Nessuno spoiler! A meno che non sappiate nulla di Hagaren.^^

Disclaimer: I personaggi di FullMetal Alchemist non mi appartengono, altrimenti Alphonse riavrebbe il suo corpo e lui e Edward si darebbero a del sano sesso incestuoso almeno due volte al giorno. Non fatemi causa perché tanto spendo tutti i miei soldi su eBay e alle fiere del fumetto perciò non ho un euro.




Equivalent feelings

parte II

di Maddy


Quando il sole sorse di nuovo, Alphonse fu il primo a svegliarsi. La luce  batteva sulle sue palpebre in una maniera fastidiosa e ne colorava l’interno di rosso, ma lui sospirò di soddisfazione e assaporò comunque la sensazione. A poco a poco si accorse che la luce del sole non era l’unica cosa che percepiva: si sentiva prudere la pelle e si rese conto che era colpa della stoffa del pigiama e delle lenzuola. Sentiva anche qualcosa di morbido e caldo, ma pesante, sulla mano sinistra.

Si girò a guardare e vide che era la testa di Edward; suo fratello dormiva in una posizione probabilmente scomoda, chino sul letto e con le mani sotto al mento. Alphonse sfilò la mano da sotto la sua testa con lentezza, un po’ perché non voleva svegliarlo e un po’ perché i suoi movimenti non erano ancora coordinati a sufficienza neanche per i movimenti più semplici. Quando l’ebbe sollevata la abbassò, e dopo un tempo che gli parve lunghissimo riuscì a deporla sui capelli biondi che fuggivano scompostamente dalla treccia.

La nuova sensazione gli regalò un brivido: non ricordava assolutamente di poter percepire un simile livello di dettaglio con i polpastrelli. Pensò che in realtà la sua percezione era ancora notevolmente offuscata dall’anestetico cutaneo e capì perché avessero deciso di somministrarglielo.

Ciò nonostante la sensazione era talmente intensa ed affascinante che Alphonse decise di volerne di più. Mosse la mano avanti e indietro sui capelli di Edward, ricordando di averli toccati diverse volte in quegli anni - per esempio quando lo aiutava a farsi la treccia - eppure si era presto dimenticato della loro morbidezza.

Quasi subito Edward si svegliò. Aprì gli occhi di scatto ma rimase fermo, aspettando che suo fratello finisse con comodo di accarezzargli i capelli e allontanasse la mano prima di alzare la testa. Gli sorrise e gli rivolse uno sguardo tenero, che probabilmente nessuno aveva mai visto ad eccezione della mamma defunta e di Alphonse stesso.

-Buongiorno Al. Come ti senti?- Alphonse sorrise in risposta e trasse un profondo respiro, provando a pronunciare qualche parola. “Oa-i-oo” fu quanto venne fuori, a dimostrazione del fatto che anche se le consonanti erano ancora un problema le vocali erano abbordabili. Edward si illuminò in volto e rise con approvazione.

-Hai visto Al? E’ solo il secondo giorno e va già molto meglio.- Si fece serio prima di aggiungere: -Ora riesci a percepire molte più cose, vero? Senti dolore?- Alphonse fece segno di no ed Edward proseguì: -Allora, posso prenderti la mano? Facciamo alcune prove ti va?- Alphonse sorrise in risposta e il fratello maggiore gli prese la mano nella propria, facendo attenzione a non scuoterla troppo bruscamente.

La girò con il palmo verso l’alto e premette lievemente l’indice sul centro della mano; Alphonse contrasse le dita ma non diede alcun segno di dolore. Incoraggiato Edward fece scorrere il polpastrello in lenti circoli che si irradiavano progressivamente verso l’esterno, poi risalì fino al polso e lì si fermò ad ascoltare il battito cardiaco, chiarissimo attraverso la pelle sottile di quella zona. Era lento ma regolare, eppure Edward lottò contro l’istinto di piegarsi sul petto del fratello per assicurarsi che il cuore stesse battendo davvero.

