giovane le chiese di portargli le chiavi delle dighe, e lei acconsentì…..ma quel cavaliere era in realtà il diavolo, che desiderava distruggere Ys per prendere le anime corrotte dei suoi abitanti. 

Le dighe furono spalancate e le acque sommersero la città, uccidendo tutti. Soltanto il re, poiché era l'unico uomo giusto, riuscì a salvarsi, fuggendo a cavallo e portando con sé Dahut; ma dio gli disse di liberarsi di lei, poiché era malvagia…..così egli gettò la propria figlia tra le onde. La ragazza divenne una sirena, ed ancora continua a sedurre gli uomini, trascinandoli sul fondo del mare con il suo canto; la sua anima dannata potrà essere salvata solo quando verrà celebrata una messa nella cattedrale sommersa di Ys. 

Una messa in quella chiesa, che mai sarà celebrata, per far cessare il suo canto e far parlare ancora la tua voce…..ma è solo  mitologia, una leggenda…... Una leggenda triste…..Gradlon era veramente così buono e giusto, se abbandonò la propria figlia ai flutti? Un padre non dovrebbe riuscire a perdonare al proprio sangue, per quanto gravi siano le sue colpe, i suoi sbagli? Non dovrebbe…..scusa il mio divagare, forse non hai nemmeno voglia di ascoltarmi, ma mi manca molto, parlare con te."

Gli posò due dita sul mento, voltandogli la testa verso di sé, per cercare una qualsiasi emozione nei pezzi di cielo che aveva come occhi, però Ewan gli sfuggì, e abbassò ancora la testa. 

Edgard non poteva resistere un'ora di più in quella situazione.

 "Ewan, ora so che mio fratello è venuto qui comportandosi come se fosse me."

Le spalle del ragazzo si irrigidirono, e si strinse la braccia al petto.

 "Già….. posso capire se non desideri vedermi, o parlarmi, o se anche non apprezzi la mia vicinanza. Ogni volta che mi vedi, o che senti la mia voce, deve venirti in mente Thomas, e così ti causo soltanto altro dolore e brutti ricordi. Non sopporto il pensiero che ora il mio viso ed il suo siano legati in questo modo, nella tua mente. Non sopporto l'idea che la nostra somiglianza sia servita a farti del male. Io ti comprendo, se ora preferisci che ti lasci in pace."

 ----Cosa…..cosa…..stava dicendo? No, stava sbagliando tutto, non era quello il motivo…..lui aveva bisogno di sentire la sua voce, e di averlo vicino, ma…..ma aveva paura che se lo avesse guardato sarebbe scoppiato a piangere come un bambino, e non voleva, perché era stanco di essere debole. E se si scostava dal suo tocco era solo perché lo faceva stare troppo bene e troppo male assieme, come la sera in cui lo aveva curato…..era come se il suo cuore fosse stato messo completamente a nudo, ed ora non avesse più la minima capacità di controllare le proprie emozioni.

Ma non poteva lasciar credere al suo signore che lui non lo volesse più accanto, che non volesse più servirlo….. e cavalcare insieme, conversare, ascoltarlo quando suonava l'arpa, o a volte osservarlo di nascosto, mentre leggeva, assorto.

Edgard doveva sapere che lui voleva che tutto ricominciasse come prima, ma che da solo non ce la faceva…..che averlo affianco era l'unica cosa che poteva tranquillizzarlo, aiutarlo, salvarlo.

***

 Fu così lieve, all'inizio, che pensò di essersi ingannato.

  "…..no, io….."

Una pausa di silenzio, e la testa bionda si alzò, voltandosi verso di lui.

 "…..non è così….."

Occhi tristi, ma sinceri, finalmente lo guardarono in viso, direttamente, vacillando solo per un istante.

 " E poi…..voi e lui non vi somigliate per niente; sono stato uno sciocco, non so come io vi abbia potuti confondere….. [forse ho solo visto ciò che speravo di vedere]…..Guardandovi vedo solamente voi, e nessun altro."

 "Ewan!"

