PARTE: 5/6
DISCLAIMER: Qs personaggi sono miei e ci
faccio quello che voglio
Enjoji
di Ki-chan
Akira aprì la porta del suo appartamento ed entrò aiutando l’amico che
però gli svenne tra le braccia per il dolore e la stanchezza. Akira,
allora, lo prese in braccio e lo portò in camera da letto dove lo adagiò
lentamente sul letto. Gli tolse il cappotto e le scarpe, poi si dedicò al
maglione, scoprì lentamente la pelle liscia e bianchissima dell’ampio
torace dell’amico. Pose il maglione sulla sedia e tornò vicino al letto
per coprire il corpo dell’amico con il piumone quando si accorse della
macchia rossa sui Jeans, decise così di togliergli anche i pantaloni, non
sopportava di vedere la traccia così evidente dello stupro.
Gli sfilò i jeans e i boxer che erano anch’essi sporchi di sangue, quel
pervertito certo non era stato delicato con lui.
Prese gli indumenti e li gettò in lavatrice poi prese una salvietta e la
imbeve con un acqua e ritornò da Enjoji. Delicatamente gli ripulì le cosce
e i glutei del sangue rappreso. Il corpo di Enjoji, che nel frattempo si era
ripreso, sotto quel tocco, anche se estremamente delicato, fu percorso da
tremiti. Akira, allora, si affrettò a calmarlo.
Quando ebbe finito, ricoprì l’amico con il piumone e si diresse verso il
bagno quando fu fermato dalla voce del compagno che sussurrando disse: «
Aki-chan ti prego rimani qui con me!»
Akira si sentì morire, da quanto tempo che non lo chiamava in quel modo, da
quanto tempo non cercava più la sua vicinanza.
Gli si coricò accanto e lo abbracciò delicatamente.
Enjoji si strinse nel suo abbraccio e appoggiando il volto nell’incavo del
suo collo cominciò a piangere silenziosamente, copiose lacrime scendevano
dai suo occhi, cadendo sulla spalla di Akira e accarezzando la sua pelle.
Lentamente le lacrime si placarono e lui si calmò, addormentandosi in quel
dolce abbraccio intossicante.
La notte fu lunga e costellata di incubi ma il fatto che ogni qualvolta si
svegliava impaurito e imperlato di sudore trovasse Akira lì accanto a lui
che lo abbracciava, lo rassicurava e gli permetteva ogni volta di
riaddormentarsi.
La mattina però si ritrovò da solo nel letto, in quel grande letto che
aveva lo stesso odore di Akira.
Orfano della presenza del corpo accanto a lui, tentò di mettersi a sedere
sul letto. Non ci riuscì, appena sollevò il capo la testa cominciò a
girargli e un tremendo mal di testa manifestò la sua presenza accompagnato
da un dolore che dai lombi si irradiava per tutta la schiena.
Ricadde rassegnato sul materasso, tutto quello che era successo in quel
momento lo sommerse come un'onda impetuosa.
Aveva lo sguardo fisso sul soffitto quando sentì dei passi avvicinarsi al
letto, voltò la testa e vide Akira, avvicinarsi con un vassoio in mano.
« ti sei svegliato! Ti ho portato la colazione »
« grazie»
Si mise seduto con l'aiuto dell'amico che subito dopo gli porse un bicchiere
d'acqua e una pastiglia dicendogli che gli avrebbe alleviato un po’ il
dolore.
Non aveva molta fame ma si sforzò ugualmente di ingerire qualcosa.
Quando ebbe finito Akira portò via il vassoio e quando riapparve nella
stanza aveva in mano i boxer di Enjoji. Glieli porse dicendo:« tieni, per i
jeans però dovrai aspettare un po’ perché ieri sera ti ho lavato i
vestiti e non sono ancora asciutti … »
« potresti prestarmi tu un paio di pantaloni?»
« si certo, ti andranno un po’ grandi però»
Aprì un cassetto e ne tirò fuori una tuta nera.
« ti va bene questa?»
«Grazie»
La appoggiò ai piedi del letto. Akira preferì uscire e lasciare da solo
Enjoji mentre si cambiava. La sua scelta comunque non aveva nulla a
che vedere con gli avvenimenti della sera precedente.
Tra di loro non c'era mai stata vergogna nel vedersi senza vestiti, dopo
tutto erano cresciuti insieme, ma in quell’ultimo periodo il loro rapporto
era cambiato e tra loro non c'era più quello inibito che aveva
caratterizzato la loro giovinezza.
