PARTE: 4/4
DISCLAIMER: Qs personaggi sono miei e ci
faccio quello che voglio
Enjoji
di Ki-chan
Akira raggiunse il luogo dell’incontro, un piccolo bar nel centro di Tokyo
dove era solito incontrarsi con i suoi uomini per ricevere informazioni.
Shinji era già seduto al tavolo riservato a nome di Akira Togashi. Si
sedette anch’egli al tavolo di fronte all’uomo che senza molti
cerimoniali cominciò a fargli il resoconto della giornata di Inawa. Nulla
di rilevante, almeno per la prima parte fino a quando Shinji non gli mostrò
una starna foto che raffigurava l’appartenente all’organizzazione
Koshino con altri due uomini, alti, eleganti e pericolosi. Uno di essi in
volto aveva una vistosa cicatrice. Akira prese in mano la foto e la osservò
a lungo poi disse: « questo è l’esponente di spicco della ksf, i nostri
nemici e avversari nella conquista della supremazia a Tokyo!»
« si! Sembra proprio che Inawa sia un traditore »
« … »
L’uomo gli mostrò altre foto e altro materiale che dava sempre più peso
all’agghiacciante ipotesi del doppio gioco.
Le sorprese però non erano ancora finite.
« … la sera è andato al blue moon, un locale gay, ed a passato la serata
lì fino alle due, quando ubriaco è tornato a casa con un ragazzo …
quest’ultimo era piuttosto malconcio … aveva il volto pieno di lividi
così incuriosito ho chiesto un po’ in giro a quelli che lavorano nel
locale, dicono sia un cliente fisso, che ogni sera passa la notte con un
accompagnatore diverso, ma anche se paga bene nessuno vuole più stare con
lui perché sembra sia molto violento con i ragazzi … beh è una cosa
inutile però ho pensato che forse voleva saperlo …»
« hai fatto un ottimo lavoro, mi sei stato di grande aiuto ma adesso devo
andare.»
Si alzò, prese tutte le foto e il dossier su Inawa e uscì da velocemente
dal locale. Aveva una strana sensazione, era preoccupato. Adesso capiva come
aveva fatto a scattare quelle foto ad Enjoji, probabilmente lo aveva visto
casualmente durante una notte al Blue moon e ne aveva approfittato per
ricattarlo. Decise di parlarne con Enjoji ma quando raggiunse
l’appartamento lo trovò deserto e si ricordò delle parole dell’amico
riguardo a un probabile incontro con Kato.
Riprese la macchina e si diresse all’organizzazione dove trovò Kato che,
però, era da solo.
Cominciò a preoccuparsi, una voce dentro di lui gli gridava che il suo
amico, la cosa più importante per lui, in quel momento era in pericolo.
Chiese impaziente se aveva visto Enjoji e se sapeva dove fosse in quel
momento.
« si! E’ venuto qui all’organizzazione per chiedermi qualche
informazione su come procedeva il lavoro, poi mentre stavamo parlando lo ha
chiamato Inawa dicendo che voleva vederlo così lui ha preso e se n’è
andato, la cosa mi ha insospettito, non mi è mai piaciuto quell’uomo, così
gli ho chiesto dove stesse andando e perché. Lui mi ha risposto che doveva
risolvere una cosa con Inawa e che lo avrebbe raggiunto nel suo ufficio
nella parte est della città. poi è sparito.»
Il suo cuore cominciò a battere veloce fino a fargli male, uscì e correndo
raggiunse la macchina, il vago presentimento che prima lo aveva sfiorato
leggermente, in quell’istante gli attanagliava il cuore. Adesso sapeva
cosa tentava di dirgli quella voce dentro di lui, il suo cuore aveva paura,
lui aveva paura di non essere in grado di aiutare Enjoji, di proteggerlo.
Corse, il mondo attorno a lui non esisteva più, la sua mente, i suoi occhi,
il suo cuore vedevano solo Enjoji in pericolo e questo lo faceva tremare,
faceva quasi fatica respirare. Raggiunse la macchina e accese il motore.
Si fermò un istante per calmare il suo cuore impazzito e per recuperare un
briciolo di razionalità poi partì in direzione della zona est della città,
facendo numerose congetture su ciò che un uomo simile avrebbe potuto volere
da lui.
*** ***
Enjoji si sedette sulla poltrona davanti all’enorme scrivania di Inawa.
Era un ufficio molto ampio ed elegante, arredato con mobili molto costosi e
decorata con oggetti di valore, tra questi c’era era una splendida statua
del rinascimento italiano, raffigurante un ragazzo dalle fattezze sinuose e
perfette, che attirò subito l’attenzione di Enjoji.