-Probabilmente più tardi ti porteranno qualcosa da mangiare.- Disse posando la mano di Alphonse sulle lenzuola e coprendola con la sua. -Non sei felice di poter di nuovo assaggiare del cibo, Al? Quello dell’ospedale non è un granché, appena potrò ti porterò a mangiare qualcosa di meglio!-

Ad Alphonse sembrava di trovarsi in Paradiso. Era frustrante non potersi muovere molto e non riuscire a pronunciare correttamente nemmeno una parola, ma lui non aveva fretta. Se si fosse impegnato abbastanza il recupero sarebbe stato certamente veloce, e nel frattempo aveva il privilegio di osservare la vasta gamma di espressioni felici che Edward gli mostrava ogni volta che lo guardava. Sapere che era lui la causa indiretta della gioia del fratello era bello quasi quanto riavere un corpo sensibile e umano.

-OK, allora, uhm... Ti va di... provare a fare qualcosa?- Chiese Edward con una certa esitazione. Non voleva fare pressione su Alphonse o mettergli fretta, però non vedeva l’ora di sentirlo parlare ed esercitarsi con lui come prima . Anzi no, “Non proprio come prima”, si disse.

Alphonse alzò una mano e se la portò alla bocca. -Vuoi... Vuoi provare a parlare?- Chiese Edward. Alphonse annuì, al momento quella era la cosa che aveva più urgenza di tornare ad imparare. Voleva essere in grado di esprimersi chiaramente, dire a voce che cosa sentiva, provava e pensava.

-D’accordo, allora...- Edward tacque per un po’. Non aveva pensato ad un programma di riabilitazione preciso, e insegnare a parlare a qualcuno non era una cosa che lui avesse mai fatto. Beh, come facevano le madri ad insegnare ai figli? Doveva pur esserci un metodo specifico!...

-OK, facciamo così: io dico una lettera e tu provi a ripeterla, d’accordo?- Alphonse annuì ancora con aria leggermente divertita. Era buffo vedere suo fratello spremersi così le meningi per qualcosa che non rientrava nel suo normale campo d’azione.

Come prima cosa si esercitarono con le vocali, e come entrambi avevano previsto con quelle non ci furono difficoltà. Quando si passò alle consonanti cominciarono i veri problemi: la G rimaneva piantata in gola, tra la S e la Z non si avvertiva alcuna differenza e la R era decisamente al di fuori della portata di Alphonse, almeno per il momento. Dopo una mezz’ora di quegli estenuanti esercizi i fratelli si fermarono come per un tacito accordo.

Edward stava pensando scoraggiato che passare a pronunciare intere parole sarebbe stato ancora peggio, quando  Alphonse prese un profondo respiro e, quasi a smentirlo disse: -Nii-ssan... Nii-ssan!- Ripeté la parola caparbiamente - aggrottando le sopracciglia perché aveva fatto una pausa troppo lunga dopo la seconda I e messo più di una S nella parola - ma Edward lo guardò compiaciuto e sorpreso e un largo sorriso gli si dipinse sul volto.

-Al, ce l’hai fatta! Hai pronunciato una parola intera! Mi hai chiamato...- Il ragazzo obbedì ad un impulso improvviso e abbracciò Alphonse ridacchiando di gioia. Gli era capitato di ridere più spesso in quei giorni che negli ultimi quattro anni. Alphonse rise a sua volta e poggiò le mani sulla schiena del fratello maggiore, ripetendo questa volta con un po’ più di abilità: -Nii-san! Nii-san...-

-Sei stato grande Al!- Disse Edward staccandosi da lui quando il momento di euforia fu passato. -Se continua così ci vorrà pochissimo prima che tu torni a parlare come prima. Adesso riposiamoci un po’; vuoi che ti legga qualcosa?- Alphonse annuì piacevolmente sorpreso. Ovviamente non aveva dubbi sul fatto che il fratello si sarebbe preso cura di lui, ma vederlo così sollecito e premuroso era  qualcosa a cui non era abituato.

