E' finita

di Marea



 

All’inizio c’era stato solo il dolore, poi, tra un’interruzione e l’altra, stringendo i denti e gli occhi e affondando le mani nella sua schiena, lo avevo lasciato entrare; alla fine, mi ritrovai soltanto con un ritmico nulla altalenante. Dov’era la passione, il piacere, dov’erano i mille baci sul mio corpo, le tenere carezze, gli intensi sguardi? Era tutto svanito, perso, sprofondato nelle sue spinte, noiosamente interminabili. – Non voglio! Non dovrebbe essere così! –

Troppo tardi un mio amico mi avrebbe parlato dell’amaro in bocca che ti lasciano le avventure senz’amore, quelle strane storie in cui ci si incontra come creature senz’anima. Anche se non avevo termini di paragone e solo molto dopo avrei capito, quello che sentivo era inequivocabile. Un allarmante senso di vuoto mi dominava nel petto. Nella mente campeggiava urgente un incredibile pensiero: - Quanto ancora dovrò sopportarlo? Quando finirà? –

Lo avevo accolto io nel mio letto.

Anche se devo ammettere di non essere stato io a prendere l’iniziativa, già dall’inizio sapevo che quella notte non l’avrei fermato, come, invece, avevo fatto le altre volte. Non avrei potuto, perché volevo che accadesse.

Eravamo così coinvolti! Risate, baci, carezze… ed eravamo rotolati ancora una volta giù, sdraiati sul divano. Poi, sollevandomi un po’ per guardare il suo viso, gli avevo detto:

- Vieni, andiamo di là. -

Lo avevo preso per mano e mi aveva condotto nella mia camera, nel mio letto. Gli tesi le braccia e lo accolsi nel mio corpo, credendo di donargli anche il mio cuore. Non fu così. Non ricordo di aver mai più provato tanto freddo nell’anima come allora.

Ricordo ancora la prima volta, quel giorno in cui un bacio non ci era più bastato. Non controllavo più le mie reazioni, mi ero lasciato andare alla deriva in quel mare di piacere che  mi stavano procurando i suoi baci. Lo avevo spinto giù, sdraiandomi su di lui, incastrandolo tra il mio calore e la morbidezza del divano. Ci eravamo letteralmente coperti di baci. Le sue mani erano scivolate facilmente sotto i miei vestiti, io invece avevo faticato un po’ di più a liberarmi della sua camicia, districandomi tra cinta e bottoni. Avevo perso il contatto con la mia mente e tutta la mia razionalità era rimasta relegata in quel luogo così lontano.

Ora che il tempo si era fermato sulle nostre labbra, sulle sue mani, nei nostri corpi non pensavo più alle sue parole: - Preferirei conoscerci meglio e per un po’ di tempo essere solo amici. -, contraddette dalla sua crescente passione. Giacevamo avvinti, stretti in una danza ignara di timori, libera da ogni cautela.

Cos’era cambiato da allora? Non riuscivo a capirlo, mentre lo osservavo muoversi sopra e dentro di me. Mi sembrava di essere solo un corpo nudo con sopra un corpo nudo di un estraneo. Com’era potuto accadere? Perché quel senso di straniamento, di incurante lontananza mi divideva da colui che pensavo di amare? Solo più tardi avrei capito, avrei compreso il significato di quel vuoto. Nel sesso non si può mentire, nudi i corpi, nude le anime mostrano ciò che sono veramente. I loro desideri si offrono come vibranti percezioni, sensazioni vivide e luminose rivelazioni, che si spiegavano in me con una semplicità disarmante. Ero costretto a vedere, a sapere. Potevo solo far finta di niente, scegliere l’auto inganno, la menzogna cosciente, ma questa non è mai stata la mia via. La vita che voglio per me non lo hai mai consentito. Cerco la felicità, l’amore, quello vero, il compagno fedele con cui condividere l’esistenza. Non ci sono scappatoie, né alternative. Un no è un no e lo sarà per sempre. Un giorno forse archivierò tra le inevitabili esperienze della vita anche quest’incontro, questa storia spezzata, ma per quell’ora, in quei momenti in cui era stato parte di me, del mio corpo e del mio mondo, non era stato un semplice ‘incontro’, una ‘storia’ come tante altre, ma era la mia, la nostra storia.

