PARTE: 2/4
DISCLAIMER: Qs personaggi sono miei e ci faccio quello che voglio




Enjoji

di Ki-chan


Aprì la porta del suo appartamento nel centro di Tokyo ed entrò. Si ricordò che quel giorno doveva cenare con Akira ma dopo lo spiacevole incontro di qualche ora prima non si sentiva proprio di incontrarlo perché era più che convinto sarebbe riuscito a fargli dire tutto, ci riusciva sempre e questa volta non sarebbe stato diverso.
Prese il telefono e compose il numero mentre si abbandonava sulla poltrona del salotto di fronte alla grande finestra che accedeva al balcone. Mentre il telefono suonava libero lui si perse per qualche secondo, lasciando che il suo sguardo spaziasse sul panorama della città di Tokyo. Quanti tetti, quante persone, quante storie, quante vite si riunivano e s’incrociavano, intrecciandosi o dividendosi … i pensieri furono interrotti dalla voce d’Akira registrata sul nastro della segreteria. Lasciò un messaggio scusandosi di non potersi incontrarsi con lui perché non si sentiva troppo bene.

*** ***

Aprì lentamente gli occhi, si era addormentato sulla poltrona, mise a fuoco l’orologio a fatica, erano le sei di sera. Suonò il campanello per la seconda volta, la prima volta lo aveva svegliato ma non si era reso conto di cosa fosse successo.
Si svegliò completamente, si alzò e prese la sua pistola che aveva lasciato sul tavolo quando era arrivato.
“chi può essere? Non aspetto nessuno … devo stare attento…!”
Si avvicinò alla porta e guardò attraverso lo spioncino della porta impugnando con più forza la pistola mentre la mano gli tremava. 
Non era certo da lui comportarsi in quel modo, tremare, aver paura, prendere la pistola per vedere chi avesse suonato alla porta. Quell’incontro lo aveva massacrato … le foto, quell’uomo erano riusciti a riaprire in lui una ferita che non si era ancora rimarginata.
Tirò un sospiro di sollievo e ricominciò a respirare mentre apriva la porta facendo entrare il suo ospite.
Akira entrò e gli porse il ramen che aveva comprato, accompagnato da un sorriso. Notò immediatamente il tremore che percorreva il corpo dell’amico e vide anche la pistola ma decise di non fare domande, per il momento.
«Dato che stai male sono venuto a trovarti e poiché è da tanto che non pranziamo insieme ho preso un po’ di ramen … so che ti piace tanto … … »
Dopo qualche istante riprese a parlare non avendo avuto alcuna risposta.
«Sei molto pallido, hai la febbre?…» Chiese posandogli gentilmente la mano sulla fronte che però era fresca … ghiacciata e imperlata da piccole goccioline di sudore. Enjoji però si allontanò rapidamente e prese in mano la confezione di cibo.
Mangiarono nel più totale silenzio e questo cominciava a preoccupare seriamente Akira che aveva subito intuito il malessere dell’amico e il suo strano comportamento. Rimase qualche istante ad osservarlo mentre maneggiava abilmente e sinuosamente le bacchette.
“il tuo sorriso bello e prezioso come un diamante e luminoso come il sole … da quanto tempo non me lo mostri … ormai è solo un’ombra nei miei ricordi lontani … troppo lontani. Perché hai perso il sorriso cosa ti è successo per poterti cambiare così tanto … quando è successo … saranno anni che il tuo volto non assume un’aria serena e felice … quanto soffro per la mancanza delle tue dolci risate … che hanno lasciato il posto alla freddezza e alla indifferenza e io non lo posso sopportare …oggi è anche peggio degli altri giorni … oggi vedo solo tristezza e disperazione nei tuoi occhi, sul tuo viso, nelle tue rare parole …” 
Finirono il pranzo quando Akira decise che era ora di far chiarezza e scoprire la causa del malessere di Enjoji.
«Enjoji cosa è successo?»