Ironicamente fu Edgard a trovarsi a corto di parole, in quel momento, e si trovò a fissare stupito il ragazzo che in quegli ultimi giorni era stato solo l'immagine sbiadita di se stesso. 

 "…..e non voglio che mi….. 'lasciate in pace'! Desidero che continuiate a stare con me…..cioè, voglio continuare a stare con voi…..io….."

L'emozione aveva cominciato a giocarlo; non riusciva a esprimersi come desiderava realmente, a meno di non confessarsi apertamente. Avrebbe potuto, ma ancora ne aveva timore, forse anche più di prima.

Tacque di nuovo, aspettando una qualsiasi risposta, ma non distolse lo sguardo dal suo viso.

 A Edgard sembrò che il proprio sangue, rappresoglisi nelle vene, si fosse riscaldato e avesse ricominciato a circolare e a sgelargli le membra.

Ogni parola uscita dalle labbra di Ewan gli aveva tolto di dosso un peso opprimente, e finalmente, il mondo non stava più crollando. Sorrise e gli circondò le spalle con un braccio, attirandolo a sé. 

 "Grazie, aingeal."

Gli disse, stringendolo. L'ultima parola gli era fluita dalle labbra al di fuori del suo controllo, ma non gli spiacque: in fondo, un angelo, era ciò che quella creatura gli era sempre sembrata.

Si distese, portandolo giù con sé, carezzandogli  la nuca.

 "D'ora in avanti tutto andrà di nuovo bene. Farò sempre del mio meglio perché tu possa essere felice, lo prometto. Ma anche tu devi darmi la tua parola su un cosa; d'accordo?"

 "D'accordo."

Rispose Ewan, con voce trasognata e gli occhi socchiusi; avrebbe giurato qualsiasi cosa, purché Edgard continuasse ad abbracciarlo in quel modo, permettendogli di affondargli il viso contro il collo.

 "Cerca di sorridere di nuovo."

  "Sì."

Disse, accomodando  meglio la testa, ed era sincero; non vedeva l'ora, di sorridere di ancora, è già in quel momento era molto vicino al farlo…..ci sarebbe riuscito, se non si fosse sentito così completamente privo di ogni energia. Fino a quel momento, per giorni, lo avevano tenuto sveglio la febbre, la tensione, e tanti timori e fantasmi, ma adesso che una parte di essi era svanita non trovava nemmeno più la forza di muoversi o di parlare.

Sbadigliò piano, lasciando un sospiro caldo contro la pelle di Edgard.

 "Dormi, adesso. E non ci sarà nessun incubo, vedrai."

Anche il nobile chiuse gli occhi, e permise alla stanchezza di vincerlo; prima però alzò un po' il capo, per guardare ancora una volta il viso di Ewan. Era pallido e segnato, ma ora almeno era sereno.

Si rammentò all'improvviso che non era quella la prima volta che il suo protetto dormiva nel suo stesso giaciglio: era già successo, anni prima, lo stesso giorno in cui lo aveva raccolto, prima che gli venisse portato un letto proprio. Ewan ai tempi era un fagottino di pelle e ossa…..

Edgard sorrise, e riappoggiò la testa sul guanciale, pensando che era bello addormentarsi stringendo qualcosa di tanto prezioso fra le braccia.

 

Note

(1)   Il biancomangiare è un dolce fatto di riso, latte, un bel po' di zucchero e mandorle…..la ricetta però varia a seconda lievemente a seconda dei paesi.

 

(2)   Come sappiamo, l'omosessualità, nel medioevo era considerata peccato dalla Chiesa (che nei secoli ha fatto molti progressi, vero? ><). Riguardo la confessione di questo 'peccato', ci si regolava così: dovevano confessare al vescovo chi aveva più di vent'anni; ai penitenzieri sotto i vent'anni; al curato si confessavano gli atti omosessuali se compiuti in età infantile, ovvero fino a quattordici anni per i ragazzi e fino ai venticinque (!) per le ragazze.

I castighi consistevano inizialmente alcuni anni di digiuno, ma si inasprirono con il passare del tempo,  fino ad arrivare, in Francia, alla tortura e al rogo, sia per gli uomini che per le donne.

 


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