Nessuno spoiler. :D Disclaimer: I personaggi di FullMetal Alchemist non mi appartengono, altrimenti Alphonse riavrebbe il suo corpo e lui e Edward si darebbero a del sano sesso incestuoso almeno due volte al giorno. Non fatemi causa perché tanto spendo tutti i miei soldi su eBay e alle fiere del fumetto perciò non ho un euro.
parte VI di Maddy -Sai Al, sto pensando di smettere di lavorare nell’esercito.- Alphonse alzò lo sguardo dalla sua tazza di tè, sorpreso. Edward era seduto in posa pigra sul divano, e osservava il soffitto con aria pensierosa. -Come mai quest’idea, niisan?- Chiese con cautela Alphonse. Edward aveva usato un tono serio, ma sembrava anche indeciso. -Non è ovvio? Ora che abbiamo raggiunto il nostro obiettivo, posso finalmente smettere di essere un fedele cane dell’esercito. Non dovrò più prendere ordini da quel bastardo di Mustang. E poi- Edward abbassò lentamente lo sguardo su Alphonse. -non mi piace uccidere. L’ho evitato il più possibile in tutti questi anni; ma non so se potrò farlo ancora in futuro.- Alphonse si alzò e raggiunse il fratello sul divano. Era passato quasi un mese dalla sua dimissione dall’ospedale e lui ormai non aveva più nessun problema a camminare. Edward si sollevò per permettere al fratello di sedersi e poi tornò a sdraiarsi, appoggiandogli la testa sulle ginocchia. Alphonse non parlò subito. Si limitò a sfiorare distrattamente le ciocche sulla fronte di Edward con le dita, guardando davanti a sé in cerca delle parole giuste. -Niisan,- disse dopo un po’ -capisco come ti senti, neanche a me piace il modo in cui l’esercito si è comportato ad Ishbal e a Reole e in tutti gli altri posti. Però - aggiunse abbassando lo sguardo sul fratello e fissandolo negli occhi - che lavoro pensi di fare, se lasci l’esercito?- -Ehi, stai dicendo che non saprei fare nient’altro?- -Non è quello che intendevo, niisan. Il fatto è che tu ti sei abituato a lavorare per l’esercito. Ti piace la libertà che hai grazie alla tua fama... e ti piace il fatto di poter accedere a libri cui nessun altro può.- Edward fece per protestare, ma Alphonse continuò. -Tu ami ancora l’alchimia. Anche dopo tutto quello che è successo.- Edward si tirò su e distolse lo sguardo. L’ultima frase l’aveva colpito come un’accusa esplicita. Alphonse vide suo fratello stringere la mascella e attese lo scoppio di rabbia, ma quello che udì lo sorprese. -Smetterò con l’alchimia. In fondo hai ragione tu, non ho fatto che combinare guai da quando l’ho imparata... Posso sempre trovare lavoro in un ufficio o qualcosa del genere.- Alphonse si pentì immediatamente di quello che aveva detto. Non aveva avuto intenzione di accusare suo fratello, eppure... -Niisan, perdonami. Non volevo dire che dovresti smettere di praticare l’alchimia. Anche io ne sono appassionato, non ti chiederei mai di rinunciarvi...- Edward scosse la testa con energia. -No Al, purtroppo è vero. Io non sono un alchimista geniale, sono solo un gran pasticcione che rischiava di non poter porre rimedio al più grosso errore della sua vita. E la cosa peggiore è che in quell’errore avevo coinvolto te.- Strinse una mano a pugno per impedirle di tremare. -Niisan... Tu hai fatto anche del bene. E quell’errore lo abbiamo commesso in due.- Edward si alzò, continuando a dare le spalle al fratello minore. -Basta, non ho più voglia di parlarne. Vado a fare una passeggiata, a dopo.-
Quando Edward si fu chiuso la porta alle spalle, Alphonse sospirò, appoggiò la tazza di tè ormai freddo sul tavolino davanti al divano e nascose il viso tra le mani. Far sentire suo fratello colpevole era l’ultima cosa che voleva. Desiderava solo che le loro vite tornassero ad essere spensierate come un tempo, serene... Forse era un desiderio impossibile? -Niisan, sono io che mi sono comportato in modo infantile questa volta. Sarà meglio ch’io mi preoccupi della mia vita, invece di ficcare il naso nella tua.- Alphonse si diresse verso uno degli scaffali pieni di libri alle sue spalle, e cominciò a passare metodicamente in rassegna i volumi. Scelse alcuni grossi volumi, e dopo averli appoggiati sul tavolino accanto al divano ne scelse uno e cominciò a leggere.