Dopo poco Enjoji uscì dalla camera vestito e teneva nella mano destra il
cappotto. Si diresse senza dire nulla verso la porta. Sapeva che non
sarebbe riuscito ad andarsene senza dare spiegazioni ad Akira, in fin dei
conti avrebbe avuto ragione se gli avesse fatto delle domande o avesse
insistito per farlo rimanere, ma la situazione gli stava sfuggendo di mano,
non poteva più stare vicino a lui o sarebbe impazzito e certo Akira non si
meritava di dover fare da balia a uno come lui, non capiva perché gli stava
ancora accanto, sembrava che non gli importasse che lui fosse un … un
pervertito che si divertiva a passare la notte con ragazzi che non aveva mai
visto, un bambino debole che si illudeva di essere forte ed auto sufficiente
e che continuava a cercare la mamma, che nel suo caso era Akira, un relitto
umano che non era in grado che di soffrire e che non desiderava altro
che morire ma che era troppo codardo per suicidarsi, un amico ingrato che
era capace solo di allontanarlo e ferirlo quando non desiderava altro che
stare fra le sua braccia, un debole che non era riuscito ad evitare che un
sadico, depravato abusasse di lui, dissolvendo anche quel poco di dignità
che gli era rimasta.
« dove stai andando?»
Quelle parole tradirono la sua preoccupazione il suo stupore e anche la sua
rabbia, proprio non capiva perché Enjoji si ostinasse ad allontanarlo, a
scappare da lui, anche se il suo tono aveva sempre un velo di dolcezza e di
tenerezza. Un aspetto di Akira che era riservato esclusivamente al suo
piccolo angelo, non era più tanto piccolo sia d'età che d'aspetto, ma per
lui rimaneva sempre l'amico indifeso che doveva e voleva proteggere perché
una creatura tanto bella e dolce non meritava di soffrire. Per tutti gli
altri Akira Togashi era un uomo intoccabile, freddo e riflessivo che sapeva
fare benissimo il suo lavoro, una persona tutta d'un pezzo a cui nulla
avrebbe potuto far perdere la calma.
« voglio tornare a casa?»
« e vuoi andarci a piedi?»
« … …»
«Lascia almeno che ti accompagni»
« non ce n'è bisogno»
« allora ti chiamo un taxi»
« non ce n'è bisogno»
« ma se non riesci nemmeno a camminare … e comunque
ormai ho deciso»
« ma io non ti ho chiesto niente»
« ormai sono anni che non mi chiedi più niente … sono
anni che non mi parli …»
Le cose stavano degenerando, entrambi stavano perdendo il controllo delle
loro parole, nessuno dei due voleva mettersi a litigare, non lo avevano mai
fatto da quando si erano conosciuti, ma adesso non erano più in grado di
tacere, di nascondere le loro paure, le loro angosce e il loro rammarico.
Dopo una breve pausa Akira riprese, era intenzionato a fare chiarezza, a
capire cose gli stava succedendo perché si comportava così nei suoi
confronti.
« perché cerchi in tutti i modi di allontanarti da me?»
« … … »
« avrò almeno il diritto di saperlo»
« tu non dovevi vederlo!»
« vedere cosa?»
« cosa sono diventato, cosa sono»
« …»
« non dovevi saper che sono gay, delle mie notti brave e soprattutto non
dovevi venire ieri sera, dovevi lasciare che quel maiale finisse di
torturarmi … tu non dovevi saperne niente … niente …»
La sua voce si trasformò in un grido disperato. Akira, allora, gli sollevò
il mento con la mano costringendolo ad alzare lo sguardo che teneva
inchiodato sul pavimento.
« cosa stai dicendo? Ti sembrano discordi sensati? Sei convinto che avrei
potuto lasciarti lì? E poi, credi veramente che io non possa accettare la
tua omosessualità? Io l'ho già accettata e non mi crea nessun problema
piuttosto sei tu che non riesci a farlo … »
« … »
« non è solo questo vero? Non è solo la paura che io possa non
accettare le tue tendenze sessuali, non è così? Cos'è che ancora ti
spinge a scappare da me? Hai paura di me? Non mi ritieni più tuo amico?
Cosa? Per favore dimmelo!»
« per me non sei più solo un semplice amico e non riesco più a sopportare
questa situazione …»
« … »
« vado ad aspettare il taxi!»
E detto questo, senza dare il tempo ad Akira di controbattere, uscì
dall'appartamento con passo spedito, per quanto il suo corpo glielo
permettesse.
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