Endless Dark

parte I

di Sad


Come si può vivere senza cuore?

Quando lo doni a qualcuno non è più tuo, non sei più libero, non più felice.

Anche se in certi attimi si prova una gioia immensa, quest’amore così vincolante non ti porta altro che tristezza, angoscia e terrore.

 

Mi ricordo di una fiaba che lessi per caso.

Un uomo, per non far esplodere il suo cuore per la troppa agitazione causata dalla lontananza di una persona a lui cara, si era fatto sistemare tre cerchi attorno al cuore.

 

Ed è proprio questo che vorrei ora, un cuore forte che riuscisse a superare i dolori che mi affliggi, un desiderio assurdo, sarebbe molto più facile chiedere di averti accanto nel modo che io cerco, tu che possiedi il mio cuore... tu che lo rappresenti.

 

E perché no? Sei l’unico a cui darei una simile importanza.

 

Ma non te ne compiacere, vedrai anche io mi liberò di queste catene invisibili; è come se mi ci stessi assuefacendo dentro e anche se per ora è andato bene così, non vuol dire che lo sarà in eterno.

Questo calore non mi è congeniale.

 

Lo so, sei sempre stato tu il più forte, mentre ti guardavo in lontananza, di nascosto, non facevo altro che rendermi conto della tua superiorità, ed incerto mi avvicinavo di più, sempre, fino al momento del tuo intero deterioramento.

Sì, a causa mia tu ti saresti corrotto, le tue fragili mani avrebbero accompagnato le mie verso una fine certa.

Tuttavia non potevo evitarlo, sin da allora, da quando ti vidi; quando mi destai, come se prima di allora non lo fossi mai stato.

Dunque capì, avrei voluto stringerti a me, per far cessare i miei tremori, e le mie paure sarebbero dissolte via con le tue, tenendoci per mano.

 

Ma ora mentre sei qui accanto a me, mi accorgo di aver commesso un nuovo errore, ma questo sarà l’ultimo, di certo.

Mi guardi, alzando di poco lo sguardo per catturare il mio, ti stringo la mano, sorridi.

Perché? Perché non mi odi neppure ora?

“Tu sei sempre stato troppo buono.”Mi avvicino e te lo mormoro lentamente, unisci la tua mano alla mia e la baci.

Cosa vuoi dirmi? Io non riesco a capire.

I tuoi occhi si stringono mentre tu continui a sorridere.

Un sussurro inafferrabile, ma riesco a comprendere ciò che dici. Lo ripeto, con ironia, consapevole dell’effetto che avrà su di te.

“ E’ per me? Il tuo amore è solo mio...Credi che non lo sappia? “

Spalanchi gli occhi e mi fissi, ma il tuo sguardo è cambiato: pietà, solo questo ora vi leggo dentro.

Lo sai che non la sopporto la tua pietà, meno di quella di qualunque altro.

Il tuo solo compito è quello di amarmi, e se sono arrivato a questo è perché non lo hai fatto abbastanza.

Già, non è colpa mia...”Solo tua...solo tua.”.

Ti strattono e ti getto a terra.

Gemi piano, tossisci e sputi sangue, che pulisci dagli angoli della bocca con la mano, ti blocchi a guardarlo e tremi violentemente, ma non è per paura, vero?

Scendo dal letto e mi avvicino al tuo corpo inerme...

Provo una sensazione nostalgica, ho già provato tutto questo, anche se in maniera piuttosto diversa.

 

“Ti amo.” Enuncio con un fiato, mentre mi sdraio accanto a te abbracciandoti, portando il mio capo sul tuo petto.

E’ così fragile, il tuo battito, riassume tutto questo, il tuo amore effimero che provi per me è debole proprio come il rintocco del tuo cuore, e quando smetterà, mi ritroverò ancora solo.

Ma io ci sono abituato, credo che questa è la condizione migliore per me.

 

La solitudine non è ciò che agognano tutti?