Quando Edward fu di ritorno, era quasi ora di cena e Alphonse stava facendo un bagno. Il calore e lieve sciabordio dell’acqua lo aiutavano se non altro a rilassarsi, anche se non potevano suggerirgli come comportarsi con il fratello maggiore. -Al! Dove sei? Ah, sei qui?- Risuonò la voce di Edward mentre il ragazzo esplorava la casa alla ricerca del fratello e si fermava davanti alla porta del bagno. -Sbrigati ad uscire... Quanto ti manca ancora?- -Veramente sono appena entrato in acqua. Che cosa c’è?- -Sbrigati e basta! ...Voglio farti vedere una cosa.- Aggiunse Edward dopo un momento. Sbuffando, Alphonse si alzò per risciacquarsi in fretta, spinto dalla curiosità che l’ultimo commento di Edward gli aveva suscitato. -Allora, che cosa c’è?- Chiese uscendo dal bagno e finendo di allacciarsi l’accappatoio. -Vieni, siediti qui e chiudi gli occhi.- Disse Edward dal divano in tono perentorio. Alphonse ubbidì. -Allunga le mani.- Fu la richiesta successiva. -Allora, si può sapere che stai macchinando?- Disse Alphonse cominciando a diventare impaziente. -Io... Oh!- Aprì gli occhi con un’espressione sorpresa e vide che sui palmi delle sue mani Edward aveva appoggiato non uno, ma due gattini bianchi e neri. Dovevano avere non più di due mesi, e uno di loro emise un flebile miagolio mentre entrambi cercavano di mantenersi in equilibrio sulle mani del ragazzo. -Credo che siano fratelli.- Commentò Edward. -Li ho trovati sulla via del ritorno, e mi sembravano abbastanza amichevoli da portarli a casa. Che ne dici, ti piacciono?- -Loro... sono per me?- -Ovviamente. Tra di noi sei tu, l’amante dei gatti randagi. Ho pensato che ti avrebbe fatto piacere avere qualcuno a tenerti compagnia. Il mio permesso sta per scadere, lo sai...- Alphonse emise un’esclamazione di gioia. -Sono meravigliosi, niisan! Grazie. Sono così morbidi... Ma, aspetta un momento...- Aggiunse poggiandosi i gattini in grembo e accarezzandoli mentre loro lo annusavano con attenzione. -Questo significa che hai preso una decisione riguardo all’esercito?- -Ci ho riflettuto mentre ero via e credo tu che avessi ragione: non saprei quale altro lavoro fare. Di sicuro Roy potrà assegnarmi al lavoro d’ufficio, e per il resto non dovrò far altro che continuare con le mie ricerche e presentare dei risultati ogni anno.- Ad Alphonse non sfuggì l’appellativo familiare con cui Edward aveva chiamato il colonnello. -Hai già parlato con il colonnello, non è vero? E’ lì che sei andato oggi.- Edward sbuffò e distolse lo sguardo. -Beh, e perché perdere tempo? Prima si muovono le cose e meglio è. ...Come pensi di chiamarli?- Aggiunse cercando di cambiare discorso. I gattini si erano acciambellati sulle gambe del loro nuovo padrone e stavano facendo le fusa. Alphonse sorrise. -Non lo so ancora. Senti niisan, perché uno non lo adotti tu? Non ti farebbe male avere qualcuno di cui occuparti.- -Ho già te di cui occuparmi.- Il viso di Alphonse si adombrò appena un poco. -Non dovrai farlo ancora a lungo. Ho intenzione di trovarmi un lavoro al più presto.- -Non hai bisogno di trovarti un lavoro se non vuoi. Guadagno abbastanza per tutti e due.- -Non sono più un bambino. E’ giusto che io mi renda indipendente, ora che è tutto a posto e che posso farlo.