Spoilers: c’è solo un vago riferimento che si capisce solo se si è arrivati ad un certo punto della serie, quindi direi di no. ^___^ Disclaimer: I personaggi di FullMetal Alchemist non mi appartengono, altrimenti Alphonse riavrebbe il suo corpo e lui e Edward si darebbero a del sano sesso incestuoso almeno due volte al giorno. Non fatemi causa perché tanto spendo tutti i miei soldi su eBay e alle fiere del fumetto perciò non ho un euro.
parte V di Maddy Edward stava sognando, se ne rendeva conto... Suo fratello aveva riavuto il suo corpo e stava bene, non c’era nulla di cui preoccuparsi. Era solo un sogno, solo un sogno quello di aggirarsi in un grande spazio vuoto e buio, senza Al. Non percepiva neanche il terreno sotto di sé... non sentiva odori, non provava né caldo né freddo. Era così che si era sentito Alphonse, in tutti quegli anni? Ma ecco, in lontananza vedeva delle colline, un bel prato verde. Si trovava a Rimescolo, riconosceva le fattorie, i mulini, i campi. Però non c’era nessuno, neanche lì. Udiva il soffio del vento, ma non lo percepiva sulla pelle del viso. Era un vasto mondo vuoto. Senza nemmeno accorgersene si trovò sulla via che portava alla loro vecchia casa, camminando a passo svelto. Sicuramente, Alphonse lo stava aspettando là. Avevano ricostruito una nuova casa sulle ceneri della vecchia e vivevano assieme senza più preoccupazioni. Erano felici. Il suo cuore diede un balzo quando vide che la casa c’era davvero. Allora, magari poteva credere che non fosse un sogno, che quella fosse la realtà? Entrò in casa chiamando suo fratello. Si sorprese nello scoprire che non era in grado di farlo... La voce non gli usciva dalle labbra. Salì le scale, si diresse verso la camera da letto. Cos’era quell’odore che adesso sentiva? Quell’unico odore che riempiva ogni cosa, anche il silenzio. Quel profumo che veniva da un passato molto lontano. ...Quella non era la loro nuova casa. Era quella vecchia, quella che avevano bruciato e Alphonse non c’era. Non c’era neanche la mamma, non c’era nessuno. Dov’erano tutti? Winry, Pinako, Den... E quell’odore che lui odiava diventava sempre più forte, mentre Edward si avvicinava alla camera da letto. I suoi movimenti si erano fatti impacciati, gli sembrava di essere avvolto nella melassa. Allungò una mano verso la maniglia della porta, anche se non desiderava farlo. La spinse e guardò all’interno, ma era buio e non vide nulla. La spinse ancora un po’ e si affacciò nella stanza...
Urlò. Balzò a sedere sul letto, urlando di nuovo. Alphonse si svegliò immediatamente. Scese dal letto, si spostò su mani e ginocchia più velocemente che poté e raggiunse il fratello. Edward aveva smesso di urlare. Fissava il vuoto e ansimava forte, tenendosi una mano sul petto come se avesse appena avuto un attacco di cuore. -Niisan!- Chiamò Alphonse. -Niisan, stai bene?- Edward lo guardò e improvvisamente i suoi occhi si riempirono di lacrime. -Al... Al...- Chinò la testa raggomitolandosi su se stesso, scosso dai singhiozzi. Con qualche sforzo Alphonse riuscì ad arrampicarsi sul letto accanto a lui e a circondargli le spalle con un braccio. -Niisan, che cosa c’è? Va tutto bene?- Edward si calmò in fretta. Alzò la testa e asciugò le lacrime con il dorso della mano. -Gomen, Al. Ho solo fatto un brutto sogno, ma sto bene... So quello che stai per dire, dovrei rilassarmi di più vero?- Aggiunse tentando un risolino. Alphonse sospirò, sollevato. Appoggiò la fronte contro quella del fratello e disse: -Niisan... E’ davvero tutto a posto, non devi preoccuparti... Puoi riposarti adesso.- Dopo un istante Edward chiuse gli occhi e rispose piano: -Grazie, Al.- Qualche momento dopo si separarono e rimasero ad ascoltare i lievi rumori che provenivano dall’esterno. Era ancora notte fonda. -Al...- Disse Edward dopo un po’. Distolse lo sguardo e strinse nervosamente la coperta tra le dita. -Ti dispiacerebbe... dormire con me stanotte? Se tu avessi bisogno di qualcosa...- -Hai, niisan.- Rispose Alphonse sorridendo. -Va bene.- -...Grazie, Al.- Sussurrò Edward.