« è bella vero? Quella statua mi è costata molto, ma n’è valsa la
pena, non credi che quel ragazzo abbia un fascino particolare?»
« non sono venuto qui per discutere su un pezzo di marmo! … vediamo di
fare in fretta, dimmi cosa vuoi da me, non mi hai chiamato per questo?!»
«Come sei impaziente, non sopporto i giovani d’oggi, non sanno prendere
la vita con calma, sono troppo impulsivi … calmati e bevi qualcosa. Non ti
preoccupare che avrò ciò che voglio»
Gli porse un bicchiere, e con un sorriso tutt’alto che rassicurante si
sedette dietro la scrivania. Enjoji bevve senza opporsi, voleva andarsene,
quella farsa era durata anche troppo.
La vista cominciò ad annebbiarsi, la stanza cominciò a girare, una strana
sensazione di leggerezza lo avvolse. Cercò di alzarsi ma dovette
desistere dal suo proposito ricadendo, pesantemente, sulla poltrona, gli
girava troppo la testa. Una figura si avvicinò a lui, Inawa.
« non ti preoccupare fra poco la testa non ti girerà più, per quello che
ho in servo per te devi essere cosciente!»
Una risata inquietante squarciò l’aria facendo venire i brividi lungo la
spina dorsale da Enjoji che cominciava a preoccuparsi seriamente per quello
che stava accadendo, voleva andarsene ma non aveva forze, si sentiva stanco,
spossato.
Il suo aguzzino aveva ragione, la testa aveva cessato di girare ma si
sentiva dannatamente intorpidito.
«Cosa mi hai dato brutto bastardo?»
« sai durante la guerra i samurai erano soliti utilizzare una droga per
torturare i prigionieri e costringerli a parlare. Questa droga ha la
caratteristica di indebolire e intontire chi la assume ma la cosa ancora più
bella è che stimola tutti i centri nervosi aumentando la ricezione di tutti
gli stimoli, così il dolore viene amplificato … bello vero? Sai è molto
rara, ma per te, mi sono dato molto da fare per trovarla. Dovresti esserne
lusingato … e non fare quella faccia da cane rabbioso o il tuo bel visino
perde la sua bellezza, vedrai che quello che voglio farti ti piacerà.»
«Fottiti!»
« è qui che ti sbagli. Ahhaa …»
Il semaforo diventò rosso, fermò la macchina. Un lampo gli squarciò la
mente. Il giorno prima non aveva fatto particolare attenzione alle ultime
parole di Shinji ma adesso gli tornavano in mente come una nenia nefasta.
In quel momento capì quale destino attendeva il suo amico e il suo cuore
perse qualche battito, quel maiale non doveva neppure avvicinarsi al suo
dolce angelo, lui non glielo avrebbe permesso. Si accese la luce verde e la
macchina sgommò, sfrecciando verso la sua destinazione, con una nuova
angoscia che opprimeva il cuore dell’automobilista.
Gli si avvicinò e lo prese per il maglione nero costringendolo ad alzarsi
dalla poltrona, lo spinse fino alla scrivania dove sussurrandogli
nell’orecchio terminò la frase che aveva cominciato: « ti sbagli non sarò
io ad essere fottuto »
Mentre stava ancora pronunciando queste parole con una mano aveva
raggiunto la cerniera dei Jeans della sua vittima e cominciò lentamente ad
aprirla.
Enjoji era spaventato anche se cercava di non dimostrarlo, quella situazione
lo stava facendo impazzire, non essere in grado di reagire e di difendersi,
o almeno provarci, lo stava inquietando.
Poi raccolte le forze diede aria alla domanda che gli aleggiava nella mente,
una semplice parola ma che conteneva in sé milioni di cose, milioni di
domande, perché?
L’uomo più anziano interruppe momentaneamente il suo lavoro con la
cerniera, stupito per la domanda, poi con uno strano ghigno che gli arcuava
le labbra acconsentì rispondergli.