L’unico vero passo verso la libertà...Ora che provo tutto quest’amore l’ho finalmente compreso.

 

Scusami, lo so che non meriti tutto questo, tu hai sempre accettato ogni mia decisione.

Credo di essere pazzo, io che dicevo di amarti più di ogni altra cosa, ti ho fatto questo.

Ormai è troppo tardi e neanche farò qualcosa per rimediare alla situazione, come sempre rimarrò a guardare.

Mi vergogno di questo me stesso, ma è l’unico vero che possiedo.  

Sto per assopirmi nel tuo calore che lentamente svanisce, ma violente scosse del tuo corpo mi risvegliano.

Boccheggi, stai per pronunciare qualcosa ma non ne hai le forze, stringi gli occhi cercando di resistere al dolore, passi una mano sui miei capelli e mi accarezzi.

Alzo il viso verso la tua direzione, i tuoi occhi sono così vacui che ho paura che tu non riesca nemmeno a vedermi.

Forse speri che non ci sia io, ma lei, vero?

Non hai torti, lei ti amava, di un amore vero, fratello.

Nemmeno minimamente paragonabile al mio.

Credo di aver cominciato a piangere, poiché le tue dita fredde mi sfiorano la guancia, raccogliendo un piccolo scintillio, causato dalla luce lunare che attraversa le tende delicate della nostra stanza.

Mi strofino con rabbia gli occhi, io non sono in grado di piangere!

Non devo, è come se fosse una mancanza di rispetto per ciò che ho scelto.

 

Io sono così debole fratello, ma la tua vicinanza agisce su di me rafforzando tutto questo.

 

“Voglio sentire...la nostra storia, voglio capire il motivo per cui siamo giunti a questo punto.”

Lo pronunci tutto d’un fiato, stringendo forte gli occhi per resistere al dolore che ti brucia il petto; dopo esserti calmato, mi guardi con impazienza.

Perché sei così ansioso di sentire tutto questo?

 

Una storia amara con un minimo retrogusto dolce, quello del sangue.

Infatti è questo: lacrime e sangue.

Ma va bene così, in fondo è la storia della nostra vita e del nostro dolore.

 

Da dove potrei cominciare? Ah, ma certo.

Ti guardo e sorrido mentre tu fai lo stesso -un sorriso così fragile che mi terrorizza- stringendoti a me.

 

Credo sia opportuno cominciare, da quando ti vidi per la prima volta, e insieme a te, Justice, nostra madre.

Era tornata, per riprendermi da quell’orfanotrofio, per riportarmi a casa, e anche se provavo una gioia immensa, ormai sentivo solo un gran vuoto.

Entrare in una famiglia che non mi apparteneva più, una famiglia che non mi avrebbe mai amato.

Anche se allora non pensai a questo, lo provavo all’interno di me, senza sapere nulla all’incirca delle mia paure.

Ma quando la guardai, più che da lei rimasi affascinato da te, quel bambino timido e tremante, che sei sempre stato, che si guardava intorno spaventato, mentre ti aggrappavi alla sua mano, così teneramente, che provai subito un infinito amore verso di te.

Eri così bello.

I tuoi grandi occhi azzurri spiccavano sulla tua carnagione pallida, e i tuoi capelli soffici, erano di un biondo talmente chiaro, che sembravano argentei, mi ricordavano le perle, erano perfetti quanto quei tesori.

Quando dovetti afferrare la mia mano per presentarti, non mi guardasti mai negli occhi, mentre pronunciavi così piano quel nome, che all’inizio non capii, ma che poi mi fu chiaro.

Benedict.

Perfetto e benedetto, come gli angeli del paradiso, che avevo osservato, sfogliando i libri.

Fu quello che pensai e che ti dissi, rivelandomi.

Tu alzasti lo sguardo e mi guardasti imbarazzato- il tuo viso era diventato deliziosamente rosa sulle gote- per la prima volta, e fu come una ventata di calore quella che attraversò il mio corpo.