- Il tono di voce e l’espressione di Alphonse erano seri. Edward accarezzò con un dito il più vicino dei gattini, che aveva la punta della coda bianca, e dopo un momento disse: -D’accordo, allora. Vorrà dire che mi occuperò di questo gattino, e lo chiamerò Aru.- Alphonse rise. -Sei impossibile, niisan. Uhm, vuoi che dia il tuo nome al mio?- -Fai come ti pare.- Rispose Edward con una scrollata di spalle, ma alzò gli occhi verso di lui e gli rivolse un sogghigno. -OK, bene... Niisan, ti presento Edo.- Disse Alphonse sollevando il gattino per la collottola e avvicinandolo al viso del fratello. Edward sorrise, poi guardò il gattino più attentamente e si fece serio. -Niisan, che cosa c’è? Edo ha qualcosa che non va?- Chiese Alphonse preoccupato girando il gattino verso di sé ed esaminandolo. -Al...- Replicò Edward. -Credo che Edo sia una femmina.- Alphonse rise di cuore.
-Al, dammi una mano e fammi una treccia.- Chiese Edward sedendosi accanto al fratello intento a leggere un libro e coccolare allo stesso tempo i nuovi arrivati. Alphonse non alzò neanche gli occhi dalla pagina. -Niisan, non sgocciolare sul divano! Hai i capelli ancora umidi, e poi sei perfettamente in grado di fare da solo.- -Sì, ma non ne ho voglia.- Rispose Edward ignorando il rimprovero. -Tu sei molto più delicato di me in queste cose, e anche più bravo.- Alphonse si ammorbidì un po’ a quell’affermazione, anche se sapeva benissimo che suo fratello lo aveva detto apposta. Non se l’avrebbe mai immaginato, ma si sentiva così fiero del suo corpo che qualunque complimento rivolto in quella direzione, anche se indiretto, riusciva ad addolcirlo. -Stai cercando di manipolarmi, niisan?- Chiese, ma inserì un segnalibro nel volume e lo chiuse girandosi verso il fratello. Prendendolo come un segno del fatto che Alphonse avesse acconsentito alla richiesta, Edward afferrò senza troppa delicatezza i due gattini e se li mise in grembo, dando le spalle al suo barbiere improvvisato e passandogli un pettine e un laccio. -Magari hanno voglia di giocare un po’.- Osservò solleticando con un polpastrello una delle zampette di Aru. -In effetti sono davvero carini.- Alphonse iniziò a spicciare delicatamente alcuni nodi con le dita. Trovava strano che Edward volesse una treccia, visto che già da un po’ aveva iniziato a portare i capelli legati in una semplice coda di cavallo. Ma forse suo fratello sentiva il bisogno di un po’ di rassicurazione e senso di familiarità. Strano a dirsi, era Edward quello che più spesso cercava il contatto fisico. Una mano su un braccio, un lieve sfiorarsi di spalle quando camminavano assieme, a volte un’affettuosa arruffata di capelli. Alphonse non era ancora riuscito a capire se si trattasse di ansia per la sua salute o di richieste di attenzione. Forse Edward aveva paura che suo fratello si allontanasse troppo da lui e finisse per abbandonarlo. Alphonse decise di essere diretto. Cominciando a dividere i capelli in ciocche chiese: -Niisan, tu... dimmi, hai paura che io ti lasci?- Le spalle di Edward si irrigidirono un poco. -Sono il fratello maggiore, so badare a me stesso.- Fu la laconica risposta. Alphonse non rispose. Continuò ad occuparsi dei capelli e vide i muscoli di Edward rilassarsi gradualmente, come dopo uno scampato pericolo. -Ecco fatto, niisan.