« perché?! … io ti odio, come odiavo tuo fratello, … … due ragazzini
che non hanno fatto mai niente nella vita, hanno il diritto di diventare i
nuovi capi dell’associazioni ed io che ad essa ho dato tutta la mia vita,
ho lavorato per anni sacrificando anche me stesso, non posso nemmeno sognare
di diventare il successore di tuo padre … e tutto perché ci siete voi due
… ragazzini viziati … ops dimenticavo che ora sei rimasto solo tu, il
tuo caro fratello è passato a miglior vita! … … Sai prima non sapevo
come potermi vendicare di te umiliarti e farti diventare mio schiavo fino a
che una magnifica sera ti ho visto al Blue Moon … e ho avuto questa
splendida idea … poi diciamo la verità hai anche un bel culetto che deve
essere una favola da fottere … così oltre che ha vendicarmi di te e di
tuo padre potrò anche godere un po’ senza nemmeno pagare quelle stupide
puttanelle travestite! … …
… …
Perché fai quella faccia? Vedrai che ti piacerà anche a te, poi sei solo
una puttana … dovresti essere abituato a prendertelo nel culo! … adesso
però mi sto stancando di parlare …»
Gli prese un braccio e lo fece voltare, spingendolo contro la scrivania.
Enjoji si trovò con il torace appoggiato sul piano della scrivania e le
braccia distese sopra il capo anch'esse sulla scrivania e la testa
voltata da una parte con la guancia a contatto con il freddo vetro che
ricopriva lo scrittoio.
Inawa si tolse la cravatta e con questa gli legò i polsi sopra il capo.
Il suo aguzzino gli abbassò i jeans e i boxer fino alle ginocchia lasciando
la sua pelle nuda.
Orami aveva superato ogni sua difese, non c'erano più nemmeno quel sottile
strato di tessuto a dividerlo e proteggerlo dalle mire di Inawa. Sentì due
mani fredde sfiorargli i fianchi e raggiungere i suoi glutei che allargarono
appena poi, un dolore insopportabile, la carne sembrava lacerarsi sotto
quella violenta e unica spinta per penetrare in lui. Il dolore era
insopportabile e se il suo orgoglio non glielo avesse impedito avrebbe
gridato, ma non voleva dargli la soddisfazione di vederlo soffrire.
Il dolore certo non diminuì quando cominciò a muoversi in lui con spinte
veloci e profonde ma Enjoji orami era rassegnato sentiva solo quel dolore
insopportabile e nient'altro, il mondo attorno a lui era sparito, la
sua mente era vuota, deserta a accezione del ricordo di una persona: «
Akira »
Era quasi un sussurro, una preghiera, un modo per scacciare quelle tremende
sensazioni che gli invadevano il corpo ormai tremante per il dolore.
Fermò la macchina sotto lo stabile dove era collocato l’ufficio di Inawa
. Spense il motore e scese lentamente dalla macchina e con passo deciso entrò
dal portone. La rabbia, la preoccupazione e angoscia si erano concentrate
esclusivamente nei suoi occhi, nel suo sguardo. Il suo cuore batteva
regolare, il suo respiro non tradiva la minima emozione, le sue mani non
tremavano, ma il suo sguardo era freddo, truce, tagliente e molto
pericoloso. Inawa era riuscito a risvegliare in lui la parte più spietata.
Era cosciente delle sue azioni, la rabbia e la paura che erano ugualmente
molto presenti in lui non gli offuscavano la mente, anzi lo aiutavano ad
agire con estrema freddezza e razionalità e soprattutto con estrema crudeltà.
Il portiere, posto a controllo dell’entrata, non c’era, un ostacolo in
meno. Raggiunse la porta dell’ufficio, a guardia, in fondo al corridoio,
c’era un uomo armato che appena vide Akira gli si avvicinò chiedendogli
il motivo della sua visita. Era un ragazzo, molto probabilmente non era
molto esperto, meglio, non gli avrebbe creato molti problemi.
« posso darti un consiglio? Vattene e non disturbarmi con stupide domande!»
La voce era fredda, bassa e ferma, non sembrava nemmeno umana. Il ragazzo si
spaventò, la paura gli correva sulla schiena causando profondi brividi,
ugualmente si fece coraggio e con voce tremante, che tradiva la sua
inquietudine, disse: « no! Gli ripeto la domanda: perché è qui?»
Come risposta ottenne un pugno in pieno stomaco che lo fece accasciare sul
pavimento quasi senza fiato e per poco non perse i sensi.
Akira si allontanò da quel fagotto umano raggiungendo la porta
dell’ufficio, costatando che, come si aspettava, era chiusa a chiave.
Le testa aveva ricominciato a girargli, il dolore era insopportabile e lui
avrebbe voluto morire, addormentarsi e non risvegliarsi mai più, non
sentire quel corpo che si spingeva dentro di lui causando delle fitte
insostenibili, non udire quei gemiti rochi e disarticolati prodotti ogni
volta che penetravi di più in lui, non avvertire quel grido disumano quando
venne in lui, il liquido caldo che si diffondeva in lui come un siero di
morte, avrebbe voluto solo vedere il buoi, il nulla attorno a lui, e
soprattutto avrebbe voluto non vedere più se stesso.