 

Per un attimo devo aver afferrato il concetto di felicità. 

 

Ma tu non ebbi tempo di rispondere, eri tornato tra le sue braccia troppo premurose nei tuoi confronti.

E mentre mi guardava con disprezzo, avrei dovuto capire, che non mi avrebbe mai permesso di avvicinarmi ulteriormente a te.

Ero confuso, nella mia mente idealizzavo come madre una donna da un sorriso dolce che mi avrebbe teneramente stretto tra le sue braccia calde.

Ma quella donna non l’ho mai conosciuta, si è volatilizzata non appena i suoi occhi colmi di rabbia si sono posati su di me.

 

Ero solo un bambino ingenuo, avrei dovuto capirlo da molto prima, dal suo abbandono, che non avrebbe mai provato amore per me.

Quel giorno dopo ben dodici anni senza vedermi, non si era minimamente avvicinata, come se le provocassi un enorme repulsione.

 

E mi balenò per la prima volta quell’idea, la certezza che quel nome assurdo me lo aveva affibbiato lei, proprio a causa del suo disgusto.

Perché mi vedeva così?

C’era qualcosa nel mio aspetto che le faceva così orrore, un motivo che io scoprì solo in seguito.

 

Non me preoccupai eccessivamente, ero felice allora.

Finalmente avrei potuto trascorrere la vita di un comune bambino.

Non sarei più rimasto solo, avrei avuto una madre ed un fratello accanto a me.

La tua presenza mi riempiva di gioia fin da allora.

 

Ma come capii subito, le mie idee erano solo vani desideri.

 

Badavo molto ai suoi sorrisi nei tuoi confronti, era davvero radiosa mentre stava in compagnia della tua presenza, e non potevo fare a meno di essere felice per i suoi sguardi soddisfatti.

Ben presto però, capì quanto per lei non significassi nulla.

Ed allora la mia spensierata felicità per entrambi si trasformò in una rabbiosa gelosia.

Per quella donna io non rappresentavo nulla di più di un sopramobile.

La sua vita ruotava attorno a te.

Le eri così caro.

Eravate felici anche sprovvisti della mia presenza.

Io non ho mai rappresentato nulla per voi.

Ed era questo che mi bruciava più di ogni altra cosa, il fatto di sapere che non ero necessario per nessuno.

 

Perché ero stato messo al mondo?

 

Domande simili mi tormentavano, erano incubi perenni che non mi abbandonavano mai.

Divenni triste.

L’iniziale momento piacevole che mi aveva stordito con il suo arrivo era lontano, terminato a causa dei vostri sguardi nei miei confronti.

Ero invisibile.

Nessuno mi scorgeva.

Chiedevo aiuto.

Un aiuto silenzioso, che solo chi ha le orecchie tese potrà ricevere.

Ma nessuno arrivò a soccorrermi, ormai la mia vita non rifletteva nulla, solo il vuoto che avevo attorno.

Sicuro della mia inutilità, mi distaccai da tutti quei penosi pensieri, cercando di continuare a fare ciò che mi doveva essere naturale: vivere.

Ma era difficile, davvero.

Più mi sforzavo di sorridere, per il cinguettio degli uccelli al risveglio nel mio letto, più mi sentivo inesorabilmente solo.

Quel periodo della mia vita fu monotono, piatto come le mie emozioni.

Non sorridevo più, non piangevo più, ero diventato impassibile a tutto.

Anche a te.

Avrei dovuto capire che dovevo vivere per me stesso, solo per la mia felicità.

Non lo compresi ero troppo dolce allora.

Ero solo un bimbo, che si ritrova a vivere solo anche se circondato dai suoi familiari.

Chiedendosi disperatamente la causa di tutto ciò, inconsapevole delle sue inesistenti colpe.

Non cercai più di avvicinarmi a te, in cerca di qualche contatto.