Il mattino dopo, come al solito fu Alphonse il primo a svegliarsi. Suo fratello aveva il viso tranquillo nel sonno e dormiva aggrappato al suo petto come un bambino. Alphonse sorrise e allungò la mano destra per passarla nei capelli biondi di Edward, che si allargavano a ventaglio sulla schiena del loro proprietario e sul cuscino. Nel compiere quel gesto però si rese conto che qualcosa non andava. Edward aveva appoggiato la testa sulla spalla sinistra di Alphonse, dove cominciava il braccio, ma... lui non lo sentiva più. Non sentiva il braccio, e non sentiva nemmeno la testa del fratello che vi era poggiata sopra. Lasciandosi sfuggire un gemito, provò a muoverlo: niente. -Niisan! Niisan!- Esclamò a voce alta. -Svegliati, niisan! C’è qualcosa che non va!- Edward emerse dal sonno con qualche difficoltà, stropicciandosi gli occhi e borbottando. -Che cosa c’è, Al? Che...- -Niisan, il mio braccio! Non risponde più!- Edward scattò a sedere e chiese: -Quale braccio, Al? Che cos’ha che non va?- -Il destro, non... non lo sento più.- Edward esaminò in fretta il braccio, un’espressione allarmata negli occhi. -Se lo muovo così... non lo senti?- -No...- -E se premo qui?- -No! Niisan, credi che...- All’improvviso, Edward scoppiò a ridere. Alphonse lo guardò stupefatto. -Niisan... perché stai ridendo?- -Lasciami solo controllare una cosa, Al.- Cominciò a flettere il braccio del fratello, alternando i movimenti con piccoli massaggi circolari. Quasi subito Alphonse si lasciò sfuggire un’esclamazione di dolore poi, dopo qualche istante, una risata sollevata. In pochi minuti l’arto tornò ad essere perfettamente sensibile e funzionante. -Hai visto, baka Al? Mi hai fatto preoccupare per niente!- -Hai ragione, niisan. -Rispose Alphonse in tono di scusa. -Scusami, non mi era venuto in mente che il braccio potesse essersi semplicemente addormentato.- -Mi hai anche svegliato. Vado a preparare la colazione, e tu ricordati che sei in debito con me!- -Hai.- Sorrise Alphonse. -Niisan...- Aggiunse mentre il fratello si alzava. -Va tutto bene adesso? Non hai avuto altri incubi stanotte?- -Nah.- Rispose Edward. -E’ tutto a posto, davvero.- Alphonse tornò a rilassarsi sui cuscini, sollevato. Si ripromise mentalmente di andare con il fratello a divertirsi da qualche parte, non appena fosse stato in grado di farlo. Non che avesse un’idea precisa di ciò che avrebbe voluto fare, a dire il vero. Durante il periodo in cui la sua anima era stata legata al sigillo nell’armatura, Alphonse si era sempre sentito come sospeso al di fuori del tempo. Ricordava il suo corpo com’era prima del cambiamento. Non se l’era immaginato in via di sviluppo. Anche la sua voce era rimasta la stessa, finché Alphonse non era tornato ad essere completamente umano. Ora si sentiva sconcertato tanto quanto quando si era svegliato nell’armatura per la prima volta, se non forse di più. C’erano dei particolari del suo corpo che lo imbarazzavano parecchio... Non ci aveva fatto troppo caso, quando quegli stessi cambiamenti erano occorsi nel corpo di suo fratello. Edward stesso non aveva avuto molto tempo di preoccuparsi della propria pubertà. Il ritorno del fratello lo distrasse da quelle riflessioni. Edward gli appoggiò un vassoio sulle ginocchia e si arrampicò sul letto accanto a lui. La sera prima aveva rapidamente fuso i rispettivi letti in uno solo più grande, allo scopo di avere stare più comodi. La colazione si svolse tranquillamente; poi Alphonse fece del suo meglio per vestirsi da solo e chiese ad Edward di sorreggerlo mentre tentava alcuni passi. Edward gli lanciò un’occhiata non troppo convinta ma acconsentì. L’inizio non fu affatto facile. Alphonse aveva difficoltà a stare in equilibrio, non riusciva a trovare il baricentro e continuava ad ondeggiare avanti e indietro. Edward ebbe il suo bel da fare ad impedirgli di cadere; ma alla fine Alphonse fu in grado di stare in piedi senza il suo aiuto. Beh, quasi. Aveva ancora bisogno di appoggiargli una mano sulla spalla, per sostenersi. A quel punto, ignorando lo sguardo preoccupato che suo fratello gli rivolgeva, provò a muovere un passo in avanti. Lo slancio purtroppo si rivelò eccessivo, Alphonse inciampò e si sbilanciò in avanti. Edward gli si parò davanti per impedirgli la caduta, ma una delle sue ginocchia entrò in collisione con le gambe del fratello e fece perdere l’equilibrio anche a lui. Edward atterrò dolorosamente sul pavimento, di schiena, e il peso di Alphonse non lo aiutò a trattenere l’aria nei polmoni. -Gomen nasai, niisan!