Sentì quel corpo estraneo uscire da lui e delle parole che si persero nella
stanza perché lui non voleva ascoltarle, non gli interessava sapere quale
altroinsulto o quale altro scherno il suo aguzzino avesse in servo per lui,
non gli interessava più nulla.
Con un violento calcio spalancò la porta. La scena che gli si presentò
davanti agli occhi era agghiacciante, era arrivato troppo tardi. Inawa era
ancora vicino al suo piccolo angelo che era … era … in una posizione
inequivocabile, le sue congetture più pessimistiche si erano rivelate
esatte … lo aveva violentato e lui non era riuscito a impedirglielo. due
occhi spauriti lo guardavano. Erano colmi di emozioni che per lui erano
facilmente decodificabili, al contrario dei suoi, freddi, vuoti quasi non
fossero nemmeno quelli di un uomo ma di una belva feroce . Poi quegl’occhi
scuri e profondi si chiusero lentamente per riaprirsi subito dopo quando una
voce dura e bassa squarciò l’aria.
« Allontanati immediatamente da lui!»
« sei geloso, avresti voluto farglielo tu? …»
Ma si interruppe vedendo quello sguardo feroce che lo trapassava, mentre si
avvicinava lentamente. Akira si fermò a qualche passo da lui, lo guardò
per qualche istante, freddo e impassibile. Gli si scagliò contro.
Un pugno in pieno volto lo fece cadere a terra confuso e disorientato.
Lo prese per la camicia e lo obbligò ad alzarsi, un altro pugno raggiunse
Inawa al volto e subito dopo nello stomaco.
Era steso a terra con il volto ricoperto da lividi e sangue, il corpo
tremante e il respiro affannato, ma con un ghigno di sfida sul volto,
sembrava quasi divertirsi a ricevere e incassare pugno, aveva paura certo,
Akira poteva anche ucciderlo e forse era quello che desiderava dopo ciò che
aveva fatto all’amico, ma ugualmente questa situazione lo eccitava, essere
riuscito a vendicarsi di Enjoji e contemporaneamente a ferire a tal punto
Akira lo riempiva di gioia e soddisfazione.
Si preparò a incassare l’ennesimo pugno quando Akira si fermò,
richiamato da un sommesso gemito di dolore alle sua spalle.
Akira si girò, Enjoji era scivolato a terra senza forze, aveva tentato
d’alzarsi per potersi rivestire in qualche modo, ma il doloro glielo aveva
impedito ricadendo sul pavimento accompagnato da un gemito che aveva
richiamato l’attenzione dell’amico.
Akira lo raggiunse ai piedi della scrivania e delicatamente gli slegò i
polsi e lo rivestì, con delicatezza gli riabbottonò i jeans e lo aiutò ad
alzarsi. Lo sorreggeva con un braccio intorno alla vita mentre con l’altra
mano faceva passare il braccio dietro il collo.
Erano ormai giunti alla porta quando Inawa, spavaldamente anche se ogni
centimetro del corpo gli doleva a causa dei colpi infertigli da Akira,
disse: « hai fatto un errore a venire qui e trattarmi in questo modo …
così il suo caro paparino presto saprà a che razza di figlio degenere ha
deciso di affidare l’organizzazione … ops magari Enjoji non ti ha
raccontato delle sue notti brave in certi locali … »
« diglielo pure, poi vediamo cosa dice del fatto che gli hai violentato il
figlio »
« è troppo codardo per dirlo a suo padre! »
« forse … io no però! »
« … »
Uscirono dall’ufficio lasciando Inawa in condizioni pietose, ma ancora
vivo, purtroppo. Enjoji, mentre stavano percorrendo il corridoio per
raggiungere l’ascensore, sarebbe certamente caduto per terra se le braccia
forti dell’amico non lo avessero trattenuto.
« cos’hai?»
Chiese Akira allarmato anche se la risposta la poteva benissimo immaginare.
« mi fa tanto male»
Rispose con un sussurro, un lamento stringendosi maggiormente al compagno
cercando un po’ di sostegno.
« non ti preoccupare ho la macchina qui sotto … ora ti porto a casa!».
Raggiunsero finalmente la macchina. Enjoji faceva molta fatica a camminare,
a ogni passo il dolore si riacutizzava, impedendogli quasi di respirare.
Si sedette davanti, nel posto accanto al guidatore, senza dir nulla. Durante
il tragitto nessuno dei due disse nulla, cosa dire in una simile situazione?
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