O forse tutto sommato sì, si corresse mentre ascoltava distrattamente Edward considerare ad alta voce quale dei libri portati da Winry potesse essere meno noioso. Si era sempre preso cura di lui, aveva sempre cercato di proteggerlo e di stargli vicino; anche se molte volte era stato lui ad aver bisogno di conforto.

Nei suoi sforzi continui di fare la cosa giusta Edward non era mai riuscito a trovare pace o serenità, per provvisorie che fossero. Aveva sempre una preoccupazione, guardava al futuro sì con determinazione ma anche con ansia. Alphonse sapeva che in tutti quegli anni suo fratello non aveva mai smesso di colpevolizzarsi per quello che era accaduto, ed era evidente che il senso di colpa non lo aveva ancora abbandonato.

 

Più tardi quella stessa mattinata un’infermiera venne a portare del cibo. Era stata istruita sul fatto che il paziente non sarebbe stato in grado di mangiare da solo, ma Edward le disse che ci avrebbe pensato lui e la cacciò via il più gentilmente - e rapidamente - possibile.

Si sentiva protettivo nei confronti di Alphonse, voleva evitare contatti con gli estranei a meno che non fosse strettamente necessario e pensava che il fratello minore avrebbe trovato umiliante farsi imboccare da un’infermiera. Una parte di lui osservò  che in realtà quello sarebbe stato un sentimento suo più che di Alphonse, ma Edward scacciò il pensiero e si rivolse con fare allegro al fratello minore.

-Vediamo un po’ che roba è... Bleah ma è semplice passato di verdure! Avrebbero anche potuto sforzarsi di preparare qualcosa di meglio!- Alphonse lo guardò con aria paziente e ad Edward sembrò quasi di sentire il suo commento: “Niisan, non mangio niente da quattro anni... Direi che un passato di verdure è un buon inizio.”

-D’accordo, hai ragione tu Al...- Disse Edward come se Alphonse avesse parlato davvero. Mise il vassoio con il pranzo a portata di mano e aiutò il fratello minore a mettersi in posizione semi eretta sistemando i cuscini dietro la sua schiena.

Stava per offrirgli una cucchiaiata di cibo quando si bloccò. -Accidenti, non avevo pensato alla faccenda del gusto. L’anestetico non ha effetto su questo tipo di percezioni, probabilmente il sapore del passato di verdura ti darà fastidio... Vuoi che chieda di portarci qualcosa di più semplice?-

Alphonse fece un mezzo sorriso e scosse la testa. Non aveva senso risparmiarsi quel tipo di esperienze, prima o poi avrebbe dovuto farle comunque... E poi, più semplice di un passato di verdure?

Edward notò lo sguardo a metà tra il divertito e il paziente che Alphonse gli stava rivolgendo e sbuffò risentito. -D’accordo, come vuoi... Ma poi non venire a lamentarti con me se ti senti male!-

Prese una cucchiaiata di zuppa e l’avvicinò alla bocca di Alphonse, ma quando il cucchiaio toccò le sue labbra il ragazzo si tirò rapidamente indietro con un’esclamazione di dolore. Edward guardò stupito il fratello, poi il cucchiaio e improvvisamente capì. Il passato di verdure scottava! Era naturale che Alphonse si fosse bruciato le labbra, sensibile com’era a tutti gli stimoli poi...

-Scusami Al, non volevo! Non avevo pensato alla temperatura... Aspetta...- Edward soffiò sul cucchiaio finché il calore della zuppa non fu notevolmente diminuito, poi tornò ancora una volta ad avvicinarlo alle labbra del fratello.

Alphonse deglutì un paio di volte prima di aprire la bocca e assaggiare una piccola quantità di cibo. Quasi subito assunse un’espressione sorpresa; masticò con calma e si leccò le labbra con aria concentrata, poi sorrise. Era davvero incredibile... Come aveva fatto a stare per tanti anni senza mangiare nulla?