- Si scusò Alphonse in tono allarmato mentre cercava di trovare la posizione giusta per rialzarsi. Con qualche sforzo riuscì a sollevarsi su un ginocchio e a fare leva sulle mani. -Ti sei fatto male?- Chiese piegando anche l’altro ginocchio. Edward sussultò nel sentire la coscia di Alphonse muoversi tra le proprie e si mosse a disagio. -No, no, va tutto bene Al.- Rispose sentendosi un cretino. Non era certo il momento di provare imbarazzo. Sciogliendosi dall’incastro con qualche difficoltà, aiutò Alphonse a rialzarsi e disse: -Sarà meglio smettere per il momento. Andiamo, bisogna procurarti qualcosa da metterti.-
L’impresa fu meno complicata di quanto Edward si fosse pessimisticamente aspettato, nonostante l’ingombro della sedia a rotelle. E i commessi dei negozi furono tutte molto gentili con loro... per la precisione, soprattutto le commesse. Non molte di loro avrebbero trovato attraente un tipo stravagante che gira in armatura e di cui non si vede nemmeno il volto... Ma un adolescente dagli occhi grigioverdi e il sorriso gentile era sicuramente più affascinante, anche per donne molto più grandi di lui. Alla fine della giornata, l’umore di Edward oscillava tra il sollievo e un’emozione che chiunque altro avrebbe chiamato gelosia. Lui si sarebbe limitato a definirla ‘leggera irritazione’. Alphonse era un po’ stanco, ma al contrario del fratello aveva gradito l’attenzione di cui era stato oggetto. Si era divertito e si sentiva di buon umore. Non appena furono di ritorno nell’appartamento, Edward gettò i pacchi sul divano e sbuffando vi si sedette accanto. -Vuoi spiegarmi perché attiri più l’attenzione adesso che prima della trasmutazione?- Chiese mentre calciava via gli stivali e si metteva comodo. -Hai forse scritto in fronte “Fatemi gli occhi dolci?”- Alphonse rise. -Non so perché, niisan. Ma è sicuramente piacevole non esser più guardato con diffidenza dagli adulti, e chiamato “Armor Freak” dai bambini.- Fece un respiro profondo prima di aggiungere: -Sono così felice, niisan. Credo che non potrei essere più felice di così.- Alphonse aveva gettato la testa all’indietro e con un sorriso sulle labbra si godeva le sensazioni che il suo corpo gli comunicava. Perdersi di punto in bianco nei suoi pensieri era diventata quasi un’abitudine ormai. Il malumore di Edward sfumò immediatamente. Rimase per un po’ ad osservare il fratello, mentre un mezzo sorriso gli si dipingeva sulle labbra. Era contento che Alphonse avesse gli occhi chiusi, perché gli piaceva osservarlo quando lui non poteva vederlo. Questa stava diventando la sua abitudine. Probabilmente era presente anche un certo orgoglio scientifico per un lavoro perfettamente riuscito, qualcosa che nessun alchimista era mai riuscito a fare prima, ma Edward preferiva evitare di pensarla a quel modo. L’emozione predominante in lui, era sempre lo stupore. Non riusciva a credere che quella fosse la realtà. Era andato avanti per tutti quegli anni facendo appello alla tenacia, alla testardaggine a volte, ma anche alla speranza. Dunque poteva dire di aver avuto fiducia. Eppure, forse la sua fiducia non era stata così grande se ogni volta che osservava Alphonse mangiare, leggere o anche semplicemente dormire o respirare, provava il desiderio di toccarlo per accertarsi che fosse reale. Una parte di lui di interessava dell’alchimia in quanto scienza, una parte aveva preso ad odiarla da molto tempo come ciò che aveva sconvolto le loro vite tranquille... e una parte, nuova, stava ora iniziando ad provare gratitudine per essa. In fondo grazie all’alchimia, Edward aveva esaudito il suo più grande desiderio. Si alzò e si portò alle spalle del fratello. Alphonse se ne accorse ma non aprì gli occhi e non si mosse dalla sua posizione. Ad un tratto sentì braccia circondarlo e soffici capelli accarezzargli la guancia. Una voce che giungeva soffocata attraverso la stoffa dei suoi stessi vestiti sussurrò: -Alphonse, sono contento che tu sia di nuovo con me. Sono davvero contento, lo sai?- Alphonse sentì qualcosa di umido bagnargli la spalla attraverso la camicia. Sorrise e appoggiò la testa contro la spalla del fratello. -Anch’io sono contento, niisan. ...Ti voglio bene.-
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