Esistere
di Victor
//Guardami!!!!
Io esisto!!!
Guardami e dimmi che esisto!!!
Parlami!!!
Parlami… dimmi che io esisto…
Fa freddo!
Nei tuoi occhi fa freddo… per questo continuo a gridare con tutta la forza
della mia anima! Grido il tuo nome… un nome che non conosco… un sordo eco
che rimbomba al di là della mia semplice coscienza di figlio della roccia…
Ascoltalo… cercami… amami… lasciami esistere…
Liberami dalla mia prigione… cercami…
Mi senti? Senti la mia voce? Invoco il tuo nome da cinquecento anni…
invoco il tuo amore da tutta una vita… perché senza di te io non riesco
più a scaldarmi.
ASCOLTAMI!!!!//
Sanzo si destò di soprassalto, sudato, ansimante, turbato…
Di chi era la voce che lo aveva chiamato con tanta insistenza?
Si guardò attorno, nel vago e disperato tentativo di trovare fra gli
oggetti a lui familiari la risposta a quella domanda.
Inutile! Non l’avrebbe trovata lì. Quel grido disperato non si sarebbe
spento così facilmente, quel grido che minava l’interiorità stessa della
sua anima. Quel grido che tutte le notti tornava a tormentarlo, destandolo
nel cuore della notte, imponendogli uno stato d’animo che non gli era
consono: la pena!
Il suo cuore provava pena per quella creatura prigioniera che invocava il
suo nome, pur non conoscendolo.
Credeva di aver estirpato via qualunque sentimento. Di averli soffocati
abbastanza in basso, annegandoli nell’incontrollabile fiume di rabbia ed
egocentrismo che lo caratterizzava, credeva di essere immune a tutto: al
bene, al male, alla gioia e alla tristezza… aveva lasciato solo la rabbia,
la molla che lo faceva scattare costringendolo a dare un senso ad ogni
giornata. Eppure adesso c’era qualcosa di nuovo in lui, c’era la pena, il
dispiacere, il desiderio di raggiungere quella voce e fermarla, anche a
suon di pugni se necessario, ma fermarla. Impedirle di stringere il suo
cuore in quella morsa soffocante, impedirle di farlo stare ancora male per
qualcun altro… lui non voleva più soffrire per nessun altro.
Il suo maestro si era preso tutta la sua sofferenza…
Adesso basta!!!!!!!!
Si sollevò dal letto, rivestendosi come in preda ad un raptus omicida e si
incamminò… non sapeva qual era la direzione giusta, ma sapeva che sarebbe
arrivato… perché la voce lo reclamava ormai da troppo tempo.
Lungo la strada la sua mano si posò più volte sul freddo metallo della sua
W&S, l’unica rassicurante certezza in quel caos di sensazioni incerte.
Arrivò assieme all’alba, e quando il sole illuminò il terreno davanti ai
suoi occhi si accorse che lì davanti a lui c’era un altro sole… un sole
che si brillava in due grandi occhi dorati che lo fissavano con un
espressione talmente stupida da prosciugare tutta la sua rabbia, in un
solo istante.
Un bambino… era un inutile insignificante moccioso… eppure aveva avuto il
potere di turbarlo fino a costringerlo ad abbandonare il letto caldo e
accogliente e ad avventurarsi fin su quella montagna… uno stupido
insignificante moccioso, con uno sguardo ancora più stupido.
Le labbra del bambino si mossero senza produrre alcun suono, eppure Sanzo
sentì il suo nome rimbombare ovunque… le piccole braccia incatenate alla
roccia si sporsero appena verso di lui e il bonzo la sentì ancora… sentì
ancora quella voce profonda e calda:
liberami… fammi esistere!
amami… fammi esistere!
Avrebbe dovuto prenderlo a schiaffi e dirgli di non tormentarlo più, in
fondo era salito fin lassù solo per quello, no?
Eppure non ci riuscì… i suoi occhi erano prigionieri di quegli occhi
dorati e di quelle labbra tremanti dalle quali piccoli gemiti che
desideravano essere parole, uscivano appena… il suo cuore impazzito dalla
pena mentre quelle mani piccole e bisognose cercavano di raggiungerlo… la
sua rabbia defluita via, per qualche incomprensibile ragione… e lui
davanti a quel moccioso, che aveva avuto la forza di chiamarlo…
Con un movimento lento e fluido la sua mano attraversò le sbarre e
raggiunse quella del bambino che l’afferrò con una forza ed un bisogno che
lo lasciarono stordito.
Luce…
Calore…
Libertà….
Il piccolo bambino sporco e vestito di stracci che si stringeva forte a
lui, abbracciandolo per la vita, macchiando le sue vesti sacre e lui che
gli cingeva le spalle con la mano esile e gentile.
“Adesso esisti!” gli mormorò e quegli occhi dorati sorrisero, un sorriso
che scaldò il cuore del bonzo, riportando a galla tutto ciò che egli aveva
duramente annegato nella rabbia.
Adesso non sarebbe stato più lo stesso…
Adesso non sarebbe stato più solo…
Occhi dorati che lo guardavano…
Occhi dorati che lo amavano…
Occhi dorati che lo proteggevano…
Occhi dorati che ancora continuavano a chiamarlo…
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