Edward notò l’espressione felice di Alphonse e si illuminò in viso a sua volta. Aveva avuto seriamente paura che suo fratello si rifiutasse di mangiare. Sapeva che prolungati periodi senza assunzione diretta di cibo, per esempio sotto flebo, potevano comportare una diminuzione drastica del desiderio di alimentarsi normalmente. “Buffe le cose che si danno per scontate quando si ha un corpo!”, pensò.

Il resto della ‘colazione’ proseguì senza incidenti. Alphonse assaporava ogni boccone e ci volle una discreta quantità di tempo prima che il pasto si concludesse: ben prima di arrivare alla fine Edward non ebbe più bisogno di soffiare sulla zuppa per raffreddarla.

Alla fine Alphonse fece segno di non poterne più, pronunciò un ‘arigatoo’ piuttosto insicuro e strinse con gratitudine la mano di Edward, guardandolo con occhi sonnolenti. -Hai ragione, ormai sarai stanco. Dormi pure quanto vuoi, io vado a fare alcune ricerche ma sarò di ritorno prima che ti svegli. Buon riposo.-

Edward attese che il respiro di Alphonse gli segnalasse che il ragazzo stava dormendo, poi si alzò e senza fare rumore uscì dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle il più delicatamente possibile.

 

Nel corridoio incontrò il colonnello Mustang. Gli rivolse uno sguardo sorpreso, un po’ perché non si aspettava di vederlo lì e un po’ perché in quei pochi giorni si era quasi dimenticato dell’esistenza del resto del mondo.

Roy fu il primo a parlare. -Salve, Full Metal. Allora, come sta il nostro piccolo Alphonse?- Il tono era scherzoso ma lo sguardo era serio, e fu con voce seria che Edward gli rispose: -Bene, grazie. Ha ancora delle difficoltà motorie e di linguaggio, è ancora sotto anestetico ma per il resto sta bene. Per quanto riguarda il mio lavoro alla centrale...-

-Non preoccuparti, Edward-kun.- Rispose Roy sorprendendo l’alchimista con quell’appellativo informale. -Ero appunto venuto a dirti che hai ottenuto un permesso di qualche settimana. D’altro canto il lavoro che hai svolto con tuo fratello è di tale rilevanza che possono anche permettersi qualche strappo alla regola; sempre però che tu rediga un rapporto dettagliato.-

Edward si irrigidì ma non disse niente. Non gli piaceva affatto l’idea di divulgare le sue ricerche, temeva la facilità con cui avrebbero potuto essere usate nel modo sbagliato. D’altro canto non aveva scelta: Roy non l’aveva messa in quei termini, ma il ragazzo aveva capito perfettamente che accettare di scrivere il rapporto era l’unico modo per rimanersene tranquillo con suo fratello e occuparsi di lui.

L’alchimista rivolse a Roy il ghigno più vicino ad un sorriso che i loro bizzarri rapporti interpersonali gli permettessero e rispose: -D’accordo, sarà fatto. Grazie per essere venuto a portarmi la notizia.- Edward sapeva perfettamente che il colonnello non avrebbe avuto bisogno di portargli di persona una notizia simile, gli sarebbe bastato mandare qualche ufficiale di grado inferiore o fargli una telefonata dalla centrale, perciò era tanto più grato per l’interessamento dimostrato nei confronti di Alphonse.

Roy accettò il ringraziamento con un lieve cenno del capo e disse: -Può già ricevere visite? Ho saputo che ieri Miss Rockbell è venuta a trovarlo.-

-Potrebbe,- rispose Edward -ma sta dormendo e non voglio svegliarlo, ha appena mangiato.- -D’accordo allora, tornerò un  altro giorno. Congratulazioni per aver raggiunto il tuo obiettivo, Full Metal.- Roy gli tese la mano in gesto di stima e i due se la strinsero in silenzio, poi il colonnello voltò le spalle e se ne andò lasciando Edward a riflettere sulle peculiarità di alcuni rapporti umani.