Era serio e diretto, come era nel suo carattere. In quel momento Enjoji capì che sarebbe riuscito a fargli dire tutto e lui non avrebbe potuto fare nulla per fermarlo, ma questa volta la posta in gioco era troppo alta e lui doveva combattere contro Akira a contro se stesso per evitare che sapesse tutto. 
«Te l’ho detto non mi sento per niente bene!»
«Non prendermi in giro, non sono stupido e ti conosco da venticinque anni … cosa è accaduto!» 
«Inawa mi ha voluto incontrare e sono rimasto un po’ scioccato tutto qua.»
«Cosa ti ha detto»
«Niente d’importante, dai cambiamo argomento!»
«Importanza ne aveva, per ridurti in quello stato, sei pallido come un cadavere, quando sono entrato stavi tremando e poi non è da te accogliere le persone con una pistola in mano!»
«Mi ha proposto di fare un lavoro per lui»
«Voglio la verità»
«Mi ha minacciato ma niente di grave e poi non sono affari che ti riguardano!»
“ha ragione che non sono fatti miei ma devo sapere cosa l’ho ha ridotto così … lui certo non me lo dirà devo trovare il modo per farmelo dire …” poi improvvisamente si ricordò della strana busta che aveva notato quando era entrato. Guardò sul tavolo, la busta era ancora lì. Allora lentamente si alzò e si diresse al tavolo e prese la lettera, poi senza aprirla disse, rivolgendosi ad Enjoji che era ancora sulla poltrona.
«Questa forse mi può spiegare cosa è successo e cosa ti sta succedendo?!».
Enjoji scatto in piedi e si precipitò verso l’uomo in piedi vicino al tavolo. Assumendo il comportamento più freddo che la situazione gli concedeva, disse: «Non sono affari tuoi! Non provare ad aprirla!» 
«Allora dimmelo tu cosa è successo!»
«No!»
«Non mi lasci altra scelta … non posso vederti in queste condizioni!»
Era stufo, esasperato, stanco di lottare, di fare una guerra persa in partenza … era esausto, logorato dai mille pensieri che si accalcavano prepotenti nella sua mente. Spossato si arrese e lasciò che la cruda verità emergesse, lasciò che l’esasperazione, la frustrazione e la rabbia uscissero legate indissolubilmente alle parole.
«Cosa ti devo dire? Cosa vuoi sentirti dire … che quello stronzo mi minaccia di dare a mio padre le foto che dimostrano quello che sono … un finocchio! È questo che vuoi sentirti dire? O preferisci che ti dica che mi sbatto ragazzi che non conosco neanche? Dimmi cos’altro vuoi sapere? … … Adesso puoi odiarmi, puoi disprezzarmi e essere disgustato da me … ma fallo fuori da casa mia …»
Akira non sapeva cosa dirgli, gli aveva detto tutto così in fretta che era rimasto senza parole. L’unica cosa che riuscì dire, quando gli si era avvicinato cercando di abbracciarlo per infondergli coraggio e per porre fine al tremore che percorreva il corpo di Enjoji, fu: «io non ti odio e non ti disprezzo, non potrei farlo … qualunque cosa tu faccia!”
Il carico emotivo fu troppo pesante da sostenere per Enjoji che svenne in quel dolce abbraccio. 
Akira lo portò a letto, lo distese delicatamente e lo avvolse con la coperta. Spense la luce e tornò in soggiorno. Prese la busta e la aprì. Il cuore gli batteva velocemente, ancora un po’ titubante, estrasse le foto. Il suo cuore si fermò per qualche istante per poi ricominciare a battere violentemente, dolorosamente. Le foto raffiguravano Enjoji in atteggiamenti inequivocabili, mentre cercava di rimorchiare un giovane in un locale, che probabilmente aveva una clientela esclusivamente gay. Akira in quel momento provò una fitta dolorosa nel petto. Vedere Enjoji con un uomo lo turbava così tanto?! La verità è che era amareggiato ogni volta che vedeva il suo migliore amico, il suo confidente, colui che considerava più di un fratello con qualcuno che non fosse lui.
Rimise le foto nella busta e la ripose e si andò a sedere sulla poltrona aspettando che Enjoji si risvegliasse.




 
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