Non potevo arrendermi all’evidenza del fallimento. Tesi ancora una volta le braccia verso di lui e lo attirai a me. Volevo che riprendesse a baciarmi, volevo condividere il suo piacere, non potevo accontentarmi di star lì ad aspettare che avesse finito di dondolarsi dentro di me. Volevo partecipare. Donargli la mia libertà e ricevere in cambio il suo sorriso, felice appagato, ebbro di me, come una mano tesa a strapparmi dalla solitudine in cui ero piombato dopo aver lasciato il mio precedente ragazzo, l’unico che avessi mai avuto e amato.

La mia adolescenza era oramai una vaga memoria di risate, di amici e di giornate tutte uguali tra i banchi di scuola e poi l’amore. Un incontro, inaspettato e sorprendente, il bar del paese, la folla, il mare, il sole e poi noi, solo noi, il resto non contava più niente, come uno sfondo che scorre su di uno schermo. Ma il tempo scivola via. Inesorabile la clessidra posa i suoi granelli inarrestabili sul mutevole paesaggio delle nostre esistenze, ricoprendoci, separandoci, seppellendo il nostro futuro. E così mi sono ritrovato qui, a cercare di andare avanti, a lottare contro il desiderio di gettare via ciò che rimane di me, boccheggiante in questa melmosa disperazione, annaspando per non affogare.

Ho cercato un altro amore, ma cosa ho trovato? Solo un misero sostituto, uno spossante equivoco, che inutilmente si agitava dentro e sopra di me in questa calda serata estiva. Lo guardai. Cercavo una possibilità, una via d’uscita da tutta quest’amarezza. M’illudevo di poter ignorare il palese disinganno gridato dalle profondità del mio essere. Lo baciai, ancora e ancora, sulle labbra, sul viso, scesi sul collo, iniziai a mordicchiare la sua pelle bagnata dal sudore. Scesi ancora. Poggiai le labbra sulle sue spalle e improvvisamente sentii la mia bocca riempirsi del suo sudore. Questo bastò a strapparmi qualsiasi illusione di desiderio. Mi lasciai nuovamente cadere e sprofondai nel cuscino. Avevo definitivamente rinunciato ad amarlo.

Mi disposi ad aspettare che avesse terminato, fissando con malcelato disgusto quelle gocce rotolare, staccarsi e cadermi addosso. Lasciarlo finire, questo almeno glielo dovevo e in fondo speravo assurdamente che ci fosse ancora una speranza per noi. Purtroppo non avevo fatto i conti con il mio corpo. L’eccitazione era scomparsa e con essa anche il piacere e questo ben presto trasformò le sue spinte in un fastidioso e irritante andirivieni. Fui costretto a fermarlo. Mi detestai, ma sentirlo uscire da me fu un sollievo. Rimasi immobile. Impacciato abbozzai una scusa, ma in realtà non fu che un insignificante balbettio. Cosa avrei potuto dirgli? Che mi aveva fatto perdere ogni impulso sessuale? Assurdo! Che non lo desideravo più? O che cos’altro? Meglio lasciare le cose così com’erano!

Mentre lo guardavo sollevarsi, sfilarsi il preservativo e allontanarsi verso il bagno, non riuscivo a pensare lucidamente. Mi aveva assalito una devastante malinconia e mi ritrovai a pensare di essere inutile, persino incapace a fare l’amore!

Incolpai me stesso di una situazione, che avevo, sì, contribuito a creare, ma che era ormai sfuggita al controllo e aveva inaspettatamente preso una direzione rovinosa e immutabile. Per quanto mi sarei potuto sforzare o per quante menzogne avessi potuto dirmi, una cosa non potevo cambiare, la consapevolezza che la nostra storia era finita ancora prima di cominciare.

Mi sollevai dal letto vuoto e disfatto. Avevo cominciato a raccogliere i miei vestiti, quando rientrò nella stanza. Un amaro imbarazzo mi costrinse a distogliere lo sguardo da quel corpo nudo. Ci rivestimmo senza parlare. Lui mi voltava le spalle in silenzio. Solo quando ebbe finito, si girò verso di me. Spinse l’interruttore, la luce invadente mi costrinse ad affrontare quella realtà che cercavo di occultare dentro di me, concentrandomi su tutt’altro. Incontrai il suo sguardo, ciò che mi lessi mi colpì liberandomi dall’incertezza: - Lui sa! – compresi. Non c’era nulla da dire. Era finita.







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