- Disse alla fine. -Come ti sembra?- Edward protese una mano dietro alla testa per saggiare il lavoro del fratello e annuì con aria di approvazione. Prima che Edward potesse ritirarla, Alphonse allungò una mano a sua volta e la appoggiò su quella del fratello. -Non preoccuparti, niisan.- Disse in tono tranquillo. -Non andrò da nessuna parte senza di te.- Edward annuì brevemente e chinò la testa. Trascorsero qualche attimo in silenzio e reciproca comprensione, dopo di che Alphonse ritirò la mano con un’ultima stretta affettuosa. -Allora, cosa stavi leggendo?- Chiese Edward girandosi sul divano e riprendendo ad accarezzare i gattini. -Ad essere precisi stavo studiando, niisan. Ho intenzione di superare l’esame di Alchimista di Stato di quest’anno.- Per un momento Edward rimase completamente senza parole. -C-come sarebbe, Al? Stai scherzando vero? Non puoi dare quell’esame!- Alphonse sgranò gli occhi sorpreso allo scoppio d’ira del fratello. -Perché no?- Rispose con tono ragionevole. -Sono sicuro che lo supererei.- -E’ proprio questo il punto!- Edward quasi urlò. -Diventeresti un cane dell’esercito anche tu. Pensavo che odiassi quella carica.- -Non ritengo che tutto quello che si fa nell’esercito sia sbagliato, niisan. Ci sono anche persone come il colonnello Mustang e il maggiore Armstrong, che lottano per i propri princìpi ogni giorno.- -A volte sai essere così ingenuo, Al! Saresti costretto ad andare in guerra. Uccideresti persone. E soprattutto...- Edward si interruppe bruscamente. Sembrava una frase strana da dire dopo tutto quello che avevano passato. -E soprattutto cosa, niisan?- Chiese con calma Alphonse. -...e soprattutto rischieresti la vita.- -Non più di quanto non la rischi tu.- -Ti ho già detto che mi farò assegnare al lavoro d’ufficio!- -Non potrai evitare le operazioni militari per sempre, e lo sai bene anche tu.- -OK d’accordo, ma in ogni caso non voglio che tu venga coinvolto.- Edward calcò la voce sulle ultime parole. -Perché no?- -Perché è dannatamente pericoloso, accidenti!- Alphonse fece un respiro profondo prima di ricominciare a parlare. Ciò che allarmò Edward fu il lieve socchiudersi delle palpebre del fratello, anche se il tono di voce continuava a mantenersi calmo. -So benissimo che può essere pericoloso, niisan. Però non sono più un bambino, e soprattutto non ho bisogno della tua protezione. Sosterrò questo esame, che ti piaccia oppure no. E lo supererò.- Edward si alzò in piedi di scatto, senza curarsi dei gattini che ruzzolarono malamente sul pavimento. -D’accordo, hai perfettamente ragione Al! Fai quello che ti pare. Io vado a dormire.- Alphonse guardò la schiena del fratello mentre questi si allontanava dalla stanza, poi riprese in mano il libro e vi immerse testardamente il naso deciso a riprendere a studiare. Ora però non si sentiva più dell’umore adatto. -Stupido niisan... Io non voglio che ti sacrifichi continuamente per me. E’ arrivato il momento che io faccia la mia parte.- Alphonse abbassò il viso tra le pagine del libro e ve lo nascose, ignorando a sua volta i gattini che si stavano arrampicando su di lui in cerca di coccole e calore. Era difficile stare accanto a qualcuno se quella stessa persona cercava di impedirtelo.
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